2011/2012 concerti Andrea Lucchesini 3 Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, 2011 A cura dell’Area Comunicazione Coincidenze e citazioni a cura di Giulia Bassi Fonti delle citazioni: Lorenzo Ferrero, Laboratorio & Musica, Anno II, n.10, marzo 1980; Harold C. Schonberg, I Grandi Musicisti, Mondadori, Milano 1972; Schumann, Gli scritti critici, Ricordi/Unicopli, Milano 1991. L’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare le eventuali spettanze relative a diritti di riproduzione per le immagini e i testi di cui non sia stato possibile reperire la fonte. L’incontro di Andrea Lucchesini con il pubblico si svolge in collaborazione con Insieme per il Teatro. 16 novembre 2011, ore 20.30 Teatro Municipale Valli Domenico Scarlatti Sonata K 491 in re maggiore Allegro Luciano Berio Six Encores I Brin II Leaf Domenico Scarlatti Sonata K 454 in sol maggiore Andante spirituoso Luciano Berio Six Encores IV Erdenklavier III Wasserklavier Domenico Scarlatti Sonata K 239 in fa minore Allegro Luciano Berio Six Encores V Luftklavier Domenico Scarlatti Sonata K 342 in la maggiore Allegro Luciano Berio Six Encores VI Feuerklavier Domenico Scarlatti Sonata K 146 in sol maggiore [senza indicazioni di tempo] (intervallo) Franz Schubert Improvvisi op. 90 D. 899 n. 1 in do minore Allegro molto moderato n. 2 in mi bemolle maggiore Allegro Arnold Schönberg Klavierstücke op. 11 I Mäßig (Moderato) II Mäßig (Moderato) III Bewegt (Mosso) Franz Schubert Improvvisi op. 90 D. 899 n. 3 in sol bemolle maggiore Andante n. 4 in la bemolle maggiore Allegretto Andrea Lucchesini pianoforte 6 Un saggio di Roberto Favaro Nella storia della musica per tastiera, l’opera di Domenico Scarlatti occupa una posizione fondamentale, sia per l’originalità e l’unicità del suo linguaggio, sia per il ruolo di raccordo tra il periodo Barocco e l’imminente Classicismo, sia infine per una sorprendente modernità di intenti estetici e di approdi tecnici. Non essendo pervenuto a noi alcun autografo, e disseminandosi la sua voluminosa opera in una moltiplicazione di raccolte apparse lungo il corso di oltre due secoli (la più attendibile e oggi ancora accreditata classificazione è comunque quella approntata dal musicologo Ralph Kirkpatrick nel 1953), è difficile oggi ripristinare un ordine cronologico e indirizzare l’ascoltatore verso un approccio lineare all’opera. Ben più utile e fruttuoso è semmai focalizzare alcuni caratteri salienti della musica e del linguaggio per tastiera di Scarlatti, oltre ad alcuni caratteri di orientamento estetico e culturale. Tra l’altro, la felicissima proposta di intercalare alcune Sonate di Scarlatti ai Six Encores di Luciano Berio evidenzia sia la modernità sonora e architettonica di questi brani, sia la loro flessibilità e perfetta adattabilità ad assecondare una sorta di narrazione pianistica lungo quasi tre secoli di storia musicale. Innanzitutto va detto che Scarlatti è la tastiera, è il clavicembalo. Per dire che l’azione compositiva e la massima energia creativa del musicista napoletano si concentrano ed esauriscono in buona parte su questo strumento. Lo abitano e lo esplorano in modo completo, espansivo, profondo. E poi, secondo dato da cui prendere le mosse, il background culturale, biografico, esistenziale, sonoro di Scarlatti è ambivalente, complesso e articolato: da un 7 Scarlatti Scarlatti ha molti eccellenti pregi che lo distinguono dai suoi contemporanei. Non si troverà in lui il cosiddetto ferreo ordine bachiano in ciò che riguarda il corso delle sue idee; egli è di gran lunga meno profondo, più leggero e rapsodico; si ha un bel daffare a seguirlo, tanto velocemente egli sa tessere i fili; il suo stile è in rapporto all’epoca, conciso, piacevole, piccante. Un vero artista della tastiera non può ignorare i corifei delle varie scuole e non può quindi ignorare Scarlatti che chiaramente ha elevato l’arte di suonare il clavicembalo a un grado più alto. Non si suonino però troppi pezzi uno in fila all’altro, perché queste composizioni si assomigliano molto nel movimento e nel carattere; presentandole invece con parsimonia e al momento giusto esse non mancheranno di avere un effetto di vivace freschezza sugli ascoltatori. Schumann 8 lato la matrice italiana e napoletana (condita di altri indizi di italianità, veneziana e romana, per esempio, e di altri connotati ereditari recepiti se non altro dal padre Alessandro), dall’altro la matrice iberica – portoghese prima e spagnola poi –, assorbita e modellata dopo il suo trasferimento presso la corte di re Giovanni a Lisbona e poi presso la corte del re di Spagna a Madrid con l’implicita scoperta di un nuovo mondo musicale, di nuovi strumenti, di nuovi modi di dire e di significare attraverso le note. Una matrice composita, dunque, in cui si mescolano tanti fattori di qualificazione stilistica, di influsso estetico, di colore timbrico e modalità formale, di tecnica esecutiva e di esplorazione armonica. Le Sonate sono il deposito di questa articolata complessità. Sono il riflesso e l’esito di un percorso culturale anomalo e di una originalissima conseguenza stilistica. Le Sonate, nel loro insieme ma anche isolatamente le cinque intercalate qui ai brani di Berio, restituiscono al nostro ascolto l’idea di un nuovo spazio sonoro, di un originale – e appunto influente nella storia – modo di comporre. Con alcuni temi e questioni che emergono da un ascolto all’altro, o anche condensati nel singolo componimento: ognuno di essi, intanto, pone l’interrogativo sulla natura di queste musiche, cioè sulla loro motivazione o funzione profonda, oscillante tra la sonata, lo studio, l’esercizio, la suite, dato il carattere spesso insieme virtuosistico e ricreativo, strutturalista e pedagogico; inoltre, dal punto di vista formale, le Sonate sono costituite abitualmente da due parti distinte, eludendo dunque così il principio tripartito dell’esposizione-sviluppo-ripresa di quella che sarà la sonata classica, ma proponendo un ambiente sonoro a piani giustapposti che offrono stimoli verso le forme miniaturizzate del Romanticismo; ancora, la straordinaria inventiva melodica e ritmica impone necessità tecnico-esecutive di incredibile innovazione gestuale, cinetica, comportamentale (sequenze frenetiche, incrocio di mani, sovrapposizioni ritmiche, trilli e abbellimenti vari rimarcati simultaneamente su più note, accordi perentori o arpeggiati, e molto altro ancora). Sullo sfondo di tutto ciò, le matrici di cultura e musica che formano la personalità composita di Scarlatti, la sua italianità, il suo tema9 Berio Oggi c’è un solo problema che mi interessa nel rapporto musica-politica: quello di colmarne il fossato fra la musica linguisticamente «popolare» che si paga da sé, sulla quale si specula industrialmente e ideologicamente - e la musica che non si mantiene da sola e deve essere clamorosamente protetta. I modi di gestire questa protezione sono politicamente più significativi dell’opera musicale che, per sua natura, non è politica …. Il miglior modo di analizzare e commentare qualcosa è, per un compositore, fare qualcosa utilizzando i materiali di quello che si vuole analizzare e commentare. Il commento più proficuo alle sinfonie e alle opere è sempre stato un’altra sinfonia e un’altra opera. C’è, da parte di chi ascolta, la ten­denza a ricor­dare tutto il pas­sato musi­cale come fosse un bene di con­sumo a lui con­tem­po­ra­neo. Tale ten­denza ha un suo senso, per­ché il pas­sato, per l’ascoltatore, è la risorsa più dispo­ni­bile del sapere musi­cale; ma essa assume tal­volta i carat­teri di una incon­sa­pe­ vole fru­stra­zione ideo­lo­gica, avendo alle sue radici non tanto un plau­si­bile codice di valori musi­cali quanto con­di­zio­na­menti di mercato. L’unica forma di vir­tuo­si­smo degna di que­sto nome è il vir­tuo­si­smo dell’intelligenza, capace di pene­trare e ren­dere mondi musi­cali diversi. Luciano Berio 10 tizzare e melodizzare, ma anche la sua ispanità, la sua fascinazione per la chitarra e per un materiale melodico iberico che continuamente emergono, sotto forma di pronunce, effetti timbrici, richiami melodici che rendono appunto unica questa musica che non possiamo non dire pianistica per le ragioni di espansività creativa che abbiamo detto, ma che rimangono al tempo stesso vivamente legate all’universo sonoro del clavicembalo. Intercalati alle cinque Sonate scarlattiane, con un montaggio sapiente che rende questo concerto proficuo sotto l’aspetto della narrazione e degli sviluppi itineranti, i Six Encores di Luciano Berio, raccolta di sei brani scritti in anni tra loro lontani (19651990) e appunto riuniti sotto questa comune titolazione. L’ordine di interpolazione offerta dal concerto mescola la cronologia reale delle composizioni, o meglio antepone i due ultimi brani composti, Brin e Leaf, del 1990, ai primi quattro, tra loro riuniti in una sorta di ciclo sui quattro elementi: del 1965 è infatti Wasserklavier, del 1969 Erdenklavier, del 1985 Luftklavier, mentre del 1989 è Feuerklavier. Nonostante la disseminazione nel tempo, tuttavia, e a parte l’evidente colleganza dei quattro “elementi”, una forte affinità di intenti e problematiche compositive accomuna e unisce i sei brevissimi brani. Per certi versi, anche questi sei piccoli gioielli muovono da una motivazione esplorativa e dimostrativa delle potenzialità insite nel materiale musicale sotto l’aspetto delle sedimentazioni semiotiche e delle allusioni gestuali, delle trasformazioni abilissime, addirittura dei travestimenti del tessuto sonoro nel suo suggerire la densità mentre al tempo stesso appare in tutta la sua trasparenza. Ma come sempre in Berio, la straordinaria intelligenza elaborativa e formale si accompagna a una profonda stratificazione di nessi appunto semantici e gestuali, perfino drammaturgici, di pura teatralità del suono. Così, per cominciare, Brin, composizione scritta in memoria di un amico di Berio, il giovane pianista Michel Ouder scomparso tragicamente all’età di vent’anni, muove da un materiale sonoro di partenza (un singolo accordo riccamente cromatico), che poi via via genera una serie di mutamenti e di altri materiali musicali in base alle direzioni, alla spazialità, 11 ai percorsi intrapresi dall’accordo: così l’ascoltatore assisterà a un variegato campionario di elaborazioni, frantumazioni in micro gruppi, frammenti melodici, ricomposizioni accordali conclusive, del materiale sonoro, tutto passato attraverso il filtro e la vaporizzazione diafana del pedale di risonanza. Il lavoro trasformativo, lentamente condotto, porta alla visione di tutti i lati e le prospettive spaziali del materiale di partenza, figurandosi più come una sorta di “mobile”, di oggetto sonoro instabile alla Calder che non un processo costruttivo astratto e formalmente autosufficiente. In questo, si misurano le differenze sostanziali rispetto al lavoro permutativo del serialismo schoenberghiano, che pure verrebbe qui da evocare: in Berio, e non solo nello specifico di questo lavoro, emerge una gestualità pianistica declinata verso le sponde del sensualismo intimo, di contatto fisico con lo strumento. Così anche Leaf, appartenente allo stesso periodo di Brin, forma la propria sostanza compositiva a partire da un accordo, e come il brano precedente è scritto in memoria di un amico scomparso, in questo caso il musicista Michael Vyner della London Sinfonietta. Anche qui la materia musicale vive, più che subisce, una mobilissima esperienza trasformativa: mobilissima, appunto, perché condotta lungo un tracciato spazialmente espansivo e per così dire tridimensionale, sorta di sound-design, di sound-mobile calderiano, dove note e accordi si fondono in continue rimodulazioni trasformative, riconfigurate di volta in volta tramite stimoli cinetici che mostrano infine la forma complessiva attraverso una visione prospettica generata dalla lentezza delle trasformazioni. Ancora, e per concludere, i quattro brani dedicati agli elementi mostrano alla percezione dell’ascoltatore altre raffinatissime soluzioni elaborative, sulle risonanze, sulle complessità tecnico-esecutive, sugli effetti per così dire “ottici” della composizione (ancora analogie con l’ambiente “visivo”, per esempio con la op-art), sulle trasparenze e sulle rarefazioni sempre mobili, metamorfiche del suono, sulle potenzialità elaborative di musiche preesistenti (in Wasserklavier, per esempio, Berio fonde insieme e rielabora alcune figure tratte dal materiale tematico dell’op. 117 n. 2 di Johannes Brahms e dell’op. 142 n. 1 di 12 Franz Schubert), sulle inclinazioni paesaggistiche (l’aria in Luftklavier, il fuoco in Feuerklavier) di una musica che ancora una volta conferma la straordinaria vocazione di Berio a progettare e costruire un vero e proprio teatro del suono. Ancora un’alternanza e un’interpolazione, in questo concerto, tra due autori cronologicamente distanti come Franz Schubert e Arnold Schönberg: il primo a designare l’avvio dell’esperienza romantica, l’altro a caratterizzare la grande stagione dell’avanguardia storica e forse, con il suo Espressionismo musicale di cui l’opera eseguita è massima testimonianza, l’epilogo più estremo proprio del tragitto esplorativo e poetico del XIX secolo. Con Schubert, la storia del pianoforte viene per la prima volta declinata nei termini di uno spazio sonoro intimo, racchiuso, limitato nelle dimensioni a brevi componimenti nella cui esigua durata si concentrano le massime istanze di contenuto comunicativo e sentimentale. Alle forme estese e architettonicamente complesse (la forma-sonata su tutte, con l’articolata sequenza bitematica di esposizione, sviluppo e ripresa), il Romanticismo dichiara fin da qui la propria scelta ambientale, il proprio luogo d’elezione, le stanze in cui abitare e poter esprimere le proprie sentimentalità più intime. Schubert, con il suo posizionamento all’atto d’avvio dell’esperienza romantica, porta grandi cambiamenti sul piano del linguaggio pianisitico, pur presentando ancora nel suo catalogo un numero rilevante di Sonate (23), testimonianza in qualche modo di un legame ancora almeno formale con la stagione del Classicismo viennese. La sua inclinazione poetica migliore, tuttavia, si esprime proprio in questo territorio nuovo, in questo campo d’azione tutto da inventare e scoprire dei pezzi lirici, delle miniature pianistiche densamente abitate dalle idealità del primo Romanticismo. Appartengono a questo ambito di produzione non solo i quattro Improvvisi (op. 90, D 899), qui a due a due intercalati all’op. 11 di Schönberg, oltre all’altra raccolta con uguale titolazione (quattro Improvvisi op. 142, D 935), ma anche i sei Momenti musicali op. 94, D 780, e i tre Klavierstücke D 946. Da queste sponde di nuova narratività condensata muoveranno più avanti molti autori (Mendelssohn, Chopin, Schu13 mann, Liszt, Brahms, ma poi anche Fauré, Debussy, lo stesso Schönberg) che a loro volta riscriveranno lo spazio sonoro pianistico in termini di massima concisione dimensionale e concentrazione poetico-espressiva. I quattro Improvvisi op. 90 risalgono probabilmente alla fine del 1827. Il tragitto da un brano all’altro porta a respirare atmosfere intensissime, di espressività inaudita per l’epoca e per certi versi coerentemente collegabile con l’astrattismo dissonante e ipersoggettivo di Schönberg, visto in trasparenza come suo esito estremo. La lentissima marcia del primo Improvviso, costruita su un’unica, meravigliosa melodia carica di tristezza malinconica, porta, via via che il brano si sviluppa lungo un sentiero che esprime la migliore poetica del Wanderer, del viandante schubertiano, a caricarsi di ossessività incantatrice, di cupa fatalità, persino, come è stato scritto, di sepolcrale maestà, fino a quel dissolvimento misterioso sospeso fuori dal tempo e dallo spazio. Segue il secondo Improvviso, brillante e virtuosistico, quasi chopiniano (se si concede il paradosso cronologico) per la sua vivacità fresca, e da qui, dopo l’interpolazione schönberghiana, il terzo, una delle massime e più intense espressioni compositive di Schubert. Un lungo, soffuso tema innodico si dipana su un accompagnamento trasparente di terzine: una preghiera, uno spazio spirituale emozionante che si innalza a poco a poco in una dimensione sovraterrena e rarefatta. Così, per finire, il quarto Improvviso costruisce un piano sonoro capovolto, dove allo sfondo sfavillante ed etereo della mano destra si sovrappone una figura melodica della mano sinistra costruita sui registri del violoncello. Al centro del brano, quasi fosse il trio di uno scherzo, una melodia intensa e appassionata, incorniciata in conclusione dalla ripresa del motivo iniziale che simmetricamente chiude il brano. La non vasta, anzi, la contenuta produzione pianistica schoenberghiana non deve essere letta come un indizio di marginalità: semmai, vale la pena di rilevare come proprio il pianoforte sia sempre al centro delle grandi zone critiche e di cambiamento sperimentate dal compositore viennese. Il pianoforte si trova proprio in questi momenti cruciali a mostrare attraverso la sua 14 Schubert Ascoltavo i suoni con indescrivibile eccitazione; eppure, da un punto di vista virtuosistico questo modo di suonare in nessun modo poteva competere con i Maestri viennesi del pianoforte noti in tutto il mondo. Con Schubert, l’espressione delle emozioni del proprio mondo interiore, sovrastava indubbiamente lo sviluppo tecnico. Louis Schloesser (“Memorie su Schubert”, 1883) Ascoltare e vederlo suonare le sue composizioni era un vero piacere. Un tocco bellissimo, una mano ferma, un modo di suonare chiaro, ordinato, pieno di interiorità e sentimento. Apparteneva ancora alla vecchia scuola di pianisti le cui dita non avevano ancora iniziato ad attaccare i poveri tasti come uccelli da preda....” L’amico Albert Stadler, nel 1858 Le ore passate con Schubert sono tra i più vivi piaceri della mia vita, e io non posso pensare a quei giorni senza sentirmi profondamente commosso. Non era solo il fatto che in tali occasioni conoscevo molte cose nuove, ma mi davano gran piacere il modo chiaro, scorrevole di suonare, la concezione personale, il modo di seguire (talvolta delicato e talvolta pieno di fuoco e di energia) del mio piccolo compagno grassottello. L’amico Joseph von Gahy 15 sonorità e il suo dispositivo timbrico, meccanico, espressivo, il campo d’azione e le prospettive future delle nuove invenzioni linguistiche nel campo dell’armonia non funzionale, della dissonanza diffusa, infine del traguardo dodecafonico: i Tre pezzi op. 11 (1909), innanzitutto, ricchi di rinvii semantici ed estetici anche ad altri ambiti dell’espressione artistica, i Sei piccoli pezzi op. 19 (1911), apice della poetica espressionistica più rarefatta e quasi afasica di Schönberg, al limite dell’inesprimibile con i suoi fulminei aforismi carichi di silenzio e intensità del non detto, i Cinque pezzi op. 23 (1920-23), prima avvisaglia della tecnica dodecafonica, raggiunta integralmente con l’approdo alla coeva Suite op. 25. I Tre pezzi per pianoforte op. 11 sono come detto del 1909 (i primi due scritti di getto il 19 e il 22 febbraio, il terzo composto qualche mese dopo e portato a termine il 7 agosto): nello stesso anno – cruciale evidentemente nell’opera schönberghiana per la maturazione delle più avanzate istanze espressioniste, della piena emancipazione dalla tonalità, con l’estesa esplorazione del totale cromatico –, vedono la luce lavori fondamentali come il monodramma Erwartung, il ciclo di liriche Il libro dei giardini pensili, i Cinque pezzi per orchestra op. 16. Nei Tre pezzi op. 11, Schönberg mostra una tendenza allo sfruttamento del materiale armonico in termini di tensioni estreme verso la dissonanza, pur restando, come nel primo dei tre brani (Mässig, moderato), o nel secondo (con uguale titolazione), vaghe parvenze di attrazione tonale. Una figuratività esilmente percepibile, resa ormai sfuocata, fortemente trasfigurata dagli assalti portati ai principi armonici, come certe figure umane deformate nei quadri di Kirchner o di Schiele. È nel terzo brano (Bewegt, mosso), non a caso scritto qualche mese dopo e dunque risultato di una diversa maturazione stilistica, che Schönberg intraprende con audacia assolutamente inedita, un percorso espressivo e armonico di fortissima dissoluzione formale e contenutistica. Alla sfuocata ma pur presente parvenza formale tripartita dei due primi brani, qui il compositore sostituisce un piano architettonico liberato da qualsiasi riferimento simmetrico, costruito su piani mobili e sequenze distinte, mai ripetute, atematiche, dotate di un proprio 16 Schönberg Io credo in ciò che faccio e faccio soltanto ciò in cui credo; e guai a chi tocca la mia fede. Quest’uomo io lo considero un nemico, e non gli do quartiere! Chi non è con me è contro di me. Le idee che divergono dalle mie sono qualcosa di cui non posso risentirmi, così come non posso risentirmi se uno ha un altro difetto, una gamba piú corta, una mano rattrappita, eccetera. Posso soltanto dispiacermi per questo individuo, ma non posso essere in collera con lui. Schönberg Perciò l’allievo deve creare nel vero senso della parola, anche nei più rudimentali esordi della costruzione musicale. Ciò che Schönberg spiega agli studenti è dunque perfettamente legato al lavoro di cui si sta occupando. Non gli impone dogmi esterni. Educa attraverso la creazione. Segue le tracce della personalità dell’allievo con la massima energia, cerca di approfondirla, di aiutarla a manifestarsi ... Webern Ho almeno imparato la lezione che mi è stata impartita negli anni, e non la dimenticherò mai. Questa lezione è che io non sono tedesco, non sono europeo, forse non sono neppure un essere umano (per lo meno, gli europei preferiscono i peggiori esemplari della loro razza a me), ma sono ebreo... Schönberg 17 e coerente sviluppo, in buona sostanza definibile come “forma aperta”, una sorta di continua improvvisazione elaborativa. La figuratività si è qui dissolta o resa appunto informale, astratta. Due suggestioni si aprono da questo ascolto. Da un lato i riferimenti al passato: è qui che si evidenzia la convergenza di due linguaggi apparentemente opposti come il cromatismo wagneriano e l’“entwickelte Variation”, la “variazione sviluppante” (così definita dallo stesso Schönberg) di Johannes Brahms. Dall’altro all’universo della pittura, della sinestesia, degli incontri e delle reciproche sollecitazioni tra le varie forme di espressione artistica: sarà questa musica, ascoltata insieme al Quartetto op. 10, sempre di Schönberg, a Monaco il 1° gennaio 1911, a suscitare in Vasilij Kandinskij quella fortissima impressione che porterà non solo a un approfondito dialogo tra i due artisti, ma probabilmente anche alla creazione di uno dei suoi quadri più affascinanti, Impression 3 (Konzert), con quella grande macchia nera affiancata a quella gialla (il pianoforte? L’energia intensa del suono?) e quei segni a richiamare forse, in un estremo, quasi dissolto richiamo figurativo, le figure del pubblico presente in sala. Il pittore espressionista Franz Marc rimarcherà queste analogie ricordando quel concerto e paragonando la musica dell’op. 11 al quadro Springende Flecken (Macchie che saltano) sempre di Kandinskij: “Sono stato costretto a pensare alle springende Flecken di Kandinskij nel momento in cui ho ascoltato questa musica, dove ogni singolo suono ha una propria autonomia (una specie di telo bianco tra macchie di colore!). Schönberg parte dal presupposto che i concetti di dissonanza e consonanza non esistano affatto. La cosiddetta dissonanza è soltanto una consonanza di note non collegate fra loro. Un’idea, questa, sempre presente nella mia mente mentre dipingo”. 18 Coincidenze 1756 Scarlatti, Sonata K 491 in re maggiore Nasce Mozart. Gluck, Antigone, opera. Le Chinois poli en France, opera. Haydn, Concerto per organo n. 1 in do maggiore; Concerto per pianoforte in do maggiore. La Guerra dei Sette Anni comincia formalmente nel Regno Unito quando questo dichiara guerra alla Francia. La Francia invade Minorca, sotto controllo britannico; nella battaglia la flotta britannica comandata da John Byng è battuta da quella francese. In agosto Federico II di Prussia invade la Sassonia, iniziando la guerra nel continente europeo; questi nella Battaglia di Lobositz batte l’esercito austriaco comandato dal maresciallo Maximilian Ulysses Count Browne. Milizie della Colonia reale del Nord Carolina costruiscono un forte sulle province occidentali per proteggerle dalle invasioni dei nativi, alleati con i francesi. Venne chiamato Fort Dobbs in onore del governatore della colonia, Arthur Dobbs, che convinse il governo del Nord Carolina a finanziare il progetto in tempi brevi. Viene fondata a Londra la Società marittima più antica del mondo. Bartolomeo Rastrelli presenta il Palazzo di Caterina all’imperatrice Elisabetta I di Russia e alla sua corte. La festività di San Patrizio, di origine Irlandese, è celebrata a New York City per la prima volta (alla Crown and Thistle Tavern). 1827 Schubert, Improvvisi op. 90 (D.899) Schubert, Trii con pianoforte op. 99 e op. 100; Fantasia per violino e pianoforte; Die Winterreise, ciclo di Lieder. Muore Beethoven. Rossini, Moïse (versione francese). Bellini, Il Pirata. Berlioz, Les Francs Juges, overture; Waverley, ouverture; La Mort d’Orphée, monologo e baccanale. Mendelssohn, Quartetto per archi n. 2; Fuga per quartetto d’archi; Sonata per pianoforte n. 3. Chopin, Notturno n. 19; Variazioni sul tema ‘Là ci darem la mano’ dal Don Giovanni di Mozart. 19 Ingres, Apoteosi d’Omero. Delacroix, La morte di Sardanapalo. Da Ponte, Memorie. Manzoni, I promessi sposi, prima edizione. Leopardi, Operette morali. Hugo, Cromwell. Muore a Turham Green (Londra) Ugo Foscolo. Alessandro Manzoni completata la prima edizione dei Promessi Sposi. La flotta britannica annienta la flotta ottomana nella Battaglia di Navarino. 1909 Schönberg, Klavierstücke op. 11 Schönberg, Cinque pezzi per orchestra (riveduto 1949); Erwartung. Muore Albéniz. Elgar, Elegia per orchestra d’archi; Concerto per violino (1909-10). Mahler, Sinfonia n. 9. Debussy, Rondes de Printemps, da Images per orchestra; Rhapsodie, per clarinetto e orchestra (1909-10); Petite pièce, per clarinetto e pianoforte in la maggiore; Préludes per pianoforte, Libro I (1909-10); Hommage à Haydn e La plus que lente per pianoforte; Trois Ballades de François Villon (1909-10). Richard Strauss Der Rosenkavalier (1909-10). Dukas, Prélude élégiaque, per pianoforte. Busoni, Berceuse élégiaque, per orchestra. Lehàr, Il Conte di Lussemburgo. Skrjabin, Poema del fuoco - Prometeo, per orchestra, pianoforte e coro (1909-10). Rachmaninov, Concerto per pianoforte n. 3. Ravel, Menuet sur le nom d’Haydn, per pianoforte. Respighi, Ciaccona per violino archi e organo. Pizzetti, Phaedra (1909-12). Bartók, For Children, per pianoforte Kodàly, Sonata per violoncello (1909-10). Webern, Cinque Movimenti per quartetto d’archi. Berg, Quattro Lieder (1909-10). Prokof’ev, Sinfonietta (1909-14). In Germania il cancelliere Bernhard von Bülow si dimette per contrasti con il Kaiser. Viene stipulato l’accordo di Racconigi (segreto) tra Italia e Russia. Muore Leopoldo II del Belgio gli succederà al trono Alberto I del Belgio. 20 La Colombia riconosce l’indipendenza di Panama. Francia: Filippo Tommaso Marinetti pubblica su ‘Le Figaro’ il Manifesto del futurismo. Louis Blériot compie la prima traversata della Manica con un aeroplano. In Persia inizia lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi della concessione Arcy da parte dell’Anglo-Persian Oil Company. Il paese diviene rapidamente uno dei maggiori produttori mondiali. A Desenzano del Garda è inaugurata la linea ferroviaria per il porto. Il Polo Nord è raggiunto dall’esploratore statunitense Robert E. Peary. Parte da Milano il primo Giro d’Italia, in otto tappe. 1965 Berio, Wasserklavier (Six Encores terminato nel 1990) Berio, Laborintus II, per voce, strumenti e nastro; Rounds per clavicembalo; Sequenza III per voce. Muore Varèse. Kodàly, Variazioni per pianoforte. Malipiero, Costellazione, per pianoforte. Stravinskij, Introitus, per voci maschili ed ensemble. Milhaud, Musica per Boston e Musica per Prague per orchestra; Elegie pour Pierre, per viola e percussioni. Messiaen, La Transfiguration de notre Seigneur Jesus-Christ, per coro e orchestra; Meditations sur le mystère de la Sainte Trinité, per organo. Cage, Variations V. Françaix, Bis per pianoforte. Britten, Gemini Variations, per flauto violino e pianoforte a quattro mani; Songs and Proverbs of William Blake, per voce e pianoforte; The Poet’s Echo, per voce e pianoforte. Lutosławski, Paroles tissées, per voce e strumenti. Bernestein, Chichester Psalms, per coro e orchestra. Xenakis, Oresteia; Terretektorh, per orchestra (1965-6). Nono, Die Ermittlung, musica di scena per nastro. Feldman, De Kooning, per pianoforte, corno e percussioni; Journey to the End of Night, per soprano e quattro strumenti a fiato. Henze, Die Bassariden; In Memoriam: La rosa bianca per orchestra da camera. Stockhausen, Solo, per strumento melodico e nastro (1965-6). Crumb, Madrigals, Libro I e II per soprano, vibrafono e contrabbasso. Penderecki, Capriccio, per oboe e archi. Schnittke, Dialogo, per violoncello e sette strumenti. 21 Reich, Oh Dem Watermelons, musica da film; It’s Gonna Rain, per nastro. Ferneyhough, Quattro Miniature, per flauto e pianoforte. Nasce l’OLP, Organizzazione per la liberazione della Palestina. Vietnam del Nord: primi bombardamenti americani. Il Canada cambia la propria bandiera, scegliendo la foglia d’acero come simbolo. Stati Uniti: viene assassinato Malcolm X, leader dei Black Muslims. Entra in vigore, in Italia, istruzione ecumenica Sacrosanctum Concilium, che autorizza l’uso della lingua italiana in diverse parti della messa. A Taranto apre l’impianto Italsider. In Algeria viene deposto da un colpo di stato militare il presidente Ben Bella. Nuovo capo di stato diviene il generale Houari Boumedienne. La sonda americana Mariner 4 raggiunge per la prima volta Marte: invierà alla Terra 21 foto. Con una solenne cerimonia, i presidenti Giuseppe Saragat e Charles De Gaulle inaugurano il Traforo del Monte Bianco. Singapore diventa indipendente. Il presidente francese Charles De Gaulle annuncia che la Francia uscirà dalla NATO. Il presidente della Cina Mao Tse Tung e Lin Piao pongono sotto accusa i vertici del Partito Comunista Cinese. Nasce la Rivoluzione culturale. La Francia lancia con un proprio razzo il suo primo satellite artificiale, Asterix. Filippine: Ferdinand Marcos diventa presidente. Fonti: Cronologia universale, Roma, Newton Compton, 1996. Dizionario della musica e dei musicisti, Utet, 1994. www. musicweb-international. com/Classpedia/A-Zindex. htm 22 Interpreti Andrea Lucchesini Formatosi sotto la guida di Maria Tipo, Andrea Lucchesini si impone all’attenzione internazionale giovanissimo, con la vittoria del Concorso Internazionale “Dino Ciani” presso il Teatro alla Scala di Milano. Suona da allora in tutto il mondo con le orchestre più prestigiose, collaborando con direttori quali Claudio Abbado, Semyon Bychkov, Roberto Abbado, Riccardo Chailly, Dennis Russell Davies, Charles Dutoit, Daniele Gatti, Gabriele Ferro, Gianluigi Gelmetti, Daniel Harding, Vladimir Jurowski, Gianandrea Noseda e Giuseppe Sinopoli. La sua ampia attività, contrassegnata dal desiderio di esplorare la musica senza limitazioni, lo vede proporre programmi che spaziano dal repertorio classico all’oggi e gli vale già nel 1994 il riconoscimento dei musicologi europei da cui riceve – unico italiano finora - il Premio Internazionale Accademia Chigiana, mentre l’anno successivo il Premio “F. Abbiati” testimonia l’apprezzamento della critica italiana. Andrea Lucchesini ha al suo attivo numerose incisioni discografiche, le prime delle quali risalgono agli anni ‘80 per EMI International (Sonata in si minore di Liszt, Sonata op.106 “Hammerklavier” di Beethoven, Sonata op.58 di Chopin); successivamente realizza Pierrot Lunaire di Schoenberg e Kammerkonzert di Berg per Teldec, con la Dresdner Staatskapelle diretta da Giuseppe Sinopoli. Incide inoltre per BMG il Concerto “Echoing curves” di Luciano Berio sotto la sua direzione: è una delle tappe fondamentali di una stretta collaborazione con il compositore, accanto al quale Lucchesini vede nascere l’ultimo e impegnativo lavoro per pianoforte solo, la Sonata, eseguita in prima mondiale nel 2001 e successivamente consegnata – con tutte le altre opere pianistiche di Berio – ad un disco AVIE Records che riceve unanime plauso dalla critica internazionale. Altrettanto festeggiata la registrazione dal vivo che Lucchesini realizza del ciclo integrale delle 32 Sonate di Beethoven per Stradivarius: la raccolta ottiene tra l’altro nell’agosto 2004 il riconoscimento di “disco del mese” della prestigiosa rivista tedesca Fonoforum. A partire dal 1990 il pianista si dedica anche alla musica da camera, realizzando in particolare una stretta collaborazione (anche discografica) col violoncellista Mario Brunello ed esplorando in varie formazioni il repertorio cameristico. Convinto che la trasmissione del sapere musicale alle giovani genera23 zioni sia un dovere morale, Lucchesini si dedica con passione all’insegnamento, attualmente presso la Scuola di Musica di Fiesole, della quale dal 2008 è anche direttore artistico. È inoltre invitato a tenere masterclasse presso importanti istituzioni musicali europee, quali la Musik Hochschule di Hannover, il Sommer Wasserbuger Festspiele e la Musik Hochschule di Salisburgo; partecipa in qualità di giurato a numerosi concorsi pianistici nel mondo e dal 2008 è Accademico di S. Cecilia. Il suo più recente lavoro discografico sono gli Improvvisi di Schubert, realizzati per AVIE Records nel 2010 e accolti con entusiasmo dalla critica internazionale. foto di Andrea Marchionni GRUPPO BPER Le attività di spettacolo e tutte le iniziative per i giovani e le scuole sono realizzate con il contributo e la collaborazione della Fondazione Manodori Vanna Belfiore, Deanna Ferretti Veroni, Primo Montanari, Corrado Spaggiari, Gianni Toschi, Vando Veroni Annalisa Pellini Paola Benedetti Spaggiari, Enea Bergianti, Bluezone Piscine, Franco Boni, Gemma Siria Bottazzi, Gabriella Catellani Lusetti, Achille Corradini, Donata Davoli Barbieri, Anna Fontana Boni, Mirella Gualerzi, Insieme per il Teatro, Umbra Manghi, Paola Scaltriti, Corrado Tirelli, Gigliola Zecchi Balsamo Francesca Azzali, Nicola Azzali, Gianni Borghi, Andrea Capelli, Classic Hotel, Francesca Codeluppi, Andrea Corradini, Ennio Ferrarini, Milva Fornaciari, Giovanni Fracasso, Alessandro Gherpelli, Alice Gherpelli, Marica Gherpelli, Silvia Grandi, Hotel Saint Lorenz, Claudio Iemmi, Luigi Lanzi, Franca Manenti Valli, Graziano Mazza, Ramona Perrone, Francesca Procaccia, Teresa Salvino, Viviana Sassi, Paola Torelli Azzali, Alberto Vaccari Stampa: Grafiche San Benedetto, Castrocielo (FR)