cromosomi, geni ed espressione fenotipica

2
CROMOSOMI, GENI ED
ESPRESSIONE FENOTIPICA,
NORMALE E PATOLOGICA
Ogni espressione che entri a far parte del meccanismo riproduttivo riveste una particolare importanza
nella formazione dell’ostetrica/o, professionista della nascita, ma anche accompagnatrice/tore della
donna con compiti di accoglienza e di informazione in ogni momento del suo ciclo vitale, in particolare quando deve consolidarsi, anche dal punto di vista psicologico, nella fisiologia, senza escludere che
possa sapere e comprendere l’eventuale evoluzione patologica. In queste situazioni la cultura di base
che l’ostetrica/o si è fatta facilita la qualità e la precisione della sua missione assistenziale.
Sezione 5 – Dal genotipo al fenotipo
Si apprendono le modalità di trasmissione dell’informazione contenuta nei geni, le relazioni qualitative
e quantitative fra genotipo e fenotipo, l’espressione dei caratteri fenotipici e la loro variabilità legata
all’esistenza di alleli diversi per uno stesso gene ed inoltre le leggi che descrivono la trasmissione dei
geni dalle generazioni parentali a quelle filiali.
In questa sezione vengono introdotti importanti concetti circa l’ereditarietà e presentate tecniche volte
a predire i tipi di prole ottenuti dagli individui parentali. Si definiscono i due principi fondamentali per
la comprensione dell’ereditarietà: quello della segregazione e quello dell’assortimento indipendente.
Inoltre viene trattata parte della terminologia e delle metodiche essenziali per discutere ed analizzare
gli incroci genetici. Un concetto cruciale di questa sezione è rappresentato dal parallelismo esistente
tra comportamento dei cromosomi durante la meiosi e distribuzione dei geni durante la formazione
dei gameti.
Lezione 13 – Variabilità genetica e leggi dell’ereditarietà1-3 (S. Sirchia)
§ 1 GENERALITÀ
La storia
Alla fine del XIX secolo, il monaco austro-boemo Gregor Johann Mendel (1822-1884), conducendo una serie di esperimenti sulle modalità di
trasmissione di caratteri semplici in organismi facilmente manipolabili, scoprì che l’ereditarietà di
molti caratteri segue alcune semplici leggi. Queste
leggi permettono, entro certi limiti, di prevedere la
probabilità che un certo carattere possa comparire
nella progenie di una coppia.
Mendel condusse i propri studi senza avere alcuna conoscenza delle basi molecolari dell’ereditarietà né della struttura chimica del materiale ereditario
e neppure dei processi biologici alla base dei mec-
GENETICA UMANA
canismi della riproduzione come lo sviluppo dei
gameti. Questa mancanza di conoscenze portò la
comunità scientifica dell’epoca a rifiutare i risultati
che Mendel pubblicò nel 1865. Gli studi di Mendel
furono dimenticati per oltre 35 anni e vennero riscoperti solo agli inizi del 1900.
L’espressione “genetica mendeliana” indica i
quadri fondamentali dell’ereditarietà che fanno riferimento al concetto di unità genetica fondamentale,
il “gene”.
Relazione tra genotipo e fenotipo
Le caratteristiche di un individuo, che vengono
trasmesse da una generazione all’altra sono dette
“tratti ereditari”a. Ognuno di essi è sotto il controla
Mendel le definì “caratteri”.
298
lo di un segmento di DNA chiamato “gene”b. La
costituzione genetica di un organismo si definisce
“genotipo”, mentre il suo “fenotipo” rappresenta
l’insieme delle caratteristiche strutturali e funzionali osservabili. Esso è il risultato dell’interazione tra
il genotipo e l’ambiente.
I geni, quindi, forniscono solo il potenziale per
l’espressione di un particolare carattere. In quale
misura verrà realizzata questa potenzialità, dipende dalle interazioni con altri geni, dalle influenze
ambientali e da eventi che si verificano durante lo
sviluppo dell’individuo.
È però importante ricordare che, sebbene il fenotipo sia il prodotto dell’interazione tra geni ed ambiente, il contributo dell’ambiente è molto variabile
e, a volte, imprevedibile: può essere determinante
come, del tutto, ininfluente.
PARTE II - PERCORSI INTEGRATI PER LA PROFESSIONE OSTETRICA
Posizione del fiore
in cima
Lunghezza dello stelo
(altezza)
laterale
Forma del seme
liscio rugoso
alto
Colore del seme
verde
Forma del bacello
giallo
basso
Colore della pelle
colorato
bianco
Colore del bacello
§ 2 LE LEGGI MENDEL
rigonfio
Il metodo
Fin dall’inizio dei suoi studi Mendel si pose un
semplice, ma preciso obiettivo, rispondere all’interrogativo: “in che modo i caratteri dei genitori si
trasmettono ai figli?”.
Cominciò lavorando su piante di pisello da orto,
“Pisum sativum”, andando a studiare dei caratteri
semplici e facilmente osservabili: piante con fiore
viola e piante con fiore bianco; oppure, piante con
seme verde e piante con seme giallo, e così via.
In seguito si dedicò alla riproduzione di queste
piante, procedendo in questo modo: prendeva il polline dal fiore di una pianta e lo spolverava sul pistillo del fiore di un altra pianta, per fecondarlo; poi
copriva il fiore fecondato per evitare che dell’altro
polline potesse raggiungerlo.
In questo modo, Mendel selezionò alcuni caratteri e ne individuò le “linee pure”. Selezionò, per
esempio, il carattere “forma del seme” ed individuò
le seguenti linee pure:
 pianta a “semi lisci” che, fecondata con il suo
stesso polline, produceva tutte piante con semi
lisci; ciascuna di queste, fecondata col suo stesso
polline produceva, nuovamente, tutte piante con
i semi lisci e così via. L’insieme di piante così
ottenuto era una linea pura per la variante “semi
lisci”;
 pianta a “semi rugosi” che si comportava allo
stesso modo della linea pura a semi lisci.
In tutto Mendel selezionò 7 differenti caratteri e
14 linee pure - due per ogni carattere - della pianta
b
Mendel lo definì “fattore”.
raggrinzito
verde
giallo
FIGURA 13-1.
I setti diversi caratteri studiati da Mendel e le loro alternative fenotipiche (da A. Fantoni et al., l.c.).
di pisello da orto (Fig. 13-1). Studiando i risultati
dei vari incroci possibili usando queste linee pure e
la loro progenie, arrivò a formulare le leggi sull’ereditarietà dei caratteri.
1a legge di Mendel o legge della
segregazione dei caratteri
Mendel fecondò una pianta di pisello a semi rugosi con il polline prelevato da una pianta a semi
lisci (generazioni parentali P). Tutti i semi della
progenie F1 (prima generazione filiale) erano lisci.
Sembrava che la variante seme rugoso fosse sparita
(Fig. 13-2).
Questo tipo di incroci vengono detti “incroci
tra monoibridi”, e Mendel, mediante questi esperimenti, arrivò alla conclusione che gli ibridi della F1
sono uniformi poiché, pur discendendo da genitori
con varianti diverse dello stesso carattere, avevano
ereditato da un solo genitore la variante del carattere
“forma del seme”.
Ciò, come oggi sappiamo, dipende dal fatto che
la variante “semi lisci” è “dominante”, mentre quella “semi rugosi” è “recessiva”, cioè scompare nella
prima generazione di ibridi.
Il comportamento osservato da Mendel nelle
piante di pisello ci permette quindi di affermare che
gli ibridi sono piante che oggi definiremmo “eterozigoti” per il carattere studiato, cioè possiedono due
alleli (varianti) diversi per il carattere “forma del
PERCORSO 2 - BIOLOGIA GENERALE
299
Seme
liscio
Seme
rugoso
genotipo
Aa
Aa
fenotipo
liscio
liscio
gameti
Rimozione dei petali
che nascondono
l’apparato riproduttivo
A
Pistillo
(organo femminile)
½
Apre il fiore
e raccoglie
il polline
Stami
(organo maschile)
Ovulo
(che forma il bacello)
genotipo
A
a
A
a
½
½
½
½
A
a
½
½
A
A
a
a
½
½
½
½
¼
¼
AA
Aa
aA
aa
½
FIGURA 13-2.
Schema dell’incrocio tra due linee pure (da A. Fantoni
et al., l.c.).
seme”, in questo caso, un allele per il seme liscio S
ed un allele per il seme rugoso s; l’allele S domina
sull’allele s (Fig. 13-3).
Mendel proseguì i suoi esperimenti lasciando che
gli ibridi si autofecondassero (seconda generazione
filiale F2). Come abbiamo visto, tutti gli individui
della F1 avevano semi lisci, ma, dal loro incrocio,
nella F2, si riottennero dei semi rugosi: precisamente, il 25% di semi rugosi e il 75% di semi lisci (Fig.
13-4). Generalmente, si ritrovavano nello stesso bacello entrambi i tipi di semi.
Il carattere “seme rugoso”, sparito nella prima
generazione filiale era ricomparso nella seconda.
Oggi sappiamo che, a differenza degli individui a semi lisci della linea pura, gli ibridi della F1
rugoso
genotipo
AA
aa
A
a
gameti
genotipo
Aa
fenotipo
liscio
gameti
A
F2
¼
rugoso
1
FIGURA 13-4.
La formazione della generazione F2 (da A. Fantoni et
al., l.c.).
Seme
liscio
liscio
liscio
3
Impollinazione
del pistillo
fenotipo
½
¼
fenotipo liscio
Tutti i semi sono lisci
a
¼
¼
Rimozione degli stami
F1
parentali
F1
a
FIGURA 13-3.
La formazione della generazione F1 (da A. Fantoni et
al., l.c.).
a semi lisci producevano due tipi diversi di gameti. Nell’ibrido infatti i gameti vengono prodotti per
meiosi da cellule eterozigoti del tipo Ss, perciò possono essere di due tipi:
 50% gameti di tipo S (dominante);
 50% gameti di tipo s (recessivo).
Mendel apprese da questi esperimenti che una
pianta della linea pura è “omozigote”, cioè, in tutte
le sue cellule, entrambi i cromosomi di una coppia
di omologhi portano, per lo stesso gene, lo stesso
allele, SS o ss. Invece una pianta ibrida è “eterozigote”, cioè i cromosomi omologhi portano ciascuno
un allele diverso, Ss, come è illustrato Fig. 13-3.
Riassumendo, nelle piante di “Pisum sativum” la
forma del seme è determinata dal gene “forma del
seme” di cui ogni individuo possiede due copie o
alleli che si trovano sui due cromosomi omologhi;
l’insieme dei geni di un individuo si chiama “genotipo”, mentre l’aspetto dell’individuo è detto “fenotipo”. Il fenotipo è determinato dal genotipo, ma, a
fenotipi uguali (seme liscio), possono corrispondere
anche genotipi diversi (SS o Ss). Tutto ciò a portato
alla definizione della 1a legge di Mendel sulla segregazione dei caratteri:
I membri di una coppia genica (alleli) segregano
(si separano) l’uno dall’altro durante la formazione
dei gameti.
2° legge di Mendel o legge
dell’indipendenza dei caratteri
Mendel continuò a fare i suoi esperimenti, ma
questa volta decise di procedere in modo diverso.
Provò a incrociare più caratteri e così prese in
PARTE II - PERCORSI INTEGRATI PER LA PROFESSIONE OSTETRICA
300
forma
A
colore
B
a
X
forma
colore
parentali
b
A
B
F1
A, B
Dominanti, liscio, giallo
a, b
Recessivi, rugoso, verde
FIGURA 13-5.
I fenotipi delle linee parentali e della F1 (da A. Fantoni
et al., l.c.).
considerazione il carattere “colore del seme” che
può essere giallo (YY) o verde (yy) insieme al carattere “forma del seme”.
Con questi incroci, raffigurati nella Fig. 13-5,
egli scoprì che, nella F1, gli ibridi (diibridi) erano
uniformi lisci-gialli (Ss Yy). Questo confermava
la “dominanza” di queste varianti; invece, nella
F2 - ottenuta attraverso un incrocio tra diibridi - si
osservavano 16 combinazioni genotipiche e 4 combinazioni fenotipiche diverse (9/16 gialli-lisci, 3/16
forma
colore
A
B
forma
colore
A
B
F1
A
B
X
F2
a
b
a
B
A
Interazioni alleliche: alleli dominanti, alleli
recessivi, codominanza
Dato che di uno stesso gene possono esistere più
alleli e che in un individuo eterozigote sono presenti
due alleli diversi dello stesso gene, il fenotipo risultante dipende dal tipo di interazione che si instaura
tra i due alleli.
Secondo la definizione della genetica classica, se
in un eterozigote si manifesta fenotipicamente uno
FIGURA 13-6.
A) I rapporti fenotipici della F2. B) I genotipi della F2 con il
quadrato di Punnett (da A. Fantoni et al., l.c.).
A
b
forma
colore
rapporto
AB
liscio
giallo
315/556 = 0,56
101
aB
rugoso giallo
101/556 = 0,181 3,17
108
Ab
liscio
verde
108/556 = 0,192 3,30
32
ab
rugoso verde
315
gialli-rugosi, 3/16 verdi-lisci, 1/16 verdi-rugosi) con
una ricomparsa dei caratteri recessivi rugoso-verde,
come si evidenzia nella Fig. 13-6.
Se si esamina però solo un carattere alla volta,
per esempio il “colore del seme”, il rapporto fra
semi gialli e verdi rimane 3:1 (Fig. 13-6) e così
pure per il carattere “forma del seme”; ciò significa
che questi due caratteri (geni) vengono assortiti nei
gameti, l’uno indipendentemente dall’altro. Questa
osservazione ha portato alla definizione della 2a legge di Mendel sull’indipendenza dei caratteri:
I geni che controllano caratteri diversi si distribuiscono in modo indipendente l’uno dall’altro durante la formazione dei gameti.
32/556 = 0.057
9,80
1,00
556
AB
AB
¼
Ab
¼
aB
¼
ab
¼
¼
AABB
AABB
1/16
AABb
AABb
1/16
AaBB
AaBB
1/16
AaBb
AaBb
1/16
Ab
AABb
1/16
AAbb
1/16
AaBb
1/16
Aabb
1/16
¼
aB
¼
AaBB
1/16
AaBb
1/16
aaBB
1/16
aaBb
1/16
ab
AaBb
1/16
Aabb
1/16
aaBb
1/16
aabb
1/16
¼
B
PERCORSO 2 - BIOLOGIA GENERALE
solo dei due alleli e l’altro è mascherato, si parla
di “dominanza completa”. L’allele che si esprime
viene definito, come abbiamo già visto, dominante,
mentre l’altro è detto recessivo.
La simbologia, derivata da Mendel, rappresenta
con una lettera maiuscola (A) l’allele dominante e
con la stessa lettera minuscola (a) quello recessivo.
Quindi, nel caso di dominanza completa, l’eterozigote (Aa) e l’omozigote dominante (AA) manifestano lo stesso fenotipo. Ne consegue che l’allele
recessivo si manifesta solo in condizione omozigote
(aa). Quando invece il fenotipo dell’eterozigote è
intermedio tra i fenotipi degli omozigoti, si parla di
“dominanza incompleta” (Lez. 2-14-§ 1).
Si parla invece di “codominanza”, quando, in
un eterozigote, i due alleli si esprimono entrambi
in ugual misura e l’espressione di ciascun allele è
riconoscibile a livello fenotipico (Lez. 2-14-§ 2).
§ 3 APPLICAZIONE DELLA GENETICA
MENDELIANA
Il metodo dell’incrocio di prova per la
determinazione di un genotipo ignoto
Mendel, durante la formulazione del principio
della segregazione, allestì un certo numero di esperimenti per confermare la validità dei suoi risultati.
maschio
301
Un incrocio particolarmente significativo è quello
delle piante della F2 con un omozigote recessivo,
detto anche “reincrocio” o “testcross”. Questo incrocio infatti, permette di stabilire l’effettivo genotipo di piante che mostrano il fenotipo dominante.
Come schematizzato in Fig. 13-6, le piante ottenute dai semi lisci della F2 dell’incrocio discusso in
Fig. 13-3, possono essere omozigoti dominanti (SS)
oppure eterozigoti (Ss). Incrociando queste piante
(genitore 1), con un omozigote recessivo (genitore
2, seme rugoso, ss), potremo stabilire l’esatto genotipo del genitore 1. Se il genitore 1 è omozigote
dominante SS, tutta la progenie sarà a semi lisci (genotipo Ss), mentre se il genitore 1 è eterozigote Ss,
½ della progenie sarà a semi lisci (genotipo Ss) e ½
a semi rugosi (genotipo ss).
La costruzione di un albero genealogico
L’anamnesi familiare è registrabile mediante il
disegno dell’albero genealogico di una famiglia,
utilizzando i simboli convenzionali riassunti in Fig.
13-7. Essa, spesso, è indispensabile per determinare il rischio genetico ed è il punto di partenza della
consulenza genetica.
L’albero genealogico, infatti, fornisce una visione
immediata dei problemi o delle patologie nell’ambito della famiglia e facilita l’analisi dei modelli di
ereditarietà. Le generazioni sono contrassegnate
1
3
numero dei figli del sesso
indicato
femmina
Individui affetti
matrimonio
eterozigoti per 1 gene autosomico, recessivo
genitori con 1 bambino e
1 bambina in ordine di
nascita
portatrice di 1 gene recessivo, legato al sesso
morte
gemelli dizigotici
aborto o parto di nato morto
di sesso non determinato
gemelli monozigotici
probando
sesso non determinato
matrimonio consanguineo
FIGURA 13-7.
Simboli per la composizione di un albero genealogico.
PARTE II - PERCORSI INTEGRATI PER LA PROFESSIONE OSTETRICA
302
1
I
2
G
E
N
1
3
2
4
II
5
E
R
A
1
2
4
3
6
5
7
III
Z
I
O
1
2
3
4
5
IV
N
I
GLI INDICI NUMERI CI INDICANO L’ORDI NE P ROGRESSIVO DI NAS CITA
FIGURA 13-8.
Esempio di albero genealogico umano.
con i numeri romani, con le generazioni più anziane in alto e le più recenti in basso. Nell’ambito di
ciascuna generazione, le persone sono ordinate, da
sinistra a destra, con i numeri arabi. I fratelli sono
elencati di solito a seconda dell’età con il maggiore
a sinistra. Così, ogni membro dell’albero genealogico, compresi i coniugi, può essere identificato da
due semplici numeri.
Generalmente, quando raccoglie l’anamnesi familiare, il genetista costruisce l’albero genealogico
sulla base di quello che gli viene riferito dai parenti.
Si comincia col raccogliere informazioni sui fratelli
e sui genitori del probando, quindi, si passa ai parenti dei genitori (fratelli, sorelle, nipoti e nonni). A
seconda del modello di trasmissione della patologia
e dei ricordi che ha il soggetto intervistato dipende
il numero dei parenti inclusi nell’albero. Vengono
registrate le malattie, le anomalie congenite, gli
aborti spontanei, le cause di decesso, e ogni altra
informazione importante.
Nella Fig. 13-8 è rappresentato un esempio di
albero genealogico dove viene illustrato il modo in
cui vengono utilizzati i vari simboli.
GENETICA UMANA
Lezione 14 – Eccezioni alle leggi di Mendl1-3 (S. Sirchia)
§ 1 LE RELAZIONI DI DOMINANZA
Dominanza incompleta
La “dominanza completa” è la condizione per
cui un allele è dominante su un altro e, di conseguenza, il fenotipo dell’eterozigote è uguale a quello
dell’omozigote dominante. Nella “recessività completa” l’allele recessivo è fenotipicamente espresso
solo in caso di omozigosi. La dominanza completa e la recessività completa sono le due condizioni
estreme di una gamma di relazioni di dominanza.
Sebbene tutte le coppie alleliche studiate da Mendel
presentassero questa relazione di dominanza-recessività, oggi sappiamo che molte coppie di alleli possono mostrare relazioni di dominanza differenti.
Quando un allele non è completamente dominante su un altro, si dice che mostra una “dominanza incompleta” o una “dominanza parziale”. Nella
dominanza incompleta il fenotipo dell’eterozigote
risulta intermedio rispetto a quello dei due omozigoti.
Un esempio classico di carattere a dominanza
incompleta è il “colore del piumaggio” dei polli. Incrociando una linea pura con piumaggio nero
(CBCB) con una con piumaggio bianco (CWCW) nella
F1 si ottengono polli con piume grigio-blu, chiamati
polli blu Andalusi. Un pollo Andaluso, eterozigote,
non è una linea pura, quindi negli incroci “Andalu-
PERCORSO 2 - BIOLOGIA GENERALE
so con Andaluso”, i due alleli segregano nei gameti
e nella progenie si osserveranno, con un rapporto
1:2:1, polli neri, polli andalusi e polli bianchi.
Un altro esempio di dominanza incompleta è
quello del colore dei fiori delle bocche di leone. In
questo caso, incrociando piante omozigoti a fiore
rosso (allele con dominanza incompleta) con piante
omozigoti a fiore bianco (allele recessivo), si origina
una F1 con un fenotipo intermedio, ossia fiori rosa.
Anche in questo caso, incrociando piante della F1,
avremo una F2 con piante a fiori rossi, piante a fiori
rosa e piante a fiori bianchi, nel rapporto 1:2:1.
Alleli multipli: i gruppi sanguigni
nell’uomo come esempio di codominanza
L’allele più diffuso in una popolazione è considerato l’allele selvatico mentre la forma allelica
alternativa è l’allele mutato. Anche se fino ad ora
abbiamo preso in considerazione solo caratteri controllati da una coppia di alleli, in una popolazione,
per un dato gene, possono essere presenti più di due
alleli (uno selvatico e tutti gli altri mutati). Si parla, in questo caso, di “alleli multipli”. Bisogna però
ricordare che, anche se in una popolazione sono
presenti più di due alleli per uno stesso gene, ogni
singolo individuo diploide può portarne al massimo
due.
La serie allelica dei gruppi sanguigni “AB0”c
nell’uomo rappresenta un esempio importante e ben
conosciuto di allelismo multiplo. Infatti, come vedremo in seguito, poiché alcuni gruppi sanguigni
sono incompatibili tra loro, questa serie di alleli assume una particolare importanza nel momento in cui
deve essere effettuata una trasfusione di sangue.
Nel sistema AB0, esistono quattro fenotipi rappresentati dai quattro gruppi sanguigni 0, A, B, ed
AB; in Tab. 14-1 sono elencati i sei genotipi possibili, dovuti alle varie combinazioni dei tre alleli
che caratterizzano questo sistema: “IA, IB ed i”. Gli
individui omozigoti per l’allele recessivo i, sono di
gruppo sanguigno 0; gli alleli IA e IB, sono entrambi
dominanti su i. Un individuo con gruppo sanguigno
A potrà avere genotipo IA/ IA oppure IA/i e, similmente, un individuo di gruppo B potrà avere genotipo IB/ IB oppure IB/i. Gli individui eterozigoti per i
due alleli dominanti IA/ IB saranno di gruppo sanguigno AB. Questo è un esempio di “codominanza”,
dove entrambi gli alleli partecipano in modo uguale
al fenotipo.
All’inizio del ‘900, Karl Landsteiner scoprì i
gruppi sanguigni umani del sistema AB0 e, per
c
Leggi: “a, bi, zero”.
303
Tabella 14-1. Sistema ABO
Gruppo Genotipo Fenotipo
eritrocitario
A
IA IA
Antigene A
A
IA i
Antigene A
B
IB IB
Antigene B
B
IB i
Antigene B
AB
IA IB
Antigeni A + B
O
ii
assenti
Anticorpi
nel siero
Anti-B
Anti-B
Anti-A
Anti-A
assenti
Anti-A, anti-B
questa scoperta, ricevette nel 1930 il Premio Nobel
per la Fisiologia e la Medicina. Per merito suo oggi
sappiamo che gli alleli IA e IB, codificano per degli antigeni di superficie del globulo rosso, mentre
l’allele i è associato all’assenza di tali antigeni. La
compatibilità/incompatibilità tra gruppi sanguigni è
dovuta al fatto che gli individui di gruppo A producono anticorpi contro l’antigene B, gli individui di
gruppo B producono anticorpi contro l’antigene A,
gli individui di gruppo 0 producono anticorpi contro A e B, mentre gli individui di gruppo AB non
producono anticorpi contro questi antigeni. Gli anticorpi presenti nel siero determinano l’agglutinazione dei globuli rossi che presentano l’antigene.
Questo fenomeno è potenzialmente letale, in quanto
le cellule agglutinate occludono i capillari. Per questo motivo, prima di ricorrere ad una trasfusione, è
molto importante conoscere il gruppo sanguigno di
un individuo. In casi estremi, il sangue di gruppo 0,
non presentando nessuno dei due antigeni, può essere utilizzato per le trasfusioni verso tutti i gruppi
sanguigni.
§ 2 EREDITARIETÀ NON MENDELIANA
Ereditarietà mitocondriale
Nell’analisi delle famiglie, bisogna tenere presente alcune situazioni in cui la modalità di trasmissione di un carattere “monofattoriale” - cioè determinato da un singolo gene - diverge dall’atteso in
base ai principi mendeliani.
Oltre al genoma nucleare, le cellule eucariotiche,
infatti, possiedono un altro genoma all’interno dei
mitocondri, il “DNA mitocondriale” (mtDNA). I
diversi tipi di cellule umane possono contenere da
100 a 1000 mitocondri che possiedono un DNA circolare con 37 geni. Un discreto numero di malattie
nell’uomo (frequenza di 6-7 ogni 100.000 nati) sono
dovute a mutazioni a carico di alcuni geni mitocondriali. Le principali caratteristiche che distinguono
l’eredità mitocondriale da quella mendeliana sono:
304
i mitocondri presenti nello zigote sono ereditati esclusivamente dalla cellula uovo. Di conseguenza i mitocondri si trasmettono solo da madre
a figlio, perciò l’informazione genetica mitocondriale è definita patrilineare o non-mendeliana o
citoplasmatica;
 un maschio affetto non trasmetterà mai la malattia;
 ogni cellula contiene molte molecole di DNA mitocondriale, di conseguenza, se tutti i mitocondri
di un individuo portano la mutazione patogenetica si parla di omoplasmia, se invece ogni cellula
di un individuo contiene sia genomi mitocondriali normali sia mutati si parla di eteroplasmia.
La condizione più comune è l’eteroplasmia che
può essere trasmessa dalla madre ai figli, anche
se, in realtà, il rapporto tra le proporzioni di genomi mitocondriali normali e mutati non sempre viene conservato attraverso le generazioni.
Questo è dovuto al fatto che, durante le divisioni
cellulari, i mitocondri si distribuiscono a caso
nelle cellule figlie, modificando la proporzione
tra genomi mitocondriali normali e mutati presente nella cellula madre. L’eteroplasmia determina una eterogeneità del fenotipo patologico;
la gravità della malattia può infatti variare sia tra
madre affetta e figli affetti sia tra fratelli affetti.
Essendo i mitocondri implicati nel metabolismo
energetico, mutazioni del loro genoma causano essenzialmente malattie di interesse neuromuscolare.

Ereditarietà multifattoriale
I caratteri ereditari non sono tutti monofattoriali,
esistono molti caratteri ereditari complessi, normali
e patologici, che vengono influenzati da più fattori, sia genetici che ambientali. Questi caratteri sono
detti “caratteri multifattoriali” e comprendono i co-
PARTE II - PERCORSI INTEGRATI PER LA PROFESSIONE OSTETRICA
siddetti “caratteri quantitativi” ed i “caratteri con
effetto soglia” (Lez. 2-18-§ 2).
Per quanto riguarda la componente genetica, i
caratteri multifattoriali non sono controllati da uno,
ma da diversi geni. Generalmente ognuno di questi
geni ha un effetto fenotipico simile ed additivo ed
influenza il carattere in piccola misura. Questo tipo
di ereditarietà detta “ereditarietà poligenica”, e si
differenzia notevolmente dalla “ereditarietà monogenica poliallelica” che abbiamo descritto in precedenza. Nella prima, molti geni in loci diversi concorrono a determinare una caratteristica fenotipica,
nella seconda un solo gene con molti alleli controlla
il carattere.
Il numero di geni che controlla un carattere multifattoriale varia notevolmente da carattere a carattere
e la loro identificazione è estremamente complessa;
per questo motivo, per la maggior parte dei caratteri
multifattoriali non si conosce ancora la base genetica e molecolare. Questi geni possono essere localizzati su uno stesso cromosoma oppure su cromosomi
diversi, ma, comunque, vengono trasmessi in modo
indipendente, secondo le modalità di trasmissione
dei geni che controllano i caratteri monofattoriali.
Come già accennato, l’espressione fenotipica di
un carattere multifattoriale è influenzata anche da
fattori ambientali. L’ambiente viene inteso come
l’insieme di tutti i fattori non genetici che condizionano lo sviluppo di un individuo, dallo stadio
di zigote in poi. A questo proposito, occorre tener
presente che ogni carattere fenotipico, non è mai
determinato completamente dalla costituzione genetica o dall’influenza ambientale, ma è sempre il
risultato di una complessa interazione tra genotipo,
background genetico ed ambiente. Questo principio
vale per tutti i caratteri mono e multifattoriali, sia
normali che patologici.
Lezione 15 – La base cromosomica della ereditarietà1, 2 (S. Sirchia)
Sulla base delle leggi di Mendel, i primi genetisti
cominciarono ad analizzare in modo più approfondito, mediante incroci appropriati, la natura dei fattori mendeliani. Grazie a questi sforzi, ora sappiamo
che i fattori di Mendel sono i geni e che questi sono
localizzati sui cromosomi.
All’inizio del ventesimo secolo, i citologi avevano stabilito che all’interno di una data specie, il
numero totale di cromosomi rimane costante in tutte
le cellule, mentre questo numero varia considerevolmente da una specie all’altra. Nel 1902 Walter
Sutton e Theodor Boveri arrivarono, indipenden-
GENETICA UMANA
temente l’uno dall’altro, alla dimostrazione che la
modalità di trasmissione dei cromosomi, da una generazione all’altra, era strettamente correlata con la
modalità di trasmissione dei fattori mendeliani. Per
spiegare questa correlazione essi proposero la “teoria cromosomica dell’ereditarietà” che afferma che i
fattori mendeliani, oggi conosciuti come geni, sono
localizzati sui cromosomi.
Geni indipendenti e geni associati
I geni localizzati su cromosomi non omologhi
PERCORSO 2 - BIOLOGIA GENERALE
segregano indipendentemente durante la meiosi.
Tuttavia, vi sono geni che vengono ereditati insieme, in quanto localizzati sullo stesso cromosoma. I
geni che non mostrano un assortimento indipendente, sono definiti “geni associati” o “geni concatenati” ed appartengono, per definizione, ad un “gruppo
di associazione” o “gruppo di concatenazione”.
L’analisi della progenie di incroci tra individui
con caratteristiche genetiche - controllate da più
geni - diverse, permette di determinare la frequenza
con cui gli alleli dei diversi geni presenti nei genitori si ritrovano, in nuove combinazioni, nei figli.
La progenie che mostra la combinazione allelica
presente nei genitori, è detta “parentale”, mentre la
progenie che offre una nuova combinazione allelica, differente da quella dei genitori, è detta “ricombinante”. I ricombinanti vengono prodotti mediante
un meccanismo definito “ricombinazione genetica”.
È quindi possibile costruire “mappe di associazione” o “mappe genetiche” per ciascun cromosoma,
utilizzando il reincrocio di prova che consente di
identificare quali geni sono associati.
Le conoscenze attuali sulla concatenazione tra i
geni, derivano dagli esperimenti che Thomas Hunt
Morgan ed i suoi collaboratori condussero su Drosophila Melanogaster intorno al 1911.
Gli incroci effettuati dal gruppo di Morgan, prendendo in considerazione molti caratteri, diedero un
risultato che non si accordava con la legge dell’indipendenza dei caratteri formulata da Mendel. Le
classi fenotipiche parentali erano le più frequenti,
mentre le classi ricombinanti comparivano con una
frequenza molto più bassa. Si otteneva un numero
molto simile per le due classi parentali e lo stesso
si verificava per le due classi ricombinanti. Morgan
arrivò quindi alla conclusione che, durante la segregazione alla meiosi, alcune combinazioni alleliche
tendono a rimanere insieme per la vicinanza, sullo
stesso cromosoma, dei geni che controllano quei
caratteri. Si può quindi affermare che, più due geni
sono vicini sul cromosoma, maggiore è la probabilità che rimangano assieme durante la meiosi. Questo, secondo Morgan, sarebbe la conseguenza del
fatto che, essendo i ricombinanti il prodotto dello
scambiod tra cromosomi omologhi durante la meiosi, più due geni sono vicini, tanto meno probabile
sarà un evento di ricombinazione tra di essi.
La ricombinazione genetica: il risultato del
crossing-over
Dato che la terminologia usata per indicare lo
scambio fisico fra i cromosomi omologhi potrebbe
d
Crossing-over o ricombinazione.
305
Crossing-over
A
B
A
a
B
b
a
b
MEIOSI II
A
B
Non ricombinante
A
b
Ricombinante
a
B
Ricombinante
a
b
Non ricombinante
FIGURA 15-1.
Crossing-over fra cromatidi non fratelli di cromosomi
omologhi (da A. Fantoni et al., l.c.).
generare qualche confusione, riportiamo alcune definizioni essenziali:
 con “chiasma” si intende il punto in cui avviene
lo scambio fisico tra una coppia di cromosomi
omologhi, cioè il punto fisico in cui avviene il
crossing-over;
 con “crossing-over” si intende il processo di
scambio reciproco di corrispondenti segmenti
cromatidici lungo i cromosomi omologhi; il processo implica una rottura simmetrica di due cromatidi e la loro successiva ricongiunzione.
La Fig. 15-1 illustra uno schema semplificato del
processo di crossing-over. Il crossing-over negli eucarioti avviene allo stadio di quattro cromatidi durante la profase I della meiosi. Ciascun evento coinvolge al massimo due dei quattro cromatidi, anche
se, lungo il cromosoma, tutti i cromatidi possono
essere coinvolti in eventi di scambio.
In un individuo doppio eterozigote per i geni A
(Aa) e B (Bb), questi possono essere situati sugli
omologhi in due diverse combinazioni: AB / ab oppure Ab/aB (Fig. 15-2).
In Fig 15-2, i due alleli dominanti sono insieme
su un omologo ed i due recessivi sull’altro, questa
configurazione viene chiamata di “accoppiamento” oppure “configurazione cis”. In questo caso, un
evento di crossing-over tra i due loci, produrrebbe
i due ricombinanti Ab e aB. Nell’altra combinazione, un allele dominante e un allele recessivo dei due
geni sono localizzati su ogni omologo e questa configurazione viene chiamata di “repulsione” oppure
PARTE II - PERCORSI INTEGRATI PER LA PROFESSIONE OSTETRICA
306
L’associazione di due loci - A e B - situati sullo stesso
cromosoma, in un soggetto che si presenta eterozigote per
ambedue (A, a – B, b), può essere:
ACCOPPIAMENTO
A
a
B
b
REPULSIONE
CIS
A
a
b
B
TRANS
CONFIGURAZIONI
FIGURA 15-2.
Concatenazione di geni in cis ed in trans.
“configurazione trans”. In questo caso, un evento
di crossing-over tra i due loci, produrrebbe i due
ricombinanti AB e ab (Fig. 15-2).
Nel 1913, uno studente di Morgan, Alfred Sturtevant, pensò che la percentuale dei ricombinanti
potesse essere usata come una misura quantitativa
della distanza tra i geni di un cromosoma, costruen-
do, in questo modo, una mappa genetica. Questa
distanza viene misurata in “unità di mappa”. Una
frequenza di crossing-over dell’1% tra due geni,
corrisponde ad 1 unità di mappa. L’unità di mappa
viene anche indicata, in onore di Morgan, in centimorgan (cM).
Lezione 16 – Cromosomi del sesso e geni legati al sesso1, 2 (S. Sirchia)
I cromosomi X e Y
I cromosomi del sesso sono quei cromosomi che,
in molti eucarioti, sono presenti in forma diversa nei
due sessi. In molti casi l’assetto dei cromosomi sessuali di un organismo è direttamente correlato al suo
sesso. Negli eucarioti, i cromosomi che non sono
rappresentati differentemente nei due sessi, sono
detti “autosomi”.
I cromosomi del sesso, di solito, sono designati
“cromosoma X” e “cromosoma Y”. Nell’uomo, per
esempio, la femmina ha due cromosomi X – quindi, relativamente ai cromosomi del sesso, è “XX” mentre il maschio ha un cromosoma X e un cromosoma Y - quindi è “XY”. Poiché il maschio, relativamente ai cromosomi sessuali, produce due tipi di
gameti (X o Y) e la femmina un solo tipo di gamete
(X), il maschio è definito “sesso eterogametico” e la
femmina “sesso omogametico”.
GENETICA UMANA
I cromosomi X e Y presentano delle regioni di
omologia chiamate “regioni pseudoautosomiali”
che si trovano a livello delle parti terminali del
braccio corto (PAR1) e del braccio lungo (PAR2).
In particolare la regione PAR1 è molto importante
perché permette l’appaiamento ed il crossing-over
fra l’X e l’Y durante la meiosi maschile.
La determinazione del sesso nell’uomo
Nei sistemi con determinazione genotipica dei
sesso, il sesso dipende dal genotipo dello zigote; nei
sistemi con determinazione fenotipica (o ambientale) del sesso, il sesso è determinato da condizioni
ambientali interne od esterne.
 La “determinazione genotipica del sesso”, in cui
i cromosomi sessuali svolgono un ruolo decisivo
nell’ereditarietà e nella determinazione del sesso, può avvenire in due modi:
PERCORSO 2 - BIOLOGIA GENERALE
il cromosoma Y – come avviene nell’uomo porta le informazioni che determinano il differenziamento in senso maschile di un individuo.
Gli individui con il cromosoma Y sono maschi,
mentre gli individui privi di cromosoma Y sono
femmine;
 il sesso è determinato dal rapporto tra il “numero dei cromosomi X” e “il numero di assetti
autosomici”- come avviene nella Drosophila e
nel nematode Caenorhabditis elegans-. In questo sistema il cromosoma Y non ha alcun effetto
sulla determinazione del sesso, ma è, comunque,
necessario per la funzionalità riproduttiva del
maschio.
Nell’Uomo - e negli altri mammiferi placentati
- il sesso è dato dal meccanismo di determinazione
basato sul cromosoma Y. In assenza del cromosoma
Y le gonadi si differenziano in ovaio.
La prima dimostrazione che, nei mammiferi, esistesse un meccanismo di determinazione del sesso
basato sulla presenza o assenza del cromosoma Y,
venne dagli studi effettuati su individui con un assetto anomalo dei cromosomi sessuali.
Nella specie umana, gli individui 45,X sono
femmine sterili, che presentano la “sindrome di
Turner” (Lez. 2-19-§ 3). Queste femmine hanno un
solo cromosoma sessuale X con un complemento
cromosomico descritto come 45,X, cioè un totale di
45 cromosomi - il cromosoma sessuale più gli autonomi – con un eterosoma in meno rispetto all’assetto normale di 46 cromosomi. Al contrario, gli individui 47,XXY sono maschi sterili con la “sindrome
di Klinefelter” (Lez. 2-19-§ 3). Per cui, indipendentemente dal numero di cromosomi X, è la presenza
del cromosoma Y a determinare il sesso maschile.
Nei mammiferi sono ben tollerate le anomalie di
numero dei cromosomi sessuali, mentre, tranne rare
eccezioni, le variazioni del numero degli autosomi
non sono vitali. Nei mammiferi esiste, infatti, un
meccanismo di “compensazione del dosaggio” che
interviene in presenza di un numero di cromosomi
X superiore ad uno.
I nuclei delle cellule somatiche femminili normali (46,XX), presentano una massa di cromatina
fortemente condensata chiamata, dal nome del suo
scopritoree, “corpo di Barr”. Questo corpuscolo intensamente colorato è, invece, assente nei nuclei
delle cellule somatiche maschili normali (46,XY).
Nel 1961, questo aspetto fu approfondito da Mary
Lyon e Lilian Russell, che formularono quella che
ora è conosciuta come “ipotesi di Lyon”, articolata
nei seguenti punti:

e
Murray Barr.
307
1) il corpo di Barr è un cromosoma X fortemente
condensato e trascrizionalmente inattivo; esso
è stato inattivato mediante un processo detto di
“lyonizzazione”;
2) il cromosoma X che viene inattivato, è scelto
a caso tra il cromosoma X di origine materna e
quello di origine paterna. Una volta che uno dei
cromosomi X è stato inattivato, tutta la progenie
A
GENESI DI UN GATTO "TARTARUGA"
B
Embrione
monocellulare
Embrione
multicellulare
Inattivazione
del cromosoma X
Cloni di cellule
rappresentate
nella pelle
X con allele
arancione
X con
allele nero
X Inattivato
FIGURA 16-1.
A) Un gatto “tartaruga”. B) Genesi di un gatto “tartaruga”
(da A. Fantoni et al., l.c.).
PARTE II - PERCORSI INTEGRATI PER LA PROFESSIONE OSTETRICA
308
di quella cellula eredita lo stesso tipo di inattivazione.
L’inattivazione del cromosoma X avviene durante le prime fasi dell’embriogenesi (blastula di 64
cellule); il cromosoma X inattivo diventa visibile
nei nuclei femminili in interfase come corpo di Barr.
Come conseguenza di questo meccanismo, le femmine di mammifero, eterozigoti per i geni associati
al cromosoma X, sono in effetti mosaici funzionali:
cioè circa il 50% delle cellule esprimono l’allele di
un cromosoma X, mentre le altre esprimono quello
del cromosoma X omologo. Questo mosaicismo è
facilmente osservabile, per esempio, nel gatto calico che ha il mantello a macchie rosse e nere a seconda del cromosoma X che si è inattivato2-cap.3 (Fig.
16-1).
Il gene responsabile della mascolinità
Nei mammiferi placentati è il cromosoma Y che
determina la mascolinità, infatti, su di esso sono localizzati più geni che esprimono prodotti importanti
per indirizzare il differenziamento sessuale in senso
maschile. Uno di questi prodotti è il “fattore di de-
terminazione del testicolo” che è codificato dal gene
TDF oggi noto come SRY (Sex determining Region
Y). SRY determina il differenziamento delle gonadi
primordiali indifferenziate in testicoli invece che in
ovaie. Questo rappresenta l’evento centrale nel differenziamento sessuale di molti mammiferi e anche
dell’uomo. Le altre differenze tra i sessi sono, in realtà, effetti secondari dovuti all’azione di ormoni o
di altri fattori prodotti dalle gonadi.
Nei primi giorni di vita l’embrione, infatti, indipendentemente dai cromosomi che possiede, può
essere considerato bipotente dal punto di vista del
differenziamento sessuale, perché sono presenti sia
le strutture indifferenziate dell’apparato genitale
femminile, ovvero una coppia di canali chiamati
dotti di Müller, sia quelle dell’apparato genitale maschile, i dotti di Wolff (Fig. 16-2).
Solo a partire dalla sesta settimana di gravidanza
ha inizio il differenziamento sessuale in base alla
presenza o meno del cromosoma Y e, più precisamente, del gene SRY che funziona da fattore di
trascrizione per una serie di geni che cooperano affinché la gonade indifferenziata si sviluppi in senso
Ricombinazione normale
Regione psudoautosomiale
SRY
Y
X
Ricombinazione anomala
Regione psudoautosomiale
SRY
Y
X
X
SRY
positivo
Y
SRY
negativo
GENOTIPO: XY
FENOTIPO: femmina
GENOTIPO: XX
FENOTIPO: maschio
FIGURA 16-2.
Schema dello spostamento del gene SRY dal cromosoma Y al cromosoma X.
PERCORSO 2 - BIOLOGIA GENERALE
maschile e regrediscano le strutture precursori delle
strutture femminile, ovvero i dotti di Müller.
Inizierà così lo sviluppo del testicolo che produrrà l’ormone testosterone, fondamentale per lo
sviluppo dei genitali interni ed esterni maschili.
Un’altra molecola prodotta è l’AMH (Ormone Anti
Mülleriano) che provoca la degenerazione dei dotti
di Müller. Nelle’embrione XX, l’assenza di testosterone e AMH permette lo sviluppo dei dotti di
Müller nei genitali interni ed esterni femminili e la
degenerazione dei dotti di Wollf.
Il gene SRY è stato identificato studiando individui che presentano una “inversione del sesso”,
cioè maschi con cromosomi sessuali XX (invece di
XY) e femmine con cromosomi sessuali XY (invece di XX). Nei maschi XX, un piccolo frammento
del braccio corto del cromosoma Y, si era spostato
sul cromosoma X durante la gametogenesi, a causa di un errore durante la ricombinazione, mentre
le femmine XY mostravano delezioni della stessa
regione del cromosoma Y (Fig. 16-2). Questi risultati suggerirono che il gene SRY fosse localizzato in
quel piccolo segmento del cromosoma Y. Il passo
successivo è stato quello di identificare e clonare il
309
gene umano SRY e il suo corrispettivo nel topo Sry.
La prova incontestabile che SRY fosse il gene responsabile del differenziamento testicolare, è stata
ottenuta introducendo questo gene in embrioni di
topo XXf. I topi ottenuti da questi embrioni transgenici apparivano maschi con testicoli normalmente
differenziati e, in seguito, con uno sviluppo dei caratteri sessuali secondari maschili normali. Quindi,
l’introduzione del solo Sry, è in grado di indurre una
reversione fenotipica del sesso completa in un topo
cromosomicamente XX.
Infine, è importante ricordare che sul braccio
lungo del cromosoma Y è presente la regione AZF
(Azoospermia Factor) che contiene molti geni responsabili della spermatogenesi che, se deleta, determina azoospermia, cioè assenza di spermatozoi
nel liquido seminale.
f
Gli organismi o le cellule che presentano nel loro genoma geni soprannumerari introdotti mediante manipolazione genetica, sono definiti
“organismi transgenici” o “cellule transgeniche” ed il gene introdotto è
chiamato “transgene”.
PARTE II - PERCORSI INTEGRATI PER LA PROFESSIONE OSTETRICA
310
TRACCE
DAL GENOTIPO AL FENOTIPO
LEZIONE 13 Il genotipo è la costituzione genetica di un individuo, mentre il fenotipo è l’insieme delle caratteristiche visibili
dell’individuo, che sono determinate dall’interazione tra genotipo e ambiente. Mendel selezionò attentamente un organismo facile da analizzare e da manipolare e, attraverso una serie di incroci programmati, studiò la trasmissione dei caratteri
da una generazione all’altra. Con i suoi esperimenti, costruì le fondamenta della genetica. La prima legge di Mendel, il principio della segregazione, afferma che i membri di una coppia allelica si separano l’uno dall’altro alla formazione dei gameti.
La seconda legge di Mendel, il principio dell’assortimento indipendente, stabilisce che i membri di diverse coppie alleliche
vengono trasmessi indipendentemente durante la formazione dei gameti. I principi mendeliani sono applicabili a tutti gli
eucarioti. Visto che nell’uomo lo studio dell’ereditarietà è complicato dal fatto che non possono essere effettuati incroci
programmati, i genetisti umani analizzano i caratteri genetici mediante l’analisi degli alberi genealogici.
LEZIONE 14 Possono esistere più di due forme alleliche di un gene nella popolazione; ogni individuo diploide, comunque,
può possedere solo due alleli per un determinato gene, localizzati sui cromosomi omologhi. Nel caso di dominanza completa si ha lo stesso fenotipo sia che l’allele dominante sia in omozigosi che in eterozigosi. Nella dominanza incompleta,
il fenotipo dell’eterozigote è intermedio tra quello dell’omozigote dominante e quello dell’omozigote recessivo. Gli alleli
codominanti sono entrambi espressi nel fenotipo. Non tutti i caratteri ereditari sono monofattoriali (mendeliani), esistono
molti caratteri ereditari complessi, normali o patologici, che sono influenzati da più fattori, sia genetici (più geni) che ambientali. Infine, bisogna ricordare che l’ereditarietà dei geni mitocondriali segue regole diverse da quelle dei geni nucleari.
Infatti, per i geni mitocondriali non c’è segregazione mendeliana dovuta alla meiosi. Nell’uomo si osserva una ereditarietà
uniparentale di tipo materno, in quanto i mitocondri dello zigote provengono solo dalla cellula uovo.
LEZIONE 15 La segregazione degli alleli e l’assortimento indipendente dei geni derivano dal comportamento dei cromosomi durante la meiosi. La teoria cromosomica dell’ereditarietà stabilisce, infatti, che i geni sono localizzati sui cromosomi.
I geni localizzati su cromosomi non omologhi segregano indipendentemente durante la meiosi, mentre i geni localizzati
sullo stesso cromosoma vengono ereditati insieme. I geni che non mostrano un assortimento indipendente, sono definiti
geni associati o geni concatenati. Più due geni sono vicini sul cromosoma, maggiore è la probabilità che rimangano assieme durante la meiosi. I geni associati, possono separarsi alla meiosi attraverso la ricombinazione genetica o crossing-over.
La progenie che mostra la combinazione allelica presente nei genitori, è detta parentale, mentre la progenie che offre
una nuova combinazione allelica, differente da quella dei genitori, è detta ricombinante. I ricombinanti vengono prodotti
mediante crossing-over.
LEZIONE 16 Nell’uomo, la determinazione del sesso è in relazione con i cromosomi del sesso, infatti, la presenza del cromosoma Y determina il differenziamento in senso maschile dell’individuo e la sua assenza in senso femminile. Il sesso
cromosomico si stabilisce al momento della fecondazione, XX nella femmina e XY nel maschio. Tutte le cellule somatiche
delle femmine di mammifero hanno un cromosoma X inattivato per compensare il dosaggio dei geni dell’X tra i due sessi.
Sul cromosoma Y sono localizzati diversi geni che esprimono prodotti importanti per il differenziamento sessuale in senso
maschile. Uno di questi prodotti è il “fattore di determinazione del testicolo” SRY (Sex determining Region Y). La presenza
di SRY indirizza il differenziamento delle gonadi primordiali indifferenziate in testicoli invece che in ovaie.