cristianità e islam di fronte alla nuova crociata prof . marcello pacifico

“CRISTIANITÀ E ISLAM DI FRONTE ALLA
NUOVA CROCIATA”
PROF. MARCELLO PACIFICO
Università Telematica Pegaso
Cristianità e islam di fronte alla nuova crociata
Indice
1
LA DIPLOMAZIA DI INNOCENZO IV E LA PERDITA DELLA CITTÀ SANTA ---------------------------- 3
2
IL VOTO CROCIATO DI LUIGI IX E L’INIZIATIVA PAPALE CONTRO FEDERICO II ---------------- 7
3
L’AVANZATA MUSULMANA E LE RELAZIONI TRA CRISTIANITÀ E ISLAM -------------------------- 12
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 17
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Cristianità e islam di fronte alla nuova crociata
1 La diplomazia di Innocenzo IV e la perdita della
città santa
Mentre l’islam orientale è diviso dalla lotta dinastica per il controllo dell’Egitto e della Siria,
la cristianità è dilaniata al suo interno dalla frattura insanabile tra impero e sacerdozio, che causa la
perdita di Gerusalemme e soprattutto la fine della stagione di pace, oggetto stesso della crociata.
Nel riprendere la diplomazia di Innocenzo III e le missioni di Gregorio IX, Innocenzo IV estende il
suo sguardo al Mediterraneo, interessato a riprendere le relazioni attivate dal rettore dell’impero con
tutti i principi Musulmani, dal Maghreb del signore di Tunisi al principato almohade del califfo alRashîd. Il 31 ottobre 1246, il papa ringrazia il nuovo califfo almohade al-Sa‘îd per la conferma dei
privilegi riservati ai Cristiani, lo invita ad assegnare loro rocche dove riparare in caso di scontri e
porti da dove evacuare il paese, e chiede di aprire il cuore all’amore di Cristo accogliendo le parole
del vescovo francescano Lupo. Ancora una volta crociata e missione si alternano nella ricerca
dell’affermazione di un regno di pace e giustizia, di cui Federico II, per il papa, è il più grande
ostacolo. Altri frati minori sono inviati in missione a Costantinopoli,1 in Turchia, in Armenia, a
Cipro, in Siria e in Egitto. Nelle missive indirizzate ai sultani di Damasco, del Cairo e di Homs,
prima e dopo il Concilio di Lione, il papa reclama la consegna pacifica della città santa e richiede il
rinnovo della tregua tra Franchi e Saraceni, come aveva fatto il suo predecessore trent’anni prima
con il sultano al-‘Adîl, auspicando l’ascolto del verbo di Cristo e la salvezza del sangue dei
rispettivi fedeli. Il 3 giugno 1245, il sultano al-Sâlih risponde ad Innocenzo IV con toni concilianti
ma fermi sul possesso dell’al-Quds, affermando di conoscere meglio la vita del Cristo e di onorarlo
più del suo interlocutore nel rispetto di una pace e di una tranquillità sempre perseguite e desiderate,
Frate Domenico d’Aragona nel 1245 e frate Lorenzo da Orte nel 1246, cfr.: BBTS, 190, 215-216. Attivo ancora
nel giugno 1247, cfr.: RPR, II, 1059.
1
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e soltanto invocate a parole dal «nobile, grande, spirituale, affettuoso, santo, tredicesimo apostolo,
universale parola dei Cristiani, che tiene per la mano gli adoratori della Croce, giudice del popolo
cristiano, duce dei figli del battesimo, sommo pontefice dei Cristiani, che Dio lo preservi e gli dia
felicità». Il rispetto per la casata normanno-sveva è tale che - continua il sultano - «non c’è
permesso comporre con i Cristiani una qualsiasi pace se prima su di essa non è noto il parere e
l’assenso dell’imperatore Federico con cui vi è da tempo una familiarità, un amore reciproco e una
concordia perfetta dal tempo del sultano nostro padre, come voi ben sapete». Ogni decisione in
merito alla pace proposta dalla chiesa, pertanto, è rinviata al ritorno dell’ambasciatore che è inviato
alla corte imperiale e papale per riferire sulle decisioni prese.2 I tentativi del pontefice di sostituirsi
al sovrano normanno-svevo sono vani perché Federico II ha sempre mostrato rispetto per la casa
ayyûbita al potere in Egitto e continua ad essere considerato, secondo Sibt Ibn al-Djawzî, «il re
grande, illustrissimo, magnifico, potentissimo, glorioso, Cesare, rispettabile, l’imperatore, colui di
cui il potere e la grandezza nascono dalla potenza e dalla maestà divina, re di Germania, Lombardia
e Sicilia, guardiano di Gerusalemme, sostegno del pontefice di Roma, re dei re cristiani, protettore
del regno dei Franchi, capo delle armate della croce».3 Innocenzo IV raggiunge qualche successo in
Siria, quando qualche mese dopo, il 24 novembre 1246, il principe al-Sâlih ‘Ismâ’îl risponde con
cortesia ai suoi appelli, apprezzando l’invio dei frati e scusandosi di non poter soddisfare alla
cessione della città santa perché non è più in suo diritto, essendo in potere delle truppe egiziane di
Mu‘în al-dîn.4 Lo stesso fa il principe al-Mansûr (Salehinus) che si rammarica, il 22 dicembre 1246,
di non aver potuto dibattere con i frati predicatori, a causa dell’incomprensione della lingua.5
Epistulae, II, 87-89; (4) Lettres diplomatiques égyptiennes à Innocent IV, a cura di M. Rubellin, in Pays d’Islam,
253-255; Lupprian, Die Beziehungen des Päpste zu islamischen 151-154; (1246) Matthei Parisiensis, IV, 566-568.
3
Extraits du Livre du Collier de Perles, 199-200.
4
RRH, I, 301; (1247) AA. ECC., 578-580.
5
RRH, I, 301.
2
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Entrambi i principi musulmani, comunque, richiedono al papa l’invio di nuovi frati, ai quali
assicurano la libera circolazione nelle loro terre.
Nella primavera 1246, una nuova pace tra Cristiani e Musulmani in Terra santa potrebbe
essere raggiunta quando il sultano di Egitto, forte dei nuovi successi, ripete di esser disposto alla
pace soltanto dopo che il papa si riconcilierà con Federico II, ma Innocenzo IV rifiuta l’offerta
perché ritiene esecrabile un tale accordo.6 È un grave errore perché il signore di Homs, alla guida di
un esercito egiziano-aleppino, sconfigge il 19 maggio 1246 il signore ‘Izz al-dîn di Sarkhad e i
ribelli carismiani, costringendo al-Sâlih ‘Ismâ’îl a rifugiarsi ad Aleppo; mentre il governatore
‘Osâma al-Dîn al-Hadbânî ha liberato Damasco dall’assedio occupando Ba‘albek, e l’emiro Baïbars
è arrestato nella città della Montagna. Resistono soltanto alcuni emiri carismiani superstiti nelle
città di Nâbûlûs, di Gerusalemme e al servizio di al-Nâsir Dâwûd,7 ma per poco tempo, visto che i
primi sono sbaragliati il 12 agosto 1246 dall’emiro Fakhr al-Dîn a Salt, nei pressi di Gaza, e i
secondi sono consegnati all’atabek8 dall’isolato principe di Kerak, che risponde sprezzante
all’invito papale di conversione legato alla sigla di una nuova alleanza.9 A dispetto del gioco
diplomatico intessuto dal papa, nell’estate del 1246, tutto il Medio Oriente musulmano è sotto il
controllo del sultano d’Egitto, alleato dell’imperatore scomunicato e deposto. L’emiro Fakhr al-Dîn,
il cavaliere armato da Federico II, con il quale era rimasto sempre in costante rapporto epistolare,
comunica ad Innocenzo IV la volontà del sultano di trattenere Gerusalemme, il dolore per la
distruzione del Santo Sepolcro di cui ha ordinato il restauro e ha affidato le chiavi a devoti fedeli
per consentire il libero accesso ai pellegrini cristiani, e il desiderio di punire i responsabili del
6
25 maggio 1246, cfr.: RRH, I, 302; HB, 6/1, 423-425; Matthei Parisiensis, IV, 566-568.
Occupa Balkâ.
8
I Carismiani sono scortati con onore al Cairo.
9
Tra il 6 e il 15 agosto 1246, cfr.: RRH, I, 302; (1247) AA. ECC., 576-578; Lettres diplomatiques égyptiennes à
Innocent IV, 254-255; Lupprian, Die Beziehungen des Päpste zu islamischen, 151-154, 173-175.
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massacro.10 Il silenzio di Federico II sulla perdita di Gerusalemme, requisita negli ultimi tempi dai
Templari contro il suo volere, è fin troppo eloquente: la città santa merita di essere custodita più
dagli amici musulmani, rispettosi del suo valore sacrale, che dagli infedeli frati-cavalieri cristiani,
nel rispetto di quel trattato di Giaffa che ha sancito l’alleanza tra la casata normanno-sveva e
ayyûbita. Ora spetta al sultano musulmano proteggere il culto degli adoratori della vroce perché il
sovrano di Gerusalemme diffida della baronia d’Oltremare, sobillata da un papa disposto a
sacrificare i Luoghi santi e la pace ecumenica, pur di vederlo morto o bruciato come eretico. Mentre
al-Sâlih Ayyûb parte per visitare in trionfo le città Siriane e Palestinesi recentemente conquistate,
Fakhr al-Dîn si ammala durante la presa di Bosra e il coraggioso principe di Homs trova la morte,11
papa Innocenzo IV, deluso per la mancata consegna di Gerusalemme, accelera i preparativi della
crociata sancita dal Concilio di Lione, puntando tutte le sue speranze sul re di Francia che già
dall’autunno del 1244 ha assunto il voto, quando in punto di morte, per una malattia contratta a
Pontoise, aveva promesso di soccorrere la Terra santa apparsa in sogno sanguinante per le ferite di
Harbîya.12 Non appena ristabilito, contro il parere della madre Bianca e del vescovo di Parigi, Luigi
IX aveva rassicurato i baroni d’Oltremare sul voto assunto e li aveva pregati di resistere fino al suo
arrivo.13
10
15 agosto 1246, cfr.: RRH, I, 302.
A lui succede il figlio al-Ashraf Muzzafar al-Dîn Mûsâ, cfr.: Al-Makin ibn al-‘Amîd, 81; Al-Maqrîzî, X, 371;
Abou’l-Feda, 125.
12
Chronicon Hanoniense, 453-454; Richeri Gesta Senoniensis ecclesiae, 304; Matthei Parisiensis, IV, 397-398;
Annales Blandinenses, 31; Estoire, 431. Anche in una canzone è associata la guarigione alla croce, cfr.: Tous li mons
doit mener joie, in Les chansons de croisade, 237-241.
13
Estoire, 432.
11
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2 Il voto crociato di Luigi IX e l’iniziativa papale
contro Federico II
Gli storici descrivono con commozione la devozione del re santo, l’eroe dell’epos crociato
da contrapporre all’opportunista sovrano normanno-svevo. Se S. Runciman lo annovera tra i pochi
esseri umani che hanno con virtù sincera aderito subito alla crociata, J. Le Goff ne loda il
comportamento regale, innalzandolo tra «quei cristiani per i quali la Passione di Gesù è un evento
sempre contemporaneo […] Presente religioso e passato dinastico in lui si uniscono per fargli
prendere la croce». Questi giudizi, in verità, pur attenti all’ambizione mediterranea della monarchia
francese - secondo le parole usate da J. Le Goff, risentono troppo della visione agiografica fornita
dalle fonti biografiche che ricercano in ogni azione di Luigi IX una conferma della santità, e
trascurano il ruolo politico giocato dal papa e dall’imperatore nella vita del regno gerosolimitano,
enfatizzando il valore guerresco della crociata, considerata una vera e propria guerra di religione per
incoronare l’atleta di Cristo con la palma del martirio.14 Le lodi per l’unico sovrano cristiano
disposto a recarsi con un possente esercito in Oriente non possono nascondere il fattore
destabilizzante del suo intervento nella lotta tra la chiesa e l’impero, nel tramonto di quell’idea di
crociata che da Federico II e dai papi del XIII secolo era stata sempre vissuta come un elemento
determinante per l’avvento di un regno di pace e di giustizia. E ciò al di là del fatto che il voto di
Luigi IX possa avere il merito di riportare l’attenzione della cavalleria europea al lontano e
dimenticato Oriente latino:15 nell’impero, i cavalieri sono impegnati nella lotta di successione alla
corona, nella Penisola iberica, militano nella reconquista, in Norvegia, devono convertire i pagani
14
15
Le Goff, San Luigi, 126-127.
Abulafia, Federico II, 312.
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estoni,16 in Inghilterra sono frenati dal re. La crociata sancita dal Concilio di Lione per recuperare
Gerusalemme ricevere il sostegno del solo parlamento francese presieduto dal re e dal legato
apostolico.17 Prendono la croce i principi ereditari e l’intera nobiltà della Gallia. L’intera milizia
feudale del regno di Francia segue il suo re, sicura di una ricompensa adeguata, attirata dal miraggio
della conquista di terre e di beni non certo del regno gerosolimitano, appartenente al temuto
imperatore. Ben presto giungono nuove adesioni dal conte di Tolosa, esortato dal papa a partire
contro i Carismiani nell’immediato passaggio e a far partire liberamente dai suoi porti le navi dei
Templari. Federico II, già prima del Concilio, si congratula con Luigi IX per il votum servitii
Christi, felice di allontanarlo da Lione,18 poi, si affretta a denunciare le conseguenze negative della
scomunica e della deposizione sul successo della spedizione, lamentando lo stato pessimo
dell’Oriente latino e ricordando le correnti relazioni amichevoli tenute con il sultano egiziano.19 Il
re crociato accoglie il suo appello e il 30 novembre 1245 incontra a Cluny il papa per discutere della
pacificazione della cristianità, e in particolare, di una pace onorevole per l’impero e per una chiesa
che è accusata di stornare cavalieri e denaro nella crociata contro lo Svevo.20 All’incontro
partecipano anche dodici cardinali, due patriarchi, i figli del re di Aragona e di Castiglia, il duca di
Borgogna e il conte di Fiandra, ma è tutto inutile perché l’intransigenza del papa è irremovibile.21
Nel nuovo anno, dopo che i messi francesi fanno la spola tra Genova, dove noleggiano le
imbarcazioni per la prossima traversata, e Pisa, dove informano i legati imperiali dei falliti tentativi
di mediazione e ottengono un nuovo testo di pace, il podestà milanese di Genova offre per la
crociata una flotta di 16 navi sotto gli ammiragli Ugone Lercario e Giacomo del Levante,22 mentre
16
1248, cfr.: Richard, Saint Louis, 184.
1245, cfr.: Gesta sanctae memoriae Ludovici regis Franciae, 352.
18
Febbraio 1245, cfr.: HB, 6/1, 261-262; Ex annalibus Melrosensibus, 441; Richard, Saint Louis, 175-176.
19
Cremona, 22 settembre 1245, cfr.: HB, 6/1, 349-352.
20
30 novembre 1245, cfr.: HB, 6/1, 399-400; Matthei Parisiensis, IV, 484; Salimbene de Adam, I, 255-256.
21
AA. ECC., 550.
22
Bartholomaei Scribae annales, 220; Caffaro, 166-168; Une charte de nolis de s. Louis, a cura di Ch. L. Belgrano,
in Archives de l’Orient Latin, II, 231-236; Menager, Amiratus - Àμηράς, 139-141; Riley-Smith, Les croisades, 184.
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Innocenzo IV rifiuta il compromesso di pace con l’imperatore raggiunto dai vescovi di Senlis e di
Bayeux, inviati appositamente da Parigi.23 L’atteggiamento di Luigi IX, comunque, rassicura
Federico II che nell’inverno si mostra riconoscente per i servizi resi e ordina agli ufficiali del regno
siciliano di procurare quanto necessario al capo della nuova spedizione per il recupero dei Luoghi
santi, senza mai dimenticare di non agevolare in alcun modo i ribelli genovesi o lombardi.24
L’imperatore intende presentarsi agli occhi della cristianità come il perseguitato e non il
persecutore; vorrebbe prestare il suo servizio in Terra santa per il resto dei suoi giorni e restituire
Gerusalemme al culto cristiano, affidando l’impero al figlio, ma non può perché è ostacolato da un
papa fiero, crudele,25 persino, falso. Vista l’ostilità della chiesa non stupisce, allora, che Federico II
continui a fomentare i magnates inglesi e francesi contro la cupidigia del clero, anche perché molti
di essi hanno preso la croce per difendere il suo regno d’Oltremare.26
Tra il febbraio e il marzo del 1247, Luigi IX ringrazia l’imperatore per gli aiuti forniti e per
l’invio di messi incaricati di siglare un patto segreto,27 pur rimanendo sempre imparziale tra la
chiesa e l’impero ed evitando rigorosamente di pendere per l’uno o l’altro partito grazie alle armi
della fermezza e della deferenza.28 Nel raccogliere uomini e denaro necessari per approntare la
spedizione ultramarina, infatti, il sovrano francese da una parte fa rientrare in poco tempo quella
rivolta dei baroni definita anticlericale, dall’altra avvia i lavori di fortificazione del porto di AiguesMortes29 per rendersi indipendente dall’imperiale Marsiglia ed evitare la pericolosa terra ligure,
ribelle all’impero, e quella sicula interdetta. Su consiglio di frate Giovanni, inviato appositamente
23
Lione, 5 novembre 1246, cfr.: Epistulae, II, 192; HB, 6/1, 463-464.
Lucera, novembre 1246, (Lettera a Luigi IX), cfr.: Ivi, 465-467; Petrus de Vinea, Friderici II. imperatoris
epistulae, II, 421-427; Richard, Le Midi italien vu par les pèlerins, 357-358.
25
Matthei Parisiensis, IV, 522-523.
26
Ivi, 467-468. La rivolta dei baroni francesi contro il clero, cfr.: RPR, II, 1047.
27
HB, 6/1, 500-502.
28
Le Goff, San Luigi, 122.
29
Ex Mathei Parisiensis operibus Cronicis maioribus, 279; Menager, Amiratus - Àμηράς, 136-137.
24
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da Lione, Luigi IX declina anche l’invito a rinviare la crociata richiesto da Federico II,30 e
impedisce i lavori della dieta di Cambrai per evitare uno scisma ancora più grave nella cristianità,
ricevendo le pubbliche lodi da Innocenzo IV che incontra ancora una volta a Lione con la madre
Bianca.31 Al termine del colloquio, il re di Francia ottiene la fine della commutazione dei voti dei
cavalieri tedeschi disposta dal cardinale-legato Pietro,32 e di quelli frisoni promessa da Guglielmo
d’Olanda,33 e la raccolta diretta per un triennio della decima del clero francese,34 quanto basta per
partire senza ulteriori indugi dopo aver ripreso il controllo sui territori comitali, aver sviluppato
l’amministrazione regia e aver incrementato l’influenza della corona. Nel frattempo, il papa
continua a far predicare la croce contro Federico dai frati minori in tutta Europa e nel regno di
Gerusalemme, di cui tenta di prendere il controllo e il governo all’indomani del Concilio di Lione.35
Già dall’estate 1245, infatti, mentre cercava di favorire nell’impero l’elezione di un anti-re dei
Romani, Innocenzo IV si manifestava come tutore del regno di Gerusalemme. Nella primavera del
1247, il papa cancellava il diritto della dinastia normanno-sveva alla successione alla corona
davidica e nominava re Enrico I di Lusignano dominus hierosolymitanus,36 dopo averlo messo sotto
la protezione della chiesa e averlo sciolto dal giuramento di vassallaggio nei confronti
dell’imperatore deposto.37 La Chiesa adotta ogni mezzo per fare terra bruciata attorno allo
scomunicato sovrano, ignorando l’eredità di Corrado IV e perseguendo i fedeli della dinastia
normanno-sveva: se su preghiera del doge, il cardinale Ottaviano Ubaldini38 protegge le chiese di
30
Salimbene de Adam, I, 303-304.
17 luglio 1247, cfr.: Epistulae, II, 289.
32
1247, cfr.: AA. ECC., 576; Strayer, Political Crusades of Thirteenth Century, 356-357.
33
Lione, 17 novembre 1247, cfr.: RPR, II, 1073.
34
20 novembre 1247, cfr.: RPRET, 131.
35
1247-1249, cfr.: Regesto cronologico, 103.
36
17 aprile 1247, cfr.: Epistulae, II, 244-245; RPR, II, 1054; Histoire de l’Ile de Chypre, 63-64.
37
Lione, 5 marzo, cfr.: HB, 6/1, 506-507; Epistulae, II, 218-219; RPR, II, 1051; Furber, The Kingdom of Cyprus,
610.
38
Cardinale diacono di Santa Maria in Via Lata, nominato nel 1244.
31
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San Marco a Tiro e ad Acri e le esonera dal censo per riportare i Veneti dalla parte della chiesa,39 il
patriarca Roberto di Gerusalemme, invece, requisisce ai Pisani la chiesa parrocchiale di San Pietro
ad Acri e la trasforma in cappella dopo aver ritirato ogni privilegio ecclesiastico.40 L’iniziativa
papale si fa insistente perché la Terra santa dà segni di cedimento, divisa al suo interno e minacciata
al suo esterno, e sempre più sensibile agli appelli dell’imperatore scomunicato: Acri cerca
vettovagliamenti attendendo un imminente assedio e i viveri scarseggiano perché Federico II
impedisce la raccolta della decima utilizzata contro di lui; Ascalona, fortificata superbamente e con
potenza dal principe inglese Riccardo, resiste a stento e le rocche di Tîbnin e ‘Athlît sono più
carceri che luoghi di protezione. Molti sono apostati e i nemici pullulano ovunque.41 Persino il
cattolico di Armenia, Raban Ara, si indigna con il papa e consegna a frate Andrea dei Minori
un’accorata esortazione a seguire nella ricerca della pace l’esempio di Cristo, quando dice agli
discepoli «Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio»,42 o esorta Pietro al
perdono «non fino a sette, ma settanta volte sette»:43 il perdono di Federico II è necessario per
ottemperare alla strage e alla cattura dei fratelli cristiani, alla distruzione della città santa, al
disprezzo in cui è caduto il Santo Sepolcro, parole che soffiano come il vento sulla curia di Lione
senza scalfire il cuore del santo padre.44
39
6 maggio 1247, cfr: Epistulae, II, 254-255.
10 giugno 1247, cfr.: Ivi, 284-285.
41
Matthei Parisiensis, IV, 560-561.
42
Mt 5,9.
43
Mt 18,21.
44
Fine del 1246, inizio del 1247, cfr.: Epistulae, II, 199-200.
40
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3 L’avanzata musulmana e le relazioni tra
Cristianità e Islam
Della lotta tra papato e impero, in realtà, approfitta il sultano al-Sâlih Ayyûb che,
costantemente informato degli avvenimenti europei, decide di attaccare i ribelli dell’imperatore in
Oriente. Nell’estate 1246, ovvero dell’anno 644 dell’Egira, il sultano s’indigna alla notizia
dell’intrigo ordito dal papa in primavera: tre sicari membri della corte, sono stati arruolati per
uccidere il sovrano eretico e intimo dei Saraceni in cambio della Sicilia, della Puglia e della
Toscana; grazie ad alcune spie sono scoperti, sono arrestati e sono scorticati vivi dallo stesso
Federico II che li cattura con cento gendarmi.45 Con lo stesso disprezzo, il sovrano musulmano si
rifiuta di riscattare a peso d’oro i prigionieri dell’Ospedale e del Tempio, perché li accusa di essere
stati miseri, di aver trasgredito la legge e l’ordine divino nell’attentare alla vita dell’imperatore salvata dalla sola pietà del padre al-Kâmil -, di aver guerreggiato tra loro per cinque anni facendo
fallire la mediazione del principe Riccardo, uomo famoso fra i Cristiani, violando la sua tregua, in
disprezzo della giovane età. L’atto di sottomissione di Enrico di Lusignano e di Baliano d’Ibelin al
papato convince il sultano ad invadere le restanti roccaforti del regno di Gerusalemme. La città
dalla sedici torri, affidata di recente all’Ospedale, è espugnata grazie ad una discordia sorta con i
Templari e al tradimento di due cavalieri che passano al campo egiziano,46 senza poter essere
soccorsa da re cipriota Enrico I. L’Oltremare latino è ad un passo dal baratro visto che in pochi mesi
s’azzera, pure, il vertice della sua nobiltà con le morti dello stesso senescalco di Cipro, Baldovino
1246, cfr.: BDC-Chroniques Arabes, 447; Kitâb Ghâmi‘at tawârîh d‘al ‘Aynî, 256-257; Extraits du Livre du
Collier de Perles, 199; Les enfances de Baïbars, 9. Errata la data del 7 maggio 1247, cfr.: Amari, Storia dei Musulmani di
Sicilia, III, 667.
46
Al-‘Adîl muore in prigione al Cairo all’età di anni, dopo otto anni di prigionia, lasciando un figlio, al-Moghîth.
Tra i suoi mamelucchi passa ad al-Sâlih anche Sayf al-Dîn Kalavûn, più tardi sovrano di Egitto e della Siria, cfr.: AlMaqrîzî, X ,
I 194-195; Abou’l-Feda, 125; Cahen, Orient et occident au temps des croisades, 240-241.
45
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d’Ibelin47 e del fratello Baliano, il balivo gerosolimitano, ferito a morte da un sicario della setta
degli Assassini. Beirut è affidata a suo figlio Giovanni d’Ibelin,48 mentre Sidone è venduta al
Tempio da Giuliano di Cesarea, successo al fratello Egidio.49 La carica di nuovo balivo del regno di
Gerusalemme è assegnata a Giovanni d’Ibelin, figlio di Filippo, subentrato nella reggenza della
contea di Arsur e di Giaffa alla morte del cugino,50 ma, ormai, è l’ultimo signore di un regno che
non ha più quelle quattro grandi baronie che fornivano più di cento cavalieri a testa ai tempi della
battaglia di Hattîn.51 Non vi è altra soluzione per il principe di Lusignano e per i frati-cavalieri degli
Ordini secolari che sottomettersi nuovamente al sovrano scomunicato, come aveva suggerito il
sultano; il papa prova ad avvertirli del pericolo di non farsi ingannare dalle false parole di pace
dello Svevo per non incorrere nella scomunica che sarà prontamente inferta se continueranno a
favorire il rappresentante imperiale, Tommaso di Acerra,52 ma le sue parole sono ignorate e il
rispetto per l’alleanza tra la corona imperiale ed egiziana salva gli ultimi possedimenti cristiani in
Palestina, dopo che il sultano, prima di rientrare ammalato in Egitto, ordina all’atabek di
interrompere le conquiste e di ritirarsi nella capitale siriana.53
L’arresto dell’avanzata musulmana nel Sâhel potrebbe portare alla sigla di una nuova pace
con i Franchi nel rispetto di quella politica orientale, portata avanti da Federico II, che aveva
garantito per un ventennio lo stretto legame tra islam e cristianità in tutto lo spazio euromediterraneo, se non fosse per la crociata di Luigi IX, voluta dal papa, che turba l’equilibrio
47
4 settembre 1247.
Cronaca del Templare di Tiro, 57-59.
49
Deceduto il 5 novembre 1247, cfr.: Annales de Terre Sainte, 441-442; Chronique du Templier de Tir, 147-148. Il
Tempio rimane in possesso di Saphet.
50
Runciman, The Crusader States, 560; Idem, Storia delle Crociate, II, 882; Mayer, The Crusades, 247. Errata
l’idea che Giovanni sia prima del 1247 conte di Giaffa perché il feudo è da considerare vacante, visto il rifiuto degli
eredi del Brienne di venire in Terra Santa, cfr.: De Mas Latrie, Les comtes de Jaffa et d’Ascalon du XIIe au XIIIe siècle,
18-19. La contea è affidata nel 1243 a Baldovino, sposo di Melisenda di Arsur, dopo la cattura di Gualtiero di Brienne,
sposo di Maria di Lusignano (1233), figlia di re Ugo I e di Alice di Champagne.
51
La contea di Giaffa e di Ascalona, il principato di Tiberiade o di Galilea, la signoria di Sidone, Cesarea e Beitsan,
la signoria del Crac, Montréal e Saint-Abraham o per altri la contea di Tripoli, cfr.: Richard, Orient et Occident au
Moyen Âge, 72-73.
52
17 luglio 1247, cfr.: Epistulae, II, 299-300.
53
Dove riceve mille dinari d’oro dagli emiri di Aleppo, cfr.: Al-Maqrîzî, XI, 195.
48
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precario appena raggiunto. La salvezza dei Luoghi santi non può venire che dal re di Francia che si
è sempre mostrato un devoto figlio della chiesa, quando ha impedito la dieta di Cambrai, ha
promosso l’elezione dell’anti-re dei Romani, ha evitato la degenerazione della pericolosa ribellione
dei baroni alla chiesa. Luigi IX, a sua volta, sfrutta il sostegno della chiesa per espandere il suo
regno francese in Occidente e in Oriente, e per bloccare la riproposizione di quell’alleanza anglotedesca che era stata sconfitta a Bouvines e che poteva minare la basi del suo potere. L’alleanza tra
il Papato e la corona di Francia consente a Innocenzo IV di combattere fieramente contro
l’imperatore e a Luigi IX di approfittare della crociata sancita dal Concilio per dirottare gli
ambiziosi nobili del suo regno alla conquista dell’Egitto senza compromettere i rapporti cordiali con
Federico II. Per la terza volta, però, la spedizione per la custodia dei Luoghi santi è bandita dal
papato mentre l’imperatore e re di Gerusalemme è scomunicato, e la cristianità è divisa tanto per i
laici quanto per gli ecclesiastici: mentre in Germania si spacca l’Ordine teutonico ed è soppresso
ogni beneficio a quello agostiniano, in Palestina l’Ordine dell’Ospedale si oppone a quello del
Tempio. Il papa fomenta ovunque oppositori contro la bestia dell’Apocalisse, recluta sicari nel
regno di Sicilia, finanzia l’elezione di un anti-re dei Romani nell’impero, nomina un dominus a
Gerusalemme; la sua azione è sostenuta dai Lombardi che bloccano gli imperiali nella Penisola e
dai Genovesi che ingaggiano in tutto il Mediterraneo una campagna piratesca che destabilizza le
rotte mercantile attivate tra Palermo ed Alessandria e colpisce gli interessi genovesi nei mercati
internazionali, a differenza dei Veneziani che ritornano alla consueta benevolenza federiciana
proprio per salvare gli accordi commerciali siglati in Turchia, in Tunisia, in Sicilia, in Egitto e in
Terra santa, abbandonando l’ostilità mostrata a Tiro contro i rappresentanti dell’imperatore. I nobili
d’Oltremare attendono l’arrivo del re di Francia, ma continuano a rispettare l’autorità del loro re,
perché è l’unico garante di quella pace tra Cristiani e Musulmani che aveva garantito la sicurezza
dei Luoghi santi. La pace era stata tradita a Gaza per le sole pressioni di papa Innocenzo IV. Nel
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regno di Gerusalemme, senza l’incitamento del papa, mai qualcuno avrebbe messo in discussione il
patto di Ascalona e di Giaffa, sconvolgendo le alleanze vigenti nella regione, per un vano quanto
inopportuno desiderio di conquista. Il tradimento della politica federiciana, però, provoca la
devastazione di Gerusalemme e l’annientamento dell’esercito franco-siriano nella piana di Gaza,
cosicché la città santa ritorna nuovamente al culto cristiano e musulmano ma sotto la custodia del
sultano, in nome dell’unico Dio giusto e misericordioso, terribile nella sua magnificenza. Al-Sâlih
Ayyûb caccia i Carismiani e trattiene per conto dell’imperatore il luogo della pace, simbolo della
regalità di Salomone, eletto da Maometto e da Cristo e scelto da Dio, e rifiuta le richieste del papa
assicurando ancora una volta quella convivenza religiosa tra Cristiani e Musulmani, ratificata a
Giaffa e violata dai Templari accusati di voler sconvolgere l’ordine cosmico voluto da Dio; soltanto
dopo un nuovo atto di sottomissione dei baroni gerosolimitani alla corona normanno-sveva, il
sultano decide di interrompere la campagna di conquista di tutta la Terra Santa cristiana, rassicurato
dalla presenza in Siria del balivo imperiale Tommaso di Acerra, che è rispettato dai nobili
d’Oltremare ed è senza alcun risultato osteggiato dalla chiesa. Innocenzo IV giustifica l’azione dei
Templari, accusando a Lione il falso imperatore di aver fatto pronunciare la legge del profeta nel
Tempio di Dio anche se ricerca di riannodare tutte le fila della politica perseguita nello spazio euromediterraneo. Il papa ricorda al sultano, in occasione della richiesta della consegna pacifica di
Gerusalemme, quegli stessi accordi firmati dell’imperatore, che lui stesso aveva contribuito a
violare; ma le sue richieste sono respinte dal figlio di al-Kâmil perché la chiesa si rifiuta di
perdonare un uomo che falsamente giura di trasformarsi in strumento della cristianità e di comporre
la frattura con i fratelli Greci e Musulmani e che da Malleus mundi ha quasi annullato la gerarchia
ecclesiastica falcidiando i principi della chiesa nelle acque del Tirreno e ingannando i più puri di
cuore. Il nome di Federico II e della sua progenie maledetta deve essere cancellato dalla faccia della
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terra proprio grazie a quelle crociate benedette dai prelati giunti al Concilio di Lione per debellare
in un sol colpo i nemici di Cristo e del Suo apostolo.
Quindici anni aveva retto la pace tra Cristiani e Musulmani in Terra santa finché una nuova
guerra non riporta sotto il controllo dell’islam la città di Gerusalemme. L’idea, però, che la città
santa rappresenti un luogo di pace, aperto al culto cristiano e musulmano, non tramonta anzi
continua a essere perseguita sotto la protezione della dinastia ayyûbita, dove i cristiani sono protetti
dalla corona come al Cairo e come i musulmani ad Acri o a Palermo. Il sultano d’Egitto dimostra di
condividere la regalità salomonica, professata dall’imperatore nel manifesto di Gerusalemme, e
ricorda al papa come bisogna immolare all’Altissimo ogni sacrificio utile al trionfo della stagione di
pace, di cui Federico II è considerato un cultore, mentre per Innocenzo IV, ne è proprio il
distruttore. La pace tanto ricercata dall’imperatore, dal papa e dal sultano si perde nel vortice della
lotta tra impero e sacerdozio e in questo vortice rischiano di essere travolte tutte le relazioni attive
tra cristianità e l’islam, il successo del nuovo passaggio generale per la Palestina, il carattere multiculturale e pluri-religioso di questa zona di frontiera dove Cristiani e Musulmani convivono e
coesistono.
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Bibliografia

Lettres diplomatiques égyptiennes à Innocent IV, a cura di M. Rubellin, in Pays d’Islam, 253255

Estoire de Eracles Empereur, in Historiens occidentaux, Paris 1819; ed. Académie des
inscriptions et belles lettres, Imprimérie Nationale, t. II, Paris 1859

Le Goff, J., San Luigi, trad. it. di A. Serafini, Einaudi, Torino 1996

Runciman S., The Crusader States, in A History of the Crusade, II

Richard, J., Orient et Occident au Moyen Âge: contacts et relations (XIIe-XVe s.), Variorum
reprints, London 1976
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