Domenica 21a per annum 14° Anniversario della morte di Mons. Angioni Ricordiamo con questa liturgia, il Vescovo Mons. Antonio Francesco Angioni, che come oggi 14 anni fa partiva da noi per raggiungere la nostra vera Patria. Intendiamo pregare per lui nella certezza della risurrezione, che la domenica cristiana, Pasqua settimanale, annuncia alla nostra fede cristiana. Allo stesso tempo intendiamo manifestare la nostra gratitudine, come Diocesi, per il suo servizio pastorale tra noi. Siamo grati a lui, che ci ha donato diciotto anni di ministero; siamo grati al Signore per la presenza in mezzo a noi per tanti anni di Mons. Angioni, pastore fervente che ha arricchito la nostra comunità di molteplici doni pastorali e di intuizioni e iniziative che ancora oggi sono stimolo e aiuto alla nostra vita diocesana. Che cosa opera un vescovo nella comunità di cui è pastore? Ciò che si vede della sua azione è la serie di impegni a cui è chiamato a partecipare: celebrazioni dei sacramenti, predicazioni, incontri personali, e poi inaugurazioni, convegni e altro. Ma questa serie di gesti, gli appelli e le parole che egli usa, che cosa vogliono realmente esprimere? Oggi, rileggendo le parole prime indirizzate da Mons. Angioni alla Diocesi, e ciò che egli ha scritto nel suo testamento spirituale, noi possiamo ascoltiamo l’intuizione profonda che lo ha mosso: “ … la consacrazione personale [al sacro Cuore] fatta proprio durante la mia ordinazione sacerdotale e che ho rinnovato tutti i giorni durante la Santa Messa. …. [che mi ha portato] alla confidenza verso il nostro Salvatore”. E’ frutto della confidenza nell’amore di Dio, che ci è stato manifestato nella misericordia generosa e redentrice di Cristo, che ha portato Mons. Angioni alla sua generosa dedizione per il popolo cristiano e alla scelta di contrassegnare il suo apostolato tra noi con l’invito, continuamente rinnovato, di curare la vita di preghiera e la vita sacramentale. Per queste strade il cristiano può intuire sempre più profondamente quanto è stato amato e rinnovare il suo impegno di dedizione al Signore Gesù e alla testimonianza al Vangelo. Proprio in questa luce siamo dunque oggi invitati a riascoltare il brano del Vangelo di San Matteo che è stato proclamato in questa messa. Gesù ha posto una precisa domanda ai suoi discepoli perché prendano posizione su di Lui. Li invita a superare le opinioni che la folla si scambia a proposito del Maestro di Nazaret che tanto fa parlare di sé. Alla dichiarazione di Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente», fa seguire una lode che riguarda Pietro stesso, ma anche l’opera del Padre che ha lavorato nel cuore di Pietro così che egli ha potuto dire, con quella misteriosa libertà che è propria di noi creature, la parola finalmente chiara e definitiva sulla realtà della persona di Gesù e dunque anche sulla sua opera di salvatore in mezzo a noi e per noi. Ciò che Gesù dice successivamente: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli. mostra che la fede è donata a Pietro, e ad ogni cristiano, perché si realizzi nel mondo l’annuncio della straordinaria verità del Dio che è Padre di Gesù Cristo. Con la conseguenza di ciò: l’opera di salvezza per ogni persona e per ogni creatura che Gesù è venuto a compiere. Per questa ragione Pietro è posto nella Chiesa con le caratteristiche illustrate dalle tre immagini usate da Gesù: Pietro è fondamento di un edificio che è l’immagine di una comunità concreta, individuabile, ordinata, capace di resistere nei secoli alle forze del male le quali contrastano l’azione di Dio e la perseveranza dei credenti. Pietro è colui che detiene la chiave, indispensabile mezzo per entrare in una casa, in una città, per aprire l’accesso ad un tesoro. Non per nulla nella prima lettura della messa di oggi abbiamo sentito come un incarico di sorveglianza del tesoro del re veniva attribuito con un rito solenne: Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide; se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire.. Pietro diviene la via attraverso cui Cristo comunica visibilmente la sua parola, i suoi doni di salvezza, la sua presenza all’interno della storia. Il terzo simbolo poi viene presentato come il “legare e sciogliere”; ci indica nella terminologia del tempo di Gesù, l’atto legale della proibizione e del permesso; in particolare si fa riferimento alla ricerca della verità che illumina le coscienze e diviene medicina del cuore perché attraverso di essa si opera il perdono dei peccati. Vivere l’autorità nella Chiesa, come è avvenuto per Mons. Angioni, significa mettere a disposizione la vita perché questi doni si esprimano nella comunità; e ciò è avvenuto per il Vescovo Antonio attraverso la dedizione personale conquistata quotidianamente nella preghiera al Sacro Cuore, nella meditazione della Misericordia di Dio di cui il Cuore di Cristo è simbolo. Oggi per noi il ricordo del Vescovo Angioni e l’annuncio del Vangelo a riguardo della figura di Pietro siano occasione per una rinnovata riconoscenza a Dio per il dono della fede, e allo stesso tempo ci è annunciato che anche a ciascuno di noi è data la forza di vivere con responsabilità la collaborazione all’annuncio del Vangelo. Esso si rende presente nella società di oggi attraverso la responsabilità di ciascuno di noi.