Una “religione-stato”

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A
Romano Bettini
Una “religione-stato”
L’Islam come dottrina politica
Copyright © MMXIV
ARACNE editrice int.le S.r.l.
www.aracneeditrice.it
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via Quarto Negroni, 
 Ariccia (RM)
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
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con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
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I edizione: dicembre 
Indice

Introduzione

Capitolo I
Dal diritto sacro al diritto secolare nei paesi musulmani
.. La “teologia politica” nella teoria di pensatori occidentali e il costituzionalismo islamico,  – .. Maometto:
genesi di uno Stato teocratico e sue vicende storiche,  –
.. Connotati dell’Islam nella critica occidentale,  – .. La
crisi dell’Islam politico del XX secolo: acculturazione europea, Turchia laica, colpi di coda reislamizzanti e cultura
giuridica occidentale,  – .. La crisi dell’Islam politico
nel XXI secolo: primavera araba e secolarizzazione della
politica,  – .. L’Islam in Italia e la monocultura italiana
a proposito di Chiesa cattolica,  – .. Islam da impero a
terzo mondo? I rapporti dell’Onu sullo sviluppo umano
nei paesi arabi: le emergenze politico–giuridiche, .

Capitolo II
L’Islam come dottrina politica
.. Islam e islamisti: una dottrina politica per una storia
plurisecolare,  – .. Orientalisti ed egemonia politica
nell’Islam: l’Islam come dottrina politica,  – .. Monoteismo e violenza politica,  – .. Islam oltre i propri
confini: dottrina politica e categorie del politico (“nemico”
e “guerra”),  – .. L’Islam politico inizia con Maometto
a Medina,  – .. Monoteismo armato come dottrina
politica: il suo cedimento storico,  – .. Segnali degli
effetti negativi dell’ibridazione islamica tra politica e reli

Indice
gione,  – .. Ibridazione islamica, clero di fatto e deriva teocratica,  – .. Classe politica e formula politica
soggette agli esiti di procedure elettorali,  – .. Perdita di legittimazione religiosa dello Stato islamico,  –
.. Costituzioni come diritto non confessionale nei paesi
islamici,  – .. Secolarizzazione tra diritto statuale e
prospettive del religioso nel quadro del pluralismo degli
ordinamenti giuridici, .

Capitolo III
Confronti e mutamenti
.. Diritto occidentale e ruolo della democrazia nella laicizzazione della politica islamica,  – .. Democrazia
come separazione della religione dalla politica: i diritti
umani,  – .. I Cristiani come esponenti dell’Occidente,  – .. Fondamenti morali e religiosi come prepolitici
delle costituzioni statali e internazionali: le fonti del legislatore e il diritto secolare della politica,  – .. La cultura tra
primati, espansività ed egemonia,  – .. Primati culturali,
loro diffusività–espansività e questione dell’egemonia,  –
.. Primati dal tecnologico al giuridico. Il circolo vizioso
islamico tra religione e diritto e la vetustà dei testi di un
diritto dottrinale senza gazzette ufficiali e di difficile reperibilità in libreria: l’idealtipo legislativo e costituzionale dei
moderni,  – .. I dati empirici dell’attuale mutamento
globale: status civitatis nell’era delle grandi migrazioni,  –
.. Le prospettive di mutamento per l’Occidente: l’ipotesi
del “grande declino” (o “Great degeneration”, secondo N.
Ferguson),  – .. Mutamenti storici sociali di un paese a
popolazione islamica di fronte ai problemi del sottosviluppo: chi crede nell’alternativa islamica?,  – .. Reislamizzazione come visibilità,  – .. Eredità culturali e futuro
degli immigrati islamici,  – .. Le prospettive di mutamento per l’Islam: politica da assolutista a democratica, e
società da mutilata a reintegrata, .
Indice


Capitolo IV
Primavera araba e nuove costituzioni occidentalizzanti in Tunisia e in Egitto
.. I militari in Egitto,  – .. Fratelli Musulmani e piazza Tahrir,  – .. La primavera turca del giugno :
piazza Taksim,  – .. Panarabismo e panturchismo,  –
.. Religioni, conversioni, culture, sistemi giuridici, acculturazioni,  – .. Idealtipo costituzionale ed Islam: democrazia verso liberalismo ovvero l’Islam politico dal diritto
sacro al diritto secolare,  – .. Esiti della primavera araba: le nuove costituzioni del  in Tunisia e Egitto,  –
... Mutamenti istituzionali occidentalizzanti e mutamenti istituzionali involutivi nei paesi islamici,  – ... Uso
teocratico del potere politico. Idealtipo costituzionale e
costituzioni nel tempo: dalla costituzione di Medina del
 d.C. alla costituzione tunisina del ,  – ... La
primavera araba in Siria: la mina vagante del jihadismo, .

Conclusioni. Il tramonto storico di Medina: una nuova
identità culturale degli islamici?
Appendice

Questioni varie

Allegato. Costituzione tunisina del 
Introduzione
Islam dal declino all’occidentalizzazione
Declino storico dell’Islam come inerzia culturale indotta dalla sua riduzione della religione a progetto politico
Il declino culturale ed economico dell’Islam è dagli storici collegato in genere al colonialismo europeo , anche
se l’impero ottomano non è stato colonizzato e ciononostante si è occidentalizzato. In effetti si tratta di due storie
cronologicamente coincidenti, ma il colonialismo europeo compare occasionalmente con la scoperta dell’America, e non riguarda l’Islam; mentre il declino islamico
è coevo sì , ma con radici, a dire del pensatore algerino
M. Bennabi, pregresse nello stesso Islam, nel suo rimanere paralizzato dal tradizionalismo , espresso nell’“homme
post–almohadien” ; fatto che secondo l’autore ha generato
colonizzabilità della società musulmana e per conseguenza reso possibile la sua colonizzazione . Puntualizzazione
che pone il declino culturale islamico come indipendente,
geneticamente, dal colonialismo.
. Cfr. B. S A, Il mondo musulmano. Quindici secoli di storia,
Carocci, Roma , pp.  e ss.
. M. B, Vocation de l’Islam, du Seuil, Parigi , p. .
. Ivi, p. .
. Ivi, pp. , , .
. Ivi, p. .


Introduzione
La causa di tale declino Bennabi la individua nel “divorzio tra pensiero ed azione” , “divorzio tra mondo
temporale e pensiero coranico” .
Ora l’intenzione di queste pagine non è quella di discettare sulla tesi di un declino dell’Islam collegabile al
colonialismo europeo , ma quella di evidenziare invece
che non un divorzio dal pensiero coranico è da indicare
come causa di detto declino o colonizzabilità: ma che tale
causa invece sembra da individuare nella originaria riduzione della religione islamica a progetto politico, ovvero
nella ibridazione tra religione e politica con cui l’Islam si è
presentato alla storia .
Colonizzabilità islamica e colonialismo europeo: l’occidentalizzazione del diritto e della politica nell’Islam
come loro esito
Compete agli storici il compito di chiarire quanto della
colonizzabilità e della colonizzazione abbia contribuito ad
occidentalizzare diritto e politica del mondo islamico non
turco. Agli scienziati sociali non si può togliere il compito di chiedersi ed ipotizzare quale potrà essere l’identità
religiosa e culturale delle popolazioni musulmane in una
prospettiva di superamento dell’ibridazione di religione e
politica avviata da Maometto nel  d.C.
. Ivi, p. .
. Ivi, p. .
. Anche se va respinta l’amena battuta di Bennabi a p.  del suo lavoro
secondo cui “l’anima cristiana è soprattutto quella del colonizzatore”.
. Cfr. R. B, Religione e politica. L’ibridazione islamica, Armando,
Roma .
Capitolo I
Dal diritto sacro al diritto secolare
nei paesi musulmani∗
Premessa: il guado dal diritto sacro al diritto secolare
nelle costituzioni dei paesi musulmani
L’Islam è nato come religione a potere temporale, guerriera
e colonizzatrice, come teocrazia a clero di fatto. Dal XVIII
secolo le sue strutture statuali sono state a loro volta colonizzate da potenze europee. L’impero ottomano ha avviato nel
secolo XIX un processo di liberalizzazione culminato con la
fondazione dello Stato turco e l’abrogazione del Califfato
() , Stato a costituzione sostanzialmente laica pur se a
popolazione maggioritariamente islamica. Ma la “primavera araba” del , contestatrice laica di despoti, potrebbe
condurre nel , con le nuove costituzioni annunciate,
ad ulteriori rinunce dell’Islam politico all’imposizione di
un modello costituzionale riconosciuto nel mondo come
“alternativo” a quello occidentale solo dai suoi credenti. La
storia dell’Islam è ancora considerata come storia di un “sacro esperimento” di ibridazione tra religione e politica, che
ha soffocato storicamente l’una e l’altra .
∗
Il contenuto di questo capitolo è stato anticipato in «Iustitia», , .
. E.J. Z̋, Storia della Turchia, Donzelli, Roma , p. .
. R. B, Religione e politica. L’ibridazione islamica, Armando, Roma
.


Una “religione–stato”
.. La “teologia politica” nella teoria di pensatori occidentali e il costituzionalismo islamico
A fronte di tale realtà storica delle istituzioni pubbliche
islamiche sconcerta la “distrazione” di filosofi italiani che
si arrovellano sui rapporti tra politica e religione talora
ritenendoli incompatibili e reciprocamente escludentisi,
omettendo di considerare che in occidente le relative istituzioni religiose e politiche convivono, separate, ma senza
escludersi reciprocamente; mentre nei paesi islamici sono
addirittura ibridate da secoli, senza libertà religiosa per i
non islamici (e in effetti per gli stessi islamici, data l’apostasia come reato), quando non si avviano ad una convivenza
di tipo occidentale, ispirata alla libertà religiosa. Così la
“teologia politica”, intesa come fusione tra religione e politica in Europa ritenuta erroneamente realizzata nei secoli
XIX e XX, cui si appellano e di cui discettano tali filosofi,
non è raffrontata con la realtà ancora attuale dell’ibridazione islamica, vera e propria negazione della libertà religiosa
imposta non so se si possa dire dal fanatismo religioso o
dalla passione politica; perde di vista la realtà storica delle
. È il caso di R. E, Due. La macchina della teologia politica e il
posto del pensiero, Einaudi, Torino , secondo il quale, rifacendosi alla
teorizzazione dell’isomorfismo tra concetti filosofici e concetti politici sostenuta da C. Schmitt (p. ) «Parliamo da almeno due millenni un lessico
costitutivamente teologico–politico E dunque non abbiamo né schemi mentali né modelli linguistici liberi dalla sua sintassi» (p. ); «sia sul piano storico
che su quello concettuale i due poli del teologico e del politico si rapportano
nel continuo tentativo di superarsi a vicenda [. . . ] come se l’unità semantica
tra il lessico teologico e quello politico non potesse realizzarsi che attraverso
il cedimento di uno a predominio dell’altro [. . . ] L’interrogazione filosofica
sulla teologia politica, aperta da Hegel all’inizio dell’ottocento e proseguita
lungo i due secoli successivi, esprime, ma al tempo stesso cela, questo incrocio violento — la presenza del Due all’interno dell’Uno, la prepotenza
di una parte che si vuole tutto cancellando l’altra» (p. ).
. Dal diritto sacro al diritto secolare nei paesi musulmani

istituzioni occidentali nella loro identità emblematicamente rispettosa della libertà di fede e pensiero raggiunta dopo
secoli di lotte e testimonianze. In occidente la Religione
non minaccia di escludere la politica; invece l’Islam da
sempre (e qui sì che si è di fronte ad una teologia politica)
esclude o mortifica politicamente le altre religioni e la libertà di pensiero. Insomma si può ritenere, per adottare la
terminologia occidentale, che solo l’ibridazione islamica di
religione e politica costituisca l’erezione reale e non puramente speculativa a modello costituzionale della “teologia
politica”.
Non distratto rispetto a questo ordine di valutazioni
è invece il contributo di altri filosofi che separano e non
accomunano teologia e politica, distinguendo teologia politica da teologia della politica, religione come oggetto di
un diritto di libertà interessante tutte le religioni , «libertà
religiosa (come) punto fermo che rompe con la teologia
politica veterotestamentaria, dell’antico Israele da un lato, e con quella dell’impero romano–pagano, dall’altro» ,
“libertà religiosa per tutti” , e comunque restano attenti
a prendere le distanze da quella primavera araba che nel
 «ha portato sulla scena una teologia politica islamica
. Cfr. R. B, Critica della teologia politica. Da Agostino a Peterson:
la fine dell’era costantiniana, Marietti, Genova–Milano , contrario alla
teologia politica proposta da Carl Schmitt, «fondata nella trasposizione analogica dei concetti teologici in quelli politici» (p. ); a favore del modello,
“liberale e non teocratico” espresso dalla De civitate Dei di S. Agostino (p.
), “prima critica della teologia politica” (p. ). Per il fondamentalismo
islamico «il momento teologico si identifica compiutamente con quello
politico, non è un momento di purificazione della fede ma la fase della sua
compiuta mondanizzazione» (p. ).
. Ivi, p. .
. Ivi, p. .

Una “religione–stato”
rappresentata in gran parte dai Fratelli musulmani» .
In sintesi sembra si possa concludere che la storia del
pensiero è altro dalla storia delle istituzioni. Quelle occidentali testimoniano la separazione tra politica e religione
e la libertà per tutte le fedi; quelle islamiche no. E qui il
pensiero religioso–politico islamico giunge soltanto a riconoscere la diversità del suo differente “costituzionalismo”.
Al riguardo si veda il, saggio di R. Bahlul , che considerato il pensiero politico islamico medievale e contemporaneo, giunge ad interrogarsi sui suoi rapporti con il costituzionalismo occidentale difensore di diritti civili, politici
ed economici e della separazione dei poteri; ma constata,
rispetto a questo, una limitazione dei diritti garantiti ed il
rifiuto, in particolare, della laicità, che sembrano renderlo
«incompatibile sia con la democrazia che con il costituzionalismo [. . . ]. Tutto ciò potrebbe forse aprire la strada
(l’A si chiede) a un certo tipo di costituzionalismo — chiamiamolo costituzionalismo islamico che per alcuni versi
è diverso e per altri è simile al costituzionalismo occidentale». Certo, commenterei, ma sempre nel quadro di una
teologia politica islamica.
.. Maometto: genesi di uno Stato teocratico e sue
vicende storiche
In realtà, andando alle origini dell’Islam, non possono
essere negate precise vicende storiche:
. Ivi, p. .
. R. B, Prospettive islamiche del costituzionalismo, in P. Costa, D.
Zolo (a cura di), Lo Stato di diritto. Storia, teoria e critica, Feltrinelli, Milano
, riprodotto in «Jura Gentium», .
. Dal diritto sacro al diritto secolare nei paesi musulmani

— Maometto e compagni hanno fondato come “classe
politica” con le armi in Arabia uno Stato (invasore,
offensivo e non puramente difensivo) legittimando
l’operazione con la “formula politica” della nuova
religione;
— gli Stati islamici si sono caratterizzati per la gestione di tale ibrido modello ordinamentale in cui fonti del diritto positivo e della religione coincidono
(Corano, Sunna, consenso, analogia) ;
— la situazione e l’opinione pubblica internazionale
risultano oggi sospingere tali Stati attraverso esperienze politico–elettorali di tipo occidentale verso
la secolarizzazione politica, orientata a diritti umani
(tra cui la libertà di credo e pensiero) sganciati da
un credo religioso e gestita democraticamente;
— il rinvio a principi ispirati al diritto sacro in sede
statale sarebbe così affidato solo al voto di membri,
eletti a suffragio universale, degli organi legislativi, operando, quando vi rinviino, come credenti, e
secondo le norme costituzionali di tali organi;
. «L’islamismo divenne uno Stato e Maometto, oltre che un profeta,
un guerriero ed un legislatore, il cui influsso perdura su più che  milioni
di credenti» (C.A. N, Vita di Maometto edizione postuma di due letture preparate per la stampa nel , Roma, pubblicazioni dell’Istituto per
l’Oriente, Roma , p. ). Vedi anche M. R, Maometto, RCS, Milano , p. : «Un partito politico–religioso si era andando sviluppando.
Totalitario per natura e per origine, esso ebbe rapidamente a disposizione
un corpo di truppa indipendente e una tesoreria propria, mentre seppe
eliminare gli elementi non assimilabili e mettere a tacere l’opposizione
interna. Cinque anni dopo l’egira () si era costituito uno Stato, uno Stato
medinese rispettato dai vicini, il cui capo supremo e assoluto era Allah stesso che si esprimeva per bocca del suo Inviato Muhammad ibn ‘Abd Allah:
Muhammad».
. C.M. G, Islam, San Paolo, Cinisello Balsamo , pp. ,
.

Una “religione–stato”
— la fine dell’autoritarismo islamico, o sua secolarizzazione politica, non potrà non avviarsi formalmente
che con la soppressione dell’indicazione della fede
professata nei documenti di identità e anagrafici,
passando complessivamente da un diritto sacro ad
un diritto secolare;
— l’Islam è stato sempre libero di procedere a sue invocate riforme religiose, tra le quali è comunque
mancata finora, salvo il caso turco, una critica secolarizzante la politica. La secolarizzazione della
politica nell’Islam potrà avvenire anche senza il supporto religioso, ma sarebbe auspicabile che ciò si
verificasse;
— la trattazione da parte delle scienze sociali occidentali dell’argomento Islam è stata svolta finora soprattutto in sede di storia e sociologia delle religioni, di
scienza politica (“l’islam politico”) e di sociologia
del diritto .
Quest’ultima ha messo in evidenza:
a) il carattere sacrale del suo diritto positivo come
sorta di costituzionalismo teocratico avviato con la
presa del potere politico da parte di Maometto e
dei suoi compagni, creando con la forza uno Stato
offensivo–imperialistico più che difensivo;
b) la crisi storica di tale diritto cominciata con le occidentalizzazioni giuridiche ottomane del XIX secolo
si è emblematizzata con la secolarizzazione della
Turchia di Kemal Atatűrk, ma sembra sospingere
. Cfr. R. B, L’Islam come religione a potere temporale, FrancoAngeli,
Milano .
. Dal diritto sacro al diritto secolare nei paesi musulmani

ulteriori conferme dalle nuove costituzioni in gestazione dopo la primavera araba in Egitto e Tunisia,
contestatrice di despoti e politiche affamanti, sospingendo il “costituzionalismo islamico” a completare
la sua occidentalizzazione aprendo alla secolarizzazione della politica veicolata dal trapasso dal diritto
sacro al diritto secolare in costanza di fede islamica.
.. Connotati dell’Islam nella critica occidentale
In linea di massima l’Islam oggi, nella critica occidentale, viene contrassegnata sostanzialmente dai seguenti
connotati intesi come negativi:
a) non libertà del musulmano di lasciare l’Islam;
b) non libertà di critica verso l’Islam, tra i reati concorrenti di apostasia, eresia e vilipendio;
c) definizione degli infedeli (kafir) come soggetti nemici, le cui opere saranno vane (Corano, , ), cui
Dio ha sigillato cuore udito e vista (, –), che
i musulmani debbono combattere con durezza (,;
,);
d) pene coraniche primitive (lapidazioni, amputazioni),
discriminazione delle donne e legge del taglione, tra
le tante eredità ancestrali;
e) promessa di vergini in paradiso per i kamikaze, giudicati martiri, pur violanti le norme coraniche su
suicidio terrorista e mancata tutela di donne, vecchi
e bambini;
f ) dovere individuale di uccidere secondo fatwe anche
all’estero;

Una “religione–stato”
g) le minoranze religiose ammesse debbono rimanere
in condizione di apartheid;
h) poligamia;
i) divieto di matrimonio con “infedeli”;
j) spose bambine.
E fermiamo qui il memorandum, da non trascurarsi. L’Islam
politico, e qui è il punto da tener fermo, ne è il defensor
fidei.
.. La crisi dell’Islam politico del XX secolo: acculturazione europea, Turchia laica, colpi di coda reislamizzanti e cultura giuridica occidentale
Le ragioni della politica sono sistematicamente messe
a tacere dalla cultura islamica. Vedi il caso della formazione del pensiero nazionale arabo islamico , che ne
registra il costante, soffocante richiamo alla matrice religiosa della nazione, incapsulata nella umma, o popolo di
Dio.
Venendo alla cronaca Piazza Taksim, ad Isambul nel
, con le sue contestazioni urbanistiche ad un regime
“nostalgico” della Grande Porta, riprende i temi di piazza
Tahrir del Cairo del : temi di contestazione civile, cioè
da parte della società civile, del potere politico. Ma in
Turchia l’assetto costituzionale è occidentale.
La Turchia nasce nel  come Repubblica non islamica.
Nel  abolisce il Califfato, massima istituzione religiosa
maomettana L’acculturazione giuridico–politica europea
. A. P, La formazione del pensiero nazionale arabo. Matrici
storico–culturali ed elementi costitutivi, FrancoAngeli, Milano , pp.  e
ss.
. Dal diritto sacro al diritto secolare nei paesi musulmani

che l’ispira le fa adottare il codice civile svizzero e quello
penale italiano. Ciononostante non mancano studiosi turchi che, in linea con la politica reislamizzante dell’attuale
governo ed i panturchismo del relativo ministro degli esteri M. Davutoglu , ancora propongono tesi superate. Ad
esempio sostenendo che l’Islam “occupa un posto centrale”
nella letteratura sulla globalizzazione ; o che «l’incontro
tra l’Islam e la modernità ha prodotto delle trasformazioni
reciproche» ; o ancora che si tratta di abbattere le frontiere
identitarie tra l’Islam e l’Occidente, tra la Turchia e l’Europa, o che comunque l’identità europea non è “pura” .
Dunque il genocidio armeno deve trovare un luogo in questo “smantellamento delle identità” . Si tratta di tentativi
di rappresentare Turchia ed Islam come fenomeni culturali ancora uniti nonostante la fine dell’impero ottomano
e l’avvenuta acculturazione europea della Turchia, tra l’altro con l’inaccettabile tentativo di far passare il genocidio
turco degli armeni come una questione culturale dipendente dalla «tacita equazione tra identità europea ed eredità
giudaico–cristiana» .
Purtroppo le nostalgie ottomane giocano questi (fortunatamente rari) colpi di coda antistorici, che pretenderebbero di rivalutare un Islam che langue inventandone
successi, addirittura anche produttivi, e passandoli per
condizione dello sviluppo attuale dell’Europa . Il tutto nel
. Cfr. Il ritorno del sultano, in «Limes», –, p. .
. N. G̋, L’Islam e l’Europa. Interpenetrazioni, Armando, Roma , p.
.
.
.
.
.
.
Ivi, p. .
Ivi, p. .
Ivi, p. .
Ivi, p. .
«La questione della contemporaneità con l’Islam è una questione

Una “religione–stato”
quadro di una «interpretazione della modernità ancorata
nella molteplicità delle aree culturali» . Con il che questa
lodata pluralità culturale almeno contraddirebbe la prospettiva di un primato dell’ordine islamico, turco o arabo
che sia.
Si tratta di nostalgie che prescindono dai processi storici
di acculturazione riguardanti religioni e politica verificatisi
negli ultimi cento anni; processi che hanno segnato se non
altro le costituzioni dei paesi in questione. Fermo restando
che si tratta di giudizi aprioristici, non fondati su precise definizioni dei termini usati (globalizzazione, cultura,
modernità, trasformazioni reciproche, identità, aree culturali. sviluppo, identità giudaico–cristiana, Europa, Turchia,
Islam). E comunque utilizzandoli quasi per banalizzare la
qualità valoriale e funzionale dei modelli culturali sottesi.
Ovviamente queste pagine rivendicano la preminenza
della sofferta puntuale conquista dei valori e delle istituzioni occidentali, cui comunque aderì Atatűrk.
Estromettere dalla discussione i fenomeni di acculturazione lascia mummificate le citate “aree culturali”. Ma la
storia ci richiama all’ordine: le aree culturali nascono, mutano, si contaminano, vengono archiviate. Le loro vicende
sono diverse da quelle delle “conversioni” e sono autonomamente segnate da successi e da insuccessi. Pensare
alla modernità come semplice pluralità di culture sembra
banale. Le migrazioni, ad esempio, si volgono a paesi che
offrono una vita migliore.
Insomma la pluralità chiama la qualità, s’intende nella
cruciale [. . . ] da cui dipende lo sviluppo stesso dell’Europa» (Ivi, p. ).
Insomma «l’Islam sarebbe ora diventato un agente attivo nella circolazione
delle idee, prodotti e persone, e di conseguenza sta contribuendo alla nascita
di uno spazio pubblico internazionale» (p. ).
. Ivi, p. .
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