Finocchio selvatico
(Foeniculum vulgare Mill.spp.vulgare)
Famiglia: Apiaceae (Umbelliferae)
Descrizione botanica
È una pianta erbacea perenne alta fino a 2 metri. La radice è fittonante cilindrica; il fusto è
eretto, cilindrico, ramificato, di colore verde intenso e rivestito di un leggero strato ceroso. Le
foglie inferiori hanno il lembo grande, tripennato con foglioline multipartite, mentre le foglie
superiori hanno la lamina divisa in lacinie filiformi. I fiori sono giallastri, piccoli raccolti in
ombrelle con 4-30 raggi prive di involucro; hanno un piccolo calice, la corolla è composta da
cinque petali gialli di forma ovale, con un lungo apice ripiegato verso il centro. Il frutto, molto
aromatico, è formato da due acheni oblunghi, ovoidi, lunghi fino ad 1 cm con coste ben
distinguibili sulla superficie esterna (Leporatti M.L., Foddai S., Tomassini L. 1997). Il peso di
1000 semi è di circa 4,5 – 5,5 g.
Diffusione e mercato
È una specie originaria dell’area mediterranea. Di frequente si trova spontanea in Italia
meridionale e centrale dai 0 ai 1000 m s.l.m.. Cresce nei luoghi aridi e assolati, negli incolti,
ai margini delle strade e nelle scarpate ghiaiose (Apoteca natura, 2004).
In Italia la coltivazione del finocchio selvatico si estende in superfici di circa 50 ha soprattutto
in Piemonte, Marche e Abruzzo. La maggior parte del prodotto viene essiccato e quindi
venduto come prodotto secco alle erboristerie e alle industrie alimentari (ISAFA, 2001).
Esigenze pedoclimatiche
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Si adatta facilmente a tutti i tipi di terreno, ma predilige quelli fertili, calcarei e facilmente
irrigabili; sono da evitare i terreni alcalini, troppo secchi o troppo leggeri. Predilige gli
ambienti assolti e teme i freddi molto intensi.
Tecnica colturale
Propagazione e sesto d’impianto – Avviene per seme.
Si esegue la semina diretta all’inizio della primavera, usando semi conciati e di recente
produzione per ridurre eventuali problemi di dormienza. Si utilizzano dai 4 ai 6 kg/ha di semi
con cui si realizzano delle file distanziate circa 50 cm ottenendo una densità di impianto di
circa 8 - 10 piante/m2. Si potrebbe ricorrere anche al trapianto se si sono eseguite semine
invernali in ambiente protetto ma il finocchio selvatico non tollera molto il trapianto.
Preparazione del terreno – In autunno si esegue un’aratura di media profondità a cui fa
seguito una fresatura per preparare il terreno a ricevere il seme. Successivamente, dopo
l’emergenza delle piantine, si potrebbe realizzare una sarchiatura per il contenimento delle
malerbe e un eventuale diradamento se la coltura dovesse risultare troppo fitta.
Irrigazione – Potrebbe essere necessaria l’irrigazione per favorire lo sviluppo della coltura
ovvero aumentare il numero delle ombrelle e dei frutti. Si può effettuare prima delle fioritura,
nella fase di ingrossamento del seme; è sconsigliata in corrispondenza della fioritura e della
fecondazione.
Concimazione – Con l’aratura si possono interrare 200-250 q/ha di letame maturo.
All’impianto si apportano, generalmente, 120-150 kg/ha di P2O5 e 80 kg/ha di K2O; dopo
l’emergenza delle piantine e alla ripresa vegetativa vengono somministrati 50-60 kg/ha di N,
si cerca di non superare tale quantità poiché si rischia di favorire un esagerato sviluppo
vegetativo a scapito della fruttificazione. Una buona disponibilità di fosforo, invece, favorisce
la formazione dei frutti (Agrosarda, 2002).
Avversità
Tra i patogeni fungini di maggior interesse per la coltura abbiamo: Uromyces sp., Cercospora
sp., Fusicladium sp., Sclerotinia sclerotiorum e Phytophtora sp. che danneggiano
prevalentemente foglie e steli; Rhyzoctonia sp. che causa marciumi radicali, Protomyces sp. e
Cercosporidium sp. che danneggiano le ombrelle.
Sono stati segnalati anche attacchi di batteri: Erwinia carotovora var. carotovora che causa
marciumi fogliari e Pseudomonas spp. che provoca striature scure sulle foglie. Per contenere
l’insorgere di tali patogeni, si può ricorrere alla concia dei semi prima della semina.
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Tra gli insetti si possono avere attacchi di emitteri (Calocoris norvegicus) che danneggia
foglie e gemme apicali e larve di lepidotteri (Papilio machaon) che si nutrono di foglie e
giovani steli (Catizone P., Marotti M., Toderi G., Tètènyi P., 1986).
Raccolta, resa e utilizzazione
Se la raccolta è destinata alla produzione di foglie per l’estrazione dell’essenza, si interviene
con lo sfalcio all’inizio dell’estate, prima dell’emissione dell’infiorescenza; in questo caso è
possibile eseguire una seconda raccolta alla fine dell’estate. In commercio sono richiesti
soprattutto i semi che si raccolgono nel secondo anno di coltivazione, quando hanno assunto
una colorazione giallo chiaro. Può essere anche effettuata con mietitrebbiatrice per semi
minuti ma essendo la maturazione poco omogenea si raccolgono semi in diversi stadi di
maturazione, ciò rende necessaria essiccazione molto rapida a discapito della qualità del
prodotto (Ferretti Milesi G., Ferretti Milesi Massih L., 2001).
La resa in foglie è di 8-10 t/ha di materiale frescocce essiccato si riduce a 1,5-2,5 t/ha.
La produzione media di frutti si aggira intorno ai 10-15 q/ha, alla distillazione i frutti
forniscono un 4-5% di essenza di qualità variabile ottenendo così circa 70-100 kg/ha di
essenza.
In molte Regioni italiane il finocchio selvatico rientra nella preparazione di piatti tipici, nell’
aromatizzazione di liquori, bevande aperitive e dissetanti.
Il finocchio selvatico, per la sua particolare composizione (componenti non terpenoidici)
presenta attività carminativa, spasmolitica. Con i frutti vengono realizzati degli infusi utili
come espettoranti nel trattamento delle bronchiti secretive, contro la raucedine (Leporatti
ML, Corradi L., 2001), disturbi gastrointestinali e infezioni delle vie urinarie (Hanlidou E. et
al., 2004). Mediante estrazione di olio essenziale per idrodistillazione , è stata riscontrata, in
vitro, la presenza di sostanze con attività antiossidante per un potenziale impiego nei settori
alimentari e farmaceutici (Oktay M., et al., 2003).
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Bibliografia
Agrosarda (2002) – L’officina delle erbe: la valorizzazione delle specie vegetali officinali.
Osservatorio industriale della Sardegna.
Apoteca natura (2004) – Le erbe per l’intestino. Inserto Apoteca natura n. 3 settembre 2004;
pag. 7.
Catizone P., Marotti M., Toderi G., Tètènyi P. (1986) – Coltivazione delle piante
medicinali e aromatiche. Patron Editore; pag. 181 – 185.
Ferretti Milesi G., Ferretti Milesi Massih L. (2001) – La coltivazione delle piante
aromatiche e medicinali. Edagricole Calderini; pag. 61 – 62.
Hanlidou E., Karousou R., Kleftoyanni V., Kokkini S. (2004) - The herbal market of
Thessaloniki (N Greece) and its relation to the ethnobotanical tradition. Journal of
Ethnopharmacology 91 (2004); pag. 281–299.
ISAFA (2001) – Indagine sulla consistenza e le caratteristiche della produzione di piante
officinali in Italia. Comunicazioni di ricerca 2001/3.
Leporatti M. L., Corradi L. (2001) - Ethnopharmacobotanical remarks on the Province of
Chieti town (Abruzzo, Central Italy). Journal of Ethnopharmacology 74 (2001); pag. 17–40.
Leporatti M.L., Foddai S., Tomassini L. (1997) – Testo-atlante di anatomia vegetale e delle
piante officinali. Piccin Editore; pag. 108 – 109.
Oktay M., et al. (2003) - Determination of in vitro antioxidant activity of fennel
(Foeniculum vulgare) seed extracts. Swiss Society of Food Science and Technology 36
(2003); pag. 263–271.
Siti internet consultati:
www.ilgiardinodelleerbe.it
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