PREPARAZIONE DEL COMPOSTO YBa2Cu3O7 E DIMOSTRAZIONE DELLE SUE PROPRIETA’ DI SUPERCONDUTTIVITA’ L’esperienza consiste nella preparazione e nella dimostrazione delle proprietà di superconduttività del composto YBa2Cu3O7. Il nome corretto del composto è cuprato di ittrio e bario, ma comunemente esso è indicato dai ricercatori con l’abbreviazione “YBCO”. Il grande interesse suscitato da questo materiale deriva dal fatto che esso diventa un superconduttore, ossia un materiale che conduce la corrente elettrica con resistenza nulla. I superconduttori sono utilizzati nella costruzione di magneti potenti e potranno forse essere usati per trasportare l’energia elettrica a lunga distanza con un’efficienza del 100%. Vedremo in seguito quante potrebbero essere le ulteriori applicazioni dei materiali superconduttori alla tecnologia. La maggior parte dei solidi che diventano superconduttori sono tuttavia di utilità limitata, perché acquistano tale proprietà ad una temperatura molto bassa (solitamente sotto i 25 K). L’ YBa2Cu3O, al contrario, diventa superconduttore a 92 K (e per questo motivo è detto un superconduttore ad alta temperatura, anche se il termine “alta” è assolutamente relativo…) e proprio questa caratteristica lo rende particolarmente interessante dal punto di vista delle applicazioni tecnologiche. Nelle pagine che seguono troverai - una panoramica su che cosa sono i materiali superconduttori, sulla loro storia e sulle possibili applicazioni tecnologiche; - una descrizione della struttura del composto YBa2Cu3O7 e del metodo utilizzato in laboratorio per sintetizzarlo; - le indicazioni su come effettuare, nei laboratori dell’università, la verifica della levitazione magnetica. INDICE I SUPERCONDUTTORI - La corrente elettrica - La dipendenza della resistività dalla temperatura - La scoperta della superconduttività - Un po’ di storia della superconduttività - L’effetto Meissner e la levitazione magnetica - La teoria della superconduttività - Le possibili applicazioni dei superconduttori IL SUPERCONDUTTORE YBa2Cu3O7 - La struttura cristallina del composto - La preparazione del composto - La verifica dell’effetto Meissner in laboratorio I SUPERCONDUTTORI La corrente elettrica Un flusso di cariche elettriche che si muovono è quello che chiamiamo corrente elettrica. Spesso la carica elettrica è trasportata da elettroni che si muovono in un filo metallico. Se una quantità di carica Q attraversa una certa sezione del filo in un tempo t , si definisce intensità di corrente elettrica i il rapporto tra queste due grandezze: i= Q t Nel Sistema internazionale la carica Q si misura in Coulomb (simbolo C ), l’intensità di corrente i in Ampere (simbolo A ). I circuiti elettrici sono percorsi chiusi che le cariche elettriche compiono, talvolta scorrendo sempre nello stesso verso (circuiti in corrente continua), talvolta invertendo periodicamente la propria direzione (circuiti in corrente alternata). Sebbene gli elettroni nei metalli siano liberi di muoversi, essi normalmente non scorrono tutti nella stessa direzione in un filo metallico, a meno che questo non sia collegato a una sorgente di energia elettrica, come una batteria. Quest’ultima infatti, inserita in un circuito elettrico, utilizza delle reazioni chimiche per produrre una differenza di potenziale ai suoi estremi (detti terminali, o poli), differenza che consente agli elettroni di muoversi in un cammino chiuso da un terminale all’altro. Nel loro percorso lungo il circuito elettrico gli elettroni incontrano una resistenza al movimento, proprio come un oggetto che striscia sul pavimento è rallentato dalla forza di attrito. Per far sì che gli elettroni si muovano contro la resistenza del filo, è necessario applicare ai suoi estremi la differenza di potenziale appena descritta. Tale grandezza, generalmente indicata con V , si misura nel S.I. in Volt (simbolo V ). Per un filo con una resistenza costante (il che non è scontato), resistenza che indicheremo con R , la differenza di potenziale V necessaria per ottenere una corrente i è data, secondo la Legge di Ohm (fisico tedesco, 1787-1854) da V = Ri La resistenza elettrica R si misura nel S.I. in Ohm (simbolo Ω ). La Legge di Ohm non è una legge di natura, ma una relazione empirica che ben rappresenta il comportamento di quei materiali, per questo detti ohmici, che mostrano una relazione lineare tra la differenza di potenziale V agli estremi e l’intensità di corrente i che circola in essi. Nei materiali non ohmici tra V ed i intercorrono relazioni più complesse. La dipendenza della resistività dalla temperatura Supponiamo di avere un pezzo di filo di lunghezza L e con una sezione di area A . La resistenza di questo filo dipende dal materiale di cui è fatto. Per esempio, se fosse di rame, la sua resistenza sarebbe minore di quella che avrebbe se fosse di ferro. La grandezza che caratterizza la resistenza di un dato materiale è la sua resistività o resistenza specifica ρ . Per un filo di date dimensioni, maggiore è la resistività, maggiore è la resistenza. La resistenza di un filo dipende anche dalla sua lunghezza L e dall’area A della sua sezione, analogamente a quanto avviene per l’acqua che scorre in una canna: se la canna è molto lunga, la resistenza che presenta al passaggio dell’acqua sarà alta, mentre una canna più larga, cioè con una sezione di area maggiore, offrirà minore resistenza all’acqua. Combinando queste osservazioni, possiamo definire la resistenza di un filo di lunghezza L , sezione di area A e resistività ρ nel seguente modo: R = ρ L A Poiché l’unità di misura di L è il metro e quella di A il m2, ne segue che l’unità di misura della resistività è Ω m . Nella tabella che segue ci sono i valori della resistività ρ di alcuni materiali conduttori. Sappiamo, per l’esperienza quotidiana, che un filo nel quale scorre una corrente elettrica può diventare caldo, anche molto caldo, come nel caso di un fornello elettrico oppure del filamento di una lampadina. Questa è una conseguenza del fatto che gli elettroni urtano gli atomi del filo nel loro moto lungo il circuito. Queste collisioni fanno sì che gli atomi vibrino con una maggiore energia cinetica intorno alla loro posizione di equilibrio. Di conseguenza, la temperatura del filo aumenta. Se un filo si scalda, la sua resistenza tende ad aumentare. Ciò avviene perché gli atomi che vibrano più rapidamente hanno una maggiore probabilità di urtare gli elettroni e rallentare il loro cammino lungo il filo. Molti metalli mostrano un aumento approssimativamente lineare di ρ su un vasto intervallo di temperature. Diversamente dai metalli, alcuni materiali, detti semiconduttori (il silicio, il germanio, oppure composti come arseniuro di gallio (GaAs) o fosfuro di indio (InP)), mostrano una diminuzione della resistività all’aumentare della temperatura. Ciò avviene perché l’aumento di temperatura rende più probabile che un elettrone si stacchi da un atomo diventando un elettrone libero, in grado di partecipare alla conduzione elettrica. Questo fenomeno avviene solo nei semiconduttori (che a temperatura ambiente sono sostanzialmente degli isolanti) perché nei conduttori normali, ossia nei metalli, tutti gli elettroni che possono partecipare alla conduzione sono già liberi, anche a basse temperature. La resistività, quindi, normalmente aumenta all’aumentare della temperatura e diminuisce al diminuire della temperatura: se un filo viene raffreddato al di sotto della temperatura ambiente la sua resistività diminuirà. Un grafico dell’andamento della resistività ρ in funzione della temperatura T è riportato di seguito. Va detto che la resistenza al passaggio della corrente elettrica non è causata unicamente dagli urti degli elettroni con gli atomi del reticolo cristallino. La resistenza è infatti anche dovuta ai difetti reticolari, quali possono essere la presenza di atomiimpurezze in posizioni anomale, lo spostamento di atomi del reticolo in posizioni diverse da quelle che normalmente occupano, l’assenza di atomi in alcuni siti. Quando un metallo viene raffreddato, come si è detto, gli atomi del reticolo vibrano meno e causano meno urti con gli elettroni di conduzione, facendo diminuire la resistenza elettrica. Tuttavia la resistenza non diventa nulla, ma esiste una resistenza residua anche alle temperature più basse raggiungibili. A tali temperature gli urti avvengono unicamente con i difetti reticolari. La scoperta della superconduttività Nel 1911 il fisico olandese Kammerlingh Onness, che stava studiando la resistenza elettrica dei metalli a bassissime temperature, fece una scoperta sorprendente: alla temperatura di circa 4 K (ossia - 269°C) la resistività (e di conseguenza la resistenza) del mercurio scende improvvisamente a zero (non a un valore molto piccolo, ma proprio a zero!), e rimane tale a temperature inferiori ai 4K, come si vede dal grafico che segue. Il mercurio non è l’unico metallo in grado di non opporre resistenza al passaggio di una corrente elettrica: molti altri elementi metallici mostrano questo stesso fenomeno al di sotto di una certa temperatura (detta temperatura critica) variabile da metallo a metallo, ma sempre dell’ordine di pochi gradi Kelvin. Questa nuova proprietà elettrica divenne distintiva di quello che può essere definito un nuovo stato di aggregazione della materia: lo stato superconduttore. Una corrente elettrica “lanciata” in un anello superconduttore dovrebbe circolare indefinitamente senza alcuna perdita, data l’assenza di qualsiasi resistenza elettrica. Si è effettivamente constatato che correnti di questo tipo si sono mantenute invariate per diversi anni. Un po’ di storia della superconduttività Circa vent’anni dopo la scoperta di Kammerlingh Onness, nel 1933, i fisici Meissner e Ochsenfeld portarono alla luce un’altra caratteristica sorprendente dei materiali superconduttori: questi materiali non permettono ad un campo magnetico, per quanto elevato, di penetrare al loro interno (effetto Meissner). Per una spiegazione più dettagliata del fenomeno, e delle sue spettacolari conseguenze che vedremo in laboratorio, si rimanda al paragrafo “L’effetto Meissner e la levitazione magnetica”. Le due caratteristiche della superconduttività, ossia l’assenza di resistenza al passaggio di corrente e il comportamento magnetico che vedremo in seguito, furono da subito ritenute di notevole importanza per le possibili applicazioni tecnologiche che facevano presagire, ma c’erano due grandi ostacoli per l’impiego di tali materiali. Il primo era costituito dalle bassissime temperature alle quali i materiali diventavano superconduttori. Kammerlingh Onness aveva raffreddato il mercurio utilizzando elio liquido, il cui punto di ebollizione (ossia la temperatura a cui avviene il passaggio tra stato gassoso e stato liquido) è, alla pressione atmosferica, circa - 267°C . Mantenere un superconduttore alla temperatura dell’elio liquido è però piuttosto difficile (richiede apparecchiature sofisticate) oltre che costoso. Il secondo problema consisteva nel fatto che lo stato di superconduttività di questi elementi metallici veniva facilmente distrutto applicando campi magnetici esterni, anche modesti, o correnti elettriche, cose che ne rendevano impraticabile l’uso in dispositivi elettromagnetici. I superconduttori sono infatti classificati, oltre che in base alla temperatura critica, anche in base alla loro corrente critica e al loro campo magnetico critico. I due problemi incentivarono la ricerca di nuovi materiali che diventassero superconduttori a temperature maggiori e che mantenessero le loro proprietà anche in presenza di campi magnetici e di correnti elettriche. In particolare si sperava di raggiungere la superconduttività a 77 K ( - 196°C), la temperatura di ebollizione dell’azoto liquido, facilmente reperibile e maneggiabile (questo elemento è il componente più abbondante dell’aria) e poco costoso (a parità di peso, costa 100 volte meno dell’elio liquido). Furono scoperti altri metalli e leghe metalliche la cui temperatura critica si aggirava intorno ai 18 K ( - 255°C), e nel 1973 fu scoperto un materiale (Nb3Ge) con temperatura critica di 23 K . Due scienziati dell’IBM di Zurigo, Bednorz e Mueller, scoprirono nel 1986, e presero il premio Nobel nel 1987 per questa scoperta, un ossido di lantanio, bario e rame che diventava superconduttore a 30 K : la temperatura era ancora bassissima, ma il materiale era del tutto nuovo, e aprì la strada ad una nuova classe di superconduttori, le cosiddette leghe ceramiche. Tali leghe contengono elementi della serie delle terre rare, e si ottengono macinando insieme composti di elementi metallici e riscaldando il miscuglio ad alta temperatura. Nella frenetica ricerca di nuovi superconduttori, con temperature critiche “alte”, si inserisce la storia, davvero romanzesca, del ricercatore Paul Chu dell’Università di Houston, nel Texas. Nel dicembre del 1986 Chu trovò l’asso nella manica: un materiale composto da ittrio, bario, rame e ossigeno (il nostro YBa2Cu3O7) che superconduceva a 92 K. La temperatura era superiore a quella dell’azoto liquido, che si usa normalmente in tutti i laboratori di ricerca per esperimenti a bassa temperatura. Chu si trovò di fronte al dilemma di fare o meno circolare le notizie sulla composizione del nuovo materiale, senza fornire ad altre persone vantaggi, anche di poche settimane, nella realizzazione di possibili applicazioni industriali. Quindi adottò una precauzione che fece discutere a lungo. Nel suo articolo, che venne pubblicato, sostituì in tutte le formule il simbolo dell’ittrio (Y) con quello dell’itterbio (Yb), e alterò il coefficiente numerico dell’ittrio, che è 1 , con un 4 , lasciando aperta l’ipotesi di un errore tipografico. Naturalmente, dopo un tempo opportuno, “corresse” l’errore. Dopo questa importantissima scoperta, in breve tempo furono sintetizzati altri composti superconduttori con temperature critiche dell’ordine dei 100 K. Più recentemente si è ipotizzato che certi composti a base di ossidi di rame potrebbero diventare superconduttori a temperatura ambiente o anche a temperature maggiori, cosa che è in fase di studio nei laboratori di ricerca. L’effetto Meissner e la levitazione magnetica Per capire in che cosa consiste l’effetto Meissner, è necessario dire due parole sull’elettromagnetismo. Fino al 1820 i fenomeni elettrici e i fenomeni magnetici erano considerati fenomeni fisici del tutto separati, ma in quella data il fisico danese Oersted osservò un’importante connessione tra i due: egli scoprì che una corrente elettrica genera un campo magnetico. I magneti superconduttori sono basati su questo principio: un campo magnetico indotto facendo circolare la corrente attraverso anelli superconduttori persisterà all’infinito, visto che la corrente in tali materiali non incontra resistenza. Nel 1831 Faraday in Inghilterra ed Henry negli Stati Uniti scoprirono la famosa legge dell’induzione elettromagnetica: un campo magnetico è in grado di indurre, cioè di originare, in opportune condizioni, una corrente elettrica. Un caso di induzione si verifica, ad esempio, quando il magnete che genera il campo si muove. La connessione tra fenomeni elettrici e magnetici è ben visibile in un esperimento di levitazione magnetica. Se disponiamo di un pezzetto (il nostro avrà la forma di una pastiglia) di materiale superconduttore, opportunamente raffreddato, e avviciniamo ad esso un piccolo magnetino, vedremo che il magnetino rimane sospeso nell’aria, quasi magicamente, nella posizione in cui lo abbandoniamo. Il piccolo magnete mantiene questa posizione per tutto il tempo durante il quale la pastiglia mantiene le sue proprietà di superconduttore. Quando essa si raffredda, il magnete cade. L’elettromagnetismo ci aiuta a capire quanto avviene: durante l’avvicinamento del magnetino alla pastiglia, esso induce una corrente sulla superficie della pastiglia superconduttrice. Poiché un superconduttore non presenta resistenza, questa corrente rimane anche dopo che il magnetino ha smesso di muoversi: è una cosiddetta supercorrente. La supercorrente produce a sua volta un campo magnetico. Questo campo magnetico indotto ha l’intensità e la geometria tali da cancellare completamente gli effetti del campo magnetico prodotto dal magnetino all’interno del superconduttore. Per questo motivo diciamo che l’interno del superconduttore è perfettamente diamagnetico (il diamagnetismo è uno dei possibili comportamenti magnetici della materia, accanto al paramagnetismo e al ferromagnetismo). All’esterno del superconduttore, invece, i due campi magnetici, ossia quello causato dal magnetino e il campo indotto dal superconduttore, si respingono l’un l’altro, proprio come fanno i due poli nord (o i due poli sud) di una calamita. L’effetto risultante è che il magnete rimane sospeso, ossia levita, in una posizione tale per cui la forza gravitazionale diretta verso il basso è equilibrata dalla forza magnetica repulsiva verso l’alto. Per questa sua capacità di “rispondere elettromagneticamente” ai movimenti del magnete, il superconduttore può essere visto come una specie di specchio magnetico. La teoria della superconduttività La superconduttività impegnò i fisici teorici per molti anni, dopo la sua scoperta. Solo nel 1957, quindi quasi cinquant’anni dopo la scoperta di Kammerlingh Onness, fu proposta una teoria soddisfacente, detta teoria BCS, dalle iniziali dei cognomi dei suoi scopritori, i fisici americani Bardeen, Cooper e Schrieffer. Va detto che questa teoria dà una spiegazione soddisfacente di tutte le proprietà dei superconduttori tradizionali, cioè a bassa temperatura, mentre non è applicabile (o lo è parzialmente) ai superconduttori ceramici di nuova generazione. Vedremo solo a grandi linee il modello proposto dalla teoria BCS. Esso si basa sull’esistenza di un legame tra due elettroni, che attratti l’uno dall’altro formano quella che si definisce una coppia di Cooper. La nostra intuizione ci porterebbe a pensare che gli elettroni si respingono e non si attraggono, visto che sono entrambi carichi negativamente, ma l’interazione tra i due elettroni è in qualche modo mediata dalla presenza degli ioni reticolari carichi positivamente (per aver perso i loro elettroni più esterni, che si muovono liberamente nel materiale). Potremmo dire che la coppia è legata dalla mutua attrazione di ciascun elettrone con gli ioni positivi del reticolo. Quando gli elettroni sono accoppiati in questo modo, gli urti, che pure avvengono, non forniscono il trasferimento di energia tra elettroni e reticolo cristallino che produce la resistenza elettrica in un conduttore normale. Il coordinamento tra i due elettroni della coppia, in un certo senso li immunizza dal pericolo di incontrare resistenza elettrica. Il legame tra gli elettroni della coppia può essere distrutto se si fornisce agli elettroni stessi un’energia sufficiente. Il valore della temperatura critica è legato proprio a questa energia: quando un superconduttore viene riscaldato, il numero di coppie di Cooper diminuisce sensibilmente a mano a mano che ci si avvicina alla temperatura critica, superata la quale le proprietà di superconduttività si perdono del tutto. La temperatura non è il solo parametro in grado di influenzare la formazione delle coppie di Cooper. Abbiamo già visto come l’applicazione di un campo magnetico induce la formazione di una corrente sulla superficie del superconduttore. Se questo campo magnetico, e la corrispondente corrente, sono sufficientemente elevati, essi possono impartire una tale energia al superconduttore tale da dissociare gli elettroni delle coppie di Cooper e quindi da distruggere la superconduttività. Come si è già detto, molte applicazioni potenziali dei superconduttori sono precluse dai valori del campo magnetico critico (e della corrispondente corrente critica), raggiungendo i quali avviene la conversione da materiale superconduttore a materiale normale. In figura si vede come varia Tc (temperatura critica) in funzione di Hc (campo magnetico critico) per un superconduttore tipico, di vecchia generazione. All’aumentare del campo magnetico, i valori della temperatura critica diminuiscono. Va detto che la teoria della superconduttività è tuttora oggetto di studi, sia teorici che sperimentali. Le possibili applicazioni dei superconduttori Esistono molte interessanti applicazioni dei superconduttori. Una è costituita dai magneti superconduttori. La forza di un elettromagnete dipende infatti dall’intensità della corrente che circola nell’avvolgimento del magnete stesso. Visto che non c’è resistenza elettrica, si possono far circolare negli avvolgimenti correnti molto più intense, senza perdite di energia. I magneti superconduttori sono già impiegati in alcuni campi: la tecnica della risonanza magnetica, sempre più usata in medicina, utilizza gli intensi campi magnetici prodotti dai materiali superconduttori, ed anche gli acceleratori di particelle utilizzati nella fisica delle alte energie utilizzano magneti superconduttori. Magneti superconduttori raffreddati con elio liquido sono stati utilizzati anche in alcuni motori navali. Usati nei motori elettrici, gli elettromagneti superconduttori potrebbero fornire potenze molto maggiori. Un’altra applicazione dei superconduttori potrebbe essere costituita da cavi di trasmissione elettrica sotterranei privi delle perdite di energia dovute alla resistenza elettrica. Al momento, però, tra i molti problemi tecnologici non ancora risolti c’è quello di ottenere cavi a partire dai materiali ceramici, che in genere sono rigidi e fragili. Un campo in cui molto probabilmente i superconduttori troveranno applicazione è quello dell’elettronica: l’uso di superconduttori ceramici permetterebbe infatti di condensare notevolmente i chip dei computer, e questo si tradurrebbe in un grande aumento della velocità di trasmissione delle informazioni. Elettromagneti superconduttori potrebbero essere usati per tenere sollevati dalle rotaie e fornire propulsione a treni e ad altri mezzi di trasporto. In Giappone è già stato costruito un prototipo di treno a levitazione. Grazie all’effetto Meissner, lavorando un po’ anche con la fantasia si potrebbe pensare ad una serie di strategie ingegneristiche per il trasporto: la spiritosa figura che vedi riporta delle automobili magnetiche che viaggiano su un’autostrada superconduttrice… Una volta avviato il veicolo, per sostenere il suo moto basterebbe pochissima energia, anche se bisognerebbe studiare a fondo il problema della partenza, della fermata e dei cambi di direzione… Se vogliamo continuare con questo gioco, si potrebbe pensare a servizi di vario tipo, che utilizzano la levitazione: piste di pattinaggio che permetterebbero alle persone di volare letteralmente in aria, sevizi di trasporto di oggetti pesanti molto meno complicati e costosi di quelli esistenti, e così via. IL SUPERCONDUTTORE YBa2Cu3O7 La struttura cristallina del composto I solidi si presentano in genere come cristalli, cioè come corpi con una struttura geometrica che riflette la distribuzione spaziale ordinata delle particelle costituenti. In base al tipo di legame tra le unità strutturali costituenti, i solidi cristallini si possono classificare in solidi covalenti (come il diamante o il quarzo), nei quali gli atomi sono uniti attraverso legami covalenti, in solidi ionici (il cloruro di sodio, per esempio), che presentano un reticolo cristallino costituito dalla disposizione ordinata di ioni positivi e negativi, in solidi metallici (il ferro, il rame, l’argento), nei quali la disposizione ordinata degli ioni metallici è circondata dalla nube di elettroni responsabili dell’elevata conducibilità elettrica, e in solidi molecolari (lo zucchero), che presentano un reticolo cristallino costituito da molecole tenute insieme da legami deboli, come le forze di Van der Waals. La struttura cristallina del composto YBa2Cu3O7 è quella che si definisce una “defect perovskite”. Con questo si intende dire che gli atomi metallici e gli atomi di ossigeno sono disposti come quelli del minerale “perovskite” (CaTiO3), fatta eccezione per alcuni atomi mancanti. Nella chimica dello stato solido è piuttosto comune descrivere la struttura di un composto facendo riferimento ad un altro composto più famoso. Ad esempio, per i composti ionici con un rapporto 1 : 1 tra anioni e cationi si parla di “struttura NaCl”. La struttura dei solidi viene descritta a partire dalla loro cella elementare, intendendo con ciò la più piccola parte di reticolo cristallino che ripetuta genera l’intero solido. La cella elementare ha la forma di un parallelepipedo, ed è definita quando sono note le lunghezze dei tre spigoli a , b , c e le ampiezze dei tre angoli α , β , γ . La perovskite ha una cella elementare con i tre spigoli della stessa lunghezza (a = b = c ) e i tre angoli retti (α = β = γ = 90°). Essa ha pertanto una forma cubica. Gli atomi di Ti si trovano sui vertici del cubo e gli atomi di ossigeno sono situati lungo ciascuno dei dodici spigoli. Gli ioni calcio si trovano al centro del cubo, e sono quindi circondati da dodici atomi di ossigeno. Volendo generalizzare questo tipo di struttura, diciamo che gli atomi di calcio occupano i siti A e gli atomi di titanio i siti B. I solidi con la struttura della perovskite sono caratterizzati da questo tipo di arrangiamento (talvolta con alcune variazioni), ed hanno la formula generale ABO3 (NaNbO3, LaAlO3, ecc.). Poiché gli atomi posti nei siti A hanno un numero di coordinazione (ossia un numero di legami con gli atomi vicini) più elevato di quello degli atomi posti nei siti B, generalmente il più grande tra i due atomi metallici occupa il sito A. L’ YBa2Cu3O7 ha una struttura leggermente più complessa. Innanzitutto, i siti B sono occupati da due tipi di atomi, il bario e l’ittrio, mentre gli atomi di rame occupano i siti A. In secondo luogo, a differenza della perovskite, il rapporto A / B / O non è del tipo 1 : 1 : 3 , ma alcuni atomi di ossigeno non ci sono. La formula non è più del tipo ABO3, ma diventa del tipo A3B3O7. Come dovrebbe risultare chiaro dalla figura seguente, la mancanza di alcuni atomi di ossigeno determina un numero di coordinazione pari a 8 per gli atomi di ittrio, pari a 10 per gli atomi di bario, leggermente più grandi, e pari a 4 o a 5 per gli atomi di rame. Pertanto la cella elementare dell’ YBa2Cu3O7 non è cubica, come quella della perovskite, ma ha spigoli di diversa lunghezza (a ≠ b ≠ c), anche se gli angoli α , β , γ sono ancora di 90°. Questo tipo di cella elementare è detta ortorombica. La preparazione del composto La preparazione del composto avviene a partire dai componenti solidi, che sono i seguenti: - ossido di ittrio (Y2O3); - ossido di rame (CuO); - carbonato di bario (BaCO3). Uno dei vantaggi di questo tipo di sintesi allo stato solido è che con esse si ottengono prodotti caratterizzati da alti livelli di purezza, senza bisogno di trattamenti successivi di “purificazione”. Le reazioni allo stato solido procedono però molto lentamente alle temperature normali, in quanto gli atomi non diffondono rapidamente nei cristalli (questo problema non esiste nelle sintesi in soluzione, data l’alta mobilità dei soluti nei solventi). Queste basse velocità di diffusione degli atomi nei solidi possono essere aumentate riscaldando opportunamente il solido. La sintesi dell’YBCO richiede diverse ore, come vedremo, a una temperatura superiore ai 900°C , una temperatura tipica di molte altre sintesi inorganiche allo stato solido. L’impiego di queste alte temperature richiede attrezzature adeguate. Viene utilizzata una muffola, sostanzialmente un forno, costituito da un tubo ceramico circondato da spire metalliche per il riscaldamento. Va detto che non è importante solo la temperatura, ma anche la maggiore o la minore rapidità con cui avviene il riscaldamento stesso (o il raffreddamento), aspetti che possono influenzare la purezza dei prodotti della reazione. E’ inoltre molto importante utilizzare un recipiente opportuno, per problemi di compatibilità chimica con le pareti del reattore. Materiali considerati non reattivi a temperatura ambiente possono infatti diventare molto reattivi a temperatura così elevata. Noi utilizzeremo un crogiolo di porcellana. Talvolta vengono utilizzati crogioli di platino, molto più costosi. I solidi caratterizzati dalla formula YBa2Cu3Ox sono stabili per diversi valori stechiometrici dell’ossigeno: x può infatti variare da 6 a 7. Alle alte temperature di cui si è parlato e in assenza di ossigeno, si formerebbe un solido con x = 6,5. E’ invece necessario ottenere un materiale con x = 7, in quanto soltanto questo valore di x garantisce la superconduttività a 92 K. Il valore di x influenza infatti fortemente le proprietà del materiale, inclusa la temperatura di transizione. Per garantire la corretta stechiometria dell’ossigeno è necessario, come vedremo, lasciar raffreddare lentamente il campione in una atmosfera di ossigeno. Andiamo a descrivere le fasi di lavoro in laboratorio: FASE 1 Si pesano: - 0,750 g di ossido di ittrio (Y2O3); - 2,622 g di carbonato di bario (BaCO3); - 1,581 g di ossido di rame (CuO). In questo modo risulterà Y : Ba : Cu = 1 : 2 : 3 . FASE 2 Si pestano in un mortaio i tre componenti, avendo cura di continuare a macinare per circa venti minuti. Un mescolamento non buono non porta ad una composizione uniforme del composto. FASE 3 Si trasferisce la polvere così ottenuta nel crogiolo di porcellana, che va posto nella muffola a 930°C per circa dodici ore. FASE 4 Si fa raffreddare lentamente la fornace e si estrae il campione quando la temperatura è minore o uguale a 100°C. Il lento raffreddamento garantisce che il campione adsorba un corretto contenuto di ossigeno. Le reazioni in gioco sono le seguenti: 1 Y2 O 3 + 2 BaCO 3 + 3 CuO → YBa 2 Cu3 O 6.5 + 2 CO 2 2 YBa 2 Cu3 O 6.5 + 1 O 2 → YBa 2 Cu3 O 7 4 Se i rapporti tra i reagenti non sono corretti o se i reagenti non sono stati mescolati bene, si ottiene generalmente un prodotto impuro che contiene quantità variabili di fasi non superconduttrici come BaCuO2 e Y2BaCuO5. La verifica dell’effetto Meissner L’effetto Meissner, descritto sopra, si può facilmente verificare immergendo il crogiolo contenente la pastiglia superconduttrice in una vaschetta di polistirolo contenente azoto liquido. Una volta che il campione è freddo si può avvicinare delicatamente un piccolo magnete che a questo punto levita al di sopra della superficie. L’effetto dura fino a quando la pastiglia perde le proprietà di superconduttività, riscaldandosi a contatto con l’aria.