Appunti di Teoria dei Numeri (algebra III)

Appunti di Teoria dei Numeri (algebra III)
Fabrizio Andreatta & Massimo Bertolini
9 gennaio 2017
1
Campi di numeri
Definizione 1.1. Un campo di numeri (detto anche campo di numeri algebrici)
è un sottocampo K di C tale che [K : Q] sia finito.
Osservazione 1.2.
1) Se K è un campo di numeri, allora K ⊂ Q̄.
2) Inoltre, Q̄ è uguale al composto L di tutti i campi di numeri, cioè il più piccolo
sottocampo di C contenente tutti i campi di numeri. L’inclusione L ⊂ Q̄ è chiara.
Viceversa, se α è un elemento di Q̄, allora Q[α] è un campo di numeri e quindi
L ⊃ Q̄.
Esempio 1.3.
1) √
Sia d ∈ Z − {0, 1} un intero privo di fattori quadratici. Il campo quadratico
Q[ d] è un campo di numeri.
2) Sia ζm = e2πi/m . L’m-esimo campo ciclotomico Q[ζm ] è un campo di numeri.
3) Dato a ∈ Z e m ∈ N, i campi Q[a1/m ] e Q[a1/m , ζm ] sono campi di numeri.
Teorema 1.4 (Teorema dell’elemento primitivo). Sia K/F un’estensione finita
di sottocampi di C. Esiste α ∈ K tale che K = F [α].
Dim. Vedi [Mi], cap. 5.
Corollario 1.5. Se K è un campo di numeri, esiste α ∈ K tale che K = Q[α].
Esercizio 1.6.
1) Sia K = Q[21/2 , 31/2 ]. Trovare α ∈ K tale che K = Q[α].
2) Sia K = Q[21/2 , 31/3 ] ⊂ R. Trovare α ∈ K tale che K = Q[α].
3) Sia K = Q[31/2 , 51/2 , (−7)1/2 ]. Trovare α ∈ K tale che K = Q[α].
1
Teorema 1.7 (Grado dei campi ciclotomici). Sia K = Q[ζm ] l’m-esimo campo
ciclotomico e sia fm (x) il polinomio minimo di ζm . Allora
Y
k
).
fm (x) =
(x − ζm
k∈(Z/mZ)×
In particolare, [K : Q] = ϕ(m), dove ϕ(m) = #(Z/mZ)× indica la funzione di
Eulero.
Dim. Vedi [Mi], cap. 5.
Corollario 1.8. Vi è un isomorfismo canonico
Gal(K/Q) = (Z/mZ)× .
Dim. Un elemento σ in Gal(K/Q) è determinato dal suo valore σ(ζm ). Poiché
σ(ζm ) è una radice primitiva m-esima di 1 (cioè ha ordine m), si ha σ(ζm ) =
kσ
ζm
, dove kσ ∈ (Z/mZ)× è un’unità modulo m. Ne viene che σ 7→ kσ è un
omomorfismo iniettivo (canonico) di gruppi aventi, grazie al Teorema 1.7, lo stesso
ordine. Dunque è un isomorfismo.
Esercizio 1.9.
Q
1) Se m = ki=1 pai i , dove pi è primo e ai ∈ N, dimostrare che
ϕ(m) =
k
Y
k
Y
ϕ(p ) =
(pi − 1)pai −1 .
ai
i=1
i=1
[Suggerimento: applicare il Teorema Cinese del Resto a Z/mZ.]
2) Calcolare fm (detto m-esimo polinomio ciclotomico) per m ≤ 21. [Suggerimento: notare la formula induttiva
fm (x) = Q
xm − 1
,
d|m,d6=m fd (x)
dove il prodotto è effettuato sui divisori positivi d di m, con 1 ≤ d < m.]
3) Descrivere la struttura di Gal(Q[ζm ]/Q) per m ≤ 21.
2
Interi algebrici
Definizione 2.1. Un numero complesso α è detto intero algebrico se soddisfa un
polinomio monico a coefficienti in Z.
2
Indichiamo con
Z̄ = {α ∈ C : α è un intero algebrico}
l’insieme degli interi algebrici. Si noti l’inclusione Z̄ ⊂ Q̄. Dato un campo di
numeri K, indichiamo con OK = K ∩ Z̄ l’insieme degli interi algebrici contenuti
in K. Vedremo tra breve che OK è un sottoanello di C, detto anello degli interi
(algebrici) di K.
Lemma 2.2. Il polinomio minimo p(x) in Q[x] di un intero algebrico α ha
coefficienti in Z.
Dim. Sia q(x) in Z[x] il polinomio monico a coefficienti in Z di grado minimo
soddisfatto da α. Basta dimostrare che q(x) è irriducibile. In caso contrario, vi è
una fattorizzazione q(x) = q1 (x)q2 (x), con qi (x) ∈ Q[x] monico di grado ≥ 1. Per
il lemma di Gauss, qi (x) appartiene a Z[x]. Inoltre, α è radice di q1 (x) o q2 (x),
contravvenendo la minimalità di q(x).
Corollario 2.3. OQ = Z.
Dim. Dato α in OQ , il suo polinomio minimo x − α ha coefficienti in Z grazie al
Lemma 2.2. (L’inclusione opposta Z ⊂ OK è ovvia.)
Proposizione 2.4. Sia α in C. Le seguenti condizioni sono equivalenti.
1. L’elemento α appartiene a Z̄.
2. Il gruppo additivo dell’anello Z[α] (delle espressioni polinomiali in α a
coefficienti in Z) è un gruppo abeliano finitamente generato.
3. L’elemento α appartiene ad un sottoanello A di C il cui gruppo additivo è
finitamente generato.
4. Esiste un sottogruppo non nullo finitamente generato di C tale che αA ⊂ A.
Dim. Vediamo che 1 ⇒ 2. Sappiamo che vale la relazione
αn + an−1 αn−1 + · · · + a1 α + a0 = 0, ai ∈ Z.
Segue che αn appartiene al gruppo generato da 1, α, . . . , αn−1 . Induttivamente,
si vede che αk appartiene allo stesso gruppo per ogni k ≥ n. In conclusione
{1, . . . , αn−1 } generano Z[α] come gruppo additivo.
Le implicazioni 2 ⇒ 3 ⇒ 4 sono ovvie.
Dimostriamo infine che 4 ⇒ 1. Supponiamo che A sia generato dai
Pnnumeri complessi (α1 , . . . , αn ). La condizione αA ⊂ A implica che ααi = j=1 aij αj , per
i = 1, . . . , n, con aij ∈ Z. In altre parole, vale la relazione matriciale




α1
α1




α  ...  = M  ...  ,
(1)
αn
αn
3
dove M = [aij ] è una matrice n × n a coefficienti in Z. Si noti che il vettore (αi ) ∈
Cn è diverso da zero, poiché il gruppo A è non nullo per ipotesi. L’equazione (1)
implica che α è un autovalore associato all’autovettore (αi ). Segue che α soddisfa
il polinomio caratteristico det(xI − M ), che è monico (di grado n) a coefficienti
in Z.
Esercizio 2.5. Ricordiamo che dato un gruppo abeliano A, un sottoinsieme
{a1 , . . . , an } di A è detto una Z-base di A se per ogni α ∈ A esistono unici
β1 , . . . , βn ∈ Z tali che
a = β1 a1 + · · · + βn an .
Mostrare che dato un intero algebrico α con polinomio minimo fα (X) ∈ Q[X]
l’insieme {1, . . . , αn−1 } è una Z-base del gruppo additivo soggiacente all’anello
Z[α].
Corollario 2.6. Z̄ e OK sono sottoanelli di C (e di Q̄).
Dim. L’affermazione su OK segue da quella per Z̄. Dati α e β in Z̄, grazie alla
condizione 2 della Proposizione 2.4, abbiamo
Z[α] = Zα1 + · · · + Zαm ,
Z[β] = Zβ1 + · · · + Zβn .
Segue che Z[α, β] è generato da αi βj , i = 1, . . . , m, j = 1, . . . , n. Poiché α ± β
e αβ appartengono a Z[α, β], il Corollario 2.6 è conseguenza della condizione 3
della Proposizione 2.4.
Esercizio 2.7.
1) Osservato che il numero complesso α = (−5)1/2 + 71/2 è un intero algebrico,
calcolare un polinomio monico con coefficienti in Z di cui α è radice.
2) Osservato che il numero reale α = 31/2 + 51/3 è un intero algebrico, calcolare
un polinomio monico con coefficienti in Z di cui α è radice.
3) Calcolare il polinomio minimo di 31/2 · 51/3 .
4) Calcolare il polinomio minimo di 31/2 + (−5)1/2 + 111/2 .
Esempio 2.8.
√
√
Z − {0, 1} privo di fattori quadratici, allora Z[ d] è
1) Se K = Q[ d], con d ∈√
contenuto in OK . Infatti, d appartiene a OK poiché soddisfa x2 √
− d; inoltre,
poiché
√ OK è un sottoanello unitario di C, deve contenere l’anello Z[ d] generato
da d. La Proposizione 2.9 descrive OK .
2) Se K = Q[ζ], con ζ = e2πi/m , è l’m-esimo campo ciclotomico, si ha che Z[ζ]
è contenuto in OK . Infatti, ζ appartiene a OK poiché soddisfa xm − 1; inoltre,
poiché OK è un sottoanello unitario di C, deve contenere l’anello generato da ζ.
Vedremo più avanti che OK è sempre uguale a Z[ζ].
4
√
Proposizione 2.9. Sia K = Q[ d] un campo quadratico, dove d ∈ Z − {0, 1} è
un intero privo di fattori quadratici. Allora
√
 √
se d ≡ 2, 3 (mod 4)
 Z[ d] = {a + b d : a, b ∈ Z}
OK =
√
 1+√d
Z[ 2 ] = { a+b2 d : a, b ∈ Z, a ≡ b (mod 2)} se d ≡ 1 (mod 4)
√
Dim. Dato α ∈ K, scriviamo α = a + b d, con a, b in Q. Se b = 0, allora α
appartiene a OK se e solo se α appartiene a OK ∩ Q = Z. Se b 6= 0, il polinomio
minimo di α è uguale a x2 − 2ax + (a2 − db2 ). Grazie al Lemma 2.2, otteniamo
che
α ∈ OK ⇔ 2a ∈ Z e a2 − db2 ∈ Z.
(2)
Supponiamo che α è un elemento di OK . Si noti che se a appartiene a Z, necessariamente b appartiene a Z, poiché d è privo di fattori quadratici. Se invece
a ∈ 12 Z − Z, allora si ha che 2a ≡ 1 (mod 2) e quindi 4a2 ≡ 1 (mod 4). Poiché
4a2 − 4db2 ≡ 0 (mod 4), otteniamo che 4db2 ≡ 1 (mod 4) e quindi b ∈ 12 Z − Z.
Segue come sopra che 4b2 ≡ 1 (mod 4) da cui 4db2 √≡ d (mod 4) e quindi
d ≡ 1 (mod 4). In√conclusione, si ha che OK ⊂ Z[ d] a meno che d ≡ 1
(mod 4). Poiché Z[ d] ⊂ OK grazie all’Esempio 2.8, otteniamo l’uguaglianza quando d ≡ √2, 3 (mod 4). Se d ≡ 1 (mod 4), i calcoli precedenti mostrano
che OK ⊂ Z[ 1+2 d ]. L’inclusione opposta si verifica immediatamente usando le
condizioni (2).
3
Traccia, norma e discriminante
Introduciamo alcuni strumenti teorici utili, in particolare, per calcolare l’anello
OK degli interi algebrici di un campo di numeri.
Sia K/F un’estensione di campi di numeri (non necessariamente di Galois).
Sappiamo che vi sono n = [K : F ] F -omomorfismi distinti
σ1 , . . . , σn : K−→C
ed inoltre fattorizzano attraverso la chiusura Galoisiana E di F ⊂ K in C.
Definisco σ : K → Cn l’omomorfismo di anelli x 7→ σ1 (x), . . . , σn (x)
Esercizio 3.1. Scriviamo K = F (α1 , . . . , αh ) e sia fαi (X) ∈ F [X] il polinomio
minimo di αi . Sia f (X) := fα1 (X) · · · fαh (X) e definiamo E ⊂ C come il campo
generato da F e da tutte le radici complesse di f (X). Mostrare che
1) l’estensione F ⊂ E è di Galois e contiene K;
2) ogni F -omomorfismo σ : K → C fatorizza attraverso E.
5
Definizione 3.2. Data una n-pla (α1 , . . . , αn ) di elementi di K denoto con
A(α1 , . . . , αn ) la matrice [σi (αj )]1≤i,j≤n ∈ Mn×n (C).
Il discriminante di (α1 , . . . , αn ) è definito da
discK/F (α1 , . . . , αn ) = (det A(α1 , . . . , αn ))2 .
Osservazione 3.3. Dalle proprietà del determinante segue che discK/F (α1 , . . . , αn )
non dipende dall’ordine dei σi e degli αj .
Proposizione 3.4.
1) Abbiamo discK/F (α1 , . . . , αn ) ∈ F .
2) L’insieme {α1 , . . . , αn } è una F -base di K se e solo se discK/F (α1 , . . . , αn ) 6= 0
se e solo se i vettori σ(α1 ), . . . , σ(αn ) ∈ Cn sono una C-base.
Dim.
1) Osserviamo che σ1 , . . . , σn fattorizzano attraverso una chiusura Galoisiana E
di F ⊂ K. Sia G il gruppo di Galois
Gal(E/F ). Allora discK/F (α1 , . . . , αn ) ∈ F
se e solo se σ discK/F (α1 , . . . ,αn ) = discK/F (α1 , . . . , αn ) per ogni σ ∈ G.
Ma σ discK/F (α1 , . . . , αn ) = (det[σ ◦ σi (αj )]1≤i,j≤n )2 . Poichè σi 7→ σ ◦
σi induce una permutazione degli F -omomorfismi da K ad E, la matrice [σ ◦
σi (αj )]1≤i,j≤n è ottenuta dalla matrice [σi (αj )]1≤i,j≤n permutando le righe e dunque
le due matrici hanno uguale determinate a meno di segno. Prendendone il
quadrato tale ambiguità scompare.
2) Abbiamo che discK/F (α1 , . . . , αn ) 6= 0 se e solo se la matrice A(α1 , . . . , αn ) ∈
Mn×n (E) ha rango massimo, ovvero le sue colonne σ(α1 )t , . . . , σ(αn )t sono una
base di Cn come C-spazio vettoriale o equivalentemente di E n come E-spazio
vettoriale. Questo mostra la seconda equivalenza.
Visto che σ è un omomorfismo iniettivo di F -spazi vettoriali, {α1 , . . . , αn } è
una F -base di K se e solo se le colonne di A(α1 , . . . , αn ) sono linearmente indipendenti su F . Per concludere dobbiamo mostrare che questa è condizione
necessaria e sufficiente affinchè siano linearmente indipendenti su E. Che sia
condizione necessaria è chiaro. Per la sufficienza supponiamo che le colonne siano
linearmente dipendenti su E ovvero che esista a := (a1 , . . . , an ) ∈ E n non nulla tale che A(α1 , . . . , αn ) · at = 0. Prendiamo a tale che il numero di entrate
non nulle sia il minimo possibile. A meno di rinumerare gli αi e riscalare a
possiamo supporre che a1 = 1. Per ogni automorfismo σ di E abbiamo che
σ(a) := σ(a1 ), .P
. . , σ(an ) soddisfa ancora A(α1 , . . . , αn ) · σ(a)t = 0. Infatti per
ogni i abbiamo j σi (αj )aj = 0 e quindi
X
X
σ ◦ σi (αj )σ(aj ) = σ
σi (αj )aj = σ(0) = 0.
j
j
Ma σi 7→ σ◦σi induce una biezione sugli F -omomorfismi
di K in E. Dunque anche
t
t
A(α1 , . . . , αn ) · σ(a) = 0 e A(α1 , . . . , αn ) · a − σ(a) = 0. Segue dalla minimalità
6
nella scelta di a che
P a = σ(a).
PValendo questo per ogni σ ∈ G concludiamo che
n
a
i ai α i =
i ai σ1 (αi ) = 0 ovvero, essendo σ1 iniettivo, che
P∈ F e che σ1
a
α
=
0,
il
che
implica
che
{α
1 , . . . , αn } non è una F -base di K.
i i i
Definiamo ora polinomio caratteristico, traccia e norma di un elemento di K
relativamente ad F .
Definizione 3.5.
char
1) Denotiamo con fα,K/F
(X) ∈ F [X] il polinomio caratteristico dell’endomorfismo
di K come F -spazio vettoriale definito dalla moltplicazione per α, che associa a
x ∈ K l’elemento αx ∈ K.
2) La traccia di un elemento α di K è definita da
TK/F (α) = σ1 (α) + · · · + σn (α).
3) La norma di un elemento α di K è definita da
NK/F (α) = σ1 (α) · · · σn (α).
La dimostrazione del lemma seguente è immediata.
Lemma 3.6.
1. TK/F (α + β) = TK/F (α) + TK/F (β) e NK/F (αβ) = NK/F (α)NK/F (β) per ogni
α e β in K.
2. TK/F (αβ) = αTK/F (β) e NK/F (αβ) = αn NK/F (β) per ogni α in F e β in K.
Proposizione 3.7.
char
1. Per ogni α in K abbiamo fα,K/F
(X) =
Qn
i=1
X − σi (α) .
char
2. Per ogni α in K, TK/F (α) è − il coefficiente di X n−1 in fα,K/F
(X) e NK/F (α)
n
char
è (−1) il coefficiente costante di fα,K/F (X). In particolare, TK/F (α) e NK/F (α)
appartengono a F .
char
3. Per ogni α in OK , abbiamo che fα,K/F
(X) ∈ OF [X]. In particolare, TK/F (α)
e NK/F (α) appartengono a OF .
Dim.
1. Sia A := {α1 , . . . , αn } una F -base di K. La matrice A MA (α) di moltiplicazione
per α sull’ F -spazio vettoriale K rispetto
P alla base A ha come colonna i-esima
(a1i , . . . , ani ) la n-upla tale che ααi = j ajiP
αj .
In particolare σh (ααi ) = σh (α)σh (αi ) = j aji σh (αj ) ovvero, in forma matriciale, posso calcolare A(αα1 , . . . , ααn ) come
A(αα1 , . . . , ααn ) = diag(σ1 (α), . . . , σn (α) · A(α1 , . . . , αn )
7
oppure
A(αα1 , . . . , ααn ) = A(α1 , . . . , αn ) · A M A (α).
Qui diag(x1 , . . . , xn denota la matrice diagonale con entrate x1 , . . . , xn . Segue
dalla proposizione 3.4 che la matrice A(α1 , . . . , αn ) a coefficienti in C è invertibile
e quindi
A(α1 , . . . , αn )−1 · diag(σ1 (α), . . . , σn (α) · A(α1 , . . . , αn ) = A M A (α).
La prima affermazione segue dal fatto che il polinomio caratteristico di una matrice è uguale a quello di una qualsiasi matrice ad essa coniugata per il teorema
di Binet.
2. Questo segue immediatamente.
char
3. Osservo che se α ∈ OK allora ciascun σi (α) ∈ OE e quindi fα,K/F
(X) ha
coefficienti in OE ∩ F = OF .
Il seguente lemma presenta ulteriori importanti proprietà della norma.
Lemma 3.8.
1. Sia α in OK . Allora NK/F (α) ∈ αOK .
2. Dato α ∈ K abbiamo NK/F (α) = 0 se e solo se α = 0.
3. Dato α ∈ OK allora α è invertibile in OK se se solo se NK/F (α) è invertibile
in OF .
Q
Dim. Per definizione NK/F (α) = ni=1 σi (α).
Q
1) Se σ1 : K → E è l’inclusione naturale e poniamo β = ni=2 σi (α), allora
NK/F (α) = αβ. Se α 6= 0, segue che β = NK/F (α)α−1 ∈ K infatti NK/F (α) ∈ F .
Inoltre ciascun σi (α) ∈ OE e quindi β ∈ K ∩ OE = OK .
2) chiaro.
3) Usando la notazione di (1) ho che αβ = NK/F (α). Quindi se NK/F (α) è invertibile in OF lo è anche in OK e βNK/F (α)−1 ∈ OK è l’inverso di α. Viceversa se
α è invertibile in OK esiste γ ∈ OK tale che αγ = 1. Applicando la moltiplicatività della norma otteniamo NK/F (α)NK/F (γ) = NK/F (1) = 1 con NK/F (γ) ∈ OF
e dunque NK/F (α) ∈ OF risulta invertibile in OF .
Per il teorema dell’elemento primitivo sappiamo che K = F [α]. In questo
char
caso fα,K/F
(X) è il polinomio minimo di α per questioni di gradi.
Proposizione 3.9. Sia K = F [α] e sia (1, α, . . . , αn−1 ) la F -base di K associata
ad α. Indichiamo con f (x) ∈ F [x] il polinomio minimo di α su F e con f 0 (x) la
sua derivata. Allora
discK/F (1, α, . . . , αn−1 ) = · NK/F (f 0 (α)),
dove = 1 se n ≡ 0, 1 (mod 4) e = −1 altrimenti.
8
Dim. Sia A = [σi (αj−1 )] la matrice n × n che interviene nella definizione di
disc(1, α, . . . , αn−1 ). Posto αi = σi (α), si noti che A = [αij−1 ] è una matrice di
Vandermonde. Di conseguenza, notando che = (−1)n(n−1)/2 , si ha
disc(1, α, . . . , αn−1 ) = det(A)2
Y
=
(αs − αr )2
1≤r<s≤n
Y
= ·
(αr − αs ).
1≤r6=s≤n
Basta ora dimostrare che
Y
NK/Q (f 0 (α)) =
(αr − αs ).
1≤r6=s≤n
Abbiamo
0
NK/Q (f (α)) =
n
Y
σr (f 0 (α))
r=1
=
n
Y
f 0 (αr ).
r=1
Infine, la formula f (x) =
Qn
s=1 (x
− αs ) implica che
f 0 (αr ) =
n
Y
(αr − αs ).
s=1,r6=s
Applichiamo la Proposizione 3.9 ai campi ciclotomici.
Corollario 3.10. Sia p un primo dispari e sia K = Q[ζ], con ζ = e2πi/p , il
p-esimo campo ciclotomico. Allora
disc(1, ζ, . . . , ζ p−2 ) = · pp−2 ,
dove = 1 se p ≡ 1 (mod 4) e = −1 se p ≡ 3 (mod 4).
Dim. Per il Teorema 1.7, [K : Q] = p − 1 e quindi (1, ζ, . . . , ζ p−2 ) è una Q-base
per K. Il polinomio minimo di ζ è dato da
φ(x) =
xp − 1
= xp−1 + xp−2 + · · · + x + 1.
x−1
La relazione xp − 1 = (x − 1)φ(x) implica che p xp−1 = φ(x) + (x − 1)φ0 (x) e quindi
pζ p−1
p
φ (ζ) =
=
.
ζ −1
ζ(ζ − 1)
0
9
Posto N = NK/Q , la moltiplicatività della norma (Lemma 3.6) implica che
N (φ0 (ζ)) =
N (p)
.
N (ζ)N (ζ − 1)
Infine,
N (p) = pp−1 ,
N (ζ) = (−1)p−1 · (termine costante di φ(x)) = 1,
N (ζ − 1) = N (−(1 − ζ)) = (−1)p−1 N (1 − ζ) = φ(1) = p.
Applichiamo ora il Corollario 3.10 ad un problema già affrontato con mezzi
diversi.
Corollario 3.11. Sia K = Q[ζ] il p-esimo campo ciclotomico, con p ≥ 3 primo.
√
Allora K contiene un unico sottocampo quadratico, uguale a Q[ p] se p ≡ 1
√
(mod 4) e a Q[ −p] se p ≡ 3 (mod 4).
Dim. Il gruppo di Galois Gal(K/Q) è isomorfo a F×
p e quindi è ciclico di ordine
p − 1. Segue che Gal(K/Q) contiene un unico sottogruppo di indice 2, che fissa
l’unico sottocampo quadratico di K. Inoltre, disc(1, ζ, . . . , ζ p−2 ) = δ 2 , dove
δ = det[σi (ζ j−1 )]
è il determinante di una matrice a coefficienti in K. Segue che δ appartiene a K.
√
Poiché δ 2 = pp−1 per il Corollario 3.10, otteniamo che p appartiene a K.
Esercizio 3.12. Dato d ∈ Z − {0, 1} privo di fattori quadratici, si definisca
√
D = d se d ≡ 1 (mod 4) e D = 4d se d ≡ 2, 3 (mod 4). Si dimostri che Q[ d] è
contenuto nel D-esimo campo ciclotomico Q[e2πi/D ]. [Suggerimento: si fattorizzi
√
d (a meno del segno) come prodotto di primi; si osservi poi che Q[ p] è contenuto
in Q[e2πi/4p ] se p è un primo ≡ 3 (mod 4) ...]
4
Struttura additiva di OK
Sia K un campo di numeri. Intendiamo descrivere la struttura di OK come
gruppo additivo.
Definizione 4.1. Un gruppo abeliano A si dice libero di rango n ≥ 0 se A è
isomorfo al gruppo additivo
Zn = Z ⊕ . . . ⊕ Z.
Esercizio 4.2. Due gruppi abeliani liberi sono isomorfi se e solo se hanno lo
stesso rango. [Suggerimento: (Z/2Z)n non è isomorfo a (Z/2Z)m se n 6= m.]
10
Lemma 4.3. Esiste una F -base {α1 , . . . , αn } di K i cui elementi appartengono
a OK .
Dim. Se α ∈ K è un numero algebrico, allora α soddisfa un polinomio a
coefficienti in Z (non necessariamente monico!)
am xm + am−1 xm−1 + . . . + a1 x + a0 , con am 6= 0.
Segue (moltiplicando per am−1
m ) che am α soddisfa il polinomio monico a coefficienti
in Z
m−1
xm + am−1 xm−1 + . . . + am−2
m a1 x + am a0
e dunque am α appartiene ad OK . Di conseguenza, per ottenere la F -base richiesta
è sufficiente moltiplicare gli elementi di una F -base arbitraria per un opportuno
elemento non nullo di Z.
Proposizione 4.4. Sia {α1 , . . . , αn } una F -base per K costituita da interi algebrici e sia d = discK/F (α1 , . . . , αn ) il suo discriminante. Allora
1. d appartiene a OF − {0},
2. ogni intero algebrico α in OK si scrive nella forma
m1 α1 + . . . + mn αn
,
d
dove i mj appartengono a OF e sono unici.
α=
Dim.
Siano σi , i = 1, . . . , n gli omomorfismi di K in C. Poiché (αi ) è una F -base di
K, segue dalla proposizione 3.4 che la matrice A = [σi (αj )] è invertibile. Posto
δ = det(A), si ha per costruzione d = δ 2 . Sappiamo quindi che d ∈ F è non nullo.
Inoltre, le componenti di A sono interi algebrici e dunque δ è un intero algebrico.
Segue che d appartiene a F ∩ Z̄ = OF − {0}.
Dato α ∈ OK , scriviamo α = α1 x1 + · · · + αn xn , con xi ∈ F . Otteniamo il
sistema lineare di n equazioni in n incognite
σi (α1 )x1 + · · · + σi (αn )xn = σi (α), i = 1, . . . , n.
Per la regola di Kramer ho un’unica soluzione
xj = δj /δ,
dove δj è il determinante della matrice ottenuta da A sostituendo la sua j-esima
colonna con la colonna (σi (α)) dei termini noti. Sappiamo che
δ 2 = d, e δ, δj ∈ Z̄.
Segue che mj = dxj = δj · δ appartiene a Z̄ ∩ F = OF . Infine, m2j /d è uguale
a (dxj )2 /d = dx2j = dδj2 /δ 2 = δj2 . Di nuovo otteniamo che m2j /d appartiene a
Z̄ ∩ F = OF .
11
Teorema 4.5. Sia n = [K : Q]. Allora OK è un gruppo abeliano libero di
rango n.
Dim. Sia A l’insieme delle n-uple (α1 , . . . , αn ) di elementi di OK che formano una
Q-base di K. Grazie al Lemma 4.3 l’insieme A è non vuoto. Definiamo l’insieme
{|discK/Q (α1 , . . . , αn )| t.c. (α1 , . . . , αn ) ∈ A
Grazie alla Proposizione 4.4 si tratta di un insieme di numeri naturali, non nulli.
Fissiamo (α1 , . . . , αn ) ∈ A tale che |discK/Q (α1 , . . . , αn )| = min(I), realizza il
minimo di I. Affermo che {α1 , . . . , αn } è una Z-base di OK (Esercizio 2.5),
dimostrando la tesi. Basta mostare che genera OK in quanto {α1 , . . . , αn } è
linearmente indipendente su Q essendo una Q-base di K.
Sia β ∈ OK e scriviamo β = a1 α1 + . . . + an αn con a1 , . . . , an ∈ Q. Sia
J = {i = 1, . . . , n|ai 6∈ Z}. Devo mostrare che J = ∅. Supponiamo di no. Per
ogni i scriviamo bi = ai se ai è un intero e poniamo bi come il più grande intero
≤ ai se ai 6∈ Z ovvero iP
∈ J. In particolare ai −
Pbni = 0 se i 6∈ J e 0 < ai − bi < 1
n
0
se i ∈ J. Allora β = i=1 (ai − bi )αi = β − i=1 bi αi è un elemento di OK in
quanto il sottogruppo generato da α1 , . . . , αn è contenuto in OK . Inoltre β 0 6= 0
visto che J è non vuoto. Supponiamo, a meno di rinumerare gli αi , che 1 ∈ J.
Allora |discK/Q (β1 , α2 , . . . , αn )| = b21 |discK/Q (α1 , . . . , αn )|, per la definizione del
discriminante come quadrato del determinate della matrice A(β1 , α2 , . . . , αn ) e
perchè il determinante è n-lineare. Ma allora, visto che 0 < b1 < 1, segue che 0 6=
|discK/Q (β1 , α2 , . . . , αn )| < |discK/Q (α1 , . . . , αn )| contraddicendo la minimalità di
quest’ultimo.
Definizione 4.6. Una base intera per OK è una Z-base di OK ovvero un insieme
di elementi {α1 , . . . , αn } tale che
OK = Zα1 ⊕ · · · ⊕ Zαn .
√
Esempio 4.7. Sia dato d ∈ Z−{0, 1} privo di fattori quadratici e sia K = Q[ d]
il campo quadratico corrispondente. Allora
√

 {1, d} se d ≡ 2, 3 (mod 4)
√

{1, 1+2 d }
se d ≡ 1
(mod 4)
è una base intera per OK .
Lemma 4.8. Due basi intere per OK hanno lo stesso discriminante.
Dim. Indicate le basi con A = (αi ) e B = (βi ), abbiamo che
(β1 , . . . , βn ) = (α1 , . . . , αn ) M
12
dove M = A M (IdB è la matrice n × n a coefficienti in Z di cambiamento di base
da B a A. Scambiando il ruolo delle basi, otteniamo che M è invertibile e dunque
det(M ) = ±1. Inoltre, posto A = [σj (αi )] e B = [σj (βi )], vale la relazione
B = AM.
Segue che det(B) = ± det(A). Poiché disc(A) = det(A)2 e disc(B) = det(B)2 ,
otteniamo l’uguaglianza dei discriminanti.
Definizione 4.9. Chiamiamo discriminante di OK , indicato con disc(OK ), il
discriminante di una qualunque base intera di OK . (Si ricordi che disc(OK )
appartiene a Z, grazie alla Proposizione 4.4.)
Esercizio 4.10. L’insieme (α1 , . . . , αn ) ⊂ OK è una base intera per OK se e solo
se disc(α1 , . . . , αn ) = disc(OK ).
Esercizio 4.11. Con notazioni come in Esempio 4.7, dimostrare che

 4d se d ≡ 2, 3 (mod 4)
disc(OK ) =

d
se d ≡ 1 (mod 4)
(Di conseguenza, disc(OK ) è uguale alla quantità D definita in Esercizio 3.12.)
Il prossimo risultato è utile per il calcolo dell’anello degli interi algebrici di
certi campi di numeri.
Teorema 4.12. Siano K ed L campi di numeri aventi grado su Q uguale a m
ed n, rispettivamente. Sia M il campo composto KL. Supponiamo che
[M : Q] = mn.
Allora vale l’inclusione
OM ⊂ (1/d)OK OL ,
dove d = (disc(OK ), disc(OL )) è il massimo comun divisore di disc(OK ) e disc(OL )
e OK OL è il sottoanello di KL
P generato da OK e OL (cioè l’anello i cui elementi
sono somme finite del tipo
αβ, con α in OK e β in OL ).
Dim. Fissiamo basi intere (α1 , . . . , αm ) e (β1 , . . . , βn ) per OK e OL , rispettivamente. Otteniamo che gli mn elementi (αi βj ) di OK OL formano
1. un sistema di generatori per OK OL ,
2. una Q-base per KL.
13
La prima affermazione segue dalla definizione di OK OL , mentre la seconda dipende
dal fatto che (αi βj ) è un sistema di generatori per il campo di numeri KL, il
cui grado è mn per ipotesi. (Quanto detto implica che il gruppo additivo del
sottoanello OK OL di OM è libero di rango mn e che (αi βj ) è una Z-base.)
Dato α ∈ OM , lo scriviamo come
X mi,j
αi βj ,
(3)
α=
r
i,j
m
per unici ri,j ∈ Q dove mi,j ed r appartengono a Z e (r, mi,j )1≤i≤m,1≤j≤n = 1.
Dobbiamo mostrare che
r | disc(OK ) e r | disc(OL ).
Considerato il ruolo simmetrico di OK e OL , ci basta controllare che r divide
disc(OK ). Siano σk : K−→C, k = 1, . . . , m gli omomorfismi di K in C. Poiché
[KL : L] = m per l’ipotesi [KL : Q] = mn, il numero degli L-omomorfismi di
KL in C è anch’esso m. L’applicazione che, dato un L-omomorfismo da KL in
C, associa la sua restrizione a K è iniettiva: se due restrizioni a K coincidono,
devono coincidere su KL poiché coincidono su L per ipotesi. Quindi l’applicazione
HomL (KL, C) → HomQ (K, C), che ad un L-omomorfismo σ̃ : KL → C associa la
restrizione σ̃|K : K → C a K, è una biezione essendo una applicazione iniettiva
fra due insiemi entrambi di cardinalità m. Concludo che per ogni k = 1, . . . , m
esiste un unico L-omomorfismo σ̃k : KL → C la cui restrizone a K coincide con
σk .
Otteniamo l’uguaglianza delle matrici σk (αi ) k,i = σ̃k (αi ) k,i e l’uguaglianza disc(OK ) = discK/Q (α1 , . . . , αm ) = discM/L (α1 , . . . , αm ). Segue allora dalla
Proposizione 4.4 che
X
disc(OK )α ∈ OL α1 + · · · + OL αm =
Zαi βj .
1≤i≤m,1≤j≤n
Quindi (disc(OK )mi,j )/r appartiene a Z, cioè r divide disc(OK )mi,j per ogni (i, j).
Poiché per ipotesi (mi,j , r)i,j = 1, concludiamo che r | disc(OK ).
Il seguente corollario è immediato.
Corollario 4.13. Se (disc(OK ), disc(OL )) = 1, allora OM = OK OL .
√
√
Esercizio 4.14. Sia K il campo biquadratico Q[ −3, 11]. Calcolare OK .
Teorema 4.15. Sia K = Q[ζ], con ζ = e2πi/m , l’m-esimo campo ciclotomico.
Allora OK = Z[ζ].
Dim.
14
Passo 1: Sia m = m1 m2 , con (m1 , m2 ) = 1, e sia Ki = Q[ζi ], i = 1, 2, l’mi -esimo
campo ciclotomico. Se OKi = Z[ζi ] per i = 1, 2, allora OK = Z[ζ]. Questa
affermazione segue dal Corollario 4.13, osservando quanto segue:
1. K = K1 K2 , poiché ζ1 ζ2 è una radice primitiva m-esima di 1, e vale l’uguaglianza [K : Q] = [K1 : Q][K2 : Q] (esercizio);
2. (disc(OK1 ), disc(OK2 )) = 1: questa affermazione segue dal lemma seguente.
Lemma 4.16. Se K = Q[ζ] è l’m-esimo campo ciclotomico, allora disc(OK )
divide mϕ(m) .
Dim. Grazie all’Esempio 2.8, Z[ζ] ⊂ OK . Abbiamo che (1, ζ, . . . , ζ ϕ(m)−1 ) è una
base intera di Z[ζ]. Indichiamo per brevità il suo discriminante con disc(ζ). Allora
disc(OK ) divide disc(ζ) (esercizio: vedi la dimostrazione del Lemma 4.8). Posto
xm − 1 = f (x)g(x), dove f (x) = fm (x) è l’m-esimo polinomio ciclotomico (cioè il
polinomio minimo di ζ), differenziando e sostituendo x con ζ, si ottiene
m = ζf 0 (ζ)g(ζ).
Calcolando NK/Q su questa uguaglianza, otteniamo grazie alla Proposizione 3.9
mϕ(m) = ±disc(ζ)NK/Q (ζg(ζ)).
Poiché ζg(ζ) è un intero in OK , segue che NK/Q (ζg(ζ)) appartiene a Z grazie alla
Proposizione 3.7. Otteniamo che disc(ζ) divide mϕ(m) .
Passo 2: Grazie al Passo 1, basta ora dimostrare il Teorema 4.15 nel caso in cui
h
m = ph sia uguale alla potenza di un primo e quindi ζ = e2πi/p .
Premettiamo un lemma.
Lemma 4.17.
1. Abbiamo Z[ζ] = Z[1 − ζ] e disc(ζ) = disc(1 − ζ).
2.
Y
(1 − ζ k ) = p.
k∈(Z/ph Z)×
Dim. Poiché ζ = 1−(1−ζ), Z[ζ] è uguale a Z[1−ζ]. Da questa uguaglianza segue
l’uguaglianza dei discriminanti (esercizio). (Si noti che queste affermazioni non
dipendono dal fatto che m è una potenza di p.) Il prodotto nella seconda parte
è uguale a fph (1), dove
h
xp − 1
h−1
h−1
h−1
fph (x) = ph−1
= 1 + xp + x2(p ) + · · · + x(p−1)p
x
−1
è il ph -esimo polinomio ciclotomico.
15
Posto n = ϕ(ph ) = (p − 1)ph−1 e d = disc(ζ) = disc(1 − ζ), la Proposizione
4.4 implica che ogni α in OK si scrive nella forma
α=
m1 + m2 (1 − ζ) + · · · + mn (1 − ζ)n−1
.
d
(4)
Dobbiamo dimostrare che OK = Z[ζ] = Z[1 − ζ]. Se OK 6= Z[1 − ζ], esiste α come
sopra tale che non tutti gli mi sono divisibili per d. In questo caso, poichè d è
una potenza di p grazie al Lemma 4.16, OK contiene un elemento β della forma
β=
mi (1 − ζ)i−1 + · · · + mn (1 − ζ)n−1
,
p
(5)
dove mi non è divisibile per p. Il Lemma 4.17 implica che p/(1 − ζ)n appartiene
a Z[ζ], notando che 1 − ζ k è divisibile in Z[ζ] per 1 − ζ. Segue che p/(1 − ζ)i
appartiene a Z[ζ] e quindi βp/(1 − ζ)i appartiene a OK . Usando l’espressione
(5) per β, otteniamo che mi /(1 − ζ) appartiene a OK . Questo è impossibile
perchè NK/Q (mi ) = mni non è divisibile per p, mentre NK/Q (1 − ζ) = p grazie al
Lemma 4.17, da cui segue che NK/Q (mi /(1 − ζ)) non appartiene a Z, contro la
Proposizione 3.7.
5
Domini di Dedekind
Questo capitolo si occupa della struttura di anello di OK . L’osservazione preliminare è che in generale OK non è un UFD.
√
Esempio√5.1. Sia K = Q[ −5] e sia N = NK/Q . Poiché −5 ≡ 3 (mod 4), si ha
OK = Z[ −5]. Si consideri la fattorizzazione
√
√
2 · 3 = (1 + −5) · (1 − −5).
(6)
√
×
Abbiamo N (2) = 4, N (3) = 9 e N (1 ± −5) = 6. Se u è un’unità in OK
, allora
N (u) = 1.
Infatti, se u−1 appartiene a OK , N (u) e N (u−1 ) appartengono a Z; inoltre, 1 =
N (1) = N (uu−1 ). Segue che N (u) = ±1. Infine, si ha
√
N (a + b −5) = a2 + 5b2
(7)
è ≥ 0 per ogni a, b in Z. Sulla base di questa osservazione e tenuto conto della
moltiplicatività della norma, per dimostrare che OK non è un UFD basta osservare che OK non contiene elementi di norma 2 e 3. Considerata (7), questa
affermazione è conseguenza immediata del fatto evidente che le equazioni
a2 + 5b2 = 2,
a2 + 5b2 = 3
√
non hanno soluzioni in Z. Segue allora che 2, 3 e 1 ± −5 sono irriducibili e
quindi (6) contraddice il principio di fattorizzazione unica.
16
Esercizio 5.2.
√
1) Dato un campo quadratico K = Q[ d], con d ∈ Z − {0, 1} privo di fattori
×
quadratici, dimostrare che u è un’unità di OK
se e solo se u ∈ OK e NK/Q (u) =
±1.
2) Se d < 0 (in questo caso diciamo che K è una campo quadratico immaginario
×
o complesso), dimostrare che OK
= {±1} a meno che non sia d = −1 o d = −3.
×
Se d = −1, dimostrare che OK = {ζ ∈ C : ζ 4 = 1}. Se d = −3, dimostrare che
×
OK
= {ζ ∈ C : ζ 6 = 1}.
3) Mostrare con un esempio che se d > 0 (in questo caso diciamo che K è un
×
campo quadratico reale)il gruppo OK
può non essere di torsione. (E’ un fatto non
×
banale che OK non è mai di torsione se K è un campo quadratico reale.)
4) Dimostrare che nell’affermazione del punto 1 K può essere sostituito da un
qualunque campo di numeri.
L’esempio precedente suggerisce di cercare un sostituto per la proprietà di
fattorizzazione unica degli elementi valida per Z = OQ . Si noti che ogni ideale
non nullo nZ di Z può essere fattorizzato in modo unico come prodotto di ideali
massimali:
nZ = p1 Z · · · pk Z.
Vedremo come l’analogo di questa proprietà si generalizzi a qualunque anello di
numeri OK , come conseguenza del fatto che OK è un dominio di Dedekind.
Definizione 5.3. Un dominio di integrità R è detto dominio di Dedekind se
valgono le condizioni seguenti:
1. R è noetheriano cioè ogni ideale di R è finitamente generato,
2. ogni ideale primo non nullo di R è massimale,
3. R è integralmente chiuso nel suo campo delle frazioni.
La condizione 3 significa che ogni elemento del campo delle frazioni di R che
soddisfa un polinomio monico a coefficienti in R appartiene ad R.
Teorema 5.4. Ogni anello OK è un dominio di Dedekind.
Dim. Se I è un ideale di OK , si ha che il gruppo additivo di I è un sottogruppo
del gruppo additivo di OK . Dato α ∈ I non nullo abbiamo che
1. 0 6= NK/Q (α) ∈ OK α grazie al Lemma 3.8;
2. NK/Q (α) ∈ Z grazie alla Proposizione 3.7.
17
Per il Teorema 4.5 l’anello OK , e quindi anche NK/Q (α)OK , è un gruppo
abeliano libero di rango n = [K : Q] e
n
OK /NK/Q (α)OK ∼
= Z/NK/Q (α)Z
è un gruppo finito. Visto che NK/Q (α)OK ⊂ αOK ⊂ I anche I/NK/Q (α)OK è un
gruppo finito in quanto sottogruppo di OK /NK/Q (α)OK . Quindi anche I è un
gruppo abeliano senza torsione in quanto contenuto in OK . Inoltre è fintamente
generato: un insieme di generatori è dato ad esempio da un numero finito di
generatori di NK/Q (α)OK come gruppo abeliano e da rappresentanti delle classi
di I/NK/Q (α)OK . Dunque a maggior ragione I è un ideale finitamente generato.
Questo mostra che OK soddisfa la condizione (1) della Definizione 5.3.
Riguardo alla condizione 2, sia P un ideale primo non nullo di OK . Occorre
mostrare che P è massimale, cioè che OK /P è un campo. Sappiamo che OK /P è
un dominio di integrità. Segue dal ragionamento al punto (1) che, dato 0 6= α ∈ P
l’anello OK /P è quoziente dell’anello finito OK /NK/Q (α)OK e quindi anche OK /P
è finito. Concludiamo che OK /P è necessariamente un campo.
Infine verifichiamo la condizione 3. Si noti che K è il campo delle frazioni di
OK (vedere la dimostrazione del Lemma 4.3). Sia α = a/b con a, b in OK un
elemento di K. Supponiamo che α soddisfi il polinomio monico
xn + an−1 xn−1 + · · · + a1 x + a0
a coefficienti ai in OK . Segue che il gruppo additivo dell’anello OK [α] è finitamente generato su OK . Poiché OK è finitamente generato su Z per il Teorema
4.5, segue che OK [α] è finitamente generato su Z. La condizione 3 della Proposizione 2.4 garantisce che α appartiene a Z̄. Poichè α appartiene a K, segue che
α appartiene a OK .
Sia I un ideale non nullo di OK . Segue del Teorema 5.4 che l’anello quoziente
OK /I è finito. La sua cardinalità è chiamata la norma di I e viene denotata come
NK/Q (I).
Esercizio 5.5. ∗ Mostrare che dato 0 6= α ∈ OK e definito I come l’ideale
principale (α), allora NK/Q (I) = |NK/Q (α)| (SUGG: segue dalla Proposizione 3.7
che NK/Q (α) è, a meno di segno, il determinante della matrice dell’operatore
moltiplicazione per α su OK rispetto ad una base intera di OK . D’altra parte
NK/Q (I) è la cardinalità del quoziente OK /αOK di tale operatore.)
Esercizio 5.6. Sia R un anello commutativo con unità. Si dimostri che le seguenti
condizioni sono equivalenti:
1) R è noetheriano (cioè ogni suo ideale è finitamente generato).
2) Ogni successione crescente
I1 ⊂ I2 ⊂ · · · ⊂ In ⊂ · · ·
di ideali di R è definitivamente costante.
18
3) Ogni insieme non vuoto S di ideali di R ha un elemento massimale (cioè esiste
M ∈ S – non necessariamente unico – tale che M ⊂ I ∈ S implica M = I).
(Suggerimento: per 1) ⇒ 2), considerare l’ideale ∪n In ; per 2) ⇒ 3), costruire
un’opportuna successione crescente di ideali; per 3) ⇒ 1), dato un ideale I,
considerare l’insieme degli ideali finitamente generati contenuto in I.)
L’obiettivo che ci poniamo ora è dimostrare che in un dominio di Dedekind
ogni ideale non nullo è prodotto di ideali primi non nulli (cioè massimali).
Terminologia e notazioni: Nella parte rimanente di questo capitolo, R indicherà sempre un dominio di Dedekind. Inoltre, per ideale intenderemo sempre un
ideale proprio non nullo; per primo indenderemo sempre un ideale proprio, primo
e non nullo.
Lemma 5.7. Ogni ideale di R contiene un prodotto di primi.
Dim. Sia S l’insieme degli ideali di R che non contengono un prodotto di primi.
Se S è non vuoto, allora S contiene un elemento massimale M . L’ideale M non è
primo, poiché appartiene a S. Segue che esistono elementi a, b ∈ R − M tali che
ab ∈ M . Gli ideali M + aR e M + bR contengono propriamente M e dunque non
appartengono a S. Segue che contengono prodotti di primi. Ma allora questo
vale per
(M + aR)(M + bR) ⊂ M,
assurdo.
Lemma 5.8. Sia K il campo delle frazioni di R, e sia I ( R un ideale proprio.
Allora esiste x ∈ K − R tale che xI ⊂ R.
Dim. Sia a ∈ I − {0}. Grazie al Lemma 5.7, esistono primi P1 , . . . , Pr tali che
P1 · · · Pr ⊂ aR.
(8)
Supponiamo che r sia minimo rispetto alla proprietà (8). Fissiamo un primo P
tale che I ⊂ P . (Sappiamo che l’ideale massimale P esiste grazie al Lemma di
Zorn.) Segue che P contiene P1 · · · Pr , e quindi P ⊃ Pi per qualche i. (Altrimenti,
trovo per ogni i un elemento ai ∈ Pi − P ; ma a1 · · · ar ∈ P , impossibile.) Posso
supporre che P ⊃ P1 . Essendo P e P1 massimali, ho che
P = P1 .
Per la minimalità di r, posso scegliere
b ∈ P2 · · · Pr − aR.
Infine, pongo x = b/a ∈ K. Noto che x 6∈ R, altrimenti avrei che b appartiene ad
aR. Infine, affermiamo che xI ⊂ R. Ciò è equivalente ad affermare che bI ⊂ aR.
Questo segue dalla catena di inclusioni
bI ⊂ bP1 ⊂ P1 · · · Pr ⊂ aR,
dove la seconda inclusione segue dal fatto che b appartiene a P2 · · · Pr .
19
Proposizione 5.9. Dato un ideale I di R, esiste un ideale J di R tale che IJ è
principale.
Dim. Fissato a ∈ I − {0}, definiamo
J = {b ∈ R : bI ⊂ aR}.
E’ chiaro che J è un ideale di R (non nullo perchè a appartiene a J) e che IJ ⊂ aR.
Affermiamo che
IJ = aR.
(Dunque il risultato che dimostriamo è più preciso dell’enunciato della Proposizione 5.9, in quanto mostra come definire J.) Consideriamo l’insieme
L = a−1 IJ.
E’ contenuto in R, poiché IJ ⊂ aR. Inoltre, si tratta chiaramente di un ideale.
La nostra affermazione equivale a dire che
L = R.
In caso contrario, L è un ideale proprio e dunque, grazie al Lemma 5.8, esiste
x ∈ K −R tale che xL ⊂ R. Dimostreremo che x è radice di un polinomio monico
a coefficienti in R. Poiché x appartiene a K e R è integralmente chiuso in K,
otteniamo che x appartiene a R, una contraddizione. Notiamo anzitutto che
J ⊂ L.
Infatti, questo equivale a dire che aJ ⊂ IJ, vero perchè a ∈ I. Segue che
xJ ⊂ xL ⊂ R.
Vale l’inclusione
xJ ⊂ J.
Tenuto conto della definizione di J, bisogna verificare che
(xJ)I = xIJ ⊂ aR.
Ciò equivale al fatto (noto!) che xL = x(a−1 IJ) ⊂ R. Indichiamo ora con
α1 , . . . , αn un insieme di generatori di J, cioè
J = Rα1 + . . . + Rαn .
Otteniamo la relazione



α1



x  ...  = M 
αn
20

α1
..  ,
. 
αn
(9)
dove M = [aij ] è una matrice n × n a coefficienti in R. Si noti che il vettore
(αi ) ∈ Rn è diverso da zero, poiché L è non nullo. L’equazione (9) implica che
x è un autovalore associato all’autovettore (αi ), e quindi soddisfa il polinomio
caratteristico det(tI − M ), che è monico (di grado n) a coefficienti in R. (Si noti
che questo argomento ricalca la dimostrazione di una parte della Proposizione
2.4.)
Definizione 5.10. Definisco ideale frazionario di R un R-sottomodulo del campo
delle frazioni Frac(R) di R, non nullo e finitamente generato
Dico che un ideale frazionario M è principale se è generato da un elemento.
Lemma 5.11.
1. Gli ideali frazionari di R sono tutti e soli i sottomoduli di Frac(R) delle forma
xI := {xi|i ∈ I} con x ∈ Frac(R) non nullo e I ⊂ R un ideale.
2. Se M è un ideale frazionario ed N ⊆ M è un sottomodulo non nullo, allora
anche N è un ideale farzionario.
Dim. (1) Siccome R è noethariano, ogni ideale I ⊂ R è finitamente genrato.
Quindi, dato x ∈ Frac(R) non nullo, xI è un R-sottomodulo di Frac(R) finitamente generato in quanto immagine di I tramite l’omomorfismo di R-moduli
Frac(R) → Frac(R) dato da i 7→ xi.
Viceversa dato M ⊂ Frac(R) un R-sottomodulo non nullo con un numero
finito di generatori, diciamo α1 , . . . , αn , allora possiamo scrivere ciascun αi =
ai b−1
con ai e bi ∈ R e bi non nullo. Sia b = b1 · · · bn . È un elemento non nullo di
i
R. L’immagine bM di M tramite l’omomorfismo di R-moduli Frac(R) → Frac(R),
m 7→ bm, è un R-sottomodulo di R ovvero un ideale, chiamiamolo I. Concludo
che M = xI con x = b−1 .
(2) Scrviamo M = xI come in (1). Allora x−1 N è un R-sottomodulo di
⊂ x−1 M = I e quindi di R, ovvero è un ideale non nullo J di R. Segue che
N = xJ e la conclusione segue da (1).
Definizione 5.12. Sia I(R) l’insieme degli ideali frazionari di R.
1. Dati (M, N ) ∈ I(R) × I(R) definisco M · N l’ R-sottomodulo M · N di Frac(R)
generato dagli elementi della forma mn con m ∈ M ed n ∈ N ;
2. dato M ∈ I(R) definisco M −1 l’ R-sottomodulo M −1 := {x ∈ Frac(R)|xm ∈
R∀m ∈ M } di Frac(R);
3. pongo 1 = R.
Proposizione 5.13.
1. l’insieme I(R), con le operazioni sopra definite e con elemento neutro 1,
risulta essere un gruppo abeliano.
2. Il sottoinsieme P(R) ⊂ I(R) degli ideali farzionari principali è un sottogruppo
21
Dim. (1) (a) Verifico che il prodotto M · N di due ideali frazionari risulta essere
ancora un ideale frazionario. Si tratta ancora di un modulo non nullo. Inoltre è
finitamente generato: se α1 , . . . , αn ∈ M e β1 , . . . , βm sono generatori di M ed N
rispettivamente, allora {αi βj |i = 1, . . . , n, j = 1, . . . , m} sono generatori di M ·N .
(b) Verifico che l’inverso M −1 di un ideale farzionario è ancora un ideale
frazionario. Infatti se M è generato come R-modulo da elementi non nulli α1 =
−1
−1
a1 b−1
1 , . . . , αn = an bn con ai e bi ∈ R e bi 6= 0 per ogni i, allora (b1 · · · bn ) ∈ M
−1
−1
che quindi M non è nullo. Inoltre M
è contenuto nell’ R-sottomodulo di
−1
Frac(R) generato da α1 . Quest’ultimo è un ideale frazionario e quindi anche il
sottomodulo M −1 è un ideale frazionario, grazie al lemma 5.11.
È evidente che il prodotto è commutativo ed associativo e che 1 è l’elemento
neutro. Per concludere la dimostrazione di (1) resta da verificare che M · M −1 =
R. Per costruzione abbiamo l’inclusione ⊆. Usando il lemma 5.11 scriviamo
M = xI con I ⊂ R un ideale. Grazie alla proposizione 5.9 esiste un ideale
J di R tale
aR per
non
Quindi
che I · J =
un qualche a ∈ Farc(R)
nullo.
−1
−1 −1
−1 −1
−1
I · a J = R e M · x a J = R. Conlcudo che x a J ⊆ M e inoltre
R = M · x−1 a−1 J ⊆ M · M −1 ⊆ R. Deduco allora l’uguaglianza cercata
M · M −1 = R.
(2) Se M = xR e N = yR allora M · N = xyR. Inoltre M −1 = x−1 R.
L’affermazione segue.
Definizione 5.14. Il gruppo abeliano I(R)/P(R), degli ideali frazionari di R
modulo gli ideali principali, è detto gruppo delle classi di ideali di R o gruppo di
Picard di R, ed è indicato con il simbolo Pic(R).
Osservazione 5.15. Si può dimostrare che Pic(OK ) è finito per ogni campo di
numeri K. In particolare, ogni ideale I di OK è tale che I n è principale, con
n = #(Pic(OK )).
Teorema 5.16 (Fattorizzazione unica degli ideali). Ogni ideale frazionario di R
si scrive in modo unico come prodotto di primi. (Per convenzione, R è il prodotto
vuoto, ovvero R = P 0 per ogni primo P .)
Dim.
Passo 1: Mostriamo che ogni ideale di R si scrive come prodotto di primi, cioè
l’insieme S degli ideali di R che non si possono scrivere come prodotti di primi è
vuoto. Se, per assurdo, S non fosse vuoto, conterrebbe un elemento massimale M .
Deve essere che M ( R è un ideale proprio, poiché R 6∈ S. Allora M è contenuto
in un primo P (cf. la dimostrazione del Lemma 5.8). Segue, per la Proposizione
5.13, che M = P I con I = P −1 M ⊆ R un ideale. Lo stesso Corollario afferma
che M ⊂ I. Notiamo che l’inclusione è stretta: se fosse M = I, allora I = P I da
cui, per la Proposizione 5.13, R = P , impossibile. Poiché M è massimale, I 6∈ S.
Dunque I = P1 · · · Pr . Segue M = P I = P P1 · · · Pr , assurdo.
22
Grazie al Lemma 5.11 ogni ideale frazionario M si può scrivere come a−1 I
con I ideale di R e a ∈ R un elemento non nullo. Quindi M = (a)−1 · I e la
decomposizione degli ideali (a) ed I di R fornisce la una decomposizione di M .
Passo 2: Dimostriamo l’unicità della fattorizzazione. Supponiamo che valga
l’uguaglianza
P1 · · · Pr = Q1 · · · Qs .
Segue che P1 ⊃ Q1 · · · Qs . Ciò implica che
P1 ⊃ Qi
per qualche i (vedi la dimostrazione del Lemma 5.8). Posso supporre i = 1. Inoltre, l’inclusione P1 ⊃ Q1 implica P1 = Q1 . Per la Proposizione 5.13, otteniamo
P2 · · · Pr = Q2 · · · Qs .
Ripetendo induttivamente l’argomento otteniamo r = s e Pi = Qi , a meno di
riordinare opportunamente i Qi .
Corollario 5.17. Gli ideali frazionari nell’anello OK degli interi algebrici di un
campo di numeri si fattorizzano in modo unico come prodotto di primi.
Dim. Segue dai Teoremi 5.4 e 5.16.
Esempio
5.18. Riprendiamo
il controesempio alla fattorizzazione unica in OK =
√
√
Z[ −5], con K = Q[ −5], visto in precedenza. Abbiamo le due fattorizzazioni
√
√
2 · 3 = (1 + −5)(1 − −5)
di 6 in OK come prodotto di elementi irriducibili, in cui i fattori ai due membri
dell’uguaglianza non sono associati (ciò che equivale a dire, grazie all’Esercizio 5.2,
che non differiscono per moltiplicazione per ±1). La fattorizzazione precedente
implica la fattorizzazione di ideali (principali)
√
√
(2OK )(3OK ) = ((1 + −5)OK )((1 − −5)OK ).
Osserviamo che questi fattori non sono ideali primi: infatti abbiamo
√
1. 2OK = (2, 1 + −5)2 ,
√
√
2. 3OK = (3, 1 + −5)(3, 1 − −5),
√
√
√
3. (1 + −5)OK = (2, 1 + −5)(3, 1 + −5),
√
√
√
4. (1 − −5)OK = (2, 1 + −5)(3, 1 − −5),
23
con i fattori a secondo membro primi. In conclusione, le due fattorizzazioni di 6
producono le stesse fattorizzazioni prime di ideali.
Verifichiamo il primo caso, lasciando il resto al lettore come esercizio. Come
prima
cosa, notiamo che (a,
da (ac, ad, bc, bd). Segue che (2, 1+
√
√ b)(c, d) è generato
√
−5)2 è l’ideale (4, 2(1 + −5), −4 + 2 −5). Chiaramente, 2OK contiene questo
ideale. Inoltre, si ha che
√
√
2 = 2(1 + −5) − (−4 + 2 −5) − 4
√
e quindi vale l’inclusione opposta. Infine, dimostriamo che (2, 1 + −5) è primo,
osservando che
√
OK /(2, 1 + −5) ' Z/2Z.
Infatti, vi è un morfismo suriettivo di anelli
OK /2OK −→OK /(2, 1 +
√
−5),
√
dove OK /2OK ' (Z/2Z)2 ; inoltre, 2OK è contenuto propriamente in (2, 1+ −5),
che a sua volta è contenuto propriamente in OK (altrimenti, il suo quadrato
sarebbe uguale a OK ).
Osservazione 5.19. Definiamo il massimo comun divisore M CD(I, J) e il minimo comune multiplo mcm(I, J) di due ideali I e J. In considerazione della
Proposizione 5.13, M CD(I, J) è il più piccolo ideale contenente I e J; dunque
M CD(I, J) = I + J. Analogamente, mcm(I, J) è il più grande ideale contenuto
in I e J; dunque mcm(I, J) = I ∩ J.
Osservazione 5.20.
1) Si dimostra che ogni ideale in un dominio di Dedekind è generato da al più due
elementi. Più precisamente, se a è un elemento non nullo di un ideale I, esiste b
tale che I = (a, b).
2) Si dimostra che un dominio di Dedekind è un UFD se e solo se è un PID.
6
Decomposizione di ideali in estensioni di campi
di numeri
Sia L/K un’estensione di campi di numeri. Se P è un primo del dominio di
Dedekind OK , in generale l’ideale P OL generato da P in OL non è primo.
√
Esempio 6.1. Posto K = Q e L = Q[ −5], abbiamo visto nell’Esempio 5.18
che
√
√
√
(2Z)OL = 2OL = (2, 1 + −5)2 , (3Z)OL = 3OL = (3, 1 + −5)(3, 1 − −5).
24
Grazie al Teorema 5.16, si ha che
P OL = Qe11 · · · Qerr .
(10)
Definizione 6.2.
1) L’esponente ei ≥ 1, i = 1, . . . , r che compare nell’equazione (10) è detto indice
di ramificazione di Qi su P , ed è anche indicato con e(Qi /P ).
2) Diciamo che P è ramificato in L se ei > 1 per qualche i.
Intendiamo studiare le proprietà della decomposizione prima (10).
Esercizio 6.3. Data L/K estensione di campi di numeri, P primo di OK e Q
primo di OL , dimostrare che le seguenti condizioni sono equivalenti:
1) Q|P OL ,
2) Q ⊃ P OL ,
3) Q ⊃ P ,
4) Q ∩ OK = P ,
5) Q ∩ K = P .
Definizione 6.4. Diciamo che Q giace su P , o che P giace sotto Q, se le
condizioni equivalenti dell’Esercizio 6.3 sono verificate.
Il prossimo risultato esclude, tra le altre cose, che la fattorizzazione (10) possa
essere vuota (cioè che il numero r di fattori sia 0).
Proposizione 6.5.
1) Ogni primo di OL giace su un primo di OK .
2) Ogni primo di OK giace sotto (almeno) un primo di OL .
Dim. Sia Q un primo di OL . Per la prima parte, basta verificare che P :=
Q ∩ OK è un primo di OK . Ora, P è un ideale proprio (altrimenti conterrebbe
1 e quindi Q = OL ); inoltre è un ideale primo (per definizione di ideale primo);
infine è diverso da zero, poiché se α è un elemento non nullo di Q, NL/K (α)
appartiene a Q ∩ OK = P ed è non nullo per definizione dell’operatore norma.
Passiamo alla seconda parte. Dato un primo P di OK , alla luce dell’Esercizio
6.3 basta dimostrare che P OL è contenuto propriamente in OL e quindi la sua
fattorizzazione prima in OL non è vuota. In altre parole, occorre vedere che
1 6∈ P OL . Per il Lemma 5.8, esiste x ∈ K − OK tale che xP ⊂ OK . Segue che
xP OL ⊂ OL .
Se fosse 1 ∈ P OL , otterremmo che x ∈ OL . Ma allora x apparterrebbe a K ∩OL =
OK , impossibile.
25
Torniamo alla fattorizzazione (10) e fissiamo un primo Q = Qi che giace su P .
Oltre all’indice di ramificazione e(Q/P ), possiamo associare un altro invariante
alla coppia (P, Q). Per questo, consideriamo i campi
FP = OK /P,
FQ = OL /Q,
detti campi residui di P e Q, rispettivamente. Sia p il primo razionale tale che
pZ = P ∩ Q = Q ∩ Q.
Abbiamo omomorfismi suriettivi canonici
OK /pOK −→OK /P,
OL /pOL −→OL /Q.
Notiamo che
OL /pOL ' (Z/pZ)nL ,
OK /pOK ' (Z/pZ)nK ,
dove nK = [K : Q] e nL = [L : Q], grazie al Teorema 4.5. Segue che FP e FQ sono
campi finiti di caratteristica p. Inoltre, poiché Q ∩ OK = P , vi è un morfismo
canonico di campi
FP −→FQ .
In altre parole, FQ /FP è un’estensione di campi finiti.
Definizione 6.6. Il grado di inerzia f (Q/P ) di Q su P è il grado [FQ : FP ].
Lemma 6.7 (Moltiplicatività degli indici di ramificazione e dei gradi di inerzia).
Siano K1 ⊂ K2 ⊂ K3 campi di numeri, e siano P1 ⊂ P2 ⊂ P3 primi di OK1 , OK2
e OK3 , rispettivamente. Allora
e(P3 /P1 ) = e(P3 /P2 ) · e(P2 /P1 ),
f (P3 /P1 ) = f (P3 /P2 ) · f (P2 /P1 ).
Dim. Esercizio.
Supponiamo ora che OL sia generato da OK e da un elemento αOL come
anello, ovvero che OK [α] . Non sempre è vero, ma lo è nel caso in cui K = Q ed
L sia un campo cilcotomico oppure una estensione quadratica di Q.
Teorema 6.8. Supponiamo che OL = OK [α] e sia g(X) ∈ OK [X] il polinomio
minimo di α su K. Sia P ⊂ OK un ideale primo e scriviamo la decomposizione
P OL = Qe11 · · · Qerr come in (10). Sia g(X) ∈ FP [X] la riduzione di g modulo
P OK [X] e scriviamo la decomposizione g(X) = g 1 (X)a1 · · · g s (X)as in fattori irriducibili (non necessariamente monici) in FP [X]. Allora, a meno di rinumerare
tali fattori, abbiamo
1. s = r;
2. ai = ei per ogni i = 1 · · · , r;
26
3. Qi = P OL + gi (α)OL con gi (X) ∈ OK [X] un polinomio che si riduce su g i (X)
modulo P OK [X] e Qei i = P OL + gi (α)ei OL per ogni i = 1 · · · , r.
Dim. Utilizzando l’isomorfismo OK [X]/(g(X)) ∼
= OK [α] = OL definito dalla
valutazione X 7→ α (vedere Esercizio 2.5) segue che
s
Y
a
∼
∼
∼
FP [X]/ g i (X) i ;
OL /P OL = OK [X]/P OL + g(X) = FP [X]/ g(X) =
i=1
l’ultimo isomorfismo di anelli segue dal teorema cinese dei resti.
Gli ideali primi di OL che dividono P OL sono gli ideali primi che contengono
P per l’esercizio 6.3. Questi sono in corrispondenza biunivoca con gli ideali
primi del quoziente
OL /P OL grazie all’esercizio 6.9 ovvero con gli deali primi
di FP [X]/ g(X) ovvero, utilizzando ancora l’esercizio 6.9, con gli ideali primi di
FP [X] contenenti g(X). Essendo FP [X] un PID questi sono tutti e soli gli ideali
corrispondenti ai fattori irriducibili di g(X), ovvero g i (X) per i = 1 . . . , s.
Questi
implica che r = s e che, a meno di riordinare i fattori, Qi /P OL =
g i (X) tramite l’isomorfismo descritto precedentemente. Deduco allora, sempre
dall’esercizio 6.9, che Qi = P OL + gi (α)OL .
Osserviamo che per ogni n ∈ N abbiamo P OL ⊂ P OL + gi (α)n OL ⊂ Q, con Q
ideale primo, se e solo se P OL ⊂ Q e gi (α) ∈ Qj , visto che Q è un ideale primo.
Quindi questo vale se e solo se Q = Qi . Segue che l’ideale P OL + gi (α)n OL di
OL ammette una decomposizione come prodotto di ideali primi in cui compare
solo il fattore Qi . In particolare P OL + gi (α)ai OL = Qdi i per un qualche intero
positivo di . Osservo che Qai i ⊂ P OL + gi (α)ai = Qdi i e quindi, per l’unicità della
decomposizione, abbiamo ai ≥ dQ
i.
Q
Analogamente abbiamo che i Qdi i ⊂ P OL in quanto i gi (α)ai ≡ g(α) ≡ 0
modulo P OL . Segue allora dall’unicità della decomposizione in primi che
di ≥ ei .
e1
e1
er
er
Infine dall’uguaglianza P OK = Q1 · · · Qr segue che g1 (α) · · · gr (α) ∈ P OL .
Quindi g 1 (α)e1 · · · g r (α)er ≡ 0 in OL /P OL ∼
= FP [X]/ g(X) ovvero ei ≥ ai per
ogni i. Concludo allora che ai = di = ei per ogni i = 1, . . . , r.
Esercizio 6.9. Sia R un anello, I un ideale e π : R → R/I l’applicazione
quoziente. Sia TI l’insieme degli ideali di R contenenti I. Sia S l’insieme degli
ideali di R/I. Dimostrare che le applicazioni TI → S definita da J 7→ J/I e
S → TI definita da J 7→ π −1 (J) sono ben definite ed una l’inversa dell’altra.
Verificare che tali applicazioni inviano ideali primo in ideale primo.
Teorema 6.10. Con le notazioni del Teorema precedente, sia n = [L : K]:
i. Abbiamo e(QP
i /P ) = ei e f (Qi /P ) = deg g i (X) per ogni i = 1, . . . , r e quindi
vale la formula ri=1 e(Qi /P )f (Qi /P ) = n.
ii. Il primo P ramifica se e solo
se mcd(g(X), g 0 (X) ∈ FP [X] non è un’unità se
e solo se discL/K 1, . . . , αn−1 ≡ 0 modulo P .
27
Dim. i) L’uguaglianza e(Qi /P ) = ei segue dal Teorema 6.8. Grazie ad esso
∼
otteniamo anche
che f (Qi /P ), ovvero il grado dell’estensione FP ⊂ OL /Qi =
FP [X]/ g i (X) , coincide con il grado del polinomio g i (X).
Pr Infine, il grado [L : K] coincide con il grado di g(X) che si scrive come
i=1 ei deg g i (X). Quindi la formula segue.
ii) Segue dal Teorema 6.8 che P ramifica se e solo se esiste un fattore irriducibile h(X) di g(X) tale che h(X)2 divide g(X). In questo caso g(X) =
h(X)2 `(X) e il polinomio derivato g 0 (X) coincide con
g 0 (X) = 2h(X)h0 (X)`(X) + h(X)2 `0 (X)
Viceversa, sia h(X) un
e, dunque, h(X) divide mcd(g(X), g 0 (X) ∈ FP [X].
0
polinomio irriducibile che divide mcd(g(X), g (X) Scrivo g(X) = h(X)q(X).
Calcolando g 0 (X) = h0 (X)q(X) + h(X)q 0 (X) segue che h(X) divide h0 (X)q(X)
in quanto divide g 0 (X). Siccome FP è un campo perfetto e h(X) è irriducibile,
allora mcd(h(X), h0 (X)) = 1. Segue che h(X) divide q(X) e quindi h(X)2 divide
g(X).
Sia dato β ∈ OL . Ricordiamo dalla proposizione 3.7 che NL/K (β) è, a meno
di segno, il coefficiente costante del polinomio caratteristico dell’operatore moltiplicazione per β rispetto alla base {1, . . . , αn−1 } di L come K-spazio vettoriale
o equivalentemente di OL come OK -modulo. Riducendo modulo P otteniamo
allora che NL/K (β) modulo P è il coefficiente costante del polinomio caratteristico della matrice dell’operatore moltiplicazione per la classe β di β modulo P OL
sull’FP -spazio vettoriale OL /P OL . Quindi NL/K (β) ≡ 0 modulo P se e solo se la
moltiplicazione per β ha nucleo non banale ovvero se e solo se non è un isomorfismo. Questo è equivalente a richiedere
che β non sia un’unità. Usando l’identi
∼
ficazione OL /P OL = FP [X]/ g(X) e β = g 0 (α), abbiamo che NK/Q (g 0 (α)) ≡ 0
modulo P se e solo se mcd g(X),
g 0 (X) 6= 1 in FP [X] ovvero g(X) ha zeri doppi.
Visto che discL/K 1, . . . , αn−1 coincide con NL/K (g 0 (α)) a meno di segno grazie
alla Proposizione 3.9, la seconda equivalenza risulta mostrata.
Osservazione 6.11. Il Teorema vale in generale senza l’ipotesi che OL = OK [α].
Per la dimostrazione, vedi il libro di Marcus.
Applicazione:
Applichiamo il Teorema 6.10 al caso dei campi quadratici. Sia
√
K = Q[ d], con d ∈ Z − {0, 1} privo di fattori quadratici. Dato un primo
razionale p, il Teorema 6.10 mostra che sono possibili le 3 seguenti fattorizzazioni
dell’ideale pOK :
 2
Q
(cioè p è ramificato in K)





Q primo
(diciamo che p è inerte in K)
pOK =





Q1 Q2 (Q1 6= Q2 )
(diciamo che p si decompone in K)
28
Corollario 6.12.
1. Se p|d, si ha pOK = (p,
√ 2
d) .
2. Se d è dispari, si ha
√ 2

(2,
1
+
d)





√
√
2OK =
(2, 1+2 d )(2, 1−2 d )





primo
se d ≡ 3
(mod 4)
se d ≡ 1
(mod 8)
se d ≡ 5
(mod 8)
dove i fattori nel caso d ≡ 1 (mod 8) sono distinti.
3. Se p è dispari e p - d, si ha

√
√
se d ≡ n2 (mod p)
 (p, n + d)(p, n − d)
pOK =

primo
se d non è un quadrato modulo p
dove i fattori nel caso d ≡ n2 (mod p) sono distinti.
√
In particolare, l’ideale massimale pZ è ramificato in K = Q[ d] se e solo se
p divide d, risp. 4d per d ≡ 1 (mod 4), risp. d ≡ 2, 3 (mod 4).
Dim. Applichiamo direttamente il Teorema 6.8.
Consideriamo innanzitutto il caso d ≡ 2, 3 modulo 4. Grazie alla Proposizione
2.9 abbiamo OK ∼
= Z[X]/(X 2 − d). Il polinomio X 2 − d in Fp [X]
i. è irriducibile se p 6= 2 e d non è un quadrato modulo p;
ii. si decompone come il prodotto di due fattori irriducibili coprimi (X − n)(X +
n) ∈ Fp [X] se p non divide d e d ≡ n2 modulo p;
iii. si scrive come X 2 ∈ Fp [X] se p divide d;
iv. si scrive come (X + 1)2 se p = 2 e 2 non divide d.
√
Se d ≡ 1 modulo 4 allora OK ∼
= Z[α] con α = 1+2 d che ha polinomio minimo
g(X) = X 2 − X + m con m := 1−d
. Osserviamo che 4g(X) = Y 2 − d con
4
Y = 2X − 1.
Il polinomio g(X) in Fp [X]
i. è irriducibile in quanto uguale a 4−1 (Y 2 − d) se p 6= 2 e d non è un quadrato
modulo p. Osservo che questa scrittura ha senso visto che 2 è invertibile modulo
p;
ii. si decompone come il prodotto di due fattori irriducibili coprimi 4−1 (Y −
n)(Y + n) ∈ Fp [X] se p non divide d e d ≡ n2 modulo p;
iii. si scrive come 4−1 Y 2 se p divide d;
iv. si scrive come X(X + 1)2 se p = 2 e 2 divide m ovvero d ≡ 1 modulo 8;
29
v. si scrive come X 2 + X + 1 che è irriducibile se p = 2 e 2 non divide m ovvero
d ≡ 5 modulo 8.
Un altro caso interessante è il caso dell’n-esimo campo ciclotomico K in cui
OK = Z[ζn ]. In questo caso il polinomio minimo di ζn è l’n-esimo polinomio
ciclotomico Φn (X), che divide X n − 1. Il Teorema 6.8 permette di determinare
come pOK si decompone, dato un primo p di Z, in termini della decomposizione
della riduzione di Φn (X) modulo p. Vediamone un esempio per n primo.
Corollario 6.13. Se n = p è un primo, allora pZ è l’unico primo che ramifica
in OK e pOK = Qp−1 con Q = (p, ζp − 1) ideale primo di OK .
Dim. Visto che X p − 1 ≡ (X − 1)p modulo p, il polinomio Φp (X) ≡ (X − 1)p in
Fp [X].
Se ` è un primo che non divide p allora il polinomio X p − 1 modulo `, e quindi
Φn (X), non ha zeri doppi. Infatti il polinomio derivato è pX p−1 che è coprimo
con X p − 1. Quindi ` non ramifica in OK .
7
La legge di reciprocità quadratica di Gauss
Sia p un primo dispari e sia d ∈ Z un intero non divisibile per p. Definiamo il
simbolo di Legendre

 1
se d è un quadrato modulo p
d
=

p
−1
se d non è un quadrato modulo p
Teorema 7.1 (Legge di reciprocità quadratica). Se q 6= p è un primo dispari, si
ha
 p
se p o q ≡ 1 (mod 4)


q

q
=

p

 − p
se p ≡ q ≡ 3 (mod 4)
q
Esempio 7.2. Poiché 857 è un primo ≡ 1 (mod 4) e ≡ 3 (mod 7), il Teorema
7.1 implica che
7
857
3
=
=
= −1.
857
7
7
Teorema 7.3.
1) (Primo supplemento) Si ha
−1
p
= 1 se e solo se p ≡ 1 (mod 4).
30
2) (Secondo supplemento) Si ha

 1
2
=

p
−1
se p ≡ ±1
(mod 8)
se p ≡ ±3
(mod 8)
Osservazione 7.4. Il primo supplemento segue dal fatto che −1 è un quadrato
modulo p se e solo se F×
p contiene un elemento di ordine 4. Non dimostriamo il
secondo supplemento.
Dim del Teorema 7.1. Sia ζ = e2πi/p . Si ricordi l’isomorfismo canonico
(Z/pZ)× −→G := Gal(Q[ζ]/Q),
Allora
q
p
k 7→ (σk : ζ 7→ ζ k ).
= 1 se e solo se σq appartiene al sottogruppo G(2) := {g 2 : g ∈ G} dei
quadrati degli elementi di G. La teoria di Galois identifica G/G(2) con il gruppo di
Galois dell’unico sottocampo quadratico K di Q[ζ], in modo tale che la proiezione
(2)
naturale di G su G/G
di
corrisponde alla restrizione a K degli automorfismi
q
q
Q[ζ]. Ne viene che p = 1 se e solo se σq |K = idK . Equivalentemente, p = −1
se e solo se σq |K genera Gal(K/Q). In questo caso, indicato con Q un primo di OK
che giace su qZ, si ha che σq |K induce l’automorfismo di Frobenius φq : x 7→ xq
sul campo residuo FQ = OK /Q. Inoltre, σq |K e φq hanno lo stesso ordine (uguale
a 2). Poiché φq genera Gal(FQ /Fq ), questo equivale a dire che il grado di inerzia
f (Q/qZ) è uguale a 2. In conclusione,
q
= −1 se e solo se qZ è inerte in K.
p
√
Sappiamo che K = Q[ ±p] per p ≡ ±1 (mod 4). In particolare, qZ non è
ramificato in K. Grazie alla Proposizione 6.12, otteniamo che
q
±p
= −1 se e solo se
= −1, con p ≡ ±1 (mod 4).
p
q
Infine, grazie al primo supplemento, si ha
p
−p
=±
se q ≡ ±1 (mod 4).
q
q
Esercizio 7.5. Dato un primo p, dimostrare che l’equazione
x2 − x + 5 = 0
(mod p)
non ha soluzioni se p = 2 o p ∈ {2, 3, 8, 10, 12, 13, 14, 15, 18} (mod 19), ha un’unica soluzione se p = 19, ha due soluzioni se p ∈ {1, 4, 5, 6, 7, 9, 11, 16, 17}
(mod 19).
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Riferimenti bibliografici
[Ma]
Marcus, Daniel A. Number fields. Universitext. Springer-Verlag, New
York-Heidelberg, 1977. viii+279 pp.
[Mi]
Milne, J.S. Fields and Galois Theory (note disponibili sulla pagina web
dell’autore: http://www.jmilne.org/math/CourseNotes/ft.html)
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