STORIA ROMANA – A 2016-2017 Introduzione alla storia di Roma (15) Cesare: alcuni riferimenti cronologici 101 a.C.: 84 a.C.: 73 a.C.: 69 a.C.: 65 a.C.: 63 a.C.: 62 a.C.: 60 a.C.: 59 a.C.: 58 a.C.: 56 a.C.: 55 a.C: 54 a.C.: 53 a.C.: 52 a.C: 50 a.C.: 49 a.C. : 48 a.C.: 47-46 a.C.: 46 a.C.: 46-45 a.C.: 45 a.C.: 44 a.C.: nascita di C. Iulius Caesar (suo zio, per parte materna, era Gaio Mario) matrimonio con Cornelia, figlia di Cinna (cos. 86 a.C.); diviene flamen Dialis cooptazione nel collegio dei pontifices quaestor (in Spagna) aedilis curulis pontifex maximus scandalo della Bona Dea: presenza di P. Clodio ai misteri della Bona Dea; ripudio della seconda moglie (Pompea); praetor “primo triumvirato” consul per la prima volta; veterani di Pompeo stanziati a Capua; matrimonio con Calpurnia inizio delle campagne militari in Gallia; P. Clodius Pulcher tribunus plebis accordo di Lucca secondo consolato di Pompeo e di Crasso; proroga del proconsolato di Cesare in Gallia morte di Giulia, figlia di Cesare e moglie di Pompeo battaglia di Carrhae assassinio di P. Clodio; Pompeo consul sine collega; assedio di Alesia e resa di Vercingetorige Gallia pacificata;Cesare rientra in Italia 11-12 gennaio, passaggio del Rubicone; fuga di Pompeo, consoli e senatori (in Epiro); legge con la quale si concede la cittadinanza romana agli abitanti della Gallia Cisalpina; sconfitta dei Pompeiani in Spagna (Ilerda); ottobre: Cesare dictator (per un anno) e consul iterum 9 agosto, battaglia di Farsalo (Epiro); fuga e morte di Pompeo in Egitto; Cesare si lega a Cleopatra campagna d’Africa; aprile 46, battaglia di Tapso e suicidio di Catone rientro a Roma; seconda dittatura; trionfi “sulla Gallia, sull’Egitto, sul Ponto, sull’Africa per aver sconfitto il re Giuba”; riforma del calendario a Roma consul sine conlega; campagna contro in pompeiani in Spagna; vittoria a Munda sui figli di Pompeo rientro a Roma e trionfo per le vittorie in Spagna; adozione del nipote Gaio Ottavio (nominato suo erede) Cesare è dictator perpetuus; gli è concesso di farsi chiamare imperator; 15 febbraio (festa dei Lupercalia), il console Marco Antonio gli offre il diadema, rifiutato da Cesare; 15 marzo, assassinio di Cesare CIL, XIV 4531 (Fasti Ostienses, aa. 49-44 a.C.) (49 a.C.) Pompeiu[s urbem reliquit]; / [i]nterregnum. (48 a.C.) / [C.] Caesar, [P. Servilius] (scil. consules) / Pompeius Al[exandriae occisus]; / habitatio po[pulo remissa]; / [II]viri M. Acil[ius, ---]; / (47 a.C.) [Q.] Fufius, [P. Vatinius] (scil. consules) / [I]Iviri Q. Vitell[ius, ----]; / (46 a.C.) C. Caesar, [M. Aemilius] (scil. consules); / annus or[dinatione Caesaris] / mutatus; aed[es Veneris Genetricis] / dedicata; ep[ulum et congiarium dat(um)]; / naumachia [---]; / IIvir(i) A. Vitelli[us, ---]; / (45 a.C.) Q. Fabius, [C. Trebonius] (scil. consules); / suffect(us) [C. Caninius]; / IIvir(i) Q. Vitelli[us, ---] / (44 a.C.) C. Caesar, [M. Antonius] (scil. consules); / suffect(us) P. [Cornelius]; / Caesar pare[ns patriae occisus]; / populo legav[it viritim ((sestertios)) CCC et] / hortos tr[ans Tiberim] F. Zevi, in ZPE, 197, 2016, pp. 287-309, fr. B (Fasti Privernates, fine 45 a.C. –inizio del 43 a.C.) [---] eodem anno / [Q. Fabi]us Maximus, C. Trebon[ius] / [in mag(istratu)] mort(uus est), in e(ius) l(ocum) f(actus) e(st) / C. Caninius Rebilus (45 a.C.) / C. Iulius Caesar IV dict(ator) abdic(avit) ut perpet(uo?) [dict(ator) fieret(?)] / M. Aemilius Lepid(us) II mag(ister) eq(uitum) abd(icavit) ut perpet(uo?) [mag(ister) eq(uitum) fieret(?)] / quoad dict(ator) Caesar esset / C. Iulius Caesar desig(natus) in perpet(uum) dicta(tor) / M. Aemilius Lepidus [---] / M. Valerius Mes[sal(la) mag(ister) eq(uitum) desig(natus) ut cum Lepidus] / paludatus [exisset iniret] / Cn. Domitius Ca[lvinu]s [designatus ut] / insequenti a[nno] m[ag(ister) eq(uitum)] / futurus es[set] / C. Iulius Caesar V M. Anton[ius] / in e(ius) l(ocum) f(actus) e(st) / P. Cornelius Dolabel(la) (44 a.C.) / C. Vibius Pansa in mag(istratu) [mort(uus est) (43 a.C.) // Cass. Dio, 41, 36, 1-2 (49 a.C.) Mentre Cesare marciava ancora verso Roma, Marco Emilio Lepido, colui che poi fu triumviro, in qualità di pretore propose al popolo di nominarlo dittatore e subito dopo proclamò la nomina, diversamente da quanto prevedeva la tradizione. Cesare, appena entrato in città, assunse la carica, ma non compì da dittatore alcun atto che potesse suscitare timore, anzi richiamò tutti gli esiliati, eccetto Milone. Elesse anche i magistrati per il nuovo anno. App., Bell. Civ., II, 102 (425) Si narra che, fatto il censimento dei cittadini (46 a.C.), si trovò che essi erano ridotti alla metà di quanti erano prima della guerra; a tali termini aveva ridotto l’Urbe l’amore di contesa di questi due uomini. Suet., Divus Iulius, 40-42,3 (46-45 a.C.) 40. (1) Conversus hinc ad ordinandum rei publice statum fastos correxit iam pridem vitio pontificum per intercalandi licentiam adeo turbatos, ut neque messium feriae aestate neque vindemiarum autumno conpeterent; annumque ad cur sum solis accommodavit, ut trecentorum sexaginta quinque dierum esset et intercalario mense sublato unus dies quarto quoque anno intercalaretur. (2) Quo autem magis in posterum ex Kalendis Ianuariis novis temporum ratio congrueret, inter Novembrem ac Decembrem mensem interiecit duos alios; fuitque is annus, quo haec constituebantur, quindecim mensium cum intercalario, qui ex consuetudine in eum annum inciderat. 41. (1) Senatum supplevit, patricios adlegit, praetorum aedilium quaestorum, minorum etiam magistratuum numerum ampliavit; nudatos opere censorio aut sententia iudicum de ambitu condemnatos restituit. (2) Comitia cum populo partitus est, ut exceptis consulatus conpetitoribus de cetero numero candidatorum pro parte dimidia quos populus vellet pronuntiarentur, pro parte altera quos ipse dedisset. Et edebat per libellos circum tribum missos scripturas brevi: "Caesar dictator illi tribui. Commendo vobis illum et illum, ut vestro suffragio suam dignitatem teneant." Admisit ad honores et proscriptorum liberos. Iudicia ad duo genera iudicum redegit, equestris ordinis ac senatorii; tribunos aerarios, quod erat tertium, sustulit. (3) Recensum populi nec more nec loco solito, sed vicatim per dominos insularum egit atque ex viginti trecentisque milibus accipientium frumentum e publico ad centum quinquaginta retraxit; ac ne qui novi coetus recensionis causa moveri quandoque possent, instituit, quotannis in demortuorum locum ex iis, qui recensi non essent, subsortitio a praetore fieret. 42. (1) Octoginta autem ciuium milibus in transmarinas colonias distributis, ut exhaustae quoque urbis frequentia suppeteret, sanxit, ne quis ciuis maior annis uiginti minorue decem†, qui sacramento non teneretur, plus triennio continuo Italia abesset, neu qui senatoris filius nisi contubernalis aut comes magistratus peregre proficisceretur; neue ii, qui pecuariam facerent, minus tertia parte puberum ingenuorum inter pastores haberent. Omnisque medicinam Romae professos et liberalium artium doctores, quo libentius et ipsi urbem in colerent et ceteri adpeterent, ciuitate donauit. (2) De pecuniis mutuis disiecta nouarum tabularum expectatione, quae crebro mouebatur, decreuit tandem, ut debitores creditoribus satis facerent per aestimationem possessionum, quanti quasque ante ciuile bellum comparassent, deducto summae aeris alieni, si quid usurae nomine numeratum aut perscriptum fuisset; qua condicione quarta pars fere crediti deperibat. 40. Voltosi poi a riordinare lo Stato, riformò il calendari, già da tempo talmente sconvolto per colpa della libertà presa dai pontefici nell’inserire giorni intercalari, che le feste della mietitura non corrispondevano più all’estate né quelle della vendemmia all’autunno; e accordò l’anno al corso del Sole, cosicché fosse di 365 giorni e, tolto il mese intercalare, fosse intercalato un solo giorno ogni 4 anni. Poiché nel tempo a venire, a partire dalle successive calende di gennaio, il conto del tempo fosse più esatto, tra novembre e dicembre aggiunse altri due mesi; e l’anno in cui furono presi quei provvedimenti fu di 15 mesi, con il mese intercalare che per consuetudine era caduto in quell’anno. 41. Completò il Senato, creò (nuovi) patrizi, ampliò il numero dei pretori, edili, questori e anche dei magistrati minori; reintegrò quelli che erano stati privati del proprio rango ad opera dei censori o erano stati condannati per broglio da una sentenza dei giudici. Divise le elezioni dei magistrati con il popolo, di modo che, eccetto i candidati al consolato, per quanto riguardava il restante numero venissero nominati per metà candidati voluti dal popolo, per l’altra metà indicati da lui. E li rendeva noti attraverso libelli fatti circolare nelle tribù con brevi scritti: “Cesare dittatore a tale tribù: vi raccomando questo e quello, perché rivestano la loro carica con il vostro voto”. Ammise alle magistrature anche i figli dei proscritti. Ricondusse i processi a due categorie di giudici, di ordine equestre e senatorio; soppresse i tribuni dell’erario, che erano la terza. Registrò il popolo non alla solita maniera né al posto solito, ma per quartieri e per tramite dei proprietari di case; così il numero dei beneficiari delle distribuzioni pubbliche di grano fu ridotto da trecentoventimila a centocinquantamila; e per evitare che in futuro la compilazione di queste liste divenisse motivo di nuovi disordini, stabilì che ogni anno il pretore rimpiazzasse i beneficiari morti nel frattempo, sorteggiando tra coloro che non erano registrarti. Inviò ottantamila cittadini nelle colonie oltremare e, per rimediare al conseguente calo di popolazione nell’Urbe, stabilì che nessun cittadino tra i venti e i <sessanta> anni stesse fuori dall’Italia per più di tre anni di seguito, ad eccezione di chi serviva nell’esercito, che nessun figlio di senatore intraprendesse viaggi all’estero, se non al seguito di un magistrato (come suo ufficiale o funzionario), che gli allevatori di bestiame impiegassero tra i propri pastori almeno un terzo di adulti di condizione libera. Diede la cittadinanza a tutti coloro che esercitavano la medicina e insegnavano le arti liberali a Roma, in modo che un tale favore rendesse loro più gradito il soggiorno nell’Urbe e ne attirasse altri. Quanto ai debiti, invece di abolirli come si continuava a richiedere, stabilì che i debitori soddisfacessero i creditori in base alla stima dei propri beni e al valore che questi beni avevano prima della guerra civile; e che dal totale dovuto si deducessero tutti gli eventuali interessi già versati o in contanti o con documenti scritti: questo provvedimento ridusse i debiti di circa un quarto. [Cfr. Antologia delle fonti, II.20, T103] Tabula Heracleensis (CIL, I2 593 = ILS 6085 = Roman Statutes [1996] I, nr. 24), ll. 142-151 quae municipia coloniae praefecturae c(iuium) R(omanorum) in Italia sunt erunt, quei in eis municipieis colon<i>eis praefectureis maximum mag(istratum) maxim<a>mue potestatem ibei habebit tum, cum censor aliusue quis mag(istratus) Romae populi censum aget, is diebus (sexaginta) proxumeis, quibus sciet Romae c<e>nsum populi agi, omnium municip{i}um colonorum suorum queique eius praefecturae erunt, q(uei) c(iues) R(omanei) erunt, censum ag<i>to; eorumque nomina praenomina patres aut patronos tribus cognomina et quot annos quisque eorum habe<bi>t et rationem pecuniae ex formula census, quae Romae ab eo, qui tum censum populi acturus erit, proposita erit, a<b> ieis iurateis accipito; eaque omnia in tabulas publicas sui municipi referunda curato; eosque libros per legatos, quos maior pars decurionum conscriptorum ad eam rem legarei mittei censuerint tum cum ea{s} res consul{er}etur, ad eos quei Romae c<e>nsum agent mittito. Colui che ha la carica suprema o la massima autorità nei municipi nelle colonie e nelle prefetture di cittadini romani esistenti in Italia nel momento in cui a Roma il censore o un altro magistrato svolge il censimento del popolo, costui deve svolgere il censimento dei cittadini romani presenti in tutti quei suddetti municipi, colonie o prefetture, entro sessanta giorni dacché sa che a Roma si svolge il censimento. Deve raccogliere da loro la dichirazione giurata di prenome, gentilizio, genitori o patroni, tribù, cognome, età e patrimonio secondo la formula del censimento indetta da colui che svolge il censimento a Roma. Deve far registrare tutti questi dati nell’archivio della propria comunità. Deve inviare i registri a coloro che svolgono il censimento a Roma per mezzo di funzionari appositamente scelti dalla maggioranza dei decurioni locali con una delibera specifica. Cass. Dio, 42, 20, 3-4 Ottenne di essere console per cinque anni di seguito e di essere nominato dittatore non per sei mesi, ma per un anno intero. Ebbe anche, praticamente per tutta la vita, quelle distinzioni proprie dei tribuni, ovvero il diritto di sedersi sui loro stessi sedili e di essere considerato in ogni circostanza come i tribuni: prerogativa che non era mai stata riconosciuta a nessuno. Furono riservate a lui tutte le elezioni dei magistrati, eccetto quelle di pertinenza della plebe: per questo, posticipate sino al suo ritorno, essere furono indette alla fine dell’anno. Quanto alla scelta dei magistrati da inviare nei paesi soggetti, vollero sicuramente decidere essi stessi riguardo ai proconsoli; riguardo invece ai pretori, stabilirono di riconoscere a Cesare la facoltà della scelta senza sorteggio Suet.,Divus Iulius, 76 (1) Praegravant tamen cetera facta dictaque eius, ut et abusus dominatione et iure caesus existimetur. Non enim honores modo nimios recepit: continuum consulatum, perpetuam dictaturam praefecturamque morum, insuper praenomen Imperatoris, cognomen Patris patriae, statuam inter reges, suggestum in orchestra; sed et ampliora etiam humano fastigio decerni sibi passus est: sedem auream in curia et pro tribunali, tensam et ferculum circensi pompa, templa, aras, simulacra iuxta deos, pulvinar, flaminem, lupercos, appellationem mensis e suo nomine; ac nullos non honores ad libidinem cepit et dedit. (2) Tertium et quartum consulatum titulo tenus gessit contentus dictaturae potestate decretae cum consulatibus simul atque utroque anno binos consules substituit sibi in ternos novissimos menses, ita ut medio tempore comitia nulla habuerit praeter tribunorum et aedilium plebis praefectosque pro praetoribus constituerit, qui apsente se res urbanas administrarent. Pridie autem Kalendas Ianuarias repentina consulis morte cessantem honorem in paucas horas petenti dedit. (3) Eadem licentia spreto patrio more magistratus in pluris annos ordinavit, decem praetoriis viris consularia ornamenta tribuit, civitate donatos et quosdam e semibarbaris Gallorum recepit in curiam. Tuttavia pesano di più altre sue azioni e parole, da cui si può trarre la conclusione che egli abbia abusato del potere e sia stato giustamente ucciso. Infatti non solo accettò onori eccessivi, come il consolato senza interruzione, la dittatura perpetua e la sovrintendenza sui costumi, in più il prenome di Imperatore, e ancora il titolo di padre della patria, una statua tra quelle dei re, un seggio sopraelevato nell’orchestra; ma consentì anche che gli fossero decretati onori maggiori di quelli concessi alla condizione umana: un seggio d’oro nella curia e davanti alla tribuna un carro e una portantina durante la pompa circense, templi, altari, statue vicino a quelle degli dei, il pulvinare, un flamine, luperci, un mese chiamato con il suo nome; non ci fu onore che non prese e concesse a piacimento. Resse il terzo e quarto consolato soltanto di nome, accontentandosi del potere dittatoriale decretatogli insieme ai consolati, e in entrambi gli anni sostituì se stesso con due consoli per gli ultimi tre mesi, cosicché nel frattempo non si tenne alcun comizio, tranne quelli per i tribuni e gli edili della plebe, e inoltre nominò dei prefetti con funzione di pretori, che si occupassero dell’amministrazione cittadina in sua assenza. Il giorno prima delle calende di gennaio, a causa della repentina morte del console, diede a uno che la domandava la carica che sarebbe terminata nel giro di poche ore. Con la stessa libertà, disprezzando il costume patrio, nominò i magistrati per più anni a venire, attribuì gli ornamenti consolari a 10 expretori, accolse nella Curia persone cui aveva donato la cittadinanza ed anche alcuni Galli semibarbari. [Antologia delle fonti, II.20, T102] Liv., Periochae, l. 116 (45 a.C.) Caesar ex Hispania quintum triumphum egit. (44 a.C.) Et cum plurimi maximique honores a senatu decreti essent (inter quos ut parens patriae appellaretur et sacrosanctus ac dictator in perpetuum esset) invidiae adversus eum causam praestiterunt, quod senatui deferenti hos honores, cum ante aedem Veneris Genetricis sederet, non adsurrexit, et quod a M. Antonio cos., collega suo, inter lupercos currente diadema capiti suo impositum in sella reposuit, et quod Epidio Marullo et Caesetio Flavo trib. pl., invidiam ei tamquam regnum adfectanti [moventibus potestas] abrogata est. Ex his causis conspiratione in eum facta, cuius capita fuerunt M. Brutus et C. Cassius et ex Caesaris partibus Dec. Brutus et C. Trebonius, in Pompei curia occisus est XXIII vulneribus occupatumque ab interfectoribus eius Capitolium. Oblivione deinde caedis eius a senatu decreta, obsidibus Antoni et Lepidi de liberis acceptis coniurati a Capitolio descenderunt.Te stamento Caesaris heres ex parte dimidia institutus est C. Octavius, sororis nepos, et in nomen adoptatus est. Caesaris corpus cum in campum Martium ferretur, a plebe ante rostra crematum est. Dictaturae honos in perpetuum sublatus est. CIL, I2 2972 (Minturnae, 44-42 a.C.) Deivo Iulio / iussu populi Romani / e lege Rufrena Dalla morte di Cesare ad Azio: coordinate cronologiche 43 a.C.: 42 a.C.: 41-40: 40 a.C.: 39 a.C.: 38 a.C.: 37 a.C.: 36 a.C. 33 a.C. 32 a.C. 31 a.C. 30 a.C. 29 a.C. guerra di Modena; agosto: Ottaviano eletto console; novembre, costituzione del secondo triumvirato (lex Titia); cesaricidi dichiarati nemici pubblici (lex Pedia); uccisione di Cicerone battaglia di Filippi guerra di Perugia trattato di Brindisi accordo di Capo Miseno Ottaviano sposa Livia trattato di Taranto, rinnovo del triumvirato settembre, vittoria navale su Sesto Pompeo a Nauloco; Ottaviano investito della sacrosanctitas tribunizia secondo consolato di Ottaviano giuramento dell’Italia e delle province occidentali terzo consolato di Ottaviano; battaglia di Azio (2 settembre) quarto consolato di Ottaviano; guerra alessandrina (1 agosto, presa di Alessandria); morte di Antonio e Cleopatra quinto consolato di Ottaviano; triplice trionfo (vittoria su Dalmati e Pannoni, vittorie sul mare, conquista dell’Egitto) CIL, VI 40899 = ILLRP 419 (Roma) A. Hirtius / A.f. App., Bell. Civ., 4, 2-3 Prese posto per primo, al centro, Cesare, in virtù della sua carica di console. L’incontro durò due giorni, dall’alba al tramonto, e queste furono le decisioni assunte: Cesare deponeva il consolato a favore di Ventidio (Basso) che l’avrebbe sostituito per il resto dell’anno; per ricostruire lo stato e farlo uscire dalle guerre civili si istituiva una magistratura con potere analogo a quello dei consoli, da attribuire per cinque anni a Lepido, Antonio e Cesare. Fu stabilito di introdurre questa nuova titolatura, invece del termine dittatura, forse per rispetto della legge di Antonio che vietava che continuasse ad esistere un dittatore. I triumviri dovevano subito nominare i magistrati annuali della città per i cinque anni successivi e ripartirsi gli incarichi in provincia: Antonio assumeva il governo dell’intera Gallia a esclusione della zona vicina ai Pirenei, denominata Gallia antica; di questa e della contigua Spagna assumeva il governo Lepido; a Cesare toccavano l’Africa, la Sardegna, la Sicilia e tutte le isole vicine. In tal modo i tre si divisero l’impero di Roma, rimandando nel tempo soltanto l’assegnazione delle zone al di là dell’Adriatico su cui esercitavano ancora il loro potere Bruto e Cassio; però stabilirono che Antonio e Cesare muovessero loro guerra. [Antologia delle fonti, II.20, T104] Cass. Dio, XLVIII, 13, 6 Gli abitanti di Nursia vennero ad un accordo per non subire danni; ma poiché, quando si trovarono a seppellire quanti erano caduti in battaglia contro Ottaviano, posero sulle loro tombe l’iscrizione che essi erano morti lottando per la libertà, essi furono condannati a pagare una penale così alta da essere costretti ad abbandonare la città e tutto il territorio circostante AE 1996, 534; cfr. S. Panciera, Epigrafi, epigrafia, epigrafisti, Roma 2006, pp. 965-976 (Nursia, 42-41 a.C.) [Colonia Concor]dia Ant(onia) Ult[rix Nursia] / [--- i]n quo oper[e ---] CIL, XI 6721, 13 = ILLRP 1111 = L. Benedetti, Glandes Perusinae. Revisione e aggiornamenti, Roma 2012, p. 74, nr. 33 (Perusia, 41-40 a.C.) L(uci) Antoni, calve / peristi; //C(ai) Caesarus / victoria ILLRP 418 (Tergeste, 33 a.C.) [Imp(erator) Caesar] co(n)s(ul) desig(natus) tert(ium), / [IIIvir r(ei) p(ublicae)] c(onstituendae) iter(um), / murum turresque fecit. Res gestae Divi Augusti, 25, 1-2 Mare pacavi a praedonib[u]s. Eo bello servo rum, qui fugerant a dominis suis et arma contra rem publicam ceperant, triginta fere millia capta dominis ad supplicium sumendum tradidi. (2) Iuravit in mea verba tota Italia sponte sua et me be[lli] quo vici ad Actium, ducem depoposcit. Iuraverunt in eadem ver[ba provi]nciae Galliae Hispaniae Africa Sicilia Sardinia Cfr. 27, 3: …et antea Siciliam et Sardiniam occupatas bello servili reciperavi. AE 1937 = AE 1977, 778 = AE 1992, 1534 = AE 1999, 1448 (Nicopolis, Epiro) [Nep]tuno [et Ma]rt[i Imp(erator) Caesa]r Div[i Iuli] f(ilius) vict[oriam ma]rit[imam consecutus bell]o quod pro [re pu]blic[a] ges[si]t in hac region[e c]astra [ex] quibu[s ad hostem in]seq[uendum egr]essu[s est spoli]is [ornat]a [dedicavit cons]ul [quintum i]mperat[or se]ptimum pace [---] parta terra [marique]