GLI ARCHIVI DELLE DONNE editoriale

GLI ARCHIVI
DELLE DONNE
1814-1859
Repertorio delle fonti femminili
negli archivi milanesi
a cura di Maria Canella e Paola Zocchi
Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2012
Il progetto Archivi delle donne è promosso
da Dipartimento di Studi storici
dell’Università degli Studi di Milano
con il patrocinio di
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Ministero per le Pari Opportunità
Comitato di Milano dell’Istituto per la Storia
del Risorgimento Italiano
con il contributo di
Regione Lombardia
Provincia di Milano
Comune di Milano
Fondazione Cariplo
Istituto Lombardo di Storia Contemporanea
Centro di Studi per la Storia dell’Editoria
e del Giornalismo
in collaborazione con
Soprintendenza Archivistica per la Lombardia
SCHEDE A CURA DI: Sara Adamo, Maria Amodio, Antonella Bianchi, Paola Bianchi, Eleonora Bodini, Marco Bologna, Marina Bonomelli,
Maria Cristina Brunati, Maria Canella, Pinuccia Carrer, Cristina Cenedella, Barbara Costa, Lidia Cremona, Mariachiara Fugazza, Barbara
Giacchi, Carla Giunchedi, Mariella Goffredo De Robertis, Paola Livi, Agnese Mandrino, Michela Marcellino, Danilo L. Massagrande,
Giovanna Mori, Clara Moschetta, Enrica Panzeri, Vanessa Pollastro, Alessandra Porati, Elena Puccinelli, Raffaella Pulejo, Flores Reggiani,
Marina Regina, Enrico Maria Riva, Jone Riva, Francesca Rivabene, Matteo Sartorio, Giorgio Sassi, Licia Sirch, Natalia Tatulli, Francesca
Terraccia, Giulia Todeschini, Stefano Twardzik, Paola Zocchi.
ARCHIVI E BIBLIOTECHE CENSITI NEL REPERTORIO: Archivio di Stato di Milano, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana,
Archivio Storico Diocesano di Milano, Civiche Raccolte Storiche – Museo del Risorgimento di Milano, Civica Raccolta delle stampe “Achille
Bertarelli”, Biblioteca Ambrosiana, Biblioteca Nazionale Braidense, Biblioteca Comunale di Milano, Civica Biblioteca Archeologica e
Numismatica, Accademia di Belle Arti di Brera, Osservatorio Astronomico di Brera, Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere,
Museo Civico di Storia Naturale di Milano, Centro Nazionale di Studi Manzoniani, Società Storica Lombarda, Conservatorio di Musica
“Giuseppe Verdi, Ricordi & C., Museo Teatrale alla Scala, Fondazione IRCCS Ca’ Granda - Ospedale Maggiore Policlinico, Azienda di Servizi
alla Persona “Golgi-Redaelli”, Azienda di Servizi alla Persona Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio, Istituto dei Ciechi
di Milano, Provincia di Milano - Archivio Istituti Provinciali Assistenza Infanzia, Camera di Commercio di Milano, Banca Intesa Sanpaolo,
Fondazione “Raffaele Mattioli” per la storia del pensiero Economico, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Università Cattolica del Sacro
Cuore - Dipartimento di Storia dell’economia, della società e di Scienze del territorio “Mario Romani”, Università degli Studi di Milano Biblioteca della Facoltà di Medicina Veterinaria.
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Numero 2 - Milano - Giugno 2012
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editoriale
GLI ARCHIVI DELLE DONNE
Un filone di ricerca storico nel ricco
patrimonio documentario lombardo
rompe il “silenzio delle donne”
Il repertorio delle fonti femminili negli archivi milanesi
a cura di Maria Canella e Paola Zocchi
Negli ultimi decenni, com’è noto, si è accentuato l’interesse della storiografia italiana nei confronti delle «forme
primarie di scrittura» (corrispondenze di carattere privato, diari, autobiografie, memorialistica), che hanno acquisito sempre maggiore rilevanza come fonti imprescindibili per l’analisi della dialettica privato/pubblico non solo
nella vita di personalità di rilievo per la storia politica,
sociale, culturale e religiosa, ma anche nell’esistenza di
più oscuri esponenti dei ceti non egemoni.
Lo scavo di tali documenti, favorendo una circolarità delle
fonti semiotico-letterarie, storiche, antropologiche e sociologiche, ha consentito di ricostruire tanto le scansioni fondamentali di vicende biografiche, in molti casi femminili,
quanto la rete delle relazioni familiari e dei rapporti sociali.
In quest’ottica il gruppo di studio costituitosi presso
l’Università degli Studi di Milano (che collabora con
analoghi gruppi di lavoro presenti nelle Università di
Bologna, Firenze, Roma e Napoli) ha promosso una collana di repertori sulle scritture femminili (carteggi, epistolari, memorie, documenti), nella consapevolezza che
tali fonti, rimaste fino a oggi mascherate o nascoste nei
fondi intitolati ad autori maschili, una volta individuate,
censite e indicizzate potranno costituire una base documentaria fondamentale non solo per la storia di genere,
ma per tutte le discipline storiche nel loro complesso.
Gli archivi e le biblioteche di Milano conservano un patrimonio storico ancora in gran parte
da conoscere e valorizzare. In particolare la documentazione relativa alla storia delle donne
giace spesso nascosta nei fondi intitolati a protagonisti maschili.
Grazie al repertorio Gli archivi delle donne 1814-1859 è finalmente possibile individuare
le tracce lasciate sulla carta dalle donne vissute sotto la seconda dominazione austriaca.
Donne del Risorgimento milanese di ogni estrazione sociale, celebri e sconosciute, aristocratiche e popolane, riemergono così dal passato, attraverso il filo che le lega ai loro carteggi, ai fascicoli personali, agli atti amministrativi o giudiziari custoditi negli archivi e nelle
biblioteche milanesi.
Il volume, che mette per la prima volta a disposizione degli studiosi e del più vasto pubblico
una guida con le collocazioni di tutti i documenti che riguardano le donne nel periodo dalla
Restaurazione all’Unità d’Italia, permetterà quindi di ricostruire biografie, reti familiari, profili intellettuali e percorsi professionali al femminile rimasti finora oscuri o poco noti.
LE CARTE AL FEMMINILE
Collana di repertori sulle fonti
documentarie femminili
negli archivi milanesi
Il progetto di questo lavoro, frutto dell’impegno tenace e appassionato
di una équipe di storici, archivisti e bibliotecari coordinati da Maria
Canella e Paola Zocchi, è nato dagli interessi di studio sull’identità femminile, così come si è venuta configurando in Lombardia tra età moderna ed età contemporanea, coltivati da tempo presso il Dipartimento di
Scienze della storia dell’Università degli studi di Milano e altre istituzioni
culturali cittadine. Una sollecitazione a indagarne a fondo la fisionomia
e i mutamenti durante il XIX secolo è giunta anche, e in particolare,
dagli esiti di due convegni, Donna lombarda. Un secolo di vita femminile
(1860-1945) e Salotti e ruolo femminile in Italia tra fine Seicento e
primo Novecento, nei quali si sono messi a fuoco alcuni tratti caratterizzanti che, in una estrema sintesi, potrebbero compendiarsi nella diffusa
inclinazione delle donne, come testimonia ampiamente il caso milanese,
ad assumere responsabilità verso se stesse e verso la società in senso
lato, tradottesi nel concreto in gesti di autonomia, di solidarietà reciproca e in capacità d’iniziativa. Si riproponeva, in quelle occasioni, il
tema della lettura di «un diverso modo di guardare all’asimmetria del
destino sociale maschile e femminile», in rapporto alle trasformazioni
della società e della cultura, della concezione che le donne avevano di
se stesse e del proprio ruolo domestico, in relazione al cambiamento dei
legami familiari e all’emergere di nuove forme di socialità. E nel difficile
e accidentato cammino verso la conquista da parte delle donne della cittadinanza sociale e politica, la vicenda milanese e lombarda è indubbiamente sembrata peculiare. Quella sobrietà e serietà d’interessi, ad esempio, che l’acuto sguardo osservatore di Lady Morgan, in viaggio in Italia
nel 1820, aveva colto nelle dame dell’élite milanese, intente a discutere
delle «faccende pubbliche e nazionali», erano in effetti parse un’eccezione nel desolato panorama dell’Italia dell’epoca.
Queste suggestioni si sono andate intrecciando con le inedite prospettive di una rilettura del processo di formazione di una coscienza nazionale
prima, e della costruzione della nazione poi, emerse con forza dirompente nel lavoro storiografico più recente. Il fuoco di numerose ricerche si è
quindi concentrato sui nessi tra quegli eventi e il delinearsi di una identità tanto maschile, quanto femminile, con l’obiettivo di definire in quali
modi e tempi il pubblico – la nazione dapprima, e in seguito lo Stato
nazionale – sia o meno entrato nel privato, tra le mura domestiche e nei
salotti aristocraticoborghesi, orientando modelli e rappresentazioni di
genere, così come strategie familiari, educative, politiche.
Nello studio della dialettica privato/pubblico, un apporto decisivo è
venuto da quel complesso di fonti denominate «forme primarie di scrittura» – epistolari, carteggi, memorie, autobiografie, diari – che avevano
sino allora prevalentemente suscitato l’interesse degli studi letterari. Di
questi giacimenti documentari, com’è noto, è ricchissimo l’Ottocento,
intriso nei suoi primi decenni di umori romantici e in cui, nel più generale processo di sentimentalizzazione dei rapporti, le «scritture di sé» e
soprattutto la corrispondenza epistolare rispecchiarono più di ogni altra
forma espressiva la sfera dell’individualismo e del privato. Una vera e
propria rage d’écrire fece delle lettere il principale tramite di una comunicazione assidua, spesso scandita dai ritmi della quotidianità, soprattutto nelle missive che, ormai libere dalle costrizioni delle forme codificate
proprie della tradizione colta dei circuiti letterari umanistico-rinascimentali o sei-settecenteschi, narravano il vissuto femminile in un linguaggio
più semplice e immediato, solo in apparenza «senza qualità».
Nell’andar per archivi, pubblici e privati, alla ricerca di questa documentazione, si è avuta tuttavia un’ulteriore riprova del fatto che le scritture
femminili, intese nel loro significato più ampio, vale a dire le scritture
delle donne e la documentazione sulle donne, costituiscono spesso filoni
nascosti, celate da una intitolazione «al maschile» dei fondi, o annidate
nelle carte di famiglia, ove spesso furono messe da parte perché giudicate irrilevanti, o riposte con ritroso pudore per sottrarle a sguardi indiscreti. Anche sulla scorta di precedenti esperienze lombarde e di lavori di
ricognizione, ispirati da analoghi intenti, condotti in Toscana, a Bologna,
a Roma e a Napoli, ci si è dunque accinti a rilevare e censire le scritture
femminili e i documenti relativi alla storia delle donne nel corso di un
lungo periodo, dal Settecento all’età contemporanea, conservati nei
maggiori archivi e biblioteche milanesi, al fine di costituire una collana
di repertori, dal titolo Gli archivi delle donne, certi che tali fonti possano
offrire una base documentaria di grande rilievo non solo per la storia di
genere, ma anche per le discipline storiche nel loro complesso. In una
stagione degli studi come l’attuale, in cui si ha talora la sensazione che
l’acribia dello scavo documentario sia considerata addirittura un poco
démodée, repertori e inventari, classificati nel novero delle pubblicazioni
cosiddette strumentali, sono spesso guardati con una certa sufficienza.
Ma proprio un inventario ben redatto, come si sa, costituisce «una
mappa sicura per orientarsi in un territorio sconosciuto» ed è in grado
spesso di introdurre in «una miniera di insospettate dimensioni, ricca di
scoperte e di emozioni».
Ne sono davvero prodighe anche le pagine di questi volumi, che aprono
una miriade di percorsi lungo le tracce lasciate nella storia da una multiforme presenza femminile, composta di dame del patriziato e dell’alta borghesia, di giovani allieve nei «collegi d’educazione» e delle loro maestre, di
alunne del Conservatorio e della Scuola di ostetricia, di donne del popolo
minuto – domestiche, serventi, ostesse, caffettiere – ricercate, inquisite,
chiamate a testimoniare nei processi politici celebrati contro gli aderenti
alla Carboneria e alla Giovine Italia. In quelle carte, accanto ai nomi altolocati e più celebri di Teresa Casati Confalonieri, di Metilde Viscontini
Dembowsky, di Cristina Trivulzio di Belgiojoso figurano quelli di una fitta
rete di donne dal profilo sconosciuto, anch’esse direttamente coinvolte o
fiancheggiatrici delle trame cospirative, che smentiscono l’immagine del
Risorgimento visto a lungo come «altro da loro». E, ancora, quella che
emerge è la Milano di donne colte, viaggiatrici, cultrici delle arti belle e di
studi naturalistici, di operose e intraprendenti titolari di attività di commercio o di un’esordiente industria, di avvedute amministratrici dei loro patrimoni, partecipi, nelle loro disposizioni testamentarie, di quella secolare tradizione benefica mossa da ragioni civili e da ispirazione religiosa che aveva
meritato alla capitale lombarda l’appellativo di «emporio della pubblica
carità». Una generosità intessuta di grandi e piccoli gesti, come quello, per
citarne uno soltanto fra i tanti a favore dell’Ospedale Maggiore, di una
Annunciata Colombo, già esposta nel brefotrofio di Santa Caterina alla
ruota, che nominò sua «erede universale» la Ca’ Granda, ove essa era
stata «servente e portinaia»: l’amministrazione, dopo «l’inventario e stima
degli effetti mobili» e la vendita dei «pochi oggetti di casa», ne ricavò la
modesta cifra di poco più di 350 lire milanesi.
Le fonti qui riportate in luce, come tessere di un grande mosaico tematico,
fanno dunque riaffiorare indizi o più corpose testimonianze di una soggettività femminile dalle molteplici sfaccettature, che non è solo degna di essere
riscattata dall’oblio, ma che induce anche ad abbandonare i paradigmi storico-interpretativi di una storia delle donne stereotipata e autoreferenziale.
Non si può quindi che condividere l’intento, già perseguito da altri lavori di
repertoriazione di fonti, di «coniugare strettamente la storia di genere con
la storia generale, al di là di ogni logica integrativa e aggiuntiva», intrecciando «il piano quantitativo e descrittivo con quello qualitativo», e articolando la schedatura «tanto con l’indagine sociale e culturale, intesa come
storia delle rappresentazioni del mondo e di sé elaborata dagli individui,
quanto con l’analisi relativa alla storia delle istituzioni e dei luoghi della
produzione di scrittura delle donne» e sulle donne.
Lettere, carte familiari, patti nuziali, strumenti di vendita, procure, tutele,
testamenti, protocolli di matricola e registri scolastici, atti e scritture dei
processi politici, suppliche e richieste alla pubblica amministrazione, biglietti
anonimi nel «corredo espositivo» dei neonati abbandonati al brefotrofio, e
via dicendo, consentono dunque di cogliere, riflessi nelle vicende femminili,
i mutamenti nella mentalità, nei costumi, nell’istruzione, nella cultura, nelle
relazioni familiari e sociali durante i decenni preunitari, ovvero nel periodo
di «compromesso tra rivoluzione e conservazione» in cui gli assetti della
società cetuale cedettero il passo, pur lentamente, all’ascesa della borghesia in una Milano dalla spiccata vocazione alla modernità. Della prima
rimanevano ampi sedimenti, come si desume, ad esempio, dagli elenchi
delle dame ammesse a Corte, ai ricevimenti e ai pranzi di gala, in cui si susseguivano i più bei nomi del patriziato e dell’aristocrazia, mentre, per contrasto, nelle liste delle «graziosamente ammesse» dal viceré «alla beneficenza di vestiario e di elemosina» nella cerimonia della lavanda dei piedi
del giovedì santo nelle sale dell’I. R. palazzo di Corte figuravano i nominativi sconosciuti di dodici ottuagenarie miserabili. Ma, significativamente, nel
registro ditte della Camera di commercio, era notificata nel 1856 Carolina
Strozzi Grondona, «successa a Benedetto Grondona per la fabbricazione di
carrozze», fuori Porta Nuova, in una delle officine meccaniche simbolo della
prima industrializzazione milanese.
E infine, ma non da ultimo, lo scenario risorgimentale che emerge da questa amplissima ricognizione non è soltanto animato dalle più note figure di
donne, ormai tradizionali icone del sentire patriottico, ma anche da moltissime «altre voci» di cui queste carte rimandano l’eco: come quelle delle
ballerine della Scala che fecero nel 1859 «volontaria offerta per l’acquisto
di fucili destinati alle truppe di Giuseppe Garibaldi».
Maria Luisa Betri