lezione iii

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LEZIONE III
Complementi: consumo, marketing sociale, finanza.
1. Etica e consumo
1a) Consumo critico e responsabile
Il consumatore è stato celebrato dalla letteratura del marketing come l'attore principale
del mercato, anche se non il più potente: questo però non vuol dire che sia sempre
rispettabile, onesto e legalmente corretto. Le ricerche hanno accertato che la
maggioranza dei consumatori conosce le norme morali, sa distinguere fra azioni buone e
cattive, sa comportarsi secondo principi etici. Naturalmente i ricercatori si sono
interrogati sui fattori dai quali può dipendere il comportamento etico o non etico del
consumatore. Gli studi compiuti, hanno rilevato che il grado d'istruzione e la cultura di
un consumatore non garantiscono che si comporti bene.
Vi è differenza, insomma, fra le caratteristiche del consumatore evoluto ed il
comportamento evoluto del consumatore.
Dalle ricerche, è invece emerso che una motivazione chiave del comportamento etico o
non-etico, è di natura utilitaristica: il consumatore sarebbe corretto quando ha tutto
l'interesse ad esserlo. Più precisamente, sembrano essere quattro i fattori che risultano
preminenti nelle decisioni d'acquisto: il prezzo, il valore intrinseco del prodotto, la
brand image, la moda del momento. Questi fattori soverchierebbero, perciò, la
considerazione dei meriti etici delle imprese, quali l'adozione di politiche equo-solidali
nella produzione, il rispetto dell'ambiente, la filantropia.
La coscienza collettiva si è molto affinata, si sono moltiplicati i movimenti che
esprimono una diffusa reazione al malessere per l'operato di imprese non in
accordo con la nuova sensibilità di milioni di persone. Nel mondo occidentale sono
nate molte combattive associazioni di consumatori, sono stati organizzati boicottaggi di
questo e quel prodotto, si è utilizzato Internet come canale a disposizione dei
consumatori che si vogliono coordinare per varie iniziative.
Le azioni di Greenpeace e di altre organizzazioni ambientaliste, le campagne di
boicottaggio contro Nike e McDonald's, il recente movimento "NO LOGO", questi ed
altri episodi, stanno quindi a significare che nessun governo, nessuna impresa e
nessun marketer, può oggi pensarsi immune da critiche e attacchi globali, oltre che
dai connessi eventi mediatici in grado di danneggiare gravemente immagine e
credibilità di persone ed aziende.
Tutto ciò parte dal concetto di "consumo responsabile e critico", introdotto in Italia
da Francesco Gesualdi, fondatore e coordinatore del Centro nuovo modello di sviluppo
di Vecchiano (Pisa). Egli ha promosso campagne di pressione nei confronti di Nike,
Chicco/Artsana, Chiquita e del Parlamento italiano per ottenere una legge sulla qualità
sociale dei prodotti. Il suo pensiero è racchiuso nel libro "Manuale per un consumo
responsabile. Dal boicottaggio al commercio equo e solidale", dove sono descritti gli
strumenti che i consumatori/cittadini hanno a disposizione per condizionare le imprese e
da dove parte un invito, rivolto a tutti, a "rivalutare il potere che è nelle nostre
mani". Un potere che, come scrive lo stesso Gesualdi,
"[ ... ] preso singolarmente è certamente piccolo ma che se moltiplicato per milioni di
persone può condizionare le più grosse multinazionali e al limite l'intero sistema."
(Gesualdi F., Manuale di consumo responsabile, Milano, Feltrinelli, 2000:56)
Ecco dunque l'importanza del consumo critico, che consiste proprio nel fare la spesa
scegliendo i prodotti non solo in base alla qualità ed al prezzo, ma anche in base
alla loro storia ed alle scelte effettuate dalle imprese produttrici.
Così facendo, è come se si andasse a votare ogni volta che si fa la spesa. Si vota sul
comportamento delle imprese, premiando quelle che si comportano bene e punendo le
altre. Alla lunga le imprese capiscono quali sono i comportamenti graditi e vi si
adeguano, instaurando fra loro una forma di concorrenza, non più basata sulle
caratteristiche estetiche ed economiche dei prodotti, ma sulle scelte sociali ed
ambientali. Per questo si può dire che il consumo critico equivale ad una rivoluzione
silenziosa. Invece di farsi semplicemente condizionare dalla pubblicità e dal marketing,
i consumatori, con opportune strategie (come l'attenzione al commercio equo e solidale
o ai marchi di garanzia, fino alle pratiche di boicottaggio), possono riappropriarsi del
proprio potere decisionale ed esercitare un consumo responsabile.
Negli ultimi tempi, si sta facendo sempre più strada nell'opinione pubblica una
attenzione etica verso il prodotto da acquistare; infatti, gli scandali che in tempi
recenti hanno coinvolto grandi marche come Reebok e Nike, per fare solo due esempi
(sfruttamento minorile, condizioni di lavoro inumane, salari da fame), sono stati tali che
ormai, buona parte dei consumatori responsabili ricercano sempre maggiori
informazioni sul prodotto acquistato, non s'accontentano più di prodotti
qualitativamente buoni e che rispettino l'ambiente, ma vogliono - anzi pretendono - che
chi li ha realizzati assicuri loro d'aver rispettato almeno i principi basilari dei diritti
umani riconosciuti1.
All'interno della società si sta configurando quindi un modello di etica di domanda
e di etica di offerta, nell'ottica di una più completa tutela della persona e dei suoi
diritti: la società manifesta un rinnovato bisogno di equità, trasparenza e reciprocità.
Con etica di offerta ci si riferisce all'equità, alla trasparenza e alla reciprocità del
produrre e del competere. L'azienda si trova a dover soddisfare questa crescente
domanda e a giustificare eticamente tutta la propria attività, sia all'interno che
all'esterno.
Con etica di domanda ci si riferisce, invece, alla crescente attenzione con cui i
consumatori valutano e confrontano le offerte aziendali.
1
CODICE DI TUTELA DEI CONSUMATORI MARZANO VARA IL TESTO UNICO
Roma – E’ nato il "Codice del consumo", che riconosce il diritto dei consumatori alla protezione della
salute; alla sicurezza dei prodotti e dei servizi; alla corretta pubblicità; all'educazione al consumo; alla
correttezza dei contratti; alla promozione dell'associazionismo libero tra gli utenti. Sette regole
fondamentali che ora sono messe nero su bianco in un testo che riordina le disposizioni vigenti in materia
di tutela dei consumatori, elaborato presso il ministero delle Attività Produttive e destinato ad approdare
presto in Consiglio dei Ministri sotto forma di decreto legislativo. Quello del consumo è il primo dei
cinque codici che Marzano si è impegnato a realizzare entro il suo mandato e che vedranno la luce entro
l'anno.
(da La Repubblica del 10.12.2003)
1b) Commercio equo e solidale (una specificazione del consumo critico)
Nata in Italia negli anni Ottanta (in Germania, Belgio e Paesi Bassi risale invece agli
anni Sessanta), l'esperienza del commercio equo e solidale trae origine dall'intenzione
di aiutare lo sviluppo del commercio dei prodotti dei Paesi del Terzo Mondo.
Attualmente in Italia operano 374 botteghe, di cui 120 della Cooperazione del Terzo
Mondo (CTM), il principale importatore dei Paesi del Terzo Mondo. Gli altri 2620 punti
vendita sono invece collocati negli spazi di negozi o catene commerciali (tra cui Coop e
Esselunga).
Il commercio equo e solidale (CES) è un approccio alternativo al commercio
convenzionale; esso promuove giustizia sociale ed economica, sviluppo sostenibile,
rispetto per le persone e per l'ambiente, attraverso il commercio, l'educazione e l'azione
politica. E suo scopo è riequilibrare i rapporti con i Paesi economicamente meno
sviluppati, migliorando l'accesso al mercato e le condizioni di vita dei produttori
svantaggiati, attraverso una più equa distribuzione dei guadagni.
Il CES è una relazione paritaria tra tutti i soggetti coinvolti nella catena della
commercializzazione: produttori, lavoratori, Botteghe nel Mondo, importatori e
consumatori.
Un progetto di CES è indirizzato a:
• sostenere e favorire lo sviluppo autonomo e auto-gestito delle regioni diseredate e
degli Stati poveri della popolazione del Sud del Mondo e a creare posti di lavoro;
• eliminare ogni tipo di intermediario commerciale privilegiando il rapporto diretto;
• acquistare da produttori organizzati in cooperative o su base comunitaria;
• pagare i prodotti ad un prezzo equo e comunque concordato con i produttori, che tenga
conto del lavoro e delle condizioni economiche;
• promuovere un processo produttivo adeguato alle condizioni locali, decentralizzato,
che non crei dipendenza finanziaria e che sia rispettoso dell'ambiente;
• divulgare informazioni sui meccanismi economici di sfruttamento, favorendo e
stimolando nei consumatori la crescita di un atteggiamento alternativo al modello
economico dominante e la ricerca di nuovi modelli di sviluppo.
Il CES supera la logica dell'intervento di tipo "caritatevole" e assistenziale,
sostenendo un circuito economico che sia da una parte competitivo in termini di
qualità-prezzo e servizi offerti ai consumatori e, dall'altra, accettabile in termini di
reddito, rischio e sforzo per i produttori del Sud del Mondo.
Questa tendenza risponde all'aumento d'interesse da parte sia delle aziende, le quali vi
trovano ulteriore diversificazione d'interesse, e sia dei consumatori sempre più attenti a
controllare non solo la qualità dei prodotti ma anche la provenienza, i metodi di
produzione e il rispetto economico per i Paesi produttori; non a caso uno degli obiettivi
del CES è quello di far conoscere all'opinione pubblica e al mercato la situazione
sociale ed economica dei Paesi del Sud del Mondo.
Da questa consapevolezza nasce il "consumo critico": il consumo può essere visto come
un'arma per chi non solo non vuole compromettersi con metodi di produzione contrari
alle proprie convinzioni, ma anche per chi vuole seriamente influenzare le decisioni
delle imprese. Di fronte alla vastità dei problemi globali e al senso d'impotenza
individuale, il CES offre ai consumatori, alla società, ai cittadini e ai politici
un'opportunità semplice e concreta di agire per migliorare le condizioni di vita e di
lavoro dei produttori del Sud.
Acquistando un prodotto del CES, vendendo e promuovendo linee di prodotti del CES, i
consumatori e le aziende possono avere un ruolo significativo nel migliorare l'equilibrio
della ricchezza e del potere nel mondo con un semplice gesto quotidiano.
* Rispetta l'uomo. Garantisce ai lavoratori condizioni di lavoro dignitose e una giusta
retribuzione, assicurando pari opportunità lavorative e salariali senza distinzioni di
sesso, età, condizione sociale, religione e convinzioni politiche.
* Rispetta l'ambiente. Promuove uno sviluppo sostenibile in tutte le fasi della
produzione e commercializzazione, privilegiando e sostenendo produzioni biologiche,
l'uso di materiali riciclabili, e processi produttivi e distributivi a basso impatto
ambientale.
* Promuove la giustizia. Paga un prezzo equo ai produttori, concordato sulla base del
costo delle materie prime, del costo del lavoro locale, della retribuzione dignitosa e
regolare per ogni singolo produttore. Adotta strutture organizzative democratiche e
trasparenti in tutti gli aspetti dell'attività ed in cui sia garantita una partecipazione
collettiva al processo decisionale. Privilegia progetti che promuovono il miglioramento
delle condizioni delle categorie più deboli. Garantisce rapporti commerciali diretti e
continuativi, evitando forme d'intermediazione speculativa, escludendo costrizioni e
imposizioni reciproche e consentendo una migliore conoscenza reciproca.
* Promuove azioni informative, educative e politiche sui rapporti fra i Paesi svantaggiati
da un punto di vista economico e i Paesi economicamente sviluppati.
1c) L'impresa cooperativa: il caso Coop
Un caso particolare è la Coop, che ha istituito una vera e propria linea di prodotti
equo-solidali chiamata "Solidal". L'azienda cooperativa Coop si differenzia dall'azienda
capitalistica.
La vera differenza fra un'impresa cooperativa e una società di capitali sta nei diversi
contenuti che vengono attribuiti a queste due variabili. Nella prima si concentrano tutti i
temi che sostanziano la responsabilità sociale e sulla seconda quelli che attengono la
riproduzione dell'impresa, ma anche la solidarietà e la mutualità cooperativa. Questi
concetti sono diventati cultura d'impresa e questa cultura ha prodotto strategie e coerenti
strutture di governance. E derivato da questa cultura è anche il bilancio sociale
preventivo che le cooperative di consumatori stanno gradualmente introducendo nei
propri meccanismi di decisione e di gestione. Una scelta, questa, in grado di dare un
senso compiuto e duraturo al concetto di responsabilità sociale.
Il secondo campo di elaborazione direttamente collegato con la Carta dei valori e delle
regole, riguarda l'attualizzazione del concetto della pratica della mutualità
cooperativa.
Gli elementi che fanno la differenza Coop sono:
- La salute e la qualità, attraverso un'alleanza con i produttori/fornitori sul controllo di
tutta la filiera, con i livelli di sicurezza e garanzia molto al di sopra degli standard di
legge. A ciò si aggiunge l'offerta di prodotti del commercio equo e solidale e la
"tolleranza zero" sui prodotti geneticamente modificati.
- In secondo luogo la tutela dell'ambiente, che riguarda i processi produttivi ma anche
l'affermazione e la diffusione concreta del principio di degradabilità.
- Terzo tema, il lavoro, e quindi l'adozione del principio di tolleranza zero sul lavoro
minorile, ma , più in generale, una politica di massimo rispetto di leggi, regolamenti e
contratti di lavoro.
- Promuovere concretamente la solidarietà è per Coop una scelta di campo. Solidarietà
sul territorio in cui Coop riversa una parte della ricchezza prodotta; solidarietà nel
mondo che assume il socio come cittadino universale.
2. Etica e marketing sociale
Secondo Kotler il marketing sociale è la progettazione, l'implementazione e il
controllo di programmi intesi ad aumentare l'accettabilità di un'idea o di una
pratica sociale presso uno o più target.
Il marketing commerciale e il marketing sociale si distinguono attraverso i differenti fini
perseguiti: mentre il primo aspira ad incrementare il profitto monetario e le vendite di
un'impresa per garantire l'espansione della stessa; il secondo mira a produrre delle
modifiche individuali o sociali nell'interesse collettivo attraverso la promozione dì idee
e comportamenti desiderati.
Anche per Brenkert il marketing sociale è definito attraverso il suo fine non
commerciale, poiché non vi sono, infatti, prodotti o servizi particolari i quali, una volta
venduti, generino un profitto. Ciò implica che i problemi che il marketing sociale tenta
di eliminare non attengono ad un desiderio individuale insoddisfatto, ma sono piuttosto
causati da una carenza nel benessere individuale e/o sociale.
Sono molte le cause promosse attraverso le attività di marketing sociale, come ad
esempio la tutela dell'ambiente, la promozione dell'istruzione, l'eliminazione di
determinate malattie ecc. Eppure il marketing sociale non può essere semplicemente
assimilato alla pubblicità sociale o alle campagne informative. Sebbene queste
attività possano fare parte di un programma di marketing sociale, tale disciplina,
avvalendosi delle tecniche del marketing, comporta la considerazione di tutti gli
elementi del cosiddetto marketing mix, e cioè del "prodotto" (idea), del "prezzo"
(anche costi sociali, psicologici ecc.), della distribuzione e della promozione, così
come tutte quelle ricerche di marketing che consentano una conoscenza approfondita
dei vari pubblici coinvolti.
Gli attori del marketing sociale, cioè coloro che se ne avvalgono come strumento,
sono le organizzazioni non profit di carattere privato (sociali, religiose, culturali
ecc.) e gli enti pubblici. Sebbene anche le imprese siano a volte impegnate nella
promozione di cause sociali, tali attività vengono più spesso definite come di cause
related marketing o secondo Kotler, come "societal marketing".
Un problema etico può emergere in ogni parte di un programma di marketing sociale,
sia per quanto ne riguardano i fini particolari, che i mezzi utilizzati per conseguire tali
fini. Avvalendosi inoltre delle tattiche del marketing commerciale, ogni singolo
elemento del marketing mix può determinare un conflitto etico.
Andrearsen definisce il marketing sociale come
'L’adattamento delle tecniche di marketing commerciale ai programmi creati per
influenzare il comportamento volontario dei pubblici target, con lo scopo di migliorare
il loro benessere personale e quello della società di cui fanno parte".
(Andrearsen A. R., Ethics in social Marketing, Washington D.C., Georgetown
University Press, 1994:110)
Una questione filosofica:
universalità dell’etica o insuperabile pluralismo?
Ovviamente proporre campagne di marketing sociale presuppone che ci siano valori
universali che possono essere ricordati a tutti.
Con l'aiuto delle teorie di Karl-Otto Apel sull'etica della comunicazione (Apel K. O.,
Etica della comunicazione, Milano, Jaca Book, 1992) possiamo ancora sviluppare il
tema dell'universalità per avvicinarci maggiormente all'argomento del marketing
sociale. Nell'ambito della sua "etica del discorso", Apel aspira a fornire il fondamento
razionale ad un'etica dell'umanità e della responsabilità, che sia
intersoggettivamente valida e universale, la quale si basi sulla solidarietà tra gli
uomini.
Il marketing sociale ben si concilia con un tale orientamento: in primo luogo esso, per il
conseguimento dei suoi obiettivi, non può fare a meno di relazionarsi agli individui
presupponendo quella comunità comunicativa di cui parla Apel. In secondo luogo, il
fine del miglioramento del benessere sociale deve implicare, visto che si tratta della
società in generale, un certo grado di universalità. Terzo, l'impulso che guida lo
svolgimento delle attività di marketing sociale e il presupposto per la sua esistenza è
proprio quella solidarietà su cui si fonderebbe l'etica della responsabilità di Apel.
Il concetto di solidarietà viene ripreso da Veca e Alberoni (1988). Infatti, pur
riconoscendo il ruolo fondamentale che la morale razionale ha nel mondo moderno, gli
autori sostengono che la morale abbia in realtà due radici o componenti: oltre alla
razionalità essa è costituita anche dall'altruismo, inteso come l'agire a vantaggio degli
altri.
Quali sono dunque quei valori universali che fungono da vincolo etico per la nostra
società? Al giorno d'oggi si parla molto di una "crisi dei valori", intendendo una
perdita degli orientamenti sicuri e l'assenza di un fondamento per le regole, le norme e i
principi dell'agire. Come abbiamo visto precedentemente, il paradigma prevalente nella
filosofia morale occidentale è stato il razionalismo etico, intendendo con ciò che le
norme morali sono state il riflesso della razionalità dell'uomo. Ma lo sviluppo accelerato
della scienza e le sue applicazioni tecnologiche, il conseguente aumento della
conoscenza e le fondamentali modificazioni culturali hanno provocato un "senso di
smarrimento" e l'incapacità di riuscire ad interpretare le novità sociali.
La persistenza di un sistema morale dipende dalla sua capacità di fornire le norme di
comportamento anche in situazioni che non sono mai esistite. Quando tali situazioni
trascendono la capacità di un determinato modello morale, la credibilità e l'efficacia di
quest'ultimo vengono meno. La ragione non riesce dunque più a comprendere la nuova
realtà e le vecchie norme si rivelano insufficienti.
Nonostante ciò, l'ipotesi che vi siano tuttavia dei valori universali si fonda sulla
convinzione che esistano delle similarità tra i comportamenti umani, le quali
travalicano lo spazio, il tempo e la cultura.
A sostegno di questa ipotesi possiamo fare riferimento alle teorie del filosofo tedesco
Hans Jonas. Jonas ricorre al concetto di natura per annullare il dualismo
uomo/mondo e natura/spirito.
Il fondamento filosofico per la condotta umana è, per il filosofo, il rispetto per la vita
sulla terra. La tutela della vita costituisce la responsabilità di ogni uomo ed è ciò che
unisce gli esseri umani in un insieme universale. In base a questo orientamento,
l'inviolabilità della vita umana rappresenterebbe quindi uno di quei valori che possiamo
definire universali. Da questo valore possono essere derivati altri, quali ad esempio la
dignità dell'uomo.
Nell'intento di promuovere il benessere sociale in generale e nel tentativo di modificare
ì comportamenti dei diversi gruppi ai quali viene ascritto un determinato problema
sociale, il marketing assume chiaramente una responsabilità verso la società. Tale
responsabilità non attiene soltanto al conseguimento dei fini.
Riprendendo la definizione del marketing sociale, ricordiamo che, per il conseguimento
dei propri fini, esso si avvale delle tecniche del marketing. Il marketing sociale è
pertanto uno strumento potente: esso effettua delle ricerche per giungere ad una
conoscenza approfondita del target. Successivamente vengono messe in atto determinate
strategie concepite per modificare gli individui a seconda dei particolari fini perseguiti.
Allora, appare chiaro che l'impegno etico non possa essere solamente rimesso alle
"buone intenzioni" o alla coscienza morale degli operatori. È dunque necessario che il
marketing sociale tenda verso un'istituzionalizzazione delle procedure etiche, nella
realizzazione delle sue attività.
Occorre innanzi tutto che vi sia una formazione etica degli operatori del marketing
sociale per garantire lo sviluppo di quella coscienza etica menzionata precedentemente.
Si potrebbe organizzare un percorso formativo, avvalendosi della collaborazione con le
università.
Un altro aspetto essenziale è quello dello sviluppo e dell'istituzionalizzazione di codici
etici al livello organizzativo, i quali servono da punto di riferimento per i dipendenti e
per i dirigenti; il passo successivo consisterebbe nella costituzione di codici per tutto il
settore del marketing sociale. Inoltre, sarebbe particolarmente utile nominare un
responsabile dell'etica", all'interno dell'organizzazione: egli avrebbe il compito di
vigilare sulla condotta etica degli operatori.
3. Etica e finanza
a) La finanza etica
Il sistema finanziario è fortemente coinvolto in questo nuovo modo di "essere
impresa": il ruolo di intermediazione tra l'offerta e la domanda di denaro ha di per sé
un impatto significativo sulla società, in quanto funge da motore dell'economia e dello
sviluppo. Proprio per il fatto che le istituzioni finanziarie ricoprono questo delicato
ruolo di snodo per quasi tutti i percorsi di allocazione delle risorse, la loro attività
provoca significativi contraccolpi sulle dinamiche sociali di una comunità, per i propri
impatti diretti ed indiretti, e a seconda del grado di responsabilità / coinvolgimento con
cui viene svolta.
In questo contesto, per le imprese bancarie e finanziarie, i nuovi scenari che si
delineano rappresentano un'occasione per esercitare ed accreditare all'esterno il ruolo
di una classe dirigente responsabile dello sviluppo del Paese, uno sviluppo economico
sostenibile. Non c'è dubbio, infatti, che lo sviluppo sostenibile ha bisogno del supporto
dei mercati finanziari.
Variabili quali la crescita delle motivazioni del personale, la commercializzazione di
prodotti e servizi ad alto valore aggiunto ecologico e sociale, la riduzione della
conflittualità con gli attori, la gestione ottimale dei rischi di incidenti ambientali,
possono ragionevolmente incidere sulla curva dei costi e su quella dei ricavi e,
complessivamente, sulla reputazione dell'impresa. Queste variabili possono avere
impatto sul valore delle aziende e sul prezzo delle azioni sul mercato.
Questo scenario comporta che analisti finanziari, società di rating ed investitori
istituzionali richiedano sempre più frequentemente alle società quotate, tra cui le
banche, ulteriori informazioni, oltre alle scritture contabili tradizionali e agli indicatori
finanziari classici che sembrerebbero non essere più sufficienti, da sole, a descrivere la
situazione di un'impresa e le sue prospettive. Non a caso, l'integrazione di variabili
ambientali e sociali nell'analisi finanziaria figura nelle attività di specifiche agenzie e
società di rating ad hoc che compiono valutazioni complessive della responsabilità
sociale delle imprese, con un sistema di rating che permette la piena integrazione tra
l'analisi economico finanziaria e gli aspetti legati alle prestazioni ambientali e alla
responsabilità sociale, riportati negli strumenti di rendicontazione sociale e ambientale.
Certamente il rapporto esistente tra la gestione di variabili ambientali e sociali e le
performances aziendali è in continua evoluzione e dipende fortemente dall'attenzione
di investitori, risparmiatori e cittadini verso tali tematiche. Gli effetti di ciò si
ripercuotono sugli stessi mercati finanziari che "reagiscono" a notizie negative che
riguardano contenziosi particolarmente critici, relativi a questioni di
responsabilità sociale.
Nell'ambito complessivo della propria attività le banche hanno predisposto prodotti
di raccolta "ecologici" o etico-sociali. Sono ormai piuttosto comuni forme di raccolta
con cui il depositante, a seconda della tipologia di contratto, può rinunciare a parte
della remunerazione o della quota capitale depositata per destinarle a finanziare
progetti che rispettino determinati requisiti ambientali o sociali, o per farle investire in
prestiti o partecipazioni al capitale di iniziative etiche. La banca può contribuire, a sua
volta, ad alimentare queste risorse impegnandosi così, a fianco del cliente, a destinare
parte degli interessi ad organizzazioni che operano nel settore della tutela ambientale o
della solidarietà sociale. Alcune banche offrono prodotti assicurativi legati alle imprese
industriali che operano in settori eco-compatibili.
Tra i prodotti di impiego, sono stati predisposti strumenti di finanziamento per
specifiche categorie di imprese - ad esempio quelle ad alto valore ambientale e
impegnate in processi di certificazione ambientale - o cooperative e organizzazioni del
terzo settore. Tra le attività di impiego ed i relativi prodotti etici proposti dalle banche
figurano anche forme dirette ad agevolare l'inclusione finanziaria di alcune fasce più
deboli della popolazione: immigrati, soggetti a basso reddito. Peraltro, modifiche sociali
e demografiche intervenute nel contesto sociale attuale - come ad esempio
l'immigrazione, che rappresenta una dimensione ormai strutturale della nostra società hanno portato ad una domanda di accesso ai servizi finanziari e al credito sempre
più flessibile che richiede l'adeguamento dell'offerta bancaria con criteri innovativi
rispetto alle tradizionali categorie.
La gestione di questi aspetti impone alle imprese l'adozione di adeguati strumenti di
contabilizzazione e rappresentazione dei risultati ad un pubblico ampio di attori, dagli
azionisti ai dipendenti, dai consumatori alle comunità locali.
Codici etici, bilancio sociale ed ambientale, consultazione con gli stakeholders, rapporti
sulla corporate governance ed altre forme di accountability sono strumenti di
rendicontazione tramite cui l'impresa può fare conoscere, ai suoi molteplici
stakeholders, i valori e le attività da cui deriva ed in cui si esplicita la propria strategia di
responsabilità sociale.
Tali strumenti si stanno diffondendo rapidamente per soddisfare sia il bisogno
dell'impresa di comunicare i suoi tratti differenziali, sia l'esigenza di avere
informazioni da parte degli stakeholders. La diffusione dei codici etici negli ultimi
anni conferma come si stia diffondendo sempre più l'idea di responsabilità sociale.
Tramite il Codice Etico, l'azienda enuncia l'insieme dei diritti, dei doveri e delle
responsabilità che un'impresa assume nei confronti di tutti i suoi stakeholders e che si
impegna pubblicamente a rispettare. I contenuti, condivisi dall'alta direzione e da tutti i
collaboratori dell'impresa, si traducono poi nelle attività censite dal bilancio sociale ed
ambientale, lo strumento contabile che fornisce un quadro organico delle interrelazioni
dirette ira l'impresa, l'ambiente e la comunità.
In questo contesto, l'impegno delle aziende va nella direzione di far sì che la credibilità,
la trasparenza, la conformità delle informazioni e dei dati alla reale situazione
dell'impresa siano osservabili e verificabili esternamente da tutti i propri interlocutori.
La sfida per le imprese è rappresentata dalla tensione ad esprimere un approccio
globale, in un tentativo di sintesi che integri le dimensioni economica, ambientale e
sociale. Molte aziende, infatti, presentano i bilanci sociali insieme al bilancio
d'esercizio, come due facce complementari della stessa medaglia.
Questi strumenti sono volontari e non potrebbero essere altrimenti, come è volontario,
per definizione, il modello della responsabilità sociale che le origina. Anzi, direi proprio
che in questo risiede anche un suo valore aggiunto: nel fatto che l'impresa decida, in
maniera autonoma e responsabile, di muoversi in questo senso.
b) La banca etica
Anche la Borsa è diventata solidale, ha aperto le porte all'etica e ha creato dei criteri
per la valutazione di un'impresa etica.
"Rispetto dell'ambiente, attenzione ai diritti umani e ai consumatori, sviluppo non solo
all'insegna dei profitti. Arriva anche in Europa l'indice sulla sostenibilità delle imprese,
sul modello del Dow Jones Sustainability, lanciato nel 1994 e diventato uno dei
parametri finanziari più importanti a livello mondiale, che oggi conta oltre 200 società
quotate in rappresentanza di 73 gruppi industriali di 33 Paesi. Il 10 luglio, a Londra, la
Financial Times Stock Exchange pubblicherà quattro nuovi indici della sostenibilità.
[…] Dai nuovi indici saranno escluse in partenza le aziende che producono tabacco,
sistemi di armi e gestiscono e distribuiscono energia da impianti nucleari. Le altre
società, già quotate nelle Borse di tutto il mondo, potranno accedere ai nuovi indici sulla
sostenibilità solo se rispetteranno una serie di obiettivi strategici e standard
internazionali, dal rispetto dei diritti umani all'ambiente, dalla trasparenza alla
collaborazione con enti e organismi di controllo indipendenti."
(Di Stefano, 2001)
L'INDICE FTSE “4GOOD”: IL MERCATO ETICO
I SETTORI ESCLUSI
Tabacco
Armamenti
Produzione e gestione di centrali nucleari
I CRITERI DI AMMMISSIONE
- Consapevolezza / Conoscenza dell'impatto dell'azienda sull'ambiente e la società
- Strategie Stabilire obiettivi e parametri per migliorare le performances ambientali e
sociali
- Management
Procedure e strutture per assicurare un'effettiva attuazione delle strategie
- Monitoraggio Le aziende devono costantemente monitorare le loro performances
- Reporting Le attività nel campo della responsabilità sociale deve essere verificata da
organismi terzi indipendenti
- Consultazioni Periodicamente le imprese devono consultare gli azionisti chiave sulle
loro strategie.
c) Il valore d'impresa
'Il concetto di valore può essere riassunto assumendo una duplice ottica: da un lato
rappresenta un obiettivo fondamentale dell'impresa, raggiungibile attraverso la
definizione congiunta di una serie di obiettivi funzionali di gestione e misurabile sotto
l'aspetto economico con una ragionevole approssimazione.
Dall'altro è una grandezza capace di esprimere la performance aziendale complessiva
come sintesi dei risultati raggiunti rispetto alle diverse aree di attività: economica,
patrimoniale e finanziaria, competitiva, sociale. Per questo motivo l'orientamento al
valore mette d'accordo tutti, operatori e teorici, e riunisce in un solo principio le finalità
gestionali di qualsiasi modello di impresa esaltandone le capacità c/o evidenziandone i
punti deboli.
Il valore dell'impresa è contemporaneamente formato da valore economico, da
valore competitivo, differenziale rispetto ai concorrenti, e da valore sociale, cioè
dal contributo dell'impresa al benessere e allo sviluppo della collettività che si
raggiunge espletando correttamente la funzione di istituto economico-sociale che
gli è propria.
Tale funzione si individua da un lato nella capacità di rispondere adeguatamente ai
bisogni dell'uomo attraverso la produzione di beni e servizi, dall'altro nella piena
soddisfazione delle aspettative di tutti i soggetti coinvolti e interessati alla vita
dell'impresa.
In altre parole, la prosperità economica dell'impresa non può più prescindere dalla
soddisfazione personale degli interlocutori dell'impresa.
Tipicamente le aspettative degli interlocutori sociali non sono soltanto di tipo
economico (ricevere una remunerazione adeguata al soddisfacimento dei primari
bisogni) ma anche e soprattutto di tipo personale (essere soddisfatti, avere la
possibilità di crescere, essere motivati).
La crescente attenzione riposta oggi alla dimensione sociale, cioè al necessario consenso
che l'impresa deve ottenere dai suoi differenti pubblici, che è una condizione necessaria
alla base di tutte le attività dell'impresa stessa, è un segnale di come l'attenzione si sia
progressivamente estesa anche a quelle categorie di soggetti più deboli non necessari
all'adempimento della semplice combinazione economica (produzione e distribuzione).
Questi soggetti (amministrazioni pubbliche, governi, società, ambiente, generazioni
future, ecc.) non sono meno importanti nel processo di creazione del valore del
management, dei lavoratori, degli azionisti e di tutti coloro che partecipano strettamente
al ciclo di produzione, vendita e distribuzione dell'impresa."
(Lanza S., Calcaterra M., Perrini F., Etica, Finanza e Valore di impresa, Milano, Egea
2001:197-198)
Purtroppo una serie di scandali finanziari, che hanno coinvolto l'America e l'Europa,
l'ultimo e clamoroso ha riguardato il nostro Paese con il crack della Parmalat, hanno
messo in luce l'oscuro mondo sotterraneo e immorale della finanza internazionale. Dallo
scandalo Enron in poi, il mondo è divenuto più disincantato, milioni di piccoli
risparmiatori più impoveriti e sfiduciati, l'economia fortemente inquinata e "macchiata".
La stampa mondiale quando scrive su borsa e finanza non fa altro che evidenziare un
sistema globale corrotto che va modificato con soluzioni rapide ed efficaci. Ma il
ripetersi a catena di bolle speculative, crack finanziari e falsi in bilancio, non
depone a favore di svolte e cambiamenti. Il marciume rimane come humus e forma
mentis. E questo avviene proprio nel momento di maggiore sviluppo delle CSR: sembra
essere una stridente contrapposizione nella cultura d'impresa contemporanea.
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