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Un embrione
cresciuto in
provetta e
ottenuto da
cellule staminali
Un team di ricercatori di Cambridge è riuscito a far sviluppare in provetta delle staminali embrionali fino a
produrre un agglomerato molto simile ad un embrione. La scoperta potrebbe aiutare a studiare una delle
fasi più critiche della gravidanza, senza fare ricorso ad embrioni umani
di SIMONE VALESINI
02 marzo 2017
Lo sviluppo embrionale. Normalmente, spiegano i ricercatori, un embrione si
sviluppa a partire da una cellula uovo fecondata, dividendosi fino a formare una
piccola sfera composta di cellule staminali. Di queste, quelle che andranno a
costituire la base per lo sviluppo del corpo del feto vengono definite cellule
staminali embrionali (o Esc), mentre le altre si dividono in due tipi: le Tscs che
andranno a formare la placenta, e un gruppo di cellule staminali endodermiche
“primitive” che formeranno in seguito il cosiddetto sacco vitellino, una struttura
che garantisce i nutrienti essenziali per lo sviluppo dell’embrione.
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UN EMBRIONE sviluppato in provetta ma senza utilizzare un ovocita fecondato.
Per crearlo infatti si fa ricorso ai suoi componenti elementari: le cellule staminali.
A riuscire nell’impresa, per la prima volta, è stato un team di ricercatori di
Cambridge, che sulle pagine di Science descrive come indurre in vitro lo
sviluppo di una struttura estremamente simile a un embrione naturale, utilizzando
unicamente due tipi di cellule staminali embrionali di topo e un’impalcatura 3D
composta di matrice extracellulare (un tessuto biologico su cui sono
naturalmente ancorate le cellule). Un traguardo importante, spiegano gli autori
della scoperta, che potrebbe aiutare in futuro a studiare direttamente in provetta
le fasi iniziali, e più delicate, dello sviluppo embrionale, senza ricorrere agli
embrioni.
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La ricerca. Nello studio, i ricercatori hanno tentato di indurre lo sviluppo di un
embrione utilizzando solamente due tipi di staminali, quelle embrionali (Esc) e le
Tscs. Per riuscirvi hanno modificato geneticamente le cellule prelevate da un
embrione di topo, e le hanno inserite in una impalcatura 3D per aiutarne la
crescita. Il risultato, assicurano i ricercatori, ha superato le loro aspettative: le
cellule infatti hanno prodotto una struttura estremamente simile,
morfologicamente, a un embrione naturale. “I due tipi di cellule staminali hanno
iniziato a comunicare, e si sono organizzate in una struttura che sembra, e si
comporta, come un embrione”, racconta Magdalena Zernicka-Goetz,
coordinatrice della ricerca. “La struttura mostra regioni anatomicamente corrette
che si sviluppano nel luogo giusto, e al momento giusto”.
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Il futuro. Ma quali scenari apre questa nuova scoperta per la ricerca medica?
“Quello che hanno fatto è una prima volta: normalmente otteniamo staminali
embrionali da un embrione, loro sono riusciti a fare il contrario, ottenendo un
embrione a partire dalle cellule staminali”, spiega Paolo Vezzoni, ricercatore
dell’Istituto di Ricerca Genetica e Biomedica del Cnr di Milano e direttore del
Biomedical Technologies Lab di Humanitas. “Si tratta di risultati importanti,
soprattutto se si riuscirà a replicarli anche con cellule umane. Risolverebbe infatti
molti dei dilemmi etici che riguardano le ricerche sullo sviluppo embrionale,
perché permetterebbe di studiarlo utilizzando non embrioni, ma staminali
coltivate in provetta”. Una novità importante dunque, che permetterebbe di
cercare trattamenti indirizzati a una fase cruciale: è negli stadi iniziali dello
sviluppo embrionale infatti che falliscono due terzi delle gravidanze. La tecnica
inoltre sarebbe particolarmente importante per il nostro paese. “Con la legge
attuale in Italia non possiamo effettuare ricerche sugli embrioni umani – ricorda
Vezzoni – ma è possibile utilizzare cellule staminali embrionali che non siano
state create nel nostro paese. Con la tecnica descritta su Science si potrebbe
quindi studiare lo sviluppo embrionale anche nei nostri laboratori”.
embrioni gravidanza ricerca staminali
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