Il teatro a Roma Liceo scientifico «Giacomo Ulivi», a.sc. 2014-2015, prof.ssa S.Borsi Gli edifici teatrali romani Tutta l’attività dei grandi drammaturghi di Roma del III e II secolo a. C. si svolse in teatri di legno di natura provvisoria, che venivano montati e smontati negli spazi aperti destinati ai Ludi. Gli aristocratici al potere nell’epoca repubblicana erano sospettosi nei confronti delle rappresentazioni teatrali. Fecero demolire il teatro di Messalla e Longino, già parzialmente eretto nel 154 a. C., e impedirono la costruzione di edifici stabili per un altro secolo, quando venne costruito il teatro di Pompeo. I romani incontrarono nelle colonie greche, che man mano andavano conquistando, dei teatri che riflettevano la forma del teatro ellenistico. Di questo tipo di edificio essi col tempo si appropriarono, modificandolo in una forma mista greco-romana, che con un lento processo di trasformazione si sviluppò in epoca imperiale in una forma nuova, che definiamo “teatro romano”, e poi nel cosiddetto anfiteatro.[vedi slide 17-29] Il teatro in pietra però furono destinati a spettacoli di tipo diverso dalle opere della tradizione teatrale dei due secoli precedenti, che non vennero più rappresentate. Dei teatri dell’età di Ennio e Plauto non abbiamo praticamente alcuna documentazione iconografica contemporanea, e neppure attendibili descrizioni di epoca più tarda. Si ritiene che questi teatri provvisori riprendessero almeno in parte la forma dei palchi che vediamo raffigurati su una serie di vasi provenienti per lo più dalla Campania e dalla Puglia e databili al IV secolo a.C. Si tratta per lo più di scene di commedia o secondo altri delle cosiddette farse fliaciche, un genere sorto fra IV e III secolo nella Magna Grecia. Cratere a campana apulo, 400-380 a.C. circa New York. Metropolitan Museum of Arts, coll. Fleischmann F93 Scena di commedia o farsa fliacica, nella quale è evidente la presenza di un palco rialzato, accessibile con alcuni scalini e dotato di uno sfondo con una porta che rappresenta una casa Berlin F 3044. Cratere a calice di Assteas ceramista attivo fra il 360 e il 330 a.C a Paestum Disegno ricavato dal lato A del vaso. Scena di commedia. Un povero vecchio, di nome Carino, è aggredito da due ladri che vogliono portare via il forziere su cui Carino si è sdraiato. Il ladro a destra, di nome Cosilo, afferra e strattona il mantello su cui è steso il vecchio; l’altro, di nome Gymnilos, afferra Carino per i piedi. Sulla destra uno schiavo di nome Carione osserva terrorizzato senza intervenire a favore del padrone. La scena è decorata con evidenti elementi teatrali, come le maschere femminili visibili al centro, e il palco sorretto da colonnine, con una porta sullo sfondo che rappresenta l’abitazione del vecchio Carino. Le commedie di Plauto presuppongono un palco e uno sfondo sostanzialmente simile a questo. Episodi famosi di coinvolgimento del pubblico (coralizzazione di battute) Gli aristocratici temevano ribellioni e reazioni violente dei cittadini, stimolati dall'opera in scena, così che anche la scelta delle opere da mettere in scena era una difficoltà per gli organizzatori. Il pubblico spesso applaudiva a scena aperta un verso di una commedia vecchia o nuova che potesse essere applicato a situazioni contingenti. Cicerone riporta che nel 57 a.C., sedendo Clodio [fratello di Clodia, la Lesbia di Catullo] a teatro, tutta la compagnia all'unisono indirizzò contro di lui un verso de Il simulatore di Afranio: “... il corso e la fine della tua vita di vizio”. Cicerone in una lettera ad Attico ci tramanda un altro episodio illuminante: “Ai giochi Apollinari, l'attore tragico Difilo ha fatto un'allusione molto pungente al nostro amico Pompeo, nel passaggio: - E' la nostra miseria che ti fa grande -, che è stato fatto ripetere mille volte. Più volte le grida dell'intero pubblico hanno accompagnato la sua voce quando ha detto: - Verrà un tempo in cui gemerai profondamente sulla tua sventurata potenza.” Ludi Romani I Ludi Romani o Magni, istituiti da Tarquinio Prisco in onore di Giove Capitolino, secondo quanto narra Livio, solo nel 366 a. C. divennero annuali e come tali erano ancora in vita nel tardo impero. Prima a cura dei consoli, vennero nel 366 affidati agli edili, cui subentrarono all'epoca di Augusto i pretori. All'inizio duravano un solo giorno, poi in età tardo repubblicana arrivarono a 15 giorni, dal 4 al 19 settembre. Antonio nel 44 a. C.vi aggiunse un giorno in onore di Cesare. Fin dal 214 a. C. vennero dedicate quattro giornate ai ludi scaenici; più avanti si arrivò a nove, dal 4 al 12. Il 13 aveva luogo l'epulum Jovis: erano infatti le Idi di settembre, giorno della fondazione del tempio di Giove Capitolino. E' significativo che solo un giorno venisse dedicato ad una cerimonia sacra, un sacrifico in forma di banchetto, in onore della triade capitolina (Giove, Giunone e Minerva) Il 14 la probatio equitum, cioè la presentazione dei cavalli che avrebbero preso parte alle corse dei carri. Poi per cinque giorni si svolgevano i circenses nel Circo Massimo. Epulum Jovis: Giove, Giunone e Minerva Corsa dei carri Ludi Plebei Più recenti dei Ludi Romani, divenuti annuali dal 220 a. C. (epoca della II guerra punica) erano a cura degli edili plebei. Arrivarono a durare 14 giorni, dal 4 al 17 novembre. All'inizio una giornata era dedicata al teatro. Più tardi i ludi scaenici si svolgevano per nove giorni, dal 4 al 12. Il 13 aveva luogo l'epulum Jovis. Il 14 la probatio equitum. Poi dal 15 al 17 si svolgevano i circenses, all'inizio nel Circo Flaminio Infine dal 18 al 20 si tenevano tre giorni di mercato Origine del teatro a Roma: gli etruschi Da Livio (vedi libro): histriones vennero detti gli esecutori professionisti dall'etrusco ister. Anche scaina (palcoscenico) e persona (maschera) sono deformazione di stampo etrusco degli originali greci skene e prosopon Origine del teatro a Roma: i greci L'influsso greco si diffuse da Napoli, Taranto (272 a. C.) e Siracusa (212 a. C.) Livio Andronico, greco catturato a Taranto, nel 240 ai Ludi Romani mise in scena una commedia e una tragedia in metri greci, imitazione rispettivamente della Commedia Nuova e della tragedia classica. Non sappiamo come i romani riuscirono ad ottenere le opere greche, comunque non pochi romani colti alla fine del III secolo a. C. leggevano il greco. Origine del teatro comico: i fescennini La più antica forma di spettacolo, a Roma, furono i versi fescennini (dalla città di Fescennium nel territorio falisco tra Etruria e Lazio) nati spontaneamente dalle battute scambiate tra i contadini nelle feste per il raccolto, in onore della terra e del dio Silvano o durante i matrimoni. In componimenti poetici improvvisati venivano declamati nelle campagne da gruppi contrapposti di contadini, che inneggiavano alla fecondità dei campi ed all’abbondanza del raccolto, con espliciti riferimenti alle capacità procreatrici «falliche». Il frasario triviale ed osceno aveva funzione apotropaica. Al genere dei fescennini appartenevano anche i dialoghi utilizzati dagli agricoltori della bassa Etruria, i quali per propiziarsi e salvaguardare il proprio raccolto investivano di “improperi in versi ” quello degli altri, i quali rispondevano ricambiando nello stesso modo. La licenziosità sempre maggiore provocò la sanzione di una legge delle XII tavole. I fescennini non assumeranno mai la dignità di espressione letteraria, rimanendo confinati ad un ambito popolare. Origine del teatro comico: i fliaci Particolare dal Cratere a calice di Assteas (360 e il 330 a.C). Scena di commedia. Un povero vecchio, di nome Carino, è aggredito da due ladri che vogliono portare via il forziere su cui Carino si è sdraiato. [vedi slide 4] Il ladro a destra afferra e strattona il mantello su cui è steso il vecchio; l’altro afferra Carino per i piedi. Sulla destra uno schiavo osserva terrorizzato senza intervenire a favore del padrone. La porta sullo sfondo rappresenta l’abitazione del vecchio. Origine del teatro comico: l’atellana Le Fabulae Atellane (da Atella, l’antica città osca-etrusca tra Capua e Napoli) erano rappresentazioni sceniche di un genere popolare di farsa, improvvisata nei dialoghi, ma nel rispetto di un filo conduttore (per questo Fabulae), dalla vena grottesca e caricaturale, caratterizzata dalla presenza di personaggi fissi, dotati di maschere, in cui un ruolo importante era assolto dai giochi di parole, doppi sensi, indovinelli, frizzi, proverbi, allusioni ed espressioni di crudo realismo. La fortuna a Roma delle Atellane va collocato tra la fine del IV e gli inizi del III sec. a.C. e, più precisamente tra il 364 ed il 240 a.C., anno in cui Livio Andronico rappresentò per la prima volta una tragedia e una commedia riprese dai modelli greci, cui seguirà la nascita del teatro comico plautino. Fra i personaggi delle Fabulae Atellanae, quattro erano i personaggi più caratteristici: Maccus, Pappus (vecchio avaro), Bucco (lo scroccone) e Dossennus (sapientone sempre affamato). Il nome del primo secondo alcuni deriva dal greco (che significa stupido, idiota), mentre altri hanno individuato una matrice osca (è significativo che molte persone in Atella venivano indicate come Maccius). Le varie vicende potevano vedere lo stesso personaggio con atteggiamenti alquanto diversi per cui si avranno un Maccus Miles soldato), Maccus sequester (mezzano), Maccus virgo (verginello), Macci gemini (gemelli), Maccus copo (tavernaio) ed un Maccus exul (esule). La testa appuntita ed il naso prominente a becco di gallinaceo ne fanno un antenato di Pulcinella (Vanella) e la statuina conservata al Museo del Louvre di Parigi lo conferma. Gli edifici teatrali romani 1. Pianta del teatro di Dioniso ad Atene al tempo di Licurgo 2. Pianta e spaccato del teatro romano 3. Evoluzione del teatro antico Teatro di Pompei Il teatro grande di Pompei, realizzato attorno all’80 a. C., è uno degli esempi più antichi dell’evoluzione della forma greca del teatro verso quella romana. L’orchestra ha perso ulteriormente spazio, e una parte di essa è stata occupata da quattro file di posti riservati a personaggi di prestigio (freccia blu). Gli edifici scenici si sono ormai saldati con la cavea, riducendo le parodoi a corridoi coperti da una volta (freccia rossa) Il teatro di Pompeo Il primo teatro di pietra edificato a Roma fu il teatro fatto costruire da Pompeo nel 55 a. C. Del teatro non resta nulla, ma si è conservata una pianta del tempo di Settimio Severo (II sec. d. C.), che ha permesso di ricostruirne l’ubicazione e la forma. Qui vediamo, riportata sulla pianta dell’attuale città di Roma, la sagoma del teatro, che rende anche l’idea delle enormi dimensioni della costruzione, che comprendeva, oltre al teatro (cerchiato in rosso) anche una vasta piazza cinta da portici e un tempio di Venere Vincitrice. Ricostruzione virtuale del teatro di Pompeo. Si tratta di un teatro romano di forma compiuta, nel quale gli edifici scenici si sono completamente saldati con le estremità della cavea. Questa era realizzata in modo che il cuneo centrale fosse una monumentale scalinata di accesso al tempio di Venus Victrix (indicato dalla freccia). Si notino anche le dimensioni raggiunte dall’edificio scenico, dotato di più piani. Teatro romano di Ostia antica Pianta del teatro romano di Ostia antica Il teatro romano di Orange L’anfiteatro L’anfiteatro rappresenta una naturale evoluzione dello spazio teatrale una volta che le rappresentazioni furono sostituite da altre forme di spettacolo che non richiedevano più una visione orientata. La cavea si chiude a cerchio attorno all’arena, che ospita giochi di gladiatori, acrobati, combattimenti di animali ecc. Qui vediamo l’esempio più antico di anfiteatro, quello di Pompei (70 a. C. circa) Gli anfiteatri romani diventano monumenti imponenti, di grandiosa complessità architettonica. Qui vediamo dall’alto l’anfiteatro di Arles, in Provenza. Il Colosseo Liceo scientifico «Giacomo Ulivi», a.sc. 2014-2015, prof.ssa S. Borsi Fonti varie fra cui Fabrizio Cruciani, Lo spazio del teatro, Laterza, Bari-Roma 2005 e la rielaborazione del ppt Il teatro a Roma e nel mondo romano http://slideplayer.it/slide/577667/