L' ITALIA GIOLITTIANA CRISI DI FINE SECOLO La caduta di Crispi, avvenuta nel 1896, fu determinata da: 1. Insuccessi coloniali 2. Dall’opposizione della sinistra e da parte della destra Ciò nonostante questo avvenimento non arrestò i tentativi di risolvere le tensioni politiche e sociali con uno restrizione delle libertà. Dopo la caduta di Crispi e il ritorno di Rudinì si delineò, fra le forze conservatrici, la tendenza a ricomporre un fronte comune contro le minacce portate all'ordine costituito dai “nemici delle istituzioni” ovvero: socialisti, repubblicani e clero. Questa tendenza si esprimeva in due punti: 1. Da una parte queste forze tentavano di dare una interpretazione restrittiva dello Statuto che, interpretando la prassi parlamentare, rendesse il governo responsabile di fronte al sovrano; lasciando alle Camere il solo compito legislativo. 2. Dall'altra riprendevano i metodi crispini in materia di ordine pubblico, volti a colpire ogni forma di protesta. Nella primavera del 1898 scoppiò la tensione a causa di una improvviso aumento del prezzo del pane che provocò manifestazioni popolari in tutta Italia che vennero represse duramente. Il Governo Rudinì, invece di ridurre il dazio sul grano, cosa che avrebbe risolto la cause stesse della rivolta, ordinò: • Intervento delle forze di polizia • Proclamò la Stato d'assedio • Con il conseguente passaggio dei poteri alle autorità militari La situazione si fece grave un po' in tutta Italia, ma soprattutto a Milano nelle giornate fra l'8 e il 9 maggio la repressione raggiunse il culmine quando il generale Beccaris usò le armi contro la folla inerme. Riportato l'ordine i gruppi moderati e conservatori, con la maggioranza della Camera e l'appoggio del Re, cercarono di dare una base legislativa all'azione repressiva dei poteri pubblici: dalle piazze lo scontro passò al Parlamento. 1 '98 Rudinì si dimette > arriva Pelloux che presenta un pacchetto di provvedimenti che limitavano: • Il diritto di sciopero • La libertà di stampa e di associazione I gruppi di estrema sinistra attuarono l’OSTRUZIONISMO: prolungando all'infinito le discussioni parlamentari e paralizzando così l'azione della maggioranza per quasi un anno. Pelloux, non riuscendo a sbloccare l'ostruzionismo e indebolito dall'opposizione dei gruppi liberali-progressisti (Zanardelli, Giolitti), decise di sciogliere le Camere sperando nel risultato delle elezioni. Alle elezioni del 1900 lo schieramento di governo ridimensiona la sua maggioranza in favore di una crescita dell'opposizione, compresi i socialisti. Pelloux si dimette e Re Umberto I affida l'incarico a Saracco: un moderato; con questa decisione il Re prendeva atto del fallimento di quella politica repressiva che aveva tanto sostenuto. Il 28 luglio 1900 Re Umberto I verrà ucciso dall'anarchico Bresci (che con quest'atto voleva vendicare le vittime del '98). LA SVOLTA LIBERALE Con il Governo Saracco inizia una fase di distensione nella politica italiana, favorita anche da buon andamento dell'economia e inoltre Vittorie Emanuele II era propenso a favorire l'affermazione delle forze progressiste. 1901 Scoppia uno sciopero generale dei lavoratori genovesi e il Governo Saracco assunse un atteggiamento incerto nella gestione della situazione tanto che ciò portò alle dimissioni. Il Re, interpretando il clima, affidò l'incarico al leader della sinistra liberale Zanardelli, che a sua volta, affidò a Giolitti gli Interni aprendo così ad una nuova stagione nei rapporti tra Stato e lavoratori. Riforme governo Zanardelli: • Norme sul lavoro minorile e femminile nell'industria • Assicurazioni (volontarie) per la vecchiaia e obbligatoria per gli infortuni • Municipalizzazione dei servizi pubblici 2 Nuovo atteggiamento del Governo in materia di conflitti di lavoro: linea di neutralità purché la cose non degenerassero. Il nuovo corso, intrapreso dal Governo, diede nuova linfa alle organizzazioni sindacali (ricordiamo che erano state soppresse nel 1898) al centro-nord troviamo: • Camere del lavoro • Organizzazioni di categoria • Organizzazioni dei lavoratori agricoli -nelle province padane le Leghe rosse che si riunirono nel 1901 nella Federterra con l'obiettivo di ottenere la socializzazione delle terre e un miglioramento dei salari e degli orari di lavoro. L'attività dei sindacati fu intensa come gli scioperi che organizzarono ottenendo così un rialzo dei salari che durò fino al 1915. DECOLLO INDUSTRIALE E PROGRESSO CIVILE Dal 1896 l'industria italiana decolla grazie anche ai progressi che erano stati ottenuti nei primi 30 / 40 anni di unità del paese sul piano economico-produttivo: rete ferroviaria, sviluppo industria siderurgica, tessile, elettrica, chimica e meccanica. Lo sviluppo dell'industria porta con se un aumento dei redditi: questo migliora la qualità della vita degli italiani anche grazie a: • Sevizi pubblici • Progressi igiene urbano (acqua corrente, rete fognaria) che fanno diminuire la diffusione delle malattie Nonostante tutto però l'Italia è ancora indietro rispetto agli altri stati industrializzati: l'analfabetismo, nel 1911, era al 37% mentre nell'Europa del nord era praticamente assente; inoltre ancora forte era l'emigrazione verso l'estero, soprattutto nel periodo 1900-1914 in particolare dal sud Italia verso il Nord America, ed era solitamente un emigrazione permanente; quella dal nord Italia era verso l'Europa ed era invece temporanea. Se da una parte l'emigrazione allentava la pressione demografica e le rimesse degli emigranti aiutavano molto le zone represse; dall' altra l'impoverimento causato dalla perdita dei giovani si faceva sentire molto. 3 QUESTIONE MERIDIONALE Il divario industriale tra Nord e Sud è evidente; nel settentrione si sviluppa il triangolo industriale tra Milano, Torino e Genova e anche i progressi nell'agricoltura si concentrano soprattutto nella Valle Padana mentre al sud, a causa del clima, della carenza d'acqua e della povertà del terreno. Da questo, più che dal mancato sviluppo industriale, derivano i mali del meridione: • Analfabetismo al 60% • Disgregazione sociale • Assenza di una classe dirigente moderna • Subordinazione della piccola borghesia agli interessi della grande proprietà terriera • Carattere clientelare e personalistico della lotta politica GOVERNI GIOLITTI E LE RIFORME 1903 Zanardelli si dimette >al suo posto: Giolitti che porterà avanti l'espansionismo liberalprogressista, cercando di allargare la base della coalizione avvicinandosi in primo tempo a Togliatti, che rifiuterà, per poi spostarsi verso il centro, aprendo ai deputati moderati. Questo atteggiamento dimostra i limiti del riformismo giolittiano: • Condizionato dalle forze conservatrici • Attento a conservare gli equilibri parlamentari 1904 leggi speciali per il Mezzogiorno: per modernizzare l'agricoltura, inizialmente in Campania e in Basilicata, poi estese anche in Calabria e nelle isole; tutto ciò non incideva sulla struttura sociale del Sud, curava i sintomi non le cause del male. 1904- 1905 STATALIZZAZIONE FERROVIE: inizialmente molte opposizioni da destra e da sinistra: i socialisti erano preoccupati per il divieto di sciopero per i dipendenti pubblici. Così difronte a queste opposizioni Giolitti si dimette e lascia il comando a Fortis che, resterà in carica un anno e fa passare la statalizzazione. 1906 Giolitti torna alla guida del governo fino al 1909 “il lungo ministero Giolitti” 4 1907 si fa sentire l'eco della crisi internazionale, ma già nel 1908 riprende la crescita ma ciò non ferma le lotte sindacali, tanto che nel 1910 gli industriali fondano la confindustria. 1909 si ritira strategicamente per poi tornare nel 1910 con un programma orientato a sinistra: • Proposta di estendere il voto ai maggiorenni alfabetizzati e ai militari: suffragio universale maschile • Monopolio statale delle assicurazioni sulla vita (Tutto poi approvato nel 1912) LA POLITICA ESTERA, IL NAZIONALISMO E LA GUERRA IN LIBIA Dal 1896 (caduta di Crispi) cambia la politica estera; si attenuala, senza rinnegare la Triplice Alleanze, linea filo-tedesca in favore di un miglioramento dei rapporti con la Francia (1898 si pone fine alla guerra doganale fra le due nazioni). 1902 accordo sulle sfere d'influenza in Africa del Nord: • Italia diritto di priorità sulla Libia • Francia diritto di priorità in Marocco Questa nuova situazione non piaceva ai tedeschi e agli italiani non piacque quando l'Austria-Ungheria prese la Bosnia nel 1908, senza consultare l'Italia mostrando così la bassa considerazione verso l'alleato. Questa situazione creò malumori e determinò un clima di riscossa nazionale. 1910nasce l'associazione nazionalista italiana (democratici, reazionari, colonialisti) riunita sotto la rivista romana l'idea nazionale fece una campagna in favore della conquista della Libia. Tutto ciò più la politica internazionale portò l'Italia in Libia: 1911 la Francia sta per imporre il protettorato in Marocco e l'Italia crede sia il momento di far valere gli accordi del 1902. Così nel 1911 invia i primi soldati in Libia scontrandosi con l'Impero Turco. 5 La guerra fu lunga e difficile: l’Italia aumentò il contingente e ampliò il conflitto occupando Rodi e l'arcipelago del Dodecaneso. Nel 1912 i turchi firmano la Pace di Losanna: rinunciando alla sovranità politica sulla Libia. La guerra ebbe dei costi molto alti per l'Italia e la Libia in realtà non offriva poi grandi ricchezze di ritorno. RIFORMISTI E RIVOLUZIONARI La svolta liberale di fine secolo aveva coinvolto anche i socialisti. Lo sviluppo delle organizzazioni operaie e contadine, nei primi del '900, sembrò dar ragione a Turati che pensava che la via delle riforme e della collaborazione con la borghesia progressista fosse per il movimento operaio l'unica via capace di assicurare il consolidamento dei risultati ottenuti. Delineandosi però i limiti del liberismo giolittiano crebbero le opposizioni a Turati da parte dei socialisti rivoluzionari; gli scontri sanguinosi nel mezzogiorno mostrarono la vera natura dello stato monarchico e borghese, contro cui si doveva opporre una linea di intransigenza classista. Nel 1904 Congresso di Bologna i rivoluzionari ottengono la maggioranza e la guida del partito; indicono così il primo sciopero nazionale d'Italia, la borghesia chiede subito l'intervento dei militari ma Giolitti segue la linea neutrale, aspettando che la situazione si sistemi. Lo sciopero mette in luce alcuni limiti: scarso coordinamento e evidenzia la mancanza di un organo centrale come guida. I riformisti, che già controllavano le organizzazioni nazionali di categoria, sentivano molto l'esigenza di un più stretto coordinamento nazionale; così nel 1906 fondano la CGL Confederazione Generale del Lavoro. Nel 1912 Congresso di Reggio Emilia i rivoluzionari imposero l'espulsione dal PSI dei riformisti di destra, che diedero vita al Partito Socialista Riformista Italiano. In questo periodo si mette in mostra un uomo: Mussolini, già direttore dell’Avanti che mostra un nuovo stile nella propaganda socialista avvalendosi di appelli diretti alle masse 6 DEMOCRATICI CRISTIANI E CLERICO- MODERATI Dal rinnovamento nel cattolicesimo intransigente nasce il Movimento Democratico Cristiano di cui il leader è Murri. Il Papa PIO X osteggia l'azione della DC: nel 1904 il Papa temendo che l'opera dei congressi potesse finire sotto il controllo della DC li scioglie, creando tre strutture dipendenti dalla gerarchia ecclesiastica: Unione Popolare, Unione Economica- sociale, Unione elettorale. Comunque il movimento sindacale cattolico va avanti: nel 1910 vengono create la Leghe Bianche, che avranno molta diffusione in Veneto e in Lombardia, ma anche in Sicilia (con Don Sturzo). Il Papa favorisce le tendenze clerico- moderate, unite per bloccare l'avanzata delle sinistre, autorizzate dalla autorità ecclesiastiche e incoraggiate anche da Giolitti. Nel 1913 la linea clerico-moderata ebbe la sua consacrazione: PATTO GENTILONI. Il Conte Gentiloni, presidente dell'Unione elettorale cattolica, invitò i militanti a votare i candidati liberali che si impegnavano a rispettare un programma che prevedeva: • Opposizione alla legge sul divorzio • Riconoscimento delle organizzazioni sindacali cattoliche • La tutela dell'insegnamento privato CRISI DEL SISTEMA GIOLITTIANO Alle elezioni del 1913, a suffragio maschile universale, si creò maggioranza eterogenea che richiedeva una mediazione giolittiana sempre più problematica. Nel 1914 Giolitti si dimette, lasciando il posto a Salandra, con l'idea di riprendere il potere successivamente, come al solito; ma questa volta troppi sono i cambiamenti in atto: • La guerra in Libia • Economia che rallenta • Le tensioni sociali Ma soprattutto la prima guerra mondiale è alle porte. 7