25.11.1977 HELDER CAMARA UNA CHIESA PER IL MONDO

25.11.1977
HELDER CAMARA1
UNA CHIESA PER IL MONDO
Carissimo fratello Mons. Luigi, carissime suore, carissimi fratelli, felicemente miei cari amici. Non sono
così ingenuo da pensare che siate venuti qui per vedere i miei begli occhi o ammirare il mio perfetto
italiano. Siete qui perché, al di là dei punti di vista, dei punti che ci dividono, c'è fra tutti noi, cattolici e
non cattolici, cristiani o non cristiani, credenti o non credenti, un denominatore comune che ci avvicina e
ci affratella: siamo decisi a creare un mondo nuovo, più respirabile, più giusto e più umano. Avrò la
fiducia di parlare a voce alta davanti a voi, senza pretendere, in nessuna maniera, di imporvi i miei punti
di vista; spero che abbiate la pazienza di ascoltare la mia testimonianza, che non viene soltanto dalle
labbra. Posso ingannarmi in quello che vi dirò, ma tutto ciò che vi dirò viene da chi ama veramente gli
uomini di tutte le razze, di tutte le lingue, di tutte le religioni, inclusi coloro che si dicono atei; poiché io
credo profondamente che tutti, senza escludere nessuno, abbiamo lo stesso Padre: e ciò ci affratella. E
siamo persino fratelli di sangue, poiché tutti ci affratella il sangue di Cristo, versato per noi, senza
esclusione di nessuno. Da qui, dall'Italia, mi è stato suggerito un grande e bel tema, per il nostro incontro
di oggi: Cristo, la Chiesa, gli uomini. Arriveremo lì, con la grazia di Dio. Ma preferisco partire dagli
uomini, arrivare a Cristo e, dopo, alla Chiesa.
Perdonate il mio italiano: capisco la vostra lingua; ma, ahimè, soltanto le mani e il cuore parlano italiano
molto bene. Ma peggio è quando si è della stessa nazione, si parla la stessa lingua, alle volte si abita
nelle stesse case, ma è impossibile comprendersi. Con l'aiuto di Dio e la vostra buona volontà,
troveremo il modo di comprenderci.
Ma chi siamo noi, gli uomini? Noi siamo i privilegiati di Dio, nella creazione. Sarebbe stato molto facile
per Dio creare l'universo perfetto, bello e finito, senza alcun difetto: ma come sarebbe stato monotono,
trovare tutto così perfetto, senza aver più niente da fare! Dio ha soltanto dato inizio all'evoluzione
creatrice; non abbiamo paura di dire: "Il Creatore ha voluto l'uomo come co-creatore, e lo ha incaricato
di dominare la natura e completare la creazione".
Il campo dell'intelligenza, la corrispondenza è totale: Dio certamente si rallegrerà, felice, vedendo i suoi
piani divini assunti dall'uomo, che ha già le condizioni per sopprimere la miseria di tutta la terra. Dio ha
accompagnato le vittorie dell'uomo, che oggi ci sembrano piccole, ma furono e saranno sempre
formidabili. Il fuoco, la ruota; oggi l'uomo stesso ci spaventa per ciò che è riuscito a fare, a creare, per
mezzo dell'intelligenza che ha ricevuto dal Creatore Padre, intelligenza che è un riflesso della stessa
intelligenza di Dio. Il computer, l'energia nucleare, l'inizio dei viaggi spaziali, portano tutti a domandare
se l'uomo non è avanzato troppo, se non stia invadendo aree private di Dio. E' chiaro che Iddio non avrà
gelosia dell'uomo: quanto più avanti l'uomo riuscirà ad arrivare, nelle sue scoperte e nelle sue
invenzioni, tanto più gloria darà, che lo voglia o no, per ingrato che esso sia o diventi, al Creatore, senza
la cui grandezza, senza la cui bontà, l'uomo ritornerebbe al nulla. Ma nel campo dell'egoismo, l'uomo
continua ad essere ancora una scimmia.
L'ONU considera urgente la creazione di un nuovo ordine economico internazionali: l'Organizzazione
sente l'impatto terribile di una civilizzazione in cui un gruppo ridotto dell'umanità mantiene nella
miseria, in condizioni sotto-umane, i 2/3 degli uomini. Il Concilio di Roma ha dato allarmi che non sono
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Testo non rivisto dall'Autore.
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riusciti a smuovere l'egoismo dei super-ricchi, provando come la società dei consumi, il cui vero nome
dovrebbe essere "società dello spreco", in breve condurrà l'umanità a crisi terribili dovute
all'esaurimento delle materie prime, come il petrolio oppure all'accrescersi dei deserti a causa della
distruzione delle foreste e al progresso galoppante dell'inquinamento. E perché non parlare della pazzia
della corsa agli armamenti, della preparazione della guerra nucleare e della guerra biochimica, per cui gli
Stati Uniti e la Russia dispongono già di arsenali, venti volte più grandi della carica necessaria per la
eliminazione totale della vita sulla terra? Perché sempre imperi? Un giorno anche voi siete stati
"impero"; l'impero romano ha dominato tutta la terra allora conosciuta! Numerosi imperi precedettero il
vostro e, al vostro, vari imperi seguirono: Portogallo, Spagna, Olanda dominarono già i mari e il mondo.
Dopo, la regina assoluta dei mari fu l'Inghilterra, sul cui impero il sole non tramontava mai. Alla fine
della IIa guerra mondiale, la vecchia Inghilterra, sebbene dalla parte dei vincitori, ha visto la
dominazione del mondo passare agli Stati Uniti. Però, in breve, l'URSS diventò rivale del nuovo impero.
America del nord e Russia, come superpotenze rispettivamente del capitalismo e del socialismo, sanno
approfittare molto bene delle loro mutue divergenze e sanno camminare insieme quando a loro
conviene.
Sembrava che, in un determinato momento, fosse arrivata la fine del colonialismo: gli imperi europei
sorti in Africa e in Asia furono un pretesto, da parte dell'Europa, di favorire il progresso asiatico e
africano. Posso ingannarmi, ma quando contemplo, con particolare amicizia, il continente africano,
l'impressione dolorosa che ho è di vedere le nazioni africane, mie sorelle, incominciare un'esperienza
dolorosa, già fatta dall'America Latina più di un secolo e mezzo fa: l'esperienza della solo indipendenza
politica, senza l'indipendenza economica e culturale. Ho l'impressione che tre poteri, gli Stati Uniti, la
Russia e la Cina, lottino per aiutare l'Africa nel loro interesse. Spero che io mi inganni, ma ho
l'impressione dolorosa che, nell'Africa e nell'Asia, un neo-colonialismo si stia seminando e si affermi.
Quanto all'America Latina, in un modo più sofisticato, lo voglia o no, continua ad essere un satellite
degli Stati Uniti. Basta vedere come dal National World College passi, alle nostre scuole superiori di
guerra, l'ideologia della sicurezza nazionale, in cui, sotto il pretesto di evitare il comunismo, siamo
caduti nella dittatura di destra, con il nome sofisticato di "governi autoritari". Infatti, nel 1973, la
commissione trilaterale America del Nord, Europa Occidentale e Giappone, decise che alle nazioni del
terzo mondo occorreva una democrazia sociale, un aiuto, ma non un'autentica democrazia politica. E le
multinazionali divennero potenti come nessuno impero, tra i numerosi che dominarono e dominano
questo caro suolo degli uomini.
Forse ci inganniamo noi, del terzo mondo, quando abbiamo l'impressione che le grandi compagnie
multinazionali siano la nuova faccia dell'imperialismo; forse, nelle nazioni industriali, queste si
comportano in modo diverso: esse sorgono come conseguenza inevitabile della moderna tecnologia.
Nell'era del computer, delle macchine sorelle dei cervelli elettronici, che fanno il lavoro di centinaia di
uomini, con mezzi di comunicazione e trasporti ultraveloci, non interessa fabbricare soltanto per
Brescia, o soltanto per l'Italia, o soltanto per l'Europa: la scala diventa rapidamente mondiale. Perché
interessa, alle multinazionali, venire nel terzo mondo? Esse vengono con la scusa di aiutarci. Hanno
bisogno delle nostre materie prime, poiché è incalcolabile come la società dei consumi sprechi materia
prima. Tutto è prodotto in modo fragile, apposta per essere gettato via e per obbligare ad acquistare ciò
che si presenta ogni anno con qualche novità. La propaganda si incarica di provare che non si può fare a
meno del nuovo prodotto. Pagare non costituisce un problema, visto che si vende a credito: questa è
un'illusione terribile e una nuova forma di dominazione.
Le multinazionali, quando arrivano nel terzo mondo, trovano già i ricchi delle nostre nazioni, che
mantengono la propria ricchezza a scapito della miseria dei loro concittadini. Nasce un'alleanza naturale
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tra i dominatori locali e i sopradominatori che arrivano. E' importantissimo, per le multinazionali,
trovare paradisi per gli investimenti; materia prima acquistata con facilità e lavoratori che ricevono uno
stipendio vile. Tentazione molto seria per le multinazionali, quando operano nelle nazioni
sottosviluppate, è contare su governi autoritari, che non consentono contestazione né al parlamento, né
alla stampa, né ai sindacati, né i partiti politici, né alle università.
E Gesù Cristo, che c'entra in tutto questo? C'entra! E molto. Cristo, Figlio di Dio che si è fatto uomo,
viene sulla terra soprattutto per insegnarci che Dio Onnipotente è Padre di tutti noi e che tutti dobbiamo
trattarci veramente come fratelli. Non soltanto in Chiesa, nel momento della pace, dopo di che ciascuno
torna a casa sua. Quando domandarono a Cristo quale era il più grande comandamento, egli non esitò
nel rispondere che il primo e più grande comandamento è amare Iddio con tutto il cuore, con tutta
l'anima, con tutto l'intelletto; però Cristo ha subito completato con un altro comandamento, uguale al
primo: amare il prossimo. E dice ancora: "in questi due comandamenti c'è tutto: la legge e i profeti".
Cristo insegna che non basta dire: "Signore, Signore". Arrivò al punto di dire che quando qualcuno ha
fame, sete, si trova nudo, prigioniero o senza patria, Egli soffre con lui. Rimane a fianco con chi è
oppresso, ridotto in una condizione sottoumana, chi è calpestato, senza distinzione di razza. E la vita
insegna che niente si assomiglia tanto alle dittature di destra quanto le dittature di sinistra: sono
considerate come due poli opposti e invece si affratellano nella potenza, nella mancanza di rispetto verso
la libertà, nel clima di sospetto e di paura, nelle torture e nella liquidazione sommaria delle vite.
Cristo fece minacce terribili ai ricchi; minacce che i Padri della Chiesa presentarono aperte e lampanti e
che noi addolciamo al punto da renderle irriconoscibili. E' vero che Cristo, che viveva tra i poveri, fu
anche nelle case dei ricchi e mangiò con loro. Ma Zaccheo, dominato dalla grazia, distribuì la metà delle
ricchezze ai poveri. La conversione personale è indispensabile, ma non è sufficiente. Oggi vi sono
strutture di ingiustizia e ingranaggi di oppressione: bisogna arrivare a smuovere queste strutture ingiuste.
Però sarebbe un errore gravissimo voler incominciare con movimenti armati. Se facciamo la pazzia di
voler usare le armi i cui fabbricanti e i grandi padroni sono gli stessi oppressori, in pochissimo tempo
saremo schiacciati.
Ma in questo momento, in cui la società dei consumi arriva a degli impatti terribili, e in cui la nostra
società arriva all'assurdo di lasciare nella miseria e nella fame oltre due terzi degli uomini, la grande
arma è l'unione dei piccoli nelle loro comunità di base. Senza odio, senza appello suicida alle armi degli
oppressori, i piccoli imparano che è facile schiacciare una persona isolata, oppure dieci, venti persone;
ma nessuno potrà schiacciare comunità intere, che si uniscono per difendere diritti che non dipendono
dai governi, non sono invenzione degli uomini o generosità dei potenti: sono diritti che proprio Dio ha
inciso nella nostra carne, nel nostro sangue, nella nostra anima.
E per dare un appoggio morale ai piccoli delle nazioni povere, a quelle che fino ad oggi erano senza
voce, lo Spirito di Dio risveglia, nell'interno di tutte le nazioni, di tutte le razze, di tutte le religioni,
gruppi sempre più numerosi, decisi ad aiutare la creazione di un mondo più giusto e più umano. E la
Chiesa, che cosa fa e che cosa deve fare? Cristo disse: "la verità ci farà liberi". Abbiamo il coraggio di
riconoscere che la Chiesa è divina nel suo fondatore: il Cristo. Ma è consegnata alla nostra fragilità
umana. Questo è ciò che ci salva: che, sebbene consegnata alla nostra fragilità, la Chiesa continua ad
essere di Cristo, e lo Spirito di Dio, nel momento giusto, la strappa dagli ingranaggi nei quali la nostra
fragilità l'ha costretta. "La verità ci farà liberi". Come pretendere di dimenticare lo scandalo di questo
secolo? E' cristiana, almeno di nome e di origine, la maggioranza delle nazioni ricche che in maniera
ingiusta diventano sempre più ricche, schiacciando la quasi totalità del mondo; è cristiana la
maggioranza privilegiata che nelle nazioni povere dell'America Latina esercitano un vero colonialismo
interno, mantenendo la propria ricchezza e schiacciando migliaia di concittadini.
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Vi sono però segni evidenti di speranze: le lettere dei Papi, soprattutto da Leone XIII fino a Paolo VI,
esigono sempre di più giustizia come condizione per la pace. Noi, vescovi di tutto il mondo, riuniti al
Concilio Ecumenico Vaticano II, intorno a Papa Giovanni e a Paolo VI, abbiamo reso viva la presenza di
Cristo nel mondo di oggi. Ci siamo impegnati ad imitare il Cristo, ad intraprendere tutti gli sforzi perché
la presenza della Chiesa sia ad imitazione del Signore, che non venne per essere servito, ma per servire.
Desideriamo vedere nella Chiesa un organismo che funzioni come antenna sensibile, capace di percepire
e denunciare tutte le grandi ingiustizie del mondo di oggi, da qualsiasi parte esse vengano, dall'ovest o
dall'est, dal nord o dal sud. L'organismo creato da Paolo VI è la Pontificia Commissione per Giustizia e
Pace, che svolge un servizio formidabile per il nostro terzo mondo. So che abbiamo ancora molto da
camminare. Ma quando Paolo VI riunì i vescovi dell'America latina, in Colombia, dieci anni fa, ci siamo
accorti che eravamo troppo legati ai governi e ai potenti, preoccupati di salvare l'autorità e il cosiddetto
ordine sociale. Con l'approvazione piena del Santo Padre, ora denunciamo le strutture di ingiustizia nel
nostro continente e il colonialismo interno nella nostra America Latina; e la Chiesa di Cristo
nell'America latina aspetta felice di essere perseguitata per amore della giustizia.
Negli Stati Uniti, la Chiesa si trova totalmente impegnata ad aprire gli occhi alle ingiustizie che
schiacciano migliaia e migliaia di creature umane, ha avuto il coraggio di domandare se i neri, i
messicani, gli indios, i cinesi, le donne si sentono liberi e percepiscono che c'è giustizia verso di loro. La
Chiesa degli Stati Uniti ha fatto ancora di più: ha portato il popolo nord-americano a riflettere se è
sufficiente che vi sia la giustizia, la libertà, all'interno della nazione, anche se il prezzo di ciò è di
sopraffare la giustizia e la libertà in altre nazioni. Diciotto vescovi degli Stati Uniti hanno scritto una
lettera pastorale, dimostrando che nella nazione più ricca del mondo vi sono 40 milioni di creature in
una situazione indegna della condizione umana. Abbiamo molto ancora da camminare; ma ci sono segni
evidenti di speranza nella posizione della Chiesa in tutto il mondo.
E qui, in Italia? Anche in Italia i soldi di casa non fanno miracoli: nessuno è profeta nella propria terra.
Però, carissimi fratelli, se credete in me, permettete che io vi dica: sapete chi è il mio leader? E' il Papa,
che è andato alle Nazioni Unite, e alla presenza delle nazioni che fabbricano le armi, fabbricano le
guerre, alla presenza delle nazioni che, in maniera assurda, immagazzinano armi nucleari con la capacità
di liquidare la vita sulla terra, ha condannato apertamente la guerra, e ha fatto sentire al mondo intero il
suo grido indimenticabile: "Non più la guerra, non più la guerra!". Sapete chi è il mio leader? E' un Papa
che ha pronunciato la parola più giusta, più coraggiosa sulle ingiustizie, il Papa che, nella "Populorum
Progressio" ha dato la più bella e precisa definizione dello sviluppo, facendo vedere come non è
autentico qualsiasi sviluppo che non sia lo sviluppo di tutto l'uomo e di tutti gli uomini. Sapete chi è il
mio leader? E' un Papa che, ottant'anni dopo che Leone XIII aveva scritto la celebre enciclica "Rerum
Novarum", ha presentato un panorama coraggiosissimo dei molti problemi umani del nostro tempo.
Sapete chi è il mio leader? E' un Papa che ha avuto il coraggio di proclamare che difendere la giustizia
nel mondo di oggi è parte integrante dell'evangelizzazione.
Il mio maestro, è Cristo. Il Vangelo mi basta; il mio leader, con gioia lo dico in Brescia, è il pellegrino
della pace, il Papa Paolo VI, che dà a noi, a tutti noi Chiesa, sacerdoti e laici, e a voi qui presenti, il
compito, l'impegno di realizzare questa giustizia, che è la giustizia di Dio.
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