Excellence in long term survival Knowledge - Cure

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N°1
CURE
Anno 1 . Marzo 2015. Rivista Trimestrale
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Summary
Editoriale / Editorial
L’ATELIER HIV DI FEDERSANITÀ-ANCI, uno strumento di
implementazione al miglioramento dell’efficienza gestionale del SSN
FEDERSANITÀ-ANCI’S “ATELIER HIV”, an instrument for
implementation to improve the administrative efficiency of the national
health service (ssn)
Lorenzo Terranova
Pag. 5
Articoli Originali / Original Articles
PREP: La Pre-exposure prophylaxis nell’infezione da HIV
PREP: HIV infection pre-exposure prophylaxis
Carlo Federico Perno, Maria Mercedes Santoro
Pag. 11
CROI 2015: le novità in tema di farmacologia clinica
CROI 2015: new developments in the field of clinical pharmacology
Giovanni Di Perri
Pag. 17
Guidelines for Authors
Pag. 24
CURE
Excellence in long term survival
Knowledge, Standards and Systems
Editoriale/Editorial
L’Atelier hiv di
federsanità-anci,
uno strumento di implementazione
al miglioramento dell’efficienza
gestionale del ssn
FEDERSANITÀ-ANCI’S
“ATELIER HIV”,
AN INSTRUMENT FOR IMPLEMENTATION
TO IMPROVE THE ADMINISTRATIVE EFFICIENCY
OF THE NATIONAL HEALTH SERVICE (SSN)
Lorenzo Terranova
Direttore del Centro Studi di Federsanità-ANCI / Director of the Centro Studi (study centre) of Federsanità-ANCI.
Introduzione
Introduction
Per diversi motivi, negli ultimi anni è andata cambiando la natura dell’Azienda pubblica in sanità.
For various reasons the nature of public healthcare
bodies has undergone changes over the last years.
Tale cambiamento può osservarsi attraverso l’evoluzione di alcuni processi: (i) Azienda sanitaria sempre più
concentrata sulla produzione ed erogazione di servizi sanitari, mentre trasferisce ad altri soggetti una serie di funzioni
esterne al proprio core business (per esempio: alle centrali
d’acquisto); (ii) dimensioni più ampie della ASL (si pensi
all’ASL unica della Romagna, o alla riforma sanitaria in Toscana o Lombardia); (iii) il tentativo, ancorché abortito per
questioni di competenze fra Regione e Stato, che prevede
l’inserimento delle AOU all’interno dell’ASL di competenza
(proposta Toscana e Friuli Venezia Giulia).
This can be seen in developments impacting various
processes: (i) the focus of attention of health authorities is
increasingly on production and provision of health services,
with transfer to other actors (e.g. group purchasing organisations) of a number of functions not inhering in the core business; (ii) larger local health authorities (ASLs) (e.g. the single
local health authority, or “ASL unica”, in Romagna, or healthcare reform in Tuscany or Lombardy); (iii) the attempt to have
university hospitals (AOU) absorbed by the competent ASL,
as proposed by the Toscana and Friuli Venezia Giulia regional
government authorities (a proposal on which no progress has
been made due to questions relating to the competences of
regional government authorities and the State).
Queste sono state alcune delle risposte che il SSN ha
prodotto come effetto di due tendenze (fra loro opposte): riduzione della spesa sanitaria complessiva1 e cronicizzazione
della malattia.
Ne consegue che gli interventi nel settore sanitario
devono mirare ad un aumento dell’efficienza (inteso come
miglioramento della capacità di produrre a costi minori ovvero di aumento della produttività e dei risultati a parità di
costi), associato ad un aumento dell’efficacia (inteso come
miglioramento delle condizioni quali-quantitative di salute
dei pazienti).
Le strategie perseguite dal SSN al fine di realizzare
gli obiettivi di efficienza ed efficacia sono sostanzialmente
due: la prima volta a un’integrazione crescente fra territorio e
1. Uno degli effetti della pesante crisi economica degli ultimi anni è
aver ridotto anche la disponibilità finanziaria delle famiglie. Pertanto
la spesa sanitaria si è ridotta sul lato pubblico, e sul lato privato.
Va anche sottolineato che la spesa pubblica sanitaria italiana negli
ultimi anni è stata ben controllata, a differenza di altri macroaggregati
di spesa pubblica.
CURE ~ 2015
We have here a number of responses within the NHS
(SSN), which is faced with two contradictory trends: reduction
of overall health spending1 and chronicization of diseases.
As a result, interventions in the health sector must aim
toward increased efficiency (understood as enhancement of
productive capacity at lower costs, or, in other words, greater
productivity and improved results without raising the costs),
this efficiency being accompanied by enhanced efficacy
(understood, in quali-quantitative terms, as improved health
conditions of patients).
To attain these objectives of efficiency and efficacy, the
NHS has adopted two basic strategies. One of the strategies
1 There has been a decline in the financial means available to households,
due to the dramatic economic crisis of recent years. Health spending has
therefore declined within both the public and private spheres.
It should also be noted that control of public spending has been
rigorous in the healthcare sector, as opposed to other publicspending macro aggregates.
5
Editoriale/Editorial
ospedale; la seconda strategia volta a rivedere i processi produttivi all’interno del SSN. Esempi della prima sono l’applicazione del Chronic Care Model, che mirando a una gestione
ottimale del paziente cronico evita (per quanto possibile)
gli episodi acuti, oppure le Case della Salute, che svolgono
attività precedentemente offerte dall’ospedale. Obiettivo di
questa strategia è spostare parte dell’offerta dall’ ”ospedale”
(usualmente a costi più elevati) al “territorio” (con costi più
contenuti e con un impatto minore sulle famiglie). Esempi
della seconda strategia sono la trasformazione degli ospedali
per intensità di cura, oppure l’adozione della lean six sigma in sanità. Obiettivo di questa strategia è ottimizzare l’uso
delle risorse secondo il fabbisogno reale dei pazienti.
Nuove necessità di conoscenza per una programmazione
sanitaria
L’ “industria” della sanità pubblica è la più complessa in assoluto. La ricerca continua verso una sua efficienza
ed efficacia implica dotarsi di strumenti di conoscenza e di
applicazione. In questa ricerca devono tenersi sempre ben
presenti due approcci. Quello “macro” focalizza se il sistema
(Regione, ASL, dipartimento, …) sia in condizione di equilibrio data una certa offerta; l’approccio “micro” focalizza la
capacità dell’ASL/AO di offrire il servizio o la prestazione in
maniera efficiente ed efficace.
In concreto questo significa, che vanno costruiti sistemi di informazioni che consentono alle ASL/AO di mettere a fuoco alcune dinamiche evolutive della domanda,
e pertanto di costruire adeguate risposte che ottimizzino
l’offerta stessa.
Non è questa la sede per approfondire alcune complessità dei sistemi informativi; solo a titolo di esempio possono
citarsi alcuni indicatori quali la spesa procapite o lo stock
di prestazioni erogate dal sistema pubblico (livello macro) e
sistemi di indicatori come il valore di farmaci generici prescritti sui farmaci complessivi in un servizio o il grado di
aderenza a una terapia (livello micro).
Disporre di tali informazioni consente un governo
dell’offerta più efficiente, nonché una maggiore efficacia
nell’erogazione del servizio/prestazione. Ad esempio, la spesa sanitaria pubblica procapite per una determinata patologia
confrontata fra diverse realtà, associata a indicatori di risultato, è in grado di offrire il posizionamento del servizio/dipartimento rispetto ad altri servizi/dipartimenti e alla media
e consentire eventuali interventi migliorativi.
Per rispondere a questo bisogno di conoscenza, Feder-
6
consists in fostering greater integration between, on the one
hand, the district, or geographic area, and, on the other, the
hospital. The other strategy consists in reviewing the NHS’s
internal production processes. In regard to the former strategy, we may note application of the Chronic Care Model, with
efforts in the direction of optimal management of chronic
patients in order to curb the incidence (to the greatest extent
possible) of acute episodes. We may also note the Case della
Salute (health houses), which provide services that were once
provided by hospitals. The aim of this strategy is to shift part
of the supply-side away from (generally costly) “hospitals”
to “districts” (where the costs are lower and where impacts
on families, too, are less marked). With reference to the latter of the two basic strategies, we may note as examples,
transformation of hospitals on the basis of intensity of care or
adoption of lean six sigma within the health sector. The latter
strategy aims to optimize use of resources in accordance with
the real needs of patients.
New knowledge needs for health planning
The public health sector is decidedly the most complex of “industries”. Constant efforts made in the direction
of efficiency and efficacy within this sector entail acquisition
of instruments, both cognitive in nature and for application.
When engaging in this research, two approaches must be
foremost in our minds. The focus of the “macro” approach is
on whether the system (regional government authority, ASL,
department…) is in a condition of equilibrium in view of a
given supply-side. The focus of the “micro” approach is on
the ability of the ASL/AO (local health authority/hospital)
to provide services or engage in procedures efficiently and
efficaciously.
In concrete terms, this means that information systems
must be constructed that enable the ASL/AO bodies to pinpoint certain developmental dynamics noted on the demandside, to thus provide adequate responses capable of optimising the supply-side.
This is not the occasion for in-depth consideration of
certain complexities of the information systems. We may
merely mention, by way of example, certain indicators such
as per capita expenditure or stock of procedures deployed
by the public system (macro level) and systems of indicators
such as the value of prescribed generic medicines related to
total medicines, for a given service, or the willingness of the
patient to abide by therapeutic instructions (micro level).
More efficient governance of the supply-side can be
enabled with such information as this, alongside enhanced
CURE ~ 2015
Editoriale/Editorial
sanità-ANCI ha avviato gli Atelier. Questi rappresentano una
modalità di lavoro «artigianale» su temi ancora poco esplorati nel panorama scientifico, e focalizzano la propria attenzione sugli aspetti di tipo organizzativo-gestionale, nonché
economico-finanziario relativi a ASL o AO. In linea di principio, la metodologia adottata è approfondire e confrontare le
esperienze maturate all’interno delle ASL/AO, associandola
ad una specifica ricerca sulle determinanti e sulle caratteristiche del tema in oggetto.
Gli Atelier di Federsanità-ANCI si propongono di sistematizzare il tema in oggetto, comprendendo le differenti
realtà nazionali e internazionali e sulla base delle esperienze
aziendali, su quanto approfondito a livello teorico, vengono
proposte chiavi di lettura dei differenti processi, formulando
suggerimenti, valutazioni, ed indicazioni emergenti.
Tali approfondimenti non toccano solo l’efficienza e
l’efficacia del SSN, ma si integrano nell’ambito di interventi
dal lato sociale e che vedono anche i Comuni protagonisti.
l’Atelier “HIV: modello di cura cronicizzato. Alla ricerca
di una maggiore efficienza nella organizzazione e gestione
della cura e nella prevenzione”
Un’esperienza avviata è l’Atelier Federsanità-ANCI
“HIV: modello di cura cronicizzato. Alla ricerca di una maggiore efficienza nella organizzazione e gestione della cura
e nella prevenzione” i cui obiettivi possono sintetizzarsi nel
confrontare alcune esperienze nazionali e offrire al sistema
della nostra sanità una serie di idee e suggerimenti che sono
base per il miglioramento dell’offerta pubblica.
Va immediatamente sottolineato che l’attività di studio
non entra nel merito del percorso clinico, ma focalizza la
propria attenzione sugli aspetti di competenza della ASL/AO
nella gestione e nell’organizzazione dei programmi di trattamento dei pazienti con HIV.
Il punto di partenza, sostanzialmente esogeno, è nella
strategia clinica che mira alla cronicizzazione della patologia. La cronicizzazione dell’HIV consente di definire strategie organizzativo-gestionali diverse rispetto a patologie che
purtroppo portano alla morte.
Le aree di intervento mirano a: 1) governare la patologia, riducendo il rischio di complicanze (che sono quelle che
conducono a situazioni critiche); 2) intervenire sui processi
produttivi (ossia l’organizzazione, la gestione, le risorse finanziarie, …) al fine di ottimizzare le risorse impiegate [ad
esempio: un sistema di monitoraggio per l’aderenza alla tera-
CURE ~ 2015
efficacy in provision of services/procedures. For example, per capita public health spending for a given disease,
with comparison among various contexts (collated also
with result indicators), will provide the positioning of the
service/department in respect to others, and also in respect to the mean values. This facilitates interventions for
improvement.
To meet this cognitive need, Federsanità-ANCI decided to start up the Ateliers. These Ateliers – providing a
“workshop” approach to themes that, within the scientific
field, have yet to be fully explored – focus on organisationaladministrative and economic-financial aspects of ASLs or
AOs. On the level of baseline principles, the methodology
adopted consists in study and comparison of experiences
gained within ASLs/AOs, accompanied by specific research
into determining factors and characteristics proper to the
theme examined.
The Federsanità-ANCI Ateliers’ aim is to systematise
the theme considered, in the light of an understanding of the
various contexts both nationwide and international. On the
basis of health provider experiences, and in-depth theoretical study, keys to understanding the various processes are
provided, together with suggestions, assessments and indications.
Such study regards the efficiency and efficacy of the
NHS. Furthermore, it provides for integration within the
ambit of social interventions, also envisaging the active involvement of the Comuni (municipalities).
(HIV: chronic care model. The search for greater efficiency
in organising and managing care and prevention) Atelier
“HIV: chronic care model. The search for greater efficiency in organising and managing care and prevention” is a
Federsanità-ANCI Atelier experience the objectives of which
may briefly be said to consist in comparative analysis of certain experiences on a national level, while also providing our
healthcare system with ideas and suggestions serving as the
basis for an improved public-sector supply-side.
We must make it clear from the very start that this
study does not regard the specifics of clinical procedures.
The focus is instead upon aspects relating to the competences
of ASLs/AOs as these manage and organise treatment programmes for HIV patients.
The starting point, which is basically exogenous, is to
be found in the clinical strategy of chronicizing the disease.
7
Editoriale/Editorial
pia del paziente HIV]; 3) articolare progetti di carattere preventivo al fine di ridurre l’incidenza di malati con HIV [ad
esempio: programmi di formazione nelle scuole]; 4) strutturare interventi di sostegno a favore dei pazienti e/o delle loro
famiglie [ad esempio: programmi di assistenza a familiari
minori di pazienti con HIV].
Nello specifico, gli obiettivi di questo Atelier sono:
(i) fotografare lo stato della domanda e dell’offerta di salute relativamente all’HIV in Italia (e prevedendo un confronto con altri Paesi); (ii) confrontare le differenti modalità organizzative e gestionali nel trattamento dell’HIV; (iii)
evidenziare le caratteristiche che riguardano le politiche di
prevenzione, dell’accesso, dell’organizzazione, e della gestione nelle diverse realtà; (iv) costruire alcune misure di
costo per paziente come primo passo verso la definizione di
un costo standard; (v) approfondire quali interventi sanitari
e interventi sociosanitari, nonché sociali sono stati avviati e
una loro prima valutazione; (vi) formulare alcune proposte
di ottimizzazione dell’offerta; (vii) posizionare FedersanitàANCI come attore di riferimento per queste tematiche; (viii)
diffondere i risultati (intermedi e finali) in maniera da consentire alle ASL/AO di disporre ulteriori informazioni (coinvolgimento fra pari).
Il percorso, coordinato da Federsanità-ANCI nazionale e Federsanità-ANCI Emilia Romagna, vedrà coinvolta
una dozzina di centri di riferimento i diverse Regioni italiane (coinvolgendo sia i direttori delle Unità Operative, sia i
direttori generali aziendali) e la Società Italiana di Malattie
Infettive e Trasmissibili (SIMIT).
L’attività dell’Atelier si articolerà in una prima fase di
conoscenza (e condivisione) dell’esistente. Tale fase mira a:
(i) comprendere l’evoluzione socio-epidemiologica dell’HIV
nel nostro Paese, (ii) fotografare le differenti strategie cliniche utilizzate, (iii) mappare i diversi modelli organizzativi
esistenti, (iv) definire, se possibile, un quadro dei costi-malattia reali. La fase di conoscenza si concluderà con la stesura
di un Libro Verde.
Una successiva fase, partendo dal quadro esistente,
mira ad avviare delle riflessioni coinvolgendo diversi stakeholder (associazione pazienti, categorie professionali, …).
Durante questa fase si ipotizza di focalizzare l’attenzione
su alcuni punti: (a) l’organizzazione, individuando eventuali variabilità organizzative; (b) l’accesso, verificando se
effettivamente vi sono differenze nell’accesso alle terapie;
(c) la gestione, pianificando gli approcci gestionali e terapeutici per minimizzare i rischi di fallimento terapeutico; (d)
le comorbilità, comprendendo la dimensione e le modalità
8
By chronicizing HIV, we can fine-tune a variety of organisational-administrative strategies for certain (unfortunately
fatal) diseases.
The areas of intervention: 1) aim to govern the disease,
reducing the risk of complications (i.e. conditions creating
critical situations); 2) aim toward production processes (i.e.
organisation, management, financial resources, …) in order
to optimise the resources used [e.g. system for monitoring
the willingness of HIV patients to abide by therapeutic instructions; 3) implement preventive projects in order to curb
the incidence of HIV patients [e.g. information programmes
in schools]; 4) create initiatives to support patients and/or
their families [e.g. programmes providing assistance to minors belonging to the families of HIV patients].
The aims of this Atelier are, specifically: (i) assessing
the HIV healthcare demand-supply situation in Italy (with
comparison with other countries); (ii) comparing the various
organisational-administrative modes adopted for HIV treatment; (iii) underscoring or highlighting the characteristics of
prevention, access and organisation policies among the various contexts; (iv) constructing a number of cost measures per
patient as the first step along the road to finalizing a standard
cost; (v) discovering which healthcare, healthcare-social and
social interventions have been started up, and providing an
initial assessment of these interventions; (vi) drawing up a
number of proposals for optimizing the supply-side; (vii)
positioning Federsanità-ANCI as a key player in regard to
these themes; (viii) sharing the intermediate results and the
end results, in order to expand the knowledge base of ASLs/
AOs (involvement of peers).
The activities, coordinated by Federsanità-ANCI on a
national level, and by Federsanità-ANCI Emilia Romagna,
on a regional level, see the involvement of a dozen centres
active in the field within various regions of Italy (including
the directors of Unità Operative, or operational units, and
the directors of local health authorities/providers). The Società Italiana di Malattie Infettive e Trasmissibili (SIMIT) (the
Italian society for infectious and transmissable diseases) is
also involved.
The initial activity of the Atelier shall consist in studying (and sharing notes on) the situation as is. This stage aims
at: (i) understanding the socio-epidemiological evolution
of HIV in Italy; (ii) assessing the various clinical strategies
adopted; (iii) mapping the various existing organisational
models; (iv) where possible, providing an overall picture of
real costs-disease situations. This information-gathering stage
shall be concluded with the production of a Green Book.
CURE ~ 2015
Editoriale/Editorial
del loro trattamento; (e) i PDTA, mirando a confrontare alcuni di questi; (f) il costo malattia e i margini di efficienza
ottenibili, definendo l’attuale livello del costo della malattia
e ipotizzando eventuali interventi che modificano il costo
della malattia; (g) la sensibilizzazione sociale della malattia,
(ri)stimolando una ripresa dell’attenzione sociale sul tema
dell’HIV. Questa fase, infine, mira a descrivere alcuni scenari sull’HIV nel prossimo decennio. A conclusione di questa
fase verrà presentato un Libro Bianco, che sarà oggetto di
presentazioni pubbliche.
L’attività dell’Atelier è stata resa possibile attraverso
un grant non condizionato di Gilead Sciences.
I prossimi numeri di Cure conterranno articoli che aggiornano l’attività dell’Atelier Federsanità-ANCI.
During a further stage − starting out from the existing
situation and with the involvement of various stakeholders
(association of patients, categories of professionals, …) − the
aim shall be to encourage reflection, with attention paid to
a number of issues: (a) organisational aspects, pinpointing
possible organisational variants; (b) access, checking to see
if concrete differences are to be found regarding access to
therapies; (c) management, planning administrative and therapeutic approaches with a view to minimizing the danger of
therapeutic failure; (d) cases of comorbidity, with consideration of entity of comorbidity and modes of treatment; (e) Diagnostic Therapeutic Care Pathways (PDTA), with comparison among these; (f) disease cost and attainable efficiency
margins, delineating the current cost level for the disease and
hypothesising possible interventions such as shall alter the
cost of the disease; (g) social awareness-raising in regard to
the disease, with reviving social interest in HIV as a key concern. This stage shall be rounded off with various scenarios
for HIV during the coming decade provided. This stage shall
terminate with presentation of a White Book, for which public presentations shall be organised.
The activity of the Atelier was made possible thanks to
an unconditional grant from Gilead Sciences.
The upcoming issues of Cure shall include articles with
updates on the activities of the Federsanità-ANCI Atelier.
CURE ~ 2015
9
Articolo Originale/Original Article
PREP: LA PRE-EXPOSURE
PROPHYLAXIS
NELL’INFEZIONE DA HIV
PREP: HIV infection
pre-exposure
prophylaxis
Carlo Federico Perno, Maria Mercedes Santoro
Università degli Studi di Roma Tor Vergata
Il concetto di Pre-exposure prophylaxis (d’ora in poi chiamata
PREP, come in effetti è ben nota a tutti) nell’infezione da HIV
è stato sviluppato alcuni anni or sono (Grant RM et al., N Engl
J Med 20101; Baeten JM et al., N Engl J Med 20122; Thigpen
MC et al., N Engl J Med. 20123), come conseguenza del successo derivato dalla PEP (o Post-exposure prophylaxis). Studi
prima di laboratorio, e poi di clinica, hanno infatti dimostrato
che esiste un periodo, relativamente breve, entro cui, trattando con farmaci antivirali una persona esposta al virus HIV, è
possibile prevenire la diffusione dell’infezione (Tsai CC et al.,
Science 19954; Cardo et al., N Engl J Med 19975; Tsai CC et
al., J Virol 19986; Otten RA et al., J Virol. 20007).
Studi in animali da esperimento hanno dimostrato che, una volta che il virus è entrato nell’organismo, inizia molto presto la
sua diffusione tramite cicli replicativi finalizzati ad aumentare sempre più il numero di cellule infettate, e la massa virale
presente. Tale fenomeno è ovviamente più rapido in caso di
contaminazione per via sanguigna, dato che il virus, entrato per
questa via, raggiunge rapidamente tutti i distretti corporei. Di
contro, l’entrata per altre vie (tra cui quella legata a rapporti
sessuali), richiede più tempo per diffondersi, dato che il virus
prima infetta e si diffonde nelle cellule dell’apparato genitale,
raggiunge poi gli organi linfatici drenanti il distretto di entrata, e poi finalmente approda al sangue, distribuendosi in tutto
l’organismo, compreso il sistema nervoso centrale (HIV è stato
riscontrato nel cervello entro pochissimi giorni dal momento
dell’infezione).
La rapidità e l’efficienza della diffusione del virus, in questa
fase iniziale, è funzione di una serie di fattori. Il primo, appena indicato, è la via di entrata nell’organismo. Il secondo è
la carica virale infettante: quanto più è massiva la quantità di
virus inoculato, tanto maggiore è la probabilità che l’infezione attecchisca. Il terzo fattore di rilievo è dato dall’efficienza
del sistema immunitario naturale del ricevente. Esistono persone che, pur ripetutamente esposte al virus, non presentano
un vero e proprio attecchimento, con conseguente diffusione
virale sistemica. Altre persone, di contro, più soggette all’infezione, richiedono esposizioni più contenute, sia di numero che
di quantità, per infettarsi in modo definitivo.
E’ evidente che, in queste condizioni, esiste un periodo (che
CURE ~ 2015
The concept of Pre-exposure Prophylaxis for HIV infection
(hereafter referred as PREP, as is the universal practice) was
developed some years ago (Grant RM et al., N Engl J Med
20101; Baeten JM et al., N Engl J Med 20122; Thigpen MC et
al., N Engl J Med. 20123), following the success of PEP (Postexposure Prophylaxis). Laboratory studies followed by clinical studies showed that there is a relatively brief period within
which diffusion of the infection can be prevented in persons
exposed to the HIV virus and treated with antiviral medicines
(Tsai CC et al., Science 19954; Cardo et al., N Engl J Med
19975; Tsai CC et al., J Virol 19986; Otten RA et al., J Virol.
20007).
Studies conducted with experimental animals showed that the
virus spreads very soon after entering the organism, thanks
to replication cycles that lead to a progressive increase in the
number of infected cells and viral mass present. This phenomenon is clearly more rapid in its development in cases of contamination through blood; when the virus enters the organism
by this route, it rapidly reaches all compartments of the body.
Indeed, when entering by other routes (such as those associated with sexual intercourse), the virus requires more time
to spread since it first infects the genital system, and spreads
within genital system cells, then reaching the lymphatic organs that perform drainage of the compartment through which
the virus entered the organism. It then reaches the blood and
is distributed throughout the organism, including the central
nervous system (HIV has been noted in the brain within a very
few days of infection).
The speed and efficiency of diffusion of the virus during this
initial stage are owing to a number of factors. The first factor,
mentioned above, is the route by means of which the virus entered the organism. The second factor is infectious viral load.
The larger the quantity of viruses inoculated the greater the
likelihood is that the infection shall take root. The third significant factor is found in the efficiency of the natural immune
system of the infected person. There are persons who have been
repeatedly exposed to the virus in whom the infection, with
consequent systemic diffusion of the virus, has not taken root.
Other persons, more vulnerable to infection, will become definitively infected following exposure that is less frequent and
11
Articolo Originale/Original Article
chiameremo di latenza) che intercorre tra il momento in cui il
virus entra nell’organismo, e quello oltre il quale l’infezione
diviene definitiva e non più eradicabile. Questo periodo, variabile da persona a persona, e da situazione a situazione, è quello
in cui la PEP può intervenire, bloccando la diffusione del virus,
già entrato e replicante, determinando l’aborto dell’infezione.
Da un punto di vista biologico, si può tranquillamente dire che
la PEP favorisce una “guarigione” precoce di un’infezione ormai presente e attiva, dimostrando che, entro certi limiti, l’infezione da HIV è controllabile se presa in tempo utile. E’ un
approccio culturale non lontano da quello del cancro, in cui
la terapia antiblastica può eliminare in determinate circostanze
l’ultima cellula tumorale, favorendo la guarigione, e ciò accade
con tanta maggiore probabilità, quanto più precoce è stata la
terapia.
Queste conoscenze scientifiche riguardo l’inizio del percorso
infettivo di HIV, hanno permesso di mettere a punto, con notevole successo, i protocolli di prevenzione dell’infezione (PEP)
che, che, come appena detto, è un termine semanticamente sbagliato, in quanto si tratta più di guarigione precoce che di vera e
propria prevenzione dell’infezione. Oggi i protocolli per la PEP
sono codificati e comuni in tutto il mondo, e messi a disposizione, tramite la somministrazione di farmaci antivirali potenti,
alle persone che abbiano avuto un contatto altamente sospetto,
se non addirittura certo, con il virus, intervenendo entro poche
ore, massimo 48 (tale si ritiene il periodo finestra entro cui la
PEP funziona al meglio).
Il successo della PREP che, come detto, è una vera e propria
guarigione precoce, ha portato a ipotizzare che l’efficacia dei
farmaci antivirali possa essere ancor maggiore, nel prevenire
l’infezione, se somministrati effettivamente prima del contatto
con il virus. In questo caso, quando il virus raggiunge l’organismo, i farmaci sono già presenti a concentrazioni plasmatiche
e tessutali sufficienti da bloccare i primi cicli replicativi del
virus, rigettando l’infezione.
In questo caso, si parla di PREP, ossia esposizione ai farmaci
prima del contatto con il virus. E’ evidente che le probabilità
dei farmaci antivirali di agire sulla replicazione virale sono di
gran lunga maggiori se essi sono presenti prima che il virus
giunga nell’organismo.
Tale ipotesi di lavoro è stata ampiamente dimostrata in modelli
sperimentali, prima in vitro (cellule esposte ai farmaci prima
del virus hanno tassi di rigetto dell’infezione altissimi), e poi in
vivo. Scimmie di diverse specie, sottoposte ad un trattamento
profilattico con farmaci antivirali, e poi esposte al virus, hanno
mostrato tassi di rigetto dell’infezione estremamente lusinghieri, tali da giustificare studi nell’uomo.
E’ da sottolineare che non tutti i farmaci anti-HIV hanno un’efficacia simile nella prevenzione dell’infezione virale. Andreb-
12
on a smaller scale.
Clearly, in these conditions, there is a period (that we shall
call a latency period) between the moment in which the virus
enters the organism and the time following which the infection becomes definitive and is no longer eradicable. Varying
from person to person and from situation to situation, this is
the period in which PEP intervention is possible, in order to
block diffusion of the virus, that has already entered and that
is replicating itself, thereby aborting the infection. Biologically speaking, we may safely claim that PEP brings about
early “recovery” from an infection already present and active.
This proves that, to a certain extent, HIV infections can be
controlled if treatment is provided early enough. The cultural
approach is similar to that applying to cancer, where antiblastic therapy can, in certain circumstances, remove all tumour
cells, thus favouring recovery. The earlier the therapy is provided the more likely recovery shall be.
This scientific knowledge, regarding the early stages of HIV
infection, has enabled the remarkably successful application
of certain practices for prevention of infection (PEP). Semantically speaking, as we have already noted, this term is in error, since we have here early recovery rather than prevention
of infection. Nowadays, PEP procedures have been codified
and applied worldwide thanks to administration of potent
antiviral medicines to persons exposed to the virus and for
whom infection is either likely or certain. Treatment starts
up within hours, and at the latest within 48 hours of exposure
(this is the optimal time window for PEP effectiveness).
In view of the success of PREP (which we have defined as
early recovery in the true sense of the term) it was hypothesised that the efficacy of antiviral medicines is more marked
when these are administered before contact with the virus. In
this case, the medicines are already present in the plasma before the virus reaches the organism, and tissue concentrations
are high enough to block the initial replication cycles of the
virus, leading to rejection of the infection.
Here, we are dealing with PREP (i.e. exposure to medicines
before the contact with the virus itself). It goes without saying
that antiviral medicines will be much more likely to combat
viral replication effectively if they are present in the organism
prior to the arrival of the virus itself.
This working hypothesis received extensive confirmation in
various experimental models, initially in vitro (the rates for rejection of infection in cells exposed to the medicines before
contact with the virus were very high). In vivo work was then
carried out using various monkey species prophylactically
treated with antiviral medicines and then exposed to the virus.
The rejection rate for the infection was found to be most encouraging in these cases, indicating the suitability of studies
CURE ~ 2015
Articolo Originale/Original Article
bero infatti privilegiati quelli che, raggiungendo concentrazioni
metabolicamente attive nelle cellule bersaglio del virus, sono
in grado di bloccare le primissime fasi del ciclo replicativo cellulare. I primi studi sono stati svolti, con notevole successo, in
scimmie esposte a tenofovir (Tsai CC et al., Science 19954),
e infettate subito prima (in tal caso si parla di PEP) o subito
dopo (PREP) con HIV o il virus dell’immunodeficienza delle
scimmie (SIV, l’omologo di HIV nelle scimmie). Il trattamento
antivirale ha mostrato una sostanziale efficacia nel bloccare la
replicazione virale. Tra le scimmie trattate, solo alcune di esse
hanno progredito nell’infezione, contro tutte quelle esposte al
virus ma non trattate.
Un altro tipo di farmaci che potrebbero essere particolarmente
efficaci in questo ambito sono quelli che impediscono al virus
di legarsi alle cellule bersaglio, o di penetrare in esse. L’unico
farmaco potenzialmente utile in questo settore è il maraviroc.
Non sono peraltro disponibili studi che indichino se questo approccio sia o meno perseguibile.
Utile sarà la verifica della potenziale efficacia preventiva di altri farmaci, quali gli inibitori dell’integrasi, molto potenti ed
efficaci contro HIV. Anche in questo ambito, non vi sono studi
in grado di dare informazioni.
In sostanza, quindi, la PREP è una realtà concettuale, di grande
interesse per tutte le circostanze in cui la persona sia a rischio
di venire prossimamente a contatto con il virus. Restava da
identificare quali sono queste circostanze, e se effettivamente
la PREP è poi risultata efficace.
In tal senso sono stati fatti numerosi studi, focalizzati su popolazioni a rischio di infezione. L’esempio più evidente di queste situazioni sono i partner negativi di persone sieropositive,
a rischio continuo di venire infettati dal partner, specialmente
nel caso il partner non assuma farmaci antiretrovirali. Tale situazione è stata, ed è ancora una costante in molti contesti dei
Paesi in via di sviluppo.
Tra gli studi più importanti in tal senso, ricordiamo quello, preliminare, condotto da Myron S. Cohen, in cui sono stati trattati precocemente con terapia antivirale i soggetti sieropositivi
aventi un partner sieronegativo. Lo studio, pubblicato sul New
England Journal of Medicine, ha mostrato ben 39 infezioni del
partner sieronegativo in caso di trattamento tardivo (sotto i 350
CD4), contro 1 sola infezione del sieronegativo in caso di trattamento immediato (Cohen MS et al., New England Journal
of Medicine 20118). Ciò ha permesso di ottenere, tramite una
PREP ante-litteram, una riduzione della progressione di malattia nel sieropositivo, e una notevole, marcatissima, prevenzione
dell’infezione nel partner sieronegativo.
Il passo successivo è stato di trattare direttamente il sieronegativo a rischio. Sono stati effettuati tantissimi studi in tal senso,
alcuni basati sul trattamento orale con farmaci antivirali, alcuni
con somministrazioni locoregionali (vaginali, anali, ecc.) di prodotti topici contenenti farmaci antivirali oppure microbicidi.
CURE ~ 2015
with human beings.
We must note that, in preventing viral infection, not all antiHIV medicines are equally efficacious. The most indicated
medicines are those that, on reaching metabolically active
concentrations in the cells targeted by the virus, are capable
of blocking the very first stages of the cellular replication cycle. The first studies, using monkeys, were conducted with
considerable success. The monkeys were exposed to tenofovir
(Tsai CC et al., Science 19954), and were infected immediately beforehand (hence, PEP), or immediately after (PREP),
either with HIV or with the simian immunodeficiency virus
(SIV, the homologue of HIV in monkeys). Antiviral treatment
was found to be fairly efficacious in blocking viral replication. Progress of the infection was noted only in some of the
treated monkeys. Conversely, progress was noted in all monkeys exposed to the virus but left untreated.
Medicines of another type might be particularly efficacious
in this ambit, i.e. medicines that prevent the virus from binding with, or penetrating, target cells. Maraviroc is the only
medicine that may be efficacious within this field. However,
no studies are available in regard to the effective feasibility
of this approach.
Testing the preventive potentials of other medicines would be
of interest in this regard, such as integrase inhibitors, which are
markedly potent and efficacious anti-HIV agents. Here too, no
studies are available for information on this question.
The idea of PREP treatment is therefore of considerable interest wherever people are at imminent risk of coming into contact
with the virus. Questions remained regarding how we can pinpoint such situations and regarding the actual efficacy of PREP.
Many studies have therefore been conducted with the focus
on populations at risk of infection. The most notable cases
consist in seronegative partners of seropositive persons, who
are constantly at risk of infection from their partner, above all
when taking no antiretroviral medicines. This situation has
been, and remains, a constant in many developing countries.
In this regard, among the most important studies is the preliminary study by Myron S. Cohen in which early antiviral
therapeutic treatment was provided to seropositive persons
with seronegative partners. The study, published in the New
England Journal of Medicine, documented as many 39 infections of seronegative partners following late treatment (below
350 CD4) and only 1 infection of a seronegative person when
treatment was provided immediately (Cohen MS et al., New
England Journal of Medicine 20118). It was thus noted that,
through ante-litteram PREP, the disease’s progress was less
marked in seropositive patients and infection of seronegative
partners was very successfully prevented.
The next step consisted in direct treatment of seronegative
persons at risk. Here, very many studies have been conducted. Some were based on treatment with antiviral medicines
13
Articolo Originale/Original Article
I risultati ottenuti sono stati molto diversi tra loro. Al momento,
la PREP tramite somministrazione topica non sembra aver ottenuto risultati stabili e riproducibili. In alcuni casi, addirittura,
si è avuto un aumento dell’infezione in soggetti trattati con il
prodotto topico. Ciò sembra essere legato al veicolo del farmaco microbicida che, essendo proinfiammatorio e quindi avendo
favorito un’infiammazione loco-regionale, avrebbe richiamato
cellule immunitarie, inclusi linfociti CD4, aumentando indirettamente il rischio infettivo.
Anche i risultati della PREP con farmaci antiretrovirali somministrati per via orale non sono stati pienamente consistenti,
sebbene alquanto incoraggianti. In genere, il tasso di infezione
da HIV nel partner sieronegativo “profilassato” con la PREP
è stato minore rispetto a quello riscontrato in soggetti trattati
con placebo.
Sulla base di questi dati, la Food and Drug Administration
(FDA) americana ha autorizzato l’uso della profilassi PREP
con farmaci antivirali (tenofovir e emtricitabina) in particolari
condizioni di soggetti a rischio di infezione da HIV.
Una valutazione globale dei dati finora ottenuti indica che, se la
PREP ha un valore comunque straordinario nella prevenzione
di HIV, essa non rappresenta, ne’ può rappresentare un metodo
magico per garantire a tutti coloro che abbiano comportamenti a rischio di infezione la certezza di non infettarsi con HIV.
In tal senso vanno letti i risultati, recentemente presentati al
Congresso CROI di Seattle, riguardo il trattamento PREP di
soggetti omosessuali sieronegativi, ritenuti per comportamenti, ad altissimo rischio di infezione con HIV (McCormack S
and Dunn D, CROI 20159). Questo studio ha dimostrato una
riduzione sostanziale (fino all’86%) dell’infezione da HIV nei
soggetti che avevano assunto farmaci antivirali (tenofovir e
emtricitabina, come in altri studi) prima e subito dopo i rapporti a rischio. Da un lato, lo studio conferma appieno la notevole
efficacia di questo approccio “on demand” (ossia la PREP viene assunta in caso di previsione di comportamenti a rischio, e
non in maniera continuativa), sempre che i farmaci antivirali
vengano assunti in modo proprio e regolare tutte le volte che
si abbiamo comportamenti a rischio. Dall’altro, la PREP non
protegge nei confronti di altre infezioni a trasmissione sessuale. Dati ancora incompleti sembrano suggerire un aumento del
tasso di infezioni non HIV a carattere sessuale in questi pazienti con PREP (soprattutto sifilide, gonorrea, ecc.). Queste
infezioni non sono innocue, anche se di norma ben trattabili,
e pertanto il loro aumento, se fosse dimostrato, suggerirebbe
una minore attenzione nei comportamenti a rischio, “protetti”
da HIV (anche se non sappiamo fino a che livello), ma non da
altre patologie.
In conclusione, PEP e PREP mostrano che possiamo intervenire sull’infezione da HIV, e che più presto agiamo, maggiori
sono le probabilità di successo. Questo ragionamento conforta
e conferma la scelta di trattare precocemente tutti i pazienti con
14
administered by oral route. Locoregional (vaginal, anal etc.)
administration of topical products containing antiviral or microbicidal medicines was carried out in other studies.
The results varied greatly. Currently, it may be concluded that
the outcomes of PREP following topical administration are
neither stable nor reproducible. Indeed, in certain cases an increase in infection was noted among persons treated topically.
This may be due to the vehicle for the microbicidal medicine,
which is proinflammatory and which therefore may have favoured locoregional inflammation, attracting immune cells,
including CD4 lymphocytes, thereby indirectly augmenting
the risk of infection.
Again, in the case of oral route PREP treatment with antiretroviral
medicines, while fairly encouraging, the results were not entirely
consistent. Generally speaking, the rate of HIV infection of the seronegative partner subjected to PREP prophylaxis was lower than
in persons treated with the placebo.
On the basis of these data, the Food and Drug Administration
(FDA) in the United States authorised the practice of PREP prophylaxis based in antiviral medicines (tenofovir and emtricitabine),
in particular conditions for persons at risk of HIV infection.
A global assessment of the data obtained to date indicates that,
while PREP is, in any case, of extraordinary value as a means of
preventing HIV infection, it is not − nor can it be − considered
a magical potion fully safeguarding all persons whose conduct
places them at risk of HIV infection. This conclusion must guide
us in our understanding of the results recently presented at the
CROI Congress in Seattle concerning PREP treatment of seronegative homosexuals whose conduct indicates that they are very
greatly at risk of HIV infection (McCormack S and Dunn D,
CROI 20159). This study pointed to a considerable lowering (up
to 86%) of the HIV infection rate in persons treated with antiviral medicines (tenofovir and emtricitabine, as in other studies)
before and immediately after risk-bearing sexual activities. The
study fully confirmed the marked efficacy of this “on demand”
approach (i.e. PREP administered prior to risk-bearing conduct
and not administered on an ongoing basis), conditional upon correct administration of the antiviral medicines prior to all riskbearing conduct. However, PREP provides no protection against
other sexually transmitted diseases. Data which are still partial
seem to indicate an increase in the rate of non-HIV sexual infections in PREP patients (above all, syphilis, gonorrhoea etc.).
While not innocuous, these infections generally respond well to
treatment. Thus, as part of the risk-bearing conduct of persons
who are “protected” from HIV but not from other diseases (in
some measure, as yet unknown), the increase in incidence of
such cases, if proven, is of less concern to us.
By way of conclusion, we may note that PEP and PREP are potentially efficacious against HIV infection, and that the earlier
the treatment is provided the more efficacious it is likely to be.
This line of reasoning indicates that it is advisable that early
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Articolo Originale/Original Article
infezione da HIV, indipendentemente dal loro stadio di malattia, assunta dalla stragrande maggioranza delle linee guida dei
Paesi sviluppati. PREP e PEP indicano anche che alcuni farmaci hanno particolari potenzialità antivirali, che altri non necessariamente hanno, o che comunque debbono dimostrare di avere (Krakower DS et al., Curr HIV/AIDS Rep. 201510). Il fatto
che tenofovir e emtricitabina siano l’associazione più utilizzata
in assoluto nella terapia antivirale di soggetti sieropositivi, è in
linea con, ed è confortata dai risultati della PREP. Nello stesso
tempo, un uso universalistico della PREP in soggetti a rischio
richiede ancora evidenze sia in termini di efficacia che di tossicità, senza contare l’importanza di una valutazione economica
e sociale dei costi aggiuntivi determinati da questo approccio.
Le basi sono state messe, urge acquisire altre conoscenze per
giungere a conclusioni clinicamente rilevanti e decisive.
treatment be provided to all HIV infected patients irrespective of
the stage of the disease. This approach is included in the vast majority of the guidelines issued in developed countries. PREP and
PEP also indicate that certain medicines have particular antiviral
potentials that are not necessarily found in other medicines or
that have yet to be confirmed in these other medicines (Krakower
DS et al., Curr HIV/AIDS Rep. 201510). In line with, and backed
up by, PREP results, tenofovir and emtricitabine provide, with
full justification, the most widely used association for antiviral
therapy in seropositive patients. However, for universal adoption
of PREP in persons at risk, efficacy and toxicity data have yet to
be acquired, over and above an economic and social assessment
of the added costs of this approach. The foundations have been
laid. Further information is absolutely necessary if decisive and
clinically significant conclusions are to be reached.
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Articolo Originale/Original Article
CROI 2015:
CROI 2015:
le novità in tema di
farmacologia clinica
new developments in the field
of clinical pharmacology
Giovanni Di Perri
Clinica di Malattie Infettive, Università degli Studi di Torino
Introduzione
Introduction
Fra le variabili ineludibili in una terapia a lungo termine occorre
considerare, accanto alle risultanze clinico-immuno-virologiche,
alcune proprietà farmacologiche che ci rendono conto di diversi
aspetti concernenti il rendimento di singole molecole od interi
regimi terapeutici. Nella stessa evoluzione dell’armamentario
terapeutico antiretrovirale riconosciamo un continuum di crescita evolutiva di specifiche proprietà farmacologiche, quali un
generale allungamento dei tempi di eliminazione, la riduzione
del profilo di interattività metabolica, ed altre specificità concernenti le caratteristiche farmacodinamiche, ovvero la capacità di
sopprimere la replicazione virale in tempi maggiormente rapidi.
Specifiche proprietà chimico-farmacologiche sono inoltre alla
base di alcuni fenomeni di interattività o tossicità d’organo la cui
conoscenza ed interpretazione ci permette di proiettare meglio in
tempi lunghi la rilevanza di questi fenomeni. Nel corso dell’ultimo CROI a Seattle sono stati presentati dati nuovi circa il profilo
di tossicità renale ed ossea del nuovo profarmaco di tenofovir
(TDF) noto come tenofovir-alafenamide (TAF), alcune interazioni farmacologiche al crocevia fra terapia antiretrovirale e terapia anti-HCV, una messa a punto sulle conoscenze farmacocinetiche e farmacodinamiche relative all’uso degli antiretrovirali
in profilassi ed altri aspetti farmacologici di rilievo per quanto
concerne l’impiego degli antiretrovirali in particolari circostanze
e/o condizioni fisiologiche.
Alongside clinical, immunological and virological outcomes,
among the variables that must not be disregarded relating to
long-term therapy, we note certain pharmacological properties that shed light on aspects of the yield of specific molecules
or of therapeutic regimens in their entirety. When considering
the development of the instruments available for antiretroviral
therapeutic use, we note a continuum in the evolution of specific pharmacological properties, i.e. an overall prolonging of
elimination times, a reduction in regard to metabolic interactivity profile, and other specific pharmacodynamic characteristics
or the ability to more rapidly combat viral replication. Specific
clinical and pharmacological properties also underpin certain interactivity or organ toxicity phenomena. Our knowledge and understanding shall, in this regard, enable us to more satisfactorily
assess the significance of these phenomena over longer periods
of time. During the latest CROI in Seattle, new data were presented concerning the renal and osseous toxicity profile of the
new tenofovir (TDF) prodrug known as tenofovir-alafenamide
(TAF) and certain pharmacological interactions at the crossroads
between antiretroviral therapy and anti-HCV therapy, allowing
us also to fine-tune our pharmacokinetic and pharmacodynamic
knowledge-base concerning prophylactic use of antiretroviral
agents, and concerning other pharmacologically significant aspects of use of antiretroviral agents in particular situations and/
or for particular physiological conditions.
TAF (alafenamide)
Lo sviluppo di TAF fa seguito ad oltre 10 anni di successo terapeutico del TDF, del quale TAF è appunto un profarmaco. In realtà si tratta di un secondo profarmaco del TFV-difosfato, ovvero
della forma attiva intracellulare di questo inibitore mimetico della transcriptasi inversa di HIV. Infatti lo stesso TDF-disoproxil
fumarato è un profarmaco ed in quanto tale deve essere fosforilato due volte in sede intracellulare prima di acquisire la sua
identità molecolare attiva.
In funzione delle finalità che hanno principalmente motivato lo
sviluppo di TAF, da un punto di vista farmacologico ancor pri-
CURE ~ 2015
TAF (alafenamide)
Development of TAF follows more than a decade of therapeutic
successes with TDF, of which TAF is, indeed, a prodrug. Actually, this is a second prodrug of TFV-diphosphate, i.e. of the active intracellular form of this mimetic HIV reverse transcriptase
inhibitor. TDF-disoproxil fumarate is, itself, a prodrug. As such,
it must be phosphorylated twice within the cell before acquiring
its identity as an active molecule.
Given the purposes that act as the main driver for development
of TAF, from the pharmacological point of view, over and above
17
Articolo Originale/Original Article
ma che terapeutico, occorre ammettere che quanto ottenuto si
configura come un risultato straordinario. Nei fatti, sul piano
dell’efficacia virologica e delle altre proprietà già possedute da
TDF nella sua forma di TDF-disoproxil-fumarato (e.g. prolungata emivita intracellulare), ivi compresa la tollerabilità complessiva, non si ravvedono motivazioni per cercare un diverso
profarmaco od altra soluzione farmaceutica che esaltino queste
già lusinghiere proprietà di rendimento terapeutico. Lo sviluppo
di TAF è invece da configurarsi come un tentativo, certamente
ben riuscito, di ridurre l’impatto nei riguardi del metabolismo
renale (tubulo prossimale) del TDF. Benchè nei tempi di osservazione e monitoraggio ultra decennale la frequenza e l’intensità
del danno tubulo-renale possano esser giudicati come contenuti,
la pur variabile disfunzione del tubulo renale prossimale, ed in
particolare l’associazione con un variabile impoverimento della
matrice ossea, se prolungate nel tempo hanno la potenzialità di
determinare un crescente rischio di fratture patologiche, condizione quest’ultima che mal si integra in una prospettiva di terapia
ininterrotta e di invecchiamento dei pazienti in trattamento.
Il danno tubulare, verosimilmente riconducibile ad alterazioni
dei mitocondri, sembra di fatto correlarsi ad un deficit di smaltimento di TFV in sede tubulare, e questa, a sua volta, è stata
messa ripetutamente in relazione ad elevate concentrazioni plasmatiche del profarmaco. La disfunzione che ne può risultare si
concretizza, da un punto di vista fisiopatologico, in una perdita
eccessiva di fosfati, variabilmente seguita da uno stato di attivazione/sub-attivazione delle paratiroidi. In un report italiano in
questa edizione del CROI è stata descritta una casistica di pazienti in terapia prolungata con TDF (con filtrato glomerulare
stimato > 60 ml/min) nella quale il 15% dei soggetti presentava
valori plasmatici di paratormone compatibili con la diagnosi di
iperparatiroidismo1. E’ importante tuttavia notare che non sembra trattarsi di un disordine iatrogeno evolutivo (quale quello
associato all’uso di aminoglicosidi), e che il filtrato glomerulare,
quando misurato con traccianti ad esclusiva filtrazione glomerulare (e.g. ioexolo), non sembra risentirne.
Sulla base di queste considerazioni è agevole valorizzare le proprietà farmacocinetiche del TAF rispetto a TDF. TAF si caratterizza rispetto a TDF per una maggiore stabilità plasmatica, e
per un tropismo elettivo per la cellularità del sistema reticoloendoteliale2-5. La maggiore stabilità plasmatica si traduce in una
ridotta cessione di TFV dal profarmaco alafenamide; il profarmaco una volta assorbito tende a circolare come tale fino a che
non viene captato da cellule ricche in catepsina A, l’enzima che
scinde TFV dal profarmaco e lo rende disponibile per le fosforilazioni. Nel caso di TDF la dissociazione nel compartimento
plasmatico è invece rapida e pressochè completa, comportando
quindi la presenza di valori plasmatici di TVF molto più elevati
rispetto a quanto accade con TAF. Studi effettuati con TAF radiomarcato hanno dimostrato un elettivo accumulo del metabo-
18
therapeutic considerations as such, we must concede that the results obtained are quite extraordinary. Indeed, when considering
virological efficacy and the other properties with which TDF (in
its TDF-disoproxil-fumarate form) is already endowed (e.g. prolonged intracellular half-life and including overall tolerability), we
see no reason to seek another prodrug or another pharmaceutical
solution in order to enhance these therapeutic properties, which are
already most encouraging. Development of TAF is to be considered an attempt to reduce the impact of TDF on renal metabolism
(proximal tubule), and indeed the initiative has met with considerable success. Observation over time, and the more than ten years’
monitoring activities, confirm that renal tubular lesions are fairly
infrequent and of low intensity. Despite this, dysfunction of the
proximal tubule of the kidney (however variable it may be) and, in
particular, association with impoverishment (to varying degrees)
of the bone matrix may increase the risk of pathological fractures
if prolonged in time. In patients undergoing treatment, this latter
aspect runs counter to the prospects for uninterrupted therapy and
for therapy lasting into old age.
Tubular damage – which is in all likelihood to be ascribed to
alteration of the mitochondria − seems to be related to a deficiency in tubular elimination of TFV. This development has, in
turn, been repeatedly associated with high plasma concentrations of this prodrug. From the physio-pathological angle, the
dysfunction that may thus be determined causes an excessive
loss of phosphates, variably followed by a state of activation/
subactivation of the parathyroid glands. An account of cases of
patients undergoing prolonged TDF therapy (with glomerular filtrate estimated at > 60 ml/min) was provided in an Italian report
presented at this edition of CROI. According to the report, 15%
of the patients presented parathormone plasma levels diagnostically compatible with hyperparathyroidism1. We must in any case
note that we are apparently not faced with a evolutive iatrogenic
disorder (such as the disorder associated with use of aminoglycosides), and that the glomerular filtrate, when measured with
tracers subject only to glomerular filtration (e.g. iohexol), does
not seem to be affected.
On comparison with TDF, based on these considerations, we
may well judge TAF and its pharmacokinetic properties favourably. Compared to TDF, TAF presents more marked plasma
stability, and elective reticuloendothelial system cellularity tropism2-5. Greater plasma stability translates into lower release of
TFV from the alafenamide prodrug. When absorbed, the prodrug
tends to circulate as is until captured by cells rich in cathepsin A,
the enzyme that separates TFV from the prodrug and renders it
susceptible to phosphorylation actions. In the case of TDF, disassociation in the plasma compartment takes place, instead, rapidly
and practically fully, thus determining much higher TVF plasma
values than with TAF. Studies conducted with radiolabeled TAF
revealed elective accumulation of the active metabolite in the
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Articolo Originale/Original Article
lita attivo nelle cellule mononucleate del sangue periferico, nei
linfonodi, ileo, midollo osseo, polmoni e timo.
TAF determina quindi concentrazioni intracellulari del metabolita attivo fino a 10 volte superiori rispetto a TDF ad onta di livelli
circolanti ridotti nella misura del 90% rispetto a quanto osservabile con TDF. Ciò si traduce, nelle sperimentazioni presentate al
CROI, in un’intatta efficacia virologica ed una significativa riduzione della sofferenza funzionale del tubulo renale, quest’ultima
a sua volta confermata da un ridottissimo impatto sulla densità
minerale ossea5. Oltre alle ridotte concentrazioni plasmatiche di
TAF, occorre ricordare come gli stessi recettori o trasportatori
(OAT1&3) che condizionano il trasporto di TVF all’interno delle cellule tubulari non sono operanti nei confronti di TAF6-8. Si
tratta di caratteristiche complessive di significativa importanza,
specie se inquadrate nel contesto di una terapia virosoppressiva
permanente.
peripheral blood mononuclear cells, lymph nodes, ileum, bone
marrow, lungs and thymus.
TAF therefore determines intracellular concentrations of the active metabolite at levels that are up to 10 times higher than for
TDF, notwithstanding circulating levels that are 90% lower than
what we may note for TDF. In the experimentation presented at
CROI, this translates into intact virological efficacy and a significant reduction of renal tubular functional distress, this latter
finding being, in turn, reflected in the extremely low impact on
bone mineral density5. Over and above the low plasma concentrations of TAF, we should also note that the receptors or carriers
(OAT1&3), which condition transport of TVF inside the tubular
cells, are not operational in regard to TAF6-8. These overall characteristics become significant within the context of permanent
viral suppression therapy.
Studi di interattività fra antivirali anti-HCV ed antiretrovirali
Studies concerning interactivity between anti-HCV antiviral
agents and antiretroviral agents
Uno studio ha valutato i profili farmacocinetici di sofosbuvir
(SOF) e ledipasvir (LDV) quando co-somministrati insieme a
TDF, atazanavir (ATV)/ritonavir (RTV) o darunavir (DRV)/
RTV) nelle opportune combinazioni convenzionali9. Sono stati
registrati modesti aumenti di esposizione farmacocinetica per
quanto riguarda LDV ed il metabolita GS331007 di SOF, con
modeste riduzioni per quanto riguarda SOF. Sul versante antiretrovirale sono stati registrati aumenti di esposizione in tutti i
farmaci in oggetto (indipendentemente dall’assunzione contemporanea o separata), ed in questo ambito, per le considerazioni
sovraesposte, un qualche interesse lo ha destato l’aumento di
TDF in presenza di SOF/LDV e di PI/RTV, la cui rilevanza clinica va comunque interpretata all’interno delle 12 settimane di
co-somministrazione, ovvero una circostanza d’uso combinato
non permanente e quindi di scarso potenziale in termini di tossicità specifica da TDF. Il meccanismo che sottende a queste pur
ridotte variazioni reciproche di esposizione farmacocinetica non
è chiaro, e comunque non sembrano essere in gioco i principali
meccanismi di inibizione od induzione degli isoenzimi del citocromo P450, ma piuttosto viene ipotizzata una modulazione
dell’espressione od attività dei trasportatori di membrana (e.g.
Pgp). La co-formulazione SOF/LDV conferma la scarsa interattività cinetico-metabolica e si presente come opzione assai competitiva anche nell’ambito della coinfezione HCV/HIV.
A study was conducted providing an assessment of the pharmacokinetic profiles of sofosbuvir (SOF) and ledipasvir (LDV)
when these are co-administered with TDF, atazanavir (ATV)/
ritonavir (RTV) or darunavir (DRV)/RTV) in the conventional
combinations9. Modest increases in pharmacokinetic exposure
were noted for LDV and the GS331007 metabolite of SOF,
with moderate reductions for SOF. From the retroviral angle,
increases in exposure were noted for all the drugs considered
(irrespective of simultaneous or separate administration), and,
in this ambit, for the reasons outlined above, a certain amount of
interest was generated by the increase in TDF in the presence of
SOF/LDV and of PI/RTV, the clinical significance of which must
in any case be interpreted within the time space of 12 weeks of
co-administration (i.e. a non-permanent situation of combined
use, and therefore a situation in which specific TDF toxicity potential is low). The mechanism subtending these (minor) mutual
variations in pharmacokinetic exposure is unclear. In any case,
it would appear that the main mechanisms of inhibition or induction of the isoenzymes of the cytochrome P450 play no part.
Rather, a modulation of expression or activity of the membrane
carriers (e.g. Pgp) is hypothesized. The SOF/LDV co-formulation confirms the low level of kinetic-metabolic interactivity, and
it presents as a fairly competitive option also within the ambit of
HCV/HIV coinfection.
In un altro studio è stata valutata la compatibilità farmacocinetica di grazoprevir (MK-5172), nuovo inibitore della proteasi
NS3/4A di HCV e di elbasvir (MK-8742), inibitore del complesso replicativo NS5A del virus HCV (molecole già in avanzato
stato di sperimentazione clinica in combinazione co-formulata),
con il nuovo inibitore dell’integrasi di HIV dolutegravir (DTG)10.
Mentre elbasvir e DTG non sembrano risentire della co-sommi-
During another study, an assessment was made of the pharmacokinetic compatibility of grazoprevir (MK-5172), a new HCV
NS3/4A protease inhibitor, and elbasvir (MK-8742), an NS5A
inhibitor of the replication complex of the HCV virus (molecules
already at an advanced stage of clinical experimentation in coformulated combination form) with the new inhibitor of HIV integrase, dolutegravir (DTG)10. While elbasvir and DTG appear
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Articolo Originale/Original Article
nistrazione, grazoprevir ha mostrato un decremento dei parametri farmacocinetici nella misura di circa il 20%, ovvero un valore
comunque compreso all’interno delle oscillazioni di esposizione
farmacocinetica associate al successo virologico nei confronti
del virus HCV.
not to be affected by co-administration, grazoprevir displayed
a decrease of about 20% in the farmacokinetic parameters, this
value in any case falling within the oscillations of pharmacokinetic exposure associated with the virological success against the
HCV virus.
Farmacologia clinica della chemioprofilassi dell’infezione da HIV
Clinical pharmacology of HIV infection chemoprophylaxis
Marta Boffito (Chelsea & Westminster Hospital, Londra) ha presentato una relazione ad invito sugli aspetti farmacologici della
prevenzione11. Sulla base di un numero già rappresentativo di studi clinici randomizzati nei quali è stata effettuata l’analisi delle
concentrazioni di TDF sia nel plasma che a livello intracellulare,
nonché in campioni cervicali, rettali e seminali appare evidente
come la frequenza di somministrazione di dosi convenzionali di
TDF per via sistemica si correli in proporzionalità diretta alla
possibilità di ottenere concentrazioni protettive. Ciò si conferma
in particolare nel caso si considerino i valori delle concentrazioni
del metabolita attivo in sede intracellulare. L’assunzione quotidiana non sorprendentemente risulta la modalità associata ai
maggiori valori di protezione. Tale modalità non solo si traduce
in maggiori concentrazioni di farmaco ma ovviamente ammortizza in buona misura gli effetti delle variabili comportamentali
concernenti l’aderenza del paziente e la frequenza di episodi a
rischio. Da considerare in questo contesto le più elevate concentrazioni di TDF rilevate a livello rettale negli individui di genere maschile rispetto a quanto misurato nei fluidi cervicali nelle
donne, il che pone la questione se si tratti di un effetto legato
al genere o semplicemente dovuto ai due diversi compartimenti
analizzati.
Dati farmacocinetici di rilievo sono stati ottenuti con il maraviroc (MVC) sia a livello cervico-vaginale come a livello rettale,
con valori di rapporto tissutale/plasmatico fino a 30 per quanto concerne la mucosa rettale, e comunque sempre superiori
all’esposizione farmacocinetica misurata nel plasma. Un’altra
variabile di rilievo discussa in questo ambito è quella relativa
alla prolungata emivita di eliminazione che si registra nei tessuti
rispetto al plasma. Nel caso di MVC tuttavia il livello protettivo verificato ex-vivo con campioni vaginali o rettali non sembra
confermarsi per quanto concerne la dose singola del farmaco, il
che non esclude che un effetto possa appalesarsi in caso di dosaggio ripetuto. Nel contesto preventivo sono stati prodotti dati
farmacocinetici favorevoli in sede tissutale per quanto concerne
gli inibitori dell’integrasi raltegravir (RAL) e DTG; nonostante
l’esposizione tissutale periferica (vaginale e rettale) sia risultata
inferiore rispetto a quella plasmatica nel caso di DTG, i valori
comunque presenti risultano ben al di sopra della soglia di attività inibitrice del farmaco.
Di potenziale grande interesse in sede applicativa è la possibilità
di disporre di formulazioni farmaceutiche a lento rilascio somministrabili per via parenterale a scadenza plurisettimanale. In
Marta Boffito (Chelsea & Westminster Hospital, London) presented an invited paper on pharmacological aspects of prevention11. On the basis of an already representative number of
randomized clinical studies, which included analysis of TDF
concentrations both in the plasma and on an intracellular level,
as well as in cervical, rectal and seminal samples, a clearly proportionate relation emerges between frequency of administration
of conventional doses of TDF by systemic route and potentials
for obtaining protective concentrations. This is corroborated in
particular when one considers the values of the intracellular concentrations of the active metabolite. Unsurprisingly, it was found
that daily administration constitutes the mode associated with
the highest protection values. Not only does this mode translate
into higher concentrations of the drug; it also, quite clearly and to
a great extent, buffers the impacts of behaviour-related variables
relative to the willingness of patients to abide by instructions
received and frequency of instances of risk-bearing conduct. We
note, in this context, that higher concentrations of TDF were detected in the rectum of men than were detected in the cervical
fluids of women, thus posing the question as to whether the effect is associated with gender or instead with the two types of
behaviour analysed.
Significant pharmacokinetic data were obtained with maraviroc
(MVC) both on the cervical-vaginal and the rectal level, with
tissue/plasma relations of up to 30 in the case of rectal mucosa,
and in any case and at all times in excess of the pharmacokinetic
exposure measured in the plasma. A further significant variable
discussed in this ambit regards the prolonged elimination halflife noted in tissues as opposed to plasma. In the case of MVC,
however, the protective level noted ex-vivo with vaginal or rectal
samples appears not to be found following single dose use of
the drug (this finding does not rule out the possibility of an effect emerging on repeated administration). Within the context of
prevention, positive pharmacokinetic data have been produced
regarding the integrase inhibitors, raltegravir (RAL) and DTG,
in tissues. Despite the fact that peripheral (vaginal and rectal)
tissue exposure was lower than plasma exposure in the case of
DTG, the values noted were indeed well in excess of the drug’s
inhibitory action threshold.
The possible availability of slow-release pharmaceutical formulations that may be administered by parenteral route on a multiweek basis is of considerable interest to us from the point of
view of application. Development work has accordingly been
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Articolo Originale/Original Article
questa direzione è in corso di sviluppo con solide basi farmacologiche l’associazione comprendente l’inibitore dell’integrasi cabotegravir (GSK-744) e l’inibitore non nucleosidico della
transcriptasi inversa rilpivirina (RPV). Studi di farmacocinetica
in volontari sani e studi su modelli animali esposti a challenge virale rettale con inoculo uniforme hanno creato le basi di
riferimento farmacocinetico/farmacodinamico da seguire nello sviluppo del modello di intervento sull’uomo. In particolare
sono state definite delle soglie di potere protettivo basate sulle
concentrazioni di farmaco libero (non legato al veicolo proteico)
in grado di prevenire l’infezione nel modello animale (PAIC90,
ovvero protein-adjusted concentration inhibiting 90% of viral
growth). Un ultimo punto in discussione ha riguardato il rischio
di selezionare mutazioni codificanti resistenza in caso di fallimento della chemioprofilassi antiretrovirale. Esiste già un’importante anedottica che sostanzialmente conferma la necessità di
approfondire la conoscenza circa i valori minimi di esposizione
farmacocinetica da rispettare ed i livelli minimi di aderenza da
pretendere, considerando comunque come il contesto operativo
sia assai meno standardizzabile rispetto a quanto abbiamo imparato a fare in sede terapeutica, in particolare per quanto riguarda
parametri quali il volume dell’inoculo e la frequenza di episodi
a rischio.
Miscellanea
In fase avanzata di sviluppo clinico il nuovo inibitore non nucleosidico della transcriptasi inversa di HIV doravirina (DORA) è
stato cimentato in volontari sani con il prototipo degli induttori
dell’isoenzima CYP 3A4 del complesso delle ossidasi a funzione
mista noto come citocromo P450, ovvero la rifampicina12. Secondo le attese, essendo DORA un substrato del CYP 3A4, in
presenza di rifampicina i parametri farmacocinetici sono stati
drasticamente ridotti, in particolare per quanto concerne l’area
sotto la curva (AUC) e la concentrazione al termine dell’intervallo di dosaggio (C24), con effetti leggermente ridotti sull’assorbimento sul quale, oltre all’azione induttrice a carico del CYP
3A4, concorre in senso contrario l’inibizione della Pgp. L’associazione è ovviamente controindicata.
L’effetto dell’assunzione di EFV sulle concentrazioni di levonorgestrel (contraccettivo progestinico) nella forma farmaceutica di impianto sottocutaneo sono state studiate in seguito alla
segnalazione di un’incidenza stimata del 15% di gravidanze
indesiderate13. Benchè la riduzione dell’esposizione farmacocinetica del contraccettivo non scendesse al di sotto della soglia
di attività precedentemente stimata in 180 pg/mL, tuttavia, alla
luce dell’inaccettabile percentuale di fallimenti, l’associazione
viene rimessa oggi in discussione ed il commento degli Autori
è quello di offrire forme diverse di contraccezione o di terapia
antiretrovirale.
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undertaken, based on solid pharmacological premises, concerning the association including the integrase inhibitor, cabotegravir
(GSK-744) and the non-nucleoside reverse transcriptase inhibitor, rilpivirine (RPV). Pharmacokinetic studies involving healthy
volunteers and studies involving animal models subjected to rectal viral challenge with a uniform inoculum provided the pharmacokinetic/pharmacodynamic premises to which reference can
be made when developing the model for intervention in human
beings. Protective potency thresholds were established, based
on unbound drug concentrations (drug not bound to the protein
vehicle) capable of preventing infection in the animal model
(PAIC90, or protein-adjusted concentration inhibiting 90% of viral growth). A final question under consideration regards the risk
of selection of mutations that encode resistance, in the event of
failed antiretroviral chemoprophylaxis. A considerable amount
of anecdotal data has already been collected, basically confirming that we must acquire further information on the minimum
values of pharmacokinetic exposure to be complied with, and
also, in regard to the willingness of the patient to abide by instructions received, on the minimum required levels of compliance. We must, in any case, bear it in mind that, compared to
the conditions we have learned to work with on the therapeutic
level, the operational context is, to a fair extent, less standardizable, above all for the parameters of volume of inoculum and
frequency of instances of risk-bearing conduct.
Miscellanea
At an advanced stage of clinical development, the new non-nucleoside HIV reverse transcriptase inhibitor, doravirine (DORA), was
tested in healthy volunteers with the prototype of the 3A4 isoenzyme inductors of the mixed-function oxidase complex termed
cytochrome P450, or rifampicin12. As expected, since DORA is
a substrate of CYP 3A4, in the presence of rifampicin, the pharmacokinetic parameters were drastically reduced, in particular in
regard to the area under the curve (AUC) and the concentration at
the end of the dosage interval (C24), with slightly reduced effects
on absorption, with respect to which, alongside the inducing action upon CYP 3A4, we have the countervailing action of inhibition of Pgp. The association is clearly contraindicated.
After an estimated incidence of 15% of undesired pregnancies
was noted, the effect of administration of EFV on concentrations
of levonorgestrel (a progestinic contraceptive in the pharmaceutical form of subcutaneous implant) required study13. While reduction of pharmacokinetic exposure for the contraceptive did
not determine values below the threshold for activity (previously
estimated as 180 pg/mL), given the unacceptable failure rate,
debate concerning this association is nevertheless once more required. In this regard, the Authors note that other forms of contraception or of antiretroviral therapy should be provided.
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Articolo Originale/Original Article
Lo svlluppo del nuovo inibitore dell’ingresso virale BMS 663068
(profarmaco del BMS 626529, metabolita attivo a cui si giunge
nel lume intestinale attraverso l’azione della fosfatasi alcalina) si
connota per nuove acquisizioni di ordine farmacocinetico e farmacodinamico presentate all’ultimo CROI a Seattle14. Il farmaco
agisce legandosi alla gp 120 virale e bloccando le modificazioni
conformazionali che preludono al legame virale con il recettore
CD4. I risultati delle sperimentazione di fase II in monoterapia
per 10 giorni hanno portato alla selezione del dosaggio di 600
mg bid, quest’ultimo associato al miglior risultato virologico
raggiungibile con il farmaco e connotato da valori di concentrazione al termine dell’intervallo di dosaggio maggiori rispetto
alle soluzioni QD saggiate. Altre soluzioni bid a dosaggio maggiore non sono state selezionate in quanto maggiormente prossime, in termini farmacocinetici, alle concentrazioni associate a
riduzione della velocità di conduzione atrio-ventricolare. Questo
atteggiamento cautelativo ha anche tenuto conto dell’aumento
dell’esposizione farmacocinetica che il farmaco subisce in presenza di inibitori del CYP 3A4 (e.g. RTV)15. In fase III si procede
quindi con il dosaggio selezionato da 600 mg bid.
Development of the new viral entry inhibitor, BMS 663068 (prodrug of BMS 626529, an active metabolite which obtains in the intestinal lumen thanks to alkaline phosphatase action) is associated
with the new pharmacokinetic and pharmacodynamic acquisitions
presented at the last CROI in Seattle14. This drug acts by binding
to viral gp 120, blocking the conformational modifications preceding viral binding with the CD4 receptor. The results of stage II
experimentation (monotherapy for 10 days) led to selection of the
dosage of 600 mg bid. This dosage is associated with the best virological result that can be obtained with the drug, connoted, at the
end of the dosage interval, by concentration values that are higher
than for the tested QD solutions. Other bid solutions at a higher
dosage were not selected since these are nearer, in pharmacokinetic terms, to the concentrations associated with reduced velocity
of atrioventricular conduction. This precautionary approach is also
adopted in the light of the increase in pharmacokinetic exposure
impacting the drug in the presence of CYP 3A4 inhibitors (e.g.
RTV)15. During stage III, the procedure therefore entails use of the
selected dosage of 600 mg bid.
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Journals Index in Index Medicus”. All references must be verified by the author(s).
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