FAQ - San Raffaele

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FAQ
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Come si fa la diagnosi di malattia di Parkinson?
La diagnosi di Parkinson è clinica, si basa quindi su alcuni segni clinici che si evidenziano
con l’esame neurologico. Le tecniche di diagnostica radiologica (Risonanza Magnetica,
TAC, SPECT) servono ad escludere altre cause di quei sintomi o a confermare la diagnosi
nei casi in cui il medico lo ritenga necessario.
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Che differenza c’è tra Parkinson e Parkinsonismi atipici come la PSP e l’MSA?
I Parkinsonismi atipici sono malattie neurodegenerative più rare del Parkinson, che spesso
non vengono subito riconosciute dai clinici. Rispetto al Parkinson, presentano molti sintomi
simili, ma colpiscono il sistema nervoso centrale in maniera più ampia e più grave, ed
hanno un’evoluzione clinica più aggressiva. La terapia farmacologica è aspecifica, spesso
si utilizzano farmaci che hanno come indicazioni la malattia di Parkinson (levodopa,
amantadina, rasagilina), ma l'efficacia è scarsa. Per questo motivo, hanno grande
importanza le sedute di fisioterapia che contribuiscono, insieme ai farmaci, a trattare i
sintomi.
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Che cos’è il Parkinsonismo vascolare?
Il Parkinsonismo vascolare descrive un’insieme di sintomi simili alla malattia di Parkinson,
causati però da un danno di origine ischemica nelle stesse sedi del cervello colpite dalla
malattia di Parkinson. Tali sintomi migliorano con la Levodopa. Gli altri farmaci che si usano
nella terapia del Parkinson non sono utili nel Parkinsonismo vascolare.
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Ho il Parkinson, mi verrà anche l’Alzheimer?
Il Parkinson e l’Alzheimer sono due malattie differenti, sebbene siano entrambe malattie
neurodegenerative. Chi soffre di Parkinson potrebbe avere disturbi cognitivi legati alla
malattia, ma ciò in genere avviene dopo tanti anni e solo in una parte dei pazienti. Nel caso
vi sia il sospetto di un’iniziale deficit cognitivo è importante avvisare tempestivamente il
proprio neurologo che richiederà una valutazione con test neuropsicologici.
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Ho un mio familiare malato di Parkinson: mi ammalerò anch’io?
La maggior parte dei casi di Parkinson (90% circa) sono “sporadici” ossia determinati da
una complessa interazione tra fattori di rischio genetici e ambientali (genesi multifattoriale).
Pertanto, chi ha un familiare malato, ha una maggiore suscettibilità all’insorgenza di
malattia, ma proprio perché questo non è l’unico fattore chiamato in causa nel determinarla,
non è assolutamente destinato con certezza a sviluppare il Parkinson. Solamente in una
piccola percentuale di casi (10% circa), in genere ad esordio precoce (in età più giovanile),
la malattia è legata alla mutazione di un singolo gene ed è ereditaria.
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La malattia di Parkinson si può curare con le staminali?
Ad oggi la terapia con cellule staminali non ha dato risultati sulla malattia di Parkinson, o
per scarsa efficacia o per l’insorgenza di gravi effetti collaterali. La ricerca scientifica
continua a lavorare su nuove strategie che riescano a incidere sui meccanismi causali della
malattia e/o a modificarne il decorso. È importante non arrivare a facili conclusioni e
alimentare delle speranze prima che tali metodiche siano state validate attraverso tutte le
tappe previste dai protocolli di sperimentazione scientifica.
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I miei farmaci da qualche giorno non funzionano più. La malattia si è aggravata?
La malattia di Parkinson non peggiora nell’arco di pochi giorni, ma la sua progressione è
lenta e graduale. In caso di peggioramento repentino dei sintomi si deve pensare a malattie
concomitanti tra cui ad esempio: infezioni delle vie urinarie, influenza/bronchite, mancanza
di sonno, disidratazione, decorso postoperatorio, stress. Bisogna, inoltre, prestare molta
attenzione ad alcuni farmaci che vengono prescritti per altre patologie e che posso
interferire con la terapia neurologica o causare un aggravamento dei sintomi. Tra questi:
alcuni antibiotici, farmaci antinausea, farmaci per la gastrite, farmaci antivertigini, farmaci
calmanti.
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Tutti miei problemi di salute e i miei sintomi sono causati dalla malattia di
Parkinson?
Spesso nei pazienti parkinsoniani sono presenti altre patologie croniche non legate alla
malattia (ipertensione, diabete, obesità ecc). Tali patologie non vanno sottovalutate e vanno
trattate con la dovuta attenzione, poiché incidono sull’aspettativa di vita molto più che la
malattia di Parkinson.
Per quanto riguarda sintomi che insorgono all’improvviso, quali il dolore toracico, l’affanno,
difficoltà a parlare o una mancanza improvvisa di forza in un segmento corporeo, vertigini e
febbre, non sono dovuti al Parkinson, ma richiedono immediata attenzione medica.
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La depressione nei malati di Parkinson può essere curata?
La depressione e l’apatia posso essere sintomi non motori della malattia. Spesso
migliorano modificando la terapia per il Parkinson. A volte può essere utile introdurre un
farmaco specifico che agisca sul tono dell’umore.
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E’ utile trattare i disturbi del sonno nei malati di Parkinson?
Un buon riposo notturno è di fondamentale importanza, anche nei malati di Parkinson. I
disturbi del sonno possono essere trattati, da una parte ottimizzando la terapia, magari con
l’introduzione di un farmaco a lento rilascio nelle ore serali, dall’altra introducendo sostanze
naturali (tisane, valeriana) o farmaci specifici per i disturbi del sonno.
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E’ vero che La Levodopa non è più efficace dopo 5 anni e che bisogna attendere il
più possibile prima di introdurla nella terapia?
La Levodopa è efficace sempre, lungo tutto il decorso di malattia; essa è in grado di
controllare in maniera ottimale la maggior parte dei sintomi della malattia e migliorare la
qualità di vita del paziente parkinsoniano. Non è necessario, anzi è dannoso, procrastinare
l’inizio della terapia, qualora la sintomatologia richieda l’introduzione di tale farmaco. In fase
iniziale di malattia il paziente ha l’impressione che la sua terapia duri ininterrottamente per
tutta la giornata in quanto i neuroni dopaminergici non danneggiati dalla malattia sono in
grado di immagazzinare la dopamina e rilasciarla in modo da sopperire alla scomparsa del
farmaco dal sangue. Con la progressione della patologia, la graduale scomparsa di tali
cellule e, quindi, della loro riserva di dopamina fa sì che il beneficio clinico sia legato
solamente alla presenza in circolo del farmaco. Per tale motivo, la dose giornaliera di
Levodopa e la frequenza delle somministrazioni devono essere aumentate.
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E’ meglio se resisto e ritardo il più possibile la dose successiva di Levodopa e non la
assumo fino a quando non mi blocco?
La Levodopa è più efficace se presa ad orario. Lo schema terapeutico di ogni paziente
parkinsoniano è disegnato in maniera specifica, tenendo conto della durata di azione del
farmaco e dell’ampiezza della sua risposta. Ritardare troppo l’assunzione della dose
successiva causerebbe un repentino calo di dopamina nel sangue, che si manifesta
clinicamente come blocco motorio. Per lo stesso motivo, anche la dose successiva e le
altre dosi della giornata potrebbero non funzionare in maniera adeguata. Ancor più se si
soffre di fluttuazioni motorie, rispettare l’orario di assunzione è di fondamentale importanza.
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Per aumentare l’effetto della Levodopa dovrei eliminare le proteine dai miei pasti?
Modificare l’alimentazione è fondamentale solo quando compaiono fluttuazioni motorie,
quindi non nei primi anni di malattia. È in questa fase, infatti, che l’interferenza tra proteine
e Levodopa comincia a farsi “sentire” determinando un ritardo dell’effetto o addirittura un
mancato funzionamento della dose, specie di quella post-prandiale. La migliore
alimentazione è pertanto basata su pasti piccoli e frequenti associando i cibi in maniera che
il pasto sia facile da digerire. Più rapido sarà infatti lo svuotamento gastrico, più
velocemente la Levodopa entrerà in circolo e verrà assimilata.
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Si può morire di Parkinson?
Il Parkinson non è una malattia di per sé mortale. E’ una patologia a progressione lenta e la
vita degli ammalati si è molto allungata grazie ad un buon controllo dei sintomi con la
terapia farmacologica. Per evitare le complicanze legate alla malattia, molto più pericolose
del Parkinson, è bene preservare il più possibile una buona qualità di vita rispettando le
prescrizioni degli specialisti, mantenendosi attivi con la fisioterapia e l’esercizio fisico e non
sottovalutando le altre patologie di cui si soffre (pressione, diabete ecc…).
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Il Parkinson si può curare?
Ancora non è stato trovato un farmaco in grado di arrestare la malattia. Tuttavia, i
ricercatori lavorano incessantemente a questo importante obiettivo. Recenti studi scientifici
hanno mostrato come alcune molecole già utilizzate nella terapia del Parkinson, abbiano un
potenziale effetto neuroprotettivo, rallentando l’evoluzione della malattia. Inoltre, grandi
passi avanti sono stati fatti nella gestione farmacologica dei sintomi motori e non motori,
garantendo ai malati di Parkinson un’ottima qualità di vita per molti anni.
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