31 Corriere della Sera Sabato 19 Marzo 2016 # Tempiliberi Benessere Food Moda Design Tecnologia Famiglia ILLOZOO/DANIELE DICKMANN Viaggi I numeri Secondo la Review of General Psychology chi fa uso di alcol è più perspicace degli astemi: lo studio ha riguardato un campione di 1.500 volontari Opposta la conclusione di una ricerca sullo stesso argomento condotta dal Karolinska Institutet: in base all’analisi dei dati raccolti tra 49.321 uomini nati tra il 1949 e il 1951 «un elevato QI induce a comportamenti più salutari» L’ultima arrivata è della Concordia University: salire 2 piani di scale ogni giorno «ferma» l’età cerebrale Single Dormono poco? No, tanto. Non bevono? Invece sì. Dai bicipiti ai neuroni, la nuova sfida tra umani è sulla materia grigia Intelligentissimi Si fa (forse) così di Maria Egizia Fiaschetti S Contrasti Molte ricerche, come quella sul consumo di alcol, sostengono tesi opposte ono animali notturni. Secondo diversi studi, i gufi hanno un QI superiore alla media, sono più forti (alle 9 di sera i tiratardi mostrano un picco di eccitabilità della corteccia motoria e del midollo spinale) e sviluppano una maggiore attitudine a trovare risposte originali e creative ai problemi. Non solo: dormire poco sarebbe da persone smart, brillanti. Altre ricerche, però, dicono il contrario: la carenza di sonno potrebbe causare un calo delle capacità cognitive (per ogni quattro ore di mancato riposo quotidiano si perderebbe un punto di QI). Altra caratteristica degli intelligentoni? A differenza di quanto si potrebbe immaginare, sono bevitori abituali. È quanto sostiene la Review of General Psychology che, dopo aver esaminato 1.500 volontari, è arrivata alla conclusione che chi fa uso di alcol è più perspicace degli astemi. Se non fosse che un’indagine svedese Gli scalini Secondo la Concordia University fare le scale riduce l’invecchiamento del cervello I topi I topi che possono fare movimento hanno il 30 per cento di neuroni in più del Karolinska Institutet asserisce l’opposto: dai test somministrati a un campione di 49.321 uomini nati tra il 1949 e il 1951 risulterebbe che «un elevato QI induce a comportamenti più salutari per l’organismo». La casistica sul web è, a dir poco, variegata. Basta digitare l’incipit «le persone intelligenti...» ed ecco che, a completare la frase, ne spuntano di ogni: sono più ansiose e meno inclini al sesso occasionale. E ancora: mangiano cioccolato, sono più distratte al lavoro, salgono le scale (uno studio della Concordia University, in Canada, dimostra che salire due piani di fila al giorno ridurrebbe l’invecchiamento cerebrale di 0.58 anni nell’arco dei 12 mesi). Dalla scienza alla Rete dilaga l’ossessione, ai limiti dell’idolatria, per l’intelligenza. Dopo il culto dell’estetica, tra il narcisismo e la ricerca compulsiva della perfezione (poco importa se mediata dal fotoritocco), è la materia grigia il nuovo metro di giudizio? L’ultima frontiera della performance? Se è vero che la tendenza selfie, specchio di una società centrata sull’individualismo e l’autostima, è ancora molto diffusa, online si moltiplicano i quiz per menti eccelse. Sulla pagina Facebook Test d’intelligenza - Italia (oltre 16.700 mi piace) si va dal «c’è qualcosa di nasco- sto nell’immagine, riesci a vederlo?» a «conta i punti neri» e «scopri l’errore». La posta in gioco? Trovare la soluzione per il semplice gusto di arrivare là dove altri si arenano: ennesima declinazione dello spirito competitivo che, dal sano confronto, rischia di sconfinare nel delirio di onnipotenza. Dai bicipiti ai neuroni, ovvero come surclassare la concorrenza con un approccio muscolare. Oltre il machiavellismo e la spietatezza da lupi di Wall street. Per eccellere non serve giocare sporco, sabotare il rivale: basta (si fa per dire) allenare le sinapsi. Convinti che l’enhancement, il potenziamento, sia sempre possibile. Peccato che «la fase saliente, di maggiore plasticità cerebrale — sottolinea Stefano Farioli Vecchioli, ricercatore all’Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Cnr — sia quella tra l’infanzia e l’adolescenza. A 40-50 anni si può sviluppare la memoria, ma non aumentare le capacita cognitive». Se dovessimo descrivere la giornata tipo, le abitudini corrette dell’intelligentone, quali sarebbero? «Una buona qualità del sonno, esercizio fisico moderato — spiega l’esperto — e una dieta ricca di acidi grassi polinsaturi, utilizzati nella sintesi della guaina mielinica che protegge i neuroni». Fondamentali, gli stimoli: cinema, teatro, musica, lettura, relazioni sociali... Tra i fattori che svolgono un ruolo importante nel favorire la neurogenesi adulta, Farioli Vecchioli si è concentrato sull’attività fisica: «Da un nostro lavoro pubblicato nel 2014 — ricorda — si è visto che nell’ippocampo dei topi sottoposti a movimento spontaneo era presente il 30 per cento in più di nuovi neuroni rispetto ai sedentari». Preso atto che l’intelligenza è una dote innata e che, oltre una certa età, non aumenta, come si può conservarla il più a lungo possibile? «Con una dieta sana, bassi livelli di stress e stimoli ambientali si costruisce la cognitive and brain reserve, un tesoretto che può contribuire a evitare o ritardare l’insorgere di malattie neurodegenerative». Senza dimenticare che, dal punto di vista evoluzionistico, il nostro cervello non è stato creato per vivere fino a 75-80 anni e che, a differenza di altre parti dell’organismo, «non è ancora stata trovata una medicina in grado di renderlo più longevo». © RIPRODUZIONE RISERVATA di Antonella Baccaro SE IL SEGRETO È «DI GRUPPO» FORSE È MEGLIO TENERSELO «L ’altro giorno ho incontrato N.,il tuo ex: l’ho trovato molto invecchiato». Giovanni, il marito di una delle mie amiche storiche, me lo dice placidamente, come se fosse la cosa più normale del mondo, mentre riempie pigramente un cruciverba. Se alzasse gli occhi vedrebbe che sono rimasta col cucchiaino del gelato a mezz’aria e che una goccia mi è colata sulla gonna. Mentre corro ai ripari pasticciando con un fazzoletto, faccio mente locale: non può essere che Giovanni sappia di N., avevo fatto giura- re a sua moglie che non ne avrebbe fatto menzione con nessuno: «E quando dico nessuno, voglio dire ne-ssu-no», mi ricordo di avere sillabato fissandola negli occhi. «Giura!». «Giuro». Un patto inviolabile tra amiche che non prevedeva eccezioni. La delusione non mi impedisce però di andare oltre il mio naso: c’è una single e c’è una coppia affiatata. In mezzo ci sono le mie confidenze più intime: quante probabilità c’erano che rimanessero davvero tra me e la mia amica? Fino a un attimo fa pensavo non si trattasse solo di probabilità ma di una granitica certezza. Ora però, davanti a quello che si potrebbe definire un «tradimento», mi chiedo se ho trascurato il fatto che la mia amica, ora che è sposata, non è più quella di una volta. Lei adesso ha due rapporti di fiducia: uno con me e uno con suo marito, cui ha riportato le mie vicende personali essendo assolutamente sicura che non le avrebbe usate contro di me, nè sparse ai quattro venti. Del resto anche lei mi ha raccontato particolari della vita professionale di Giovanni di L’amica rivela al marito le confidenze: tutti i rischi del triangolo estrema delicatezza: sfoghi dettati dalla preoccupazione, conclusi con la promessa da parte mia di non farne menzione con nessuno. Promessa mantenuta. Tutto bene allora? Forse sì, a patto di ammettere che quello che era un rapporto di amicizia tra single ora è un rapporto a tre in cui la fiducia si è trasmessa per proprietà transitiva e non per scelta. Giovanni intanto ha completato il cruciverba e contempla la mia macchia: «Che disastro che sei, ma stai tranquilla, non lo dico a nessuno...». © RIPRODUZIONE RISERVATA Codice cliente: 8727381