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2011/2012
concerti
Andrea Lucchesini
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Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, 2011
A cura dell’Area Comunicazione
Coincidenze e citazioni a cura di Giulia Bassi
Fonti delle citazioni: Lorenzo Ferrero, Laboratorio & Musica, Anno II, n.10, marzo 1980;
Harold C. Schonberg, I Grandi Musicisti, Mondadori, Milano 1972; Schumann, Gli scritti
critici, Ricordi/Unicopli, Milano 1991.
L’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare le eventuali spettanze relative a diritti
di riproduzione per le immagini e i testi di cui non sia stato possibile reperire la fonte.
L’incontro di Andrea Lucchesini con il pubblico si svolge in
collaborazione con Insieme per il Teatro.
16 novembre 2011, ore 20.30
Teatro Municipale Valli
Domenico Scarlatti
Sonata K 491 in re maggiore
Allegro
Luciano Berio
Six Encores
I Brin
II Leaf
Domenico Scarlatti
Sonata K 454 in sol maggiore
Andante spirituoso
Luciano Berio
Six Encores
IV Erdenklavier
III Wasserklavier
Domenico Scarlatti
Sonata K 239 in fa minore
Allegro
Luciano Berio
Six Encores
V Luftklavier
Domenico Scarlatti
Sonata K 342 in la maggiore
Allegro
Luciano Berio
Six Encores
VI Feuerklavier
Domenico Scarlatti
Sonata K 146 in sol maggiore
[senza indicazioni di tempo]
(intervallo)
Franz Schubert
Improvvisi op. 90 D. 899
n. 1 in do minore
Allegro molto moderato
n. 2 in mi bemolle maggiore
Allegro
Arnold Schönberg
Klavierstücke op. 11
I Mäßig (Moderato)
II Mäßig (Moderato)
III Bewegt (Mosso)
Franz Schubert
Improvvisi op. 90 D. 899
n. 3 in sol bemolle maggiore
Andante
n. 4 in la bemolle maggiore
Allegretto
Andrea Lucchesini pianoforte
6
Un saggio
di Roberto Favaro
Nella storia della musica per tastiera, l’opera di Domenico Scarlatti occupa una posizione fondamentale, sia per l’originalità
e l’unicità del suo linguaggio, sia per il ruolo di raccordo tra il
periodo Barocco e l’imminente Classicismo, sia infine per una
sorprendente modernità di intenti estetici e di approdi tecnici.
Non essendo pervenuto a noi alcun autografo, e disseminandosi
la sua voluminosa opera in una moltiplicazione di raccolte apparse lungo il corso di oltre due secoli (la più attendibile e oggi
ancora accreditata classificazione è comunque quella approntata
dal musicologo Ralph Kirkpatrick nel 1953), è difficile oggi ripristinare un ordine cronologico e indirizzare l’ascoltatore verso un
approccio lineare all’opera. Ben più utile e fruttuoso è semmai
focalizzare alcuni caratteri salienti della musica e del linguaggio
per tastiera di Scarlatti, oltre ad alcuni caratteri di orientamento
estetico e culturale. Tra l’altro, la felicissima proposta di intercalare alcune Sonate di Scarlatti ai Six Encores di Luciano Berio
evidenzia sia la modernità sonora e architettonica di questi brani, sia la loro flessibilità e perfetta adattabilità ad assecondare
una sorta di narrazione pianistica lungo quasi tre secoli di storia
musicale.
Innanzitutto va detto che Scarlatti è la tastiera, è il clavicembalo.
Per dire che l’azione compositiva e la massima energia creativa
del musicista napoletano si concentrano ed esauriscono in buona parte su questo strumento. Lo abitano e lo esplorano in modo
completo, espansivo, profondo. E poi, secondo dato da cui prendere le mosse, il background culturale, biografico, esistenziale,
sonoro di Scarlatti è ambivalente, complesso e articolato: da un
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Scarlatti
Scarlatti ha molti eccellenti pregi che lo distinguono dai suoi contemporanei. Non si troverà in lui il cosiddetto ferreo ordine bachiano in ciò che
riguarda il corso delle sue idee; egli è di gran lunga meno profondo, più leggero e rapsodico; si ha un bel daffare a seguirlo, tanto velocemente egli sa
tessere i fili; il suo stile è in rapporto all’epoca, conciso, piacevole, piccante.
Un vero artista della tastiera non può ignorare i corifei delle varie scuole e
non può quindi ignorare Scarlatti che chiaramente ha elevato l’arte di suonare il clavicembalo a un grado più alto.
Non si suonino però troppi pezzi uno in fila all’altro, perché queste composizioni si assomigliano molto nel movimento e nel carattere; presentandole
invece con parsimonia e al momento giusto esse non mancheranno di avere
un effetto di vivace freschezza sugli ascoltatori.
Schumann
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lato la matrice italiana e napoletana (condita di altri indizi di
italianità, veneziana e romana, per esempio, e di altri connotati
ereditari recepiti se non altro dal padre Alessandro), dall’altro la
matrice iberica – portoghese prima e spagnola poi –, assorbita e
modellata dopo il suo trasferimento presso la corte di re Giovanni a Lisbona e poi presso la corte del re di Spagna a Madrid con
l’implicita scoperta di un nuovo mondo musicale, di nuovi strumenti, di nuovi modi di dire e di significare attraverso le note.
Una matrice composita, dunque, in cui si mescolano tanti fattori
di qualificazione stilistica, di influsso estetico, di colore timbrico
e modalità formale, di tecnica esecutiva e di esplorazione armonica. Le Sonate sono il deposito di questa articolata complessità.
Sono il riflesso e l’esito di un percorso culturale anomalo e di una
originalissima conseguenza stilistica. Le Sonate, nel loro insieme ma anche isolatamente le cinque intercalate qui ai brani di
Berio, restituiscono al nostro ascolto l’idea di un nuovo spazio
sonoro, di un originale – e appunto influente nella storia – modo
di comporre. Con alcuni temi e questioni che emergono da un
ascolto all’altro, o anche condensati nel singolo componimento: ognuno di essi, intanto, pone l’interrogativo sulla natura di
queste musiche, cioè sulla loro motivazione o funzione profonda, oscillante tra la sonata, lo studio, l’esercizio, la suite, dato il
carattere spesso insieme virtuosistico e ricreativo, strutturalista
e pedagogico; inoltre, dal punto di vista formale, le Sonate sono
costituite abitualmente da due parti distinte, eludendo dunque
così il principio tripartito dell’esposizione-sviluppo-ripresa di
quella che sarà la sonata classica, ma proponendo un ambiente
sonoro a piani giustapposti che offrono stimoli verso le forme
miniaturizzate del Romanticismo; ancora, la straordinaria inventiva melodica e ritmica impone necessità tecnico-esecutive
di incredibile innovazione gestuale, cinetica, comportamentale
(sequenze frenetiche, incrocio di mani, sovrapposizioni ritmiche, trilli e abbellimenti vari rimarcati simultaneamente su più
note, accordi perentori o arpeggiati, e molto altro ancora). Sullo
sfondo di tutto ciò, le matrici di cultura e musica che formano la
personalità composita di Scarlatti, la sua italianità, il suo tema9
Berio
Oggi c’è un solo problema che mi interessa nel rapporto musica-politica:
quello di colmarne il fossato fra la musica linguisticamente «popolare» che si paga da sé, sulla quale si specula industrialmente e ideologicamente
- e la musica che non si mantiene da sola e deve essere clamorosamente
protetta. I modi di gestire questa protezione sono politicamente più significativi dell’opera musicale che, per sua natura, non è politica ….
Il miglior modo di analizzare e commentare qualcosa è, per un compositore, fare qualcosa utilizzando i materiali di quello che si vuole analizzare e
commentare. Il commento più proficuo alle sinfonie e alle opere è sempre
stato un’altra sinfonia e un’altra opera.
C’è, da parte di chi ascolta, la ten­denza a ricor­dare tutto il pas­sato musi­cale
come fosse un bene di con­sumo a lui con­tem­po­ra­neo. Tale ten­denza ha un
suo senso, per­ché il pas­sato, per l’ascoltatore, è la risorsa più dispo­ni­bile
del sapere musi­cale; ma essa assume tal­volta i carat­teri di una incon­sa­pe­
vole fru­stra­zione ideo­lo­gica, avendo alle sue radici non tanto un plau­si­bile
codice di valori musi­cali quanto con­di­zio­na­menti di mercato.
L’unica forma di vir­tuo­si­smo degna di que­sto nome è il vir­tuo­si­smo dell’intelligenza, capace di pene­trare e ren­dere mondi musi­cali diversi.
Luciano Berio
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tizzare e melodizzare, ma anche la sua ispanità, la sua fascinazione per la chitarra e per un materiale melodico iberico che continuamente emergono, sotto forma di pronunce, effetti timbrici,
richiami melodici che rendono appunto unica questa musica che
non possiamo non dire pianistica per le ragioni di espansività
creativa che abbiamo detto, ma che rimangono al tempo stesso
vivamente legate all’universo sonoro del clavicembalo.
Intercalati alle cinque Sonate scarlattiane, con un montaggio sapiente che rende questo concerto proficuo sotto l’aspetto della
narrazione e degli sviluppi itineranti, i Six Encores di Luciano
Berio, raccolta di sei brani scritti in anni tra loro lontani (19651990) e appunto riuniti sotto questa comune titolazione. L’ordine di interpolazione offerta dal concerto mescola la cronologia
reale delle composizioni, o meglio antepone i due ultimi brani
composti, Brin e Leaf, del 1990, ai primi quattro, tra loro riuniti in una sorta di ciclo sui quattro elementi: del 1965 è infatti Wasserklavier, del 1969 Erdenklavier, del 1985 Luftklavier,
mentre del 1989 è Feuerklavier. Nonostante la disseminazione
nel tempo, tuttavia, e a parte l’evidente colleganza dei quattro
“elementi”, una forte affinità di intenti e problematiche compositive accomuna e unisce i sei brevissimi brani. Per certi versi,
anche questi sei piccoli gioielli muovono da una motivazione
esplorativa e dimostrativa delle potenzialità insite nel materiale
musicale sotto l’aspetto delle sedimentazioni semiotiche e delle allusioni gestuali, delle trasformazioni abilissime, addirittura
dei travestimenti del tessuto sonoro nel suo suggerire la densità
mentre al tempo stesso appare in tutta la sua trasparenza. Ma
come sempre in Berio, la straordinaria intelligenza elaborativa
e formale si accompagna a una profonda stratificazione di nessi appunto semantici e gestuali, perfino drammaturgici, di pura
teatralità del suono. Così, per cominciare, Brin, composizione
scritta in memoria di un amico di Berio, il giovane pianista Michel Ouder scomparso tragicamente all’età di vent’anni, muove
da un materiale sonoro di partenza (un singolo accordo riccamente cromatico), che poi via via genera una serie di mutamenti
e di altri materiali musicali in base alle direzioni, alla spazialità,
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ai percorsi intrapresi dall’accordo: così l’ascoltatore assisterà a
un variegato campionario di elaborazioni, frantumazioni in micro gruppi, frammenti melodici, ricomposizioni accordali conclusive, del materiale sonoro, tutto passato attraverso il filtro e
la vaporizzazione diafana del pedale di risonanza. Il lavoro trasformativo, lentamente condotto, porta alla visione di tutti i lati
e le prospettive spaziali del materiale di partenza, figurandosi
più come una sorta di “mobile”, di oggetto sonoro instabile alla
Calder che non un processo costruttivo astratto e formalmente
autosufficiente. In questo, si misurano le differenze sostanziali
rispetto al lavoro permutativo del serialismo schoenberghiano,
che pure verrebbe qui da evocare: in Berio, e non solo nello specifico di questo lavoro, emerge una gestualità pianistica declinata verso le sponde del sensualismo intimo, di contatto fisico con
lo strumento. Così anche Leaf, appartenente allo stesso periodo
di Brin, forma la propria sostanza compositiva a partire da un
accordo, e come il brano precedente è scritto in memoria di un
amico scomparso, in questo caso il musicista Michael Vyner della London Sinfonietta. Anche qui la materia musicale vive, più
che subisce, una mobilissima esperienza trasformativa: mobilissima, appunto, perché condotta lungo un tracciato spazialmente
espansivo e per così dire tridimensionale, sorta di sound-design,
di sound-mobile calderiano, dove note e accordi si fondono in
continue rimodulazioni trasformative, riconfigurate di volta in
volta tramite stimoli cinetici che mostrano infine la forma complessiva attraverso una visione prospettica generata dalla lentezza delle trasformazioni. Ancora, e per concludere, i quattro brani
dedicati agli elementi mostrano alla percezione dell’ascoltatore
altre raffinatissime soluzioni elaborative, sulle risonanze, sulle
complessità tecnico-esecutive, sugli effetti per così dire “ottici”
della composizione (ancora analogie con l’ambiente “visivo”, per
esempio con la op-art), sulle trasparenze e sulle rarefazioni sempre mobili, metamorfiche del suono, sulle potenzialità elaborative di musiche preesistenti (in Wasserklavier, per esempio, Berio
fonde insieme e rielabora alcune figure tratte dal materiale tematico dell’op. 117 n. 2 di Johannes Brahms e dell’op. 142 n. 1 di
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Franz Schubert), sulle inclinazioni paesaggistiche (l’aria in Luftklavier, il fuoco in Feuerklavier) di una musica che ancora una
volta conferma la straordinaria vocazione di Berio a progettare e
costruire un vero e proprio teatro del suono.
Ancora un’alternanza e un’interpolazione, in questo concerto,
tra due autori cronologicamente distanti come Franz Schubert
e Arnold Schönberg: il primo a designare l’avvio dell’esperienza
romantica, l’altro a caratterizzare la grande stagione dell’avanguardia storica e forse, con il suo Espressionismo musicale di cui
l’opera eseguita è massima testimonianza, l’epilogo più estremo
proprio del tragitto esplorativo e poetico del XIX secolo. Con
Schubert, la storia del pianoforte viene per la prima volta declinata nei termini di uno spazio sonoro intimo, racchiuso, limitato
nelle dimensioni a brevi componimenti nella cui esigua durata
si concentrano le massime istanze di contenuto comunicativo e
sentimentale. Alle forme estese e architettonicamente complesse (la forma-sonata su tutte, con l’articolata sequenza bitematica
di esposizione, sviluppo e ripresa), il Romanticismo dichiara fin
da qui la propria scelta ambientale, il proprio luogo d’elezione, le
stanze in cui abitare e poter esprimere le proprie sentimentalità
più intime. Schubert, con il suo posizionamento all’atto d’avvio
dell’esperienza romantica, porta grandi cambiamenti sul piano
del linguaggio pianisitico, pur presentando ancora nel suo catalogo un numero rilevante di Sonate (23), testimonianza in qualche modo di un legame ancora almeno formale con la stagione
del Classicismo viennese. La sua inclinazione poetica migliore,
tuttavia, si esprime proprio in questo territorio nuovo, in questo campo d’azione tutto da inventare e scoprire dei pezzi lirici,
delle miniature pianistiche densamente abitate dalle idealità del
primo Romanticismo. Appartengono a questo ambito di produzione non solo i quattro Improvvisi (op. 90, D 899), qui a due
a due intercalati all’op. 11 di Schönberg, oltre all’altra raccolta
con uguale titolazione (quattro Improvvisi op. 142, D 935), ma
anche i sei Momenti musicali op. 94, D 780, e i tre Klavierstücke
D 946. Da queste sponde di nuova narratività condensata muoveranno più avanti molti autori (Mendelssohn, Chopin, Schu13
mann, Liszt, Brahms, ma poi anche Fauré, Debussy, lo stesso
Schönberg) che a loro volta riscriveranno lo spazio sonoro pianistico in termini di massima concisione dimensionale e concentrazione poetico-espressiva. I quattro Improvvisi op. 90 risalgono probabilmente alla fine del 1827. Il tragitto da un brano
all’altro porta a respirare atmosfere intensissime, di espressività
inaudita per l’epoca e per certi versi coerentemente collegabile
con l’astrattismo dissonante e ipersoggettivo di Schönberg, visto in trasparenza come suo esito estremo. La lentissima marcia
del primo Improvviso, costruita su un’unica, meravigliosa melodia carica di tristezza malinconica, porta, via via che il brano
si sviluppa lungo un sentiero che esprime la migliore poetica del
Wanderer, del viandante schubertiano, a caricarsi di ossessività incantatrice, di cupa fatalità, persino, come è stato scritto, di
sepolcrale maestà, fino a quel dissolvimento misterioso sospeso fuori dal tempo e dallo spazio. Segue il secondo Improvviso,
brillante e virtuosistico, quasi chopiniano (se si concede il paradosso cronologico) per la sua vivacità fresca, e da qui, dopo l’interpolazione schönberghiana, il terzo, una delle massime e più
intense espressioni compositive di Schubert. Un lungo, soffuso
tema innodico si dipana su un accompagnamento trasparente di
terzine: una preghiera, uno spazio spirituale emozionante che si
innalza a poco a poco in una dimensione sovraterrena e rarefatta. Così, per finire, il quarto Improvviso costruisce un piano sonoro capovolto, dove allo sfondo sfavillante ed etereo della mano
destra si sovrappone una figura melodica della mano sinistra
costruita sui registri del violoncello. Al centro del brano, quasi
fosse il trio di uno scherzo, una melodia intensa e appassionata,
incorniciata in conclusione dalla ripresa del motivo iniziale che
simmetricamente chiude il brano.
La non vasta, anzi, la contenuta produzione pianistica schoenberghiana non deve essere letta come un indizio di marginalità:
semmai, vale la pena di rilevare come proprio il pianoforte sia
sempre al centro delle grandi zone critiche e di cambiamento
sperimentate dal compositore viennese. Il pianoforte si trova
proprio in questi momenti cruciali a mostrare attraverso la sua
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Schubert
Ascoltavo i suoni con indescrivibile eccitazione; eppure, da un punto di vista virtuosistico questo modo di suonare in nessun modo poteva competere
con i Maestri viennesi del pianoforte noti in tutto il mondo. Con Schubert,
l’espressione delle emozioni del proprio mondo interiore, sovrastava indubbiamente lo sviluppo tecnico.
Louis Schloesser (“Memorie su Schubert”, 1883)
Ascoltare e vederlo suonare le sue composizioni era un vero piacere. Un
tocco bellissimo, una mano ferma, un modo di suonare chiaro, ordinato,
pieno di interiorità e sentimento. Apparteneva ancora alla vecchia scuola
di pianisti le cui dita non avevano ancora iniziato ad attaccare i poveri tasti
come uccelli da preda....”
L’amico Albert Stadler, nel 1858
Le ore passate con Schubert sono tra i più vivi piaceri della mia vita, e io
non posso pensare a quei giorni senza sentirmi profondamente commosso.
Non era solo il fatto che in tali occasioni conoscevo molte cose nuove, ma
mi davano gran piacere il modo chiaro, scorrevole di suonare, la concezione
personale, il modo di seguire (talvolta delicato e talvolta pieno di fuoco e di
energia) del mio piccolo compagno grassottello.
L’amico Joseph von Gahy
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sonorità e il suo dispositivo timbrico, meccanico, espressivo, il
campo d’azione e le prospettive future delle nuove invenzioni
linguistiche nel campo dell’armonia non funzionale, della dissonanza diffusa, infine del traguardo dodecafonico: i Tre pezzi op.
11 (1909), innanzitutto, ricchi di rinvii semantici ed estetici anche
ad altri ambiti dell’espressione artistica, i Sei piccoli pezzi op. 19
(1911), apice della poetica espressionistica più rarefatta e quasi
afasica di Schönberg, al limite dell’inesprimibile con i suoi fulminei aforismi carichi di silenzio e intensità del non detto, i Cinque
pezzi op. 23 (1920-23), prima avvisaglia della tecnica dodecafonica, raggiunta integralmente con l’approdo alla coeva Suite op.
25. I Tre pezzi per pianoforte op. 11 sono come detto del 1909 (i
primi due scritti di getto il 19 e il 22 febbraio, il terzo composto
qualche mese dopo e portato a termine il 7 agosto): nello stesso
anno – cruciale evidentemente nell’opera schönberghiana per
la maturazione delle più avanzate istanze espressioniste, della
piena emancipazione dalla tonalità, con l’estesa esplorazione del
totale cromatico –, vedono la luce lavori fondamentali come il
monodramma Erwartung, il ciclo di liriche Il libro dei giardini
pensili, i Cinque pezzi per orchestra op. 16. Nei Tre pezzi op. 11,
Schönberg mostra una tendenza allo sfruttamento del materiale
armonico in termini di tensioni estreme verso la dissonanza, pur
restando, come nel primo dei tre brani (Mässig, moderato), o
nel secondo (con uguale titolazione), vaghe parvenze di attrazione tonale. Una figuratività esilmente percepibile, resa ormai
sfuocata, fortemente trasfigurata dagli assalti portati ai principi armonici, come certe figure umane deformate nei quadri di
Kirchner o di Schiele. È nel terzo brano (Bewegt, mosso), non a
caso scritto qualche mese dopo e dunque risultato di una diversa
maturazione stilistica, che Schönberg intraprende con audacia
assolutamente inedita, un percorso espressivo e armonico di
fortissima dissoluzione formale e contenutistica. Alla sfuocata
ma pur presente parvenza formale tripartita dei due primi brani,
qui il compositore sostituisce un piano architettonico liberato
da qualsiasi riferimento simmetrico, costruito su piani mobili e
sequenze distinte, mai ripetute, atematiche, dotate di un proprio
16
Schönberg
Io credo in ciò che faccio e faccio soltanto ciò in cui credo; e guai a chi tocca
la mia fede. Quest’uomo io lo considero un nemico, e non gli do quartiere!
Chi non è con me è contro di me.
Le idee che divergono dalle mie sono qualcosa di cui non posso risentirmi,
così come non posso risentirmi se uno ha un altro difetto, una gamba piú
corta, una mano rattrappita, eccetera. Posso soltanto dispiacermi per questo individuo, ma non posso essere in collera con lui.
Schönberg
Perciò l’allievo deve creare nel vero senso della parola, anche nei più rudimentali esordi della costruzione musicale. Ciò che Schönberg spiega agli
studenti è dunque perfettamente legato al lavoro di cui si sta occupando.
Non gli impone dogmi esterni. Educa attraverso la creazione. Segue le tracce della personalità dell’allievo con la massima energia, cerca di approfondirla, di aiutarla a manifestarsi ...
Webern
Ho almeno imparato la lezione che mi è stata impartita negli anni, e non
la dimenticherò mai. Questa lezione è che io non sono tedesco, non sono
europeo, forse non sono neppure un essere umano (per lo meno, gli europei
preferiscono i peggiori esemplari della loro razza a me), ma sono ebreo...
Schönberg
17
e coerente sviluppo, in buona sostanza definibile come “forma
aperta”, una sorta di continua improvvisazione elaborativa. La
figuratività si è qui dissolta o resa appunto informale, astratta.
Due suggestioni si aprono da questo ascolto. Da un lato i riferimenti al passato: è qui che si evidenzia la convergenza di due linguaggi apparentemente opposti come il cromatismo wagneriano e l’“entwickelte Variation”, la “variazione sviluppante” (così
definita dallo stesso Schönberg) di Johannes Brahms. Dall’altro
all’universo della pittura, della sinestesia, degli incontri e delle
reciproche sollecitazioni tra le varie forme di espressione artistica: sarà questa musica, ascoltata insieme al Quartetto op. 10,
sempre di Schönberg, a Monaco il 1° gennaio 1911, a suscitare
in Vasilij Kandinskij quella fortissima impressione che porterà
non solo a un approfondito dialogo tra i due artisti, ma probabilmente anche alla creazione di uno dei suoi quadri più affascinanti, Impression 3 (Konzert), con quella grande macchia
nera affiancata a quella gialla (il pianoforte? L’energia intensa
del suono?) e quei segni a richiamare forse, in un estremo, quasi
dissolto richiamo figurativo, le figure del pubblico presente in
sala. Il pittore espressionista Franz Marc rimarcherà queste analogie ricordando quel concerto e paragonando la musica dell’op.
11 al quadro Springende Flecken (Macchie che saltano) sempre
di Kandinskij: “Sono stato costretto a pensare alle springende
Flecken di Kandinskij nel momento in cui ho ascoltato questa
musica, dove ogni singolo suono ha una propria autonomia (una
specie di telo bianco tra macchie di colore!). Schönberg parte
dal presupposto che i concetti di dissonanza e consonanza non
esistano affatto. La cosiddetta dissonanza è soltanto una consonanza di note non collegate fra loro. Un’idea, questa, sempre
presente nella mia mente mentre dipingo”.
18
Coincidenze
1756
Scarlatti, Sonata K 491 in re maggiore
Nasce Mozart.
Gluck, Antigone, opera.
Le Chinois poli en France, opera.
Haydn, Concerto per organo n. 1 in do maggiore; Concerto per pianoforte
in do maggiore.
La Guerra dei Sette Anni comincia formalmente nel Regno Unito quando
questo dichiara guerra alla Francia. La Francia invade Minorca, sotto
controllo britannico; nella battaglia la flotta britannica comandata da
John Byng è battuta da quella francese. In agosto Federico II di Prussia
invade la Sassonia, iniziando la guerra nel continente europeo; questi
nella Battaglia di Lobositz batte l’esercito austriaco comandato dal
maresciallo Maximilian Ulysses Count Browne.
Milizie della Colonia reale del Nord Carolina costruiscono un forte sulle
province occidentali per proteggerle dalle invasioni dei nativi, alleati
con i francesi. Venne chiamato Fort Dobbs in onore del governatore
della colonia, Arthur Dobbs, che convinse il governo del Nord Carolina a
finanziare il progetto in tempi brevi.
Viene fondata a Londra la Società marittima più antica del mondo.
Bartolomeo Rastrelli presenta il Palazzo di Caterina all’imperatrice
Elisabetta I di Russia e alla sua corte.
La festività di San Patrizio, di origine Irlandese, è celebrata a New York
City per la prima volta (alla Crown and Thistle Tavern).
1827
Schubert, Improvvisi op. 90 (D.899)
Schubert, Trii con pianoforte op. 99 e op. 100; Fantasia per violino e
pianoforte; Die Winterreise, ciclo di Lieder.
Muore Beethoven.
Rossini, Moïse (versione francese).
Bellini, Il Pirata.
Berlioz, Les Francs Juges, overture; Waverley, ouverture; La Mort
d’Orphée, monologo e baccanale.
Mendelssohn, Quartetto per archi n. 2; Fuga per quartetto d’archi; Sonata
per pianoforte n. 3.
Chopin, Notturno n. 19; Variazioni sul tema ‘Là ci darem la mano’ dal Don
Giovanni di Mozart.
19
Ingres, Apoteosi d’Omero.
Delacroix, La morte di Sardanapalo.
Da Ponte, Memorie.
Manzoni, I promessi sposi, prima edizione.
Leopardi, Operette morali.
Hugo, Cromwell.
Muore a Turham Green (Londra) Ugo Foscolo.
Alessandro Manzoni completata la prima edizione dei Promessi Sposi.
La flotta britannica annienta la flotta ottomana nella Battaglia di Navarino.
1909
Schönberg, Klavierstücke op. 11
Schönberg, Cinque pezzi per orchestra (riveduto 1949); Erwartung.
Muore Albéniz.
Elgar, Elegia per orchestra d’archi; Concerto per violino (1909-10).
Mahler, Sinfonia n. 9.
Debussy, Rondes de Printemps, da Images per orchestra; Rhapsodie, per
clarinetto e orchestra (1909-10); Petite pièce, per clarinetto e pianoforte
in la maggiore; Préludes per pianoforte, Libro I (1909-10); Hommage
à Haydn e La plus que lente per pianoforte; Trois Ballades de François
Villon (1909-10).
Richard Strauss Der Rosenkavalier (1909-10).
Dukas, Prélude élégiaque, per pianoforte.
Busoni, Berceuse élégiaque, per orchestra.
Lehàr, Il Conte di Lussemburgo.
Skrjabin, Poema del fuoco - Prometeo, per orchestra, pianoforte e coro
(1909-10).
Rachmaninov, Concerto per pianoforte n. 3.
Ravel, Menuet sur le nom d’Haydn, per pianoforte.
Respighi, Ciaccona per violino archi e organo.
Pizzetti, Phaedra (1909-12).
Bartók, For Children, per pianoforte
Kodàly, Sonata per violoncello (1909-10).
Webern, Cinque Movimenti per quartetto d’archi.
Berg, Quattro Lieder (1909-10).
Prokof’ev, Sinfonietta (1909-14).
In Germania il cancelliere Bernhard von Bülow si dimette per contrasti con
il Kaiser.
Viene stipulato l’accordo di Racconigi (segreto) tra Italia e Russia.
Muore Leopoldo II del Belgio gli succederà al trono Alberto I del Belgio.
20
La Colombia riconosce l’indipendenza di Panama.
Francia: Filippo Tommaso Marinetti pubblica su ‘Le Figaro’ il Manifesto
del futurismo.
Louis Blériot compie la prima traversata della Manica con un aeroplano.
In Persia inizia lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi della concessione
Arcy da parte dell’Anglo-Persian Oil Company. Il paese diviene rapidamente uno dei maggiori produttori mondiali.
A Desenzano del Garda è inaugurata la linea ferroviaria per il porto.
Il Polo Nord è raggiunto dall’esploratore statunitense Robert E. Peary.
Parte da Milano il primo Giro d’Italia, in otto tappe.
1965
Berio, Wasserklavier (Six Encores terminato nel 1990)
Berio, Laborintus II, per voce, strumenti e nastro; Rounds per
clavicembalo; Sequenza III per voce.
Muore Varèse.
Kodàly, Variazioni per pianoforte.
Malipiero, Costellazione, per pianoforte.
Stravinskij, Introitus, per voci maschili ed ensemble.
Milhaud, Musica per Boston e Musica per Prague per orchestra; Elegie
pour Pierre, per viola e percussioni.
Messiaen, La Transfiguration de notre Seigneur Jesus-Christ, per coro e
orchestra; Meditations sur le mystère de la Sainte Trinité, per organo.
Cage, Variations V.
Françaix, Bis per pianoforte.
Britten, Gemini Variations, per flauto violino e pianoforte a quattro mani;
Songs and Proverbs of William Blake, per voce e pianoforte; The Poet’s
Echo, per voce e pianoforte.
Lutosławski, Paroles tissées, per voce e strumenti.
Bernestein, Chichester Psalms, per coro e orchestra.
Xenakis, Oresteia; Terretektorh, per orchestra (1965-6).
Nono, Die Ermittlung, musica di scena per nastro.
Feldman, De Kooning, per pianoforte, corno e percussioni; Journey to the
End of Night, per soprano e quattro strumenti a fiato.
Henze, Die Bassariden; In Memoriam: La rosa bianca per orchestra da
camera.
Stockhausen, Solo, per strumento melodico e nastro (1965-6).
Crumb, Madrigals, Libro I e II per soprano, vibrafono e contrabbasso.
Penderecki, Capriccio, per oboe e archi.
Schnittke, Dialogo, per violoncello e sette strumenti.
21
Reich, Oh Dem Watermelons, musica da film; It’s Gonna Rain, per nastro.
Ferneyhough, Quattro Miniature, per flauto e pianoforte.
Nasce l’OLP, Organizzazione per la liberazione della Palestina.
Vietnam del Nord: primi bombardamenti americani.
Il Canada cambia la propria bandiera, scegliendo la foglia d’acero come
simbolo.
Stati Uniti: viene assassinato Malcolm X, leader dei Black Muslims.
Entra in vigore, in Italia, istruzione ecumenica Sacrosanctum Concilium,
che autorizza l’uso della lingua italiana in diverse parti della messa.
A Taranto apre l’impianto Italsider.
In Algeria viene deposto da un colpo di stato militare il presidente Ben Bella. Nuovo capo di stato diviene il generale Houari Boumedienne.
La sonda americana Mariner 4 raggiunge per la prima volta Marte: invierà
alla Terra 21 foto.
Con una solenne cerimonia, i presidenti Giuseppe Saragat e Charles De
Gaulle inaugurano il Traforo del Monte Bianco.
Singapore diventa indipendente.
Il presidente francese Charles De Gaulle annuncia che la Francia uscirà dalla NATO.
Il presidente della Cina Mao Tse Tung e Lin Piao pongono sotto accusa i
vertici del Partito Comunista Cinese. Nasce la Rivoluzione culturale.
La Francia lancia con un proprio razzo il suo primo satellite artificiale,
Asterix.
Filippine: Ferdinand Marcos diventa presidente.
Fonti: Cronologia universale, Roma, Newton Compton, 1996. Dizionario della musica e dei
musicisti, Utet, 1994. www. musicweb-international. com/Classpedia/A-Zindex. htm
22
Interpreti
Andrea Lucchesini
Formatosi sotto la guida di Maria Tipo, Andrea Lucchesini si impone
all’attenzione internazionale giovanissimo, con la vittoria del Concorso
Internazionale “Dino Ciani” presso il Teatro alla Scala di Milano. Suona
da allora in tutto il mondo con le orchestre più prestigiose, collaborando con direttori quali Claudio Abbado, Semyon Bychkov, Roberto Abbado, Riccardo Chailly, Dennis Russell Davies, Charles Dutoit, Daniele
Gatti, Gabriele Ferro, Gianluigi Gelmetti, Daniel Harding, Vladimir Jurowski, Gianandrea Noseda e Giuseppe Sinopoli.
La sua ampia attività, contrassegnata dal desiderio di esplorare la musica senza limitazioni, lo vede proporre programmi che spaziano dal
repertorio classico all’oggi e gli vale già nel 1994 il riconoscimento dei
musicologi europei da cui riceve – unico italiano finora - il Premio Internazionale Accademia Chigiana, mentre l’anno successivo il Premio
“F. Abbiati” testimonia l’apprezzamento della critica italiana.
Andrea Lucchesini ha al suo attivo numerose incisioni discografiche, le
prime delle quali risalgono agli anni ‘80 per EMI International (Sonata
in si minore di Liszt, Sonata op.106 “Hammerklavier” di Beethoven,
Sonata op.58 di Chopin); successivamente realizza Pierrot Lunaire di
Schoenberg e Kammerkonzert di Berg per Teldec, con la Dresdner Staatskapelle diretta da Giuseppe Sinopoli.
Incide inoltre per BMG il Concerto “Echoing curves” di Luciano Berio sotto la sua direzione: è una delle tappe fondamentali di una
stretta collaborazione con il compositore, accanto al quale Lucchesini vede nascere l’ultimo e impegnativo lavoro per pianoforte solo, la
Sonata, eseguita in prima mondiale nel 2001 e successivamente consegnata – con tutte le altre opere pianistiche di Berio – ad un disco
AVIE Records che riceve unanime plauso dalla critica internazionale.
Altrettanto festeggiata la registrazione dal vivo che Lucchesini realizza
del ciclo integrale delle 32 Sonate di Beethoven per Stradivarius: la raccolta ottiene tra l’altro nell’agosto 2004 il riconoscimento di “disco del
mese” della prestigiosa rivista tedesca Fonoforum.
A partire dal 1990 il pianista si dedica anche alla musica da camera, realizzando in particolare una stretta collaborazione (anche discografica)
col violoncellista Mario Brunello ed esplorando in varie formazioni il
repertorio cameristico.
Convinto che la trasmissione del sapere musicale alle giovani genera23
zioni sia un dovere morale, Lucchesini si dedica con passione all’insegnamento, attualmente presso la Scuola di Musica di Fiesole, della
quale dal 2008 è anche direttore artistico. È inoltre invitato a tenere
masterclasse presso importanti istituzioni musicali europee, quali la
Musik Hochschule di Hannover, il Sommer Wasserbuger Festspiele e
la Musik Hochschule di Salisburgo; partecipa in qualità di giurato a
numerosi concorsi pianistici nel mondo e dal 2008 è Accademico di S.
Cecilia.
Il suo più recente lavoro discografico sono gli Improvvisi di Schubert,
realizzati per AVIE Records nel 2010 e accolti con entusiasmo dalla
critica internazionale.
foto di Andrea Marchionni
GRUPPO BPER
Le attività di spettacolo e tutte le iniziative per i giovani e le scuole sono
realizzate con il contributo e la collaborazione della Fondazione Manodori
Vanna Belfiore, Deanna Ferretti Veroni, Primo Montanari, Corrado Spaggiari,
Gianni Toschi, Vando Veroni
Annalisa Pellini
Paola Benedetti Spaggiari, Enea Bergianti, Bluezone Piscine, Franco Boni, Gemma Siria Bottazzi, Gabriella
Catellani Lusetti, Achille Corradini, Donata Davoli Barbieri, Anna Fontana Boni, Mirella Gualerzi, Insieme per il
Teatro, Umbra Manghi, Paola Scaltriti, Corrado Tirelli, Gigliola Zecchi Balsamo
Francesca Azzali, Nicola Azzali, Gianni Borghi, Andrea Capelli, Classic Hotel, Francesca Codeluppi, Andrea
Corradini, Ennio Ferrarini, Milva Fornaciari, Giovanni Fracasso, Alessandro Gherpelli, Alice Gherpelli, Marica
Gherpelli, Silvia Grandi, Hotel Saint Lorenz, Claudio Iemmi, Luigi Lanzi, Franca Manenti Valli, Graziano Mazza,
Ramona Perrone, Francesca Procaccia, Teresa Salvino, Viviana Sassi, Paola Torelli Azzali, Alberto Vaccari
Stampa: Grafiche San Benedetto, Castrocielo (FR)
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