Endocrinopatie che comportano alterazioni a carico dei

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Veterinaria, Anno 9, n. 1, Marzo 1995
Endocrinopatie che comportano alterazioni
a carico dei nervi periferici nel cane e nel gatto*
TODD L. TOWELL, DVM
LINDA C. SHELL, DVM
Virginia Teach
Le polineuropatie possono provocare deficit di deambulazione oppure varie manifestazioni a carico dei nervi
cranici attraverso l’interessamento generalizzato di numerosi nervi periferici, cranici e spinali o di muscoli.1 I segni
clinici che suggeriscono l’esistenza di una polineuropatia
sono rappresentati da debolezza generalizzata, atrofia
muscolare, attenuazione dei riflessi degli arti e incapacità
di deambulazione.1 Nella maggior parte dei casi, la comparsa dell’affezione è insidiosa e il decorso cronico. La
diagnosi di neuropatia periferica si basa sui segni clinici e
sui dati elettrofisiologici (ad es. elettromiografia con ago,
valutazione della conduzione nervosa e del potenziale
d’azione muscolare evocato). La diagnosi presunta viene
confermata attraverso l’esame istopatologico di campioni
bioptici prelevati dal nervo o dal muscolo. Secondo le
segnalazioni della letteratura, le endocrinopatie che provocano danni a carico dei nervi periferici sono il diabete mellito, l’ipotiroidismo, l’iperadrenocorticismo e l’insulinoma
(Tab. 1).
In medicina veterinaria, la mancanza di una stretta correlazione fra endocrinopatie e neuropatie periferiche
dipende dalle difficoltà con cui queste ultime vengono
riconosciute. I segni motoneuronali inferiori spesso sono
attenuati e vengono evidenziati soltanto attraverso i test
elettrodiagnostici. Le difficoltà legate alla diagnosi clinica
delle polineuropatie possono dipendere anche dal fatto
che inizialmente alcuni soggetti manifestano soltanto segni
localizzati. Inoltre, poiché l’interessamento neurologico
raramente costituisce il segno clinico principale al momento della visita, è possibile che tali manifestazioni non vengano apprezzate. Tuttavia, in alcuni casi vengono lamentati principalmente inconvenienti riferibili a deficit neurologici.
DIABETE MELLITO
La neuropatia diabetica è una delle complicazioni del
diabete mellito più comunemente segnalate in letteratura
umana.2 Negli animali, la scarsità dei riscontri di condizioni analoghe può dipendere dalla rarità della complicazione o dalla difficoltà di riconoscere i segni clinici che
*Da “The Compendium on Continuing Education for the Practicing
Veterinarian” Vol. 16, N. 2, febbraio 1994, 157-161. Con l’autorizzazione
dell’Editore.
23
Endocrinopatie che comportano alterazioni a carico dei nervi periferici nel cane e nel gatto
Tabella 1
Segni a carico dei nervi periferici in corso di endocrinopatie
Endocrinopatia
Segni a carico dei nervi periferici
Diabete mellito6-11
Debolezza degli arti pelvici
Attenuazione dei riflessi spinali
Riduzione delle masse muscolari
Posizione plantigrada degli arti
posteriori (nel gatto)
Ipotiroidismo18-22
Atassia degli arti pelvici
Tetraparesi
Attenuazione dei riflessi spinali
Deficit dei nervi cranici
Paralisi facciale
Segni vestibolari
Segni a carico del nervo trigemino
Paralisi laringea
Ipoadrenocorticismo23
Megaesofago
Insulinoma24,25
Debolezza degli arti
Tremori muscolari
Paralisi facciale
questa comporta nel cane e nel gatto. I pazienti umani
inizialmente presentano un deficit sensoriale a carico
delle estremità distali, soprattutto a livello dei piedi.3
Questo segno neurologico è difficile da apprezzare in
ambito veterinario. L’esecuzione di test elettrodiagnostici
in cani diabetici che non manifestano deficit neurologici
ha rivelato la presenza di anomalie riferibili a una neuropatia diabetica subclinica.4 Questo tipo di reperto può
suggerire che, negli animali con diabete asintomatico,
oltre alla possibile esistenza di forme subliniche di polineuropatia, vi sia il rischio di sviluppo di deficit neurologici clinicamente manifesti.
Nell’uomo è stato ipotizzato che lo sviluppo delle neuropatie diabetiche sia correlato a stati di iperglicemia poco
o per nulla controllati5; tuttavia, sembra che nella patogenesi siano coinvolti fattori indipendenti di ordine metabolico, genetico e/o ambientale.5 Queste teorie derivano
dall’incapacità di prevedere lo sviluppo della neuropatia
diabetica che dipende dal grado e dalla durata dell’iperglicemia o del deficit insulinico.5
I segni clinici di neuropatia diabetica vengono segnalati
con maggiore frequenza nella specie felina che in quella
canina. I gatti diabetici possono assumere la posizione
plantigrada (Fig. 1). I proprietari riferiscono che il gatto si
ritrae se viene toccato, non è in grado di salire le scale, di
arrampicarsi sugli alberi e di saltare su superfici sopraelevate.6,7 I reperti dell’esame clinico possono comprendere
depressione dei riflessi degli arti, ipotonia, atrofia muscolare, attenuazione delle reazioni posturali o deficit propriocettivi.6 Gli studi elettromiografici con ago rivelano
l’esistenza di un’attività spontanea sotto forma di onde
positive appuntite e di potenziali di fibrillazione indicanti
una condizione di denervazione.6 Nella maggior parte dei
gatti con neuropatia diabetica è stato documentato il ripristino della funzionalità neurologica normale in seguito al
controllo dell’iperglicemia mediante terapia insulinica o
dopo la risoluzione spontanea del diabete mellito.6,7
In diverse raccolte di casi è stato rilevato che i deficit
neurologici costituivano il motivo principale della visita
24
nei cani in cui veniva successivamente diagnosticata la presenza di diabete mellito. 8-11 Comunemente, i reperti
riscontrati alla visita e all’esame clinico comprendevano
debolezza o atassia degli arti posteriori con carattere lentamente progressivo (una o due settimane), atrofia muscolare lieve o moderata (soprattutto a carico della muscolatura
degli arti posteriori) e attenuazione delle reazioni posturali
degli arti posteriori.8-11
In questi soggetti, gli esiti degli studi elettrodiagnostici
sono variabili. Le anomalie riscontrate con maggiore frequenza all’esame elettromiografico con ago comprendono
la presenza di potenziali di fibrillazione e di onde positive
appuntite. È stato anche documentato il riscontro di scariche complesse ripetute, aumenti e diminuzioni dell’attività
inserzionale e fascicolazioni. In generale, i risultati degli
studi elettromiografici sono stati attribuiti a fenomeni di
denervazione e degenerazione assonica.8-11 Gli studi della
conduzione dei nervi motori, quando venivano eseguiti,
indicavano un rallentamento della conduzione nei nervi
prossimali o in quelli distali.19,10
Tutti gli studi istopatologici segnalavano variazioni di
grado moderato o notevole nelle dimensioni delle fibre e
segni di atrofia angolare a carico delle stesse, indicando
fenomeni di denervazione dei muscoli.8-10 L’esame istologico condotto su campioni di nervi prelevati in soggetti con
affezioni manifeste e subcliniche nella maggior parte dei
casi ha messo in evidenza fenomeni di demielinizzazione
segmentale e rimielinizzazione.6,9-11 In un cane10 e in un
gatto6 sono stati segnalati fenomeni di demielinizzazione
attiva e degenerazione assonica (necrosi). Entrambi i soggetti presentavano segni clinici di neuropatia.
Nell’uomo, le diverse alterazioni patologiche variano in
base al caso clinico. I pazienti che non mostrano segni
neurologici e che non hanno subito alcun trattamento tendono a presentare fenomeni di demielinizzazione e rimielinizzazione segmentaria di maggiore entità; quelli con
sintomatologia neurologica e non sottoposti ad alcun trattamento, oltre alla demielinizzazione e rimielinizzazione
segmentaria, evidenziano segni di degenerazione assonica.
Nei soggetti sintomatici e sottoposti a trattamento, sono
caratteristici i fenomeni di degenerazione assonica che
costituiscono l’alterazione pricipale.11 Le modificazioni
patologiche si sviluppano chiaramente secondo un ordine
temporale, iniziando con un danno neuronale, seguito
FIGURA 1 - Atteggiamento da plantigrado in un gatto con neuropatia
associata a diabete mellito.
Veterinaria, Anno 9, n. 1, Marzo 1995
dalla degenerazione assonica che infine porta alla demielinizzazione segmentale e alla rimielinizzazione degli assoni
ancora vitali.12 In medicina veterinaria, la variabilità dei
reperti elettrodiagnostici e istopatologici dipende dalle
differenze esistenti fra le varie situazioni cliniche; infatti
l’animale può essere stato sottoposto o meno a un trattamento, possono essere presenti segni manifesti o subclinici
e la progressione temporale dell’affezione può essere
diversa.
L’ipotesi secondo cui il controllo accurato dell’iperglicemia comporta un miglioramento clinico nei soggetti sintomatici è controversa. Nell’ambito di uno studio condotto nell’uomo non è stata rilevata alcuna relazione fra controllo della glicemia e funzionalità dei nervi periferici,
mentre in altri studi sono stati segnalati miglioramenti funzionali dopo l’applicazione di misure rigorose per abbassare i livelli glicemici. Nei casi descritti in letteratura veterinaria, il ripristino dello stato normoglicemico ha comportato la normalizzazione delle condizioni cliniche6,7,9, con
miglioramento dei deficit residui18,10, dopo il ritorno alla
normalità della glicemia. Sembra che la durata e la gravità
delle alterazioni metaboliche possano influenzare la reversibilità della disfunzione nervosa.13 È stato segnalato che la
velocità di conduzione rimane bassa nei soggetti con diabete mellito cronico quando vengano applicati controlli
accurati dello stato glicemico piuttosto che controlli legati
al sesso e all’età. Il rallentamento della conduzione nervosa, negli animali con diabete mellito acuto indotto sperimentalmente, può essere totalmente evitato controllando
in modo rigoroso la glicemia durante gli stadi precoci
dell’affezione.14
Il meccanismo fisiopatologico preciso della neuropatia
diabetica non è chiaro. Al momento attuale, la teoria più
promettente ipotizza l’esistenza di alterazioni nel ciclo
della poliolo deidrogenasi con conseguente alterazione
della funzionalità del complesso di membrana sodiopotassio adenosintrifosfatasi (Na-K-ATPasi).5,14 L’iperglicemia comporta un aumento dei prodotti finali (sorbitolo
e fruttosio) della via della poliolo-deidrogenasi oltre ad
una riduzione del contenuto di mio-inositolo nei nervi e
dell’attività della Na-K-ATPasi. La diminuzione di mioinositolo può dipendere dall’inibizione diretta, di tipo
competitivo, esercitata dal glucosio sull’assunzione sodiodipendente della sostanza, oppure può derivare da una
più intensa attività della poliolo deidrogenasi.15
Si ritiene che l’alterazione del metabolismo del mio-inositolo a livello del nervo modifichi la struttura e/o la funzione del complesso Na-K-ATPasi. Poiché il mio-inositolo
costituisce un substrato per il fosfatidilinositolo di membrana (un regolatore endogeno della Na-K-ATPasi microsomiale renale) gli effetti sulla Na-K-ATPasi possono derivare dall’alterazione del metabolismo fosfolipidico.5 I
disturbi a carico del complesso enzimatico possono danneggiare gravemente il normale metabolismo del nervo e
la relativa conduzione, fattori responsabili dell’utilizzazione periferica di energia da parte dello stesso, dell’insorgenza del potenziale d’azione e del trasporto attivo di
numerosi substrati attraverso la membrana cellulare.5
Indipendentemente dal meccanismo, il risultato finale è
l’alterazione del metabolismo fosfo-inositidico del nervo e
la riduzione dell’attività della Na-K-ATPasi, che provocano entrambe il rallentamento della conduzione nervosa.5 È
stato dimostrato sperimentalmente che gli inibitori
dell’aldoso riduttasi normalizzano la conduzione nervosa e
il meccanismo attraverso cui operano è attualmente oggetto di ricerche che potrebbero consentire di determinare
con precisione la fisiopatologia della neuropatia diabetica.14
IPOTIROIDISMO
In medicina veterinaria, la relazione esistente fra polineuropatia e ipotiroidismo è più attenuata di quella che
intercorre fra l’affezione nervosa e il diabete mellito. In
letteratura umana è stato dimostrato in modo convincente
che alcune polineuropatie derivano dall’ipotiroidismo. Nei
pazienti umani, i sintomi documentati sono rappresentati
da parestesia, mialgia, debolezza o atassia a carico degli
arti inferiori e attenuazione dei riflessi tendinei.16,17
Nell’uomo è improbabile che la coesistenza di uno stato di
ipotirodismo e della polineuropatia sia casuale; infatti, esistono pochi dati che indichino l’esistenza di altre cause e
sono stati osservati miglioramenti clinici in risposta
all’integrazione con ormoni tiroidei.17
In letteratura veterinaria è stata recentemente segnalata
una relazione fra disordini neuromuscolari e ipotiroidismo. Le sindromi possono essere suddivise in quattro
categorie rappresentate da malattia del motoneurone inferiore, affezioni vestibolari, paralisi laringea e
megaesofago.18 In 3 segnalazioni relative a 39 cani è stata
diagnosticata l’associazione fra neuropatia periferica e
stato ipotiroideo.18-20 In ognuna delle tre segnalazioni veniva riferita l’assenza di segni relativi a cause diverse e la
comparsa di miglioramenti clinici dopo la risoluzione
dell’ipotiroidismo.18-20
Nel cane, la paresi o la paralisi facciale bilaterale accompagnata o meno da segni vestibolari periferici o centrali è
stata associata a condizioni di ipotiroidismo cronico18-20
(Fig. 2). Le manifestazioni cliniche comprendono testa
piegata, atassia vestibolare, strabismo vestibolare, paralisi
del nervo facciale, emiparesi e deficit dei nervi cranici.18,19
Nei casi di ipotiroidismo è stato rilevato un miglioramento
clinico dopo che il soggetto ha presentato una risposta
subottimale al test di stimolazione ormonale della tiroide e
all’integrazione di ormoni tiroidei.
In 15 cani è stata segnalata la malattia del motoneurone
inferiore senza interessamento dei nervi cranici.18,20 I segni
clinici comprendevano debolezza generalizzata, atassia,
tetraparesi, deficit dei riflessi retroboccali e attenuazione
dei riflessi spinali. I soggetti colpiti presentavano un rallentamento della conduzione nervosa e reperti anomali
agli esami elettromiografici con ago, fra cui prolungamento dell’attività inserzionale, potenziali di fibrillazione e scariche di onde positive appuntite.18,20 Nei campioni bioptici
di nervi e di muscoli prelevati in sei cani vennero evidenziati gradi moderati o notevoli di degenerazione e rigenerazione neuronale con raggruppamento delle fibre riferibili a fenomeni di atrofia neurogena. In nessuno di questi
casi era stata precedentemente diagnosticata una condizione di ipotiroidismo; infatti gli animali erano stati portati
alla visita a causa dei disturbi neurologici. Tutti i soggetti
risposero in modo appropriato all’integrazione con ormoni tiroidei.
Nella specie canina, la paralisi laringea è stata messa in
25
Endocrinopatie che comportano alterazioni a carico dei nervi periferici nel cane e nel gatto
razione dello sviluppo strutturale dell’organismo, regolazione della velocità del metabolismo basale e modificazione del metabolismo proteico, lipidico ed elettrolitico, che
si svolgono attraverso meccanismi sconosciuti.17 Potrebbe
esistere una relazione fra le attività dell’ormone tiroideo e
il metabolismo neuronale. La verifica di tale correlazione
rende necessarie ulteriori ricerche; tuttavia è importante
essere a conoscenza di tale possibilità nel corso della valutazione di cani potenzialmente affetti da endocrinopatie.
IPOADRENOCORTICISMO
FIGURA 2 - Dobermann di dieci anni di età con ipotiroidismo diagnosticato dopo avere rilevato una risposta appropriata alla stimolazione con
ormone tiroideo. Il soggetto è stato portato alla visita a causa di paraparesi, riduzione delle masse muscolari, cambiamento della voce e attenuazione del riflesso faringeo. (Per gentile concessione di Michael Leib,
DVM, MS, Department of Small Animal Clinical Sciences, VirginiaMaryland Regional College of Veterinary Medicine, Virginia Tech).
relazione con l’ipotiroidismo.22,23 Nei soggetti colpiti dalla
paralisi, l’integrazione con ormoni tiroidei ha consentito di
ottenere la risoluzione o il miglioramento dei segni clinici,
consentendo di ricorrere all’intervento chirurgico in un
numero limitato di casi.18,22 L’esame elettromiografico dei
singoli muscoli laringei eseguito in 5 soggetti ha messo in
evidenza potenziali di fibrillazione e onde positive appuntite.18 Inoltre, in due cani è stato rilevato il rallentamento e
l’attenuazione della conduzione nervosa a livello dei nervi
vago e ricorrente laringeo.18,22 Tuttavia, in una rassegna di
23 casi di paralisi laringea, soltanto in 3 cani su 11 venne
diagnosticata una condizione di ipotiroidismo primario;
nei soggetti trattati con ormoni tiroidei non venne osservato alcun miglioramento della paralisi.23
In cinque cani con diagnosi di megaesofago è stata rilevata una risposta in seguito ad integrazione con ormone
tiroideo.18 I test diagnostici eseguiti per ricercare l’esistenza di una causa sottostante hanno fornito esito negativo. I
risultati dell’esame neurologico e dei test elettrodiagnostici
(conduzione dei nervi motori, elettromiogramma e stimolazione nervosa ripetuta) erano normali.18 In tutti i cani,
dopo l’inizio dell’integrazione con ormone tiroideo, si
osservò la risoluzione dei segni clinici.18
La fisiopatologia delle polineuropatie associate all’ipotiroidismo non è del tutto chiara. Nell’uomo, gli effetti principali esercitati dai bassi livelli di ormone tiroideo sui nervi
periferici sembrano consistere nell’alterazione del metabolismo neuronale a cui consegue la degenerazione assonica
con demielinizzazione segmentale e modificazioni a carico
delle cellule di Schwann.16,17 I dati istologici riferiti a casi
di interesse veterinario sono molto limitati e pertanto non
rivestono alcun valore. L’ormone tiroideo induce vari
effetti biologici, fra cui stimolazione della crescita, accele26
Esiste un’unica segnalazione di megaesofago reversibile
riscontrato in un cane in cui era stato diagnosticato uno
stato di ipoadrenocorticismo.24 La dilatazione esofagea è
stata attribuita agli effetti esercitati dai livelli anomali di
sodio e potassio sul potenziale di membrana e sulla funzionalità neuromuscolare.24
La debolezza muscolare rappresenta un segno comune
dell’ipoadrenocorticismo benché non sia chiaro se tale
manifestazione dipenda da un deficit neuronale, muscolare o da entrambi contemporaneamente.24 Poiché l’eccitabilità normale dei nervi e dei muscoli dipende dall’esistenza di livelli appropriati di sodio e potassio, in presenza di
alterazioni a carico di questi elettroliti è prevedibile lo sviluppo di effetti collaterali. Sono necessari ulteriori studi
per stabilire in quale misura l’ipoadrenocorticismo è
responsabile dei deficit neurologici.
INSULINOMA
L’esistenza di processi neoplastici a carico delle cellule
degli isolotti pancreatici (cellule beta) generalmente viene
segnalata nei cani di età media o avanzata.25 L’iperinsulinemia, che deriva dall’ipersecrezione di insulina da parte
delle cellule beta neoplastiche, successivamente induce un
grave stato di ipoglicemia25 e la comparsa di disturbi a
carico del sistema nervoso centrale, fra cui convulsioni
generalizzate, alterazioni della vista e anomalie comportamentali.25 Sono stati descritti quattro casi di interessamento del sistema nervoso periferico in cani colpiti da insulinoma.25,26
In due soggetti erano presenti segni clinici di polineuropatia, mentre negli altri due i dati elettrodiagnostici e
patologici indicavano l’esistenza della condizione in forma
subclinica.25,26 Le manifestazioni cliniche dell’interessamento periferico comprendevano reazioni posturali, deficit della propriocezione cosciente, paralisi facciale, debolezza e tremori.25,26 L’affezione subclinica veniva segnalata
dai reperti elettrodiagnostici riferibili a condizioni di
demielinizzazione e di degenerazione assonica. 25
Nell’uomo, la neuropatia periferica costituisce una complicazione rara dell’insulinoma.27
Il motivo dello sviluppo di neuropatie periferiche associate all’insulinoma non è stato completamente spiegato.
Secondo una teoria, i nervi periferici non sarebbero in
grado di utilizzare gli acidi grassi e gli aminoacidi quali
fonti di energia in seguito a condizioni di iperinsulinismo.
Successivamente, questa alterazione metabolica renderebbe i nervi periferici altrettanto sensibili all’azione dell’ipoglicemia quanto il sistema nervoso centrale. Poiché generalmente l’insulinoma possiede carattere maligno, non
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bisogna escludere la possibilità che la polineuropatia derivi da un effetto paraneoplastico o estraneo alla neoplasia.25
In questi cani, la prognosi a lungo termine è sfavorevole a
causa dell’elevata probabilità di sviluppo di metastasi. Nei
quattro animali oggetto della segnalazione venne praticata
la soppressione eutanasica dietro richiesta dei proprietari a
causa di recidive o altre complicazioni.25,26
CONCLUSIONE
Le endocrinopatie possono essere all’origine di
un’ampia gamma di disturbi neurologici. Alcuni meccanismi sono stati descritti in modo appropriato, mentre altri
non sono ancora stati chiariti. In ambito veterinario, la
relativa esiguità delle segnalazioni riguardanti le polineuropatie associate ad endocrinopatie è attribuibile al mancato riconoscimento dell’affezione piuttosto che all’assenza di casi. È necessario adottare tecniche diagnostiche più
approfondite per stabilire l’esistenza di correlazioni più
strette fra endocrinopatie e deficit neurologici. È estremamente importante notare che i deficit neurologici costituiscono il motivo principale della visita nei soggetti affetti da
endocrinopatie. Le alterazioni neurologiche spesso vengono associate a prognosi sfavorevoli e pertanto non vengono curate. Considerando che alcuni deficit neurologici
possono migliorare in seguito a trattamenti appropriati, è
necessario proporre al cliente la ricerca di disturbi metabolici ed endocrini che potrebbero essere all’origine della
polineuropatia.
NOTE SUGLI AUTORI
I Dr. Towell e Shell sono affiliati al Department of Small
Animal Clinical Sciences, Virginia - Maryland Regional
College of Veterinary Medicine, Virginia Tech, Blacksburg,
Virginia.
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