L`Immacolata di Marco Cardisco nella basilica di San Tammaro a

L’Immacolata di Marco Cardisco nella basilica di San Tammaro a Grumo
Nevano
Una delle più interessanti opere d’arte che si conservano nella monumentale basilica
di San Tammaro a Grumo Nevano, da annoverarsi senza dubbio tra le chiese più belle
e ricche di manufatti artistici dell’intera diocesi, è certamente la tavola con
l’Immacolata che si osserva sull’altare dell’ultima cappella laterale destra. Il dipinto,
attribuito in passato dalle
fonti locali niente di meno
che al famoso pittore
fiorentino Andrea del Sarto ed è segno dell’eccellente
qualità della tavola - è,
invece, molto probabilmente,
come indicato da Pierluigi
Leone de Castris sulla scorta
di
una
prima
ipotesi
attributiva di Francesco
Abbate, la parte centrale di
un polittico a cinque
scomparti, frutto della tarda
attività del pittore calabrese
Marco Cardisco e della sua
bottega, smembrato già in
epoca barocca e variamente
distribuito nei suoi elementi
per tutta la chiesa. Invero
l’attribuzione ad Andrea del
Sarto più che su elementi
stilistici e pittorici si basava
sulla testimonianza di un
fedele, raccolta nei primi
anni di questo secolo e da
sempre ritenuta attendibile,
secondo cui, nel lontano
1872, sulla tavola era ancora
ben visibile la firma del
pittore fiorentino, prima che
il dipinto, per improcrastinabili interventi di pulitura
resisi necessari a causa
dell’eccessivo annerimento
della pellicola pittorica, provocato dal fumo delle candele, fosse dato in restauro a un
ignoto pittore di Aversa. Il quale, benché fosse stato preventivamente invitato a
M. Cardisco, L'Immacolata, Grumo Nevano,
Basilica di S. Tammaro
operare solo una cauta pulitura e a limitare al minimo indispensabile gli eventuali
ritocchi, era intervenuto lo stesso pesantemente, rimuovendo, assieme alla firma,
parte dei colori originari e apportando vistose ridipinture poi rimosse nel corso di un
più recente e accorto restauro. Alla tavola, affiancata in origine, secondo l’ipotesi del
sopracitato studioso napoletano, dai quattro scomparti con i Santi Giovanni Battista
ed Evangelista, San Benedetto e un Santo certosino d’incerta iconografia, ora
sistemati nell’ordine, a coppie di due, rispettivamente a sinistra e a destra della tavola
con la cinquecentesca Madonna del Rosario nel transetto sinistro, e della
settecentesca tela con la Deposizione di Cristo di Cirillo nel transetto destro, forse si
aggiungeva un tempo, su un altro registro, anche la ridipinta Assunzione della
Vergine che è oggi posta in alto a sinistra nella navata centrale della chiesa, ritenuta
invece dalla maggioranza degli studiosi estranea al polittico, e per di più opera di
Fabrizio Santafede. Artista calabrese stabilitosi a Napoli, dove fu attivo dal 1510
circa al 1542, Marco Cardisco è l’unico pittore meridionale cui il Vasari dedicò una
delle sue Vite. La sua prima opera nota è l’Adorazione dei Magi conservata nel
Museo di Castelnuovo, già pervasa da una carica espressiva frutto dell’esperienza
maturata dall’artista durante un primo viaggio a Roma a contatto col fiammingo Jan
van Scorel e con Polidoro da Caravaggio di cui diverrà definitivamente seguace
quando questi, dopo il Sacco di Roma, si trasferirà nella città partenopea. Le
caratteristiche della cultura polidoresca sono d’altronde evidenti in tutte le opere del
Cardisco: dalla paletta con Tre Santi in Sant’Agostino a Biella della prima fase della
sua attività, alle varie pale con Madonne e santi della fase intermedia (Napoli, Museo
di Capodimonte, Chiese di Sant’Anna a Capuana, Santa Maria del Popolo agli
Incurabili, Liveri, Chiesa di Santa Maria a Parete, Grottaglie, Chiesa dei Gesuiti);
fino alla fase finale, quando dopo, un periodo di stanca, opera un recupero, ancora
una volta in chiave polidoresca, ma nell’aggiornata versione messinese, che produrrà,
tra l’altro, la Disputa di Sant’Agostino per l’eponima chiesa napoletana, il Polittico di
S. Maria in Cosmedin e, giustappunto, il Polittico di Grumo Nevano.
Franco Pezzella