Cos`è il Disturbo Specifico di Apprendimento (DSA)? Si parla di

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Cos’è il Disturbo Specifico di Apprendimento (DSA)? Si parla di disturbi specifici di apprendimento (dsa) nel caso in cui il soggetto indenne da problemi di ordine cognitivo, neurologico, sensoriale, presenti una difficoltà inattesa in qualche settore specifico dell’apprendimento. I DSA vanno distinti dalle difficoltà scolastiche, di cui sono una percentuale che tende a rimanere stabile nei due ordini di scuola (elementare e media) e non varia nel tempo. Nelle scuole medie aumentano le difficoltà scolastiche ma l’aumento si riferisce al disagio scolastico che aumenta con l’intensificarsi della richiestività della scuola.+ Le difficoltà specifiche di apprendimento sono ascrivibili a difetti costituzionali dell’architettura neuropsicologica. Cosa significa “Disturbo costituzionale”? E’ un disturbo che ha origine congenita ma non necessariamente una anomalia neuro-­‐anatomica. Alcune ipotesi: Mancata asimmetria tra planum temporale sx e dx Inversione nell’ordine dei neuroni Alterazioni dei cromosomi Alterazioni di alcuni specifici cromosomi per la dislessia fonologica DSA è uguale a DISABILITA’ Come si acquisisce una abilità?. Con i prerequisiti neuropsicologici Esposizione a stimoli adeguati Allenamento NEL DISLESSICO le diverse condizioni neuropsicologiche determinano differenze rispetto al modo in cui viene depositata l’esperienza e agli effetti dell’allenamento. 1 Gli effetti della disabilità nel dislessico si manifestano con: difficoltà a procedere da solo nel compito miglioramenti lenti nel tempo per il lentissimo accumulo di esperienze difficoltà di controllo dei propri risultati. La DISLESSIA è una difficoltà che riguarda la capacità di leggere in modo corretto e fluente. Il bambino dislessico ha difficoltà nell’automatizzazione, è un lettore lento e scorretto che resiste all’insegnamento e ai comuni sistemi di recupero. Il bambino dislessico mostra difficoltà a fissare la corrispondenza fonema-­‐grafema, a velocizzare il processo e a passare alla successiva fase di decodifica dell’unità morfologica (parola). I processi automatici servono per le attività continue per esempio parlare, camminare, guidare l’auto, quando i processi non vengono automatizzati richiedeno un grande CONTROLLO e consumano energie. IL BAMBINO DISLESSICO: è intelligente non ha difficoltà sensoriali non ha gravi disturbi nella relazione non ha un marcato svantaggio socio-­‐culturale non è svogliato ha avuto normali opportunità di apprendere DALLA DISLESSIA NON SI GUARISCE Il dislessico può apprendere, modificarsi ma non guarire. NON POSSIAMO AGIRE SULLE CAUSE DEL DISTURBO MA RIDURRE LE CONSEGUENZE FUNZIONALI. Inoltre: le difficoltà comportamentali, che sono quasi sempre associate alla presenza dei disturbi di apprendimento, non sono la causa della difficoltà bensì l’effetto. 2 E’ molto grave scambiare un bambino dislessico per un bambino che non ha voglia di studiare. Il termine più conosciuto per definire i DSA è DISLESSIA Fanno parte dei DSA: Disgrafia Disortografia Discalculia (difficoltà marcate nell’accesso alla comprensione del testo) Caratteristica comune è la discrepanza con le prestazioni intellettive, che per definizione sono buone. COMORBILITA’ Spesso sono compresenti le difficoltà che vi elenco che fanno pensare ad una matrice comune: disturbo dell’iperattività e attenzione (ADHD) disturbo del comportamento disturbo del linguaggio pregressi o concomitanti. Nei primi anni di scuola i DSA si presentano come disturbi focali che nel tempo tendono a generalizzare. A partire dalla fine del secondo ciclo elementare ma soprattutto nel corso della scuola media, pur in assenza di un reale impoverimento cognitivo, mostrano difficoltà in: compiti logici più complessi nell’uso formale del linguaggio orale nell’uso cognitivo del testo scritto. I dislessici sembrano rimanere ancorati ad un funzionamento mentale di tipo concreto, controllano in modo parziale le operazioni formali, sono meno strategici. 3 L’evoluzione del DSA ci dice che è un disturbo che rimane persistente nel tempo pur con un andamento diverso nei parametri di velocità e accuratezza nella lettura. Si compensa bene la disortografia ( se ben riabilitata) ed anche il calcolo nelle sue strategie. IN SINTESI I DSA……… Si manifestano in soggetti normodotati ovvero con normali capacità intellettive e sociali. Sono di origine costituzionale cioè fanno parte del corredo genetico del soggetto. Non sono facilmente riconoscibili prima dell’età scolare del soggetto. Accompagnano il soggetto nel corso del suo sviluppo. Non sono guaribili ma le conseguenze funzionali si modificano attraverso la riabilitazione e con adeguate misure didattiche ed educative. I DSA sono accompagnati spesso da manifestazioni psicologiche e relazionali che , a volte, possono essere disturbate. I DSA sono talvolta associati a disturbi dell’attenzione e della iperattività. FIGURE PROFESSIONALI INTERESSATE ALLA DIAGNOSI: Neuropsichiatra o psicologo Logopedista Ortottista AREE ESPLORATE NELLA DIAGNOSI: Competenza cognitiva Competenza linguistica Abilità metafonologiche Abilità di letto/scrittura e calcolo Memoria verbale e visuospaziale Attenzione 4 Strategie metacognitive DIAGNOSI DIFFERENZIALE CON: Ritardo mentale lieve e medio, inibizione intellettiva e svantaggio socio-­‐culturale. INDICATORI DI RISCHIO PRIMO CICLO ELEMENTARE. Discrepanza fra intelligenza e prestazioni Presenza in famiglia di bocciature, difficoltà scolastiche, abbandono degli studi. Differenze significative nel rendimento scolastico con la media della classe. Concomitanza di più fattori: linguistici, visuopercettivi, grafomotori. INDICATORI DI RISCHIO SECONDO CICLO ELEMENTARE. Letture: velocità e correttezza. Basso livello di comprensione del testo. Scrittura: presenza di errori fonologici, aumento degli errori nel dettato, elementi disgrafici. Calcolo: difficoltà a tenere a mente le tabelline Difficoltà ad orientarsi nella linea dei numeri “ nell’incolonnamento delle operazioni “ nel calcolo a mente Difficoltà nella trascrizioni e lettura dei numeri “ nel riconoscimento dei segni delle operazioni “ nell’individuazione delle grandezze. COSA PUO’ FARE LA SCUOLA? COSA POSSONO FARE I SERVIZI NPI? 5 Percorsi di precocità nella diagnosi e cura (importanza della riabilitazione….) Precocità nell’identificazione del disturbo in quanto consente di avviare prima il recupero. Un ambiente empatico e positivo, cioè di adulti che sappiano adottare un atteggiamento accettante e al tempo stesso stimolante. Un percorso didattico adeguato, in cui siano giustamente dosate le difficoltà e gli strumenti di recupero. Un sufficiente equilibrio psicologico del bambino che è evidentemente legato all’atteggiamento psicologico degli adulti che lo circondano. Su quest’ultima indicazione si innestano sia il supporto alla famiglia che la consulenza alla scuola. STRUMENTI COMPENSATIVI E DISPENSATIVI CONCLUSIONI: Di dislessia non si guarisce. Cosa si può fare per ridurre i problemi nel bambino dislessico? Quali sono i fattori protettivi?: riconoscimento precoce delle difficoltà costruzione di un percorso individualizzato in cui agiscono in maniera significativa servizi, scuole e famiglia. Mettere al servizio del bambino dislessico tutte le conoscenze scientifiche possibili oltre alla tecnologia per garantire l’accesso completo al mondo al mondo dell’informazione e della cultura. 6 METACOGNIZIONE L'approccio didattico metacognitivo è senza dubbio lo sviluppo recente più interessante e utile tra quelli originati nell'ambito della psicologia cognitiva e viene applicato attualmente con risultati positivi sia a livello della metodologia didattica rivolta alla generalità degli alunni, sia negli interventi di recupero e sostegno di quelli con difficoltà d'apprendimento (DSA). L'obiettivo della didattica metacognitiva è quello di offrire agli alunni l'opportunità di imparare ad interpretare, organizzare e strutturare le informazioni ricevute dall'ambiente e di riflettere su questi processi per divenire sempre più autonomi nell'affrontare situazioni nuove. La metacognizione è uno strumento di apprendimento mediante il quale si rendono le persone consapevoli del modo in cui affrontano i compiti cognitivi e permette loro di gestire in modo efficace i processi che mettono in atto. Si distinguono 3 funzioni metacognitive: ·∙ Conoscenze metacognitive generali: è l’atteggiamento della persona che riflette sul funzionamento dei propri processi di pensiero; ·∙ Conoscenze metacognitive specifiche: sono i concetti e le informazioni che la persona possiede inerenti il funzionamento intellettivo; ·∙ Processi metacognitivi di controllo: sono le operazione attraverso le quali il soggetto verifica i propri processi cognitivi, influenzate sia dalla conoscenza metacognitiva generale che specifica. L’autoconsapevolezza di queste funzioni deve basarsi anche sulla distinzione tra la valutazione di se stesso, come persona, e la valutazione del proprio comportamento. Quest’ultimo non coincide con la persona e, tenere questi due ambiti uniti, potrebbe creare delle difficoltà di autostima. E’ importante, infatti, osservare il comportamento in sé e mai la persona, e poter offrire delle modalità di 7 confronto positivo tra le strategie che risultano non efficaci e quelle invece che lo sono, ed insegnare alla persona ad autointerrogarsi sul proprio modo di procedere. L’applicazione delle tecniche metacognitive nella didattica riguardano soprattutto l’attenzione, la memoria, la lettura e la scrittura. Le ricerche in questi ambiti hanno confermato che le prestazioni degli studenti che hanno una buona consapevolezza metacognitiva, in generale, sono migliori poiché il compito viene affrontato con maggior coinvolgimento personale. La variabile emotivo-­‐motivazionale riveste un ruolo fondamentale, poiché motore di tutto lo stile di funzionamento della persona. La percezione che si ha della propria autoefficacia (che si struttura in base ai successi o agli insuccessi e alla causa che attribuiamo all’uno o all’altro) influenza il comportamento che si può avere di fronte ad un compito. Ad esempio: in un qualsiasi evento, gli ostacoli o le difficoltà che possono presentarsi, sono percepiti come stimolanti per un maggior impegno nel superarli da chi ha un alto grado di autoefficacia (cioè si sente competente), mentre sono percepiti veramente difficoltosi, spesso con la conseguenza di un abbandono del compito o comunque di un successo, da chi ha un basso grado di autoefficacia. La percezione che si ha della propria autoefficacia può cambiare nel tempo. Ciò avviene grazie ai rinforzi che si ricevono, alle persone che dimostrano di credere nelle abilità dell’altro, dai precedenti successi, l’importante è attribuire (e imparare ad attribuire) ai successi la propria competenza. Quindi, la metacognizione e la motivazione s’influenzano a vicenda influenzando a loro volta i processi di apprendimento. E’ perciò importante nell’insegnamento di queste tecniche il modo con cui l’insegnante, o un “operatore” in generale, trasmette questi concetti. Non bisogna solo essere dei “trasmettitori di sapere”, ma è fondamentale riuscire a trasmettere il messaggio, a chi ci sta di fronte, del valore che riveste per se stesso e per gli altri. Con la metacognizione si stanno introducendo nella didattica e nel lavoro educativo delle novità importanti anche a livello di contenuti, di obiettivi e di abilità che 8 l'alunno troverà utile apprendere ed usare. Dal punto di vista educativo il ruolo della metacognizione consiste nel rilevare che il processo educativo non deve incidere soltanto sulle abilità di base possedute o acquisite, o sui prodotti dell'apprendimento (le nozioni via via apprese) ma soprattutto sulle modalità di comprensione ed utilizzazione delle abilità stesse. Nell’approccio metacognitivo l'attenzione dello studioso e dell'insegnante non è tanto rivolta all'elaborazione di materiali e di metodi nuovi per "insegnare come fare a", quanto a formare quelle abilità mentali superiori che vanno al di là dei semplici processi cognitivi primari (quali leggere, calcolare, ricordare, ecc). Significa sviluppare nel soggetto la consapevolezza di quello che sta facendo, del perché lo fa, di quando è opportuno farlo ed in quali condizioni. I bambini, anche in età scolare, sono capaci di operare riflessioni circa il funzionamento della propria attività cognitiva e sugli eventi mentali più in generale. Così essi, crescendo, maturano una propria "teoria della mente" e una propria sensibilità metacognitiva. Il fatto che età cronologica, sviluppo intellettivo generale e sviluppo metacognitivo siano fortemente connessi costituisce una prima prova intuitiva della rilevanza della metacognizione e pone il problema della relazione esistente fra questi aspetti. Si è ipotizzato che una maggiore intelligenza permette una maggiore capacità metacognitiva e, viceversa che la metacognitività sia uno degli elementi che determinano criticamente lo sviluppo intellettivo, oppure che l'uno e l'altro siano il risultato della mediazione di vari fattori (quali le esperienze, le interazioni sociali, il linguaggio, l'incremento delle risorse cognitive implicate nell'elaborazione dell'informazione) che tipicamente si sviluppano in età evolutiva. La conoscenza metacognitiva viene acquisita attraverso noi stessi e attraverso gli altri. Attraverso noi stessi essa sorge sia in base alle esperienze che facciamo durante lo svolgimento dei nostri processi cognitivi, sia in base alla riorganizzazione cui progressivamente il sistema è sottoposto. 9 Il bambino può acquisire conoscenze metacognitive anche attraverso gli altri. Il ruolo dell'ambiente culturale è provato da alcune ricerche che hanno mostrato la relazione esistente fra concettualizzazione dei genitori e degli insegnanti da un lato e idee dei bambini dall'altro. Un caso particolare di acquisizione mediata socialmente è rappresentato dall'autocontrollo, che sembra in parte dovuto alle interiorizzazioni di consegne verbali degli adulti. Secondo il suggerimento della scuola russa (Luria, Vygotskij) ripreso dai moderni approcci cognitivo -­‐ comportamentali, molte forme di processo di pensiero interiore sorgono infatti dalle ripetute esperienze di messaggi verbali: ad esempio, il bambino che si è sentito ripetere più volte che bisogna valutare le alternative prima di decidere, progressivamente interiorizza questa dimensione riflessiva. Dal punto di vista educativo tutti questi spunti suggeriscono che è possibile e non particolarmente difficile, influire direttamente, attraverso l'istruzione, sullo sviluppo metacognitivo del bambino. Per l'insegnante o l’educatore che opera in modo metacognitivo si profila una grossa opportunità di ritagliare per sé un ruolo formativo di non poco conto verso le nuove generazioni. Studiosi come Vygotskij, Luria, Bruner, Feuerstein hanno individuato una serie di interazioni che favoriscono l'apprendimento nelle persone, sia nei bambini, che negli adolescenti, che negli adulti. Dobbiamo infatti porre a monte di ogni intervento educativo l'idea di una costruzione attiva delle conoscenze e metaconoscenze da parte dell'individuo che ha inizio in età scolare, ma prosegue ben oltre nel corso dell'intera esistenza. Infatti tutti noi manifestiamo una motivazione intrinseca all'apprendimento che si concretizza nel desiderio di ciascuno di riflettere sul proprio sé, sul proprio comportamento, sulla propria conoscenza. In questa ottica va inteso lo sviluppo delle abilità cognitive e metacognitive, cioè delle capacità di costruire autonomamente e continuamente il proprio sapere in modo che ciascuno sappia adattarsi a molteplici situazioni nuove e complesse. 10 E' importante evidenziare chiaramente due aspetti importanti: 1. L'approccio metacognitivo è una modalità di intervento polivalente e trasversale all'intero processo di apprendimento. è polivalente per il suo carattere di metodo generalizzabile nelle più disparate condizioni di apprendimento. E' trasversale perché comune ai vari ambiti d’insegnamento e capace di seguire l'individuo nel corso dell'intero percorso scolastico. 2. Esso richiede un utilizzo altamente intenzionale e professionalmente corretto da parte degli insegnanti. L'approccio metacognitivo rappresenta una modalità privilegiata per trasmettere contenuti a qualsiasi età, poiché mira sostanzialmente ad ottenere una crescita funzionale e strutturale del soggetto. È indispensabile che l'alunno acquisisca consapevolezza del proprio stile di apprendimento e che sia in grado, attraverso l'adozione di appropriate strategie, di rimediare alle proprie carenze e di potenziare i propri lati forti. La didattica metacognitiva rappresenta la traduzione dell'approccio metacognitivo nella didattica in classe e si rivolge alla generalità degli alunni, anche a quelli con difficoltà di apprendimento, indipendentemente dalla natura di tali difficoltà. Quindi la didattica metacognitiva è un modo di fare scuola sia nelle normali attività curricolari sia negli interventi di recupero e sostegno degli alunni con difficoltà di apprendimento oltre che nell'educazione specializzata per gli alunni con deficit più gravi. Questa caratteristica consente di non separare rigidamente gli interventi individualizzati di recupero e sostegno dalla didattica normale rivolta all'intera classe. 11 Gli elementi costitutivi della didattica metacognitiva L'operatore che lavora in modo metacognitivo interviene a quattro livelli diversi, che rappresentano altrettante dimensioni ben distinte della metacognizione strettamente interconnesse. 1° LIVELLO: CONOSCENZE SUL FUNZIONAMENTO COGNITIVO IN GENERALE Include una serie di conoscenze, notizie e dati su come funziona la mente umana. Vengono fornite all'alunno informazioni generali sui vari processi cognitivi, sui meccanismi che li rendono possibili, sui limiti che necessariamente condizionano le prestazioni mentali e sui fenomeni tipici più frequenti. Ad esempio, l'alunno impara tutto quello che è alla sua portata per quanto riguarda la memoria e le varie strategie di elaborazione e immagazzinamento delle informazioni, viene a conoscenza dei diversi tipi di memoria, delle rispettive caratteristiche e di quali strategie l'essere umano dispone per migliorare le sue prestazioni mnestiche. All'interno di queste conoscenze teoriche generali sono particolarmente importanti tre aspetti, che si possono affrontare spiegando qualsiasi processo cognitivo: il funzionamento in generale e cioè la tipicità normale; i limiti del processo stesso; la possibilità di influenzare attivamente lo svolgimento del processo cognitivo attraverso esperienze che lo possano far crescere in estensione e complessità oppure con strategie di autoregolazione e di aumento dell'efficacia del processo stesso. Si pensi, ad esempio, all'uso della strategia del raggruppamento di oggetti secondo caratteristiche comuni per aumentarne una successiva rievocazione. L'alunno si può così rendere conto che nella mente umana si svolge una notevole varietà di attività differenti ma interconnesse e aggrovigliate tra di loro: * l'immagazzinamento di informazioni, ma anche la loro successiva ricerca e recupero; 12 * l'autosservazione delle proprie prestazioni e il confronto di queste osservazioni con standard più o meno elevati che sono stati in parte fissati anche in base al senso di autoefficacia e al livello di autostima; * le emozioni (la paura, l'ansia, la collera e la gioia) ma anche il sogno, l'immaginazione, il desiderio, il dubbio e il sospetto; * il fare piani e progetti concreti con valutazioni razionali dei costi e dei benefici; * la presa di decisione attiva ma anche il vivere in senso emotivamente depressivo la convinzione che "non ci si possa fare niente" e che tutto sfugga alle nostre capacità di controllo. 2° LIVELLO: AUTOCONSAPEVOLEZZA DEL PROPRIO FUNZIONAMENTO COGNITIVO È utile conoscere come funziona la mente di quell'alunno. Si deve, perciò, parlare di introspezione e autoconsapevolezza di "cosa e come sto pensando, valutando, ricordando". Dalle conoscenze teoriche si passa a quelle più strettamente individuali e cioè al conoscere da parte dell'alunno il funzionamento dei suoi processi cognitivi e comportamentali, rendendosi conto dei rispettivi punti di forza e deficit. I propri limiti, le carenze e gli errori sono i candidati più probabili a processi di rimozione, ridimensionamento o comunque di difficoltà di percezione, soprattutto se questo riconoscimento del proprio limite viene vissuto come direttamente e gravemente minaccioso per il livello psicologico di autostima dell'alunno. Dal momento che l'autoanalisi non è un'operazione semplice e gli studenti non sono ad essa abituati, diventa fondamentale il ruolo del feedback sociale che l'adulto può fornire alle prestazioni del soggetto; l'informazione di ritorno deve essere articolata a due livelli: - una base continua di conferme del valore essenziale della persona 13 - una oggettiva informazione sulle reali caratteristiche delle varie prestazioni del soggetto. L'analisi guidata e sistematica degli errori commessi, ma anche delle prove superate positivamente, è un'ottima occasione per far crescere nel soggetto la consapevolezza di cosa non ha funzionato in lui, o viceversa. 3° LIVELLO: USO GENERALIZZATO DI STRATEGIE DI AUTOREGOLAZIONE COGNITIVA A questo livello metacognitivo l'alunno dirige consapevolmente e attivamente se stesso e cioè governa lo svolgersi dei propri processi cognitivi. Autoregolare un proprio qualsiasi processo cognitivo significa: a) fissarsi un chiaro obiettivo di funzionalità ottimale del processo stesso, anche in termini di risultati che esso deve produrre, oltre che rispetto al "come" dovrebbe svolgersi; b) darsi delle istruzioni, suggerimenti o aiuti per svolgere concretamente le operazioni tipiche del processo stesso (ad esempio, scriversi su un foglio di ripetere mentalmente cinque volte la lista di parole che dovranno essere poi rievocate); c) osservare l'andamento del processo stesso, raccogliere dati sui risultati prodotti e renderli disponibili per una successiva valutazione; d) confrontare questi dati prodotti con gli obiettivi e gli standard che precedentemente si erano fissati; e) valutare come positivo lo svolgimento delle varie operazioni richieste se il confronto ha dato esiti positivi e dunque perseverare nelle operazioni intraprese oppure, nel caso contrario, valutare come negativo e insoddisfacente il proprio operato e attivare correzioni appropriate e modifiche alle strategie in 14 corso. L'alunno deve gestire attivamente una continua dialettica tra i processi di autosservazione, autodirezione e autovalutazione. Scopo è attivare o rendere consapevole questo processo di autoregolazione nello svolgimento di operazioni di apprendimento, memorizzazione o problem solving, attraverso interventi didattici specifici e percorsi di esercitazioni sistematiche. In una situazione di problem solving, ad esempio, l'alunno dovrebbe passare attraverso le seguenti fasi: * riconoscere il compito (problem solving); * ricordare quali funzioni cognitive siano coinvolte nel problem solving e quali operazioni siano richieste (derivando ciò dalla conoscenza metacognitiva del funzionamento della mente umana); * ricordare quale metodo e sequenza di operazioni siano richiesti da problem solving; * essere consapevole delle proprie debolezze nel problem solving (conoscenza derivata dall'autoconsapevolezza del proprio funzionamento cognitivo); * elaborare strategie di auto-­‐aiuto per lo svolgimento corretto del problem solving; * osservare e valutare i propri progressi. 4° LIVELLO: VARIABILI PSICOLOGICHE "SOTTOSTANTI" Si deve considerare l'influenza esercitata da variabili psicologiche legate all'immagine di sé sviluppata dall'alunno. L'immagine positiva o negativa, reale o distorta, influisce sulla coscienza del proprio potere d’intervento e di autoregolazione dei processi cognitivi. Possiamo affermare che un intervento adeguato a questo livello rappresenti la "conditio sine qua non" per un soddisfacente coinvolgimento dell'alunno nella vita scolastica. 15 L'allievo sviluppa una "immagine di sé come persona che apprende", che entra in rapporto con le caratteristiche più profonde della sua generale immagine e valutazione di sé. All'interno di questa dimensione psicologica fondamentale si possono individuare alcune linee d’intervento metacognitivo che sono complementari a quelle già descritte. LOCUS OF CONTROL E' un fattore psicologico definibile quindi come il "luogo" in cui l'alunno colloca le cause dei suoi successi o insuccessi. Esso può essere proiettato totalmente all'esterno (LOCUS OF CONTROL ESTERNO) oppure collocarsi in qualche parte interna del sé (LOCUS OF CONTROL INTERNO). L'intervento metacognitivo dovrebbe ridare al soggetto, con "LOCUS OF CONTROL" distorto ed eccessivamente proiettato all'esterno, un controllo positivo almeno su alcuni settori della vita scolastica, aiutandolo a collocare correttamente i fattori che influenzano il successo o insuccesso scolastico. STILE ATTRIBUTIVO Componente psicologica che si riferisce agli atteggiamenti e alle convinzioni che l'alunno possiede riguardo alle strategie, alla loro utilità nel processo di apprendimento e al ruolo rivestito dallo sforzo attivo di apprenderle e poi utilizzarle in modo generalizzato. Occorre che l'alunno riorganizzi il sistema di credenze riguardo all'utilità di assumere un ruolo strategico e di usare una serie di procedure di controllo, valutate realisticamente ed in senso positivo per quanto riguarda i loro benefici. SENSO DI AUTOEFFICACIA Il senso di autoefficacia è la percezione delle proprie capacità di raggiungere il successo nell'esecuzione di un compito. Il senso personale di autoefficacia risente molto dell'atteggiamento ottimistico dell'operatore che trasmette "fiducia", che 16 crede nelle risorse dell'alunno e vuole dare loro credito. Il controllo di questa variabile richiede una programmazione didattica basata sul successo, in grado di garantire al soggetto esperienze di efficacia e di modificare l'immagine di sé. AUTOSTIMA Il complesso di percezioni, opinioni e sentimenti che proviamo nei confronti dei molti aspetti della nostra persona costituisce il concetto psicologico di autostima. L'autostima si sviluppa dalle relazioni che il soggetto intrattiene nella vita scolastica ed essa dovrebbe essere sostenuta da un atteggiamento di fondo di valorizzazione della persona da parte dell'insegnante. MOTIVAZIONE Tra tutti i fattori psicologici è importante ricordare il ruolo fondamentale della motivazione. L'insegnante lamenta spesso la carenza di motivazione intrinseca e cioè di un riconoscimento personale, da parte dell'allievo, dell'importanza che riveste per lui quel tipo di acquisizione, con conseguente investimento spontaneo di energie e comportamenti diretti alla meta. La motivazione estrinseca si differenzia da quella intrinseca per il fatto che viene sostenuta dall'esterno attraverso l'uso sistematico di rinforzatori positivi. L'insegnante cerca di motivare l'alunno rinforzando le sue risposte che si orientano nella direzione voluta attraverso vari tipi di stimoli positivi come la lode, l'approvazione pubblica, varie forme di riconoscimento anche concrete, come piccoli premi o sistemi complessi di gratificazioni simboliche. L'ansia eccessiva per l'insuccesso oppure la tendenza a rispondere in modo emotivo, reagendo con scoppi di collera quando qualcosa non va come dovrebbe, sono altri fattori psicologici che influenzano in modo preciso la motivazione e l'orientamento al compito. 17 
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