Lezione 12 Motore - mkonsulting.it

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MOTORI A COMBUSTIONE INTERNA
I motori in cui il combustibile brucia, mescolato ad aria, nell’interno del
cilindro, sono definiti motori a combustione interna o endotermici.
I tipi più diffusi sono dotati di uno o più stantuffi (pistoni) che trasmettono il
loro moto rettilineo alternato ad una manovella che fa assumere all’albero motore un moto
rotatorio, sono definiti perciò motori alternativi.
Appartengono pure alla categoria dei motori a combustione interna turbine a
gas ed un tipo di motore a stantuffi rotanti (motore Wankel), questi due ultimi sono del tipo
rotativo.
R.1
MOTORI ALTERNATIVI
Si dividono in due grandi categorie:
A
MOTORI A SCOPPIO, nei quali la combustione si provoca con accensione a scintilla.
B
MOTORI DIESEL, nei quali la combustione si provoca per compressione e conseguente
aumento della temperatura nell’interno del cilindro.
A loro volta i motori a scoppio e Diesel si dividono secondo il loro ciclo di
funzionamento che può essere a quattro e a due tempi.
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R.2
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STRUTTURA DEI MOTORI
Nelle parti essenziali, la struttura di un motore a scoppio e di un motore Diesel,
si può ritenere uguale.
In fig. 1 è rappresentato un motore a scoppio a quattro tempi, se al posto della
candela si inserisce un iniettore di combustibile, è realizzato lo schema di un motore Diesel a
quattro tempi.
Occorre, prima di procedere nella trattazione, prendere conoscenza della
nomenclatura tecnica riguardante le parti principali dei motori, e di alcune definizioni che ne
indicano le loro dimensioni (fig. 1 e 2).
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Si definiscono (fig. 2):
Alesaggio: diametro interno del cilindro
Punto Morto Superiore (P.M.S.): quando il pistone si trova nella posizione estrema di fine
corsa vicino alla testa del cilindro.
Punto Morto Inferiore (P.M.I.): posizione del pistone opposta al P.M.S.
Corsa del pistone: tragitto compiuto dal pistone tra i due punti morti.
Cilindrata totale: il volume di un cilindro moltiplicato per il numero dei cilindri.
Volume della camera di combustione: volume compreso tra la parte superiore dello
stantuffo (quando si trova al P.M.S.) e la testa del motore.
Alesaggio e corsa si misurano generalmente in millimetri ed i volumi in cm3.
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R.2.1 TESTA DEL MOTORE
La parte superiore del motore che chiude i cilindri è chiamata testa o testata
(fig.1 e 3).
In essa sono ricavate le intercapedini per la circolazione dell’acqua di
raffreddamento, le sedi per le valvole, i condotti di aspirazione e scarico, i sostegni per i
bilancieri che comandano le valvole, i fori per le candele o per gli iniettori di combustibile.
La testa è fissata al monoblocco o basamento mediante perni prigionieri (fig. 5)
con l’interposizione di una guarnizione, che ha lo scopo di fare da tenuta per impedire la fuga
dei gas e dell’acqua di raffreddamento che circola dalle intercapedini del monoblocco a quelle
della testa.
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Commento [P1]:
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R.2.2
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BASAMENTO O MONOBLOCCO
Nel basamento sono ricavati i cilindri le cui canne (fig. 3) possono essere in
unica fusione oppure riportate.
Il basamento ha anche il compito di sostenere, mediante dei cuscinetti detti
supporti di banco, l’albero motore e con appropriati attacchi gli organi ausiliari come la
dinamo, motorino di avviamento, pompe e filtri ecc.
Sotto il basamento è collocata la coppa dell’olio ed una guarnizione che fa da
tenuta tra le due parti che sono unite mediante una serie di perni.
Come abbiamo già accennato, il monoblocco cilindri può avere le canne che
formano parte integrale con la fusione, oppure le canne possono essere riportate.
Qualora si adotti il sistema delle canne riportate, si possono avere due
soluzioni:
a) la canna è inserita nel cilindro, ma non è a contatto con l’acqua di raffreddamento (canna
riportata a secco, fig. 4 b);
b) la canna è inserita nel cilindro (fig. 4 c) ma è a contatto con l’acqua di raffreddamento; in
questo caso, sulla circonferenza esterna della canna, sono lavorate delle scanalature per
sistemarvi degli anelli di gomma che fanno da tenuta ed impediscono all’acqua di penetrare
nella coppa (canna riportata «in umido »).
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In fig. 5 è raffigurata una canna del tipo in umido sfilata dal cilindro; i perni
prigionieri servono a bloccare la testa sul monoblocco.
R.2.3 PISTONI E FASCIE ELASTICHE
Il pistone ha il compito di chiudere la camera di combustione dalla parte
opposta alla testa del motore e scorre nelle canne dei cilindri che lo guidano nel suo movimento
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rettilineo alternato.
La tenuta tra cilindro e pistone (viene anche chiamato stantuffo) è assicurata
da segmenti o fasce elastiche che sono alloggiate in apposite scanalature ricavate sulla
superficie del pistone (fig. 6).
La fascia elastica inferiore, detta « raschia olio », ha il compito di impedire
all’olio che lubrifica le pareti del cilindro di passare nella camera di combustione e, con la sua
forma speciale, quando il pistone discende al P.M.I. raschia il cilindro rigettando l’olio in
eccesso nella coppa.
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R.2.4. SPINOTTO E BIELLA
Il pistone è collegato alla biella con un perno o spinotto di acciaio trattenuto in
posizione da due anelli di fermo (fig. 6).
La parte superiore della biella accoppiata al pistone è il piede di biella, mentre
la parte inferiore è detta testa di biella.
R.2.5 BRONZINE
La testa di biella è divisa in due metà unite da bulloni, e racchiude all’interno
due gusci semicilindrici di acciaio rivestiti sulla superficie a contatto con l’albero a gomiti (fig.
6) di un metallo antifrizione conosciuto comunemente come metallo bianco.
Il metallo bianco è una lega di piombo stagno e antimonio con aggiunta di altri
metalli (rame, alluminio); il suo punto di fusione è di circa 350° C.
È ovvio che, in mancanza di lubrificazione, il metallo bianco fonde per
l’aumento della temperatura dovuto all’attrito e il gioco tra bronzine e perni di manovella
aumenta, provocando dei battiti e dei rumori nella coppa seguiti repentinamente dalla caduta di
pressione dell’olio.
R.2.6 ALBERO A GOMITI
E’ chiamato anche albero motore, albero a manovella, collo d’oca.
Trasforma il moto rettilineo alternato dei pistoni in moto rotatorio che è
trasmesso all’asse porta elica.
È l’organo più sollecitato del motore dovendo sopportare dei carichi gravosi
dovuti alle pressioni che si scaricano su di esso.
Nei motori per imbarcazioni da diporto, relativamente piccoli, è in un solo
pezzo di acciaio fucinato, ma può essere composto in varie parti collegate fra loro, quando è
montato su cuscinetti a sfere o a rulli.
L’albero a gomiti è sostenuto dai cuscinetti o supporti di banco ricavati nel
basamento (fig. 3) i quali, sono guarniti con bronzine di metallo bianco simili alle bronzine di
testa di biella.
Le parti che compongono l’albero a gomiti sono: perni di banco, perni di
biella, bracci di manovella (fig. 7).
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I perni di banco appoggiano sui cuscinetti o supporti di banco, sul perno di
biella si articola la testa di biella, mentre i bracci di manovella collegano i perni.
L’albero a gomiti è forato internamente in modo da formare un canale entro
cui circola l’olio lubrificante e termina da una parte con il volano e dall’altra con una puleggia
che ha il compito di trainare, mediante una cinghia trapezoidale, organi ausiliari del motore,
quali dinamo o alternatore, pompa dell’acqua, pompa di sentina ecc.
R.2.7 LA DISTRIBUZIONE
Gli organi meccanici che comandano l’apertura e la chiusura delle valvole
fanno parte della distribuzione.
Essi sono: l’albero a camme o a eccentrici, le punterie, i bilancieri, le molle
(fig. 8).
L’albero a camme è collegato mediante una trasmissione ad ingranaggi o a
catena all’albero motore; le camme, che hanno forma eccentrica, quando ruotano sollevano le
punterie e le aste, i bilancieri si abbassano verso le valvole e le fanno aprire.
Le molle riportano in seguito le valvole in posizione di chiusura.
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R.2.8 VALVOLE
Ogni cilindro ha due valvole:
una di aspirazione che permette il passaggio della miscela di aria e benzina verso l’interno
del cilindro;
una di scarico che permette l’uscita dei gas combusti verso l’esterno.
Le parti della valvola sono (flg. 9): la testa o fungo e lo stelo.
Gioco fra valvola e bilanciere
Durante il funzionamento del motore, le valvole si scaldano e quindi subiscono
delle dilatazioni che si trasmettono lungo lo stelo.
Per questa ragione, fra lo stelo della valvola ed il bilanciere, bisogna lasciare
un certo spazio, detto comunemente gioco, per permettere alla valvola di allungarsi senza
puntare sul bilanciere altrimenti la valvola non potrebbe chiudersi perfettamente (fig. 9).
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La registrazione del gioco si esegue regolando la vite, con dado di arresto,
posta in testa a ciascun bilanciere dopo aver inserito, fra lo stelo della valvola ed il bilanciere
stesso, una apposita laminetta di uno spessimetro
Il gioco, regolato a motore freddo, deve essere per la valvola di aspirazione di
2 ÷ 3 decimi di millimetro e per la valvola di scarico di 3 ÷ 4 decimi.
E’ opportuno in ogni caso controllare l’esatto valore del gioco, che può
differire leggermente dai valori suddetti, sul libretto di istruzioni del motore.
R.3
RAPPORTO DI COMPRESSIONE
Il rapporto tra il volume totale del cilindro (volume del cilindro ± volume della
camera di combustione) e il volume della camera di combustione, dicesi rapporto di
compressione (fìg. 2).
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Rapporto di compressione =( V + v)/v
in cui:
V
volume del cilindro
v
volume della camera di combustione.
Il valore del rapporto di compressione varia nei motori a scoppio da 7:1 a 10:1
e nei motori Diesel da 14: 1 a 22:1.
Se, per esempio, un motore ha un rapporto di compressione uguale a 9,
significa che la miscela entrata nel cilindro durante la fase di aspirazione avrà, alla fine della
fase di compressione, un volume nove volte ridotto.
L’aumento del rapporto suddetto, che in pratica si realizza abbassando la
testata del motore, comporta un aumento di potenza del motore stesso, è però da considerare che
nel motore a scoppio non si possono raggiungere valori troppo alti, per non provocare il fenomeno della « detonazione » della miscela di aria e benzina.
Infatti, aumentando eccessivamente la compressione, la miscela si riscalda ad
un punto tale che esplode prima dello scoccare della scintilla provocando un caratteristico
battito in testa che nuoce alle parti meccaniche del motore.
Quando nei motori a scoppio, il rapporto di compressione è elevato, per porre
rimedio al pericolo della detonazione si aggiungono alla benzina delle sostanze dette
antidetonanti » pari al 0,3 ± 0,60 % in volume.
Il più usato è il piombo tetraetile il quale ha l’inconveniente di formare depositi
e di essere corrosivo, perciò danneggia le pareti dei cilindri, la testa dei pistoni e le valvole con
relative sedi.
Il problema della detonazione non esiste nei motori Diesel in quanto, come
vedremo più dettagliatamente in seguito, è compressa nel cilindro solamente aria, ed il limite del
rapporto di compressione è regolato tenendo conto delle massime pressioni che possono
sopportare i materiali rispetto alle dimensioni ed al peso del motore.
R.4 FUNZIONAMENTO DEI MOTORI
R.4.1 MOTORI A SCOPPIO
Come carburante è usata la benzina la quale è miscelata con aria in un
apparecchio chiamato carburatore.
La miscela entra nel cilindro attraverso un condotto che è aperto e chiuso a
tempo opportuno da una apposita valvola o dal movimento del pistone, viene successivamente
compressa e fatta esplodere dalla scintilla elettrica che scocca tra le punte di una candela.
I gas prodotti dalla combustione sono infine espulsi all’esterno attraverso un
condotto di scarico.
Il carburatore fa parte del sistema di alimentazione.
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Gli apparecchi che servono a produrre la scintilla, costituiscono il sistema di
accensione.
I dispositivi meccanici che comandano le valvole costituiscono il sistema della
distribuzione.
I motori a scoppio, come in precedenza accennato, sono suddivisi a seconda del
loro ciclo di funzionamento in motori a due tempi e a quattro tempi.
R.4.1.1 MOTORE A SCOPPIO A DUE TEMPI
Il ciclo di funzionamento del motore a scoppio a 2 tempi si compie in due corse
del pistone, vale a dire in un giro dell’albero motore.
Come si può notare dalle fig. 10- 11 - 12, il pistone lavora sia con la parte
superiore sia con la parte inferiore.
Il Carter o Coppa del motore è chiuso a tenuta stagna, e in luogo delle valvole
di aspirazione e scarico vi sono dei condotti comunemente chiamati « luci » ricavati lungo le
pareti del cilindro che sono chiusi e scoperti dal movimento del pistone.
Nella coppa non vi è olio per la lubrificazione in quanto questo è introdotto
nella coppa mescolato con la miscela di aria e benzina preparata dal carburatore.
La percentuale di olio componente la miscela varia da motore a motore e si
aggira dal 2% al 100/o.
Il ciclo di funzionamento si svolge nel modo seguente: ammettiamo che il
pistone sia giunto al punto morto superiore in fine fase di compressione (fig. 10).
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Dalla luce di immissione 1 è entrata la miscela di olio-aria e benzina,
preparata dal carburatore, perchè richiamata nella coppa dalla depressione creata dal pistone
nella corsa di salita.
A questo punto scocca la scintilla tra gli elettrodi della candela e la miscela,
compressa nella camera superiore del cilindro, esplode.
Il pistone è spinto in basso, chiude la luce di immissione 1 e nel medesimo
tempo comprime la miscela presente nella coppa (fìg. 11).
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Continuando nella corsa di discesa, il pistone scopre la luce di scarico 2 ed i
gas combusti, per effetto della loro pressione, si scaricano all’esterno (flg. 11) ed infine si apre
la luce del condotto 3 che mette in comunicazione la coppa con la camera superiore del cilindro.
La miscela, in precedenza compressa nella coppa, passa nel cilindro attraverso
il condotto 3 (flg. 12) e viene deviata verso l’alto dal deflettore del pistone che evita alla stessa di
sfuggire direttamente dalla luce di scarico. Nel medesimo tempo il flusso della corrente
contribuisce a scacciare i gas combusti ancora presenti nel cilindro.
In fig. 12 si nota che le luci di immissione e di scarico sono entrambe aperte.
Questa ultima fase secondaria è comunemente detta « fase di lavaggio
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Giunto il pistone al P.M.I. inizia la corsa di salita, chiude le luci di scarico 2 e
di lavaggio 3 ed inizia a comprimere la miscela nel cilindro mentre contemporaneamente
provoca la depressione nella coppa.
Appena si scopre la luce di immissione I (flg. 10) entra miscela fresca nella
coppa ed il ciclo riprende come in precedenza descritto.
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R.4.1.2
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MOTORI A DUE TEMPI PER FUORIBORDO
Generalmente, nei motori a due tempi fuoribordo, le luci di immissione della
miscela non sono ricavate lungo le pareti del cilindro ma nell’involucro della coppa.
Il pistone, nel suo movimento, scopre e chiude solo le luci di scarico e di
lavaggio mentre la introduzione della miscela nella coppa è controllata da apposite lamine
flessibili sistemate su una piastra forata (fig. 13).
Quando, per effetto della discesa del pistone, la miscela è compressa nella
coppa, le valvole a lamina si chiudono automaticamente ed impediscono alla stessa di
fuoriuscire.
Nella corsa di salita, la depressione creata dal pistone fa flettere le lamine che
permettono l’entrata della miscela nella coppa.
La fig. 13 rappresenta le lamine aperte ed il flusso dal carburatore. E’ovvio
che la rottura di una delle lamine (caso raro) pregiudica irrimediabilmente il funzionamento del
motore.
Per facilitare ulteriormente la comprensione del ciclo di funzionamento del
motore a scoppio a 2 tempi possiamo riassumere le varie fasi come segue:
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Corsa di discesa (Fig. 14 - 15)
Nel cilindro:
1.
2.
3.
4.
scoppio
espansione dei gas
chiusura della luce i di immissione
apertura delle luci di scarico 2 e di lavaggio 3
Nella coppa:
1. dopo la chiusura della luce di immissione 1, compressione della
miscela nella coppa
Corsa di salita (fig. 16)
Nel cilindro:
1. chiusura delle luci 2 e 3 e compressione della miscela nel cilindro
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Nella coppa
1. si crea una depressione che richiama la miscela dal carburatore
appena si scopre la luce i (flg. 14)
R.4.1.3
MOTORE A SCOPPIO A QUATTRO TEMPI
I quattro tempi che costituiscono il ciclo operativo del motore sono:
1° tempo: fase di aspirazione
2° tempo: fase di compressione
3° tempo: fase di scoppio
4° tempo: fase di scarico
Siccome ogni fase corrisponde ad una corsa del pistone (mezzo giro dell’albero
motore) il ciclo completo si compie in due giri dell’albero motore.
1°
Aspirazione: il pistone scende dal punto morto superiore al punto morto inferiore. La
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valvola di aspirazione apertasi a tempo opportuno permette alla miscela di aria
e benzina di penetrare nel cilindro (fig. 17).
2°
Compressione: il pistone sale, la valvola di aspirazione si chiude e la miscela viene
compressa nel cilindro (fig. 18).
3°
Scoppio: quando la fase di compressione sta per terminare, poco rima che il pistone
raggiunga il punto morto superiore, la scintilla della candela provoca
l’accensione della miscela che esplode. L’aumento di pressione che ne consegue
imprime al pistone una spinta verso il basso (fig.19).
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4° Scarico: il pistone sale, si apre la valvola di scarico, ed i gas combusti vengono espulsi
all’esterno (fig 20).
Terminata la fase di scarico, il pistone scende ed inizia una nuova fase di
aspirazione ed il ciclo riprende.
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ORDINE DI SCOPPIO
Generalmente nei motori a quattro cilindri la successione degli scoppi avviene
nel seguente ordine:
1-3-4-2
cioè, numerando i cilindri in ordine progressivo, la scintilla scocca prima nel
cilindro n. 1, poi nel n. 3, poi nel n. 4 ed infine nel n. 2.
Nei motori a sei cilindri l’ordine di scoppio e:
1-5-3-6-2-4
Sulla calotta dello spinterogeno si trova segnato l’ordine di scoppio per
agevolare il collegamento dei fili alle candele.
Nel medesimo ordine avviene l’iniezione del combustibile nei motori Diesel e la
sua conoscenza ci permetterà di collegare i tubicini che dalla pompa di iniezione vanno ai
rispettivi iniettori situati sulla testa dei cilindri.
R.4.1.4
IL SISTEMA DI ALIMENTAZIONE NEI MOTORI A SCOPPIO
Il circuito di alimentazione (fig. 21) è costituito da un serbatoio, da una pompa
a membrana che aspira la benzina dal serbatoio e la manda al carburatore.
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R.4.1.4.1
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LA POMPA A MENBRANA
Una membrana di gomma telata viene azionata da un eccentrico posto
sull’albero a camme (fig. 22) e da una leva di comando.
Sotto l’azione dell’eccentrico, la leva di comando fa abbassare la membrana e
comprime la molla antagonista, la depressione fa aprire la valvola di aspirazione A e il
carburante riempie il corpo della pompa.
Quando la leva ritorna nella sua posizione primitiva, la molla fa sollevare in
alto la membrana che, con il suo movimento, spinge la benzina attraverso la valvola di mandata
M e la invia alla vaschetta del carburatore.
Nei motori a due tempi, la membrana può venire comandata dalla depressione
e dalla pressione che il pistone crea nel carter; si evita così la sistemazione del comando
meccanico.
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R.4.1.4.2
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IL CARBURATORE
L’organo principale del sistema di alimentazione è il carburatore (fig. 23) che
ha la funzione di dosare e polverizzare la benzina in modo da mescolarla con l’aria in giuste
proporzioni.
Generalmente, per bruciare 1 grammo di benzina occorrono 16 grammi d’aria;
se, rispetto alla suddetta proporzione, l’aria è in difetto, la miscela si dice « ricca », se in eccesso
è « povera ».
Il carburatore nella sua forma elementare è costituito da una vaschetta a livello
costante, da tre spruzzatori, da un condotto a sezione convergente-divergente (tubo di Venturi) e
da una valvola a farfalla.
Nella vaschetta, un galleggiante comanda una valvolina a spillo; quando il
livello della benzina si alza, il galleggiante spinge in alto la valvolina e l’afflusso della benzina
cessa.
Viceversa, quando il livello diminuisce, il galleggiante si abbassa, la valvolina
riapre il foro di efflusso e la benzina può nuovamente entrare nella vaschetta.
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Con questo sistema si riesce a mantenere il livello del carburante sempre
all’altezza dello spruzzatore.
Nella camera di carburazione, dove avviene il mescolamento della benzina e
dell’aria, il diffusore di Venturi ha lo scopo di aumentare la velocità dell’aria e creare una
depressione atta ad aspirare la benzina dallo spruzzatore.
Oltre allo spruzzatore principale vi è uno spruzzatore di minima che entra in
funzione automaticamente quando la valvola a farfalla è chiusa, e lo spruzzatore dello « starter »
che è comandato manualmente e serve ad arricchire la miscela durante l’avviamento a freddo.
La valvola a farfalla non è altro che un disco azionato dall’acceleratore e serve
a regolare la quantità di miscela che va ai cilindri.
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L’ACCENSIONE NEI MOTORI A SCOPPIO
I sistemi adottati per fare scoccare la scintilla fra le puntine delle candele si
possono suddividere in:
a) accensione a spinterogeno
b) accensione a volano-magnete.
Il loro compito è quello di utilizzare la corrente di un generatore a bassa
tensione per trasformarla in alta tensione.
Il generatore di corrente a bassa tensione può essere una batteria oppure un
magnete.
R 5.1
ACCENSIONE A SPINTEROGENOOD A BATTERIA
Il circuito è composto da una batteria, da una bobina e dallo spinterogeno.
La batteria, generalmente a 12 Volt, è costituita da un contenitore suddiviso in
6 scompartimenti o celle entro cui sono sistemate delle piastre a base di piombo.
Fra una piastra positiva e una negativa viene introdotto un isolatore di
materiale plastico in modo da costituire un gruppo omogeneo o « elemento ».
Ogni cella è provvista di un tappo a vite munito di fori sfiatatoi; attraverso il
foro del tappo, si versa l’elettrolito composto da una soluzione di acqua distillata e acido
solforico fino a ricoprire le piastre di circa 5 millimetri.
L’elettrolito è introdotto all’atto della messa in commercio della batteria, in
seguito bisognerà aggiungere esclusivamente acqua distillata per ripristinare il livello del
liquido.
I terminali della batteria a cui si collegano i morsetto dei poli sono
contrassegnati con il segno + (colore rosso) e con il segno -(colore blu).
R 5.2
LA BOBINA
E’ il dispositivo che riceve la corrente a bassa tensione dalla batteria e la
trasforma in alta tensione.
Essa è composta da un nucleo di ferro laminato attorno al quale vi sono due
avvolgimenti di filo di rame: avvolgimento primario e secondario.
L’avvolgimento primario, composto da un centinaio di spire, fa capo ii morsetti
di bassa tensione mentre l’avvolgimento secondario, costi~uito da molte migliaia di spire di filo
sottilissimo, è connesso con un capo all’avvolgimento primario e con l’altro al morsetto di alta
tensione.
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R 5.3 LO SPINTEROGENO
La parte superiore è la calotta costruita con materiale isolante:
Essa porta tanti morsetti quante sono le candele più uno, posto al centro, che
riceve la corrente ad alta tensione dalla bobina.
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L’alberino dello spinterogeno termina con un distributore che funziona come
un contatto rotante e invia la corrente alle candele in sequenza con l’ordine di scoppio.
Sull’alberino è ricavata una camma che porta tanti lobi quante sono le
candele; durante la rotazione i lobi fanno aprire dei contatti o ((puntine platinate », di cui una è
mobile e riceve corrente a 12 Voli dalla bobina e l’altra è fissa e collegata a massa.
La puntina platinata fissa ha il suo sostegno che è provvisto di un’asola con
una vite di fermo; allentando la vite si può regolare la distanza fra le due puntine che
generalmente è circa 5/10 di millimetro.
R 5.4 LA CANDELA
Formata da una parte metallica che termina con un corpo filettato che permette
di avvitarla alla testa del motore.
L’interno della candela è attraversato da una asticina o elettrodo che è isolato
mediante della porcellana, un altro elettrodo è collegato alla parte metallica.
I due elettrodi vengono comunemente chiamati «le puntine» della candela; la
loro distanza è in media circa 6/10 di millimetro.
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R 5.5. IL CIRCUITO DI FUNZIONAMENTO DELLO SPINTEROGENO
Il filo positivo della batteria è collegato mediante un interruttore a chiavetta al
circuito primario della bobina.
Quando si stabilisce li contatto, la corrente a 12 Volt giunge all’avvolgimento
primario della bobina e prosegue fino a raggiungere la puntina platinata mobile dello
spinterogeno; se questa è in contatto con l’altra puntina, la corrente passa e il circuito si chiude
a massa.
Con il passaggio della corrente nel circuito primario della bobina si crea un
campo magnetico che attraversa l’avvolgimento secondario e dura fino a quando le puntine sono
attaccate.
Quando gli eccentrici fanno staccare le puntine, il campo magnetico si
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interrompe rapidamente provocando il fenomeno «dell’induzione elettromagnetica» per cui,
nell’avvolgimento secondario, si crea una corrente ad alto voltaggio che passa al distributore
rotante dello spinterogeno e quindi alle candele.
In serie con il circuito primario viene inserito un condensatore con lo scopo di
far variare rapidamente il flusso magnetico ed eliminare lo scintillio tra le puntine platinate.
Lo scintillio tra le puntine dà luogo alla loro ossidazione e provoca un rapido
consumo tanto da renderle fuori uso.
In breve, possiamo dire che la scintilla tra le puntine della candela scocca tutte
le volte che le puntine platinate si aprono.
R 5.6
L’ANTICIPO ALL’ACCENSIONE
La combustione della miscela non avviene istantaneamente ma dura per un
certo piccolissimo tempo; se la scintilla scoccasse quando il pistone è esattamente al punto
morto superiore, l’espansione dei gas si svilupperebbe quando il pistone effettua la corsa di
discesa e quindi l’aumento di pressione dei gas dovuto alla combustione, non verrebbe sfruttato
convenientemente per ottenere il massimo rendimento del motore.
Per questa ragione, la miscela introdotta nel cilindro deve iniziare a bruciare
con un certo anticipo prima che il pistone raggiunga il punto morto superiore in modo che essa
sia completamente incendiata quando il pistone inizia la corsa di espansione.
L’anticipo si misura in gradi e rappresenta l’angolo tra il braccio di manovella
e l’asse del cilindro.
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Il valore dell’angolo di anticipo deve essere tanto più grande quanto più è
elevato il regime di rotazione del motore perchè, con l’aumentare dei giri, aumenta la velocità
lineare del pistone e il quantitativo di miscela da incendiare.
La regolazione dell’anticipo viene attuata automaticamente dallo spinterogeno
che ha l’alberino diviso in due parti coassiali in modo che la parte superiore, che porta le
camme, possa avanzare nel senso della rotazione.
L’avanzamento viene comandato da due masse centrifughe tenute chiuse da due
molle tarate; a bassa velocità le masse sono in posizione chiusa, aumentando i giri, la forza
centrifuga le fa allargare progressivamente e le camme con il distributore di corrente, pur continuando a ruotare, avanzano nel senso della rotazione facendo aprire prima le puntine platinate e
quindi l’accensione viene anticipata.
Le medesime osservazioni circa l’anticipo della combustione valgono anche nei
riguardi del motore Diesel.
R 5.7. L’ACCENSIONE VOLANO MAGNETE
Nei motori fuoribordo è generalmente adottata l’accensione a volano-magnete.
La figura rappresenta schematicamente un volano-magnete a quattro poli con
bobina esterna; la parte punteggiata è quella rotante.
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Il volano motore porta incorporati quattro magneti o calamite M che ruotano
trainati dall’asse motore A il quale termina con una camma che fa aprire le puntine platinateP
del ruttore.
Sulla parte fissa sono sistemati due nuclei Bl e B2 di ferro lamellato che sono
circondati da avvolgimenti di filo di rame.
Quando il volano gira, le calamite producono un campo magnetico rotante che
crea negli avvolgimenti (o indotti) Bl e B2 una corrente alternata a bassa tensione; la corrente
indotta in Bl viene utilizzata per produrre la scintilla che scocca tutte le volte che le puntine
platinate si aprono, quella indotta nell’avvolgimento B2 alimenta il circuito luce o serve a
caricare la batteria dopo essere stata convertita in corrente continua dal raddrizzatore R.
Il condensatore C serve ad eliminare lo scintillio tra le puntine platinate.
Il volano-magnete rappresentato in figura serve per un motore ad un cilindro,
se il motore avesse due cilindri si potrebbe utilizzano ugualmente aggiungendo un’altra coppia
di puntine platinate e un’altra bobina.
R 5.8 MESSA IN FASE DELL’ACCENSIONE
Se per un qualsiasi motivo, è stato estratto lo spinterogeno dalla sua sede,
bisogna rimetterlo a posto in modo che esso giri in fase con l’ordine di scoppio del motore.
Sappiamo che la scintilla scocca con un certo anticipo prima del punto morto
superiore in fase di compressione e che, in quell’istante, le puntine platinate stanno per
staccarsi.
Si eseguono allora le seguenti operazioni:
Dopo aver svitato tutte le candele per evitare la resistenza dovuta alla
compressione, si predispone il cilindro n. i pronto a ricevere la scintilla facendo girare l’albero
motore fino a quando il pistone n. i è quasi in fine fase compressione.
Siccome nella medesima posizione il pistone potrebbe essere in fase di scarico,
per essere certi che sia in fase di compressione bisogna accertarsi che le valvole siano chiuse e
che ci sia giuoco fra i rispettivi bilancieri.
Di solito, sulla puleggia è incisa una linea di riferimento che, quando il pistone
è nella posizione esatta, deve coincidere con un segno analogo posto sul blocco motore.
Fatte coincidere le due linee si prende lo spinterogeno e si fa ruotare il suo
alberino fino a portare la spazzola rotante in direzione del contatto del filo che porta la corrente
alla candela del cilindro n. i e si controlla che le puntine platinate stiano per staccarsi.
A questo punto, facendo attenzione a non far ruotare l’alberino, lo si infila nel
suo incastro sul motore e si blocca il perno di fermo.
Si rimette la calotta a posto ed infine si collegano i fili delle candele secondo
l’ordine di scoppio che è segnato sulla calotta.
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MOTORI DIESEL
Come combustibile viene generalmente usato il gasolio che risulta meno
volatile e più denso della benzina.
Nel cilindro non si introduce miscela ma solo aria aspirata dall’esterno e
preventivamente filtrata.
L’aria viene compressa nel cilindro e per tale compressione la sua temperatura
si eleva a circa 6000 ± 700 C.
Alla fine della compressione, una apposita pompa di iniezione provvede ad
iniettare, tramite dei polverizzatori, il gasolio nei cilindri.
Il gasolio nebulizzato si mescola intimamente con l’aria calda e brucia
spontaneamente provocando un aumento di pressione nel cilindro e la conseguente espansione
dei gas combusti.
I prodotti della combustione vengono infine scacciati all’esterno attraverso un
condotto di scarico.
Pompa di iniezione ed iniettori fanno parte del sistema di iniezione.
I dispositivi meccanici che comandano le valvole fanno parte del sistema della
distribuzione.
Non esiste il sistema di accensione perché l’accensione del gasolio avviene
spontaneamente e quindi si avrà l’assenza della bobina, dello spinterogeno, delle candele (vedi
«accensione a spinterogeno).
Per la suddetta ragione i motori Diesel vengono anche chiamati motori ad
accensione spontanea.
Anche i motori funzionanti secondo il ciclo Diesel si suddividono in motori a 2
a 4 tempi.
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R 6.1 IL CIRCUITO DEL GASOLIO
Prima di descrivere il ciclo di funzionamento dei motori Diesel, seguiamo la figura
il circuito che compie il gasolio per arrivare agli iniettori situati sulla testa del motore.
Il combustibile, contenuto nel serbatoio 1, viene aspirato dalla pompa di
alimentazione 2 che è incorporata nella pompa di iniezione 4; la pompa di alimentazione, che è
protetta dal proprio filtro F, invia il gasolio al filtro principale 3 e successivamente nella pompa
di iniezione 4.
All’interno della pompa, una serie di pistoncini mossi da un apposito albero a
camme, comprimono il gasolio a forte pressione (fino a 250 Kg/cm2) e lo inviano, tramite i
tubicini di mandata 5, agli iniettori 6.
Il gasolio entra nel cilindro finemente polverizzato e si mescola con l’aria ivi
presente.
La pompa di iniezione in figura è per un motore a quattro cilindri; i tubicini 7 e
8 sono condotti di riflusso del gasolio al serbatoio, R è il rubinetto di intercettazione, 8 lo spurgo
del filtro principale.
L’esatta conoscenza del circuito ci permetterà di eseguire in breve tempo lo
spurgo dell’aria eventualmente presente nei condotti, infatti, una pur piccola sacca d’aria,
pregiudica la messa in moto ed il funzionamento del motore.
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R 6.2 MOTORE DIESEL A 4 TEMPI
Il ciclo di funzionamento si compie in 4 corse del pistone che corrispondono a 2
giri dell’albero motore.
Le fasi si susseguono nel seguente ordine:
1 fase:
2 fase:
3 fase:
4 fase:
aspirazione
compressione
combustione - espansione
scarico.
Aspirazione
Sul condotto di aspirazione viene sistemato un filtro che ha lo scopo di
trattenere le impurità presenti nell’atmosfera.
La valvola di aspirazione è aperta ed il pistone discende dal punto morto
superiore al punto morto inferiore aspirando aria dall’esterno.
Quando il pistone ha terminato la corsa di discesa il cilindro è pieno d’aria,
vedi figura.
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Compressione
Il pistone sale verso il punto morto superiore, la valvola di aspirazione si
chiude e l’aria introdotta nel cilindro viene compressa, vedi figura.
Alla fine della compressione l’aria raggiunge una pressione di 30 ± 40
atmosfere ed una temperatura di 600° - 700° C.
Combustione ed espansione
Prima che il pistone raggiunga il punto morto superiore, una pompa di
iniezione che gira in fase con il motore, inietta con un certo anticipo il gasolio nel cilindro.
Il combustibile, finemente polverizzato a forma di nebbia da un apposito
iniettore, investe l’aria calda e brucia spontaneamente provocando un ulteriore aumento della
pressione nel cilindro (80-90 Kg/cm2).
Il pistone viene spinto in basso al P.M.I. (vedi figura).
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Scarico
Terminata la fase di espansione, si apre la valvola di scarico ed il pistone
risalendo al P.M.S. provvede ad espellere i gas combusti all’ atmosfera (vedi figura).
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R 6.3 MOTORI DIESEL A 2 TEMPI
Descriviamo il ciclo di funzionamento di un motore Diesel a 2 tempi con
valvole di scarico in testa.
Le figure rappresentano schematicamente un motore Generl Motors che è uno
dei più diffusi del suo genere.
Sulle pareti del cilindro sono ricavate delle aperture, dette luci, che sono in
comunicazione con un compressore volumetrico a lobi.
Il compressore, trainato dal motore, aspira aria dall’esterno e la invia in un
collettore ricavato attorno ai cilindri.
Quando il pistone è al punto morto inferiore, sono aperte sia le luci che la
valvola di scarico, e l’aria compressa ad una pressione leggermente superiore a quella
atmosferica entra nel cilindro compiendo la cosiddetta fase di lavaggio ( fig. 35)
La corrente d’aria provvede a scaricare dalla valvola di scarico i gas conbusti
ancora presenti nel cilindro.
Il pistone inizia la corsa di salita, la valvola di scarico si chiude e l’aria
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presente nel cilindro viene compressa (fig 36).
Con un certo anticipo, prima che il pistone raggiunga il punto morto superiore,
avviene l’inezione del gasolio mediante un iniettore situato sulla testa sulla testa del motore ed
ha inizio la fase di combustione ed espansione dei gas che provoca la discesa del pistone (fig 37).
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Prima che il pistone scopra le luci di lavaggio si apre la valvola di scarico ed i
gas iniziano la fuoriuscita nell’atmosfera (fig 38).
Il pistone continua a scendere, scopre le luci, l’aria entra nel cilindro (fig 35)
ed all’inizio della salita riprende un nuovo ciclo.
Le diverse fasi si susseguono in due corse del pistone (2 tempi) e quindi il ciclo
completo si compie in un giro dell’albero motore.
Riepilogando:
CORSA DI DISCESA DEL PISTONE (1° tempo)
1. Iniezione del gasolio.
2. Combustione ed espansione del gas.
3. Scarico.
4. Lavaggio con aria.
CORSA DI SALITA DEL PISTONE (2° tempo)
1.
Continua il lavaggio.
2.
Compressione dell’aria.
3.
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R 6.4 MOTORE DIESEL AD INIEZIONE DIRETTA ED INDIRETTA
Nei motori diesel, prima di iniettare il gasolio nel cilindro si adottano due
diversi sistemi: iniezione diretta ed iniezione indiretta.
In entrambi i casi vengono addottati speciali accorgimenti costruttivi per far
assumere all’aria un moto vorticoso, in modo che possa vericarsi l’intima mescolanza con il
gasolio polverizzato e si produca una combustione rapida e completa.
L’iniezione diretta
L’iniettore che ha tre o quattro fori di diametro molto piccolo per facilitare la
polverizzazione del gasolio, inietta il combustibile ad una pressione che si aggira dalle 180 alle
250 atmosfere, direttamente nel cilindro.
Una parte della camera di combustione è ricavata dalla testa del pistone che
può assumere diverse forme allo scopo si aumentare la turbolenza dell’aria (fig. 39
Fig. 39
L’iniezione indiretta
Viene adottata nei motori di piccole dimensioni che funzionano con pressioni
massime di combustione relativamente basse, circa 60 Kg/cm2 contro gli 80 – 90 Kg/cm2 dei
motori ad iniezione diretta; la pressione di iniezione è pure inferiore, e di solito non supera i 100
Kg/cm2
L’iniettore ha un Foro unico ed è sistemato in una precamera che con la sua
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speciale forma aumenta il moto vorticoso dell’aria e del gasolio (fig. 40).
Fig.40
Il combustibile viene iniettato verso la fine della fase di compressione ed una
parte brucia nella camera provocando un forte aumento di pressione; il combustibile non ancora
incendiato viene spinto nel cilindro dove, mescolato con l’aria rimanente, completa la
combustione.
Bisogna aggiungere che i motori ad iniezione indiretta non si possono avviare
a freddo per la difficoltà dell’autocombustione del gasolio che l’iniettore a foro unico non riesce
a nebulizzare convenientemente e soprattutto perché, per ragioni di raffreddamento , la
precamera è circondata dall’acqua per cui le pareti smaltiscono il calore creato dalla
combustione.
Per facilitare l’avviamento a freddo, nella camera di combustione viene
generalmente sistemata una candela ad incandescenza che ha lo scopo di riscaldare la camera
stessa.
La candela consiste in una spiralina che si comporta come una resistenza
elettrica e viene alimentata dalla batteria (fig. 41).
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Prima di fare l’avviamento del motore, si invia corrente alle candele per circa i
minuto; una candela spia posta sul pannello di controllo segnala che tutte le candelette sono
incandescenti e quindi si può procedere alla messa in moto del motore.
In figura 40 si nota pure che il pistone è a testa piatta e porta un piccolo incavo
chiamato deflettore che ha il compito di aumentare ulteriormente la turbolenza dell’aria.
R 6.5 CONFRONTO TRA INIEZIONE DIRETTA E INIEZIONE INDIRETTA
11 motore ad iniezione diretta è costruttivamente più semplice, si può avviare a
freddo senza eccessive difficoltà, ha un consumo specifico minore, ma ha l’inconveniente di
essere più sollecitato dalle pressioni massime dei gas; è più rumoroso e presenta il pericolo
dell’otturazione dei fori degli iniettori; ciononostante è da preferirsi quando la struttura e la
dimensione dello scafo ne permettono la sistemazione.
Il motore ad iniezione indiretta ha una minor ruvidezza di funzionamento,
minori pressioni massime, e può raggiungere un numero di giri più elevato; l’iniettore a foro
unico difficilmente può otturarsi e la pressione di iniezione è minore.
Ha lo svantaggio di non potersi avviare a Freddo per cui è necessario disporre
dell’impianto delle candelette ad incandescenza; ha un consumo maggiore e la testa, con la
complicazione della precamera, risulta di maggior costo rispetto alla testa del motore ad
iniezione diretta.
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R 6.6 GLI INIETTORI
I vari tipi di iniettori, sia per l’iniezione diretta che indiretta, funzionano tutti
secondo il medesimo principio.
Sono costituiti (fig. 42) da un corpo di acciaio entro cui è ricavata la
canalizzazione di arrivo del gasolio; sul corpo dell’iniettore viene avvitato il polverizzatore che
ha più fori per i motori ad iniezione diretta e un foro solo per i motori ad iniezione indiretta.
Il gasolio, compresso dalla pompa di iniezione, percorre il canale di arrivo ed
agisce al di sotto della valvola a spillo che è mantenuta chiusa dalla molla tarata.
Quando la pressione del gasolio raggiunge una determinata « pressione di
iniezione », vince la reazione della molla, la valvola a spillo si solleva, scopre i fori del
polverizzatore cd ha luogo la polverizzazione nella camera di combustione.
Il gasolio che trafila lungo la guida dello spillo, ritorna al serbatoio passando
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attraverso l’alloggiamento della molla e il tubo di riflusso o ricupero.
La molla tarata ha due compiti: far chiudere lo spillo quando termina
l’iniezione e regolare la pressione di iniezione.
Ogni motore funziona ad una pressione di iniezione ben definita che varia da
100 alle 250 atmosfere, per cui gli iniettori devono essere tarati mediante un’apposita
attrezzatura composta da una pompa a mano ed un manometro.
Durante la taratura si aggiungono o si tolgono degli spessori a rondella
sistemati tra il tappo superiore e la molla in modo che, a registrazione avvenuta, lo spillo si apre
alla pressione prescritta dalla Casa Costruttrice.
R 6.7 LA SOVRALIMENTAZIONE DEI MOTORI DIESEL
La quantità di combustibile che può bruciare in un cilindro dipende dalla
quantità di aria che può esservi introdotta per mantenervi un rapporto aria/combustibile in
giuste proporzioni affinché la combustione risulti completa e priva di scarichi fumosi.
Ne deriva, pertanto, che a parità di dimensioni la potenza di un motore può
essere aumentata se nel cilindro si introduce un maggior peso d’aria che consenta di bruciare
più combustibile per cielo.
Per ottenere le condizioni suddette si è pensato di applicare al motore un
compressore d’aria rotativo che aspiri l’aria alla pressione atmosferica e la comprima ad una
pressione che varia da 1,3 e 2 Kg/cm2 a seconda dei vari sistemi adottati.
Il compressore viene trainato dallo stesso motore o mediante un comando
meccanico con trasmissione ad ingranaggi, oppure utilizzando l’energia termica contenuta nei
gas di scarico.
I principali vantaggi che ne derivano sono:
a)
a parità di dimensioni, il motore sovralimentato può sviluppare una potenza superiore
al 50% di quella del motore ad aspirazione naturale;
b)
minor consumo di combustibile ed olio lubrificante;
c) miglior lavaggio del cilindro e combustione migliorata che prolunga la durata delle fasce
elastiche, delle valvole, dei cilindri.
Il metodo più efficace per sovralimentare il motore è il sistema Buchi in cui i
gas di scarico azionano un turbocompressore o turbosoffiante
Il principio di funzionamento è schematizzato in fig. 51 dove si vede che i gas di
scarico che escono dal collettore prima di scaricarsi all’atmosfera lavorano in una turbina che
trama una girante che comprime l’aria e la manda alla valvola di aspirazione.
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La turbosoffiante
In figura 52 è rappresentata una turbosoffiante con le sue parti principali, la
parte punteggiata è fissa, quella in nero è la parte rotante.
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Sul rotore (1) sostenuto dal cuscinetto (2) sono montate la ruota della turbina a
gas (3) e la girante del compressore d’aria centrifugo (4).
I gas combusti che escono dal collettore di scarico vengono convogliati nel
condotto (5) e, dopo aver lavorato nella turbina si scaricano all’atmosfera.
Sotto la spinta dei gas, la turbina imprime al rotore una forte velocità che può
raggiungere a tutta forza anche 20.000 giri al minuto.
La girante (4) che è sul medesimo asse della turbina, aspira aria atmosferica
dal filtro, la comprime e la invia alle valvole di aspirazione.
Il cuscinetto della turbosoffiante è lubrificato con il medesimo olio del motore
mediante un tubo di arrivo collegato ad un foro ricavato nella parte centrale dell’involucro;
l’olio ritorna nella coppa del motore da un tubo di scarico sistemato nella parte inferiore
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dell’involucro.
Sul tubo di entrata dell’olio si trova in alcuni casi un apposito filtro ad uso
esclusivo della turbosoffiante.
I giri della turbosoffiante dipendono unicamente dal carico e dalla velocità del
motore per cui si regolano automaticamente alle varie andature.
In caso di avaria alla turbosoffiante si può Far funzionare il motore purchè si
mantenga una velocità ridotta fino al raggiungimento del porto più vicino.
R7
IMPIANTO ELETTRICO
Ogni imbarcazione di una certa grandezza ha bisogno di avere un impianto
elettrico a bordo per poter usufruire di diversi servizi.
I sistemi elettrici marini vanno dal più semplice del motore fuori-bordo, i cui
soli componenti elettrici sono il sistema ad accensione a magnete con l’eventuale presa di
corrente per la luce, fino alle installazioni più complesse delle imbarcazioni a 2 motori che
hanno vari accessori come l’aria condizionata, radiotelefoni, ecoscandaglio, radiogoniometro,
radar, frigorifero ecc.
Con un po’ di pazienza, ognuno di noi può rendersi edotto sul funzionamento
del circuito elettrico di bordo e riuscire con un po’ di pratica ad individuarne i guasti.
Anche per la parte elettrica vale quanto detto per la parte meccanica dei
motori, e cioè che i guasti sono dovuti per il 90% ad avarie che succedono al di fuori degli
apparecchi, per cui, fatta la conoscenza con il « groviglio » dei fili, potremmo diventare «
elettricisti » abbastanza provetti.
Prima di tutto bisogna mettersi in testa che non occorre sapere la legge di Ohm
ed altre difficili « diavolerie » per ripristinare un contatto, ma considerare il circuito elettrico
come un circuito chiuso di tubi in cui invece di circolare acqua, passa corrente elettrica.
La « pompa » che invia la corrente al circuito è un generatore che può essere
una batteria, una dinamo o un alternatore, che unito ad un raddrizzatore converte la corrente
alternata in corrente continua.
Ogni componente dell’impianto elettrico, è collegato con la batteria e la
corrente « scorre » dal polo positivo, passa attraverso i componenti utilizzatori e ritorna al
morsetto negativo.
Per semplificare il circuito dei fili, la parte collegata con il negativo è messa a
massa mediante un collegamento sistemato generalmente sul motore.
Nelle imbarcazioni di legno o di plastica viene utilizzato un conduttore di
massa comune a tutti gli utilizzatori che a sua volta si collega con la parte metallica del motore.
Prima di parlare dei generatori di corrente è opportuno fare una brevissima
premessa sul Fenomeno della induzione magnetica.
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Se prendiamo una comune calamita a ferro di cavallo e tra le due espansioni
polari infiliamo un chiodo, questo viene attratto verso uno dei poli ed abbiamo la conferma che
tra i due poli esiste un campo magnetico.
Se tra i due poli infiliamo un avvolgimento di filo di rame (fig 56) e lo facciamo
ruotare entro il campo magnetico, vedremo che nell’avvolgimento si forma una corrente elettrica
la cui forza dipende dalla entità del campo magnetico, dalla lunghezza del filo dell’avvolgimento
e dalla velocità di rotazione.
Prendiamo ora un pezzo di ferro dolce (Fg. 57) e attorno ad esso avvol giamo
del filo di rame: se nell avvolgimento mandiamo una corrente elettrica, il ferro si magnetizza e
crea intorno a sè un campo magnetico, cioè diventa una « elettrocalamita »; anche in questo
caso se facciamo ruotare entro i! campo un avvolgimento di filo di rame, entro questo si induce
una corrente che può essere raccolta e opportunamente utilizzata.
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Su questo principio è basata la dinamo, che è un generatore di corrente
continua.
R 7.1 LA DINAMO (Fg. 58)
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Le parti che compongono una dinamo sono:
—
la carcassa di ferro dolce
—
i poli che sono collegati alla carcassa mediante delle viti.
—
gli avvolgimenti di filo di rame raccolti a matassa e sistemati
attorno ai poli che servono creare il campo magnetico entro cui
gira l’indotto.
—
l’indotto formato da un nucleo cilindrico di ferro che porta delle
cave dove sono alloggiati altri avvolgimenti di filo di rame i cui
capi si collegano ai segmenti del collettore.
—
il collettore costituito da segmenti di rame isolati uno dall’altro; la
corrente che si forma nell’indotto viene raccolta sul collettore
mediante le spazzole di carbone granitico che strisciano sulla
superficie rotante del collettore stesso.
Una puleggia trainata da una cinghia trapezoidale provvede a far girare
l’indotto della dinamo nel campo magnetico formato dai poli entro le cui matasse circola una
corrente opportunamente inviata; la corrente che si forma nell’indotto, come precedentemente
accennato viene raccolta dalle spazzole ed inviata alla batteria.
La dinamo è munita di un sostegno articolato che permette di regolare la
tensione della cinghia trapezoidale in modo da evitare che questa slitti dopo un certo periodo di
funzionamento.
R 7.2 L’ATERNATORE
Al posto della dinamo si trova sempre più adottato l’alternatore che presenta
rispetto alla dinamo i seguenti vantaggi:
a)
può erogare corrente anche a bassa velocità, mentre a tale regime
la dinamo non riesce a caricare la batteria
b)
può essere fatto girare a velocità molto alte che la dinamo non
potrebbe sopportare
e)
può raggiungere temperature più elevate
d)
la corrente di eccitazione è condotta da spazzole che strisciano su
anelli che hanno le superfici levigate, cosicchè il consumo risulta
irrilevante.
Strutturalmente l’alternatore (ilg. 59) è composto da una parte fissa detta
statore a forma cilindrica in cui sono ricavate delle cave interne dove trovano alloggio tre
avvolgimenti di fase sui quali si genera corrente alternata.
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La parte rotante, detta rotore, è generalmente composta da 4 poli (P)
circondati da avvolgimenti a matassa (A) percorsi da corrente continua prelevata da due anelli
calettati sull’asse del rotore.
Durante la rotazione si crea un campo magnetico rotante che induce negli
avvolgimenti dello statore una corrente alternata che viene raddrizzata da diodi al silicio in
corrente continua e inviata alla batteria.
R 7.3 IL MOTORINO DI AVVIAMENTO
Il motorino di avviamento ha la struttura simile alla dinamo e per il suo
funzionamento sfrutta il principio della « reversibilità » della dinamo.
Abbiamo visto che quando un indotto gira in un campo magnetico, sulle sue
spire si genera una corrente che viene raccolta su un collettore; viceversa se si invia una
corrente continua sul collettore dell’indotto, questo si mette a girare, cioè la dinamo può
funzionare sia come generatore di corrente che come motore.
Il motorino di avviamento (lig. 60) porta sul suo asse un piccolo pignone che
può scorrere sotto la spinta di una leva a forcella ed ingranarsi sui denti del volano.
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Incorporato al motorino vi è il comando elettromagnetico del pignone,
composto da una elettrocalamita.
Quando si gira la chiavetta di avviamento, la corrente percorre l’avvolgimento
dell’elettrocalamita che magnetizza il nucleo interno e lo fa spostare assialmente; nel suo
movimento il nucleo fa ingranare il pignoncino sul volano e nel medesimo tempo, con l’altra
estremità chiude i contatti dell’interruttore che mete in comunicazione la batteria con il circuito
del motorino che si mette in moto ed avvia il motore.
Un altro tipo di motorino di avviamento molto diffuso è quello ad indotto
scorrevole rappresentato in figura 60 bis; il suo funzionamento è basato sulla attrazione
magnetica che i poli esercitano sull’indotto che può spostarsi assialmente.
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Quando si invia corrente, i poli si eccitano e l’indotto viene fatto traslare nel
senso della freccia, assieme all’indotto si sposta anche il pignoncino che è solidale con l’asse e si
ingrana sul volano.
Terminato l’avviamento, la molla riporta l’indotto nella sua posizione
primitiva, in figura, T rappresenta lo spazio di traslazione assiale dell’indotto.
R 7.4 IL CIRCUITO DI CARICA DELLA BATTERIA
Lo schema di figura 61 rappresenta il circuito elettrico generale con la carica
della batteria per mezzo della dinamo.
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Tra la dinamo e la batteria vi è una scatola che prende il nome di ((regolatore
a tre nuclei », entro cui sono sistemati, in un unico insieme gli apparecchi automatici di
controllo, regolazione ed interruzione della corrente.
Un nucleo è l’interruttore di minima, il secondo il limitatore di corrente
erogata dalla dinamo ed il terzo il regolatore di tensione di carica della batteria.
Regolatore a tre nuclei
Im - interruttore di minima
Lc - limitatore di corrente
Rt - regolatore di tensione
An avvolgimento del nucleo
p - contatti a puntina
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L’interruttore di minima
E’ un interruttore elettromagnetico automatico che ha Io scopo di impedire alla
corrente della batteria di scaricarsi sulla dinamo quando si ferma il motore o si marcia al
minimo (fig. 62).
Su un nucleo di ferro dolce (N) vi sono due avvolgimenti separati,
l’avvolgimento (V) è collegato in derivazione ed è costituito da numerose spire sottili,
l’avvolgimento (A), in serie con il circuito di carica, ha poche spire di grossa sezione.
Quando la dinamo gira adagio e non genera una tensione superiore ai 12 Volt
l’elettrocalamita non ha la forza di fare attaccare le puntine (P) e la corrente della batteria non
può scaricarsi sulla dinamo.
Quando si annientano i giri la corrente che circola nell’avvolgimento (V) fa
aumentare il flusso magnetico del nucleo che vince il carico della molla antagonista (M) e attira
l’ancorina in modo che le due puntine si attacchino.
Il circuito batteria-dinamo si chiude attraverso l’avvolgimento (A) che aumenta
ancor di più il flusso magnetico del nucleo (N) così da mantenere i contatti bene attaccati.
Se la tensione di carica scende al di sotto dei 12 Volt, la molla (M) stacca i
contatti e si accende la lampadina spia.
La regolazione dell’alternatore
I diodi al silicio, che hanno il compito di raddrizzare la corrente alternata
fornita dall’alternatore hanno la caratteristica di consentire il passaggio della corrente solo in
un senso, cioè dall’alternatore verso la batteria.
La corrente inversa, proveniente dalla batteria, non può scaricarsi
sull’alternatore per la elevata resistenza che incontra nei diodi, per tale ragione nel circuito
dcll’alternatore manca l’interruttore di minima.
Inoltre, l’alternatore ha la caratteristica di autolimitare la corrente erogata
quando la corrente di eccitazione rimane costante e pertanto nel gruppo di regolazione manca
anche il limitatore di corrente.
Il regolatore a tre nuclei necessario nella dinamo si riduce, nel caso
dell’alternatore ad un solo nucleo del regolatore di tensione.
Il regolatore di tensione
La tensione generata dall’alternatore dipende dalla velocità di rotazione e
dalla corrente di eccitazione.
Ne deriva che quando si spinge il motore al massimo la tensione può risultare
troppo elevata e può danneggiare sia la batteria che l’impianto elettrico.
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Occorre quindi inserire sul circuito dell’alternatore un regolatore automatico
che regoli la corrente di eccitazione in modo da mantenere la tensione dell’alternatore ad un
valore costante.
In figura 63 è schematizzato il circuito del regolatore; a titolo informativo
descriviamo il suo funzionamento.
Quando l’alternatore è in moto la corrente raddrizzata dai diodi va alla
batteria e passando dall’interruttore (I) può arrivare agli avvolgimenti (E) del rotore o tramite i
due contatti c-cl oppure attraverso la resistenza (R).
A bassa velocità, la corrente di eccitazione ha il valore massimo, e la corrente
dalla batteria passa direttamente alla bobina di eccitazione (E) attraverso i contatti c1-c.
Quando l’alternatore aumenta di velocità, aumenta pure il ‘lusso magnetico nel
nucleo (N) che vince la forza della molla (M) e attrae I’ancorina che porta il contatto (C) che
viene disgiunto dal contatto ci; il passaggio diretto della corrente all’avvolgimento induttore(E)
si interrompe e quindi il circuito di eccitazione si chiude attraverso la resistenza (R).
L’inserimento della resistenza (R) provoca immediatamentc la riduzione della
corrente di eccitazione e quindi la tensione dell’alternatore diminuisce facendo diminuire di
conseguenza anche il campo magnetico del nucleo (N) lino al punto in cui la molla (M) vince la
forza di attrazione e fa richiudere i contatti cl-c.
Con la chiusura di cl-c la tensione aumenta nuovamente perché viene esclusa
la resistenza (R), l’elettrocalamita attira l’ancoretta e si ripete il ciclo precedentemente descritto.
L’apertura e la chiusura dei contatti avviene con rapida frequenza in modo da
mantenere costante la tensione stabilita dalla taratura del regolatore.
La bobina (B), inserita in serie con la resistenza di regolazione (R) ha lo scopo
di eliminare lo scintillio fra i contatti.
Segnala/ore di carica
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Nel circuito dell’alternatore viene anche inserita una lampadina spia che è
comandata da un contatto termico.
Quando l’alternatore non carica perché marcia al minimo oppure è guasto, la
lampadina spia si accende.
Regolazione elettronica
I progressi compiuti dall’elettronica hanno permesso di produrre in scala
industriale una serie di componenti da applicare al circuito elettrico dei motori.
Essi comprendono: l’accensione elettronica a scarica capacitiva, i regolatori di
tensione per alternatori e dinamo.
Accensione elettronica a scarica capacitiva
Il principio di funzionamento è il seguente (fig. 64):
La corrente continua della batteria a 12 Volt viene inviata in un elevatore di
tensione (Et) dove un circuito oscillatore la trasforma in corrente alternata, tin trasformatore ne
eleva la tensione e un ponte raddrizzatore la Fa ritornare corrente continua a circa 300 Volt; la
corrente viene inviata in un condensatore (C).
Quando le puntine (P) dello spinterogeno si staccano il condensatore si scarica
sul circuito primario (Pr) della bobina e sul secondario (S) si crea un impulso di corrente che
raggiunge i 30.000 Volt che si scarica tra le puntine della candela.
Tutto è assistito da circuiti transistorizzati.
L’accensione elettronica offre parecchi vantaggi perché permette di avere a
tutti i regimi una scintilla con energia costante, riduce il consumo della corrente della batteria,
aumenta la vita delle puntine e delle candele e garantisce la completa combustione della miscela
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in ogni condizione.
In figura 65 è rappresentato il circuito dell’accensione elettronica a scarica
capacitiva costruito dalla Philips Elcoma dove è possibile, mediante il semplice spostamento del
connettore (10) passare, in caso di avaria al gruppo elettronico, al funzionamento tradizionale a
scarica induttiva.
Altri tipi di accensione prevedono l’eliminazione delle puntine dello
spinterogeno che vengono sostituite con sistemi elettronici composti da sensori a fascetti di luci,
interrotti da un tamburo a fenditure, che impressionano un foto diodo posto all’interno del
tamburo stesso; il fotodiodo comanda la distribuzione dell’ accensione.
Un altro tipo di accensione è composto da sensori elettromagnetici costituiti da
piccole calamite sistemate in un disco di materiale isolante; quando il disco ruota le calamite
passano davanti ad una bobina sensibile che genera gli impulsi che comandano l’accensione.
Regolatori elettronici per dinamo e alternatori
È noto che il controllo della carica della batteria mediante dinamo e costituito
da un regolatore a tre nuclei che contiene l’interruttore di minima, il limitatore di corrente e il
regolatore di tensione.
Il funzionamento di questi dispositivi è basato su contatti vibranti soggetti ad
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usura a causa dello scintillio e alla staratura per la variazione della tensione della molla.
Con la regolazione elettronica si eliminano i suddetti svantaggi in quanto i
gruppi di regolazione sono privi di qualsiasi contatto vibrante.
I regolatori elettronici di figura 66 sono della Philips.
R8
AVARIE, GUASTI E PROVVEDIMENTI PER OVVIARLI
CONOSCERE IL MOTORE
Ogni motore è corredato di un manuale di istruzioni al quale bisogna prestare
scrupolosa attenzione: questa prima precauzione rappresenta un importante passo per ovviare
alle eventuali avarie dovute a negligenza e alla scarsa conoscenza del proprio mezzo.
Con il proprio motore bisogna essere « curiosi », studiarlo ed osservarlo nei
minimi particolari per poterlo conoscere, per riuscire a capire, quando si ferma, quale sia la
causa e la natura dell’inconveniente.
Nella maggior parte dei casi le avarie succedono « fuori » dal motore e non «
dentro per cui non occorre smontare testate o sfilare pistoni ma controllare i diversi organi
ausiliari che concorrono al suo funzionamento.
Quasi sempre le avarie dipendono in modo essenziale dall’alimentazione, dalla
lubrificazione, dal raffreddamento, dall’impianto elettrico, dalla scarsa pulizia di determinati
organi del motore.
Bisogna ricordarsi che ogni parte del motore è stata costruita per funzionare
un dato numero di ore, oltre alle quali, per continuare nel suo servizio deve essere controllata o
revisionata.
Non ci dobbiamo dimenticare che ci sono diversi punti da lubrificare e che
possiamo trovare olio non solo nel carter del motore ma anche nella pompa di iniezione, nel
riduttore invertitore, nei cuscinetti della dinamo o dell’alternatore; dobbiamo ingrassare i
cuscinetti della linea d’asse, i premi trecce dell’asse porta elica e delle pompe, i morsetti della
batteria ecc.
Cura particolare dovrà essere riservata ai filtri del combustibile e dell’olio e si
dovrà provvedere a pulii-li o sostituirli ad intervalli regolari.
Il circuito dell’acqua di raffreddamento dovrà essere tenuto pulito dKlle
incrostazioni e nei climi freddi bisognerà aver cura di preservarlo dal gelo mediante gli speciali
liquidi anticongelanti.
Il principale nemico delle parti metalliche è l’ossidazione che intacca
facilmente i punti scoperti dell’impianto elettrico provocando l’interruzione al passaggio della
corrente; sarà nostra cura proteggere e controllare tutti i punti più facilmente ossidabili onde
poter intervenire con cognizione di causa nei momenti di bisogno.
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Fatta la « conoscenza » del motore, avremo cura di non dimenticarci del nostro
« servitore)> e provvederemo a controllarlo, a pulirlo, a fargli la manutenzione ad intervalli
prestabilti affinché ripaghi le nostre attenzioni con un funzionamento continuo e regolare.
Fatta, come si suoi dire, la « praticaccia », ci accorgeremo che In fondo non
c’è nulla di impossibile o di difficile e certamente potremo avventurarci al largo con la
cognizione, salvo l’irreparabile, che in un modo o nell’altro potremo fare qualcosa per ritornare
in porto.
R 8.1 INCONVENIENTI COMUNI AI MOTORI A SCOPPIO E DIESEL
Perdita di compressione
La perdita di compressione comporta una diminuzione della potenza ed un
maggior consumo di combustibile; essa può dipendere dalle seguenti cause:
—
difettosa tenuta delle valvole, delle candele o degli iniettori
—
guarnizione della testa bruciata
—
fasce elastiche consumate od incollate
—
cilindri ovalizzati
Tenuta delle valvole
I sintomi che ci indicano che le valvole non chiudono bene sono
1) scoppi nel collettore di scarico dovuto alla miscela di aria e combustibile
che durante la compressione sfugge dalla valvola di scarico.
2) ritorni di fiamma sul collettore di aspirazione; infatti, se la valvola di
aspirazione rimane aperta, durante lo scoppio la fiammata si propaga lungo il condotto di
aspirazione e, nel caso di un motore a benzina, provoca l’incendio nel carburatore.
Le valvole non chiudono bene quando:
a) vi è poco giuoco tra la valvola ed il bilanciere: in questo caso è facile
ripristinare il giuoco registrando la punteria;
b) lo stelo della valvola si è grippato nella guida a causa di dilatazioni
anormali o di interposizione tra le parti di materiale carbonioso e la molla non riesce a riportare
la valvola nella posizione di chiusura.
— Osservando le valvole si individua immediatamente quella grippata
controllando il giuoco tra lo stelo ed il bilanciere che risulterà di alcuni millimetri e si noterà
altresì che la molla è rimasta abbassata. Di solito si riesce a rimediare I’avaria lasciando
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raffreddare il motore ed iniettando sullo stelo della valvola del petrolio o del liquido
disincrostante; con un cacciavite si farà muovere la valvola fino a renderne il movimento libero;
e) incrostazioni si sono interposte tra il fungo e la sede della valvola. Si può
tentare di sciogliere le sostanze estranee facendo aspirare al motore uno dei diversi prodotti in
commercio che hanno la prerogativa di eliminare i depositi carboniosi;
ci) la molla si è rotta o il fungo della valvola ù deformato o corroso, La
sostituzione della molla e della valvola non sono riparazioni difficoltose quando si tratta di
motori a uno o due cilindri ma occorre eseguire degli smontaggi ed avere degli utensili
particolari. Siccome in queste note trattiamo esclusivamente riparazioni eseguibili in breve
tempo ed in mare aperto non ci addentriamo nella descrizione del procedimento per sostituire le
valvole.
Guarnizione della testa bruciata
Sintomi:
Se durante il controllo del livello dell’olio, a motore fermo, ci accorgiamo che
il livello è aumentato, non dobbiamo rallegrarci.
L’aumento del livello non corrisponde all’aumento del quantitativo d’olio
presente nel carter ma è uno dei sintomi che ci indicano che la guarnizione della testa perde.
L’acqua contenuta nelle intercapedini della testa entra nei cilindri, trafila dalle
fasce elastiche e penetra nella coppa del motore facendo aumentare il livello dell’olio.
Se l’incrinatura della guarnizione non e eccessiva, possiamo ugualmente
mettere in moto il motore e riprendere la navigazione dopo aver eseguito le seguenti operazioni:
I)
scaricare una parte d’acqua dal motore con l’apposito rubinetto;
2)
aspirare l’acqua penetrata nel carter
3)
svitare le candele o gli iniettori e far girare il motore in modo da
scaricare l’acqua presente nei cilindri
4)
rimontare le candele o gli iniettori
5)
mettere in moto il motore al minimo
6)
riempire immediatamente il circuito dell’acqua di raffreddamento.
La pressione dei gas impedisce all’acqua di entrare nei cilindri e la poca acqua
che eventualmente entra durante la rase di aspirazione, evapora e permette al motore di
funzionare.
Altri sintomi della guarnizione che non tiene sono: temperatura dell’acqup di
raffreddamento troppo alta, il manometro segna una pressione superiore a quella normale
dovuta alla penetrazione dei gas nelle intercapedini dell’acqua, tracce d’olio nell’acqua.
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Questi ultimi sintomi sono anche imputabili ad incrinature della testa o della
camicia.
Fasce elastiche consumate e cilindri ovalizzati
Quando si nota un consumo eccessivo di olio e dallo scarico esce fumo bianco,
possiamo essere certi che le nostre fasce elastiche sono consumate e/o il cilindro è ovalizzato;
inoltre, se si apre il bocchettone
dell’olio, vedremo uscire una grande quantità di fumo provocato dal passaggio
dei gas combusti nel carter durante la fase di combustione.
Durante la fase di aspirazione . l’olio clic passa nel cilindro, brucia nella Fase
di combustione o forma sul pistone e sulle valvole delle incrostazioni carboniose.
I depositi, appena raggiungono una certa consistenza, bruciano e, nel caso di
un motore a scoppio, provocano l’autoaccensione della miscela ancor prima che scocchi la
scintilla.
Il fenomeno provoca il battito in testa del pistone.
Se si tratta di un motore Diesel, il consumo delle fasce elastiche può
pregiudicare la messa in moto a Freddo in quanto la pressione di compressione si abbassa e, di
conseguenza, diminuisce la temperatura dell’aria tanto da impedire al gasolio di bruciare
spontaneamente.
Se ci troviamo in mare e il motore non parte a causa dell’inconveniente
suddetto, ci conviene adottare il seguente provvedimento: si tolgono gli iniettori e si getta nei
cilindri una piccola quantità di olio, scegliendo quello più denso in nostro possesso, quindi si
rimontano gli iniettori.
L’olio penetra tra le fasce elastiche e crea un velo tra il pistone ed il cilindro
che permette di ridurre la perdita di compressione per q Llei pochi istanti dell’avvianiento e q
Li~ndi il motore può avviarsi.
t ovvio che prima di riprendere il mare dovremo far revisionare il motore
facendo rettificare i cilindri e sostituire i pistoni con altri di dimensioni maggiorate.
Questo lavoro di revisione e assolutamente necessario perché, se il « trucco »
dell’olio ha funzionato la prima volta, non è detto clic debba funzionare nelle prove successive.
R 8.2 AVARIE ED INCONVENIENTI DEI MOTORI A SCOPPIO
Sistema di alimentazione del motore fuoribordo
Quando il motore ha il serbatoio separato, un tubo di gomma provvi, sto di una
pompa a soffietto, molte in comunicazione il serbatoio con il circuito di alimentazione; sulle due
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estremità del tubo vi sono gli attacchi a spina, uno si innesta sul serbatoio e l’altro
all’aspirazione della pompa a membrana.
La pompa a soffietto serve esclusivamente per l’innesco del circuito, se
manovrando la pompa, la benzina non arriva alla pomna a membrana le cause possono essere:
a)
filtro dentro al serbatoio ostruito
b)
tubo o pompa a soffietto rotti
e)
spine di attacco del tubo male innestate
d)
filtro della pompa a membrana ostruito.
I filtri si possono pttlire facilmente e non creano problemi, il tubo di gomma
può essere riparato con un po’ di mastice e un bendaggio di nastro isolante, oppure si può
accorciare tagliando il pezzo rotto; se èrotta la pompa a soflietto si può fare l’innesco alzando il
serbatoio.
Se le spine di innesto del tubo di gomma non tengono si possono eliminare
attaccando direttamente il tubo al condotto della benzina.
Avaria alla pompa a membrana
Le pompe di alimentazione a membrana si possono trovare oltre che
nell’impianto dei motori a scoppio applicate anche alle pompe di iniezione (lei motori Diesel.
Nel caso non si abbia una membrana di riserva da poter sostituire non rimane
altro che sorpassare la pompa cd alimentare il circuito per caduta sistemando un serbatoio di
fortuna in posizione più alta del motore.
Nei motori a due tempi la pompa a membrana invece di essere comandata da
un sistema meccanico può essere comandata dalla differenza di pressione che si crea nel carter,
dovendo sorpassarla bisogncrà aver cura di chiudere i fori di arrivo e mandata del combustibile
utilizzando eventualmente due tappi di sughero (fig. 67).
Inconvenienti al carburatore
Raramente, ma può succedere quando un motore funziona da parecchi anni, si
allascano i dadi dei perni che collegano il carburatore alla flangia del carter, la rientranza
d’aria che ne consegue non permette il funzionamento del motore, è ovvio che in questo caso per
eliminare l’inconveniente basta stringere i dadi.
Se dal carburatore si sentono degli « starnuti » Il fatto è dovuto alla miscela
troppo povera.
In questo caso può esservi Io spruzzatore principale parzialmente ostruito e si
può tentare di togliere l’impurità facendo diverse brusche accelerate; se il fenomeno persiste
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bisogna ritornare in porto a velocità moderata e far pulire i filtri e il carburatore, perché la
miscela povera può causare il grippaggio dei pistoni con relativa rigatura dei cilindri.
E’ bene ricordare che la miscela è « ricca » quando la percentuale di benzina è
in eccesso a quella dell’aria rispetto alla miscela tipo, è « povera nel caso contrario; i due
termini suddetti non vanno confusi con miscela « grassa » o « magra » che si riferiscono alla
percentuale di olio contenuta nella benzina.
Avaria alla pompa dell’acqua
Nei fuoribordo succede specialmente quando ci dimentichiamo di far girare il
motore in acqua dolce per eliminare le incrostazione saline.
La sua sostituzione deve essere eseguita da una officina ma si consiglia di
tenerne una nei pezzi di « rispetto » (questo termine si usa per indicare un ricambio) quando si
toccano dei porti dove non esiste la possibilità di poterla acquistare.
La mancanza di circolazione d’acqua può dipendere anche dall’intasamento
dei fori stilla piastrina di aspirazione dovuto alla presenza di alghe o erba per cui è facile
procedere alla pulizia e rimettere il motore in moto.
Quando la pompa dell’acqua non è incorporata in un posto inaccessibile come
nei fuoribordo ma è separata dal motore, oppure è sistemata in modo da poterla aprire per la
visita, non è difficile eseguirne la riparazione che si limita di solito alla sostituzione della
girante.
Quando succede la suddetta avaria bisogna Fermare subito il motore perché, il
voler persistere nel tenerlo in moto, porta in breve tempo ad avarie ben più gravi: grippaggio dei
pistoni, rigatura dei cilindri, bruciatura della guarnizione della testa.
R 8.3 INCONVENIENTI DELL’ACCENSIONE
I motori fuoribordo, salvo rare eccezioni, Funzionano tutti a 2 tempi e quindi
un inconveniente che frequentemente ne pregiudica il funzionamento è l’incrostazione delle
puntine della candela.
La prima precauzione da prendere è quella di usare candele del tipo
consigliato dalla ditta costruttrice del motore e usare miscela con la pereentLlale esalta di olio
di buona qualità.
La seconda precauzione è quella di portare le candele di rispetto con la
relativa chiave per smontarle.
Ammesso di non avere la candela da sostituire, bisogna procedere alla pulizia
di quelle inserite nel motore; un cacciavite sottile può servire a raschiare i depositi e un pezzetto
di tela smeriglio può essere fatto passare tra le due puntine.
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Dopo aver controllato il gioco prescritto tra gli elettrodi, si invita la candela a
mano per alcuni giri per evitare di rovinare il filetto e poi si stringe con la chiave facendo forza
moderata.
Può succedere che, anche dopo la pulizia, la candela non funzioni ed allora si
può ricorrere al tentativo della « cottura ».
Presa la candela fra le punte di una pinza, si tiene capovolta e si versa nel suo
interno un po’ di benzina alla quale si dà fuoco; quando è ancora calda si prende con uno
straccio e si avvita al motore.
Generalmente il risultato della « cottura » è buono e si riesce a ripartire.
Prova della scintilla
Se dopo aver pulito la candela si vuoi controllare se scocca la 5cm-tilla tra le
puntine, si può procedere nel seguente modo: si collega la candela al suo filo e prendendola fra
le dita, tenendola per il cappuccio isolante (se si è scalzi è bene tenerla anche con uno straccio)
si appoggia ad una parte metallica non verniciata del motore.
Osservando le puntine, si Fa un avviamento con il cambio in folle, se si vede
scoccare la scintilla è segno che la candela va bene.
Si può riscontrare che delle candele diano la scintilla in aria libera, ma si
dimostrino difettose quando sono montate nel cilindro; l’inconveniente è dovuto al ratto che
quando scocca la scintilla, in fine fase compressione, l’arco elettrico deve vincere una pressione
di 8-e-lo Kg/cm2 che provoca una certa resistenza al passaggio della corrente.
Prova della bobina
La mancanza di scintilla alle candele può essere causata dalla bobina bruciata,
la prova per controllare la bobina nell’impianto a spinterogeno è la seguente: si sfila il filo di
alta tensione che viene dalla bobina dalla calotta dello spinterogeno, si apre la calotta e si
chiude il circuito di accensione con la ehiavetta; con il filo di alta tensione avvicinato di circa 3
millimetri alla massa metallica del motore, si fanno aprire e chiudere le puntine platinate con un
cacciavite isolato.
Se la bobina è funzionante, ad ogni apertura delle puntine deve scoeearc «na
scintilla tra il filo e la massa.
Nel caso del volano magnete, in cui non si può avere accesso alle puntine se
non smontando il volano, l’apertura delle puntine si attua Facendo girare il volano a mano.
Ricerca della candela difettosa
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Quando il motore ha più cilindri e « zoppica » significa che manca
l’accensione ad una candela; il metodo più sicuro per individuarla e non provocare scintille nel
vano motore è quello di eliminare successivamente la scintilla alle varie candele staccando il
rispettivo filo.
Se il ritmo del motore non si altera, la candela difettosa è quella alla quale
abbiamo staccato il filo, se invece i giri diminuiscono (nel caso di due cilindri il motore si ferma)
significa che la candela in prova è funzionante.
Bisogna rilevare che la mancanza di scintilla ad una candela non è da
imputarsi solamente al difetto della candela stessa, questa può essere in buone condizioni e il
guasto va ricercato nei contatti del filo che possono essere ossidati, oppure nella calotta che può
essere lesionata o umida e scarica la corrente a massa.
Mancanza di scintilla in tutte le candele
Tenendo presente il circuito di accensione di figura 27, i principali guasti che
comportano la mancanza di scintilla in tutte le candele possono essere dovuti:
I)
ossidazione dei morsetti della batteria
2)
contatto della chiavetta rotto o ossidato
3)
contatti della bobina ossidati, avvolgimenti bruciati
4)
calotta screpolata, sporca, ossidata
5)
isolante della spazzola rotante fessurato
6)
puntine platinate che non si staccano o rimangono aperte
7)
rottura dell’isolante interno del condensatore
8)
boccola isolante della puntina platinata mobile rotta o grippata.
Il primo controllo da fare è quello della continuità del circuito e a questo scopo
in mancanza dell’apposito cacciavite cerca guasti (si trova in commercio a costo relativamente
basso) si può allestire una lampadina spia usufruendo di una semplice pila, di una lampadina e
di alcuni metri di filo elettrico che possono essere collegati alla pila mediante del nastro isolante
secondo lo schema di figura 68.
Si vede chiaramente che se il circuito A•B non è interrotto, collegandone i capi
con i fili della pila, la lampadina si accende; se è interrotto la lampadina rimane spenta.
Di solito i guasti sono dovuti ad ossidazione e cattivo contatto dei fili per cui,
in conclusione, possiamo dire che quando abbiamo un guasto nel circuito elettrico la prima cosa
da fare è quella di controllare i vari contatti e se il guasto dipendesse dalla bobina bruciata o
dalla calotta dello spinterogeno screpolata, non rimane altro che ritornare a terra a remi (1) a
meno che, non si sia stati tanto previdenti da avere i pezzi di rispetto da poter sostituire.
Se si dovesse pulire la calotta dello spinterogeno con della benzina, bisogna
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avere l’avvertenza di lasciarla evaporare bene prima di rimetterla a posto.
Controllo del condensatore
Il condensatore dello spinterogeno o del volano-magnete è collegato in
derivazione sul circuito di bassa tensione, se scarica a massa per la bruciatura dell’isolante
interno, sul circuito primario non può verificarsi l’interruzione di corrente e di conseguenza
nella bobina non si ha la trasformazione di alta tensione.
Una semplice prova del condensatore si può rare staccando il suo filo collegato
al circuito di bassa tensione dello spinterogeno e, dopo aver chiuso il contatto con la chiavetta,
si fanno aprire e chiudere con un cacciavite isolante le puntine platinate; se tra queste scocca la
scintilla significa che la mancanza di corrente a tutte le candele è da imputarsi al condensatore
guasto.
In caso di assoluta necessità si può rimettere il motore in moto lasciando il
condensatore staccato, con la speranza di arrivare in porto prima che le puntine platinate siano
completamente perforate (Hg. 69).
R 8.4 NCONVENIENTI DELLA DINAMO E CIRCUITO DI CARICA
I guasti della dinamo che possono essere eliminati a bordo riguardano
soprattutto quelli dovuti a presenza di ossidazioni, imbrattamento delle parti o contatti a massa.
Quando la dinamo non carica si possono fare i seguenti controlli:
I)
massa del morsetto negativo della batteria che deve essere pulito
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2)
continuità del circuito dinamo batteria
3)
interruttore di minima
4)
spazzole della dinamo e collettore
5)
cinghia della dinamo.
La continuità del circuito tra dinamo e batteria si può eseguire staccando il
morsetto positivo della batteria e collegando i capi del filo della pila di figura 68
successivamente con i punti 1-2; 3-4; 4-5 (fig. 70).
Interruttore di minima
Aprendo il coperchio del regolatore a tre nuclei, si riconosce il nucleo
dell’interruttore di minima perché, a motore fermo, ha le puntine staccate mentre le puntine del
limitatore di corrente e del regolatore di tensione sono a contatto.
Se le puntine risultano ossidate o incollate si procede alla loro pulizia e si
mette il motore in moto ad una velocità superiore al minimo; se le puntine dell’interruttore di
minima rimangono staccate e siamo sicuri che tutti i contatti dcl circuito di carica vanno bene
significa che il guasto è nel suddetto interruttore.
Avendo assoluta necessità di caricare la batteria, possiamo sorpassare
l’interruttore o con un filo a cavallotto o inserendo uno spcssorino metallico tra le due puntine.
Il contatto va fatto e tolto a motore in moto per impedire alla batteria di
scaricarsi sulla dinamo, è tuttavia consigliabile mantenere il motore a velocità moderata senza
farlo camminare al minimo.
Guasti alla dinamo
Possono essere dovuti alle seguenti cause:
—
indotto o induttore in corto circuito
—
collettore sporco
—
spazzole consumate o prive di contatto
—
assenza di magnetismo residuo.
Ripristinare il campo magnetico induttore dei poli è una operazione che può
farsi a bordo eseguendo la seguente prassi:
1)
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si toglie la cinghia della puleggia
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2)
si collega, mediante un cavo volante, la dinamo alla batteria con il
polo positivo collegato alla spazzola positiva
3)
si lascia girare la dinamo per una decina di secondi.
I
Con questo sistema la dinamo ha funzionato da motore e la corrente che ha
circolato negli avvolgimenti ha ricrcato il campo magnetico, rimettendo la cinghia a posto cd
avviando il motore vedremo che la dinamo funziona regolarmente.
Guasti all’all’alternatore
Anche per l’alternatore, in caso che questi non carichi, si raccomanda di
controllare per prima cosa che non ci siano dei falsi contatti o delle ossidazioni nel circuito.
Se l’avaria riguarda i diodi raddrizzatori, i primi sintomi sazio riscontrabili in
un forte surriscaldamento della carcassa dello statore
In alcuni tipi di alternatori, i diodi sono incastrati in apposite corone e risLllta
difficile la sostituzione di un pezzo separato per cui conviene sostituire tutto il complesso dei
diodi, in altri tipi si può sostituire abbastanza facilmente un singolo diodo quando risulta
bruciato.
Raramente i diodi subiscono avarie, ma per proiungarne la durata conviene
usare alcune precauzioni:
a) non staccare la batteria con il motore in moto perché verrebbe a
verificarsi un aumento repentino di tensione nel sistema di carica che rovinerebbe
immediatamente i diodi e gli eventuali transistors del circuito
b)
non staccare i fili del circuito senza aver fermato il motore e aver tolto i
c)
non causare corti circuiti collegando dei fili a terminali sbagliati
d)
non controllare se in un filo passa corrente facendolo scintillare a massa.
contatti
Regolatore di tensione dell’alternatore
È noto che il regolatore è costituito da contatti vibranti a puntina che in caso di
cattivo funzionamento possono essere puliti con tela smeriglio o con una apposita limetta.
Se il guasto riguardasse l’avvolgimento del nucleo, l’alternatore caricberebbe
ugualmente ma la tensione in uscita non sarebbe regolata.
L’anomalia potrebbe essere caratterizzata dalla bruciatura delle lampadine di
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illuminazione e di spia.
Accensione elettronica
Generalmente i regolatori elettronici non sono riparabili e, qualora lo fossero,
l’argomento esula dalla portata dcl « comune mortale »; solo intraprendendo una lunga crociera
si potrebbe tenere nei pezzi di rispetto un regolatore completo da sostituire al posto di quello in
avaria.
La batteria
La durata della batteria dipende da come viene curata e controllata; i morsetti
devono essere ben puliti, ingrassati con vaselina filante e protetti da guaine di gomma.
Per ricoprire le piastre degli elementi bisogna aggiungere solo acqua distillata,
ma in caso di necessità si può aggiungere acqua piovana o potabile.
Nei mesi invernali bisogna lasciare la batteria sempre carica perché, a carica
ridotta gela a —15° C, a carica piena gela a —45° C; se deve rimanere inattiva per un lungo
periodo conviene portarla a terra, aggiungere abbondante acqua distillata e caricarla
lentamente fino a carica completa; ogni due mesi, si deve ricaricare con il medesimo procedimento.
A bordo deve essere assicurata bene alla sua mensola che avrà sul pianale una
foderatura di lastra di piombo in modo da raccogliere
L’interruttore a coltello sul cavo negativo di massa, durante le soste l’interruttore va staccato in modo da isolare il circuito della batteria dagli utenti.
E’ opportuno ricordare che durante la carica si sviluppa gas di idrogeno che è
incolore, insapore ed è il gas più leggero che si conosca; l’idrogeno veniva giustamente
chiamato anticamente « aria infiammabile »: infatti è sufficiente il 3% di esso in un volume
d’aria per rendere l’atmosfera altamente esplosiva.
Essendo un gas leggero dovrebbe abbandonare il locale della batteria con la
semplice apertura di un boccaporto, ma bisogna tener presente che questo gas può essere
intrappolato in qualche sacca nella parte superiore dei locali, per cui, quando si hanno dei dubbi
sulla efficienza della ventilazione naturale si deve sistemare un estrattore con il motore elettrico
stagno ai gas e con la ventola di plastica.
La batteria non può essere sistemata nei locali dove si dorme e possibilmente
va installata il più vicino possibile al motore per diminuire la caduta di tensione nei cavi.
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R 8.5 INCONVENIENTI E MANUTENZIONE DEI MOTORI DIESEL
Nei capitoli precedenti abbiamo già parlato degli inconvenienti comuni ai
motori Diesel e a scoppio, aggiungiamo qui di seguito gli inconvenienti che riguardano
esclusivamente i motori Diesel ed alcuni consigli circa la loro manutenzione.
Controllo dei fumi di scarico
Quando il motore funziona bene i gas combusti che escono dallo scappamento
sono incolori, quando esiste qualche anomalia i gas possono assumere colore nerastro oppure
bianco-azzurro.
Le cause che provocano fumo nero sono:
—
motore troppo caricato per mancanza di funzionamento di uno o
più cilindri
—
scarsa tenuta delle valvole di aspirazione e scarico
—
fori degli iniettori otturati
—
molla dell’iniettore troppo debole o spillo grippato
—
combustibile non adatto
—
perdita di compressione
—
aria presente nel circuito del gasolio.
Fumo bianco o azzurrognolo
—
livello dell’olio troppo alto
—
pressione dell’olio troppo alta
—
ovalizzazione dei cilindri
—
guide delle valvole con troppo gioco.
Guasti agli miei tori
I sintomi che accompagnano l’inefficienza di un iniettore sono:
—
fumo nero allo scarico
—
battito in testa al cilindro
—
surriscaldamcnto del motore
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—
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diminuzione della potenza.
Per identificare un iniettore difettoso si può procedere nel seguente modo:
1)
avviare il motore e lasciarlo funzionare al minimo;
2)
allentare successivamente, uno alla volta, i raccordi dei tubicini di
mandata agli iniettori in modo da escludere l’iniezione al rispettivo cilindro.
L’iniettore difettoso sarà quello che non altererà il regime di rotazione del
motore quando si allenta il raccordo.
I guasti dell’iniettore possono essere dovuti ad incrostazioni che hanno
otturato i fori del polverizzatore, allo spillo grippato o alla molla rotta o indebolita.
Le incrostazioni si puliscono con una spazzola di fili di acciaio e i fori si
sturano con appositi fili calibrati inseriti in un piccolo mandrino a forma di matita.
Il controllo della pressione d’iniezione e la taratura dell’iniettore devono
essere eseguiti da un’officina specializzata, mentre, a bordo procedendo nel modo seguente,
possiamo controllarne il funzionamento per vedere se ci sono dei fori otturati e osservare se il
getto del gasolio e regolare.
Dopo aver scollegato i tubicini di mandata e di riflusso, si estrae l’iniettore
dalla testa del motore e si ricollega al suo tubicino di mandata in modo che possa spruzzare
all’esterno.
Si mette l’acceleratore in posizione di mandata massima e con il motorino di
avviamento si fa girare il motore osservando nel medesimo tempo il getto dell’iniettore.
Se l’iniettore funziona bene si dovrà sentire un rumore caratteristico simile ad
uno « scricchiolio vibrante a, cioè, come si suol dire nel gergo dei meccanici, l’iniettore « canta
Gli spruzzi dovranno essere finemente polverizzati, regolari e tanti quanti sono
i fori del polverizzatore; dopo l’iniezione non ci deve essere gocciolio residuo.
Specialmente se si ha un motore a uno o due cilindri, è consigliabile tenere un
iniettore nei pezzi di rispetto dato che la pulizia interna dell’iniettore, pur non essendo difficile,
prevede per lo smontaggio l’uso di una morsa da banco.
Si ricorda che dopo ogni smontaggio di parti del sistema di alimentazione
bisogna procedere alla disareazione del circuito.
Nel paragrafo seguente sono riportate le istruzioni per disareare l’impianto di
alimentazione di un motore Perkins a quattro cilindri con pompa di iniezione C.A.V. a
distributore rotante.
Disareazione dell’impianto di alimentazione
Quando un motore è nuovo oppure non è stato adoperato per un certo tempo,
ovvero quando il motore si è fermato per mancanza di combustibile, è importante disareare
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l’impianto di alimentazione (fig. 71).
Per procedere alla « disareazione » seguire le seguenti norme:
1)
allentare il tappo di spurgo sul filtro del combustibile (fig. 72)
2)
manovrare la levetta della pompa d’alimentazione (fig. 73) fino a quando
il gasolio fluente dal tappo di spurgo (fig. 72) sia senza tracce di bolle
d’aria
3)
serrare il tappo di spurgo sul filtro continuando ad azionare la levetta al
fine di evitare che il filtro si svuoti
4)
svitare la vite di spurgo sul corpo della pompa di iniezione e procedere
come al punto 2; indi serrare la vite (fig. 74)
5)
svitare la vite di spurgo sul coperchio del regolatore e procedere come al
punto 2; indi serrare la vite (fig. 75)
6)
svitare i raccordi dei tubi di mandata ad alta pressione sugli iniettori -,
7)
accelerare a fondo ed assicurarsi che il comando dello Stop non sia tirato
8)
azionare l’interruttore di avviamento e far girare il motore finché il
gasolio non uscirà abbondantemente dalla tubazione allentata privo di
bolle d’aria
9)
serrare i raccordi di cui al punto 6 e avviare il motore.
Nota bene - Se agendo sulla levetta della pompa di alimentazione non fluisse
combustibile ruotare l’albero motore di un giro.
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Guasti e manutenzione delle pompe di iniezione
I guasti che si possono verificare nelle pompe d’iniezione sono dovuti
soprattutto al grippaggio dei pistoncini causato da particelle solide che oltrepassano i filtri del
combustibile e penetrano nel corpo della pompa.
Per la suddetta ragione si raccomanda di controllare i filtri ad intervalli
regolari.
Le pompe tipo Bosch sono lubrificate separatamente dal motore quando hanno
il loro alberino a camme incorporato nell’involucro della pompa; seguendo le istruzioni della
Casa bisogna ricordarsi di controllare il livello dell’olio e sostituirlo dopo un certo periodo di
Funzionamento.
Quando si prevede di tener fermo il motore per lungo tempo, le pompe
d’iniezione necessitano di particolari misure protettive contro la corrosione e la formazione di
depositi che il gasolio stagnante può depositare all’interno della pompa.
A prescindere dal tipo di pompa sistemata sul motore si dovrà scaricare tutto il
combustibile presente nel circuito di alimentazione fino agli iniettori e dopo aver staccato il tubo
dal serbatoio si collegherà il circuito ad un serbatoio ausiliario contenente dell’olio protettivo
(di un tipo approvato dalla Casa) e seguendo la consueta sequenza di innesco e disareazione
(spurgo), si riempirà tutto il circuito di alimentazione con l’olio protettivo.
Terminata l’operazione si metterà il motore in moto a basso regime per alcuni
minuti per essere sicuri che tutto il sistema sia pieno di olio.
Per ridurre al minimo le ossidazioni e la condensazione che interessano il
serbatoio del combustibile sarà bene provvedere a sigillare lo sfogo d’aria dello stesso mediante
un involucro di plastica che dovremo ricordare di togliere terminato il periodo di inattività del
motore.
Altri inconvenienti della pompa d’iniezione sono causati dalla rottura di molle,
valvoline grippate, rulli delle punterie consumati, regolatori inceppati, ecc.: tutti guasti che
devono essere riparati da officine dotate di speciali attrezzature per cui è ovvio che non ci sono
rimedi da poter adottare a bordo.
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