Frank Wilczek e la leggerezza dell'essere Viviamo nel secolo XXI e raramente ci capita di accostarci ad un periodo culturale, qual è quello scientifico, i cui sviluppi di estrema vivezza e di notevole importanza hanno le radici negli ultimi secoli ma pretesti culturali di rilievo e intuizioni acute nelle parole degli antichi. Questo momento culturale trascorre nelle pagine di Frank Wilczek1, statunitense di madre italiana, di padre polacco; benemerito nel campo della fisica: ha condiviso il premio Nobel nel 2004 con David Gross e David Politzer. Del testo del fisico statunitense, della sua testimonianza preziosa circa lo stato attuale della ricerca fisica si è già occupato Edoardo Boncinelli nella sezione Cultura del Corriere della sera (22 novembre 2004), ponendo nel giusto rilievo il contenuto e dandone svolgimento in una sintesi chiara e molto efficace. Un libro particolare nel suo genere – distinto in tre parti; corredato di Figure e impreziosito di tre appendici, di un glossario, di note finali, di Tavole fuori testo e di un indice analitico; pp. 279 –, affidato allo stile dell'autore, alla sua maniera di sentire ed esprimere i propri sentimenti, i contenuti cognitivi – patrimonio comune dell'umanità, con chiarezza e proprietà di termini; di saper coordinarli in un discorso che ha solo la pretesa di riproporre i risultati recenti della scienza matematica-fisica, di coinvolgere i competenti ma pure il lettore attento e sensibile al progetto di coglimento e di misurazione dell'essere apparente, di entusiasmarli al disegno seducente di conoscenza e di unificazione delle forze e delle teorie dell'alta fisica. Per il momento, il testo è un invito a “espandere la percezione della realtà”, ad intenderne l'essenza, attraverso l'osservazione sperimentale e l'adozione di un linguaggio adeguato al pertinente campo di ricerca e rispondente di comprensione e di comunicazione della comunità scientifica. Per 250 anni successivi alla nascita della scienza moderna si è concepita la massa, di cui è dotata la materia, distinta dalla luce. La ricerca è aperta sull'origine della massa della materia ordinaria; si affida alla relatività, alla teoria quantistica dei campi, alla cromodinamica. L'unificazione delle forze e delle teorie, la gravità sono le questioni fondamentali che impegnano l'indagine scientifica. Secondo la lettura che Wilczek dà di Newton, i componenti ultimi della materia hanno una massa fissa ed inoltre le nuove disposizioni di particelle elementari nella realtà son sempre in movimento, non cambiano mai. In realtà, l'accelerazione, grazie all'opera di LEP (Large Electron-Positron Collider) funzionante negli anni Novanta nel laboratorio del CERN, presso Ginevra, ha messo in 1 La leggerezza dell'essere. La massa, l'etere e l'unificaziione delle forze, trad. di Simonetta Frediani, Torino, Giulio Einaudi editore, 2009. questione la conservazione della massa; una moltitudine di detriti si produceva, in seguito allo scontro delle particelle che procedevano in direzioni opposte. La seconda equazione di Einstein, m = E/c2, seguente alla prima. E = m/c2, ci fa capire (e poter descrivere il mondo in termini diversi) che non la massa di un corpo ma la sua energia si conserva; tale equazione, inoltre, trova applicazione solo nell'ambito dei corpi in quiete ed isolati. Nel percorso tracciato dal testo, si darà ragione del 95% della massa della materia «ordinaria», a partire dai costituenti elementari privi di massa; si ravviserà anche la configurazione delle due forme assunte dalla maggior parte della massa: materia oscura ed energia oscura. Qual è lo stato della scienza fisica negli anni Trenta del secolo XX? L'atomo si compone di elettroni e di un nucleo. Il nucleo, un cento millesimo del raggio dell'atomo ha tutta la carica elettrica positiva e quasi tutta la massa dell'atomo (più del 99,9 per cento). Il nucleo è costituito da protoni e neutroni, è tenuto unito da una forza più potente di quella elettrica. Le conoscenze più approfondite del nostro tempo fanno intendere che gli stessi protoni e neutroni sono costituiti da quark e gluoni. Se le aspettative culturali sono sottese alla ricerca scientifica, i risultati man mano acquisiti suscitano in principio un certo sconcerto per le stranezze dell'evento, ma non per questo poi esclusi dal novero delle conoscenze sperimentalmente certe (o quasi). Il 1930 è l'anno da cui ci si deve muovere per la comprensione degli ulteriori sviluppi delle scienze fisiche. La gravità e l'elettromagnetismo si confermano come forze riconosciute dalla fisica classica. Intanto la forza gravitazionale è in grado di unire i componenti dell'Universo le cui masse sono enormi. Eppure tali forze, se rivolte verso nuclei atomici di massa minuscola e dotati di carica elettrica positiva, non sono in grado di prevalere su di loro. C 'è bisogno di ricorrere ad una nuova tecnologia, richiesta da “sforzi sperimentali” e da “ingegnosità teorica” e sollecitata in specie dall'esigenza irrefrenabile di portare alla luce equazioni fondamentali a cui ha da sottostare il mondo subnucleare. (In seguito, novità rilevanti per le scienze fisiche verranno alla luce, grazie all'impiego di un nanoscopio ultrastroboscopico, come SL A C – Stanford Linear Accelerator – e ad una centrale di «distruzione creativa», LEP). A partire dalla scoperta del neutrone per opera di James Chadwick, l'impegno dei fisici s'accentua nella comprensione dei costituenti del nucleo. Si scoprono così i protoni e i neutroni, e le loro proprietà. Di qui la costruzione di nuclei – modello, in cui accanto ai nuclei noti sono posti protoni e neutroni. Secondo le previsioni dei fisici, attraverso gli esperimenti di diffusione (scattering) che danno origine a incontri di protoni con altri protoni, di neutroni o di altri nuclei, si tenta di definire una forza capace di dare espressione ad una legge efficace, degna di allinearsi alla legge di gravitazione di Newton o alla legge di elettricità di Coulomb. Peraltro si scopre qualcosa di più rilevante: due protoni energetici, lanciati l'uno contro l'altro, danno come risultato non la semplice deviazione ma la comparsa di più di due particelle, non inevitabilmente protoni. In ogni modo persiste l'esigenza di creare una ‘forza’ semplice. E' evidente che gli atomi, sottoposti ad uno scontro violento, si scindono nei loro componenti, gli elettroni e il nucleo. L'effetto, invece, di una collisione di protoni ad un elevato livello di energia è la comparsa certo di altri protoni e, di più, di una nuova specie di particella: gli adroni. A questo punto come si orienta l'impegno dello scienziato? Il titolo “I bit dentro agli it” del capitolo sesto del lavoro di Wilczek ha il seguente significato: esistono pezzetti (bit) più piccoli nei protoni e nei neutroni, considerati da un tempo come i componenti elementari della materia ordinaria. Tali pezzetti si chiamano quark e gluoni. I quark però non costituiscono l'“estremo stato” della materia: sono bit d'informazione. Dalle equazioni di Chen Ning Yang e Robert Mills derivano i gluoni, particelle elementari prive di massa e mediatrici delle interazioni forti tra i quark. In sostanza, i quark e i gluoni sono oggetti perfetti matematici. All'inizio del secolo XX (1901) la ricerca porta alla luce l'elettrone e il protone; ma, a partire dagli anni Sessanta, la ricerca diventa sempre più complessa: parecchi adroni sono scoperti con masse, vite medie e momenti angolari intrinseci (spin), diversi. Quark è il termine introdotto dal fisico statunitense Gell-Mann in fisica subnucleare per indicare il costituente fondamentale degli adroni. Il modello a quark (beta) dà ragione della composizione degli adroni: alla costruzione dei mesoni badano un quark ed un antiquark, dei barioni tre quark, degli antibarioni tre antiquark. Al momento, secondo la puntualizzazione di Wilczek, le leggi della meccanica classica presiedono ai sistemi solari macroscopici, passibili di avere qualsiasi dimensione e forma; le leggi della meccanica quantistica ordinano i sistemi microscopici, quelli dei quark, dove sono ammessi particolari insiemi di orbite e di disposizioni degli spin, o per meglio dire, di diversi stati quantici. In effetto, «ogni configurazione consentita di orbite e di spin – ogni stato – avrà una determinata energia totale»2. Si coglie, inoltre, una connessione tra spettroscopia atomica e il modello a quark. La costruzione di modelli della struttura interna degli atomi tiene conto delle notizie date dagli spettri atomici. Un modello è valido, quando è in grado di prevedere stati le cui differenze di energia siano rispondenti agli schemi di colore indicati dagli spettri. Non possiamo risparmiarci “paradossi interessanti” causati dalle stranezze teoriche dei quark. Jerome Friedman, Henry Kendall, Richard Taylor prendono l'iniziativa – coronata alla fine dal premio Nobel – di “fotografare” (espressione chiaramente metaforica) i protoni all'interno, piuttosto di ricorrere alla loro collisione. Una nuova “tecnica delle immagini” prende piede attraverso l'impiego di un nanomicroscopio ultrastroboscopico, fornito agli scienziati dall'impianto SLAC (Stanford Linear Accelerator Complex). 2 WILCZEK , op. cit., p. 38. Questo singolare dispositivo è in grado di cogliere – per opera di fotoni o quanti di luce dalla vita breve e perciò fotoni virtuali – strutture non affatto percepibili tramite normali microscopi. Sulla base di una probabilità calcolata, l'incontro con “qualcosa” dei diversi tipi di fotoni, con energia e quantità di moto diverse, e il loro assorbimento, permettono che si componga per pezzi un'istantanea della parte interna dell'elettrone. Chiaramente, tali fotoni o particelle di luce oltrepassano la capacità dell'ultravioletto o dei raggi X, impiegabili proprio nella medicina e nell'industria. Le “istantanee” eseguite da Friedman e dai suoi colleghi confermavano che all'interno dei protoni v'erano i quark, ma in seguito ad una elaborazione delle immagini si avvertiva la presenza di altre entità interne: i partoni. Di certo, confidando nella semplice intuizione, non può accertarsi qualcosa in una piccola interruzione temporale, in volumi molto piccoli; tuttavia – come suggerisce Wilczek – il ricorso alle regole della meccanica quantistica, al principio di indeterminazione di Heisenberg e alla teoria della relatività permette la realizzazione «di istantanee ad alta risoluzione e tempi di esposizione molto brevi», lasciando «fluttuare l'energia e la quantità di moto»3. . Per ora, non trascurando che l'intento di Friedman e della sua équipe è la misurazione dell'energia e della quantità di moto, si progetta la possibilità di comporre i risultati di tante collisioni che con energie e quantità di moto diverse hanno sconvolto il protone. Secondo le previsioni dei fisici, un accostamento spazio-temporale più accentuato all'interno dei protoni – attraverso le istantanee ultrastroboscopiche nanomicroscopiche – avrebbero potuto dare ragione del comportamento di più particelle virtuali e di più aspetti della entità atomica. Le immagini, però, non confermavano altro che l'esistenza di quanto era troppo semplice: i partoni. I modelli fin qui delineati non danno propriamente ragione delle aspettative desiderate e comunque sospingono i ricercatori a non demordere dai propositi dell'indagine fisica elementare. «Le singole particelle virtuali – scrive Wilczek – vanno e vengono, ma tutte insieme trasformano l'entità che chiamiamo spazio vuoto in un mezzo dinamico»4. In effetto, si avverte un fatto nuovo: una carica positiva (reale) viene schermata da una nube di cariche negative compensative. Quanto più i quark (del modello a quark) sono vicini, tanto più fortemente interagiscono; quanto più sono lontani, tanto più debole sarà la loro interazione e le loro cariche saranno schermate. Negli stessi termini, i partoni (del modello a partone), osservati da vicino, apparirebbero semplici particelle; eppure ciascun partone non sarà visibile, quando sarà ricoperto da una nube spessa di particelle virtuali. Intanto di fronte all'evidenza di tali fenomeni scientifici, inevitabili ma non duraturi arresti della ricerca scientifica non possono deludere il desiderio ardente proprio del ricercatore di allargare i confini della conoscenza. Ora fa al caso nostro l'antischermatura o – nella lingua speciale dei fisici – libertà asintotica, condizione, questa della carica di colore effettiva che 3 4 WILCZEK , cit., p. 49. Op. cit., p. 51. all'interno della nube si accosta sempre più allo zero ma non lo raggiunge. La libertà completa è di una carica di colore nulla: «nessuna influenza esercitata e nessuna influenza avvertita»5. Per adesso, quanto alla descrizione dei quark e ad una considerazione adeguata dei partoni, necessita una teoria che tenga conto della libertà asintotica e che sia in accordo con i principi fondamentali della fisica ed esattamente con le regole della meccanica quantistica e della relatività speciale. E' significativo che solo le “teorie relativistiche dei campi” godono di tali propietà. Anche in questo caso Wilczek, animato da viva aspettazione per il singolare modo di procedere dell'indagine scientifica, è portato a prendere in considerazione il fatto che «quasi tutte le teorie quantistiche relativistiche dei campi schermano»6. Si presenta anche una limitata fascia di teorie asintoticamente libere, che antischermano e accolgono le “cariche generalizzate” introdotte da Chen Ning Yang e da Robert Mills e, all'interno di questa piccola classe, si propone una teoria che farebbe credere, sia pur vagamente, di poter descrivere i quark (e i gluoni) del mondo reale: la cromodinamica quantistica, o QCD. Questa teoria, si crede, non fa altro che potenziare l'elettrodinamica quantistica, o QED, e contempla ampiamente la simmetria. Il modo di procedere di Wilczek nel mondo subatomico è veramente sorprendente: fa leva su un esercizio di “riscaldamento dell'immaginazione”; invita il lettore ad esaminare la fotografia, scattata nel LEP del CERN di Ginevra (Tavola I, riportata fuori testo), di cose che non esistono: un quark, un antiquark ed un gluone. Ma si richiede un'interpretazione corretta dei getti di particelle prodotte dalla collisione. Si arriva così a formulare, secondo i canoni della QED, l'ipotesi più semplice che dia ragione degli effetti di collisione: da un possibile annichilimento reciproco di un elettrone e della sua antiparticella, di un positrone emergerebbe un fotone virtuale trasformabile in un quark e un antiquark. E il processo fondamentale è evidenziato dal diagramma spazio-temporale della Figura 3, riportata ed illustrata nel testo citato (p. 56.). Tale ipotesi, pur semplice, non può risparmiarsi inciampi inevitabili, come la costrizione/confinamento del quark e dell'antiquark, che non possono rimanere isolati nell'interno degli adroni. Immaginiamo ora gli effetti di una radiazione “morbida”: gradualmente si effettua il processo di costituzione di nubi e dell'annichilimento delle cariche di colore, come anche la formazione e ricostituzione delle cariche di colore, senza che sia causato un eccessivo perturbamento del generale flusso di energia e di quantità di moto. «In questi casi – nota Wilczek – si osserverebbero due sciami di particelle che viaggiano in direzione opposte, ciascuno dei quali eredita l'energia e la quantità di moto totali del quark o dell'antiquark che li hanno prodotti»7. E si distingue, invece, una radiazione “dura” la cui influenza esercitata nel generale flusso comporta l'emissione di un gluone da parte di un quark, o dall'antiquark. 5 WIL CZ EK , cit., p. 53. Ivi, p. 54. 7 WILCZEK , cit., p. 57. 6 Intanto la probabilità calcolata dei comportamenti dei quark, degli antiquark e dei gluoni, secondo le regole dell'elettrodinamica quantistica, o QED, si conferma attraverso il confronto con i risultati sperimentali che il LEP ha perseguito in centinaia di milioni di collisioni. Eppure, si ammette recisamente, l'interpretazione della “fotografia” più completa non può prescindere dalla considerazione di due grandi idee: la libertà asintotica e la meccanica quantistica. Come si spiega questo collegamento tra libertà asintotica e i quark e l'emissione di gluoni? Per il momento, il riferimento alla libertà asintotica permette di comprendere due situazioni: la carica di colore inerente al costituente fondamentale (un quark, un antiquark o un gluone) è piccola e alquanto potente; la nube di particelle, nel momento che si avvicina alla particella fondamentale, è sottile, ma tende ad ispessirsi rispetto alla crescita della distanza. «E' la nube – osserva il Wilczek – che circonda la particella, non la sua carica essenziale, a rendere forte l'interazione forte»8. Inoltre, in base ad una lettura ulteriore della “fotografia”, la radiazione morbida (fisicamente “soft”) si palesa comune, mentre la radiazione dura (fisicamente “hard”) si dimostra rara. Infatti, cessato il rapporto reciproco tra una particella e la sua nube, sono specificatamente i mutamenti, che ripristinano l'equilibrio nei campi di colore, a procurare la radiazione di gluoni o di quark-antiquark. Come può un quark (un antiquark o un gluone) distaccarsi dal rapporto bilanciato con la sua nube? In considerazione degli esperimenti eseguiti al LEP, si riscontra più di una possibilità: la vicenda di un quark che, nato da un fotone virtuale, è portato a creare la sua nube e richiede – per mutamenti necessari ma piccoli e graduali – piccoli flussi di energia e di moto, cioè di una radiazione morbida. Si presenta una diversa possibilità: il quark neonato riceve uno strattone da “fluttuazioni quantistiche dei campi di gluoni”. La violenza dello strattone può provocare una radiazione dura. Tale radiazione si verifica anche raramente: il quark reagisce limitatamente alle oscillazioni quantistiche nei campi di gluoni. Dalla rassegna di tali situazioni emerge un legame particolarmente diretto tra le “istantanee” osservate e la “profondità della meccanica quantistica”. C'è bisogno di dire che la coppia intuizione-immaginazione, in luogo del ricorso ai dettagli matematici e tecnici, non può rimanere estranea alla formulazione sistematica di una teoria con i suoi principi generali. E rientra in tutto questo il compito gravoso di fisici e di sperimentatori, che nel rispetto reciproco dei loro ruoli raggiungono eccellenti risultati fotografando lo spazio vuoto con l'impiego intelligente del nanomicroscopio ultrastroboscopico. Fermarsi sulla QCD, cromodinamica quantistica, costituisce un momento ulteriore della penetrazione nell'universo dei costituenti fondamentali della materia (VII. Simmetria incarnata). 8 Ivi, p. 69. Per il momento, l'idea di simmetria è intrinseca alla QCD; di certo, secondo Wilczek, va ampliato il suo significato comune fino a comprendere quello matematico. Ed ecco la definizione proposta da Wilczek, più rispondente all'esigenza di semplicità-complessità della indagine fisica: simmetria significa che vi è una diversità che non fa differenza. Per il fisico statunitense, la teoria della relatività speciale, per esempio, si può intendere «come un postulato di simmetria, secondo il quale le equazioni della fisica devono avere lo stesso aspetto se trasformiamo tutte le entità che vi compaiono aggiungendo un “boost” (spinta) costante alla loro velocità. Quel “boost” trasforma un mondo in un altro mondo, che si muove a velocità costante relativamente al primo. La relatività speciale – continua Wilczek – afferma che tale diversità non fa differenza – il comportamento è descritto dalle stesse equazioni in tutt'e due i mondi»9. Nel programma di previsione-studio di particelle subnucleari, ancora una nuova proposta: la cromodinamica quantistica. Senza inoltrarci nei dettagli matematici, ci limitiamo ad indicare un nuovo esemplare di concisione, di cui si avvale il fisico statunitense Richard Feynman, l'Equazione dell'Universo, U=0. U in quanto funzione matematica è la disuniversalità generale, è la somma di tutti i contributi, di tutte le leggi particolari del passato (F=ma, E = mc2 e altre di seguito) o di leggi sostenibili del futuro. Premesso che ciascun contributo è positivo o nullo, ne segue che la U generale può annullarsi se ogni contributo è nullo. Ovviamente una teoria del tutto, secondo Wilczek, è un viluppo di idee, «perché non esiste altro modo di usare (o definire) U se non scomponendola nei suoi vari elementi per poi usare questi ultimi»10. Peraltro la disuniversalità complessiva (U=O) non può confrontarsi assolutamente con le equazioni principali della QCD, includente d'altronde una gran quantità di equazioni più piccole, congiunte dalla «simmetria – la simmetria tra i colori, la simmetria tra le diverse direzioni dello spazio, la simmetria della relatività speciale tra i sistemi che si muovono a velocità costante. Tutto il loro contenuto è manifesto e gli algoritmi di scomposizione derivano dalla matematica non ambigua della simmetria... E' davvero una teoria elegante»11. Per il momento, come dimostrazione dell'“esercizio dell'immaginazione”, si mette attenzione nell'essenza dell'elettrodinamica quantistica, QED, una teoria di poco precedente alla QCD. L'essenza della QED è ben rappresentata da un diagramma12, riprodotto con la lettura esplicativa: un fotone replica alla presenza o al movimento della carica elettrica. 9 Wilczek, cit., p. 64. Ivi, p. 66. 11 Ibidem. 12 Fig. 8a, in Wilczek, cit., p. 67. 10 E' uno dei diagrammi del teorico statunitense Feynman, che in base agli studi di elettrodinamica quantistica idea una tecnica detta dei diagrammi di F., per l'esame delle reazioni elettrone-fotone. Tale processo fondamentale, riguardante l'interazione tra le particelle elementari, ottiene dallo studioso un rilievo molto significativo. Basta leggere la Figura 8b13, perché ci si avveda dell'influenza di un elettrone rispetto ad un altro e precisamente della deviazione dell'elettrone “di una quantità specificata” dalla direzione iniziale per effetto dello scambio di un fotone virtuale. In altri termini, le regole che presiedono ai diagrammi di Feynman “specificano la forza”. Si presentano anche casi rari, come lo scambio di due fotoni virtuali14; un fotone che si allontana liberamente15: la radiazione elettromagnetica, di cui un aspetto è la luce. E' opportuno osservare che agli “scarabocchi” così bene illustrati si riconoscono pregi intrinseci per il fatto che propongono – nel singolare modo di configurarsi – secondo un ordine sistematico quanto è stato edificato nella storia della scienza: le equazioni di James Clerk Maxwell; l'equazione di Erwin Schröndiger; l'equazione di Paul Adrien Maurice Dirac. Ci attende ora la spiegazione della cromodinamica quantistica, QCD, che, nello stesso linguaggio pittorico, «si presenta come una versione ampliata della QED16. Rimandiamo alla figura 917, per l'illustrazione dei componenti e processi di tale teoria, la relativa didascalia. Al momento, anche una esposizione succinta della QCD, come rientra negli scopi ultimi del nostro impegno, tende ad enfatizzarne l'importanza scientifica. Intanto si precisa che una sola carica, quella elettrica, si trova nella elettrodinamica quantistica, QED, e che, d'altro canto, tre cariche designate colori ci sono nella QCD. Ogni quark ha uno dei seguenti colori: rosso, bianco e blu. Anche si presentano tipi di sapori di quark. In aggiunta, come i fotoni grosso modo replicano alla carica elettrica, così si coglie la reazione di particelle affini ai fotoni, i gluoni colorati, alla presenza o al movimento della carica di colore. I due sapori u e d svolgono la propria funzione nella materia ordinaria. In breve, la QCD ha otto gluoni colorati che, oltre a replicare a cariche di colore diverso, modificano una determinata carica di colore in un'altra. In base alla “simmetria incarnata” si provvede alla mescolanza di colori secondo regole generalizzate o di continuità ed anche al controllo dei loro stessi toni. E' utile rilevare ancora che il gluone, in quanto appartenente alla famiglia dei bosoni, è una particella priva di massa e dotata di spin intero e perciò permette le interazioni forti tra i quark. 13 Fig. 8b ,in op. cit., ibidem. Fig. 8c, in op. cit., ibidem. 15 Fig. 8d, in op. cit., ibidem. 16 WILCZEK , cit., p. 69. 17 Ivi, p. 70. 14 Gli individuati effetti della QCD presentano una maggiore difficoltà di calcolo rispetto a quelli della QED. L'accoppiamento fondamentale è più forte nella QCD che nella QED. I diagrammi di Feynman, secondo le regole della teoria quantistica dei campi, descrivono mediante linee il movimento libero di particelle nello spazio-tempo e tramite i vertici (gli hub) l'interazione di alcune particelle (reali o virtuali) e perciò la possibilità di cambiamento del loro stato quantistico. E propriamente nel capitolo IX (La materia che calcola), si faranno notare gli sforzi notevoli dei teorici nella valutazione mediante calcolo della massa del protone, partendo dai quark e dai gluoni privi di massa, e quindi nell'identificare l'origine della massa. In virtù della “libertà asintotica” l'interazione forte tra le particelle diventa più debole a distanza ravvicinata. Di qui la richiesta di prendere in considerazione l'ipotesi della simmetria locale, che si dimostra più forte di quella della simmetria globale. La simmetria locale, però, sotto il riguardo logico-matematico, ha bisogno di “un insieme preciso di equazioni” e così può incontrarsi con le idee della meccanica quantistica, secondo cui esiste una funzione d'onda che descrive le possibilità di osservare una particella in luoghi diversi, con probabilità diverse. In proposito Wilczek scrive: «Supponiamo di aver una bella funzione d'onda regolare per un quark che porta una carica di colore rossa, e quindi applichiamo il nostro esempio di simmetria locale in una piccola regione, trasformando la carica di colore rossa in una carica di colore blu. Dopo tale cambiamento, la nostra funzione d'onda presenta cambiamenti repentini. All'interno della piccola regione, ha soltanto un componente di colore blu; all'esterno, ne ha soltanto uno rosso. Abbiamo quindi trasformato una funzione d'onda a bassa energia, priva di cambiamenti repentini, in una funzione d'onda che invece presenta cambiamenti repentini e quindi descrive uno stato di energia alta»18. Ora, possiamo richiamarci alla seconda legge di Einstein (m=E/c2), che può definire l'energia del quark misurando la sua massa. Ma tale risultato non può non urtare con la simmetria locale la cui proprietà intrinseca sta in una diversità che non fa differenza. A questo punto, toccherà ai nuovi ingredienti del nostro mondo, i campi colorati dei gluoni, di realizzare la stessa idea della simmetria locale, che è tanto restrittiva e che ben si dispiega in un gruppo definito di equazioni. Compiacimento, interesse, conoscenza si susseguono nel nostro animo di fronte alla rappresentazione di un modello non solo mentale ma pure matematico (simbolico), fisico della realtà rispondente allo stato delle presenti conoscenze e che il fisico statunitense con tanta cura si prova di offrirci [VIII. La Griglia (persistenza dell'etere)]. Giova riconoscere che nel lungo periodo storico compreso tra l'età antica e l'età della prima rivoluzione scientifica, il secolo XVII, la nozione di spazio vuoto è al centro delle questioni filosofiche: se Aristotele la rigetta, gli atomisti (Democrito, Epicuro, Lucrezio) invece postulano la formazione dei corpi nell'incontro-scontro degli atomi, particelle indivisibili, nel vuoto. René Descartes ammette alla base della rappresentazione scientifica del mondo, l'estensione, ovvero la forma, il movimento, l'influenza di un frammento di materia su un altro attraverso il contatto, ed 18 Wilczek, cit., p. 74. inoltre, il movimento dei pianeti in uno spazio ripieno di materia, invisibile e invaso di vortici. Isaac Newton, dal caso suo, ricorre ad equazioni per lo studio del moto dei pianeti, enuncia leggi del moto e della gravità. Sostituisce, pur dubbioso, il contatto con l'azione a distanza, in cui si dispiega attraverso il vuoto la forza gravitazionale regolante la caduta dei gravi sulla Terra, il moto dei pianeti intorno al Sole, dei satelliti intorno ai pianeti, così via. Dopo più di centocinquanta anni, James Clerk Maxwell non esita a considerare incompatibili le equazioni del sistema newtoniano. Ci duole dare solo accenni all'opera del fisico scozzese, il cui intento in particolare è quello di studiare le interazioni tra campi elettrici e campi magnetici. Le quattro equazioni differenziali del secondo ordine descrivono la totalità dei fenomeni elettromagnetici. Il campo elettrico e quello magnetico, si evince da tali equazioni, si diffondono sullo spazio come un'onda di velocità, la quale viene a coincidere nel vuoto con la velocità della luce. C'è un legame inscindibile tra il campo elettrico e il campo magnetico. Oltre a ciò, E (intensità del campo elettrico) e H (intensità del campo magnetico), essendo ortogonali tra loro e alla direzione di propagazione, producono un nuovo specifico campo, detto campo elettromagnetico. Da qui trae incremento la teoria delle radiazioni elettromagnetiche, e pure la teoria elettromagnetica della luce. Si rileverà – nel prosieguo della presente ricostruzione – che non le equazioni fondamentali della meccanica classica quanto le equazioni di Maxwell sono compatibili con la teoria della relatività. Per adesso, al fisico statunitense interessa porre luce sulla concezione dell'etere in Einstein. «La relazione di Einstein - scrive Wilczek – con l'etere fu complessa e mutò nel tempo»19. Per la verità, in questa fase della presentazione dell'impegno di Wilczek, non possiamo non condividere il suo sconcerto, ma anche il suo determinato orientamento a trovare attraverso la ricerca e i relativi approfondimenti una risposta alle questioni sorgenti in termini possibilmente soddisfacenti, oppure aperti ad ulteriori sviluppi. Per questo, si propongono alla considerazione alcuni dati preliminari, al fine di scongiurare un possibile fraintendimento della posizione di Einstein di fronte all'etere. La questione fisica, che si presenta complessa, nasce dalla compresenza di due teorie della relatività incompatibili: la teoria della relatività meccanica, descritta dalle equazioni di Newton, e la teoria della relatività dell'elettromagnetismo, rappresentata dalle equazioni di Maxwell. Inoltre, giova ripercorrere con il sostegno di Wilczek i momenti salienti del processo di maturazione del pensiero scientifico di Einstein, sempre pronto ad arricchire con nuove e felici intuizioni la sua ricerca. A partire dal 1905, l'attenzione di Einstein è rivolta ai quanti di luce. Di certo Planck ricorre all'idea quantica per farsi ragione di alcuni fatti sperimentali circa la radiazione del corpo nero. Comunque, fa intendere Wilczek, Einstein, ma non Planck, aveva intuito che l'idea di Planck non era compatibile con le altre leggi, quelle già note. A guardare più da vicino gli anni 1905-1909 del percorso di Einstein, arricchiamo di alcuni dati certi il quadro della nostra informazione: lo studio dell'effetto fotoelettrico (che gli procurerà il premio Nobel nel 1921), la considerazione – vero e proprio riflesso del lavoro impegnativo di Planck – dell'irradiamento luminoso secondo unità discrete di energia e di quantità di moto, conducono lo scienziato ad esprimere perplessità sulla teoria elettromagnetica della luce di Maxwell. 19 Wilczek, cit., p. 82. In realtà, per il fisico teorico tedesco la natura più profonda della luce, che gli fa credere di essere costituita da unità discrete (i fotoni del nostro tempo), non sono descrivibili con le equazioni di Maxwell. Einstein si sofferma sui campi (1909), che si ritrovano in pacchetti in prossimità dei punti di singolarità; concepisce «ciascuno di questi punti singolari circondato da un campo che ha essenzialmente lo stesso carattere di un'onda piana e la cui ampiezza diminuisce al crescere della distanza tra punti singolari»20. Soltanto dopo il compimento della teoria della relatività Einstein si convincerà che «la teoria speciale della relatività non ci costringe a rifiutare l'etere»21. Dopo il 1909, è fermo l'intento einsteiniano di ampliare la teoria speciale, prima relativa ai sistemi di riferimento iniziali, coi nuovi sistemi accelerati e l'inclusione della teoria delle gravità, incontrata sui campi: la relatività generale. Wilczek non tralascia di spiegare come la teoria della gravità, fondata sui campi, possa convenire con i concetti della relatività speciale, e di più, si premura di ravvisare i risultati importanti della relatività speciale: la velocità della luce, indicata con c, ha un limite; una particella non può esercitare influenza su un'altra a una velocità superiore a c; la legge di Newton descrivente una forza di attrazione fra due corpi materiali qualsiasi nell'universo e fondata sull'assioma (ingiustificato) del carattere assoluto del tempo. Si considera qui la Figura 11, illustrata in a b e c con le descrizioni grafiche dei diagrammi e i riferimenti esplicativi22. Nella figura 11a sono studiate le “linee di universo” di alcune particelle indicate dal mutamento della loro posizione spaziale (asse orizzontale) nell'andamento del tempo (asse verticale). Nella figura 11b l'influenza a velocità finita della particella A (a mo' di esempio) sulla particella B è in relazione con la posizione assunta prima dalla stessa particella A. La forza totale, allora, esercitata su una particella viene definita dalla somma delle influenze che tutte le altre particelle hanno svolto in diversi tempi precedenti. Come alternativa alle suddette descrizioni complesse, nella Figura c si presenta la pretesa scientifica di determinare l'influenza totale attraverso lo studio della traccia di un campo e, più esplicitamente, con il riferimento alla teoria dell'elettromagnetismo di Maxwell, alla relatività generale e alla QCD23. Di sicuro, avverte Wilczek, i campi sono comodi ma non possono essere intesi come “ingredienti necessari della realtà ultima”. Come pure egli dubita sull'assenso di Einstein all'idea dell'etere elettromagnetico. E' propriamente incisivo il profilo teorico e pratico che Wilczek delinea di Einstein. Il fisico statunitense gli attribuisce la caparbietà del fisico teorico rivolto a sostenere la relatività elettromagnetica, a considerare le idee quantistiche di Planck, a descrivere la relatività generale con equazioni assai elaborate. E tuttavia la stessa caparbietà diventa per Einstein un intralcio a partecipare al progresso della teoria quantistica dopo il 1924, a rendersi conto dell'indeterminismo storico-culturale, a riconoscere i buchi neri come effetto inevitabile della teoria della relatività generale. E, d'altra parte, le difficoltà inerenti alla peculiare impostazione della ricerca impediscono 20 Si veda WIL CZ EK , cit. p. 86. IVI, p. 87. 22 Si veda Wilczek, cit., pp. 91-­β92. 23 Ivi, p. 92. 21 al fisico matematico tedesco di far conciliare il fotone, quantità indivisibile elettromagnetica (o quanto di luce o d'energia) con la continuità dei campi che pervadono lo spazio. In realtà i fisici, posti di fronte a tali difficoltà, non intendono demordere dal proposito di approfondire la teoria dei campi quantistici; di dare nuove regole alla ricerca scientifica. In sostanza, i risultati scientifici non tardano a venire: la polarizzazione del vuoto, marginale nella QED, è così fondamentale nella QCD da promuovere la “libertà asintotica” e la descrizione del fenomeno dei getti, da rendere possibile (si vedrà successivamente) il calcolo della massa dei partoni e di altri adroni. Ora, risolvendoci a conoscere lo spazio nella sua essenzialità, possiamo capire che esso è costituito da eteri il cui significato non si discosta da quello attribuito da Aristotele e da Descartes al loro etere. Intanto ci atteniamo alla consuetudine, osservata dai fisici, di dare il nome di condensati agli eteri materiali che appunto si condensano dallo spazio vuoto. E tra i condensati si privilegia quello costituito da coppie quark-antiquark, in quanto dà risposte alle ragioni della loro presenza nello spazio. Si procede, con l'intervento di equazioni e computer, all'operazione mentale di privare lo spazio del condensato di coppie di quark e antiquark: ππ («Q-Q barra»). A quello stadio, l'energia totale delle coppie quark-antiquark risulta essere negativa. Ora, secondo una previsione giusta, il costo dell'energia necessaria (come precisa la relazione di Einstein E=mc2) per la produzione delle particelle di quark-antiquark è più che bilanciato dall'energia liberata e prodotta per effetto delle forze attrattive tese alla formazione di molecole di quark-antiquark (propriamente, i mesoni). «Quindi – nota Wilczek – lo spazio perfettamente vuoto è un ambiente esplosivo, pronto a deflagrare con molecole reali di quark-antiquark»24. Le equazioni, di cui si avvale la QCD, dà una risposta solamente logica, senza produrre effetti osservabili nel mondo fisico. Si tratta allora di sapere perché le conseguenze della ππ non sono rispondenti a ciò che è osservato nel mondo fisico. Qui si prospetta allora la possibilità di calcolare eventuali vibrazioni del condensato, ππ, ritenuto materiale, ed anche il relativo modo di essere. In proposito Wilczek scrive: «Le vibrazioni di ππ sono luce visibile, ma descrivono effettivamente qualcosa di definito e osservabile, cioè i mesoni. Tra gli adroni, i mesomi π hanno proprietà del tutto particolari. Sono di gran lunga i più leggeri, per esempio, e non è facile inserirli nel modello a quark. Pertanto è molto soddisfacente che emergano in un modo del tutto diverso, come vibrazioni di ππ»25. Ma riguardo all'esistenza della coppia ππ una risposta quanto più diretta e straordinaria è data dagli scienziati dell'RHIC (Relativistic Heavy Ion Collider) che operano al Brookhaven National Laboratory (Long Island) ed il cui studio sarà potenziato nell'acceleratore L H C (Large Hadron Collider). Accantonato l'esperimento mentale di vuotare lo spazio, essi prediligono la dimostrazione: due grandi fasci di quark e gluoni – sotto l'aspetto di due nuclei atomici pesanti, come quelli dell'oro e del piombo – moventisi in direzioni opposte e accelerate ad altissima energia vengono fatti urtare l'uno contro l'altro. Dalla lettura della Tavola 5 fuori testo26 acquisiamo riferimenti indiretti circa l'esistenza del condensato ππ (altrimenti detto “condensato chirale di rottura della simmetria”), ma solo congetture sulla sua composizione. In proposito ci sorregge una componente della fisica fondamentale: la teoria della interazione debole, chiamata Modello Standard, ossia modello di Glashow-Weinberg-Salam. 24 Wilczek, cit., p. 96. Wilczek, cit., p. 97. 26 Si veda op. cit., infra 25 Più esplicitamente, le interazioni deboli sono generate dall'attività dei bosoni W e Z nei campi, nello stesso modo che l'elettromagnetismo è riconducibile all'attività dei fotoni nei campi e l'interazione forte alla presenza di gluoni colorati nei campi. La ricerca non s'arresta. Per meglio dire, la presenza nell'universo teorico di teorie fondamentali di forze superficialmente diverse persuade i fisici ad ipotizzarne una sintesi, vale a dire una più ampia simmetria comprendente simmetrie meno parziali e descrivibili con appropriate equazioni. I bosoni W e Z, così come sono descritti dalle equazioni, sono privi di massa alla stessa stregua del fotone e dei gluoni colorati. Eppure, se ci atteniamo al modello dato dalla realtà, la superconduttività, i bosoni diventano pesanti e trasmettono una forza. In termini scientifici, il discorso verte non su un superconduttore ordinario la cui carica produce la reazione dei fotoni, ma su quello cosmico “per le cariche”, che è in grado di far reagire i bosoni W e Z. Il superconduttore cosmico non può essere rappresentato dall'etere materiale, ππ, che tuttavia concorre, ma in quantità insufficiente, alle masse dei bosoni W e Z. Allo stato presente della ricerca fisica, non è dato modo di sapere che cosa sia questo nuovo condensato, denominato Higgs dal nome del fisico scozzese, Peter Higgs. Intanto, secondo le previsioni delle teorie unificate, non si esclude la possibilità di portare alla luce altre particelle e di contribuire al superconduttore cosmico: il condensato Higgs. In proposito Wilczek nota: «Ciò che rende interessanti le teorie unificate è la capacità di spiegare caratteristiche del mondo che osserviamo e – meglio ancora – di prevederne nuove»27. Ci spieghiamo, a questo punto, quanto è scientificamente convinto il fisico statunitense da affermare che l'entità ravvisata come spazio vuoto «è un superconduttore multicolore multistrato»28. Pur riconoscendo meriti al fiammingo Gerardo Mercatore, geografo e cartografo, Wilczek ritiene che l'autore di Carte in proiezione, lavoro in parte compiuto e fondato sul metodo matematico, non propone, rispetto alla geometria locale interpretazioni adeguate. Di contro, una resa più valida sul piano conoscitivo e pratico è data dalla griglia di istruzioni, scientificamente detta campo metrico, dove le tre dimensioni spaziali e il tempo sono ordinati secondo rapporti matematici. E a tal riguardo Einstein, nella teoria della relatività generale, modifica la legge di Newton (il rapporto tra una forza impressa ad un corpo e la seguente accelerazione di esso è costante ed è pari alla sua massa), enunciando l'ipotesi che «i corpi seguono i percorsi più diritti possibile attraverso lo spazio-tempo (le cosiddette geodetiche)» e che, assunto lo spazio-tempo curvo, «anche i percorsi più diritti possibile formano gobbe e anse, perché devono adattarsi ai cambiamenti della geometria locale»29. Lo spazio-tempo curvo e il campo metrico sono altrettante idee matematiche che sono in grado di descrivere la relatività generale. 27 WILCZEK , cit., p. 102. Ibidem. 29 WILCZEK , cit., p. 105. 28 Per il Wilczek, proprio la teoria quantistica dei campi assimila la teoria della gravità di Einstein alle altre teorie ben solide della fisica fondamentale, rendendo possibile su questa via il lavoro propedeutico alla «descrizione unificata, completamente integrata, di tutte le leggi»30. Per il momento, come si spiega il rapporto di somiglianza tra la relatività generale e la teoria dei campi dell'elettromagnetismo? Nell'ambito dell'elettromagnetismo una incurvatura delle traiettorie dei corpi elettricamente carichi può essere intesa quale effetto dell'azione dei campi elettrici e magnetici. Di contro, entro i termini della relatività generale, il campo metrico causa una incurvatura delle traiettorie dei corpi dotati di energia e di quantità di moto. Un rapporto di somiglianza si nota pure tra le altre interazioni fondamentali e l'elettromagnetismo. «Nella QCD – scrive Wilczek – le traiettorie dei corpi dotati di carica di colore sono incurvate dai campi di gluoni colorati; nell'interazione debole, sono coinvolti altri tipi ancora di carica e di campi; in tutti i casi, comunque, la struttura profonda delle equazioni è molto simile»31. Altri esempi di similarità tra l'elettromagnetismo e la relatività generale: un corpo A influisce sul campo metrico, che a vicenda influisce sulla traiettoria di un altro corpo B. Secondo la relatività generale, questo processo dà una spiegazione di un fenomeno che prima era inteso come forza gravitazionale esercitata da un corpo su un altro. La relatività generale, che pur procede alla destituzione della teoria di Newton, motiva «il suo rifiuto intuitivo dell'idea di azione a distanza»32. La tesi della realtà fisica della Griglia è confermata dalla recente scoperta astronomica del peso di questa entità che, pur percepita come spazio vuoto, è molto strutturata ed ha una densità universale, diversa da zero. Nel 1917 Einstein attribuisce all'universo una densità costante sia nel tempo sia mediamente nello spazio. Egli decide di modificare le equazioni originarie della relatività, aggiungendo il termine cosmologico, non sorretto da una interpretazione finale. Ma il nuovo elemento ha come riferimento un universo statico, uniforme. Negli anni Venti gli studi dell'astrofisico statunitense Edwin Powell Hubble ammettono l'espansione dell'universo. In ogni modo, il termine cosmologico (con la prima e la seconda legge einsteiniana equivalenti sotto il riguardo matematico) è interpretabile in duplice modo: come una variazione della legge di gravità oppure quale effetto di una densità di massa costante e pure di una pressione costante per ogni dove dello spazio e in qualsiasi momento. La seconda interpretazione, come si nota, è in accordo con la previsione della Griglia. In questo senso è comprensibile l'impostazione di una relazione tra la densità π del termine cosmologico e la pressione p che esso adopera per mezzo della luce, c. Wilczek dà il nome di equazione ben temperata alla seguente eguaglianza: π = -p/c2. A ben vedere si tratta di una copia, però modificata, della seconda legge di Einstein, m=E/c2. Eppure alcune precisazioni si richiedono. Intanto, la seconda legge di Einstein, conseguente alla teoria della relatività speciale, stabilisce una relazione tra l'energia di un corpo isolato e la sua 30 WILCZEK , cit., p. 105. Ivi, p. 106. 32 Ivi, p. 107. 31 massa. Anche l'equazione temperata, π = -p/c2, segue alla teoria della relatività speciale e viene riferita non ad un corpo isolato ma a un'entità omogenea occupante lo spazio. Ed un'altra chiarificazione, strettamente legata alla prima, fa notare che la densità della Griglia ben temperata viene ad essere costante. Ma come conciliare questo risultato con la prospettiva di un universo in espansione dove “la densità di ogni genere normale di materia” non potrà che diminuire? Per ora, ci è dato modo di capire che ogni componente della Griglia (campi quantistici fluttuanti di vario genere, ππ, il condensato o il campo metrico spazio-tempo) occupante lo spazio si attiene all'equazione ben temperata, si conforma alla “simmetria di boost della relatività speciale”33. Di più, si prospetta la possibilità di quantificare densità cosmica e pressione disgiuntamente con l'impiego di tecniche appropriate e diverse; nel 2005 si riesce a dimostrare che nell'universo c'è una eccedenza di massa rispetto a quella della sola materia normale e che altresì il 70 per cento della massa totale è uniformemente presente nello spazio e nel tempo. Ugualmente la ricerca astronomica progredisce: lo studio delle supernovae rende possibile la misurazione della velocità, sottoposta all'influenza della pressione, dell'universo capace di espandersi. Nel 1998, mediante un'osservazione scrupolosa si registra un aumento dell'espansione dell'universo, che l'attrazione universale di solito tiene a freno nei limiti della norma. Per rendere ragione di questo nuovo risultato interviene l'energia oscura, espressione indicante, secondo Wilczek, sia la massa in più sia l'accelerazione dell'espansione. E a proposito di queste due quantità differenti lo studioso dichiara ponderatamente che «la densità della massa cosmica e la pressione cosmica, osservata in modi molto diversi, sembrano proprio essere collegate dalla π =-p/c2»34. Di qui la percezione di un problema serio e non eludibile: la densità totale, pesata dagli astronomi, risulta molto più piccola rispetto alla semplice stima di ciò che offre un qualsiasi condensato. Le singole stime, si chiarisce, sono quantificate come multipli di quel che gli astronomi di fatto rinvengono35. Come far capire che la densità dello spazio è molto più piccola? Ora un’interpretazione congetturale del fisico statunitense fa dipendere la densità totale dall'apporto di tanti possibili condensati, inclusi taluni positivi, taluni negativi. La compensazione di tali contributi crea la condizione più opportuna per osservare un universo in lenta evoluzione. Purtroppo, “nell'unico universo che abbiamo esaminato”, disponiamo di un solo campione per asserire che la Griglia è dotata di massa. 33 Si veda WILCZEK , cit., p. 114. WILCZEK , cit., p. 115. 34 35 WILCZEK si premura di riferire i condensati noti con le relative stime, in op. cit., ibidem. Ed ecco una riproposizione delle peculiarità fondamentali della Griglia, la sostanza basilare della realtà fisica: la Griglia occupa lo spazio e il tempo; svariati frammenti di spazio e di tempo posseggono le medesime peculiarità basilari; la totale attività quantistica che prevede la Griglia è spontanea, impredicibile ed anche osservabile (e misurabile) solo se è perturbata: in breve, si può definire il cosmo come “un superconduttore multicolore multistrato”; un “campo metrico”, racchiuso dalla Griglia, è causa dell'irrigidimento dello spazio-tempo e della gravità; la stima del peso della Griglia è fornita da una densità universale. Se è pur vero che «il caso, l'incertezza e il caos non infestano ogni aspetto della realtà»36, è pure dominante nell'uomo l'esigenza di calcolare le peculiarità costanti della realtà: dalla forma di una molecola alla forza di un materiale, alla massa di un protone, insomma ai cosiddetti sistemi isolati, privi di relazione con lo stato generale del mondo. Ora, si tratta di capire come il fisico, ricorrendo al “demone calcolatore”, il computer classico, è in grado di fornire un “ritratto” del protone (IX. Materia che calcola). In proposito, il computer classico, con l'impiego di equazioni descriventi lo sviluppo temporale di qualsivoglia configurazione di attività quantistica, favorisce l'immissione di altre configurazioni e, precisamente, di informazioni contenute nelle vecchie configurazioni e memorizzate, delle “ampiezze di probabilità” collegate. In tal modo, è assicurato l'inizio di sviluppo della configurazione susseguente. Per questo, nota Wilczek, grazie ai computer e all'uso della zucca «possiamo migliorare le nostre capacità visive. E' così che abbiamo ottenuto la Tavola 4»37. E così, in seguito ad una perturbazione della Griglia, si rinvengono stabili particelle (concentrazioni di energia) a cui si fanno corrispondere protoni p, neutroni n ed altro; oppure particelle instabili con i dovuti corrispettivi: mesone π, barione Δ, e altri congeneri. La Figura 13 del testo raffigura una parte dello spettro degli adroni, sottoposti all'attenzione dell'osservatore: interagiscono fortemente e sono identificabili secondo la massa e lo spin. In sostanza, si tratta di attribuire, mediante il calcolo, valori ossia quantità alle masse dei quark e la “costante di accoppiamento globale”. Il fisico statunitense si cura di denotare, con l'espressione adattamento di curve e fattori di aggiustamento (o di falsificazioni) la singolare attività mirata a stabilire un accordo matematico tra i parametri di una teoria e i dati dell'osservazione. La QCD non ammette parecchi parametri: ogni quark ha una massa ed una “intensità di accoppiamento”. L'obbiettivo da conseguire, si ribadisce, è l'accordo della teoria, tramite il calcolo, con la realtà osservata. 36 WILCZEK , cit., p. 128. 37 WILCZEK , cit., p. 129. Si veda la Tavola 4 con la relativa didascalia, in op. cit. infra. In effetto, i quark più leggeri, u e d necessitano della massa media m leggera, laddove il quark strange della ms: i primi quark e il secondo nondimeno, hanno in comune l'intensità di accoppiamento. La Figura 1538 spiega minutamente la corrispondenza dei valori quantificati della massa e dello spin ai valori rilevati con l'osservazione; mette soprattutto in evidenza l'elemento N, che significa nucleone ovverosia protone e neutrone, le cui masse nella scala della figura risultano “indistinguibili”. E' veramente lusinghiero il risultato rappresentato dalla Figura 15, i cui autori sono ricercatori. Essi con l'impiego intelligente della tecnologia informatica moderna hanno mostrato che «equazioni rigorose di grande simmetria rendono conto in maniera convincente e nei dettagli quantitativi tanto dell'esistenza dei protoni e dei neutroni quanto della loro proprietà»; inoltre, hanno potuto dimostrare «le origini della massa del protone e quindi della gran parte della nostra massa»39. Ora, si esamina una questione assai delicata: saper calcolare qualche cosa non significa conoscerla. (X. L 'origine della massa). Per il fisico statunitense è possibile la “comprensione” approssimativa della produzione di «massa senza massa» da parte delle equazioni della QCD, quando si consideri il peso di tre idee ben interrelate40. Prima idea. La carica di colore – attributo fisico fondamentale dei quark- genera una perturbazione nell'ambito della Griglia (nei campi di gluoni), che tanto più cresce quanto più si amplia. Una perturbazione dei campi su un volume infinito comporta un costo energetico. Seconda idea. Annullamenti costosi sarebbero la conseguenza della possibile sovrapposizione dell'antiquark al quark e perciò della risoluzione di un totale annullamento. In conformità del principio di indeterminazione di Heisenberg si può comprendere la localizzazione di una particella che disponga di un'estesa varietà di quantità di moto. Solo che l'ampia quantità richiede un elevato costo energetico. Terza idea. La seconda legge di Einstein. Dallo studio della stessa natura discendono due contrapposti modelli culturali: la localizzazione dell'antiquark nel quark, che dà luogo alla soppressione della perturbazione della Griglia e quindi la riduzione al minimo del costo energetico; e, in alternativa a questa condizione, una certa libertà ascrivibile all'antiquark di vagare e che ha come effetto la riduzione al minimo del “costo quantistico di localizzare una posizione”. Tuttavia al compromesso di queste opposte posizioni ci conduce la stessa natura, «che non può annullare l'una e l'altra energia simultaneamente», e permettere che l'energia totale sia uguale a zero41. In ogni modo la natura consente che intervengano gli aggiustamenti, più o meno duraturi. 38 Wilczek, cit., p. 132. Ivi, p. 133. 40 Ivi, p. 135. 41 WILCZEK , cit., p. 137. 39 «Ciascuno – nota Wilczek – avrà la propria energia non nulla E. Quindi, in base alla seconda legge di Einstein, ciascuno avrà la propria massa, m=E/c2. Questa è l'origine della massa (o per lo meno del 95 per cento della massa della materia normale)»42. L'attenzione scientifica all'origine della massa richiama qualche nota chiarificatrice. Per ora, l'idea sostenuta, «massa senza massa», vuole significare che in particolare i quark e i gluoni non sono dotati di massa e che ciondimeno «da elementi costitutivi di massa nulla possono emergere oggetti dotati di una massa non nulla»43. Per di più, la meccanica quantistica ci fa capire l'origine della nostra massa e invece, assente la meccanica quantistica, «siamo condannati ad essere più leggeri»44. Ed ancora, possiamo addurre, a mo' di esemplificazione, il comportamento degli elettroni: dotati di carica negativa, essi si dirigono – in seguito alla forza elettrica attrattiva – verso il nucleo di carica positiva, ma frenati dalle proprie ondicelle (Wavicles) non si sistemano su di esso. E' questa una delle possibili soluzioni di compromesso che rileviamo come “livelli di energia dell'atomo”. Infine se consideriamo la massa del corpo umano, apprendiamo che essa trae origine per lo più dai protoni e dai neutroni costitutivi di esso. Pertanto, l'inerzia del corpo umano, con un grado di precisione rispondente al 95 per cento, «è il suo contenuto di energia»45. *** I suoni emessi dalle masse delle particelle “pizzicate” risuonano, tramite le frequenze, nello spazio (XI. La musica della Griglia: una poesia in due equazioni). Dalla combinazione della seconda legge di Einstein, m=E/c2 e della formula di Planck-EinsteinSchrödinger, E=h v, consegue un risultato stupendo: v=mc2/ h, dove “la funzione d'onda di uno stato quantico di energia E vibra a una frequenza v”, la quale è data da v=E/h. E' interessante far notare come «la musica delle sfere», provocata, secondo gli antichi, dal percorso periodico dei pianeti lungo le loro orbite abbia costituito per tanti scienziati moderni solo un'ispirazione fantastica, senza concretizzarsi in idea scientifica. Tale idea, che non disdegna la propria ascendenza, trova una realistica espressione nella formula v=m c2/h. *** «Tutto va reso quanto più semplice possibile, ma non più semplice»: è il noto consiglio di Einstein. Esso è saggio, eppure non si lascia osservare facilmente, quando si è al cospetto di una teoria idealmente semplice, come la QCD, non agevolmente traducibile nel linguaggio ordinario e richiedente per la sua complessità responsabilità collettiva ed impegno gravoso in comune (XII. Semplicità profonda). 42 Ibidem. Ivi, p. 241. 43 44 Ivi, p. 138. 45 Wilczek, cit., p. 138. «Come la verità profonda di Bohr – nota Wilczek – la semplicità profonda contiene un elemento del proprio rapporto, la complessità profonda»46. E' da seguire una regola prettamente metodologica nel campo della fisica fondamentale: occorre non allarmarsi, nel corso della ricerca, alla presenza di troppi gluoni e procedere però con determinazione nello studio dei costituenti basilari della materia. In proposito scrive Wilczek: «Ma ciascuno degli otto gluoni colorati è lì per uno scopo. Insieme, realizzano la simmetria completa tra le cariche di colore. Elimina un gluone, o modifica le sue proprietà, e la struttura crolla. Specificamente, se si apportano queste modifiche, la teoria nota come QCD inizia a prevedere insensatezze; alcune particelle vengono prodotte con probabilità negative e altre con probabilità maggiori di 1. Una teoria perfettamente rigida come questa, che non consente modifiche correnti, è estremamente vulnerabile. Se una sola delle sue previsioni è sbagliata, non ci sono scappatoie. D'altro canto, una teoria perfettamente rigida, appena mostra un successo significativo, diventa davvero molto potente. Infatti, se è approssimativamente giusta e non può essere modificata, allora deve essere esattamente giusta!»47. Di certo non in coerenza con tali questioni metodologiche si presentano comportamenti che, per quanto non alterano la perfezione della teoria, introducono complicazioni superflue e per questo eliminabili. A proposito bisogna qui notare la risoluzione di Sir Isacco Newton di conservare la teoria della gravitazione, pur non essendo stato capace di trarre dallo studio e dall'osservazione dei fenomeni le ragioni delle proprietà della gravità e inducendosi a non inventare ipotesi. “Non invento ipotesi” – una dichiarazione di ordine metodologico, a cui si richiamerà anche il fisico e filosofo austriaco Ernst Mach – significa unicamente che «Newton si astenne dal caricare la teoria della gravitazione di congetture prive di un contenuto osservabile»48. Ma tutto questo non significa rinunziare ad essere “ambiziosi”, recedere dall'impresa di elaborare modelli matematici precisi. Al contrario, è una chiara sollecitazione a superare ostacoli d'ogni sorta (le pre-cognizioni che non hanno basi stabili) che arrestano la continuità della Rivoluzione scientifica. Compressione, decompressione e (in) trattabilità. L 'esigenza avvertita dagli studiosi di rendere le proprietà fisiche fondamentali in termini semplici ha riferimenti precisi nella tecnologia della comunicazione e dell'informazione, dove viene effettuata la “compressione dei dati”. Proprio così, tale compressione è presupposta dall'impegno di costruire teorie fisiche fondamentalmente semplici. Per Wilczek, la finalità da perseguire è «trovare il messaggio più corto possibile – idealmente, una sola equazione – che una volta espanso produca un modello dettagliato e preciso del mondo fisico»49. Anche questa straordinaria impresa deve 46 Wilczek, cit., p. 141. 47 Ivi, p. 142. Ivi, p. 144. 49 WILCZEK , cit., p. 146. 48 conformarsi a qualche regola, specie all'uso di espressioni appropriate e non approssimative, alla negazione di consenso alle teorie che danno previsioni errate. Come non si può negare a Newton il merito di essere stato il promotore della prima rivoluzione scientifica, così condividiamo attualmente lo stupore e al contempo l'entusiasmo che i cultori di astronomia provarono, nel 1846, a proposito della scoperta di piccole differenze tra i dati osservati e previsioni nell'orbita di Urano, e dell'esistenza del pianeta Nettuno in base ai calcoli e alle previsioni dell'astronomo francese Urbain Le Verrier. Wilczek con la mente intenta a perseguire l'ideale di una teoria unificata, osserva giustamente: «Equazioni profondamente semplici sempre più compresse da cui partire, calcoli sempre più complessi per svilupparle, risultati sempre più ricchi con cui il mondo si rivela in accordo. Questa, a mio avviso parere, è un'interpretazione ragionevole di ciò che intendeva dire Einstein con la frase “sottile è il Signore, ma non malizioso”»50. *** In astronomia, le forze gravitazionali sono ridicolmente piccole rispetto alla forza elettrica o all'interazione forte. E' impossibile costruire una teoria unificata, quando sussiste una disparità delle forze. L'ideale di una teoria unificata è realizzata attraverso una nuova interpretazione dell'origine della massa. Non facilmente ammettiamo che la gravità è debole (Parte II. Cap. XIII. La gravità è debole? In pratica sì). Forze elettriche tengono uniti gli atomi, tra il nucleo atomico che ha carica positiva e gli elettroni che hanno carica negativa. In un'immaginabile disattivazione delle forze elettriche, quanto sarebbe grande un atomo tenuto insieme dalla gravità? Ecco la risposta di Wilczek: il raggio di un atomo tenuto insieme dalla gravità sarebbe pari a cento volte il raggio dell'universo visibile. Inoltre si enfatizza giustamente la curvatura della luce come effetto dell'attrazione gravitazionale del Sole. Tale risultato legittima scientificamente la deviazione del percorso di un prossimo fotone per l'azione del Sole. Ora, l'interazione forte ha un altro esito. Alcuni quark (particelle subatomiche portatrici delle interazioni forti) fanno sì che i gluoni, diretti su un percorso rettilineo, cambino direzioni non oltre il tratto pari al raggio del protone e vi si posizionino dentro. Intanto ammettiamo un dato certo: le forze elettriche e gravitazionali diminuiscono ugualmente in relazione all'aumento della distanza ed anche conservano lo stesso rapporto in ogni determinata distanza. In un confronto, la forza elettrica è più intensa di quella gravitazionale. Per certo la gravità – nota Wilczek – è «la forza dominante in astronomia, ma solo per mancanza di concorrenti. Altre interazioni sono molto più intensi, però comprendono attrazioni e repulsioni. Naturalmente la materia raggiunge un equilibrio preciso, con le forze che si annullano a vicenda. Squilibri temporanei (piccoli) tra le forze elettriche generano una tempesta di fulmini; piccoli squilibri temporanei tra le interazioni forti inducono un'esplosione nucleare. Una rottura dell'equilibrio non può durare a lungo. La gravità, d'altro canto, è sempre attrattiva. Pur essendo meno intense al livello 50 Ivi, pp. 147-­β48. di singole particelle elementari, le forze gravitazionali inesorabilmente si sommano. I miti possiedono l'universo»51. *** La gravità è una forza universale, fondamentale; eppure teoreticamente genera inquietudine, in quanto sembra debole ed intralcia il progetto di unificazione delle forze e delle teorie (XIV. La gravità è debole? In teoria, no). La teoria della gravità di Einstein, la relatività generale, connette la gravità alla struttura spaziotemporale. La forza universale della gravità, secondo Einstein, permette che un corpo e ogni altro corpo procedano in linea retta nello spazio-tempo curvo. Anche Newton si rappresenta la gravità in termini universali, ma rende sbrigativamente l'universalità come una quantità innumerabile di coincidenze, di cui una per ogni corpo. Tuttavia si evidenzia una discrepanza attraverso l'esame attento di due leggi della dinamica. Mentre per F = m a (forza = massa x accelerazione) la forza gravitazionale agente su un corpo è proporzionale alla sua massa, per la seconda legge di Newton a = F/ m l'accelerazione di un corpo determinata da una certa forza è inversamente proporzionale alla sua massa. Da un accostamento delle due proprietà emerge che l'effettiva perturbazione del movimento del corpo è indipendente dalla sua massa. Non sfugge certo all'osservatore attento che “tutti i corpi accelerano nello stesso modo sottoposti alla gravità”; invece tale comportamento universale propone qualcos'altro: la forza gravitazionale non deve risultare necessariamente in proporzione con la massa del corpo, dal momento che alcune forze, quelle elettriche, si svelano di non essere proporzionali con la massa. Einstein, d'altro canto, non vede la necessità di pronunciarsi distintamente su una forza e su una reazione alla forza subordinate alla massa in modo completamente diverso e, dando una prova di semplicità profonda, ravvisa solo l'esistenza di corpi che persistono nella tendenza di «andare diritto nello spazio-tempo curvo»52. La gravità universale è la condizione assolutamente necessaria che si richiede per la costruzione di una teoria unificata di tutte le forze naturali. In tal senso la combinazione dell'universalità e della sua apparente debolezza presenta difficoltà. Quanto alle posizioni o situazioni alternative, prende corpo il richiamo di Wilczek all'immaginazione. Ora, ci si figura che la gravità tragga origine da altre forze fondamentali. In tal caso, la gravità si può configurare come effetto piccolo o debole, cioè come un residuo conseguente all'annullamento degli effetti di opposte cariche elettriche o di colore. Ma le forze fondamentali, presupposte come generatrici della gravità, non sono universali. In effetto, i quark sottostanno all'interazione forte, ma non gli elettroni; gli elettroni e i quark, ma non i fotoni e i gluoni colorati, hanno una carica elettrica per la forza elettromagnetica. «E' difficile immaginare – nota il Wilczek – una semplice forza universale che abbia le stesse conseguenze per tutte le particelle che emergono da tali ingredienti asimmetrici»53. 51 WILCZEK , cit., pp. 152-­β53. WILCZEK , cit., p. 155 53 WILCZEK , cit., p. 156. 52 Inoltre, si suppone la derivazione di forze non universali da una forza universale, qual è la gravità. In altri termini, potrebbero affacciarsi soluzioni diverse delle equazioni universali intese come espressioni dell'energia concentrata in piccole regioni dello spazio, vale a dire di particelle fornite di proprietà diverse. Tuttavia, non è facilmente comprensibile il modo per il quale «una forza straordinariamente debole possa avere come sottoprodotti forze molto più intense»54. Infine, si considera il caso in cui tutte le forze, allineatesi su una medesima posizione, nel rispetto di una probabile simmetria, si presentino come aspetti diversi di un unico insieme. Comunque, anche in questa circostanza, la gravità risulterebbe tanto più debole delle altre forze. Lo stato attuale dell'indagine mirata all'unificazione delle forze e delle teorie procede con cautela e certo non c'induce ad ammettere che la gravità sia realmente debole. In conclusione, la stessa fiducia nel dare una reale e seria consistenza all'idea vagheggiata di unificazione delle forze pone Wilczek nella condizione di rifiutare che «la gravità sia realmente debole, anche se sembra che lo sia»55. In pratica, la gravità è debole; in teoria, non lo è. (XV. La domanda giusta). Per la misurazione della gravità si considerano i suoi effetti sulla materia. L'intensità della forza gravitazionale è proporzionale alla massa dei corpi, che, s'intende, è la massa dei protoni e dei neutroni. Ora, è credibile che l'apparente debolezza della gravità trovi spiegazione nel peso leggero dei protoni e dei neutroni. In aggiunta, secondo l'alta teoria, la gravità è, sì, pensata fondamentale, ma non può valere a qualcosa di più semplice. Wilczek interessato all'armonia di teoria e pratica e sorretto da una profonda conoscenza dell'origine della massa del protone, si domanda giustamente perché i protoni siano leggeri: domanda, questa, che sollecita una risposta. L'apparente debolezza della forza gravitazionale, riconducibile all'esistenza di protoni leggeri costituenti i corpi, è un gravoso ostacolo alla comprensione delle diverse forze in una sola teoria (XVI. Una risposta meravigliosa). I protoni e i neutroni stanno insieme in un modello di nucleo atomico. In particolare il protone è un'unione stabile di quark e gluoni. La carica di colore dei quark genera perturbazione nei campi dei gluoni, perturbazione all'inizio piccola ma passibile d'ingrandimento per la crescita della distanza del quark. La perturbazione della carica di colore comporta un elevato costo di energia; la stabilità degli stati, invece, viene preservata con minima energia. Nel caso di una sovrapposizione di quark “annullatori” sul quark originario, si verificherebbe l'annullamento completo della perturbazione con il minimum di energia possibile, ossia con zero. In realtà, accettando le regole della meccanica quantistica, l'indagine richiede un diverso costo energetico. Per intanto un quark, come pure un'«ondicella», abbisogna d'essere individuatolocalizzato nella sua posizione precisa dalla sua funzione d'onda; operazione, questa, basata 54 Ibidem. Ibidem. 55 sull'impiego di una elevata quantità di energia. Entro questi termini, si ammette la soluzione di compromesso, che consiste nell'uso di energie residue da perturbazioni non assolutamente complete nel campo dei gluoni o dalle posizioni in parte rintracciate dei quark. «Dal totale E di queste energie – scrive Wilczek – emerge la massa del protone, in base alla 56 seconda legge di Einstein m = E/c2» . Quanto a tale stato della ricerca pertinente alla fisica fondamentale, si prende in seria considerazione la maniera in cui «la perturbazione del campo dei gluoni aumenta al crescere della distanza»57. In breve, si tratta di dar risalto alla libertà asintotica prodotta dall'antischermatura di una carica di colore. In proposito nota Wilczek: «La si può pensare come una forma di “polarizzazione del vuoto” in cui l'entità che chiamiamo spazio vuoto, la GRIGLIA, antischerma una carica imposta»58. L'antischermatura gradualmente fa crescere d'intensità la carica di colore sorgente piccola. E per giunta quanto più la carica di colore si allontana dal quark sorgente tanto più la perturbazione s'ingrandisce e, costituendo una minaccia, viene annullata. Di contro, alla perturbazione che cresce lentamente si conforma il piccolo impiego di energie nella localizzazione dei quark annullatori; nella stessa maniera si dà spiegazione, ma vagamente, della leggerezza della massa del protone. Quanto al processo complesso e profondo della massa del protone, esso non può basarsi su domande vaghe e risposte altrettante imprecise; e, per di più, entro precisi termini, si spiega l'esigenza di dare risposte adeguate alle domande, ai problemi insorgenti nel corso di una indagine fisica e fondamentale. Max Planck, tra il 1898 e il 1900, prima di ampliare le equazioni fondamentali della meccanica quantistica con la costante h, pensò di valersi delle cosiddette unità assolute. Ma prima di Planck, il famoso Pitagora di Samo, VI secolo a. C., rilevò l'importanza del numero nel graduare le note delle corde musicali, nel ricondurre i suoni armoniosi a rapporti numerici e costruire forme geometriche. Solo che la concezione pitagorica del numero non può oltrepassare il limite prefissato. In tal senso scrive Wilczek: «Numeri astratti come “3” non hanno una lunghezza, una massa né una durata nel tempo. Di per sé i numeri non possono fornire unità fisiche di misura; non ci si può fare regoli, bilance e orologi»59. In altri termini, non manca di osservare Wilczek, ricorrendo solo ai numeri, non riusciamo a comunicare ai presunti abitanti di Andromeda misure di lunghezza, massa e tempo. Occorrono a tal fine leggi fisiche comuni agli abitanti della Terra e agli andromediani: C: la velocità della luce; L: la costante gravitazionale di Newton, che misura l'intensità della gravità (nella teoria newtoniana, per due corpi puntiformi m1 e m2, separati da una distanza r la forza di attrazione F è data da F = m1 m2 L / r2) ; h = la costante di Planck. 56 WILCZEK , p. 159. WILCZEK , cit., p. 159. 58 Ibidem. 59 Ivi, p. 161. 57 Da queste tre quantità discendono le unità di lunghezza, di massa e di tempo, denominate unità di Planck: LP, MP, TP60. Le unità di Plank non hanno un riscontro convenientemente pratico nella vita quotidiana, ma, lungo il secolo XX, in accordo con gli sviluppi della fisica assumono un valore senz'altro apprezzabile. «I fisici – nota Wilczek – arrivarono a capire che ciascuna delle quantità c, G e h svolgono il ruolo di fattore di conversione, un fattore necessario per esprimere un concetto filosofico profondo»61. Precisamente le operazioni di simmetria (boost, cioè trasformazioni di Lorentz), comprese nella relatività speciale, mescolano lo spazio e il tempo – l'uno e l'altro misurabili in unità differenti. Ora è c un fattore di conversione tra spazio e tempo: la moltiplicazione di un tempo per c dà come risultato una lunghezza. Inoltre, secondo la teoria quantistica, una relazione inversa tra lunghezza d'onda e quantità di moto, e una proporzionalità diretta tra frequenza ed energia, sono presupposti come aspetti della dualità onda-particella. Anche queste coppie di grandezza sono misurabili in unità diverse; da qui l'introduzione di h come fattore di conversione. Infine, secondo la relatività generale, la densità energia-quantità di moto determina una curvatura dello spazio tempo; pertanto, l'introduzione di G, come fattore di conversione, permette la misurazione della densità di energia e della curvatura dello spazio tempo in unità differenti. Valendoci delle unità di Planck, arriviamo a comprendere come la debolezza della gravità (relatività generale) è riconducibile all'origine della massa del protone e c'induce a rimuovere l'ostacolo costituito dalla stessa debolezza della gravità. Non senza difficoltà si presenta il percorso diretto alla teoria unificata in cui rientrano come costituenti primari la relatività speciale, la meccanica quantistica, la relatività generale (la gravità). Riflettiamo ora sulle diverse fasi di tale percorso. Per adesso, si constata la connessione tra l'apparente debolezza della gravità e la massa del protone, in quanto piccola in unità di Planck. Entro termini precisi, una spiegazione della massa del protone valevole nel piano teorico (e pratico) esclude un effetto diretto delle leggi basilari della fisica, ma si richiama ad una via di mezzo non sempre congrua o completa tra l'energia del campo dei gluoni e l'energia di localizzazione dei quark. Più precisamente, al di sotto del fenomeno iniziale del processo, cioè della massa del protone, c'è l'unità di carica di colore. E' rilevante, nel processo in questione, l'intervento della carica di colore: produce quali effetti sia l'intensità della energia di localizzazione dei quark preposti ad annullare la 60 Si veda WILCZEK , cit., p. 162. Ivi, p. 163 61 minaccia del rigoglio energetico del campo dei gluoni sia il valore della massa, in conformità della seconda legge di Einstein. Ora, una carica di colore “ragionevole” può determinare il valore reale – molto piccolo in unità di Planck – della massa del protone? In base all'opinione di Planck, la carica di colore sorgente è ragionevole, dato che si forma una forza tra quark separati da una distanza relativamente piccola, misurata in unità di Planck. C'è bisogno di dire che la prospettiva fornita da Planck prende forma in un ideale che entusiasma i cultori della scienza fisica: l'ideale di unificazione della relatività speciale, della meccanica quantistica, della gravità con altre interazioni. E proprio dall'ammissione ipotetica di tale ideale si fa discendere la spiegazione valevole in termini teorici (e pratici) del perché «i protoni sono leggeri», e anche del perché «la gravità è debole»62. In tal modo si è indotti pure a quantificare l'intensità della carica di colore sorgente; e Wilczek, provandosi a calcolare “secondo il metro della fisica moderna”, riesce ad ottenere il seguente risultato: la sorgente dell'interazione forte tra quark, alla scala di Planck, misurata in unità di Planck, si avvicina a 1 e, per meglio dire, “all'incirca 1/ 25”. Su questa base propria della fisica fondamentale, si riesce a spiegare l'(apparente) debolezza della gravità e ad eliminare ostacoli non lievi che purtroppo frenano il cammino della scienza verso l'unificazione delle forze. Dall'epoca storica dei Presocratici sino al nostro tempo non si è mai arrestato il cammino dell'uomo diretto ad indagare sui costituenti ultimi della materia. L'indagine del mondo fisico, nell'età moderna e contemporanea, si presenta sempre come un percorso culturale mirato a dare corpo ad idee geniali, a costruire grandi teorie con principi generali (una serie di leggi-procedure, convenzioni), che siano in grado di procurare, attraverso le svariate modalità dell'applicazione concreta, risultati non affatto rassicuranti eppure sempre esposti ad ostacoli epistemologici, ai tanti limiti che si frappongono al processo libero ed autonomo di avvicinamento alla “veridicità” scientifica. Lo sforzo lodevole di Frank Wilczek e dei fisici contemporanei, attraverso lo studio sistematico e minuzioso della fisica delle particelle, è di conseguire – tra le difficoltà inerenti alla natura e ai limiti della ricerca scientifica – un intento scientifico: porre mente nella necessità di ordine teorico e pratico di unificare le interazioni fondamentali e le relative teorie (relatività speciale, meccanica quantistica, gravità o relatività generale). «La bellezza è verità?» dà il titolo alla Parte III, sezione finale del lavoro, a dir poco seducente di Wilczek. Senza entrare nei dettagli matematici e tecnici, ci preme dar risalto, in questo tratto conclusivo della nostra presentazione-ricostruzione, al convincimento teoretico, sorretto dalla fede nella testimonianza autentica della natura, che non è impossibile una teoria unificata della natura. La Teoria Essenziale, che tiene dietro alla 62 WILCZEK , cit., p. 165. cromodinamica quantistica (QCD), arriva ad includere l'apparente debolezza della gravità nel numero delle interazioni fondamentali tra le particelle. «Le cariche elettriche – scrive Wilczek –, che nella Teoria Essenziale sembrano decorazioni usuali, diventano elementi essenziali nell'armonia dell'unificazione»63. Ma il paradosso non scompare del tutto: in base alla simmetria superiore, si prevede l'unificazione delle particelle elementari; di contro, se ci atteniamo alle apparenze, questa unificazione viene accantonata: la Griglia che riempie lo spazio (percepito vuoto) è sondata dagli sperimentatori attraverso l'impiego di una meccanica distruttiva, il LEP, e si rivela propriamente attiva ed offre un'immagine distorta degli accoppiamenti delle particelle. La lezione di K. Popper è ben interpretata: la scientificità di una teoria sta nella sua falsificabilità, e le correzioni addotte possono salvarla. Difatti, la supersimmetria, definita SUSY, perfezionando le equazioni della fisica, propone un ampliamento del mondo. La supersimmetria di SUSY, in quanto connessa alla simmetria di “boost” della relatività speciale di Einstein, è qualcosa di più: essa comporta «non un vuoto nello spazio ordinario con una velocità costante», ma «un moto in nuove dimensioni», cioè in dimensioni quantistiche. Anche la gravità, «ridicolmente debole», si può unire alle altre interazioni o forze. A questo punto, tuttavia, bisogna pur dire che la costruzione della unificazione delle forze fondamentali e delle relative teorie, effettivo esito della profusione di tante energie operanti nel mondo della scienza e della tecnologia avanzata, costituisce una fase senz'altro determinante ma non conclusiva dello studio circa i fondamenti della fisica. In buona sostanza, resta da invocare l'intervento della Natura, della superconduttività naturale, perché si diano risposte “veridiche” alla insistente domanda di crescita del sapere scientifico. In conclusione, si presenta l'auspicata opportunità di enfatizzare giustamente il progetto elaborato all'interno del laboratorio del CERN e frutto di una solida cooperazione di scienziati e sperimentatori del Large Hadron Collider (L H C ), dotato di acceleratori e di rilevatori. L'impiego di protoni piuttosto che di elettroni e di positroni potrebbe fornire ulteriori motivi nel comportamento di «un superconduttore multicolore multistrato», qual è appunto la Griglia. L'ottimismo, la caparbietà del fisico, la consapevolezza della natura della ricerca circa i fondamenti della fisica e dei suoi limiti non insuperabili, la fervida immaginazione, il possesso di dati scientifici e tecnici sono saldamente uniti nell'annuncio – sincera espressione di un sotteso programma di lavoro – di Frank Wilczek che i verdetti degli acceleratori, dell'universo e del sottosuolo profondo, insomma della natura in aiuto delle nostre “super” idee «inaugureranno una nuova età dell'oro della fisica fondamentale»64. Crediamo bene, a completamento della nostra proposta di rappresentazione-ricostruzione della visione scientifica di Frank Wilczek, ben delineata nella sua ultima fatica (Einaudi, 2009) e 63 WILCZEK , cit., p. 180. WILCZEK , cit., p. 199. 64 collegatasi idealmente ad una sua pubblicazione in Italia (La musica del vuoto, Roma, Di Renzo editore, 2007) e per di più ad una fertile attività, attraverso studi e pubblicazioni di fisica fondamentale, di professore di fisica al Massachusetts Institute of Technology, d'intrattenerci anche sui punti d'incontro tra scienza e filosofia emersi nel testo, a dimostrazione del ricercato senso dell'unità della cultura. Proprio così, è l'uomo con la sua presenza attiva nell'ampia e pluridimensionale tensione della conoscenza, che ricostruisce nel susseguirsi delle epoche storiche la visione organica del sapere, propriamente greca. Se la filosofia, come dice Enzo Paci, nasce dalla realtà storico-politica e alla realtà storicopolitica ritorna, ugualmente la scienza, in specie la scienza matematico-fisica, pur astratta nei suoi autonomi sviluppi teoretici e pratici, non è indipendente dalle diverse condizioni reali dell'età storica. Il fluire della vita umana – nei vari momenti religiosi e culturali, nelle differenti composizioni statuali, economiche e sociali – si pone, per mediazione di me-uomo e di altri uomini essenti nel mondo, in relazione con modelli religiosi, culturali, politico-giuridici, filosofici, scientifici e tecnologici, propri delle reali condizioni storiche. In sostanza sono diversamente espressioni delle rispettive realtà storiche: il sapere degli antichi comprensivo di tante intuizioni (alcuni richiami: il numero di Pitagora, l'ipotesi eliocentrica di Aristarco di Samo, l'etere di Aristotele); nell'età moderna e contemporanea, la nozione di spazio pieno di Descartes, gli sviluppi della geometria non euclidea da quella di Euclide, la nozione di tempo e di spazio assoluti in Kant e Newton, il cronotopo di Einstein; il passaggio dallo “scientismo” positivistico al probabilismo, al clima storico in cui si svela il principio di indeterminazione di Heisenberg, la creazione di modelli distinti di atomi, di dispositivi di ampia portata tecnologica, e via dicendo. L'esigenza di Wilczek, più che mai avvertita in comune con fisici e sperimentatori, di rendere possibile ed operativa l'unificazione delle forze e delle teorie fondamentali della fisica, ha più di un punto di connessione con il relazionismo di Enzo Paci e la fenomenologia di Edmond Husserl. Com'è noto la teoria della relatività di Einstein è una componente fondamentale dell'odierna fisica elementare. Enzo Paci, originale interprete della relazionalità dell'esperienza, giustamente enfatizza la teoria della relatività come «tentativo di un'interpretazione coerente, e quindi sintetica o “unitaria” di alcuni concetti fisici fondamentali come il movimento lo spazio e il tempo», riconoscendo altresì che nel fisico matematico tedesco «i rapporti matematici e geometrici, se possono sussistere astrattamente per dar luogo a tecniche particolari, in realtà non sono mai separabili dalla relazionalità dell'esperienza»65. L'ultimo grande lavoro di Edmund Husserl66, si pone la questione della crisi che investe la scienza, così ramificata nelle sue parti da perdere di vista il suo presupposto, il mondo circostante intuitivo. E' in questione il problema della salute e della spiritualità europea, la cui tematizzazione spetta ad una filosofia autentica, non identificabile con questo o quel sistema filosofico, ognuno dei quali portatore di grandi pretese ed inconciliaboli tra loro. Da qui l'assunzione da parte dell'uomo di un atteggiamento autentico, non quello naturale ed 65 Dall'Esistenzialismo al Relazionismo, Messina-­βFirenze, Casa Editrice G. D'Anna, 1957, p. 143. La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, a cura di Walter Biemel, trad. it. di Enrico Filippini, L'Aja, 1959; Milano, 1961. 66 ordinario che procura una rappresentazione naturalistica ed oggettivistica del mondo esterno, ma quello fenomenologico, che ci riconduce al mondo della vita. La crisi delle scienze ha le sue radici nel naturalismo e nell'obiettivismo. Il naturalista, scrive Husserl «non si rende conto che il costante fondamento del suo lavoro concettuale, che nonostante tutto è soggettivo, è il suo mondo circostante della vita in quanto terreno, in quanto campo di lavoro, e che soltanto su di esso hanno un senso i metodi di pensiero, i suoi problemi»67. L'analisi fenomenologica si occupa anche della rivoluzione di Einstein che utilizza le formule della “fisica idealizzata e ingenuamente obiettiva”. Il fisico tedesco, dice Husserl, «non ci dice nulla sul modo in cui le formule in genere, l'obiettivazione matematica in generale, assumono un senso nello sfondo della vita e del mondo circostante intuitivo; perciò Einstein non riforma lo spazio e il tempo entro cui si svolge la nostra vita vivente»68. Ed inoltre la scienza naturale matematica, continua Husserl, è «una meravigliosa tecnica per compiere induzioni di un'efficienza, di una probabilità, di una previsione, di una calcolabilità tali che un tempo erano insospettabili. In quanto operazione essa è uno dei trionfi dello spirito umano. Ma la razionalità dei suoi metodi e delle sue teorie è soltanto relativa. Essa presuppone la posizione del fondamento, il quale si sottrae a una reale razionalità. In quanto la tematica scientifica dimentica completamente il mondo circostante intuitivo, questa sfera meramente soggettiva, dimentica anche il soggetto operante, non tematizza lo scienziato»69. Entro questi termini, non disatteso il richiamo husserliano al rispetto della salute e della spiritualità “europea”, i rapporti storici e teoretici tra il pensiero filosofico e il pensiero scientifico richiamano sempre più l'interesse degli studiosi contemporanei, dal momento che la filosofia rinunzia a fornire una Weltanschaung, ossia una visione unitaria e sistematica della realtà e della vita e a propria volta la scienza, sia nella forma pura o teorica, sia nella forma applicata o sperimentale, pur attenta l'una al rispetto del proprio statuto teorico e sollecita l'altra dell'effettiva applicazione o utilizzazione del principio teorico, matura la consapevolezza che non può estraniarsi dalle sue matrici esistenziali e che quanto al processo delle conoscenze riconosce valido il criterio metodologico che consente l'approssimazione non alla verità ma ai traguardi “veridici”. E' significativo, in questo senso, il dispiegarsi dell'indagine epistemologica rivolta alla chiarificazione delle strutture formali del discorso scientifico-critica del concetto di induzione; interesse per il concetto di ipotesi, di probabilità, per il principio di complementarità; l'uso di metodi statistici e di protocolli, e via dicendo; alla delimitazione del campo della scienza; ugualmente, il falsificazionismo di Popper, il “Contro il metodo” di Feyerabend: vero e proprio elogio della ricerca libera, estranea a regole limitatrici dell'autonomo procedere scientifico, aperta alla creatività e alla retorica; la costruzione di un'idea meravigliosa, «la libertà asintotica nell'interazione forte», che nel 2004 procura il premio Nobel a Frank Wilczek, David Gross, David Politzer, ed abbrevia i tempi richiesti per l'unificazione delle forze e delle relative teorie fondamentali dell'alta fisica, insieme con il rispetto, tra gli altri, del credo gesuitico («E' meglio chiedere perdono che chiedere il permesso») e del consiglio einsteiniano: «tutto va reso semplice, ma non troppo semplice». 67 La crisi dell'umanità europea e la filosofia, II, in: La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, cit., pp. 353-­β54. 68 HUSSERL , cit., p. 354. 69 Ibidem. In definitiva, ieri come oggi, la tecnologia – in una prospettiva intonata con il cosiddetto principio della interrelazione universale tra gli eventi spazio temporali – insiste sempre di più nell’impiego delle diverse discipline tecniche e scientifiche funzionali alla impostazione razionale delle particolari sperimentazioni. E, a tale proposito, vale la pena rilevare che nel saggio di Frank Wilczek, the Lightness of Being. Mass, Ether, and the Unification of Forces, 2008 (La leggerezza dell’essere. La massa, l’etere e l’unificazione delle forze. Traduzione di Simonetta Frediani, Torino, Giulio Einaudi Editore, 2009) sono assenti gli ultimi sviluppi sull’esistenza del bosone Peter Higgs, che purtuttavia è presupposta dallo studio attento e minuzioso compiuto dallo scienziato nel proprio saggio. Invero al problema dell’origine della massa, secondo la teoria recente, si connetterebbe la particella di Higgs, che verrebbe ad essere all’origine della massa di tutte le altre particelle. Intanto gli scienziati insistono tenacemente nella ricerca sperimentale, da cui si attendono risultati positivi. In effetti, il 4 luglio 2012, la comunità scientifica del CERN scopre il bosone di Higgs. La scoperta è stata realizzata da due esperimenti di punta di Lhc: Atlas e Cms. Il margine dei dati è pari al 99.999 %; non mancheranno di essere pubblicati i risultati di queste ricerche. Ma anche la comunità di fisici che lavora all’accelleratore di particelle di Tevatron annuncia la scoperta di una particella rispondente alle “caratteristiche” di Higgs, solo che “la certezza della loro osservazione” è pari al 90 %.70 Eppure, il Cern, la cui nascita a Ginevra risale al 1956, facendo costante affidamento in Lhc, il super acceleratore di particelle non s’arresta nelle ricerca delle alte energie nel campo della fisica, che non può non generare sorprese ed eventuali interpretazioni ulteriori. Alla fine delle nostre riflessioni ci compiacciamo di stralciare parte “del commento” di Gian Francesco Giudice, direttore del dipartimento di fisica teorica del Cern, da la Repubblica giovedì 17 dicembre 2015 e di riportarla qui di seguito: “… A partire da giugno, l’Lhc è entrato nella sua fase più avanzata, in cui l’energia dei fasci di protoni è aumentata di più del 60% rispetto al bosone di Higgs. Maggiore è l’energia, maggiore è la capacità di esplorazione. Per questo tutti noi fisici eravamo col fiato sospeso martedì al Cern per la presentazione dei dati della nuova fase. L’attesa è stata ripagata perché una sorpresa c’è stata. I due grandi rivelatori, Atlas e Cms, hanno registrato un piccolo, ma significativo, eccesso di fotoni (cioè lampi di luce) ad un particolare di energia. Che cosa vuol dire tutto questo? Forse nulla. Ma se questo eccesso di fotoni persistesse, saremmo di fronte ad una scoperta sensazionale. L’osservazione di un eccesso di fotoni è stato uno dei modi chiave con cui è stato scoperto il bosone di Higgs. Questo nuovo eccesso, se confermato, corrisponderebbe a un’ipotetica particella sei volte più pesante, che non trova spazio nella teoria standard e che metterebbe in crisi le attuali conoscenze, aprendo uno spiraglio verso fenomeni finora rimasti sepolti nella profondità dello spazio-tempo…”. 70 Gli scienziati del CERN esultano: “Scoperta la ‘particella di Dio’”, in Corriere del Giorno, Taranto, giovedì 5 luglio 2012. Se vale la pena, entro una prospettiva filosofico-scientifica, rendersi conto dell'essere così com'è (so-sein), non resta alle persone di formazione e di sentimenti liberi, sensibili al benessere ed alla crescita spirituale-culturale-scientifica e tecnologica dello stato attuale della civiltà, che ascoltare con il dovuto rispetto ed interpretare secondo modi e forme consoni alla singolare circostanza il “discorso” dell'essere nella sua fenomenologia spazio-temporale: la massa, l'etere, la genesi delle forze e la loro unificabilità. Michele Gennaro ILLUSTRAZIONI BIBLIOGRAFIA FONDAMENTALE A A . VV. (a cura di), Il secolo XX, Volume terzo, tomi primo e secondo, in: Paolo Rossi (sotto la direzione di), Storia della scienza moderna e contemporanea, Milano, TEA , 2000. BELLONE, ENRICO, La relatività da Faraday a Einstein, in: Paolo Rossi (collana diretta da), Storia della scienza, Torino, Loescher editore, 1981. EINSTEIN, ALBERT, Pensieri degli anni difficili, trad. it. di Luigi Bianchi, Torino, Boringhieri editore, 1965. EINSTEIN, A .-IN FELD, L ., L'evoluzione della fisica, trad. it. di A . Graziadei, Torino, Boringhieri editore, 1965. FEYERA BEND, PA UL K ., Contro il metodo, trad. it. di Libero Sosio, Milano, Giangiacomo Feltrinelli editore, 20053. GEYMONAT, LUDOVICO, Storia del pensiero filosofico e scientifico. Voll. I-IX, Milano, Garzanti editore, 1970-1975. GLIOZZI, MARIO, Storia della fisica, in: Nicola Abbagnano (coordinata da), Storia delle scienze, volume secondo, Torino, UTET, 1965. HUSSERL , EDMUND, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, a cura di Walter Biemel, trad. it. di Enrico Filippini, Milano, Il Saggiatore, 1961. OREAR, JAY, Fisica Generale 3, trad. it. di Nella Tomasini Grimellini e Flavio Strada, Bologna, Nicola Zanichelli editore, 1970. OXFORD UNIVERSITY PRESS (della), Dizionario enciclopedico dei termini scientifici, Milano, Rizzoli, 1990. PACI, ENZO, Tempo e verità nella fenomenologia di Husserl, Bari, Editori Laterza, 1961. POPPER. KARL R., Congetture e confutazioni, trad. it. di Giuliano Pancaldi, Bologna, Società editrice il Mulino, 1972. WILCZEK, FRANK, La leggerezza dell'essere. La massa, l'etere e l'unificazione delle forze, trad. it., di Simonetta Frediani, Torino, Giulio Einaudi editore, 2009. MICHELE GENNARO (Taranto ,1939) Vive a Manduria (TA), nel cui liceo scientifico-statale “G. Galilei” ha insegnato per molti anni storia e filosofia. Ha collaborato alla Rivista culturale Civiltà dei Licei (anno I, numero dieci, novembre 1993) con una succinta riflessione su Politica e morale in Lucio Anneo Seneca. E' autore di una monografia (Federico II di Hohenstaufen. Profilo di un ‘ grande Imperatore’. Presentazione di Hubert Houben, Manduria, Filo editore, 2005, pp. 392). Ha pubblicato su “Scheria” (Rivista del Circolo G. Sadoul di Ischia e dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Anni XVIII-XIX, n n. 34-35 2009-2010) uno scritto su: A proposito dell'orologio di Platone, che si colloca precisamente all'interno di un progetto di imminente stesura mirato ad una ricostruzione storica dell'attività poliedrica di Archita (430 a. C. circa-metà sec. IV), filosofo e matematico greco, pitagorico: Archita di Taranto. Momenti e percorsi del sapere antico: da Pitagora ad aspetti del pensiero tra il II sec. a. C. ed il II sec. d. c.