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ANATOMIA FUNZIONALE
E PATOLOGIE PIU FREQUENTI
DELLA SPALLA
(Molinelli Luglio 2001)
INTRODUZIONE:
La spalla (dal latino spatula) e’ una delle quattro parti
dell’arto superiore che in senso prossimo distale sono:
spalla, braccio, avambraccio, mano.
La spalla e’ il dispositivo di attacco dell’arto superiore al
tronco. Il suo scheletro forma nell’insieme la cintura
toracica che si unisce alla parte superiore del torace e
da attacco alle restanti parti dell’arto che, nell’insieme
formano la cosiddetta parte libera.
Se osserviamo come e’ fatto lo scheletro del corpo
umano, ci accorgiamo di una cosa abbastanza
singolare: le ossa che compongono la spalla (omero,
clavicola, scapola) sono collegate al busto,in particolare
allo sterno, solo attraverso
l’articolazione con la
clavicola.
La spalla e’ tenuta nella sua normale posizione
dall’equilibrio dei numerosissimi muscoli che agiscono
come “coppie motorie”sulla spalla,lungo assi di
movimento che si possono considerare infiniti ma che
sono sostanzialmente riconducibili a tre principali:
- asse sagittale, dove avvengono i movimenti
d’abduzione ed adduzione dell’arto superiore;
- asse verticale, attorno al quale avviene la rotazione
interna ed esterna dell’arto;
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
1
- asse frontale,lungo cui si esegue l’anteposizione e la
retroposizione.
Le articolazioni che partecipano ai movimenti della
spalla sono:
- l’articolazione scapolo omerale
- l’articolazione acromion clavicolare
- l’articolazione sterno clavicolare (o clavi- sternocostale)
Per le ragioni anatomo-funzionali , su brevemente
accennate , risulta evidente come la spalla sia una
regione del corpo estremamente sollecitata, anche nella
sua attività fisiologica di perno dei movimenti dell’arto
superiore.
Ciò rende conto della facilità con cui si instaurano a
livello delle superfici articolari coinvolte (scapoloomerale, acromion-claveare) delle lesioni di tipo
degenerativo (artrosi), che si accompagnano sempre
più spesso, con reazioni di tipo flogistico(artrite).
Inoltre nei soggetti che si dedicano ad attività sportive
più o meno intense ( dilettanti o professionisti), lesioni di
ordine traumatico, sono anch’esse molto frequenti.
A prescindere dai vari tipi di lussazione , che sono a
carico della scapolo-omerale, legate anche ad una
situazione anatomica, quale la lassità legamentosa,
altre lesioni si possono verificare nel corso dell’attività
sportiva, sia per trauma diretto ( vedi caduta sul
moncone della spalla) , sia per trauma indiretto, legato
alla non perfetta esecuzione di movimenti specifici.
Per quanto riguarda i traumi diretti, possono presentarsi
in tutti gli sports, ma particolarmente nello sci, e nelle
arti marziali in genere( Judò).
Invece per i traumi indiretti può essere paradigmatico
ciò che accade nel tennis.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
2
In considerazione di tutto ciò , ho ritenuto opportuno
fare una revisione anatomo-funzionale della spalla, e
dei vari tipi di lesione a cui può andare in contro.
Più difficile è stato trovare una statistica esaustiva, della
frequenza di tali lesioni a seconda del tipo di sport.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
3
CAPITOLO PRIMO: L’ANATOMIA
1.1 LE OSSA
La spalla e’ costituita dalle seguenti ossa:
1.1.1SCAPOLA
La scapola è un osso triangolare, pari e simmetrico,
piatto e sottile con la base superiore e l’apice inferiore
applicato alla parte postero superiore del torace (3° 7°
costa).
Vi si descrivono una faccia anteriore o costale, una
faccia posteriore o dorsale, tre margini di cui uno
mediale, uno laterale e uno superiore e tre angoli
distinti come sopra.
La faccia anteriore, concava, e’ detta fossa
sottoscapolare (fig.1).
Mostra due o tre creste oblique, le quali servono per
l’inserzione del muscolo omonimo; presenta poi
parallela al margine laterale della scapola la cresta
paramarginale anteriore.
La faccia posteriore presenta in alto una sporgenza
chiamata spina della scapola (fig.2).Questa e’ di forma
triangolare inizia poco rilevata a livello del margine
vertebrale e s’innalza poi gradualmente, procedendo
verso l’esterno per continuare in un robusto processo,
l’acromion che alla sua estremità presenta la faccia
articolare clavicolare deputata all’articolazione con la
clavicola.
La spina della scapola divide la faccia posteriore
(dorsale) in una parte superiore, che è detta fossa
sopraspinata dove ha origine il muscolo omonimo, ed
un’inferiore chiamata fossa sottospinata che accoglie il
muscolo dello stesso nome.
Ai limiti laterali di quest’ultima, si trova un rilievo
parallelo al margine ascellare dove prendono origine i
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
4
muscoli piccolo rotondo (in alto) e gran rotondo (in
basso).
L’angolo laterale della scapola presenta la cavità’
glenoidea dove si articola l’omero.
Sotto di essa vi è un rilievo rugoso: la tuberosità
sottoglenoidea, dove origina il capo lungo del tricipite
brachiale; al di sopra di essa è presente un altro rilievo
rugoso, che chiamato tuberosità sopraglenoidea dove
ha origine il capo lungo del bicipite brachiale.
Subito medialmente alla tuberosità sopraglenoidea si
solleva un processo che piega orizzontalmente in fuori
e termina ad apice smusso: è il processo coracoideo
dove si fissano il muscolo coracobrachiale il capo breve
del bicipite ed il piccolo pettorale.
Medialmente all’impianto del processo coracoideo si
trova, sul margine superiore della scapola, una piccola
incisura detta incisura della scapola.
Fig.1
NOTE
Fig.1 da ANATOMIA UMANA,BALBONI G.C. E VARI,EDI-ERMES,MILANO,1993
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
5
Fig.2
1.1.2 CLAVICOLA
La clavicola è un osso lungo, pari e simmetrico a forma
di esse disposta trasversalmente, al davanti della prima
costa, tra sterno e scapola.
Essa forma la parete anteriore del cingolo scapolare.
Possiede un corpo e due estremità mediali (clavicolare)
e laterale (sternale).
Il corpo, forma una doppia curva, una mediale,
convessa in avanti, l’altra laterale, convessa in addietro.
Un poco appiattito dall’alto in basso il corpo offre a
considerare due facce: superiore ed inferiore, separate
da due margini, anteriore e posteriore.
____________________________________________
NOTE
Fig.2 da ANATOMIA UMANA,BALBONI G.C. E VARI,EDI-ERMES,MILANO,1993
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
6
La faccia superiore è rugosa lateralmente, dove dà
attacco ai muscoli trapezio e deltoide, si fa più liscia
medialmente dove da origine al capo clavicolare del
muscolo sternocleidomastoideo.
La faccia inferiore è percorsa longitudinalmente dalla
doccia per il muscolo succlavio; presenta poi presso
l’estremità mediale la tuberosità costale per l’attacco del
legamento costo-clavicolare e, in vicinanza legamenti
coraco-clavicolari.
Il margine anteriore è arrotondato medialmente, dove
dà origine a fasci del gran pettorale, si fa più sottile
lateralmente dove dà attacco al deltoide.
Il margine posteriore, smusso, dà origine lateralmente
al muscolo trapezio.
L’estremità mediale della clavicola è prismatico
triangolare e mostra la faccia articolare sternale per
l‘articolazione con il manubrio dello sterno.
L’estremità laterale della clavicola è appiattita dall’alto
in basso.
Termina con la faccia articolare acromiale per
l’articolazione con l’acromion della scapola.
fig.3
NOTE
Fig.3 da ANATOMIA UMANA,BALBONI G.C. E VARI,EDI-ERMES,MILANO,1993
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
7
1.1.3 OMERO
L’omero forma lo scheletro del braccio.
E’ un osso lungo e consta di un corpo (diafisi) e due
estremità
(epifisi)
rispettivamente
superiore
(prossimale) ed inferiore (distale).
Il corpo dell’omero ha forma prismatico triangolare con
tre facce e tre margini.
La faccia antero mediale presenta superiormente una
doccia longitudinale: è il solco bicipitale che dà
passaggio al tendine del capo lungo del bicipite.
Tale solco è delimitato da due labbri, di cui il laterale è
detto cresta del tubercolo maggiore ed il mediale è
chiamato cresta del tubercolo minore.
Sotto al solco si osserva il foro nutritizio deputato al
passaggio dei vasi nutritizi dell’omero al di sopra del
quale è visibile un’impronta per l’inserzione del
coracobrachiale.
La faccia anterolaterale mostra sopra alla sua parte
media, una rugosità a forma di V, la tuberosità
deltoidea, sulla quale si inserisce il muscolo
deltoide(fig.4).
La faccia posteriore è percorsa obliquamente da una
doccia ,il solco del nervo radiale, una scanalatura
elicoidale che divide la faccia posteriore in due parti una
superiore dove prende attacco il capo laterale del
tricipite e una ,inferiore donde origina il capo mediale
dello stesso muscolo (fig.5).
L’estremità superiore dell’omero mostra un’ampia
superficie levigata a forma di segmento di sfera,
rivestita di cartilagine ,la testa dell’omero;
questa volge medialmente ed in alto il suo asse forma
con quello del corpo un angolo di 130°.
La testa dell’omero è deputata ad articolarsi con la
fossa glenoidea della scapola ;la testa è delimitata
perifericamente da un restringimento circolare detto
collo anatomico.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
8
Lateralmente al collo anatomico si solleva un robusto
rilievo , che è il tubercolo maggiore ; ancora
lateralmente al collo anatomico , antero medialmente al
tubercolo maggiore , si trova il tubercolo minore.
L’estremità inferiore è appiattita in senso anteroposteriore.
Essa presenta alla sua estremità inferiore un’ampia
superficie articolare, scomponibile in due parti, l’una
laterale e l’altra mediale.
Quella laterale è il condilo quella mediale è la troclea.
Il condilo è simile ad un segmento di ellissoide di
rotazione ed è deputato ad articolarsi con la testa del
radio.
Sopra di esso si trova la fossetta radiale, entro la quale
si adatta il margine anteriore della testa del radio nel
movimento di flessione dell’avambraccio sul braccio.
La troclea ha la forma di una puleggia e serve per
l’articolazione con l’incisura semilunare dell’ulna.
Sopra la troclea sulla faccia anteriore dell’estremità
distale si trova la fossetta coronoidea , dove si adatta il
processo
coronoideo
dell’ulna
nella
flessione
dell’avambraccio sul braccio.
Ancora sopra di essa , ma sulla faccia posteriore
dell’estremità distale
Si trova la fossa olecranica , dove si adatta l’olecrano
dell’ulna nel movimento di estensione dell’avambraccio
sul braccio.
L’estremità distale dell’omero è slargata ,su ciascuno
dei lati si trovano due rilievi rugosi; quello mediale è
detto epitroclea e quello laterale epicondilo.
L’epitroclea più voluminosa è posta superomedialmente alla troclea e presenta sulla sua superficie
posteriore il solco del nervo ulnare.
L’epicondilo più piccolo è posto supero-lateralmente al
condilo.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
9
fig.4
fig.5
1.2 LE ARTICOLAZIONI
La spalla , articolazione prossimale dell’arto superiore ,
è la più mobile di tutte le articolazioni del corpo umano.
Possiede tre gradi di movimento , che permettono
l’orientamento dell’arto superiore in rapporto ai tre piani
dello spazio , grazie ai suoi tre assi principali.
ASSE TRASVERSALE ,che è contenuto sul piano frontale:
permette i movimenti di flesso-estensione eseguiti sul
piano sagittale.
NOTE
Fig.4, fig.5 da ANATOMIA
ERMES,MILANO,1993
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
UMANA,BALBONI
10
G.C.
E
VARI,EDI-
ASSE ANTERO POSTERIORE, che è contenuto sul piano
sagittale(così chiamato per la sutura sagittale del
cranio): permette i movimenti di adduzione abduzione
eseguiti sul piano frontale.
determinato dall’intersezione del
piano sagittale col piano frontale: permette i movimenti
di flessione e di estensione eseguiti in un piano
orizzontale, tenendo il braccio in abduzione a 90°.
ASSE VERTICALE,
Fig.6
La spalla, ovviamente, non è una sola articolazione
ma cinque articolazioni che formano insieme il
complesso articolare della spalla.
NOTE
Fig.6 da ANATOMIA UMANA,BALBONI G.C. E VARI,EDI-ERMES,MILANO,1993
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
11
Infatti con il termine spalla si intende l’insieme di
articolazioni che cooperano nella produzione del
movimento dell’arto superiore rispetto al tronco;
accanto ad alcune articolazioni “vere “ in senso
anatomico
esso
comprende
altre
strutture
funzionalmente assimilabili ad articolazioni , pur non
avendone le caratteristiche anatomiche .
Queste articolazionisi suddividono in due gruppi:
Il PRIMO GRUPPO comprende le articolazioni vere in
senso anatomico:
Scapolo omerale , Acromio clavicolare , Sterno costo
clavicolare.
Il SECONDO GRUPPO comprende le articolazioni in senso
fisiologico:
Sotto deltoidea o “seconda articolazione della spalla”,
Scapolo toracica.
Fig.7
1-ARTICOLAZIONE
SCAPOLO-OMERALE
2-ARTICOLAZIONE
SOTTODELTOIDEA
3-ARTICOLAZ. SCAPOLO-TORACICA
4ARTICOLAZ. ACROMIO-CLAVICOLARE
5-ARTICOLAZ.STERNOCOSTO-CLAVICOLARE
NOTE
Fig.7 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
12
PRIMO GRUPPO:
1.2.1 L’ARTICOLAZIONE SCAPOLO OMERALE
La scapolo omerale è la principale articolazione della
spalla , e prende anche il nome di “articolazione della
spalla”.
Questa articolazione presenta superfici articolari
sferiche ,caratteristiche delle enartrosi, quindi è a tre
assi e a tre gradi di libertà.
fig.8
SCHEMA DI MOVIMENTI ENARTROSICI PER I 3 ASSI DI
MOVIMENTO PRINCIPALI: ASSE FRONTALE (F)-ASSE
SAGITTALE (S)-ASSE TRASVERSALE (T).
Essa presenta la particolarità di lavorare sospesa nel
vuoto , è costituita dall’estremità sferoidale della testa
omerale che ruota su una superficie della scapola detta
glena consentendo al braccio di compiere una rotazione
vicina ai 360° nello spazio (fig.8).
NOTE
Fig.8. da PATOLOGIA NON TRAUMATICA DELLA SPALLA,AA.VV.,ED.
PICCIN,VENEZIA, 1986.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
13
L’articolazione scapolo omerale viene solitamente
definita “articolazione non portante”; ciò è parzialmente
vero , non essendo essa sottoposta alla forza peso ,
come per esempio l’anca.
Tuttavia è fondamentale sottolineare che le
sollecitazioni meccaniche a cui essa è sottoposta sono
notevoli.
E ‘esemplificativo che , a braccio abdotto a 60-°90° ,
amano vuota , nella zona di contatto omero glenoidea
agisce una forza pari a 8 volte il peso del braccio.
Le superfici articolari sono appunto: la testa omerale e
la cavità glenoidea della scapola , completa
l’articolazione il cercine glenoideo.
L’articolazione presenta anche una capsula articolare e
dei legamenti che ne aumentano la stabilità (fig.9 e fig.
10).
La scapolo-omerale rappresenta l’articolazione più
mobile del corpo umano ed i muscoli hanno una
funzione non solo dinamica ma anche contenitiva: infatti
la loro paralisi può determinare la perdita di contatto più
o meno accentuata dei capi articolari.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
14
Fig.9
VISIONE ANTERIORE DELL’ARTICOLAZIONE SCAPOLOOMERALE
Fig.10
VISIONE POSTERIORE DELL’ARTICOLAZIONE SCAPOLOOMERALE
NOTE
Fig.9 e fig.10 da ANATOMIA
ERMES,MILANO,1993
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
15
UMANA,BALBONI
G.C.
E
VARI,EDI-
LE SUPERFICI ARTICOLARI
La TESTA OMERALE è orientata in alto all’interno ed
indietro, si può assimilare ad un terzo di sfera di 30 mm
di raggio , è liscia e rivestita di cartilagine ialina.
Essa non è una sfera regolare perché il suo diametro
verticale è più grande di 3 / 4 mm rispetto a quello
antero posteriore.
Fig.11
In sezione vertico frontale , si constata che il suo raggio
di curvatura decorre dall’alto in basso e che non esiste
un centro di curvatura unico , ma una serie di centri di
curvatura allineati seguendo una spirale.
Quindi solo quando la parte superiore della testa
omerale è in contatto con la glena la zona di appoggio è
più estesa e l’articolazione è più stabile.
Questa posizione di abduzione a 90° corrisponde alla
posizione
di
bloccaggio
detta
close-packed
position.(di Mac Conaill).
Il suo asse forma con l’asse diafisario un angolo detto
“d’inclinazione “di 135°,e , con il piano frontale, un
angolo detto “di declinazione” di 30°(fig.11a).
NOTE
Fig.11a daFISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
16
Essa è separata dal resto dell’epifisi superiore
dell’omero dal collo anatomico , il cui piano è inclinato
di 45° sull’orizzontale.
E’fiancheggiata da due sporgenze da due sporgenze
sulle quali si inseriscono i muscoli peri articolari:
- tubercolo minore o trochine in avanti;
- tubercolo maggiore o trochite in fuori;
LA CAVITA’ GLENOIDEA DELLA SCAPOLA
E’ situata nell’angolo supero esterno del corpo della
scapola , è orientata in fuori , in avanti e in alto.
E’ concava in due sensi (verticale, trasversale).
E’ circondata da un bordo glenoideo , che sporge , ma
interrotta dal solco glenoideo nella sua parte superoanteriore(per il passaggio dei vasi).
E’ meno estesa della superficie della testa
omerale.(rapporto 1:3) (fig.11b).
L’indice gleno omerale esprime il loro rapporto ;
maggiore è l’indice ,cioè quanto è più grande la
glenoide , migliore sarà la stabilità articolare.
IL CERCINE GLENOIDEO
E’ una formazione fibro cartilaginea anulare a sezione
triangolare applicata sul bordo glenoideo , che colma il
solco glenoideo , aumenta (fig.11c).
leggermente la superficie della glena , ma soprattutto
aumenta la sua concavità e quindi la capacità
contenitiva ristabilendo cosi’ la congruenza delle
superfici articolari.
Il cercine glenoideo è più importante dal punto di vista
funzionale che anatomico in quanto fornisce una
robusta inserzione alla capsula articolare.Infatti se il
cercine è disinserito da un trauma i legamenti vengono
a mancare del punto di attacco sul bordo glenoideo
della scapola e la capsula perde la capacità di entrare
in tensione con conseguente instabilità.
____________________________________________
NOTE
Fig.11b
e
fig.11c
da
I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
FISIOLOGIA
17
ARTICOLARE,KAPANDJI
Svolge sicuramente un ruolo fondamentale nella
stabilizzazione articolare della spalla ed è stato definito
“ il menisco della spalla”.
In sezione triangolare possiede tre facce:
- una interna , inserita sul bordo glenoideo;
- una esterna , che da inserzione alle fibre della
capsula
- una centrale (o assiale) la cui cartilagine è in
continuità con quella della
glena ossea , e che è in contatto con la testa
omerale.
In sezione frontale dell’articolazione (fig.12) si può
vedere che le irregolarità della cavità glenoidea sono
completamente ricoperte dalla cartilagine glenoidea.
Fig.12
SEZIONE FRONTALE
OMERALE
DELL’ARTICOLAZIONE
SCAPOLO
1-CARTILAGINE GLENOIDEA 2-CERCINE GLENOIDEO 3PARTE SUPERIORE DEL CERCINE 4-PARTE SUPERIORE
CAPSULA 5-PARTE INFERIORE CAPSULA 6-FRENULA
CAPSULAE 7-TENDINE CAPO LUNGO BICIPITE 8-SOLLO
BICIPIDALE
NOTE
Fig.12 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
18
Il cercine glenoideo approfondisce la cavità glenoidea;
tuttavia la congruenza di questa articolazione è debole ,
il che spiega la frequenza della lussazione.
Nella sua parte superiore il cercine glenoideo non è
completamente fissato.
L’inserzione sulla glena nei quadranti superiori essendo
debole conferisce a tale porzione una maggiore
mobilità.
Come dimostrato dai recenti studi anatomici ,il cercine
presenta stretti
rapporti di continuità antero inferiormente con il
legamento gleno omerale inferiore e superiormente con
il tendine del capo lungo del muscolo bicipite brachiale
ed il legamento gleno omerale superiore, mentre
posteriormente con il tendine del muscolo tricipite.
LA CAPSULA ED I LEGAMENTI
La capsula articolare ha lo strato fibroso formato come
un manicotto conoide il cui apice tronco si fissa al
contorno della cavità glenoidea e alla faccia esterna del
labbro glenoideo ; in alto essa si estende fino al
processo
coracoideo e in basso si fonde con il tendine del capo
lungo del tricipite brachiale.
La base del manicotto fibroso prende attacco sul collo
anatomico dell’omero e, in avanti, raggiunge il collo
chirurgico dell’omero.
A livello del solco bicipitale, la capsula passa a ponte
dalla piccola alla grande tuberosità e si prolunga in
basso ,tra le due creste che fanno seguito alle
tuberosità, chiudendo cosi’ un tragitto osteofibroso dove
passa il tendine del capo lungo del bicipite che poi
fuoriesce dall’articolazione.
Il segmento anteroinferore della capsula è rinforzato dai
legamenti glenoomerali che si distinguono in superiore
,medio ed inferiore.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
19
Il superiore origina dalla parte alta del labbro glenoideo
al tubercolo minore dell’omero.
Il medio origina dal labbro glenoideo ,al davanti del
precedente e si porta al tubercolo minore dell’omero
dove si fonde con il tendine del muscolo sottoscapolare.
Quello inferiore è il più lungo e robusto e si tende dal
contorno antero inferiore del cercine glenoideo e il collo
chirurgico dell’omero.
Al suo interno la capsula è tappezzata dalla sinovia.
La capsula appare tesa quando il braccio è lungo il
torace e rilasciata quando è in abduzione.
Vediamo le superfici articolari ed il manicotto capsulare
(fig13a).
fig.13a
fig.13b
fig.13a 1-CAPSULA
2-FRENULA CAPSULAE
3-FASCI
SUPERIORI LEG.GLENO-OMERALE
4-TENDINE CAPO
LUNGO 5-SEZIONE DEL MUSCOLO SOTTOSCAPOLARE
fig.13b 1-CERCINE GLENOIDEO 2-INCISURA GLENOIDEA
3-CAPO LUNGO BICIPITE
4-CAPSULA
5-CORACOOMERALE 5-LEG. GLENO-OMERALE FASCI SUPERIORI
NOTE
Fig.13
e
fig.13b
da
I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
FISIOLOGIA
20
ARTICOLARE,
KAPANDJI
a) La testa omerale(dall’interno) è circondata da un
collare della capsula(1) sulla quale si distingue:
- i “frenula capsulae”(2) sul polo inferiore della testa:
cioè delle pliche sinoviali sollevate dalle fibre della
capsula.
- L’ispessimento formato dai fasci superiori del
legamento gleno omerale(3)
All’interno della capsula si vede il tendine del capo
lungo del bicipite(4)
All’esterno la sezione del sottoscapolare(5).
b) La cavità glenoidea (dall’esterno) con il cercine(1)
che passa a ponte sopra l’incisura glenoidea (2) e dà
inserzione a livello del suo polo
superiore a delle fibre del tendine del capo lungo del
bicipite(3) che si trova cosi’ intra- capsulare (fig.13b).
Con la capsula(4) ed i suoi rinforzi legamentosi:
- legamento coraco omerale(5)
- legamento gleno omerale ed i suoi tre fasci ,
superiore(6),medio(7),inferiore(8).
- In alto l’apofisi coracoidea(9),l’apofisi spinosa della
scapola(10)
sezionata,
il
tubercolo
sottoglenoideo(11)inserzione del capo lungo del
tricipite che è cosi’ extra capsulare.
I legamenti dell’articolazione sono:
- Legamento coraco omerale esteso dal processo
coracoideo fino al tubercolo maggiore dell’omero, dove
si inserisce il muscolo sotto spinoso , e fino al tubercolo
minore ove si fissa il muscolo sotto scapolare (fig.14a).
La divisione dei due fasci di questo legamento chiude in
alto l’incisura inter- tuberositaria attraverso la quale il
tendine
del
capo
lungo
del
bicipite
esce
dall’articolazione.
Durante l’estensione si ha una tensione predominante
sui fasci del tubercolo minore (fig.14b).
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
21
Durante la flessione si ha tensione predominante sul
fascio del tubercolo maggiore (fig.14c).
Fig.14
Il legamento coraco-omerale può essere considerato
come il legamento sospensore dell’omero, poiché per la
disposizione dei suoi fasci, si oppone al peso dell’arto;
entra i tensione nella estensione e nella flessione oltre i
60°, limitando la componente scapolo-omerale di questi
movimenti.
- Il legamento gleno omerale(già descritto prima)
Durante l’abduzione si tendono i fasci medio ed
inferiore del legamento, mentre il fascio superiore ed il
legamento coraco omerale si detendono.
____________________________________________
NOTE
Fig.14 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
22
La tensione massima dei legamenti , associata alla
maggior superficie di contatto delle cartilagini
articolari(dovuta alla curvatura della testa omerale, più
grande in alto) fanno dell’abduzione la posizione di
“stabilizzazione” della spalla, la
close packed
position.
Un fattore di limitazione è che il tubercolo maggiore
viene a toccare contro la parete superiore della glena e
del cercine glenoideo.
Questo contatto è ritardato dalla rotazione esterna che
fa scorrere il tubercolo maggiore indietro alla fine
dell’abduzione.
Durante la rotazione esterna i 3 fasci del legamento
gleno omerale vengono tesi.
Durante la rotazione interna detesi.
IL TENDINE DEL CAPO LUNGO DEL BICIPITE
Il tendine del capo lungo del bicipite gioca un ruolo
importante nella fisiologia e patologia della spalla.
Fig.15
6-CAPO LUNGO BICIPITE 7-CAPO CORTO BICIPITI
NOTE
Fig.15 da CLINICA ORTOPEDICA,MANCINI A.MORLACCHI C.,ED.
PICCIN,ITALIA,1993
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
23
Quando il bicipite si contrae per sollevare un oggetto
pesante, questi due capi svolgono un importante
funzione (fig.15):
- il capo corto (7) solleva l’omero in rapporto alla
scapola prendendo appoggio sul processo
coracoideo , e impedisce cosi’ assieme agli altri
muscoli longitudinali(deltoide , coraco brachiale ,
capo lungo del tricipite) la lussazione della testa
omerale verso il basso (6).
- Simultaneamente il capo lungo spinge la testa
omerale verso la glena ; questo è particolarmente
importante quando si esegue l’abduzione della spalla
perché il capo lungo è anche abduttore; quando
questo è rotto l’abduzione diminuisce del 20%
(fig.16) (a).
Fig.16
Il grado di tensione iniziale nel capo lungo del bicipite
dipende dalla lunghezza del cammino percorso nella
sua posizione orizzontale intra articolare.
NOTE
Fig.16 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
24
Questa lunghezza è al massimo in posizione intermedia
(b) ed in rotazione esterna (c):l’azione del capo lungo
del bicipite è allora più importante.
Al contrario, in rotazione interna (d) il tratto intra
articolare è più corto e l’efficacia del capo lungo è
minima.
Quindi considerando la riflessione del tendine del capo
lungo a livello della incisura inter tuberositaria, che esso
subisce a questo punto una grande fatica meccanica
alla quale resiste solo se la sua troficità è eccellente.
1.2.2 L’ARTICOLAZIONE ACROMIO CLAVICOLARE
E’ un artrodia a tre gradi di libertà , dei quali solo la
rotazione è ben individualizzata ;essa realizza il
movimento di rotazione della scapola su di un asse
antero posteriore localizzato tra l’articolazione ed i
legamenti coraco clavicolari.
Questa articolazione insieme alla scapolo toracica
regolano il movimento scapolare (scivolamento della
scapola sulla gabbia toracica) che dipende nella sua
parte scapolare dal muscolo trapezio e dal dentato
anteriore ; l’azione sinergica di questi due muscoli
abbassa e ruota verso l’esterno la parte inferiore della
scapola, facendola ruotare intorno all’articolazione
acromio clavicolare.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
25
Fig.17
ARTICOLAZIONE ACROMIO CLAVICOLARE E LEGAMENTI
PROPRI DELLA SCAPOLA
LE SUPERFICI ARTICOLARI
Le due superfici articolari sono l’acromion della scapola
e l’estremità laterale della clavicola.
Entrambe presentano una superficie articolare
pianeggiante , a contorno ovale; la faccetta clavicolare
volge in fuori e in basso ,quella acromiale guarda
medialmente ed i alto.
NOTE
Fig.17
da
ANATOMIA
ERMES,MILANO,1993
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
UMANA,BALBONI
26
G.C.
E
VARI,EDI-
Tra le superfici articolari vi è la presenza di una fibro
cartilagine articolare che ristabilisce la congruenza fra
le due superfici articolari.
Il piano articolare è obliquo : la clavicola è come
poggiata sull’acromion .
LA CAPSULA ED I LEGAMENTI
Lo strato fibroso della capsula si inserisce a distanza
dalle superfici articolari; superiormente è rinforzato dal
legamento acromio- clavicolare e inoltre da fasci dei
tendini dei muscoli trapezio e deltoide.
Fig.18a
Fig.18b
1-SPINA SCAPOLA 2-ACROMION 3-FACCIA ARTICOLARE
4-CLAVICOLA 5-FACCIA ARTICOLARE 6-CORACOIDEO
7-LEGAMENTO COINOIDE 8-LEGAMENTO TRAPEZOIDE
9-FOSSA SOVRASPINOSA 10-CAVITA’ GLENOIDEA
11-FIBRO CARTILAGINE 12-LEGAMENTI CORACO
CLAVICOLARE INTERNO 13-LEGAMENTO ACROMIOCORACOIDEO
14-LEGAMENTO CORACOIDEO
15-LEGAMENTO ACROMIO-CLAVICOLARE
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
27
I legamenti dell’articolazione:(fig.18a e 18b)
- legamento coracoclavicolare che unisce il processo
coracoideo alla clavicola (4); questo si divide in due
fasci che sono:
- a)legamento conoide (7) che si inserisce nella
superficie inferiore della clavicola sul tubercolo
conoide, accanto al suo margine posteriore,
questo legamento nell’apertura dell’angolo fra
clavicola e scapola si mette in tensione e limita il
movimento.
- b) legamento trapezoide (8) che si dirige
obliquamente in alto e in dentro verso la tuberosità
coracoidea (6), superficie triangolare ,che prolunga il
tubercolo conoide in dietro , sulla superficie inferiore
della clavicola,questo legamento quando si riduce
l’angolo fra scapola e clavicola si tende e limita il
movimento.
- legamento acromio clavicolare (15) teso tra acromion
(2) e clavicola che rinforza come già specificato la
capsula articolare.
Fig.19
VISIONE SUPEROESTERNA DELL’ARTICOLAZIONE
ACROMIO-CLAVEARE DESTRA
(VEDI FIG.18a E 18b PER RIFERIMENTI SPIEGAZIONI)
NOTE
Fig.18°, 18b e 19 da
FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
28
I LEGAMENTI INTRINSECI DELLA SCAPOLA
E’ necessario descrivere anche i legamenti propri della
scapola che sono (fig.19 e 20):
- legamento coraco acromiale (13) benderella fibrosa
triangolare teso dall’estremità dell’acromion al
margine esterno del processo coracoideo (6) e
completa la volta fibrosa che sovrasta la scapolo
omerale. La sua faccia superiore è ricoperta dal
muscolo deltoide.
Questo legamento non ha funzione meccanica , ma
contribuisce a formare la doccia del sovraspinoso.
Fig.20
VISIONE DELL’ESTREMITA’MEDIALE DELLA CLAVICOLA
(VEDI FIG 18a E 18b PER RIFERIMENTO SPIEGAZIONI)
- legamento trasverso superiore si porta dal processo
coracoideo all’incisura della scapola trasformando
l’incisura della scapola in foro (vedi fig.10).
NOTE
Fig.20 daFISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
29
- legamento trasverso inferiore si porta dalla spina
della scapola al collo della scapola delimitando
anch’esso un foro (vedi fig.10).
1.2.3
L’ARTICOLAZIONE
COSTALE
CLAVI-STERNO-
E’ un articolazione a sella , con due gradi di libertà, e si
realizza tra il manubrio sternale, la prima cartilagine
costale e l’estremità sternale della clavicola; questa
articolazione determina i movimenti di elevazioneabbassamento e di anteposizione-retroposizione
(fig.21) dell’estremità laterale della clavicola e,
conseguentemente ,delle strutture anatomiche ad essa
collegate.
Può essere considerata un’articolazione doppia, per la
presenza di un disco intraarticolare.
1-LEGAMENTO
COSTOCLAVICO
LARE
2-MUSCOLO
SUCCLAVIO
3-CLAVICOLA
4-LEGAMENTO
STERNOCLAVICOLARE
5-LEGAMENTO
INTERCLAVICOLARE
Fig.21
SCHEMA DELL’ARTICOLAZ. STERNO,COSTO,CLAVEARE
NOTE
Fig.21 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
30
LE SUPERFICI ARTICOLARI
Le due superfici articolari hanno la forma di una sella :
hanno una doppia curvatura , ma in senso opposto;
sono convesse in un senso e concave nell’altro (fig.21).
Alla curvatura concava corrisponde un asse
perpendicolare all’asse della curvatura convessa
La superficie articolare della clavicola è una faccia a
squadra che si trova nella parte mediale della faccia
inferiore e si prolunga sulla parte inferiore dell’estremità
sternale.
La superficie articolare dalla parte sternale, data
dall’incisura clavicolare del manubrio dello sterno che
continua in fuori ed in basso sulla faccia superiore della
prima cartilagine costale, non è concordante con la
superficie clavicolare.
La faccia clavicolare è molto più estesa di quella
sternocostale
La concordanza tra le due superfici viene stabilita da un
disco fibrocartilagineo.
LA CAPSULA ED I LEGAMENTI
La capsula articolare ha uno strato fibroso molto
ispessito in alto dove forma il legamento
sternoclavicolare (4).
La capsula è inoltre rinforzata posteriormente da un
legamento sternoclavicolare posteriore.
I legamenti dell’articolazione:
- legamento sternoclavicolare (4), teso dal contorno
anterosuperiore dell’estremità sternale della clavicola
al contorno anterosuperiore dell’incisura clavicolare
dello sterno.
- legamento interclavicolare (5), è costituito dai fasci
superficiali del legamento precedente che si portano
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
31
da un’estremità sternale della clavicola all’altra,
passando sopra dell’incisura giugulare dello sterno
- legamento costoclavicolare (6), che partendo dalla
prima cartilagine costale si porta in alto per inserirsi
sulla tuberosità costale della clavicola.
I MOVIMENTI DELL’ ARTICOLAZIONE
Quest’articolazione entra in gioco in tutti i movimenti
della spalla nel suo insieme(elevazione, abbassamento,
proiezione anteriore e posteriore, circonduzione).
Sul piano verticale:
- elevazione per un’ampiezza di 10 cm;
- abbassamento per un’ampiezza di 3 cm.
Quando l’estremità laterale della clavicola si innalza, la
sua estremità mediale scivola in basso.
Il movimento è limitato dalla tensione del legamento
costoclavicolare e dal tono del muscolo succlavio.
Quando la clavicola si abbassa l’estremità si eleva.
Il movimento è limitato dalla tensione del legamento
interclavicolare e dal contatto della clavicola con la
faccia superiore della prima costa.
Sul piano orizzontale:
- anteposizione dell’estremità laterale della clavicola
per un’ampiezza di 10 cm;
- retroposizione dell’estremità laterale della clavicola
per un’ampiezza di 3 cm.
La prima è limitata dalla tensione del legamento
costoclavicolare e dal legamento sternoclavicolare
anteriore.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
32
La seconda è limitata dalla tensione del legamento
costoclavicolare e dal legamento sternoclavicolare
posteriore (vedi fig.21).
Esiste anche un terzo movimento di rotazione
longitudinale della clavicola, per un’ampiezza pari a
30°, che non avviene mai isolatamente cioè senza
combinarsi ad un altro movimento.
SECONDO GRUPPO:
Gli ortopedici individuano altre due articolazioni
funzionali (cioè due superfici che scorrono una
sull’altra), senza capsula articolare né membrana
sinoviale e per questo definite false.
1.2.4 “L’ARTICOLAZIONE” SOTTODELTOIDEA
Il deltoide è un grande è potente muscolo che origina
dal terzo laterale del margine anteriore della clavicola,
dall’apice e dal margine laterale dell’acromion, e dal
labbro inferiore del margine posteriore della spina della
scapola.
I suoi fasci convergono in basso e si inseriscono, con
un robusto tendine,
alla tuberosità deltoidea
dell’omero.
Sezionando orizzontalmente il deltoide (fig.22) si può
notare la superficie profonda del piano di scorrimento
anatomico sottodeltoideo che è costituito da:
- l’estremità superiore della testa dell’omero (2);
- cuffia dei muscoli periarticolari: sopraspinoso (3),
sottospinoso (4), piccolo rotondo (5).
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
33
Tra questa superficie e la volta acromio-coracoidea,
formata dalla faccia inferiore dell’acromion e dal
legamento acromio-coracoideo , che si prolunga in
avanti verso il tendine del capo coracoideo del bicipite
(12), il piano di scivolamento anatomico cellulo-adiposo
contiene una borsa sierosa sottodeltoidea (7),che
facilita lo scorrimento fra i piani ossei e muscolari, la cui
compressione è alla base di molte affezioni a carattere
degenerativo(periartrite scapolo omerale etc).
Fig.22
ARTICOLAZIONE SOTTODELTOIDEA APERTA
1-DELTOIDE SEZIONATO
2-ESTREMITA’ SUPERIORE
OMERO
3-SOVRASPINOSO
4-SOTTOSPINOSO
5PICCOLO ROTONDO 6-TENDINE CAPO LUNGO BICIPITE
7-BORSA SERIOSA SOTTODELTOIDEA
8-GRANDE
ROTONDO
9-CAPO LUNGO TRICIPITE
10-VASTO
ESTERNO 11-CORACO BRANCHIALE 12-CAPO BREVE
BICIPITE
13-PICCOLO PETTORALE
14-GRANDE
PETTORALE
NOTE
Fig.22 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
34
La
volta acromio-coracoidea forma lo spazio
conosciuto come “outlet” del sopraspinoso, attraverso
cui passa il tendine del sopraspinoso stesso.
A causa della sua posizione direttamente al di sopra
della cuffia , la volta
è stata implicata nella patologia della cuffia dei rotatori.
Queste sono le superfici articolari dell’articolazione
sottodeltoidea detta anche seconda articolazione della
spalla.
Quando il braccio è verticale lungo il corpo (fig.23a):
- il sopraspinoso (1) decorre sotto l’articolazione
acromio-clavicolare (2) e si inserisce sul tubercolo
maggiore dell’omero (3) ed il deltoide (4) decorre
sopra di esso e si inserisce sull’omero; fra i due
muscoli si trova la borsa sierosa sottodeltoidea (5)
che facilita , appunto, lo scorrimento.
Fig.23
SEZIONE VERTICO-FRONTALE DEL MONCONE DELLA
SPALLA
1-SOVRASPINOSO 2-ARTICOLAZ.ACROMIOCLAVICOLARE 3-TROCHITE 4-DELTOIDE 5-BORSA
SERIOSA SOTTODELTOIDEA 6-FOGLIO SUPERFICIALE
BORSA 7-RECESSO INFERIORE DELL’ARTICOLAZ.
SCAPOLO OMERALE 8-CAPO LUNGO TRICIPITE
NOTE
Fig.23 da
FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
35
- nell’abduzione (fig.23b) il tubercolo (3) maggiore è
portato in alto dal sottospinoso quindi: il recesso
superiore della borsa è trazionato sotto l’articolazione
acromio-clavicolare (2) mentre il foglietto profondo
della bosa scivola posteriormente al foglietto
superficiale (6) che si ripiega.
In questo modo la testa omerale è in grado di portarsi
sotto la volta acromio deltoidea
1.2.5 L’ARTICOLAZIONE SCAPOLO-TORACICA
Anche questa articolazione non è vera in senso
anatomico , essendo formata da una superficie ossea
rappresentata dalla porzione anteriore della scapola ,
che ha un piano di movimento muscolare;
funzionalmente può essere assimilata ad un artrodia ,
potendo realizzare movimenti traslatori ma non
movimenti angolari.
I movimenti di rotazione avvengono su un asse mobile ,
individuabile , per i primi 30°, a livello della base della
spina della scapola, per gli ultimi 30° a livello
dell’articolazione acromion-claveare.
Questa articolazione ha due fondamentali compiti:
la “sospensione” dell’arto superiore ed il “movimento”.
La prima funzione è possibile grazie all’azione
soprattutto del trapezio e dell’elevatore della scapola ,
coadiuvati dalla clavicola che si comporta come una
leva.
I forti legamenti coraco-clavicolari sono la chiave del
movimento del complesso scapola-clavicola-sterno.
Una patologia dei muscoli sospensori , per es. una
paralisi del trapezio o una rottura dei legamenti coracoclavicolari, determinano un’alterata funzione della spalla
con la “caduta” della scapola.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
36
Il
complesso
movimento
toraco-scapolare
di
scivolamento-rotazione stabilizzazione è fondamentale
nel sincronismo scapolo-omerale.
L’articolazione si attua fra il gran dentato e la parete
toracica da una parte e dall’altra tra il gran dentato e la
scapola ricoperta dal muscolo sottoscapolare.
La scapola non è esattamente su un piano frontale , ma
è posta in posizione obliqua da dietro in avanti e dal
dentro in fuori, formando con il piano frontale un angolo
aperto all’esterno di 30°.
La direzione della clavicola è obliqua verso l’esterno e
posteriormente , così da formare con il piano della
scapola un angolo di 60°aperto medialmente (fig.24).
Fig.24
SEZIONE ORIZZONTALE DEL TORACE
In una sezione orizzontale del torace si possono
osservare due spazi
di scorrimento di questa
“articolazione”:
Il primo compreso tra:
- indietro ed in fuori: la scapola ricoperta dal
sottoscapolare;
- in avanti: il ventre muscolare del gran dentato, che si
estende dal margine interno della scapola alla parete
antero-laterale del torace.
NOTE
Fig.24 daFISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
37
Il secondo compreso tra:
- indietro ed in avanti: la parete toracica(coste ed
intercostali);
- indietro ed in fuori: il gran dentato.
Fig.25
SEZIONE ORIZZONTALE DEL TORACE
1-SPAZIO OMO-SERATICO 2-SPAZIO TORACO-SERATICO
1.3 I MUSCOLI
I movimenti della spalla sono possibili grazie ad un
sinergismo tra i muscoli tonici che stabilizzano e
mantengono centrata la testa omerale nella glenoide,
ed i muscoli fasici che possono conseguentemente
muovere la spalla sul fulcro così stabilito senza
innalzare l’omero.
Solo se gli uni stabilizzano la testa omerale, gli altri
possono iniziare il corretto complesso movimento della
spalla nel suo insieme.
Sono muscoli principalmente di stabilizzazione, ma non
solo tali, il sopraspinoso, il sottoscapolare, ed il gran
pettorale; sono muscoli principalmente di movimento il
deltoide e gli extrarotatori.
NOTE
Fig.25 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
38
Ci sono 19 muscoli( considerando 2 romboidei e lo
sternocleidomastoideo) che controllano il cingolo
scapolare, su un totale di 54 muscoli per tutto l’arto
superiore, quattro dei quali costituiscono la cuffia dei
rotatori.
La cuffia dei rotatori è formata dai tendini di muscoli
sottoscapolare
(intrarotatore),
sopraspinoso,
sottospinoso e piccolo rotondo(extrarotatori), che nel
prendere inserzione sull’omero, si fondono tra loro e
con la capsula articolare , dando origine ad un involucro
muscolo-tendineo(una vera e propria cuffia) che fascia
l’articolazione in tutti i suoi lati, ad eccezione di quello
inferiore e si interpone fra la testa e l’acromion ed il
deltoide.
Una borsa mucosa sottoacromiale e una sottodeltoidea
(talvolta comunicanti) rendono più agevole lo
scorrimento tra i piani che costituiscono nel loro
complesso la pseudoarticolazione sottodeltoidea. (cfr.
articolazione sottodeltoidea).
Sotto la parete anteriore della cuffia passa il tendine del
capo lungo del bicipite, il cui tragitto è intraarticolare nel
suo tratto superiore ; tale tendine, assieme alla cuffia
contribuisce all’azione di contenimento della testa
omerale.(cfr. il tendine del capo lungo del bicipite)
I muscoli che s’inseriscono sul cingolo scapolare e che
quindi controllano i vari movimenti della spalla possono
essere classificati in questo modo:
- muscoli della spalla;
- muscoli toraco-appendicolari;
- muscoli spino appendicolari;
- muscoli del braccio.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
39
1.3.1 MUSCOLI DELLA SPALLA
Questi muscoli traggono tutti origine dalla cintura
toracica e prendono inserzione sull’omero. Sono anche
muscoli intrinseci dell’arto superiore (fig.26 e fig.27).
DELTOIDE che origina dal terzo laterale del margine
anteriore della clavicola, dall’apice e dal margine
laterale dell’acromion e dal labbro inferiore del margine
posteriore della spina della scapola e si inserisce sulla
tuberosità deltoidea dell’omero.
Il muscolo solleva il braccio di 90°; il fascio anteriori ha
un’azione di flessione ed intrarotazione; il medio di
massima abduzione sull’omero;
il posteriore ha un’azione di estensione ,abduzione ed
extrarotazione.
E’ innervato dal nervo ascellare(C4-C6).
che origina dalla fossa sopraspinata
della scapola e si inserisce , passando sotto
all’estremità acromiale della clavicola , all’acromion ed
al legamento coraco-acromiale , sul tubercolo maggiore
dell’omero.
Il muscolo abduce e ruota all’esterno il braccio in
sinergismo con il muscolo deltoide.
E’ innervato dal nervo sovrascapolare(C5).
Il muscolo sovraspinoso è il principale stabilizzatore
della scapolo-omerale.
Esso deprime la testa omerale, allontanandola dall’arco
coraco-acromiale durante il movimento di abduzione
extrarotazione; oltre i 60° di abduzione, esso è
coadiuvato dai muscoli sottospinoso, gran dentato e
gran rotondo, stabilizzatori secondari.
Il tendine del sopraspinoso è nastriforme e scorre nel
canale osteo-fibroso coraco-acromiale.
In condizioni di riposo i tendini del suddetto e del capo
lungo del bicipite vengono a contatto con il terzo antero-
SOPRASPINOSO
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
40
inferiore dell’acromion; in intrarotazione, posizione
spesso assunta dalla spalla sia nel lavoro abituale che
nell’atteggiamento in cifosi, essi vengono spinti ancora
più anteriormente ad esso.
occupa la fossa omonima ed è
triangolare ed appiattito.
Il muscolo trae origine dai ¾ mediali della fossa
sottospinata e dal setto che lo separa dal muscolo
piccolo rotondo.
I suoi fasci portandosi lateralmente terminano in un
tendine che, passando sotto l’acromion e aderendo alla
capsula fibrosa dell’articolazione della spalla ,
s’inserisce sul tubercolo maggiore dell’omero.
Il sottospinoso contraendosi ruota il braccio all’esterno,
anch’esso stabilizza la scapolo-omerale.
Il muscolo è innervato dal nervo soprascapolare(C5C8).
SOTTOSPINOSO
PICCOLO ROTONDO è un muscolo allungato che origina
dalla fossa sottospinata e si porta in alto e lateralmente
per inserirsi, con un breve tendine, che aderisce alla
capsula fibrosa dell’articolazione della spalla,
sul
tubercolo maggiore dell’omero.
Il piccolo rotondo contraendosi ruota all’esterno il
braccio, anch’esso stabilizza la scapolo-omerale.
Il muscolo è innervato dal nervo ascellare(C5).
GRANDE ROTONDO si trova inferiormente al precedente
ed è anch’esso allungato. Origina al di sotto del piccolo
rotondo, dalla faccia dorsale
dell’angolo inferiore della scapola e si porta in alto per
inserirsi sul fondo del solco bicipitale dell’omero e sul
tubercolo maggiore.
Il grande rotondo contraendosi adduce il braccio
intraruotandolo, azione simile a quella del gran dorsale
anche se meno potente.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
41
Il muscolo è innervato dal nervo sottoscapolare(C5-C7).
si trova nella sottoscapolare;
anch’esso è appiattito e ha contorno triangolare.
Origina dal fondo della fossa sottoscapolare ed i suoi
fasci portandosi in alto, passano sotto Al processo
coracoideo, s’inseriscono sul tubercolo minore
dell’omero.
Il sottoscapolare contraendosi adduce il braccio
intraruotandolo; svolge un ruolo importante nella
stabilizzazione della scapolo-omerale, viene infatti
definito da alcuni autori “il vero guardiano della
spalla”(ADAMS.F,
HUMPRY.G.M,RANDELLI.M. cfr. pag.80 LA spalla di
C.FALETTI, E INDEMINI)
I l muscolo è innervato dai nervi sottoscapolari (C5-C6).
SOTTOSCAPOLARE
Fig.26
MUSCOLI DELLA SPALLA
SUPERFICIE VENTRALE
NOTE
Fig.26
da
ANATOMIA
ERMES,MILANO,1993
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
DI
DESTRA
UMANA,BALBONI
42
G.C.
VISTI
DALLA
E
VARI,EDI-
Fig.27
MUSCOLI DELLA SPALLA DI DESTRA VISTI DORSALMENTE
Ad i muscoli della spalla , come già accennato riguardo
all’articolazione sottodeltoidea , sono annesse diverse
borse mucose che facilitano lo scorrimento dei piani
muscolari e dei tendini d’inserzione.
Queste borse sono di notevole importanza vista la
grande mobilità che l’articolazione della spalla presenta
Le principali borse mucose sono:
- la borsa sottoacromiale, tra la faccia superiore della
capsula articolare e la faccia inferiore dell’acromion,
è la più ampia del corpo umano poiché si estende
superiormente sotto l’acromion ed il legamento
coraco-acromiale (porzione subacromiale) e talvolta
fin sotto il processo coracoideo (porzione incostante
subcoracoidea);
NOTE
Fig.27
da
ANATOMIA
ERMES,MILANO,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
UMANA,BALBONI
43
G.C.
E
VARI,EDI-
lateralmente è a contatto del tubercolo maggiore fino
a coprire il canale bicipitale sotto il deltoide(porzione
subdeltoidea).Per la sua funzione e per i suoi rapporti
anatomici essa è precocemente interessata dai
fenomeni degenerativi periarticolari.
- borsa sottocoracoidea e sottodeltoidea che spesso
sono unite alla precedente (cfr. borsa sottoacromiale)
costituendone delle parti.
- Borsa del coracobrachiale che si trova tra il tendine
del capo corto del bicipite e quello del
coracobrachiale e la capsula articolare.
- Borsa sottotendinea del sottoscapolare e borsa del
bicipite.
Sono meno costanti la borsa del grande rotondo,
dorsale e pettorale.
1.3.2 MUSCOLI TORACO-APPENDICOLARI
Questi muscoli traggono origine dalle coste e dallo
sterno e raggiungono le ossa del cingolo toracico e
l’omero. Sono anche muscoli estrinseci del torace ed
estrinseci dell’arto superiore, a differenza dei precedenti
(fig.28).
GRANDE PETTORALE è localizzato anteriormente
nel torace formando gran parte del cavo ascellare.
Il muscolo origina dai 2/3 mediali del margine anteriore
della clavicola , dalla faccia anteriore dello sterno, dalle
prime sei cartilagini costali e dal foglietto anteriore della
guaina del retto dell’addome.
I suoi fasci si portano in alto e trapassano in un robusto
tendine che va ad inserirsi sul tubercolo maggiore
dell'omero e sul labbro laterale del solco bicipitale
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
44
Il muscolo contraendosi adduce e ruota internamente
l’omero, prendendo punto fisso sull’omero solleva il
tronco come nell’atto di arrampicarsi.
Il muscolo è innervato dai nervi toracici anteriori del
plesso brachiale(C5-C8 e T1).
PICCOLO PETTORALE è posto profondamente al
precedente.
Il muscolo origina mediante tre digitazioni tendinee dal
margine superiore della 3°,4°e5° costa, in prossimità
della cartilagine.
I suoi fasci si portano in alto e vanno ad inserirsi sul
processo coracoideo della scapola.
Il muscolo contraendosi abbassa la spalla portando il
moncone in avanti , basso e medialmente; mentre con i
suoi fasci inferiori solleva le
coste(muscolo
inspiratorio).
Il muscolo è innervato dai nervi toracici anteriori del
plesso brachiale(C6-C7).
SUCCLAVIO ha una forma cilindrica ed è situato tra la
clavicola e la prima costa. Il muscolo origina dalla faccia
superiore della cartilagine costale della prima costa e
portandosi in alto s’inserisce sul solco del succlavio
presente sulla faccia inferiore della clavicola.
Il muscolo contraendosi abbassa la clavicola ed è
innervato dal nervo succlavio del plesso brachiale(C5C6).
DENTATO ANTERIORE O GRAN DENTATO è
localizzato nella parete laterale del torace. Origina
mediante 10 digitazioni carnose dalla faccia esterna
delle prime 10 coste e, portandosi tra la parete laterale
della gabbia toracica e la faccia anteriore della scapola
(dove praticamente costituisce la scapolo-toracica; cfr.
articolazione scapolotoracica) s’inserisce sulla faccia
mediale della scapola stessa (fig.29).
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
45
Il muscolo contraendosi porta la scapola in avanti in
fuori ed in alto; con i suoi fasci inferiori solleva anche le
coste fungendo così anche da inspiratore(insieme al
piccolo pettorale gli elevatori delle coste ed ovviamente
il diaframma).Inoltre agisce come fissatore della
scapola attaccandola al piano costale nell’atto di
spingere qualcosa.(Infatti un deficit di questo muscolo e
dei romboidei causa la cosiddetta “scapola alata”
Il muscolo è innervato dal nervo toracico lungo del
plesso brachiale(C5-C7).
Fig.28
MUSCOLI DELLA PARETE ANTERIORE DEL TRONCO
NOTE
Fig.28 da ANATOMIA UMANA,BALBONI G.C. E VARI,EDIERMES,MILANO,1993
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
46
fig.29
MUSCOLO DENTATO ANTERIORE DOPO ASPORTAZIONE
DEI MUSCOLI GARNDE E PICCOLO PETTORALE
1.3.3 MUSCOLI SPINOAPPENDICOLARI
Questi muscoli hanno origine dalla colonna
vertebrale(costituiscono il primo strato dei muscoli del
dorso, al di sopra dei muscoli spinocostali e
spinodorsali)e raggiungono le ossa del cingolo toracico
l’omero. Sono anche dei muscoli estrinseci del torace
ed estrinseci dell’arto superiore.
I muscoli spino appendicolari sono disposti in due strati:
il primo è costituito dal trapezio e dal grande dorsale,
quello più profondo dal piccolo romboideo, dal grande
romboideo e dall’elevatore della scapola(angolare)
(fig.30 e fig.31).
NOTE
Fig.29
da
ANATOMIA
ERMES,MILANO,1993
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
UMANA,BALBONI
47
G.C.
E
VARI,EDI-
TRAPEZIO si trova nella regione nucale e nella parte
dorsale del torace.
Il muscolo origina dal terzo mediale della linea nucale
superiore, dalla protuberanza occipitale esterna, dal
legamento nucale(è quella parte del legamento
sovraspinoso, cordone fibroso teso fra i processi
spinosi per tutta la lunghezza della colonna vertebrale,
localizzato nel segmento cervicale della colonna ,che ,
assumendo in questa zona un notevole spessore viene
detto legamento nucale)e dai processi spinosi della
settima cervicale e di tutte le toraciche. I suoi fasci
convergono verso la spalla, quelli superiori con
direzione discendente i medi trasversalmente e gli
inferiori con direzione ascendente, e si inseriscono al
terzo laterale del margine posteriore della clavicola, al
margine mediale dell’acromion, al margine posteriore
della spina della scapola ed al margine mediale della
spina stessa.
Il muscolo contraendosi eleva ed adduce la spalla, e più
precisamente: ad origine fissa, i suoi fasci superiore
elevano la spalla , i medi la portano in addietro e
medialmente gli inferiori l’abbassano, ad inserzione
fissa, i suoi fasci superiori inclinano la testa dal proprio
lato e contraendosi bilateralmente la estendono, i medi
egli inferiori sollevano il tronco come nell’atto di
arrampicarsi. E’ innervato dal nervo accessorio(11°paio
dei nervi encefalici.)
GRANDE DORSALE anch’esso fa parte dello strato
superficiale dei muscoli spino appendicolari, come il
precedente, ricoprendo la parte inferiore e laterale del
dorso e la parte laterale del torace. Origina dalla fascia
lombodorsale, dai processi delle vertebre lombari e le
ultime 6 toraciche, dal legamento sovraspinoso , dalla
cresta sacrale media e dal labbro esterno della cresta
iliaca. I suoi fasci muscolari si portano in alto e si
inseriscono sul tubercolo minore dell’omero e sul solco
bicipitale dell’omero. Il muscolo contraendosi adduce e
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
48
ruota all’interno l’omero(essendo così un intrarotatore
della scapolo omerale, insieme al gran pettorale gran
rotondo e sottoscapolare), ad inserzione fissa solleva il
tronco
e le coste, agendo anche da muscolo
inspiratore.
fig.30
STRATO SUPERFICIALE DEI MUSCOLI DEL DORSO
NOTE
Fig.30
da
ANATOMIA
ERMES,MILANO,1993
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
UMANA,BALBONI
49
G.C.
E
VARI,EDI-
ROMBOIDE può essere considerato come un muscolo
solo(cfr. BALBONI pag..181-82;cfr.KAPANDIJ pag. 62)
oppure scomposto in due fasci, l’uno superiore
(piccolo)l’altro inferiore (grande) (cfr. CATTANEO
pag.192).
Considerandolo come un fascio solo il muscolo
,essendo localizzato nella parte inferiore della regione
nucale, origina dal tratto inferiore del legamento nucale
dai processi spinosi e dai legamenti interspinosi
dell’ultima vertebra cervicale e delle prime 4 toraciche. I
suoi fasci si portano lateralmente e vanno ad inserirsi
sul margine mediale (vertebrale) della scapola, al di
sotto della spina. Il muscolo fa parte del secondo
strato(cioè quello interno) dei muscoli spino
appendicolari, quindi è interamente ricoperto dal
trapezio e contraendosi porta la scapola medialmente.
Anch’esso funge da fissatore della scapola(cfr. dentato
anteriore)ed è innervato da rami dei plessi cervicale e
brachiale(C3-C5).
ELEVATORE DELLA SCAPOLA (angolare) anche
questo muscolo fa parte del secondo strato dei muscoli
spino appendicolari ed occupa la regione laterale
posteriore del collo originando dai tubercoli posteriori
dei processi trasversi delle prime 4 vertebre cervicali. I
suoi fasci si portano in basso ed in fuori e s’inseriscono
sull’angolo mediale della scapola. E’ ricoperto dal
muscolo
trapezio
e
sternocleidomastoideo
e
contraendosi solleva e sposta medialmente la scapola.
Il muscolo è innervato da rami del plesso cervicale e
brachiale(C3-C5).
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
50
fig.31
STRATO PROFONDO DEI MUSCOLI DEL DORSO
NOTE
Fig.31
da
ANATOMIA
ERMES,MILANO,1993
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
UMANA,BALBONI
51
G.C.
E
VARI,EDI-
1.3.4 MUSCOLI DEL BRACCIO
I muscoli del braccio si distinguono in anteriori e
posteriori.
Posso dire che tutti i muscoli del braccio ad eccezione
del brachiale s’inserisce a livello del cingolo scapoloomerale influendo in tal modo nell’esecuzione dei vari
movimenti della spalla.
Il muscolo brachiale invece ,originando dalla faccia
anteriore dell’omero e portandosi sulla tuberosità
dell’ulna, interessa l’articolazione del gomito; per queste
ragioni pur essendo, un muscolo anteriore del braccio,
non sarà descritto in questa sede.
ANTERIORI
BICIPITE BRACHIALE questo muscolo e costituito da
due capi, uno lungo ed uno breve che inferiormente
confluiscono in un ventre unico.
Il capo lungo origina, dalla tuberosità sovraglenoidea
della scapola e dal labbro glenoideo mediante un lungo
tendine che come già accennato gioca un ruolo
importante nella fisiologia della spalla. Il tendine ha una
funzione fondamentale di puleggia stabilizzatrice della
testa omerale, in sinergismo con il tendine del
sovraspinoso(cfr. muscolo sopraspinoso).Nella prima
porzione il tendine, a livello dell’inserzione , è
intrarticolare ed extrasinoviale; nella seconda porzione,
extrarticolare, esso si riflette nel solco bicipitale
dell’omero ricoperto dal legamento coraco-omerale.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
52
Il tendine si fa carnoso all’uscita del solco bicipitale, in
corrispondenza del terzo medio del braccio si unisce al
capo breve.
Il capo breve, mediale rispetto al lungo origina dal
processo coracoideo della scapola ed unitosi al lungo
entrambi s’inseriscono con un robusto tendine sulla
tuberosità del radio.
Il bicipite è un muscolo biarticolare, quindi agisce sia
sull’avambraccio che sul braccio. Contraendosi flette
l’avambraccio sul braccio(principale flessore) e sviluppa
ad avambraccio prono una notevole azione supinatoria.
Inoltre svolge un’azione stabilizzante a livello
dell’articolazione scapolo-omerale, grazie soprattutto al
capo lungo. Il
muscolo è innervato dal nervo
muscolocutaneo(C5-C6).
CORACOBRACHIALE si trova profondamente al capo
breve del tricipite ed origina dal processo coracoideo
della scapola. I suoi fasci portandosi in basso
s’inseriscono sul terzo medio della faccia anteromediale
dell’omero.
Il muscolo contraendosi flette e adduce il braccio ed è
innervato dal nervo muscolocutaneo(C5-C6).
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
53
fig.32
MUSCOLI ANTERIORI DEL BRACCIO DESTRO
NOTE
Fig.32
da
ANATOMIA
ERMES,MILANO,1993
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
UMANA,BALBONI
54
G.C.
E
VARI,EDI-
POSTERIORI:
TRICIPITE BRACHIALE come dice la parola è costituito
da tre parti: capo lungo, capo laterale, capo mediale.
Il capo lungo origina dalla tuberosità sottoglenoidea
della scapola e dal labbro glenoideo.
Il capo laterale origina dalla faccia posteriore dell’omero
al di sopra del solco del nervo radiale.
Il capo medialeorigina dalla faccia posteriore dell’omero
al di sotto del solco del nervo radiale.
I tre capi convergono in basso in un unico ventre
muscolare per andare ad inserirsi
sulla faccia
posteriore dell’olecrano dell’ulna.
Il muscolo contraendosi estende l’avambraccio sul
braccio (principale estensore)e tramite il capo lungo
determina un’adduzione dell’omero.
Il muscolo è innervato dal nervo radiale(C6-C8).
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
55
Fig.33
MUSCOLO TRICIPITE DI DESTRA, VISTO DAL LATO
DORSALE
__________________________________________________
NOTE
Fig.33
da
ANATOMIA
ERMES,MILANO,1993
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
UMANA,BALBONI
56
G.C.
E
VARI,EDI-
1.4 ANATOMIA DESCRITTIVA
Nella spalla possiamo distinguere tre piani anatomici.
- uno superficiale;
- uno intermedio;
- uno profondo;
1.4.1 PIANO SUPERFICIALE
Questo piano è formato dal muscolo gran pettorale , dai
tre fasci del muscolo deltoideo e dal muscolo trapezio.
Fra i due muscoli è presente un solco chiamato solco
deltoideo-pettorale. Tale struttura è il setto
internervoso che giace fra il muscolo deltoide, innervato
dal nervo ascellare , e il muscolo gran pettorale,
innervato dai nervi toracici anteriori del plesso
brachiale.
1.4.2 PIANO INTERMEDIO
E’ rappresentato dai muscoli della cuffia dei rotatori. La
struttura anatomica guida è il processo coracoideo su
cui si inseriscono 7 importanti
Strutture:
- il legamento coraco-acromiale;
- il legamento coraco-omerale;
- i legamento trapezoide e conoide della clavicola;
- il tendine del muscolo coracobrachiale;
- il tendine del capo breve del muscolo bicipite
brachiale;
- il tendine del muscolo piccolo pettorale;
In particolare il legamento coraco-acromiale, do forma
triangolare , costituisce la parte fibrosa dell’arco coraco
acromiale, in stretta relazione con la cuffia dei rotatori
ed il capo lungo del bicipite.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
57
La cuffia dei rotatori, dopo aver rimosso la borsa
subacromiale , appare come uno strato muscolo
tendineo continuo e contrae stretti rapporti con la volta
acromiale. Il legamento coraco-omerale costituisce la
parte più superficiale del cosiddetto intervallo dei
rotatori che separa il sopraspinoso dal sottoscapolare.
1.4.3 PIANO PROFONDO
Davanti al muscolo sottoscapolare e medialmente al
processo coracoideo decorre il plesso brachiale e il
fascio vascolare. Al di sotto del piano muscolo tendineo
della cuffia dei rotatori la capsula articolare della spalla ,
lassa e ridondante, si differenzia , anteriormente e
inferiormente nei 3 legamenti gleno omerali(cfr.
articolazione scapolo-omerale).
Il legamento gleno-omerale superiore decorre nella
cosiddetta capsula anterosuperiore formando la parte
più interna , mentre il legamento coraco-omerale ne
forma la parte più esterna.
Il
legamento
gleno-omerale
medio
decorre
profondamente al tendine del muscolo sottoscapolare ,
che lo incrocia a circa 80° inserendosi al tubercolo
minore.
Il legamento gleno-omerale inferiore , il più complesso
ed ampio dei tre , è distinto in tre porzioni : banda
anteriore , porzione intermedia (tasca ascellare), banda
posteriore.
La restante capsula postero superiore, meno spessa, è
adesa al piano tendineo del muscolo sottospinoso.
Il labbro glenoideo(cercine) costituisce sia un
ampliamento della superficie articolare della glena(cfr.
articolazione
scapolo-omerale),
sia
l’inserzione
fibroperiostea del legamento gleno-omerale inferiore
,sia l’espansione del tendine bicipitale sulla porzione
superiore (sovraequatoriale) della glena.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
58
CAPITOLO SECONDO:
LA MECCANICA ARTICOLARE
INTRODUZIONE
La meccanica articolare dell’articolazione della spalla è
molto complessa, perché essendo un complesso
articolare costituito da più articolazioni possiede una
grande varietà di movimenti. Infatti, come già
specificato, questa articolazione è la più mobile del
corpo umano.
Possiede tre gradi di movimento ( per grado di
movimento o di libertà di un articolazione s’intende il
numero di piani o assi riguardanti i movimenti e da ciò
si deduce che tre sono i gradi che al massimo
un’articolazione può possedere), che permettono
l’orientamento dell’arto superiore in rapporto ai tre piani
dello spazio grazie ai suoi tre assi principali:
- Asse trasversale, contenuto nel piano frontale:
permette i movimenti di flesso estensione eseguiti in un
piano sagittale.
- Asse antero-posteriore, contenuto nel piano sagittale:
permette i movimenti d’abduzione ed adduzione
effettuati in un piano frontale.
- Asse verticale, determinato dall’intersezione dei due
piani precedenti, permette i movimenti di flessione e di
estensione eseguiti in un piano orizzontale, tenendo il
braccio abdotto a 90°.
Il punto in cui i tre piani mediani del corpo s’intersecano
corrisponde al centro di gravità.
Per quanto riguarda l’asse longitudinale dell’omero
permette la rotazione esterna-interna del braccio e
dell’arto superiore secondo due modalità :
- la rotazione volontaria che utilizza il terzo grado di
libertà ed è possibile soltanto nelle articolazioni a tre
assi( enartrosi), ed avviene per contrazione dei muscoli
rotatori
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
59
- la rotazione automatica che appare senza alcuna
azione volontaria nelle articolazioni a due assi, oppure
in quelle a tre quando sono utilizzate come le
articolazioni a due.
La spalla , quindi, in virtù dei molteplici assi di
movimento, combinati con la rotazione attorno al suo
asse longitudinale, descrive un “ciclo ergonomico”(vedi
Fig.8).
2.1 I MOVIMENTI DI FLESSIONE ED ESTENSIONE
La flessione è un movimento in direzione anteriore della
testa, del collo, del tronco e quindi anche dell’arto
superiore.
L’estensione ,invece è un movimento in direzione
opposta.
Questi due tipi di movimenti sono eseguiti in un piano
sagittale , attorno ad un’asse trasversale.
Mentre l’estensione ( nel caso dell’arto superiore)è un
movimento di modesta ampiezza da 45°-50° (fig.34a),
la flessione ha un’ampiezza molto maggiore,
raggiungendo i 180° (fig.34b).
Fig.34
MOVIMENTI DI FLESSO ESTENZIONE
NOTE
Fig.34 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
60
Parlando della flessione è necessario ricordare che
questo movimento è scomposto in tre tempi:
Primo tempo : da 0° a 50°-60° ed i muscoli
interessati sono
deltoide fasci anteriori (1), coracobrachiale(2), pettorale
fascio claveare(3) (fig.35).
Fig.35
IL PRIMO TEMPO DELLA FLESSIONE
1-FASCIO ANTERIORE DELTOIDE 2-CORACO-BRACHIALE
3-FASIO SUPERIORE DEL GRANDE PETTORALE
Da ricordare che due fattori limitano questa flessione
della scapolo-omerale : la tensione del legamento
coraco-omerale, la resistenza dei muscoli piccolo,
grande rotondo e sottospinoso.
NOTE
Fig.35 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
61
Secondo tempo : da 60° a 120°, qui entra in gioco il
cingolo scapolare, per cui abbiamo:
rotazione di 60° della scapola , per un movimento a
campana che orienta la glenoide in alto e avanti;
rotazione assiale, meccanicamente collegata di 30°,
nelle articolazioni sterno-costo-clavicolare e acromio
clavicolare.
I muscoli motori sono: trapezio, gran dentato (fig.36).
Fig.36
IL SECONDO TEMPO DELLA FLESSIONE
Da ricordare che la flessione della scapolo-toracica è
limitata dalla resistenza del gran dorsale e del gran
pettorale( fasci inferiori).
Terzo tempo : da 120° a 180°, in questo terzo tempo il
movimento di flessione si arresta per la scapoloomerale e scapolo-toracica ed allora interviene il
rachide.
NOTE
Fig.36 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
62
Se la flessione è monolaterale, è possibile terminare il
movimento passando in massima abduzione, e quindi
inclinando lateralmente il rachide
Se invece è bilaterale, il movimento avviene grazie ad
una iperlordosi per azione dei muscoli lombari.
fig.37
IL TERZO TEMPO DELLA FLESSIONE
Parlando invece dell’estensione dobbiamo distinguere :
un’estensione nella scapolo-omerale, ed in questo caso
i muscoli interessati sono : grande e piccolo rotondo,
deltoide fascio posteriore, gran dorsale;
un’estensione della scapolo-toracica, per l’adduzione
della spalla, ed allora i muscoli motori sono: romboide,
trapezio fasci trasversali, gran dorsale.
____________________________________________
NOTE
Fig.37 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
63
2.2 IL MOVIMENTO DI ADDUZIONE
L’adduzione è il movimento di avvicinamento ,verso il
piano sagittale mediano del corpo per tutte le parti degli
arti, ad eccezione del pollice delle dita delle mani e dei
piedi (in questo caso l’adduzione è il movimento di
avvicinamento alla linea assiale che si estende
attraverso il terzo dito).
Per la spalla e quindi per l’arto superiore , l’adduzione
sul piano frontale, la cosiddetta adduzione assoluta,
partendo
dalla posizione di riferimento è
meccanicamente impossibile per la presenza del
tronco. E’ possibile solo se combinata :ad
un’estensione, ed allora avremo un’adduzione molto
modesta (fig.38a); oppure ad una flessione , in questo
caso l’escursione sarà fra i 30°ed i 45° (fig.38b).
Fig.38
L’ADDUZIONE ASSOLUTA
NOTE
Fig.38 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
64
Invece partendo da una qualsiasi posizione di
abduzione , l’adduzione è sempre possibile sul piano
frontale, fino alla posizione di riferimento.
In questo caso l’adduzione viene chiamata relativa
(fig.39).
fig.39
L’ADDUZIONE RELATIVA
I muscoli motori dell’adduzione sono :gran rotondo
,gran pettorale, gran dorsale, romboide.
Nell’esecuzione del
movimento di adduzione è
interessante notare il sinergismo di due coppie motorie
che sono :
1) coppia romboide, gran rotondo.
L’azione sinergica di questi due muscoli è
indispensabile, perché se si contrae solo il gran
rotondo, l’arto superiore offre resistenza all’adduzione,
la scapola deve ruotare verso l’alto intorno al suo asse.
Invece la contrazione del romboide impedisce questa
rotazione, favorendo l’adduzione del gran rotondo.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
65
2) coppia tricipite capo lungo, gran dorsale.
La contrazione del gran dorsale , adduttore potente ,
tende a lussare la testa omerale in basso. Invece il
capo lungo del tricipite ,che è un adduttore blando, si
contrae simultaneamente opponendosi a questa
lussazione, facendo risalire la testa omerale.
2.3 IL MOVIMENTO DI ABDUZIONE
L’abduzione ,invece ,al contrario dell’adduzione è il
movimento di allontanamento verso il piano sagittale
mediano del corpo per tutte le parti degli arti, con la
medesima eccezione. Quindi per quanto riguarda la
spalla questo movimento determina l’allontanamento
dell’arto superiore dal tronco, e de è eseguito su un
piano frontale, attorno ad un asse antero-posteriore.
L’ampiezza dell’abduzione è notevole, 180°, ed in
questo modo il braccio è verticale al di sopra del tronco.
Dal punto di vista articolare è muscolare, questo è in
movimento molto complesso , che può essere diviso in
tre stadi (fig.40):
1) abduzione da 0° fino a 90° che si effettua a livello
della scapolo omerale (fig 40a);
In questo stadio i muscoli interessati sono il deltoide ed
il sopraspinato. Essi formano la coppia degli abduttori
della scapolo-omerale, perché è con questa
articolazione che ha inizio il movimento di abduzione.
Questo primo stadio termina a 90° gradi a causa del
contatto del tubercolo maggiore con il margine
superiore della glenoide. La rotazione esterna oppure
una
lieve
flessione
spostano
il
tubercolo
posteriormente , ritardando questo blocco meccanico.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
66
2) Abduzione da 90° fino a 150° che necessita della
partecipazione della scapolo toracica (fig.40b);
E’ necessario l’intervento della scapolo-toracica ,
perché la scapolo-omerale risulta ormai bloccata,
quindi l’abduzione può continuare solo grazie alla
partecipazione del cingolo scapolare. Avremo così :
- un movimento a campana della scapola , con
rotazione antioraria( per la DX)che orienta la glenoide
verso l’alto; ampiezza della rotazione 60°;
- un movimento di rotazione longitudinale , legato
meccanicamente, nelle articolazioni clavi-sternocostale e acromion-claveare, che concorrono ciascuna
per 30°.
I muscoli motori di questo secondo tempo sono: il
trapezio (3 e 4) ed il gran dentato (5), che costituiscono
la coppia abduttori della scapolo-toracica.
Il movimento si arresta a 150°( 90°+60) per la
resistenza dei muscoli adduttori :gran dorale e gran
pettorale.
3) Abduzione da 120° fino a 180° in cui si somma
anche l’inclinazione del tronco (fig.40 c).
Per raggiungere la verticalizzazione dell’arto superiore il
rachide deve partecipare al movimento.
Se è in abduzione un solo braccio, sarà sufficiente
un’inclinazione laterale del rachide, per azione dei
muscoli spinali del lato opposto.
Se sono i abduzione entrambe le braccia , per
raggiungere entrambe la posizione verticale , è
necessaria una iperlordosi lombare, per azione dei
muscoli spinali.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
67
fig.40
I TRE TEMPI DELL’ABDUZIONE
1-DELTOIDE 2-SOVRASPINOSO 3-TRAPEZIO 4-TRAPEZIO
5-GRAN DENTATO 6-MUSCOLI SPINALI
Ovviamente questa distinzione è puramente didattica ;
in realtà i muscoli che vi partecipano sono tra di loro in
collaborazione.
Alla fine abduzione tutti i suoi muscoli motori sono in
contrazione.
Si può quindi capire che i due muscoli principali del
movimento di abduzione sono il deltoide ed il
sovraspinoso , che hanno entrambi un ruolo ben
preciso.
NOTE
Fig.40 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
68
Ruolo del deltoide : nel deltoide si possono
distinguere funzionalmente 7 porzioni (fig.41) :
il fascio anteriore , clavicolare , ne comprende due:1,2;
il fascio mediale, acromiale, ne comprende uno: 3;
il fascio posteriore ,spinale, ne comprende
quattro:4,5,6,7;
fig.41
LE SETTE PORZIONI DEL DELTOIDE (secondo fick)
Considerando queste porzioni nella loro situazione in
rapporto all’asse dell’abduzione AA’ , si può
comprendere che alcune di esse : i fasci acromiali(3),la
parte esterna della porzione 2 del fascio clavicolare e la
porzione 4 del fascio spinale, sono propriamente
abduttrici, poiché situate fuori dall’asse Le porzioni
rimanenti , invece sono adduttrici quando l’arto
superiore pende lungo il corpo, sono cioè antagoniste
delle precedenti. Quando il movimento di abduzione le
dispone fuori dall’asse sagittale diventano abduttrici,
anche se alcune di esse (6,7) restano adduttrici per
qualsiasi grado di abduzione (fig42).
NOTE
Fig.41 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
69
fig.42
VISIONE DEL DELTOIDE IN RAPPORTO ALL’ASSE DI
ABDUZIONE AA’
Studi elettromiografici hanno dimostrato che le differenti
porzioni entrano successivamente in azione colo
progredire del movimento, come i tasti di un pianoforte.
Concludendo si può quindi dire che il deltoide , attivo
sin dall’inizio dell’abduzione(di solito con la porzione
acromiale,3), da solo può portarla fino alla sua
completa ampiezza.. La sua massima azione è di 90°.
Ruolo del sovraspinoso: questo muscolo era ritenuto
dagli
anglosassoni
“l’abductor starter
(CFR..I.A.KAPANDJI “Fisiologia Articolare”).Però il
blocco anestetico del nervo sovrascapolare, ha
dimostrato che non è indispensabile neppure all’inizio
della abduzione: il solo deltoide è sufficiente ad
ottenere un’abduzione completa.
____________________________________________
NOTE
Fig.42 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
70
Comunque anche il sovraspinoso da solo riesce a
determinare un’abduzione d’ampiezza uguale al
deltoide , esso si contrae per l’intero movimento e la
sua massima attività si verifica a 90°( come il deltoide).
Quando inizia l’abduzione la sua componente
tangenziale (ST) è in proporzione più forte a quella
deltoidea (DT), ma il suo braccio di leva più corto.
La sua componente radiale(SR) spinge la testa omerale
nella glenoide e contribuisce ad impedire la lussazione
verso l’alto sotto l’azione della componente radiale del
deltoide(DR) (fig.43).
Fig.43
IL SOVRASPINOSO E L’ABDUZIONE
NOTE
Fig.43 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
71
Quindi si può dire che il sovraspinoso ha un ruolo
coattante, la sua azione è sinergica a quella degli altri
muscoli della cuffia dei rotatori; aiuta il deltoide che ,
quando lavora isolatamente, si affatica presto (fig.44).
Infatti altri muscoli non meno utili, per il movimento di
abduzione sono il : sottoscapolare, il sottospinoso ed il
piccolo rotondo(Rotatori) , che attirando la testa
omerale in basso ed all’interno creano col deltoide una
coppia funzionale per il movimento.
Inoltre anche il tendine del capo lungo del bicipite risulta
motore , poiché una sua rottura determina una perdita
del 20% della forza di abduzione.
E’ da sottolineare che l’abduzione pura descritta , solo
nel piano frontale, è un movimento poco utilizzato,
usualmente l’abduzione è combinata ad una certa
flessione, cioè l’elevazione del braccio nel piano della
scapola, formando un angolo di 30° anteriormente al
piano frontale.
1-DELTOIDE
2-SOVRASPINOSO
3-DENTATO
4-TRAPEZIO
Fig.44
VISIONE ANTERO SUPERIORE DELLA SCAPOLA E DEI
MUSCOLI MOTORI
NOTE
Fig.44 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
72
2.4 IL MOVIMENTO DI CIRCONDUZIONE
Questo movimento combina i movimenti elementari
attorno ai tre assi, combinando ,quindi, in successione ,
flessione, abduzione, estensione ed adduzione (fig.45).
Durante il movimento la parte interessata descrive un
cono.
Per quanto riguarda l’arto
superiore quando la
circonduzione è spinta e portata alla sua ampiezza
massima, il braccio descrive nello spazio, appunto, un
cono irregolare detto : cono di circonduzione.
Quest’ultimo delimita , in una sfera che abbia per
centro la spalla ed un raggio uguale alla lunghezza
dell’arto superiore, un settore sferico di accessibilità,
all’interno del quale la mano può raggiungere gli oggetti
senza muovere il tronco.
LA CIRCONDUZIONE
Fig.45
NOTE
Fig,45 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
73
E’ da sottolineare che solo tutte insieme le 4(5)
articolazioni della spalla possono creare il complesso
movimento della circonduzione , ed è importante
rilevare “che la partecipazione di ognuna di esse
all’intero
movimento è simultanea e non
successiva”(PICCHIO 1952, Primario emerito Divisione
Ortopedia, Pesaro); la scapolo omerale può contribuire
per il 60%; le due articolazioni claveari per il 20%; la
scapolo-toracica per il 20%.(dati “PATOLOGIA NON
TRAUMATICA DELLA SPALLA”, Ricciardi editore
1986).
La circonduzione del braccio sul tronco avviene grazie
a due sistemi anatomo-funzionali:
1) il sistema scapolo-omerale;
2) il sistema musco-borso-legamentoso sotto-acromion
deltoideo , cioè l’articolazione sottodeltoidea.
La circonduzione è un movimento realizzabile solo da
articolazioni di tipo sferico, condiloideo o a sella.
2.5 LA ROTAZIONE DEL BRACCIO
SUL SUO ASSE LONGITUDINALE
Questo movimento si può effettuare in qualunque
posizione si trovi la spalla. Si tratta della rotazione
volontaria o aggiunta delle articolazioni a tre assi e tre
gradi di libertà.
Questo movimento , che ovviamente e scomposto in
intra-extra rotazione del braccio ( o della spalla) si attua
grazie all’azione combinata dell’articolazione scapoloomerale e del cingolo scapolare (fig.46).
Per misurare l’ampiezza di questi movimenti è
necessario assumere una, cosiddetta posizione di
riferimento, con il gomito flesso a 90°, in modo che
l’avambraccio sia contenuto nel piano sagittale
(fig.46a).
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
74
Senza questa precauzione all’ampiezza dei movimenti
di
rotazione
esterna-interna
del
braccio
si
aggiungerebbe
quella
dei
movimenti
di
pronosupinazione dell’avambraccio.
Fig.46
LA ROTAZIONE VOLONTARIA DEL BRACCIO
1) extrarotazione: la sua ampiezza è di 80°, anche se
l’ampiezza massima e poco utilizzata .La rotazione
esterna non arriva mai a 90°, ed è maggiormente
utilizzata nel settore compreso da 0° a 30° (fig.46.b).
2) intrarotazione: la sua ampiezza va da 100° a 110° e
per realizzarla bisogna far passare l’avambraccio dietro
il tronco, combinandosi con una certa estensione delle
spalle (fig.46a).
Questo movimento è indispensabile perché la mano
possa arrivare al dorso.
NOTE
Fig.46 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
75
I muscoli motori della rotazione della scapolo-omerale
si distinguono ovviamente in due classi:
1) Rotatori interni: gran dorsale, gran pettorale, gran
rotondo, sottoscapolare;
2) Rotatori esterni : sopraspinoso, piccolo rotondo.
I rotatori esterni sono inferiori per numero e potenza
agli interni, ma indispensabili, poiché in grado di
staccare la mano dalla superficie anteriore del tronco,
portandola in avanti ed all’esterno(indispensabile per
scrivere).
E’ pero da evidenziare che la rotazione della scapoloomerale non riesce da sola a completare la rotazione
dell’arto superiore , senza i cambiamenti di
orientamento della scapola, e quindi della glenoide, nei
movimenti di traslazione laterale della scapola stessa.
I muscoli motori sono :
- per la rotazione esterna che determina un’adduzione
della scapola : il romboide ed il trapezio fasci medi.
- per la rotazione interna che determina un abduzione
della scapola : il gran dentato ed il piccolo pettorale.
2.6 IL MOVIMENTO DI FLESSO-ESTENSIONE
ORIZZONTALE
Questo è il movimento dell’arto superiore nel piano
orizzontale( ben diverso da quello sul piano sagittale)
attorno ad un asse verticale, più esattamente attorno ad
una successione di assi verticali poiché i movimenti si
effettuano non solo nella scapolo-omerale ma anche
nella scapolo-toracica (fig.47).
Partendo dalla posizione di riferimento con l’arto
superiore in abduzione di 90° nel piano frontale
(fig.47a), possiamo avere:
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
76
Fig.47
LA FLESSO ESTENZIONE ORIZZONTALE
1) flessione orizzontale , movimento che combina la
flessione e l’adduzione di 140° di ampiezza (fig.47b) ;
2) estensione orizzontale, movimento che combina
l’estensione e l’abduzione di ampiezza 30° (fig.47c).
L’ampiezza totale di questi movimenti di flessoestensione orizzontale arriva fino a 180°.
Adesso prendiamo in esame i movimenti del moncone
della spalla ed i movimenti propri della scapola che
chiudono così la vasta gamma di movimenti che il
complesso articolare della spalla permette.
Note
Fig.47 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
77
2.7 MOVIMENTI DEL MONCONE DELLA SPALLA
SUL PIANO ORIZZONTALE
Questi sono movimenti che mettono in gioco la scapolotoracica e sono: la retroposizione del moncone,
l’anteposizione del moncone(fig.48).
L’ampiezza dell’anteposizione del moncone della spalla
è molto maggiore della retroposizione.
Partendo dalla posizione di riferimento (fig.48a) questi
movimenti sono effettuati grazie all’azione dei seguenti
muscoli :
anteposizione: gran pettorale, piccolo pettorale, gran
dentato (fig.48 c);
retroposizione : romboide , trapezio (fasci trasversali),
gran dorsale (fig.48 b).
fig.48
I MOVIMENTI DEL MONCONE DELLA SPALLA
NOTE
Fig.48 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
78
2.8 MOVIMENTI DELLA SCAPOLA
Questi sono tutti movimenti della scapola sul torace che
di solito sono associati a quelli già descritti.
I muscoli che collegano la scapola al torace ed alla
colonna forniscono sostegno e movimento alla scapola
.Sono orientati in direzione obliqua così da produrre
movimenti di rotazione e lineari dell’osso.
Fig.49
I MOVIMENTI
DELLA SCAPOLA
Per quanto riguarda la traslazione verticale della
scapola su di un piano frontale abbiamo:
elevazione : è un movimento di scorrimento in cui la
scapola si muove cranialmente ( scrollarsi le spalle);
questo movimento si ottiene grazie all’azione dei
muscoli : Romboide, elevatore della scapola, trapezio
fasci superiori.
NOTE
Fig.49 da Kendall E. Kendall F. I MUSCOLI FUNZIONI E TEST
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
79
Abbassamento : è un movimento di scorrimento in cui
la scapola si muove caudalmente; questo movimento si
ottiene grazie all’azione dei muscoli : piccolo pettorale,
succlavio, gran dentato, trapezio fasci inferiori.
Per quanto riguarda la traslazione mediale e laterale su
di un piano frontale abbiamo:
Traslazione mediale :
è un movimento di
avvicinamento del margine vertebrale della scapola alla
linea apofisaria rachidea; questo movimento si ottiene
grazie all’azione dei muscoli: romboide, trapezio fasci
medi.
Traslazione laterale : è un movimento di
allontanamento del margine vertebrale della scapola
dalla linea apofisaria rachidea e si attua grazie ad i
seguenti muscoli : gran dentato, piccolo pettorale.
Per quanto riguarda la rotazione verso l’alto ed il basso
intorno ad un’asse perpendicolare all’omoplata(
scapola) abbiamo :
Rotazione laterale o rotazione verso l’alto della glenoide
: è un movimento attorno all’asse sagittale in cui
l’angolo inferiore della scapola si sposta lateralmente e
la glenoide cranialmente; questo movimento è attuato
da: trapezio fasci superiori e medi, gran dentato.
Rotazione mediale o rotazione in basso della glenoide :
è un movimento attorno all’asse sagittale in cui l’angolo
inferiore della scapola si sposta medialmente e la
glenoide caudalmente attuato dai muscoli : trapezio
fasci inferiori, piccolo pettorale.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
80
2.9 LA ROTAZIONE CONGIUNTA
“IL PARADOSSO DI CODMAN”
Concludendo il capitolo sulla meccanica articolare della
spalla è necessario accennare alla rotazione congiunta
( o automatica) di questa articolazione; rotazione che si
verifica automaticamente nelle articolazioni a due assi
quando sono utilizzate come le articolazioni a due.
La rotazione automatica o Paradosso di Codman e
facilmente descrivibile con un semplice esercizio
(fig.50).
Partendo dalla posizione di riferimento , con arto
superiore verticale lungo il corpo, palmo della mano in
dentro e pollice in avanti (fig.50a), effettuando
un’abduzione di 180° sul piano frontale (fig.50c) e poi
un’estensione di 180° in quello sagittale (fig.50d), ci
ritroviamo con l’arto verticale lungo il corpo , ma il
palmo e in fuori e il pollice in dietro (fig.50e).
Si è prodotto così un movimento di rotazione
longitudinale di 180° che ha fatto cambiare
l’orientamento del palmo della mano. In questo doppio
movimento di abduzione ed estensione si è quindi
prodotta automaticamente una rotazione interna di
180°: si può dire che un movimento successivo attorno
a due degli assi della spalla determina meccanicamente
e senza l’intervento della volontà un movimento attorno
all’asse longitudinale dell’arto superiore.
La cosiddetta rotazione congiunta che appare nei
movimenti in successione.
Se poi utilizziamo il terzo asse per realizzare
volontariamente una rotazione inversa di 180°, la mano
si ritrova nella posizione di partenza , con il pollice
avanti , descrivendo cosi un ciclo ergonomico( tipico
della spalla nel nuoto classico).
Questa rotazione chiamata( da Mac Conaill) rotazione
aggiunta , è possibile solo nelle articolazioni a tre gradi
di libertà.
Questi due tipi di rotazione longitudinale di cui la spalla
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
81
è capace possono sommarsi algebricamente:
1) se la rotazione volontaria (aggiunta) è nulla quella
automatica( congiunta) si manifesta: Paradosso di
Codman;
2) se la rotazione volontaria è nello stesso senso di
quella automatica , questa l’amplifica;
3) se la rotazione volontaria è di senso inverso ,
diminuisce o annulla la rotazione automatica.
Fig.50
IL PARADOSSO DI CODMAN
___________________________________________
NOTE
Fig.50 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
82
Concludendo il capitolo sulla biomeccanica del
complesso articolare della spalla, ,è necessario
evidenziare i muscoli motori principali del cingolo
scapolare che sono (figg.51,52 e 53):
TRAPEZIO: diviso in tre porzion (1,1’,1”):
1) fascio superiore , acromio claveare la cui azione:
solleva il moncone della spalla; impedisce la sua
caduta per azione di pesi; determina iperlordosi
cervicale, più la rotazione della testa dal lato opposto
quando il fascio fa perno sulla spalla.
2) Fascio mediale, spinoso la cui azione: avvicina di
2/4 cm il margine mediale scapola alla linea
apofisaria rachidea; fa aderire la scapola al torace;
porta indietro il moncone della spalla.
3) Fascio inferiore , la cui azione : attira la scapola
verso il basso e medialmente.
Se i tre fasci si contraggono simultaneamente: la
scapola viene spinta medialmente ed indietro; la
scapola viene ruotata in alto di 20°(ruolo importante nel
trasporto di carichi pesanti (figg.51,52,53).
ROMBOIDE (2): questo muscolo ha una direzione
obliqua in alto e medialmente e la sua azione: attira
l’angolo inferiore in della scapola in alto e medialmente
ed in questo modo determina , elevazione della scapola
, rotazione della scapola verso il basso , con
orientamento della glenoide in basso, inoltre determina
l’adesione dell’angolo inferiore della scapola alla coste;
infatti la paralisi di questo muscolo si manifesta con il
distacco della scapole, le cosiddette scapole alate
(fig.51).
ELEVATORE DELLA SCAPOLA (3): questo muscolo
con direzione obliqua in alto e medialmente ha
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
83
un’azione simile a quella del romboide :attira l’angolo
superiore della scapola in alto e medialmente di 3cm ,
si contrae sollevando pesi e la sua paralisi e la sua
ipotonia determina la caduta del moncone della spalla,
come nel caso delle spalle spioventi o “ a collo di
bottiglia”, mentre la sua ipertonicità o la sua retrazione
possono causare l’innalzamento del moncone della
spalla, come nel caso della scapola alta congenita o
“deformità di Sprengel” oppure “nell’atteggiamento in
innalzamento della scapola” ( CFR. “COMPENDIO DI
GINNASTICA CORRETTIVA, F.Tribastone ,S.S.S.
1994) (figg.52,53).
GRAN DENTATO o DENTATO ANTERIORE questo
muscolo può esser diviso in due porzioni: la prima
superiore con direzione orizzontale ed in avanti che
contraendosi attira la scapola in avanti e medialmente,
impedendole di allontanarsi quando si spinge in avanti
un peso. Effettua quindi un’azione di bloccaggio ed in
caso di paralisi nello spingere avanti qualcosa il
margine interno della scapola si allontana; la seconda
con direzione obliqua in avanti ed in basso, determina il
basculamento della scapola verso l’alto , orientando
così in alto la glenoide. Quest’azione interviene nella
flessione, nell’abduzione, nel trasportare pesi, ma solo
quando l’abduzione del braccio supera i 30°
(figg.51,52,53).
PICCOLO PETTORALE (5): questo muscolo ha una
direzione obliqua verso il basso in avanti e medialmente
e la sua azione: abbassa il moncone della spalla ,
quindi orienta la glenoide in basso, fa scivolare la
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
84
scapola lateralmente ed in avanti , con allontanamento
dal torace del suo bordo posteriore (fig.51,53).
SUCCLAVIO (6): questo muscolo ha una direzione
verso il basso e medialmente e la sua azione : abbassa
la clavicola ed il moncone della spalla , spinge
l’estremità mediale della clavicola verso lo sterno
(fig.51).
Fig.51
I MUSCOLI MOTORI DEL CINGOLO SCAPOLARE PARTE
SINISTRA ANTERIORE, PARTE DESTRA POSTERIORE
1-TRAPEZIO
2-ROMBOIDE
3-ELEVATORE DELLA
SCAPOLA
4-DENTATO ANTERIORE
5-PICCOLO
PETTORALE 6-SUCCLAVIO
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
85
NOTE
Fig.51 da FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
Fig.52
I MUSCOLI MOTORI DEL CINGOLO SCAPOLARE SCHEMA
DI PROFILO DEL TORACE
Fig.53
I MUSCOLI MOTORI DEL CINGOLO SCAPOLARE SEZIONE
ORIZZONTALE DEL TORACE
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
86
NOTE
Fig.52 e fig.53 da
FISIOLOGIA ARTICOLARE,KAPANDJI I.A.,DE.MONDUZZI,FRA,1999
CAPITOLO TERZO:
LE PATOLOGIE
Nelle diverse sollecitazioni forzate o meno, soprattutto
ripetute in soggetti impegnati in molteplici attività della
vita di relazione e di lavoro , più elementi anatomici
della spalla possono entrare in sofferenza.
Molti studi insegnano che molte affezioni della spalla
avvengono in soggetti a particolare terreno
costituzionale eredo-familiare, vizi strutturali ,
defaillances neuromuscolari ed altre ancora come è
ben evidenziato nei dati seguenti (tab.1):
Incidenza dei fattori eziologici ed associazioni morbose
nella spalla dolorosa:
a) Reumatismi:
b) Diabete:
c) Uricemia:
d) Cardiopatie:
e)Traumi:
f) Trombosi cerebrale
g)Affezioni cranio cerebrali
h)Bronchite cronica:
i)Dismorfismi- Paramorfismi
l)Eziologia incerta
60%
3%
3%
10%
6,5%
6,5%
3%
3%
3%
2%
tab.1
(da“ PATOLOGIA NON TRAUMATICA
SPALLA”, Ricciardi, 1986, modificato)
3.1 SINDROMI DA INSTABILITA’
3.1.1 CENNI DA INSTABILITA’
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
87
DELLA
L’articolazione principale della spalla , la scapoloomerale , essendo dotata del massimo grado di mobilità
nei diversi piani dello spazio, è per ciò intrinsecamente
instabile.
Per un efficiente controllo entrano quindi in gioco
diverse strutture e molteplici forze muscolari come è
evidenziato nello schema sottostante (tab.2) :
Determinanti anatomici della stabilità articolare
STRUTTURE PASSIVE
A) conformazione ossea: -indice gleno-omerale
-congruenza articolare
-tilt glenoideo
-retrorsione testa omere
-doccia bicipitale
B) formazioni capsule legamentose:
-leg. Coraco-omerale
-leg.gleno-omerali
-cercine glenoideo
STRUTTURE ATTIVE
A) gruppi muscolari:
-intrinseci
-estrinseci
Tab.2
La conformazione ossea
La superficie glenoidea, piana e relativamente piccola
si articola con la testa omerale, sferica e piuttosto
grossa.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
88
NOTE
Fig.64 da “PATOLOGIA NON TRAUMATICA DELLA SPALLA, Ricciardi, 1986
L’indice gleno omerale è il rapporto di grandezza tra
queste due superfici, solitamente di 1:4. Ovviamente
maggiore è l’indice , cioè quanto è più grande la
glenoide , tanto migliore sarà la stabilità
articolare(SAHA 1971).
Di una certa importanza risulta anche la congruenza
delle superfici di scorrimento. Se la fossa glenoidea
risulta molto avvallata e con un raggio di curvatura che
si avvicini a quello della testa omerale, il bordo
periferico ne risulterà più rilevato e quindi più
continente(SAHA 1967).
L’inclinazione o tilt glenoideo, e cioè l’orientamento
della faccia glenoidea rispetto all’asse scapolare, è di
7,5° di retroversione in media. Nel 25% dei casi si può
riscontrare una modesta antiversione. L’eccesso di
retroversione , come una spiccata
antiversione
possono favorire l’instabilità.
Anche la retroposizione della testa omerale rispetto
all’asse diafisario è considerato un fattore di stabilità.
Una retroposizione della testa che superi i 30° 40°
diminuirebbe le capacità di stabilità dinamica.
Possibili variazioni morfologiche della doccia , possono
avere valore nella patogenesi di sofferenze del tendine
del capo lungo del bicipite in funzione di stabilizzatore
complementare.
In definitiva le varianti della conformazione ossea
appaiono essere di piuttosto modesta rilevanza sulla
stabilità articolare.
Formazioni capsulo-legamentose
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
89
Un ruolo essenziale nella stabilizzazione della spalla ,
come già descritto nei capitoli precedenti, viene svolto
dalle formazioni capsulo-legamentose.
Nella posizione anatomica di 0° di abduzione, con arto
pendente lungo il tronco , la muscolatura risulta
fondamentalmente inattiva(anche al controllo EMG) e
la stabilità è assicurata dal legamento coraco omerale e
dal gleno-omerale superiore , da considerare i “ veri e
propri legamenti sospensori della spalla”( BAZANT
1959).
Il legamento gleno-omerale medio è lasso in questa
posizione ed entra in tensione solo nel movimento di
rotazione esterna.
Invece abducendo l’arto , è essenzialmente quello
inferiore a tendersi e controllare gli spostamenti anteroinferiori , della testa omerale.
Considerando infine il cercine glenoideo, la sua lesione
è
considerata
essenziale
nel
determinismo
dell’instabilità articolare(Lesione di Bankart). Se esso è
disinserito , i legamenti gleno-omerali vengono a
mancare del punto di attacco sul bordo glenoideo e il
meccanismo capsulare perderà la capacità di entrare
in tensione. Inoltre i legamenti rilassati tendono a
retrarsi(per la componente elastica) e quindi la beanza
impedirà , la formazione di una valida cicatrice.
Permane così una “porta aperta” attraverso cui la testa
omerale potrà fuoriuscire.
Gruppi muscolari
Si possono distinguere due gruppi:
Muscoli intrinseci o stabilizzatori diretti:
Sono la cuffia dei rotatori ed il sottoscapolare implicati
direttamente nella stabilità gleno-omerale, per la loro
azione di centrazione della testa omerale sulla
concavità glenoidea(LUCAS, 1973). Essi circondano la
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
90
testa omerale per 2/3 e inserendosi al collo anatomico
agiscono come legamenti a lunghezza variabile.
Muscoli estrinseci o stabilizzatori indiretti:
Essi agiscono più perifericamente , svolgendo una
duplice funzione: da una parte , fissazione e
orientamento del fulcro scapolare nello spazio, in modo
che venga ad opporsi, nelle condizioni meccanicamente
più favorevoli , alle forze dislocanti che si concentrano
sulla testa omerale; dall’altra controllo dei movimenti
della diafisi omerale.
Guardando più attentamente ed approfonditamente alle
varie sindromi da instabilità si possono fare delle
classificazioni.
Una
di
queste
classificazioni,
puramente
clinica,(G.WALCH,D.MOLE,1991) divide le instabilità in
tre categorie:
1)LUSSAZIONE consiste in una perdita di contatto
completa e permanente tra le superfici articolari , che
provoca un atteggiamento vizioso ed irriducibile
dell’arto superiore e richiede un gesto di riduzione.
2)SUBLUSSAZIONE consiste in una perdita di contatto
parziale, permanente o no , tra le superfici articolari
dell’articolazione scapolo-omerale.
CLASSIFICAZIONE DELLE INSTABILITA’
- Lussazione
- Sublussazione
- Spalla dolorosa pura da incidente di instabil.
anteriore o posteriore
acuta, recidivante, di vecchia data
volontaria o involontaria
con o senza iperlassità inferiore
Tab.3
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
91
NOTE
Tab.3 da “ La spalla dolorosa” Classificazione, trattamento, riabilitazione. Ed.
Marrapese, Roma, 1999
3)SPALLA
DOLOROSA
DA
INCIDENTE
DA
INSTABILITA’ PASSATO INOSSERVATO il soggetto
non lamenta alcuna sensazione di instabilità , ne
descrive nessun incidente che possa far pensare ad
una lussazione o ad una sub-lussazione. Il dolore
occupa un posto di rilievo , risvegliato dal braccio in
posizione “ braccio armato”.
Ovviamente ci sono tantissimi altri tipi di classificazione;
un altra molto interessante a, anche se meno
dettagliata , è quella adottata da Randelli(dell’Istituto
Ortopedico Milano) che suddivide le varie sindromi da
instabilità in base all’eziologia
ed agli spostamenti della testa omerale (tab.4).
CLASSIFICAZIONE EZIOLOGICA DELLA
INSTABILITA’ DINAMICA DELLA SPALLA
volontaria
Atraumatica
idiopatica
I.D.S.
da trauma violento
Traumatica
da trauma iterativo
Tab.4
Tra le forme di origine traumatica , quelle causate da
traumi violenti sono le più numerose. Mentre quelle da
trauma iterativo viene riconosciuto come momento
determinante il ripetersi di violenze articolari, per lo più
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
92
di natura sportiva, che finiscono per danneggiare le
strutture contenitive.
NOTE
Tab.4 da “ Patologia non traumatica della spalla”, Ed.Piccin, Italia, 1989
Le varie sindromi da instabilità possono essere
classificate anche secondo gli spostamenti della testa
omerale; ciò è molto utile , perché permette di
localizzare la sede dove vanno ricercate le lesioni
anatomo-patologiche (tab.5).
Si
devono
distinguere
le
instabilità
unidirezionali(anteriore, posteriore, inferiore di cui
l’anteriore come ho già descritto prima è la più
frequente, dalle instabilità multidirezionali, dove lo
spostamento avviene in più direzioni..
INSTABILITA’ UNIDIREZIONALE
-ANTERIORE
-POSTERIORE
-INFERIORE
INSTABILITA’ PLURIDIREZIONALE
-ANTERO/INFERIORE
-POSTERO/INFERIORE
-GLOBALE
Tab.5
Adesso mi soffermerò su i due tipi di instabilità
principali: quelle anteriori, e quelle posteriori.
3.1.2 LE INSTABILITA’ ANTERIORI
La stabilità della scapolo-omerale dipende come ho già
scritto da tre fattori:
- la morfologia ossea;:
- i muscoli;
- gli elementi capsulo-legamentosi ed il cercine;
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
93
____________________________________________
NOTE
“ Patologia non traumatica della spalla”, Ed.Piccin, Italia, 1989Tab.5 da
Elementi ossei
La teste omerale è convessa ed orientata
posteriormente con un angolo di 30° sul piano frontale.
La glena è concava , il suo diametro trasversale è la
metà della testa omerale, la sua profondità è scarsa ma
viene aumentata del 50% dal cercine glenoideo. La
glena è retroversa rispetto alla squama della scapola di
10°.
Elementi muscolari
Il sottoscapolare inserendosi nella fossa sottoscapolare
e terminando sul tubercolo minore forma una barriera
naturale anteriormente all’articolazione.
Il sottospinoso ed il piccolo rotondo finiscono in un
tendine comune che aderisce alla capsula articolare
posteriore formando la parte posteriore della cuffia.
Il capo lungo del bicipite la stabilizza sempre
anteriormente col suo percorso discendente dalla
tuberosità sopraglenoidea alla doccia bicipitale.
(Adams e Symèonides avevano sostenuto una “teoria
muscolare” per spiegare l’instabilità anteriore. Essi
ritenevano che il sottoscapolare fosse il principale
stabilizzatore anteriore , attraverso un effetto di cinghia
anteriore attiva. Il deficit del suddetto conduceva
all’instabilità.
De Palma sosteneva una teoria simile chiamata “neuro
muscular imbalance”: uno squilibrio primitivo tra
sottoscapolare e sottospinoso portava all’instabilità
anteriore quando lo squilibrio si produceva a vantaggio
del sottospinoso. Tali teorie sono attualmente
abbandonate.).
Elementi capsulo-legamentosi e cercine
LGOS è il più piccolo e costante .Non gli viene
riconosciuto alcun ruolo nella stabilizzazione anteriore.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
94
LGOM è di dimensione variabile si inserisce
esternamente sul collo anatomico dell’omero e la sua
porzione inferiore è nascosta da legamento inferiore.
LGOI è il più lungo ed il più largo dei legamenti glenoomerali.
Secondo TURKEL vi si possono riconoscere due
porzioni : il fascio superiore ed il recesso ascellare, più
inferiore.
CERCINE elemento indissociabile nel duo studio dal
LGOI.
Questi
due
elementi
possono
considerarsi
schematicamente come una sola identica struttura. Sul
piano istologico il cercine è di natura fibrosa come il
LGOI con uno strato molto sottile di fibrocartilagine sul
punto d’inserzione sulla glena.
Sul piano anatomico, la loro inserzione glenoidea è
comune, il che conferisce loro lo stesso ruolo
funzionale.
Se tali e tanti sono i meccanismi di controllo della
stabilità articolare , è evidente che alla base delle
sindromi di instabilità debba esservi una altrettanto
molteplice anatomia patologica, che può interessare o
la componente ossea , o le formazioni capsulolegamentose o le masse muscolari.
Anatomo-patologia dell’instabilità anteriore
Lesioni ossee:
Fratture glena: sono causate o da un trauma in
compressione da una caduta sul moncone della spalla
oppure da una lacerazione osteo-legamentosa a
seguito di un movimento in retropulsione , abduzione ,
rotazione
esterna(il
braccio
è
“strappato”
posteriormente come per es. nell’atto di piantare le
racchette da sci).Alcune di queste fratture sembra
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
95
consolidarsi correttamente, altre invece evolvono verso
una pseudo-artrosi , fonte di instabilità.
Smussamento
glena:
fenomeno
che
deriva
dall’erosione progressiva del margine antero-inferiore
dovuta al passaggio della testa omerale. Tale lesione è
di grado variabile può presentarsi sotto forma di
semplice smussamento dell’angolo acuto anteroinferiore , fino all’angolo smusso che coinvolge tutto il
margine antero-inferiore.
Fratture da impatto: è anche conosciuta come lesione
di Hill-Sachs, corrisponde ad una frattura da impatto
della faccia postero-superiore della testa omerale sul
margine antero-inferiore della glena. La lesione va da
una semplice abrasione cartilaginea ad un vero cratere
osseo.
Fratture del tubercolo maggiore : vi sono due cause :
può trattarsi di un impatto sul margine glenoideo
anteriore, o può trattarsi di uno strappo dovuto ai tendini
della cuffia dei rotatori.
Fratture della coracoide: sono rare e difficilmente
diagnosticabili; sono dovute ad un impatto con la testa
omerale.
Lesioni legamentose:
Si dividono in traumatiche e costituzionali:
TRAUMATICHE
Lesione di Bankart : secondo Bankart(1934) è la
lesione essenziale della stabilità anteriore della spalla.
Si manifesta con una disinserzione del cercine e del
LGOI. Se la lesione continua anteriormente ed
internamente al collo omerale, forma il distacco
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
96
capsulo-periosteo di Broca(BROCA HARTMAAN,
“Contribution à l’etude des luxation de l’epaule” PARIS,
1890)
Come già descritto il cercine rappresenta l’inserzione
della capsula sul bordo glenoideo ed è in realtà
l’elemento” catenaccio”(L’INSTABILITA DINAMICA
DELLA SPALLA, Randelli)della stabilità articolare.
Molteplici possono essere i quadri anatomo-patologici:
- rottura del cercine, che può essere variamente
frammentato, a flap libero o a manici di secchio;
- avulsione dal bordo glenoideo osseo del cercine
attaccato alla capsula;
- frattura del bordo osseo glenoideo, senza distacco del
cercine; etc.
Breccia nel sistema capsulo-legamentoso anteriore: in
questo caso il cercine rimane inserito sulla glena,
mentre è il LGOI, a lacerarsi creando una breccia nel
sistema capsulo-legamentoso anteriore che porta alla
faccia profonda del sottoscapolare.
COSTITUZIONALI
In queste lesioni si riscontra un’iperlassità inferiore
costituzionale
bilaterale
dell’articolazione
gleno
omerale.
Ci sono due ipotesi patogenetiche: o si tratta di una
lesione tissutale con prevalenza di fibre elastiche su
quelle collagene, oppure di una lesione del “rotator cuff
interval” e in particolar modo del legamento coracoomerale atrofico o assente che fa pensare ad una
escursione anormale della testa omerale verso il
basso.(INSTABILITA’ E LUSSAZIONI DELLA SPALLA,
1991, G.WALCH,D.MOLE’)
Rotture del sottoscapolare con lussazione capo lungo
bicipite:
costituiscono la lesione più temibile perché presentano
molte difficoltà operatorie.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
97
Si manifesta l’assenza di formazione
aponeurotica anteriormente all’articolazione.
muscolo-
Rotture dei tendini sopraspinoso e sottospinoso:
si possono verificare rotture parziali della faccia
profonda o totali.
Lesioni muscolari:
Molti autori hanno insistito sulle lesioni dl muscolo
sottoscapolare , definito come il “guardiano della
spalla”(PATOLOGIA NON TRAUMATICA DELLA
SPALLA,Ricciardi,1986).Sono stati supposti difetti
d’inserzione , anomalie di conformazione e lassità
muscolare con perdita di tonicità.
Questa minor validità funzionale del sottoscapolare
,porterebbe ad uno squilibrio tra muscoli intra ed extrarotatori, rendendo precarie le condizioni di stabilità.
Tuttavia ricerche sperimentali di Turkel (1981), e
Ovesen (1985) hanno dimostrato che, a strutture
capsulo-legamentose integre la sezione completa del
muscolo sottoscapolare non determina dislocazioni
della testa omerale nell’abduzione fino a 45°.Da
ricordare che già nel movimento di abduzione il
sottoscapolare tende a spostarsi cranialmente
lasciando scoperta la porzione capsulare anteroinferiore , su cui vengono a concentrarsi le forze di
tensione.
In definitiva ,la patologia delle strutture muscolotendinee sembra una perdita della posizione
concentrica della testa omerale sulla glenoide ,
innescando i fenomeni di instabilità.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
98
3.1.3 LE INSTABILITA’ POSTERIORI
La stabilita posteriore della scapolo-omerale è data
dall’obliquità della scapola sulla gabbia toracica, che
costituisce il primo elemento di stabilità posteriore. La
glena forma così un sostegno posteriore naturale ,su
cui va ad appoggiarsi la testa omerale quando il braccio
viene utilizzato anteriormente rispetto al piano del
corpo.
Elementi ossei: la retroversione della glena è di 10° in
rapporto alla squama della scapola, la testa omerale è
rivolta posteriormente e il suo angolo di retrotorsione è
variabile , media 20/30°.Se il primo supera i10° ed il
secondo i 40° si tratta di fattori di instabilità.
Comunque di solito gli elementi ossei presentano degli
angoli compresi nei valori normali e non costituiscono il
fattore causale dell’instabilità posteriore(LA SPALLA
DOLOROSA, Autori vari,1999)
Elementi muscolari: i tendini del sottospinoso e del
piccolo rotondo costituiscono una cinghia funzionale
rispetto alla faccia posteriore dell’articolazione. Ovesen
nel corso di studi(ANTERIOR AND POSTERIOR
SHOULDER INSTABLITY, Ovesen, 1986), ha
dimostrato che la rottura di questi due tendini era
necessaria perché si ottenesse una lussazione
posteriore della testa omerale. Comunque sembra che i
muscoli della cuffia non possano essere coinvolti
direttamente nella patologia delle instabilità posteriori.
Di contro ,i muscoli periarticolari hanno un ruolo non
trascurabile:
deltoide,
gran
rotondo
e
gran
dorsale.(INSTABILITA’
E
LUSSAZIONI
DELLA
SPALLA, G.WALCH,D.MOLE’)
Elementi capsulari e cercine: un rinforzo posteriore
del LGOI, chiamato “posterior band”(ARTHROSCOPIC
SHOULDER
ANATOMY,DETRISAC,1988)
è
di
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
99
riscontro raro. I lavori sperimentali di Weber e Caspari
hanno dimostrato che non esisteva una struttura
legamentosa isolata che agisse nel controllo posteriore,
ma che questa funzione era assicurata dalla capsula
nel suo insieme.
Anatomo-patologia dell’ instabilità posteriore
Lesioni ossee: le fratture del bordo posteriore della
glena , contrariamente alle fratture anteriori, sono molto
rare.
Lesioni tendinee: esistono solo dal punto di vista
teorico, dovute a stiramento, ma non sollevano
problemi, salvo che nel caso di rotture massicce della
cuffia.
Lesioni della capsula e del cercine: si tratta della
klesione di Bankart posteriore , cioè la disinserzione
del cercine e della capsula del bordo posteriore della
glena, che è la lesione di base nelle lussazioni
posteriori recidivanti.
Come nelle forme anteriori , l’iperlassità inferiore della
capsula è un elemento costante nelle forme
atraumatiche.
Concludendo questo capitolo mi soffermerò un attimo
delle lussazioni che rappresentano ovviamente la
principale forma di instabilità della scapolo-omerale.
3.1.4 Lussazione anteriore
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
100
Questa lesione è riconosciuta come quella di più
frequente riscontro delle lussazioni dell’organismo.
E’ molto importante distinguere le forme traumatiche da
quelle non traumatiche.
La lussazione traumatica deriva il più delle volte da una
caduta che può essere determinata da un meccanismo
diretto (caduta sul moncone); oppure indiretto(caduta
sul braccio teso).La lussazione atraumatica segue ad
un gesto banale o ad un trauma che in un soggetto
normale viene giudicato insufficiente per provocare una
lussazione(es. durante una nuotata).
Il dolore si manifesta in maniera violenta e la
deformazione della spalla è caratteristica , con il colpo
di ascia esterno che sottolinea i rilievi dell’acromion e
realizza un aspetto a spallina.
Vi sono vari tipi di lussazioni anteriori a seconda della
posizione della testa dell’omero rispetto alla coracoide.
Lussazione extracoracoidea : qui la testa omerale è
antero-inferiore a cavallo sul margine glenoideo.
Lussazione sottocoracoidea: è quella più frequente ,la
testa omerale si trova anteriormente al collo della
scapola.
Lussazione intracoracoidea: la testa omerale è situata
nella fossa sottoscapolare contro la gabbia costale e
sotto la clavicola.
Man mano che lo spostamento della testa omerale
progredisce verso l’interno, le lesioni dei legamenti e
dei tendini diventano sempre più importanti ed
aumentano i rischi di complicazioni vascolo-nervose.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
101
Fig.54
1- NERVO CIRCONFLESSO
2-PROFILO DEL NERVO
DELTOIDE
3-NERVO PICCOLO ROTONDO 4-NERVO
GRANDE ROTONDO %-CAPOLUNGO DEL NERVO BICIPITE
Per esempio: la lesione del nervo ascellare che
determina una paralisi totale del muscolo deltoide
(fig.54).
Un’altra complicazione molto importante in seguito a
lussazione della scapolo-omerale è il distacco dal bordo
glenoideo della capsula e del cercine (fig.55).
NOTE
FIG.54 DA “CLINICA ORTOPEDICA” Manuale atlante Mancini,ed Piccin,Italia
1993
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
102
Fig.55
1-CERCINE GLENOIDEO
2-CAPSULA ARTICOLARE
CAVITA’ GLENOIDEA 4-TESTA OMERALE
3-
Il problema è che questo distacco fibrocartilagineo,
anche a riduzione avvenuta, non ripara; resta in tal
modo diminuita la già modesta capacità contenitiva
della glenoide. Bastano allora sollecitazioni anche
irrilevanti ( come il nuoto , elevazione dell’arto per
sostenersi etc..)a provocare una recidiva della
lussazione.
Da sottolineare ,per quanto riguarda l’influenza dell’età
sulle lussazioni recidivanti, che più il soggetto è
giovane, più è grave il rischio di recidiva.
Ovviamente i tre tipi di lussazione elencati sopra , non
comprendono tutte le lussazioni possibili; la tabella
seguente ne mostra una panoramica più completa
(tab.6):
____________________________________________
NOTE
Fig.55 da Clinica ortopedica
C.,ed.Piccin,Italia,1993
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
103
“Manuale
atlante”Mancini
A..Morlacchi
Tab.6
Anteriori:
Posteriori:
Sottocoracoidea (fig.56a)
sottoglenoidea (fig.56b)
intracoracoidea (fig.56c)
Sottoclavicolare (fig.56d)
Sopracoracoidea (fig.56e)
sottoacromiale (fig.56f)
sottospinosa (fig.56g)
(N.B: le lussazioni sono messe in ordine di frequenza)
(dati da “Clinica ortopedica”,Mancini A., Morlacchi
ed.Piccin,Italia,1993)
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
104
C.
I VARI TIPI DI
LUSSAZIONE
Fig.56
NOTE
Fig. 56 da Clinica ortopedica “Manuale atlante” Mancini A.,Morlacchi C.,ed.
Piccin,Italia 1993
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
105
3.1.5 Lussazione posteriore
Sono molto più rare delle anteriori e la principale e
quella ad eziologia traumatica. E’ comunque una
lussazione di raro riscontro (dall’1% al 4% della
lussazione della spalla).(dati da “LA SPALLA
DOLOROSA”, Autori vari,1999)
Viene riscontrata nel soggetto adulto di solito maschio
in due circostanze:
- crisi di epilessia ed elettroshock che portano una
contrazione muscolare; a causa della prevalenza dei
rotatori interni su gli esterni, la testa omerale viene
lussata posteriormente;
- gli incidenti stradali o le risse;
- alcuni sport.
E’ da sottolineare che sulla base della sintomatologia
clinica è possibile riconoscere una serie di quadri clinici
caratterizzati da una progressività evolutiva(PATTE).
tab.7
Il primo quadro è rappresentato dalla spalla dolorosa
instabile di difficile , perché di solito i pazienti non sono
consci dell’instabilità articolare e lamentano l’improvvisa
sintomatologia dolorosa al compiere un determinato
movimento(PATTE, 1985) (tab.7).
___________________________________________
NOTE
Tab 7 da Patologia non traumatica della spalla AA VV,ed.Piccin,Venezia,1986
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
106
Altri autori(Randelli, PATOLOGIA NON TRAUMATICA
DELLA SPALLA,1986)definiscono questi quadri con il
nome di “distorsione recidivante”, in quanto non vi è
una vera e propria perdita dei rapporti articolari , ma
uno stiramento delle formazioni capsulo-legamentose.
La fase successiva è rappresentata dalla spalla
propriamente instabile , in cui si ha la sensazione di
lussazione imminente.
Poi si hanno le sindromi più conclamate di totale
instabilità ,caratterizzate da episodi di lussazione, che
possono essere intervallati da periodi di apparente
normalità.
3.1.6 Conclusioni
In un articolazione instabile , qual è la scapolo-omerale
, è evidente che non può esistere una singola struttura
che sia permanentemente (cioè su tutto l’arco del
movimento) responsabile della stabilità dinamica della
spalla, ma le diverse strutture anatomiche(attive e
passive) intervengono in maniera complementare e
selettiva nell’assicurare un valido controllo.
E’ da sottolineare che nella fisiologia dell’articolazione
assume importanza non tanto la congruenza
geometrica( importante i altre articolazioni), ma
piuttosto l’equilibrio funzionale dei capi articolari.
Il disequilibrio scapolo-omerale , o più esattamente
gleno-omerale, può farci intravedere un unico
meccanismo fisiopatologico alla base di due capitoli
della patologia della spalla: l’eccentricità verso il
basso dei capi articolari, darà origine ai fenomeni di
instabilità gleno-omerale, riguardo ai quali ho scritto in
questo sotto-capitolo; l’eccentricità verso l’alto
condizionerà l’instaurarsi di fenomeni “periartitici” e
della patologia della cuffia dei rotatori, riguardo ai quali
scriverò nel prossimo (fig.57).
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
107
Fig.57
DISEQUILIBRI GLENO-OMERALI
3.2 LA PATOLOGIA ACROMIO-OMERALE
La patologia acromio-omerale comprende molteplici
condizioni
patologiche
causate
da
alterazioni
degenerative primitive delle strutture periarticolari della
spalla o da un abnorme attrito tra l’arco coracoacromiale e l’estremità prossimale dell’omero.
Questa patologia comprende una serie di condizioni
patologiche che riguardano le strutture: borsa
sottoacromiale, tendini della cuffia e del capo lungo del
bicipite, che occupano lo spazio compreso tra l’arco
coraco-acromiale e l’estremità prossimale dell’omero.
Questo spazio , denominato “seconda articolazione
della spalla”(De Sèze)è delimitato superiormente dal
muscolo deltoide e dall’arco osteo-legamentoso
coraco-acromiale, a sua volta formato dall’acromion
osseo , dal legamento coraco-acromiale ; inferiormente
esso è in rapporto con l’articolazione scapolo-omerale.
NOTE
Fig.57 da Patologia non traumatica della spalla AA VV ed.Piccin,Venezia,1986
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
108
In questo spazio denominato “outlet ( dall’inglese,
sbocco)del
sopraspinoso”(BIOMECCANICA
DELL’ARCO CORACO-ACROMIALE, E DELLA
CUFFIA DEI ROTATORI,Miller,Bigliani,Flatow), perché
vi passa , appunto, il tendine di tale muscolo, sono
compresi anche la cuffia dei rotatori e la borsa sierosa
sottoacromio-deltoidea.
In vecchie classificazioni queste affezioni venivano
indicate comprensivamente con il termine di “periartrite
scapolo-omerale” che al vantaggio di accomunare
affezioni
correlate
patogenicamente,
univa
lo
svantaggio della non precisione nosologica.
Alcuni autori classificano queste affezioni in questo
modo:(Postacchini, “LA PATOLOGIA ACROMIOOMERALE”,1986)
1)tendiniti, tendinosi della cuffia
2) sindrome da attrito acromio-omerale
3) rottura della cuffia dei rotatori
4) patologia del tendine del capo lungo del bicipite
4) rotture associate cuffia e tendine bicipitale
Altri invece utilizzano un’altra classificazione, in base a
sede , struttura colpita e patologia:
tab.8
NOTE
Tab.8 La Spalla “Anatomia clinica diagnostica per immagini e terapia” Faletti C.,
Indemini E.,ed. Masson,Italia,1993
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
109
Un’altra classificazione interessante è quella di Celli(LA
SPALLA.
PATOLOGIA
DEGENERATIVA
PERIARTICOLARE,Celli,1990) che divide la vecchia
“periartrite della spalla” in quattro quadri diversi, in base
al tipo, alla sede ed alla modalità del dolore:
1)spalla acuta anteriore: dove s’intende un quadro di
flogosi limitata al tendine del sopraspinoso e/o al
tendine del capo lungo del bicipite;
2)spalla acuta globale : la flogosi ha ancora l’aspetto
acuto ma il dolore è più esteso essendo compromessa
anche la borsa sottodeltoidea;
3)spalla cronica anteriore 4)spalla cronica globale:
in entrambe il quadro clinico è cronico ed il dolore più
esteso.
Questa classificazione ha il vantaggio della semplicità
di applicazione ma non vi è correlazione immediata con
la causa della degenerazione.
Mentre la classificazione di Neer(LA SPALLA, Anatomia
Clinica, Diagnostica…., Faletti,Indemini,1993) divide
schematicamente la patologia degenerativa in due
gruppi in base all’eziopatogenesi:
1) sindromi da conflitto;
2) patologie primitive;
Le sindromi da conflitto sono poi ulteriormente divise in
due gruppi separati: sindromi da conflitto correlate al
restringimento del canale osteofibroso coracoacromiale(outlet impingement)e quelle non correlate ad
esso(non outlet impingement).Vedi tabella sottostante
(tab9):
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
110
Tab.9
SINDROME DA CONFLITTO
CONFLITTO CORRELABILE AL RESTRINGIMENTO DEL
CANALE ACROMIO-CLAVEARE
- OSTEOFITA ANTERIORE DELL’ACROMION
- DISPALSIA DELL’ACROMION
- DELL’ARTICOLAZIONE ACROMIO-CLAVEARE
CONFLITTO NON CORRELABILE AL RESTRINGIMENTO
DEL CANALE ACROMIO-CLAVEARE
- PROMINENZA DEL TROCHITE
Pseudo artrosi
Difetto di consolidazione
- ASSENZA DEI DEPRESSORI DELLA TESTA
OMERALE
Lesione della cuffia dei rotatori
Rottura del tendine del capoluogo del bicipite
- PERDITA DEL FULCRO GLENO OMERALE
Patologia della glena o dell’omero per
trauma,patologia infiammatoria cronica (artrite
reumatoide),patologie degenerative (artrosi)
Instabilità legamentosa multidirezionale
- PERDITA DEL MECCANISMO SOSPENSORE
Lussazione inveterata acromio claveare
Paralisi del trapezio
- DIFETTO DELL’ACROMION
Congenito
Nucleo acromiale isolato
Pseudoartrosi
- BORSA E/O TENDINI DELLA CUFFIA DI
AUMENTATO SPESSORE
Depositi di calcio
Borsite cronica
- PERDITA O ALTERATO USO DEGLI ARTI INF.
Paraplegia
Amputazioni
Artrosi
__________________________________________
NOTE
Tab.9 da La Spalla “Anatomia clinica diagnostica per immagini e terapia” Faletti C.,
Indemini E.,ed. Masson,Italia,1993
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
111
Analizziamo più attentamente queste varie patologie,
emerse da queste classificazioni, soffermandoci su
quelle più frequenti:
3.2.1 Tendinopatia calcifica e Tendinosi della Cuffia
Tendinopatia calcifica :è una patologia che comporta il
deposito di sali di calcio nella cuffia (fig.58).
Fig.58
1-CALCIFICAZIONE DEL TENDINE DEL SOVRASPINOSO
2-CALCIFICAZIONE PERIARTICOLARE
Ci sono varie teorie per spiegare questa deposizione:
- secondo alcune ,la deposizione si verifica in aree di
tessuto
tendineo
in
preda
ad
alterazioni
degenerative(De Palma 1963)
- secondo teorie più recenti , i sali di calcio si
depositano in
aree di metaplasia( dal gr.
Trasformazione composto da metà e plàssein,
plasmare modellare)fibrocartilaginea del tessuto
tendineo(Uthoff,1976).
NOTE
Fig.58 da
Clinica ortopedica “Manuale atlante”Mancini A.,Morlacchi C.,ed. Piccin,Italia 1993
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
112
A sostegno di queste ultime vi è il frequente rilievo,
intorno a depositi calcifici dei tendini della cuffia di aree
in cui le cellule presentano caratteristiche morfologiche
diverse.
Una volta formatosi , il deposito di calcio può
mantenersi od evolversi verso il riassorbimento,
attraverso un processo di fagocitosi macrofagica,
conseguente ad una fase di proliferazione vascolare
intorno ai depositi calcifici o per uno svuotamento del
deposito
nella
borsa
sottoacromiale,
previa
colliquazione dello stesso, probabilmente determinata
da un aumento della vascolarizzazione locale.
Ambedue i meccanismi spiegano il dolore che
caratterizza le forme sintomatiche della tendinopatia.
Il dolore può essere correlato alla proliferazione
vascolare ed alla conseguente iperemia che
caratterizza la fase di riassorbimento del deposito,
oppure da una reazione infiammatoria e ad una
distensione della borsa sottoacromiale per un rapido
aumento di volume del deposito calcifico.
Tendinosi: le strutture tendinee vanno incontro , con
l’avanzare dell’età ad alterazioni degenerative, come la
degenerazione ialina , mucoide , fibroide etc, che sono
espressione del normale processo di senescenza.
Alcuni soggetti , peraltro, presentano alterazioni , più
marcate di quanto comporti l’età, ed analogamente
alcuni tendini vanno incontro ad alterazioni più spiccate.
I tendini della cuffia dei rotatori , che sono coinvolti nella
dinamica funzionale della più mobile delle articolazioni,
sono tra le strutture tendinee sottoposte a maggior
carico funzionale.
Vi è ormai un accordo generale che le lesioni della
cuffia abbiano una genesi multifattoriale, includendo
fattori
estrinseci , così come una sindrome da contatto
sottoacromiale , un sovraccarico meccanico, la
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
113
presenza di stress ripetitivi , e fattori intrinseci, come
un’alterata vascolarizzazione , un’alterazione delle
caratteristiche tensili etc.
Nella cuffia sana di un giovane , i tendini sono più
resistenti dell’osso stesso. Una frattura da avulsione a
carico del tubercolo maggiore omerale è più frequente
che non una lesione tendinea. Così , quando , in
seguito a un trauma , si verifica una lesione tendinea è
possibile che i tendini fossero già stati indeboliti da
degenerazioni precedenti.
Studi che utilizzando delle microinfusioni hanno valutato
l’anatomia vascolare della cuffia , hanno supportato
l’ipotesi
che
vi
fosse
una
zona
“ipovascolarizzata”all’interno della porzione tendinea
del tendine sopraspinato(THE VASCULAR ANATOMY
OF THE ROTATOR CUFF, Rothman R., Parke
W.,1965, RUPTURES OF THE APONEOROSIS OF
THE SHOULDER JOINT, Lindblom K., Palmer I.,1939).
Altri studi sulla microvascolarizzazione hanno mostrato
che la vascolarità diminuisce nel tessuto della cuffia
degli individui anziani, quando questo venga comparato
con
il
tessuto
della
cuffia
di
soggetti
giovani(PATHOLOGY AND PATHOGENESIS OF
BURSAL-SIDE ROTATOR CUFF…., Fukuda H.,
Hamada K., Yamanaka K. 1990).
Altri studi hanno fatto notare che l’apporto ematico al
tendine del sopraspinato dipende dalla posizione del
braccio, diventando relativamente ipovascolare quando
venga
eseguita
una
micronfusione
ad
arto
addotto(Rathnub, Macnab).
Inoltre altri studi sulla pressione dello spazio
sottoacromiale hanno dimostrato che il sollevamento di
un chilo può aumentare la pressione di contatto
sottoacromiale in modo tale da bloccare completamente
la microcircolazione, suggerendo così che vi possa
essere una compromissione dinamica dell’apporto
vascolare legata all’attività della vita di tutti i
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
114
giorni(PRESSURE
RECORDINGS
IN
THE
SUBACROMIAL BURSA, Autori vari,1988).
Tuttavia , altri studi hanno messo in dubbio il ruolo
della ipovascolarizzazione relativa come causa delle
lesioni tendinee(Brooks).
Quindi , considerando le varie teorie , il ruolo
dell’ipovascolarizzazione come fattore patogenetico
nella patologia degenerativa della cuffia , è ancora poco
chiaro.
Altri ricercatori , hanno invece ipotizzato che una
degenerazione dei tendini potrebbe derivare da una
incompleta risposta riparativa. Dei microtraumi ripetitivi
potrebbero causare delle “microlesioni” che superando
le capacità riparative del tendine , causerebbero una
disorganizzazione delle fibre(TEARS OF THE
HUMERAL ROTATOR CUFF, Cotton R., 1964).
Le alterazioni degenerative riducono la resistenza
meccanica del tendine , che può facilmente andare
incontro ad interruzioni parcellari o ad una rottura a
tutto spessore..
3.2.2 “IMPINGEMENT”
Sindrome da attrito acromio-omerale
La
sindrome
da
attrito
acromio-omerale
o”impingement”( dall’inglese: to impinge, ledere)è
causata da un abnorme attrito tra l’arco coracoacromiale, da un lato e il tubercolo maggiore omerale
ed i tendini della cuffia dei rotatori dall’altro.
Per usare una definizione di Neer: “…al momento
dell’elevazione del braccio in rotazione interna sul piano
della scapola, l’inserzione del sopraspinoso e il capo
lungo del bicipite vengono in conflitto con il becco
acromiale anteriore e con il legamento acromiocoracoideo. Tale conflitto si verifica quando le capacità
funzionali della borsa sottoacromio-deltoidea vengono
superate e le lesioni all’interno dei tendini della cuffia
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
115
evolvono in tre stadi. Stadio 1: edema e
microemorragie, Stadio 2: fibrosi e tendinite, Stadio 3:
modifiche a livello osseo e rottura del tendine.”
(IMPINGEMENT LESIONS, Neer, 1983).
Questo attrito può essere conseguente a varie
condizioni patologiche : abnorme incurvamento verso il
basso e/o osteofitosi del margine anteriore
dell’acromion, osteofitosi dell’acromion all’inserzione del
legamento coraco-acromiale, ipertrofia degenerativa e/o
osteofitosi dei capi dell’articolazione acromioclavicolare, alterazioni post-traumatiche, forma e
volume del trochite omerale, riduzione dell’ampiezza
dello spazio dello spazio acromio-omerale per rottura
del tendine del capo lungo del bicipite o deficit
funzionale degli altri depressori.
In assenza di queste condizioni patologiche ,
l’eccessivo attrito acromio-omerale può essere attribuito
ad eccessivo uso dell’arto superiore al di sopra del
piano della spalla.
Ciò si verifica in sportivi e lavoratori manuali che
eseguono con elevata frequenza movimenti di flessione
ed abduzione dell’arto oltre i 90°.
Una delle condizioni patologiche, causanti l’attrito, più
studiate è la morfologia dell’acromion.
Nel
1972,
Neer
affermò
(ANTERIOR
ACROMIOPLASTY FOR CHRONIC IMPINGEMENT IN
THE SHOULDER, Neer,1972)che le differenze nella
dimensione e nella forma della struttura dell’arco
coraco-acromiale erano importanti per comprendere lo
sviluppo e la patologia della cuffia dei rotatori. Questo
Autore identificò nella porzione inferiore del terzo
inferiore dell’acromion , nel legamento coracoacromiale e nell’articolazione acromion-claveare le arre
in cui i tendini della cuffia venivano principalmente
compressi e danneggiati.
Altri studiosi dimostrarono che vi era un’associazione
tra le modificazioni qualitative della forma dell’acromion
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
116
e l’incidenza di lesioni a tutto spessore della cuffia dei
rotatori.
In uno studio su 140 cadaveri, furono descritti tre tipi di
acromion identificati mediante delle radiografie laterali
(fig.59).
Questi diversi tipi includevano un tipo 1, o acromion
piatto nel 17% dei casi, o acromion curvo nel 43% dei
casi e il tipo 3, o acromion a uncino , nel 40%.Vi era un
aumento delle lesioni della cuffia nei soggetti con
acromion , tipo 3.(THE MORPHOLOGY OF THE
ACROMION
AND
ITS
RELATHIONSHIP
TO
ROTATOR CUFF, Bigliani e col.,1986).
1
2
3
Fig.59
CLASSIFICAZIONE
DI
BIGLIANI
MORFOLOGIA DELL’ACROMION
IN
BASE
ALLA
1-PIATTO 2-CURVO 3-AD UNCINO
NOTE
Fig.59 da“BIOMECCANICA DELL’ARCO CORACO-ACROMIALE E DELLA
CUFFIA DEI ROTATORI” Miller, Flatow, Bigliani
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
117
Concludendo questo argomento è importante
evidenziare che è sempre di Neer la moderna
classificazione delle “Impingement Syndromes”(termine
moderno, un po’ più ampio delle sindromi da attrito
acromio-omerale, che indica l’insieme delle condizioni
patologiche degenerative dei tendini della cuffia, ma
anche della borsa subacromiale e del capo lungo del
bicipite, causate dall’attrito con l’arco acromio-omerale).
Neer, come si nota nella tabella n° a pag.67, classifica
queste lesioni degenerative in due gruppi separati:
1) outlet impingement; 2) non outlet impingement;
Il primo gruppo comprende le sindromi da attrito
determinate dal restringimento del canale coracoacromiale entro il quale scorre il tendine del
sovraspinoso. Questa è secondo Neer la patologia
dolorosa cronica , più frequente nelle spalla.
Le cause sono :
osteofita
anteriore: displasia
dell’acromion; eventuali modificazioni congenite del
profilo e dell’angolo acromiale possono essere alla
base di forme giovanili da attrito;
irregolarità
dell’articolazione acromion-claveare: la sporgenza della
sua superficie anteriore può essere tale da determinare
il conflitto del sovraspinoso nell’abduzione oltre i 70°.
Mentre il secondo gruppo comprende i casi in cui il
canale acromio-coracoideo è solitamente regolare , il
conflitto avviene per attrito tra le strutture molli
periarticolari e l’acromion per un’alterata meccanica del
movimento, a sua volta secondaria a patologia
dell’omero, o della scapola, come per esempio:
prominenza del tubercolo maggiore: causato da un
dismorfismo congenito; vizio di consolidazione del collo
omerale: la cuffia dei rotatori entra in conflitto con la
scapolo-omerale durante i movimenti; perdita dei
depressori della testa omerale: la lesione dei muscoli
tonici stabilizzatori(depressori della testa) permette ai
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
118
muscoli fasici l’innalzamento della testa omerale e non
più l’abduzione. Le lesioni della cuffia dei rotatori e del
tendine del capo lungo del bicipite sono quindi causa
sia iniziale che mantenente il conflitto: è un circolo
vizioso.
Le ipersollecitazioni funzionali e/o le alterazioni
strutturali delle componenti osteo-legamentose si
riflettono sulla borsa sottoacromiale determinando
inizialmente alterazioni flogistiche acute e non. In uno
stadio successivo la borsa va incontro a flogosi cronica
responsabile di un ispessimento delle sue pareti .Se,
nonostante, l’ispessimento della borsa , la cuffia dei
rotatori è sottoposta ad un eccessivo attrito contro l’arco
coraco-acromiale , possono verificarsi alterazioni
strutturali sia dei tendini della cuffia , sia del tendine del
capo lungo del bicipite.
I
primi
possono
subire
microlacerazioni
e
successivamente erosioni superficiali o rotture parziali ;
il secondo può presentare una tenosinovite cronica e
rotture parcellari del ventre tendineo.
Nei casi tipici il dolore è presente nell’arco di
movimento compreso tra 70° e 120°, corrispondente
alla fase di scivolamento del trochite al di sotto dell’arco
coraco-acromiale(fig.60, 61). Il dolere è acuito dalla
pressione digitale al davanti del margine anteriore
dell’acromion, soprattutto se associata a flessione o
abduzione passiva dell’arto, o dalla sola flessione
passiva del braccio oltre i 90°( fig.60 E 61).Quest’ultima
manovra “test di attrito” è considerata patognomonica
della sindrome da attrito acromio-omerale.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
119
Fig.60
Fig.61
Fig.60-TEST DI ATTRITO ACROMIO-OMERALE FLESSIONE
FORZATA DEL BRACCIO
Fig.61-VALORE NELLA FLESSIONE ATTIVA DEL BRACCIO
OLTRE I 90°
Nella gran parte dei casi la sindrome si risolve con il
trattamento conservativo: terapia medica antiflogistica ,
fisioterapia.
____________________________________________
NOTE
Fig.60 e fig.61da “PATOLOGIA NON TRAUMATICA DELLA SPALLA, Ricciardi,
1986
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
120
3.2.3 Rotture della cuffia dei rotatori
Con questo termine vengono indicate “le lesioni con
soluzione di continuità all’interno della cuffia , che
provocano un passaggio del prodotto di contrasto tra
l’articolazione
gleno-omerale
e
la
borsa
sottoacromiale”(TRATTAMENTO
CHIRURGICO
DELLA SPALLA DOLOROSA DA LESIONI DELLA
CUFFIA….,Walch, Boileau, Noel, Liotard).
La rottura dei tendini della cuffia è dovuta ad alterazioni
degenerative del tessuto tendineo, che possono essere
primitive o conseguenti a fenomeni di attrito acromioomerale. Alle alterazioni degenerative si può
sovrapporre un evento traumatico , che , vincendo la
ridotta resistenza meccanica dl tessuto tendineo ne
determina la rottura.
La rottura interessa di solito soggetti in età media o
senile. Al di sotto dei 40 anni la lesione è rara. Sono
colpiti di preferenza i soggetti maschi che svolgono , o
hanno svolto nella vita lavorativa, attività manuali. Dei
due lati , il più frequentemente interessato è quello
dominante.
La rottura tendinea può essere parziale o completa:
Rotture parziali: in questo caso la lesione può
interessare la superficie bursale o , più raramente
quella articolare della cuffia. Queste rotture
costituiscono una forma intermedia tra le tendiniti e le
rotture complete. Possono essere distinte in tre forme
anatomiche : superficiali, intratendinee o profonde
(fig.62).
La loro eziopatogenesi è ,molto diversa , ma il punto in
comune è dato dal dolore , ad insorgenza soprattutto
notturna, che impedisce al soggetto di dormire sulla
spalla.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
121
fig.62
ROTTURA PARZIALE DELLA CUFFIA
a-SUPERFICIALE b-INTRATENDINEA
SMUSSAMENTO SUPERFICIALE
c-PROFONDA
d-
Rotture complete: in questo caso la lamina tendinea è
interrotta a tutto spessore per un ‘estensione variabile.
Alcuni autori(G.Walch, P.Boileau, E.Noel, J.Liotard)
sottolineano che il termine “rottura completa” è
senz’altro scorretto perché tra una rottura del
sopraspinoso o del sottoscapolare esiste tanta
differenza quanto quella tra una rottura dei legamenti
crociati anteriori o posteriori nel ginocchio.
NOTE
Fig.62 da TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLA SPALLA DOLOROSA DA
LESIONI DELLA CUFFIA….”,Walch, Boileau, Noel, Liotard
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
122
Esistono molte classificazioni per la rottura della cuffia
(tab10) :
Tab.10
LE PRINCIPALI CLASSIFICAZIONI
NOTE
Tab.20 da La spalla dolorosa” Classificazione, trattamento, riabilitazione. Ed.
Marrapese, Roma, 1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
123
Nelle quasi totalità dei casi è interessato il tendine del
sopraspinoso , isolatamente o in associazione ad uno o
più degli altri tendini dei rotatori
Le lesioni isolate del sopraspinoso sono rare e quelle
del piccolo rotondo e del sottoscapolare eccezionali.
Il quadro clinico è caratterizzato da dolore nella regione
della spalla e da diminuzione di forza nei movimenti di
flessione , abduzione ed extrarotazione del braccio.
Nelle lesioni di piccole dimensioni vi è generalmente
una mobilità attiva completa della spalla ed una ridotta
forza di abduzione e, soprattutto di extrarotazione del
braccio.
Nelle rotture medie la mobilità attiva della spalla in
flessione ed abduzione è ridotta e l’extrarotazione del
braccio deficitaria. Mentre in quelle massive il soggetto
di solito non è in grado di flettere o abdurre il braccio
oltre i 45°.
Il quadro radiografico può essere normale , e
frequentemente si possono rilevare(dati da “ LA
PATOLOGIA
ACROMIO-OMERALE,
F.
Postacchini)alterazioni di vario tipo: sclerosi o
irregolarità del profilo del trochite , escrescenze
osteofitarie del margine anteriore dell’acromion,
riduzione dello spazio acromio-omerale per risalita della
testa omerale.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
124
3.2.4 Patologia del tendine del capo lungo del
bicipite
Questa è una patologia connessa a quella della cuffia
,per evidenti ragioni anatomiche e fisiologiche.
Fig.63
RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA DELLA CUFFIA ,IN
SEZIONE SAGITTALE
1-TENDINE DEL SOTTOSCAPOLARE 2-FASCIO MEDIO DEL
LEGAMENTO CORACO-OMERALE 3-FASCIO LATERALE
DEL LEG. CORACO –OMERALE 4-LEGAMENTO GLENOOMERALE SUPERIORE 5-TENDINE DEL SOVRASPINOSO
6-SOTTOSPINOSO 7-PICCOLO ROTONDO
Sul piano anatomico (fig.63) l’intervallo dei rotatori è
formato in superficie dal legamento coraco-omerale i
cui due fasci mediale e laterale si inseriscono da una
parte e dall’altra della doccia bicipitale proteggendolo
dal conflitto sottoacromiale.
NOTE
Fig.63 da La spalla dolorosa” Classificazione, trattamento, riabilitazione. Ed.
Marrapese, Roma, 1999
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
125
In profondità si trova il legamento gleno-omerale
superiore ed il suo capo omerale che stabilizza
veramente il capo lungo del bicipite nel suo tragitto
intra-articolare. L’intervallo dei rotatori forma un cuneo
legamentoso di 6 cm quadrati all’interno dei tendini
della cuffia , e la sua integrità è indispensabile per
mantenere la continuità della cuffia e proteggere il capo
lungo del bicipite.
Mentre sul piano fisiologico , il capo lungo del
bicipite(CLB)
È un depressore della testa omerale , partecipando al
centramento e alla stabilizzazione gleno-omerale come
succede anche con la cuffia dei rotatori.
La patologia è rappresentata dalla flogosi acuta o
cronica della guaina sinoviale che riveste il tendine ,
dalla rottura del ventre tendineo e dalle lussazioni del
tendine.
La tenosinovite bicipitale può far parte della sindrome
da attrito acromio-omerale o può presentarsi
isolatamente.
La forma isolata può essere dovuta ad ipersollecitazioni
funzionali del bicipite per attività lavorative o sportive
che comportano un eccessivo uso del muscolo, o da un
attrito del tendine contro le pareti della doccia bicipitale
per irregolarità post-traumatiche di essa o per altre
condizioni( scarsa profondità della doccia) che
favoriscono una sub-lussazione abituale del tendine
bicipitale.
Inoltre le tendiniti del capo lungo possono essere divise
anche in base o meno alla rottura della cuffia.
Quelle senza la rottura della cuffia sono molto frequenti
come per esempio: le tendiniti da inserzione , che
caratterizzano le lesioni del lanciatore , con strappo
dell’inserzione
del
tendine.
Descritte
da
Andrews(GLENOID LABRUM TEARS RELATED TO
THE LONG HEAD OF THE BICEPS,Andrews,1985) e
sarebbero dovute a lesioni di decelerazione alla fine del
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
126
lancio quando il bicipite frena l’estensione del gomito.
Oppure : le tendiniti della porzione intra-articolare ed in
particolare quelle situate al punto d’ingresso della
doccia , la cui caratteristica è di aver sede sulla faccia
profonda del tendine. “È difficile spiegare l’origine di
queste lesioni” spiegano Walch, Boileau, Noel
e
Liotard(chirurghi
ortopedici
francesi,
da
“TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLA SPALLA
DOLOROSA DA LESIONI DELLA CUFFIA E DEL
CAPO LUNGO DEL BICIPITE”) “salvo nel caso in cui
si ritrovi una proliferazione osteofitica
a livello
dell’inserzione omerale del legamento coraco-omerale
che caratterizza
la spalla iperostosica”. Il ruolo
traumatizzante di questi osteofiti è nella riduzione
dell’ingresso della doccia e quindi compressione del
tendine.
Anche le tendiniti con rottura della cuffia sono molto
frequenti, come per esempio, come sottolineavo prima
quelle in relazione al conflitto sottoacromiale.
Quest’ultime sono caratterizzate da una lesione
progressiva del legamento coraco-omerale che mette a
nudo la faccia superficiale del tendine che registra degli
attriti a ripetizione sotto la volta.
Il quadro clinico delle tendiniti è caratterizzato da
dolore nella regione della spalla che s’irradia lungo il
braccio. La sintomatologia dolorosa è accentuata dalle
manovre che mettono in tensione il tendine
,proiettandolo contro le pareti del canale bicipitale :
supinazione contrastata dell’avambraccio a gomito
flesso etc.
“La rottura del ventre tendineo può osservarsi in età
media
o,
più
frequentemente
in
età
senile”(F.Postacchini, Clinica Ortopedica dell’Università
di Roma “La Sapienza” da PATOLOGIA NON
TRAUMATICA DELLA SPALLA , AAVV,1986). Nel
primo caso di solito
è dovuta ad una violenta
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
127
contrazione muscolare ; nel secondo , si verifica
spontaneamente per fenomeni di usura.
La lesione tendinea può essere parziale o totale. Le
rotture parziali possono essere asintomatiche o
determinare , sintomatologia dolorosa.
Le rotture totali determinano tumefazione muscolare
nella metà distale del braccio e la depressione del
profilo cutaneo a monte della depressione. Il deficit
della forza di flessione del gomito non è alto, per
l’azione vicariante del capo breve del bicipite e del
brachiale anteriore.
Per quanto riguarda le lussazioni del capo lungo del
bicipite , è necessario ricordare che questo tendine ,dal
punto di vista anatomico, stabilizzato, proprio davanti al
suo punto d’ingresso nella doccia , dal legamento
gleno-omerale superiore, la cui faccia superficiale
raggiunge quella profonda del fascio mediale del
coraco-omerale.
Nella doccia , il bordo osseo interno costituisce
l’elemento di stabilità completato in superficie dal
legamento omerale trasverso( di Gordon-Brodie).
Una eventuale lesione del LGOS provocherebbe una
tendinite ed una sub-lussazione interna del bicipite
lungo, prima che questo entri nella doccia.
Queste lesioni possono riscontrarsi dopo traumi
violenti( incidenti stradali con braccio teso sul volante)
ma anche nelle rotture degenerative della cuffia.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
128
3.3
LA PATOLOGIA NEUROLOGICA
Alcune abitudini di vita ( la sedentarietà, l’eccesso di
peso, la ridotta attività muscolare), o alcune attività
lavorative manuali possono modificare , con il tempo i
rapporti delle strutture osteo-articolari o muscolotendinee con i nervi periferici, realizzando su questi dei
fenomeno compressivi.
Nella spalla vi sono vari canali osteomiofibrosi nei quali
può realizzarsi una sindrome neurologica compressiva
:lo spazio interscalenico, sottoclaveare , dell’incisura
coracoidea ,del quadrilatero del Velpeau, del muscolo
coracobrachiale.
La sindrome compressiva canalicolare può realizzarsi
sia per cause congenite( mega apofisi, costa
soprannumeraria, canali troppo stretti), che per cause
acquisite( età , lavoro, sport, traumi). Sono molto
importanti per lo scatenarsi della sindrome compressiva
le alterazioni dei rapporti osteo-articolari tra l’arto
superiore e il torace che si realizzano con l’età (fig.64).
L’aumento della cifosi dorsale ( Caillet 1977, da “ IL
DOLORE SCAPOLO-OMERALE, Caillet R. 1977)
determina una caduta in avanti delle spalle, con la
rotazione della scapola verso il basso (fig.65b).
Nell’atteggiamento persistente di spalle cadenti le
conseguenze scheletriche sono caratterizzate da una
riduzione
dello
spazio
costo-claveare,
per
abbassamento dall’estremo acromiale della clavicola
con sollevamento dell’estremo sternale. In tal modo
l’articolazione sterno –clavicolare tende a sub-lussarsi e
si deforma per artrosi (fig.64a). Nelle spalle cadenti vi
sono tuttavia anche conseguenze muscolari, con
distensione
e contrattura dolorosa dei muscoli
posteriori del cingolo( trapezio, elevatore, romboidei),
ed accorciamento e fibrosi dei muscoli gran pettorale,
piccolo pettorale e succlavio.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
129
a
b
Fig.64
c
Pertanto i modificati rapporti osteo-articolari possono
rappresentare non solo la causa di patologie miofasciali
o osteotendinee, ma anche essere la causa
predisponente per il realizzarsi di sindromi neurologiche
da intrappolamento in tunnel osteomiofibrosi (fig.64c).
NOTE
Fig.64 da “PATOLOGIA NON TRAUMATICA DELLA SPALLA, Ricciardi, 1986
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
130
Fig.65
3.3.1 Le sindromi canalicolari
Sindrome del nervo scapolare dorsale
Fu descritta da Kopell e Thompson nel 1963.
Questo nervo origina dalla radice C5 esso porta
posteriormente , attraversando il muscolo scaleno
medio, ad innervare i muscoli elevatore della scapola e
romboidei. La compressione si realizza nel passaggio
del muscolo scaleno medio (fig.66).
NOTE
Fig.65 daFondamenti di Anatomia e fisiologia umana,Fiocca S.,con tavole di F.H.
Metter
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
131
Fig.66
a
b
N. SCAPOLARE DORSALE
IL NERVO SCAPOLARE DORSALE SI ORIGINA DALLA QUINTA RADICE
CERVICALE E PORTANDOSI POSTERIORMENTE PER INNERVARE I
MUSCOLI ANGOLARI DELLA SCAPOLA E ROMBOIDEI,ATTRAVERSA IL
MUSCOLO SCALENO MEDIO. A TALE LIVELLO PUO’REALIZZARSI UNA
SINDROME CANALICOLARE.
La localizzazione del dolore è scapolo-verterbrale e
Il dolore può essere evocato con la manovra di Kopell
e Thompson( estensione e rotazione contrastata
omolaterale del capo) che determina una contrazione
dello scaleno medio. Inoltre il dolore è provocato alla
pressione del muscolo e sull’angolo supero-interno
della scapola.prevalente sull’angolo supero-interno
della scapola, che rappresenta la proiezione cutanea
del punto d’ingresso del nervo nel muscolo
NOTE
Fig.66 da “PATOLOGIA NON TRAUMATICA DELLA SPALLA, Ricciardi, 1986
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
132
I sintomi neurologici sono caratterizzati da riduzione
della forza di contrazione dei muscoli elevatore della
scapola e romboidei, senza deficit sensitivi.
La sindrome del nervo soprascapolare ( Celli, 1981)
La patologia compressiva del nervo soprascapolare è
una delle più frequenti. Questo nervo origina dal tronco
primario superiore del plesso brachiale e per
raggiungere i muscoli sopra e sotto spinoso attraversa
l’incisura coracoidea della scapola trasformata in canale
dal legamento coracoideo (fig.67).
Fig.67
IL NERVO SOPRASCAPOLARE SI ORIGINA DAL TRONCO PRIMARIO
SUPERIORE DEL PLESSO BRANCHIALE;PER RAGGIUNGERE I MUSCOLI
SOPRA E SOTTOSPINOSO ATTRAVERSA L’INCISURA CORACOIDEA DELLA
SCAPOLA TRASFORMATA IN CANALE DAL LEGAMENTO CORACOIDEO. A
TALE LIVELLO PUO’ REALIZZARSI LA SINDROME CANALICOLALE.
NOTE
Fig.67 da Patologia non traumatica della spalla,Ricciardi L.,ed. Piccin,Venezia
1986
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
133
La sindrome compressiva può realizzarsi a tale livello.
Il dolore è localizzato sulla regine acromiale e più
precisamente sul terzo esterno della spina della
scapola; può essere evocato con la pressione diretta
sulla incisura coracoidea.
Il test clinico per questa sindrome è la manovra di
Kopell e Thompson: arto superiore anteposto a 90° e
portato in forzata adduzione. Con lo spostamento in
avanti della scapola il nervo si tende e la compressione
nell’incisura si evidenzia con il dolore .
I segni neurologici sono : deficit dei muscoli sopra e
sotto spinoso, ed assenza di disturbi sensitivi.
L’ipotrofia di questi muscoli è caratteristica e, in
particolare ,la riduzione della capacità di extraruotare la
spalla.
La sindrome del nervo muscolo cutaneo
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
134
( Celli, 1986)
Questa sindrome compressiva si realizza nel passaggio
del nervo nel muscolo coracobrachiale (fig.68).
Fig.68
IL NERVO MUSCOLO CUTANEO,PER RAGGIUNGERE IL
MUSCOLO BICIPITE ATTRAVERSA IL MUSCOLOCORA
COBRACHIALE. A TALE LIVELLOPUO’ REALIZZARSI LA
SINDROME CANALICOLARE.
Una contrazione forzata del muscolo , come nell’atto di
sollevare un peso, può realizzare con un meccanismo a
forbice una lesione della continuità del nervo.
Il dolore si localizza nella regione anteromediale della
spalla , e in particolare nella regine sottocoracoidea.
Può essere provocato con la pressione sul
coracobrachiale, o con il test della contrazione, del
muscolo stesso( a gomito flesso di 90° e spalla
anteposta , addurre il braccio).
NOTE
Fig.68 da Patologia non traumatica della spalla,Ricciardi L.,ed. Piccin,Venezia
1986
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
135
I segni neurologici sono rappresentati , da una diminuita
forza con facile stancabilità dei movimenti di flessione
del gomito.
La sindrome cervico-ascellare
Il passaggio cervico-ascellare rappresenta un vero e
proprio
tunnel
per
le
formazioni
vascolonervose(Mercier e Huguet ,1976). In esso vi sono tre
zone critiche: la prima nello spazio
Interscalenico (1), la seconda in quello costo-claveare
(2) e la terza in quello sottoclaveare (3).
Fig.69
IL NERVO MUSCOLO-CUTANEO,PUO’ RAGGIUNGERE IL
MUSCOLO BICIPITE,ATTRAVERSA IL MUSCOLO
CORABRACHIALE.A TALE LIVELLO PUO’ REALIZZARSI LA
SINDROME CANALICOLARE.
Questa è la sindrome non traumatica della spalla più
frequente dopo i trenta anni.(Celli , Balli, De Luise,
Rovesta).
Lo spazio interscalenico è l’ingresso del tunnel; la
sindrome compressiva a tale livello è caratterizzata da
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
136
dolore laterocervicale che si irradia nel territorio del
tronco .
La manovra di Adson( rotazione omolaterale del capo
in inspirazione forzata e abduzione del braccio) è
caratteristica per evidenziare una compressione a tale
livello.
Il secondo livello critico è lo spazio costo-claveare .
L’atteggiamento persistente di adduzione delle spalle
determina una riduzione dello spazio, che può inoltre
ridursi
per retrazione o fibrosi del muscolo succlavio( la fibrosi
di tale muscolo può realizzarsi in soggetti con ipertrofia
dei muscoli pettorali o ipertrofia delle ghiandole
mammarie).
Anche in questo caso il dolore s’irradia dalla regione
sottoclaveare prevalentemente , nella regione della
spalla, con localizzazioni nella regione deltoidea.
La manovra di Eden( retroposizione forzata dell’arto
superiore ed abbassamento della spalla) è utile per
evidenziare tale compressione. I disturbi neurologici
sono variabili , con prevalenza di quelli sensitivi nel
territorio del tronco. Si possono accompagnare a
disturbi vascolari , sia arteriosi che venosi.
Il terzo livello critico è lo spazio sottoclaveare o del
piccolo pettorale.
Nello spazio sottoclaveare è presente una struttura
connettivale a forma di membrana con inserzione
costale e coracoidea ( membrana costo coracoidea) ,
che comprime il fascio vascolo-nervose al torace.
Questa svolge due funzioni: la prima evitare
l’uncinamento di vasi e nervi sul sistema coracoide
piccolo pettorale, nei movimenti di abduzione della
spalla ; la seconda è quella di evitare che le forze di
trazione che si esercitano sull’arto superiore
si
trasmettano sull’emergenza di vasi e nervi.
La membrana costo-coracoidea , se subisce alterazioni
regressive può contribuire al
realizzarsi di una
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
137
compressione sottoclaveare o anche di una
compressione costo-claveare.
Il quadro clinico è simile a quello dello spazio costoclaveare.
Per evidenziarla è utile la manovra di Wright(abduzione
massima delle spalle in extrarotazione)
3.4 LA PATOLOGIA INFIAMMATORIA
La patologia infiammatoria della spalla comprende tutte
quelle affezioni a genesi flogistica , ad eziologia più
svariata che si verificano a carico del cingolo scapolare.
Le articolazioni più frequentemente colpite sono la
scapolo-omerale e la sottodeltoidea, le altre tre sono
raramente interessate dalla flogosi.
Le affezioni flogistiche della spalla , una volta frequenti
come la artrite tubercolare , la tifica , la brucellare , la
luetica , sono oggi quasi scomparse per far posto ad
affezioni flogistiche nuove.
Le varie patologie infiammatorie possono essere
classificate, come segue nella tab.11:
NOTE
Tab.11 da Patologia non traumatica della spalla,Ricciardi L.,ed. Piccin,Venezia
1986
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
138
3.4.1 Le Artriti Reumatiche(1)
Una grossa parte della patologia infiammatoria della
spalla spetta all’artrite reumatoide.
L’interessamento della articolazione della spalla varia a
seconda delle casistiche dal 45 ala 50%, e rientra
generalmente nel quadro di una poliartrite diffusa.
Le alterazioni tissutali nell’artrite reumatoide , iniziano a
carico della membrana sinoviale , per coinvolgere poi i
tessuti articolari, le ossa , i tessuti periarticolari, vasi,
nervi e muscoli.
In breve tempo l’articolazione viene compromessa ed il
quadro clinico presenta una imponente sindrome
dolorosa con deficit della funzione , fino alla sublussazione e/o rigidità.
Il substrato anatomo-patologico delle lesioni tissutali
nell’artrite reumatoide è rappresentato dall’infiltrato
reumatoide, costituito da tessuto in preda a fenomeni di
necrosi fibrinoide, con grossi infiltrati linfomonocitari e
scarse plasmacellule.
L’evoluzione dell’infiltrato è verso la fibrosi con
ispessimento di tutti i tessuti articolari e periarticolari,
cui conseguono le dislocazioni.
L’iperplasia sinoviale e la conseguente iperpressione
articolare sono alla base della sofferenza ischemica
della cartilagine di incrostazione e del sottostante
tessuto osseo.
Il quadro clinico è caratterizzato da dolore notturno,
rigidità, limitazione dell’abduzione e rotazione,
tumefazione.
Il danno articolare è rappresentato da : osteoporosi dei
capi ossei, erosioni condrali e subcondrali della testa e
della glena omerale, dislocazioni ed infine anchilosi(2)
L’interessamento della clavi-sterno-costale è molto
minore, dal 3% al 30%(casistica di Pellegrini 1985).
____________________________________________
(1) dal lat. Rheumatìsmu(m), dal gr. Reumatismos, s.m. “catarro”. Termine
generico con cui si designa un gruppo di affezioni caratterizzate da segni di
infiammazione e sintomatologia dolorosa a carico di muscoli ed articolazioni.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
139
Il quadro clinico presenta , tumefazione i regione
parasternale alta , al livello del manubrio, crepitio ,
dolore alla mobilizzazione attiva e passiva della spalla,
dolore provocato da palpazione.
Pellegrini suggerisce( Pellegrini.P. “ SEMEIOTICA E
PATOLOGIA REUMATICA DELLE ARTICOLAZIONI
STERNALI, Italia, 1985) l’adozione di una manovra
semeiologica per l’accertamento di tale patologia : il
soggetto
Unisce le mani davanti all’addome e porta le spalle in
avanti anteponendo i gomiti; compariranno ai lati del
manubrio le due bozze corrispondenti ai capi mediali
delle clavicole lussate anteriormente.
(2) s.f. dal gr. Ankylos, curvo, piegato. Perdita o
diminuzione più o meno cospicua dei movimenti di
un’articolazione; si dice completa quando si verifica
saldatura delle superfici articolari, incompleta quando le
superfici non sono saldate ma esiste soltanto una
reazione fibrosa dei legamenti e un accorciamento dei
muscoli.
3.4.2 Le Artriti Infettive
L’artrite infettiva della spalla è oggi un evento raro ,
grazie a l’avvento degli antibiotici.
Tra le artriti infettive quella di gran lunga più frequente è
l’artrite settica.
Consegue ad una frattura esposta dell’omero, ad una
osteomielite(3) dal terzo superiore dell’omero a ferite
penetranti della spalla.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
140
I principali fattori predisponenti sono elencati nella
seguente tabella (tab.12):
Locali
Lussazione acuta di spalla
Frattura esposta di omero
Ferite penetranti
Osteomielite acuta di omero
Generali
Affezioni settiche articolari o extra articolari
Insufficienza epatica cronica
Cirrosi
Insufficienza renale cronica
Infezioni( urinarie , respiratorie)
Tossicodipendenza, alcolismo
Neoplasie maligne
( dati da: GELBERMAN R.H. ”Piogenic arthritis of the shoulder
in adults, 1980)
NOTE
Tab.12
da da Patologia non traumatica della spalla,Ricciardi L.,ed.
Piccin,Venezia 1986
(3)s.f. Processo infiammatorio del midollo osseo che si diffonde sino al periostio
ed è causato di solito da agenti piogeni che possono raggiungere l’osso
direttamente, per es. ferite, o pervenirvi per contiguità, o per via circolatoria, da
focolai distanti.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
141
L’eziologia delle artriti infettive è molto varia ma i
microrganismi più frequentemente chiamati in causa
sono i piogeni (tab.13).
Altri come quello tubercolare , luetico, brucellare , tifico
sono molto rari.
AGENTI EZIOLOGICI DELLE ARTRITI INFETTIVE
Piogeni
Stafilococco aureo
Streptococco alfa e beta
Escherichia coli
Gonococco
Meningococco
Altri
Bacillo di Koch
Bacillo tifico
Treponema pallido
Neisseria
Miceti, Virus
Tab.13
La diagnosi è agevole. In fase acuta, la spalla si
presenta globalmente tumefatta, calda , arrossata. Il
braccio è lievemente addotto, appoggiato sul tronco.
Il dolore , molto intenso , correlato alla evolutività della
lesione. E un dolore profondo, continuo e pulsante.
Il quadro clinico viene completato da rialzo febbrile,
aumento della V.E.S.(velocità di eritrosedimentazione)
leucocitosi, neutrofilia.
L’artrite infettiva può raramente aver sede nell’acromion
claveare. All’anamnesi spasso risulta la lussazione
traumatica del capo mediale della clavicola o una
frattura lussazione. Il quadro clinico è sovrapponibile a
quello delle artriti della scapolo-omerale.
NOTE
Tab.13 da Patologia non traumatica della spalla,Ricciardi L.,ed. Piccin,Venezia
1986
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
142
Da evidenziare che in queste ultime il dolore inizia e
perdura per tutto l’arco abduttorio, mentre nella
patologia della acromion-claveare inizia dopo i 90°, e
ciò perché è solo dopo i 90° che si rende necessaria la
rotazione della clavicola intorno al suo asse
longitudinale con fulcro nella acromion-claveare,
insieme alla rotazione consensuale della scapola.
3.4.3 Le Connettiviti
Nella sclerodermia, in una fase iniziale, il processo
interessa solo la cute ed il sottocute. Solo in un
secondo momento la sclerosi si approfonda fino ai
tessuti periarticolari fino ad interessare capsula e
legamenti. Il quadro termina le è quello di una
osteoartrite , simile a quello dell’artrite reumatoide.
Il fatto da evidenziare , per quanto riguarda le
connettiviti, non è il quadro clinico, simile ad altre
patologie infiammatorie, quanto la patogenesi, oggi
riconosciuta , come autoimmune; si tratta di patologie
derivanti da un’anomala risposta del sistema
immunitario
a
sostanze
autologhe
(proprie)
dell’organismo in genere e/o dell’articolazione in
particolare. Le lesioni che ne derivano sono prodotte
dalla precipitazione e dal deposito articolare di
complessi immuni formatisi i seguito alla reazione
antigene-anticorpo corrispondenti.
L’anomala risposta immune , secondo la teoria della
selezione clonale di Burnet, deriverebbe dalla
proliferazione durante la vita embrionale di cellule
immunocompetenti anomale, capaci cioè di risposte
immuni versi i costituenti normali dell’organismo.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
143
3.5 LA PATOLOGIA DEGENERATIVA
Le malattie articolari degenerative possono essere in
fondo
compendiate
tutte
nell’artrosi
deformante.(Hackenbrock)
Col termine artrosi si intende un’artropatia cronica , a
carattere evolutivo , consistente inizialmente in
alterazioni regressive della cartilagine articolare e
secondariamente in modificazioni delle altre strutture
che compongono l’articolazione( tessuto osseo, sinovia,
capsula).
Clinicamente l’artrosi si manifesta con dolore ,
limitazione funzionale, atteggiamenti viziosi: tutti e tre i
sintomi compaiono di norma qualche tempo dopo le
iniziali alterazioni anatomo-patologiche della cartilagine.
L’artrosi, oltre che con l’attività dell’articolazione , è in
rapporto con l’età e rappresenta una manifestazione di
consumo e di logorio , il cui inizio è subdolo e
impercettibile , il progresso lento è caratterizzato da
stati di benessere che si alternano a condizioni di
insufficienza articolare ( dolori , limitazione), il cui
destino finale è un ‘alterazione grave e irreversibile
dell’articolazione colpita.
3.5.1 Patogenesi
L’artrosi si instaura in un articolazione quando in essa si
verifica , per fattori generali o locali , uno squilibrio tra
resistenza e sollecitazioni funzionali.
Fattori generali:
età( modificazioni del pH del liquido sinoviale);
ereditarietà( predisposizione alle affezioni artroreumatiche);
costellazione ormonica( particolarmente gli estrogeni);
obesità( sovraccarico delle articolazioni);
alterazioni metaboliche( del calcio etc);
ambiente( abitazione , clima , condizioni di lavoro).
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
144
Fattori locali:
concentrazione
o
alterata
distribuzione
delle
sollecitazioni meccaniche sulla superficie articolare( ad
es. per deviazione dei normali assi di carico come nel
ginocchio valgo);
alterazioni articolari prodotte da affezioni di natura
infiammatoria, traumatica etc.
3.5.2 Anatomia patologica
Sono presenti costantemente:
alterazioni cartilaginee: distribuite a chiazze sulla
cartilagine di rivestimento ; consistono in modificazioni
del colorito ( giallastro) , in assottigliamento e
fissurazioni; laddove maggiore è il sovraccarico la
cartilagine può ulcerarsi mettendo a nudo l’osso
subcondrale;
osteofiti marginali: sono rappresentati da cercini ossei
a becco, a rostro, etc, neoformatisi ( per ossificazione
della cartilagine o delle inserzioni capsulari) in
corrispondenza del margine periferico delle superfici
articolari;
osteosclerosi subcondrale: consiste in addensamento
del tessuto osseo in corrispondenza delle zone di
maggiore usura della cartilagine , laddove il carico è più
accentuato; queste zone si alternano a zone di
rarefazione che confluendo possono dare origine a :
geodi: sono piccole cavità ( da un grano di riso a un
chicco d’uva ) presenti nello spessore delle zone
osteosclerotiche ( quindi nelle zone di maggior carico
funzionale), contenenti un liquido mucoide , frammenti
cartilaginei , trabecole necrotiche, etc;
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
145
alterazioni della membrana sinoviale : iperemia,
ipertrofia ed ispessimento dei villi che presentano
frange esuberanti, etc;
alterazioni della capsula : consistenti in edema ,
ispessimento, fibrosclerosi.
Tutte le alterazioni descritte , si sviluppano
progressivamente in vario grado, a seconda della sede
colpita e del tempo decorso dall’inizio della malattia .
Nelle fasi iniziali si notano solo piccole zone di erosione
cartilaginea , ipertrofia e ispessimento dei villi sinoviali ,
e una modesta osteofitosi.
Nelle fasi avanzate dominano il quadro le osteosclerosi,
le cavità geodiche , la grossolana osteofitosi fino alla
completa deformazione dei capi articolari( artrosi
deformante).
L’incidenza della malattia artrosica nella popolazione e
la distribuzione delle manifestazioni degenerative , sono
tuttora discusse.
Un dato della massima importanza è che la
degenerazione artrosica è quasi esclusivo appannaggio
delle articolazioni portanti( coxofemorale, ginocchio,
intervertebrali), essendo la localizzazione agli arti
superiori estremamente rara e limitata alla mano e alla
spalla.
(dati da “Medicina fisica e riabilitazione”, Pizzetti C.,
Edilombardo, Roma, 1987).
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
146
CAPITOLO QUARTO:
CASISTICA DELLE PATOLOGIE
INTRODUZIONE
Stilare un capitolo sulla casistica delle patologie , non è
stato molto facile; ho incontrato molte difficoltà ,
soprattutto per quanto riguarda le percentuali stesse ,
delle patologie.
È da evidenziare , che i dati contenuti in questo
capitolo, sono solamente orientativi, e non pretendono
di
rappresentare,
una
statistica
valida,
e
rappresentativa ,sulle affezioni più frequenti del cingolo
scapolo-omerale; in primo luogo perché si riferiscono a
campioni statistici, troppo piccoli( e quindi non
rappresentativi)e secondo perché non si tratta di
campioni omogenei(cioè non presentano le stesse
caratteristiche).
Il dolore alla spalla incombe su 20 italiani adulti su
100(dati mediaset on line) che ,prima o poi nella vita, si
trovano a combattere con infiammazioni , rottura dei
tendini, e artrosi dell’articolazione. Fra i più colpiti i
giovani sportivi in particolare gli appassionati di nuoto
pallanuoto e bodybuilding. M anche barbieri ,
parrucchieri carpentieri, che si ritrovano a non potersi
pettinare o a non riuscire ad alzare la, forchetta.( dati
dal “Congresso Internazionale Spalla” Presidente
Franco Postacchini, ortopedico della Sapienza di
Roma).
Le principali categorie di vittime sono : quelle colpite da
infiammazioni dovute all’uso eccessivo della spalla,
cioè giovani sportivi e lavoratori che sollevano spesso
le braccia sopra la testa , gli adulti con calcificazioni, e
le persone con più di 50 anni in cui un ‘alterazione
fisiologica porta alla rottura dei 4 tendini della cuffia dei
rotatori.
Sotto i 50 anni sono più colpiti gli uomini , in seguito la
differenza scompare.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
147
Com’è facilmente intuibile, la principale delle categorie
più a rischio è rappresentata , dai giovani sportivi, nel
senso che i microtraumi più volte ripetuti, e le continue
sollecitazioni possono causare lo sviluppo di patologie
più o meno gravi.
Infatti la patologia muscolo tendinea ed articolare
minore rappresenta un evento molto frequente nella
pratica di molte discipline sportive: essa, potendo
risultare invalidante richiede anche una diagnosi
tempestiva ed un altrettanto efficace intervento
terapeutico.
Ovviamente il continuo espandersi della pratica sportiva
in sempre più larghi strati della popolazione( verificatosi
soprattutto nell’ultimo decennio) oltre a raggiungere in
Italia un numero di praticanti che si aggira sui 14 milioni
ha creato un aumento enorme di queste affezioni.
Riguardo queste patologie osteo-muscolo-articolari ,vi è
sempre stata una grande ricerca da parte di specialisti
del settore , per delineare un profilo patologico causaeffetto, con particolare riguardo alla lesioni croniche,
tanto da coniare il termine “atlopatie”, quasi ad
individuarne l’eziologia prevalete od esclusiva nel gesto
atletico.
Vediamo adesso quali sono le discipline sportive in cui
sono maggiormente presenti patologie del cingolo
scapolare, in confronto ad altri distretti anatomici , ed ad
altre discipline in cui prevalgono altre affezioni, come è
raffigurato nella tabella seguente (tab.14).
Com’è evidente dalla tabella , negli sport di squadra ,
in cui è importante la componente “contatto”, prevale la
patologia acuta di origine traumatica ed in particolare
NOTE
Tab.14 da sito internet digilander @ iol.it- Paolo Mondardini
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
148
quella dell’arto inferiore per il calcio (lesioni del
ginocchio, distorsioni del collopiede, tendinopatie del t.
di Achille) e dell’arto superiore ( fratture –lussazioni
mano, tendinopatie estensori dita, tendinopatie e lesioni
spalla) per il basket.
Nella pallavolo , dove manca questa componente ,
prevalgono le lesioni tipiche degli sport di potenza sia
agli arti superiori sia agli inferiori( lesioni spalla,
distorsioni caviglia, tendinopatie quadricipitali).
Nel tennis sono più frequenti le patologie a carico delle
strutture muscolari e tendinee(muscoli spalla,
dell’addome, tendine rotuleo) così come negli sport di
endurance come il podismo ed il ciclismo, dove i
microtraumi ripetuti determinano la prevalenza di quadri
cronici( tendinopatie dell’achilleo, degli adduttori
condropatie femoro-rotulee).
Analizziamo adesso un’altra classificazione di queste
atlopatie (riferendoci alla tab.15)
Da evidenziare che l’articolazione della spalla è forse la
più colpita da distorsioni e lussazioni in un numero
molto esteso di discipline sportive (cfr. parag. su
lussazioni). La lussazione della scapolo-omerale era
frequente nello sci , quando si usavano bastoncini
molto alti che esasperavano il movimento di abduzione
del braccio e si verificava per il 90% nella varietà
sottocoracoidea. La si può riscontrare nei rugbisti, nelle
mischie, quando il braccio viene ad essere iperesteso in
abduzione e retroposizione.
Non è rara nei lottatori e nei judoka , nei quali è spesso
della varietà posteriore( che tra l’altro è molto
rara;cfr.pa g.64).
E’ ancora frequente nello sci ma per caduta sulla spalla
a braccio abdotto così come avviene in hockeisti,
pattinatori, cavalieri, portieri di calcio etc.
Note
Tab.15 da Atlopatie e trumi nello sport, Vallardi A,Zanchini M.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
149
Un’altra lesione abbastanza frequente è la lussazione
acromio-clavicolare . Il meccanismo patogenetico è
legato alla caduta sul moncone della spalla , frequente
nel judò, nella lotta, nel rugby, nell’hockey, nel pugilato
etc.
Alcune patologie della spalla , avendo un incidenza
molto elevata in atleti che praticano determinate
discipline, hanno assunto l’eponimo del nome della
disciplina. A questo proposito vorrei ricordarne alcune
fra le più frequenti statisticamente.
La spalla del lanciatore: è un’affezione dolorosa della
spalla che colpisce atleti praticanti anche la ginnastica ,
la pallamano, i lanci, il tennis, il nuoto, la pallanuoto, il
sollevamento pesi. Essa riconosce quale fattore
patogenetico quello microtraumatico cronico agente
sulle inserzioni dei muscoli della spalla , prima tra tutti i
muscoli del sovraspinoso, e capo lungo del bicipite.
Tale dolore non è quasi mai spontaneo, ma è provocato
dallo stesso movimento di abduzione della spalla.
(dati da “ la spalla del lanciatore” di A.Gozzini,
specialista in medicina dello sport. HTML, document)
La spalla del pallavolista: si tratta di una neuropatia del
soprascapolare , una patologia della spalla rara negli
sport di lancio, ma non altrettanto nella gran massa di
praticanti la pallavolo( 30% dalle ultime casistiche)
scarsamente invalidante, e talmente tipica in questo
sport che ha assunto l’eponimo di” spalla del
pallavolista”
Il nervo soprascapolare nel suo decorso passa
attraverso due incisure ossee che possono divenire
sede di intrappolamento ( o per l’ipertrofia dei legamenti
presenti in esse ,o per stiramento del nervo). Se tale
intrappolamento avviene a livello dell’incisura superiore
( coracoidea) , cioè quando vi sono tutte le fibre del
nervo, clinicamente si manifesterà con ipotrofia marcata
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
150
dei muscoli sopra e sotto spinoso, riduzione della forza
in abduzione ed extrarotazione, dolore diffuso della
spalla( tipico quadro presente in alcuni giocatori di
baseball); un intrappolamento a livello dell’incisura
spino-glenoidea , cioè dopo che il nervo ha provveduto
a cedere il ramo motore al muscolo sottospinoso e non
ha ancora ricevuto le fibre sensitive , si manifesta
invece con un’atrofia del solo sottospinoso, riduzione
della forza dell’omero in extrarotazione( condizione
tipica del pallavolista ).
Statisticamente la patologia è presente in giocatori di
tutti i ruoli , e solo nell’arto superiore dominante. Alcuni
autori hanno ipotizzato che la causa scatenante sia il
servizio flottante , cioè quell’azione in cui viene a
mancare una dispersione dell’energia accumulata nella
fase di caricamento ed accelerazione del braccio per
colpire il pallone. Infatti nel servizio flottante al contrario
di ciò che accade nella schiacciata o nella battuta al
salto, è necessario un brusco arresto del braccio nel
momento in cui si colpisce la palla; ciò determina una
brusca contrazione dei muscoli extrarotatori della spalla
: quella del sovraspinoso in particolare , provocherebbe
uno stiramento del nervo soprascapolare che verrebbe
ghigliottinato contro l’incisura spino-glenoidea e
danneggiato dopo un numero ripetuto di traumi.
Ovviamente questa patologia non è presente in tutti i
pallavolisti che effettuano la battuta flottante : quindi tra
gli elementi concausali potrebbe esservi una particolare
predisposizione anatomica presente in circa il 30%
degli individui ,con un decorso ad angolo acuto del
nervo dopo il passaggio nell’incisura spino-glenoidea,
decorso che può favorire il suo stiramento durante la
contrazione muscolare.
( dati da “Spalle bucate” Nessi causali fra patologia
battuta predisposizione genetica. Di M Fontana, centro
di Traumatologia dello sport Calvary Hospital,
Roma.HTML, document).
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
151
Patologia da sovraccarico nell’arciere: quando si parla
di patologia da sovraccarico funzionale nella pratica
sportiva del tiro con l’arco , si parla quasi
esclusivamente di patologie a carico ella spalla, che
sono effettivamente quelle di più frequente riscontro in
un arciere.
Una casistica pubblicata nel 1993 che riportava le
patologie
riscontrate su tutti gli arcieri di livello
nazionale dimostrava che, le lesioni ai tendini dei
muscoli della spalla( cuffia dei rotatori)erano le
patologie con più frequente riscontro, seguite da
patologie a carico del gomito , ed a carico della colonna
cervicale.
I problemi nell’arciere ( a differenza di altri sport) non
sono quasi mai provocati da un trauma acuto , bensì
sono causati dal sovraccarico funzionale delle strutture
interessate , siano esse articolari o mio-tendinee. Le
sollecitazioni
meccaniche
che
si
ripetono
costantemente superano i limiti di resistenza delle
strutture anatomiche interessate e sono da considerarsi
pertanto microtraumi ripetuti. Si instaura pertanto un
processo infiammatorio che pur essendo una reazione
protettiva dell’organismo, diventa spesso esso stesso
una patologia.
( dati da “Attenti alle spalle e non solo” di D.Bonsignore
e F.Basili.HTML document).
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
152
4.1 CASISTICHE
Per quanto riguarda la casistica sulle atlopatie , dati
dell’Istituto di Medicina dello Sport CONI –FMSI di
Bologna dimostrano che la spalla è una regione
anatomica frequentemente colpita , come dimostra la
seguente statistica:
è stato considerato in gruppo campione di 187 atleti,
dilettanti, professionisti, ed amatori, di cui 55 femmine e
132 maschi di età compresa tra gli 11 ed i 79 anni
(media 40) praticanti discipline diverse.
Nel 11,22% dei casi (21 persone) questi atleti riportano
una patologia a carico del complesso spalla così
ripartita:
4.1.1casistica n°1:
Sindromi da impingement
Tendinopatie capo lungo del bicipite
Rotture massive della cuffia dei rotatori
Sublussazioni
Tendiniti del sopraspinoso
28,57% (6 casi)
28,57% (6 casi)
19%
(4 casi)
14%
(3 casi)
9,86% (2 casi)
In questa piccola statistica effettuata dall’istituto,
ultimi anni le patologie più ricorrenti nello sportivo,
le sindromi da impingement, e le tendinopatie del
lungo
del
bicipite.(dati
dal
digilander.iol.it/paolomondardini)
negli
sono
capo
sito
Vediamo adesso il confronto con una statistica
effettuata dalla scuola Lionese, che il chirurgo
ortopedico G. Walch ed il riabilitatore J.P. Liotard hanno
elaborato , negli ultimi anni, sulla base di un’esperienza
di 2776 casi di patologie della spalla. Questa statistica
si riferisce a soggetti di più classi, vale a dire , non
necessariamente sportivi o lavoratori , ed è quindi più
generale. Le patologie sono così ripartite:
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
153
4.1.2 casistica n°2:
Fratture da traumi al complesso spalla
Displasie e malformazioni acromiali
Tendinopatie calcifiche( t.bicip.t.sopras)
Rotture massive cuffia
Fratture glena, smussamento glena
Sindromi da impingement
Lesioni minori alla cuffia
Instabilità cronica( anter. e poster.)
22,65 %(629 casi)
17,54% (487 casi)
15%
(416 casi)
14,40% (400 casi)
12,75% (354 casi)
7,2% (200 casi)
6,37% (177 casi)
4,09% (113 casi)
In questa statistica molto più generica
sono le fratture al complesso, e le
acromiali( che a loro volta possono
sindrome da impingement) ad essere
rappresentate.
vediamo, che
malformazioni
causare una
maggiormente
Confrontando queste due casistiche con un’altra
elaborata ed inviatami gentilmente dall’associazione
“Concordia”, su di un campione non specificato ma
riguardante gli ultimi tre anni, possiamo trovare qualche
analogia su le patologie maggiormente rappresentate:
4.1.3 casistica n°3:
Lesioni massive cuffia dei rotatori
Instabilità traumatiche, anter.e poster.
Lesioni articolari cuffia dei rotatori
Lesioni sub acromiali( impingement)
Instabilità costituzionali
Tendinopatie calcifiche
(dati dal sito [email protected])
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
154
40%
20%
15%
9%
9%
7%
Vediamo che quattro patologie sono rappresentate
maggiormente in queste tre casistiche:
Lesioni massive della cuffia
Tendinopatie calcifiche
Instabilità cronica o traumatica
Sindrome da impingement
Media 25,5%
Media 20,15
Media 15,7%
Media 15%
Fino ad adesso ho considerato solamente le lesioni
traumatiche a carico della spalla , sia che esse siano di
origine sportiva , che non lo siano( lavoro); andiamo
vedere adesso due casistiche sulla patologia non
traumatica della spalla, cioè quella degenerativa,
altrettanto importante come rilevanza.
Le due casistiche da me trovate interessano la
poliartrite reumatoide, e l’artrosi delle articolazioni del
complesso spalla.
La poliartrite reumatoide è una malattia autoimmune del
tessuto connettivo a predominanza sinoviale , che
predilige il sesso femminile, tre i 40 ed i 60 anni ed
evolve a pousseès o recidive che determinano delle
lesioni articolari gravi. Le localizzazioni più frequenti
sono a livello della spalla e del gomito ed a seconda
delle casistiche , esse sono possibili per la spalla tra il
60% e l’80% dei casi e per il gomito tra il 40% ed il 50%
dei casi.
Si tratta quindi di localizzazioni importanti , soprattutto
se confrontate con altre localizzazioni, come è possibile
estrapolare dalla tabella seguente ,tratta da una recente
casistica internazionale:
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
155
4.1.4 casistica n°4:
Mano, polso, dita
Avampiede
Spalla
Ginocchio
Rachide cervicale
Temporo-mandibolare
Gomito
Anca
Caviglia
Sacroiliaca
90%
90%
60%-80%
80%
50%60%
55%
40%-50%
12%-38%
< 5%
<5%
(dati dal sito MA.RI.CA. malattie reumatiche
infiammatorie croniche e autoimmuni)
Da evidenziare che le lesioni reumatoidi della spalla
comportano, quando il danno è evoluto delle serie
ripercussioni sul piano funzionale. La localizzazione è
spesso bilaterale e può interessare tutti gli elementi
dell’articolazione:
la
borsa
sottoacromiale,
le
articolazioni , scapolo-omerale, acromion-claveare e
meno frequentemente la sterno-claveare.
Fondamentalmente
l’artrite
reumatoide
colpisce
nell’80% dei casi due settori:
l’articolazione scapolo-omerale;
la cuffia dei rotatori;
Riguardo l’incidenza sull’artrosi della spalla aggiungo
una breve tabella , elaborata dal dott. V.Valerio,
dell’ASL BR/4 dell’ospedale di”Summa” di Brindisi.
I dati di questa casistica si riferiscono ad un dossier di
500 esaminati nell’anno 1986.
I fenomeni di artrosi delle articolazioni del complesso
spalla , sono 77 ( il 15,4%) così ripartiti:
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
156
4.1.5 casistica n°5:
Artrosi acromio-clavicolare
10,4% (52 casi)
Artrosi sterno-costo-clavicolare 3,6% (18 casi)
Artrosi scapolo-omerale
1,4% ( 7 casi)
( dati dal libro “Patologia non traumatica della spalla”)
Per quanto riguarda la prima classe i soggetti colpiti,
avevano un’età compresa tra i 48 ed i 76 anni, con
prevalenza del sesso maschile con 38 casi su 52.
Da notare che 41 soggetti su 52 espletavano lavori
pesanti, , che quindi possono influire sull’incidenza della
patologia.
La seconda classe è molto meno frequente, in questo
caso , abbiamo una prevalenza del sesso femminile
con 13 casi su 18. I soggetti colpiti avevano un ‘età
media di 66 anni.
La terza classe è poco rappresentata in questa tabella,
e secondo altre statistiche più recenti , avrebbe
un’incidenza del 2% riguardo ad i fenomeni artrosici
della spalla.
Un’altra casistica sui casi generali di artrosi è quella
elaborata da Watermann, che su 3200 degenti in un
ospedale generale riscontro nel 25% dei soggetti
esaminati(800 casi) alterazioni artrosiche. Queste erano
così suddivise:
4.1.6 casistica n°6:
Gonartrosi
Artrosi colonna lombare
Artrosi colonna cervicale
Coxartrosi
Artrosi dell’alluce
Artrosi della spalla
33% (264 casi)
27% (216 casi)
17% (136 casi)
12% ( 96 casi)
8% ( 64 casi)
3% ( 24 casi)
( dati da “Medicina fisica e riabilitazione”, Pizzetti C., Edilombardo, Roma, 1987)
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
157
Anche in questo caso si rileva che il fenomeno
artrosico, è di quasi esclusivo appannaggio delle
articolazioni portanti, essendo la localizzazione a livello
dell’arto superiore ed in special modo della spalla,
relativamente rara.
Concludo questo breve capitolo aggiungendo una
statistica elaborata dall’ospedale “San Giacomo” di
Roma , nel triennio 1991-1992-1993, riguardo le lesioni
traumatiche del pedone nell'area urbana, che evidenzia
il coinvolgimento del complesso spalla in traumatismi
non riguardanti l’ambito sportivo, ma i quelli riguardanti
gli incidenti stradali.
Le lesioni traumatiche complessivamente riscontrate
sono 668, così suddivise:
4.1.7 casistica n°7:
Contusioni, distorsioni
Fratture
Traumi cranici
Lussazioni
71,8% (480 casi)
13,9% ( 93 casi)
13,3% ( 89 casi)
0,8% ( 6 casi)
Vediamo che il trauma più frequente nel pedone in
seguito ad incidente è rappresentato dalla contusione
distorsione con 480 casi. I segmenti corporei più colpiti
sono:
Ginocchio
Gamba
Torace
Piede
Gomito
Bacino
Spalla
Rachide
Tab.16
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
17,5%
14,7%
8,9%
7,9%
6,8%
5,8%
5,2%
3,1%
158
Sono state riscontrate 6 lussazioni , di cui 5 a carico
dell’arto superiore ( 3 scapolo-omerale, 1 acromion
claveare, 1 gomito), ed una arto inferiore( astragaloperoneale).
Inoltre per quanto riguarda le fratture, 93 casi, il
coinvolgimento della spalla è sempre molto alto come
dimostrano i dati seguenti:
Fratture A.I
Fratture A.S. e spalla
Fratture cranio
Fratture torace
Fratture colonna
Fratture bacino
Tab.17
38,7%
29,1%
15,1%
9,7%
4,3%
3,2%
(36 casi)
(27 casi)
(14 casi)
(11 casi)
( 4 casi)
( 3 casi)
( dati da “Le lesioni traumatiche del pedone , da
motoveicolo, nell’area urbana” di M.Tortora, P.Oliva,
L.Tamburella.
HTML document).
CONCLUSIONI:
Da questo studio sull’articolazione della spalla risulta
evidente che per la complessa organizzazione
strutturale che coinvolge praticamente tre ossa(
scapola, clavicola, omero), in parte la gabbia toracica(
sterno e coste) e soprattutto un buon numero di muscoli
e di strutture articolari e legamentose essa è
frequentemente soggetta a lesioni traumatiche e
degenerative.
Non sono da trascurare inoltre i rapporti anatomici che
si stabiliscono, nella spalla, tra i nervi del plesso
brachiale ed i vasi ascellari.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
159
Questa complessità anatomo-funzionale, legata alla
grande mobilità necessaria all’arto superiore per
adempiere a tutte le complesse funzioni che gli
competono, si riverbera naturalmente sulla facilità
dell’instaurarsi di patologie diverse per eziologia e
patogenesi.
Abbiamo cercato di presentare un quadro seppur
sintetico, ma abbastanza completo di queste patologie
e della loro incidenza , con particolare attenzione a
quelle dovute soprattutto all’usura ed a i traumatismi
legati allo sport.
Purtroppo in questo settore i dati statistici , da me
rilevati, come già accennato , sono piuttosto scarsi,
specie in riferimento ai singoli sport.
Da i dati che sono riuscito a procurare risulta tuttavia
che le lesioni della spalla sono abbastanza frequenti
negli sportivi e non soltanto quelle di natura traumatica ,
facilmente prevedibili, ma anche quelle di natura
degenerativa ed infiammatoria.
Un particolare di rilievo hanno le lesioni della cuffia dei
rotatori, che sono fra le più frequenti e si verificano in
gran parte delle attività sportive.
Se una conclusione si può trarre da quanto sopra, è
che un’azione preventiva sulle lesioni da sport potrebbe
essere effettuata soprattutto nella fase di allenamento ,
in modo da abituare l’atleta a controllare i movimenti
della spalla, così da evitare per quanto possibile
forzature e gesti incontrollati.
Naturalmente in sede di gara tutto ciò è più difficile , ma
la presa di coscienza, da parte dell’atleta, della
necessita di avere riguardo delle proprie spalle
potrebbe essere di qualche vantaggio.
A questo proposito sarebbe altresì utile una
conoscenza , seppur sommaria, dell’anatomia
funzionale di questa parte del corpo.
A cura di Dott.FT Simone Molinelli
160
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A cura di Dott.FT Simone Molinelli
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[email protected]
[email protected]/PAOLO MONDARDINI
MA.RI.CA. Malattie reumatiche infiammatorie
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MEDIASET ON LINE.COM/SALUTE E
BENESSERE
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