Ordinati a Cristo per il Vangelo

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Ordinazioni2015
Ordinati a Cristo
per il Vangelo
IL SACERDOTE OGGI DEVE RISPONDERE A DUE CHIAMATE FONDAMENTALI:
LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE E LA SANTITÀ.
- L’evangelizzazione a cui i sacerdoti sono chiamati, deve essere «all’insegna della gioia»,
deve cioèrecuperare il significato originario della parola «vangelo»: una buona notizia che «è
fonte di gioia» e che «ci parla di un Dio che , per pura grazia, ci è venuto incontro in suo figlio
Gesù». Non una «gioia a buon mercato» e neanche «una gioia riservata a pochi privilegiati»,
ma «una gioia per tutti» e specialmente per «i poveri, gli afflitti, i bisognosi».
Occorre a questo scopo «restituire alla salvezza cristiana» il suo «ricco ed esaltante contenuto
positivo», far emergere l’aspetto positivo della conversione : «la trasformazione in Cristo ,
l’essere nuova creatura, tempio dello Spirito e della Trinità».
Annunciare, cioè, un cristianesimo gioioso, contagioso.
- Accanto a questa prima indicazione occorre far emergere una seconda chiamata che richiede
una risposta pronta , quella alla santità . I preti, sono chiamati a essere «santi per essere
santificatori». Di più: il sacerdote deve essere santo perché da lui dipende la santificazione di
altri. E’ molto importante quindi «tenere unite la nuova evangelizzazione e la chiamata alla
santità», perché «la santità dei pastori è la condizione che decide del successo o meno dello
sforzo per una nuova evangelizzazione. Si tratta di una responsabilità molto grande : «Noi
sacerdoti possiamo aprire o sbarrare la strada verso Cristo agli uomini». Possiamo essere gli
amici dello sposo che conducono le anime a Cristo o possiamo essere pietra di inciampo ai
fratelli.
CHIAMATI QUINDI A ESSERE SACERDOTI SANTI E GIOIOSI.
Quale via percorrere per arrivarvi?
Non c’è dubbio che la cura della vita interiore deve necessariamente partiredall'ascolto della
Parola di Dio. Infatti, la crescita e la diffusione della Parola costituiscono il filo conduttore
della formazione permanente dei ministri ordinati, i quali, nel giorno dell’ordinazione, più che
ricevere la Parola in affidamento vengono affidati allaParola (cf. At 20,32). Conservare un
“contatto continuo” con le Scritture per essere “servi della Parola” nell’impegno
dell’evangelizzazione: questa è sicuramente una prioritàdella formazione permanente dei
presbiteri.
Sono pertanto da incoraggiare l’antica e sempre valida tradizione della lectio divina, non solo
di sacerdoti verso i fedeli ma tra gli stessi sacerdoti.
1
Una delle “frontiere” della formazione permanente dei presbiteri da esplorarecon
entusiasmo sincero è, dunque, la promozione di incontri sacerdotali in piccoli gruppi, sia
per raccontare, alla lucedella Parola, le fatiche, le speranze e gli interrogativi che nascono
dall’esercizio del ministero, sia per preparare insieme l’omelia domenicale, che“è la pietra di
paragone - come afferma Papa Francesco al n° 135 dell’esortazione apostolica “Evangelii
Gaudium” - per valutare la vicinanza e la capacità d’incontro di un pastore con Dio e con il suo
popolo”. 'Parlare con autorità, senza fare mercato della Paroladi Dio (cf. 2C0r 2,17) e senza
falsificarla (cf. 2C0r 4,2), come pure senza sottoporla aprivata spiegazione (cf. 2Pt 1,20) e,
soprattutto, senza “lasciarla da parte” (cf. At 6,2), è un’arte che il popolo di Dio ha il diritto di
esigere dai ministri ordinati, sui quali incombe il dovere di far sentire il “profumo” di una
parola essenziale, profetica, libera, lungamente cercata nel silenzio dello studio e della
preghiera.
Per custodire la vita interiore, i presbiteri sono tenuti a riconquistare ogni giornola fedeltà ai
momenti di preghiera, sia quelli destinati alla celebrazione della Liturgiadelle Ore, sia quelli
lasciati alla scelta personale e non sostenuti -da scadenze e orari madalla consapevolezza che
l’orazione precede l’azione: “la penetra, la integra, la purifica,la consola, la fortifica e, alle
volte, la sostituisce”.
Resta sempre valida, al riguardo, ladiagnosi compiuta da san Giovanni Maria Vianney: “La
causa della rilassatezza del sacerdote è che non fa attenzione alla Messa”. Nulla unifica i
“frammenti” della giornatadi un prete come la Messa, celebrata senza sacrificare la
preparazione e il ringraziamento!
L’esperienza insegna che nell’orazione non si vive di rendita e che non è il contattocon la
gente a indebolire la vita interiore - anzi la favorisce! - ma è, per così dire, lo stato di
“latitanza spirituale”, il cui sintomo più preoccupante è l’allergia sia alla direzionespirituale,
sia al sacramento della Riconciliazione.
Nel programma spirituale di un prete la confessione è il test più rivelativo dellaqualità
della sua vita interiore, la cui mediocrità è imputabile anche all’aumento del carico di lavoro
pastorale.
CONCLUSIONE
“Quante volte il prete, uscendo dalla porta di tante case, dopo aver toccato conmano la croce
portata con estrema dignità e umiltà, avverte come una spinta interiore 1 a ridimensionare i
propri problemi, le proprieinevitabili croci.”
La stanchezza che appesantisce il cuore dei preti, se è imputabile alcarico di lavoro
pastorale, è addebitabile al fatto che “ciò che non si ama, stanca”.
PapaFrancesco, nell’omelia della Messa crismale di quest’anno, ha precisato che c’è
una“stanchezza sana”, che il riposo riesce ad ammortizzare, ma c’è anche una “stanchezzadi se
stessi”, estremamente pericolosa, che alimenta il peso della “malinconia pastorale”,il cui
campionario è molto assortito:
- la malinconia di chi si affatica senza portare sul petto chi grava sulle sue spalle (cf. ls40,11);
- la malinconia di chi mette mano all’aratro e continua a volgersi indietro (cf. Lc 9,62);
- la malinconia di chi “cerca i propri interessi, non quelli di Cristo” (cf. Fil 2,21);
- la malinconia di chi non si fa modello del gregge “con animo generoso” (1 Pt 5,2-3);
- la malinconia di chi ha l’ansia di estirpare la zizzania prima della mietitura (cf. Mt13,30);
- la malinconia di chi misura la sproporzione tra fatica profusa e risultati ottenuti (cf. Lc5,4-5);
1Cfr.Enrico Masseroni nella pubblicazione dal titolo “Vi ho dato l 'esempio” Lectio divina sulla “giornata del prete
”
2
-la malinconia di chi ignora il proverbio: “uno semina e l’altro miete” (cf. Gv 4,37);
- la malinconia di chi non sa gareggiare con i fratelli nello “stimarsi a vicenda” (cf. Rm12,10);
- la malinconia di chi dimentica che il Fiat è l’antifona del Magnificat (cf. Lc 1,38).
L’autorevolezza della testimonianza dei ministri ordinati non è data dalla sommadelle
loro virtù, ma dall’olio di letizia della meraviglia che alimenta la “lampada
dellagratitudine”.
Quando con il passare degli anni di sacerdozio cresce lo stupore per il donoricevuto con
l’imposizione delle mani, aumenta pure la meraviglia per la fragilità del“vaso di creta” (cf.
2C0r 4,7) in cui tutti portiamo il mistero.
Ogni presbitero, per quantolo comporti la sua debolezza e lo consenta la fragilità umana, è
chiamato a vivere congioia la dimensione sponsale e verginale del sacerdozio, che non
sopporta alcuni atteggiamenti biasimati da Giovanni Battista Montini nella lettera indirizzata
ai preti di Milano in occasione della Settimana Santa del 1959:
“ll calcolo del minimo sforzo, l’arte dievitare le noie, il sogno di una solitudine dolce e
tranquilla, la scusa della propria timidezza, l’incapacità sorretta dalla pigrizia, la difesa del
dovuto e non più, gli orari protettivi della propria e non dell’altrui comodità”.
Nel calcolo “del dovuto e non più” spessomanca all’appello la formazione permanente che, se
incentrata sul binomio “identità-missione”, costituisce un’opportunità di rinnovamento
interiore e di rinvigorimento perla propria missione. ,
Può essere utile, a conclusione rivelare alcune confidenze -quasi un testamento! - di un prete
della che ha varcato la soglia dei 100 anni, la cui vita ministeriale non ha conosciuto una serie
di spostamenti, di avanzamenti,ma un’amorosa sottomissione alla volontà di Dio
nell’obbedienza alla Chiesa. Chiedendogli di indicarmi il “codice segreto” della sua vita
sacerdotale, mi ha presentato la regola di vita.
“Ho cercato di rimanere fedele ogni giorno all’adorazione eucaristica e allameditazione,
scegliendo con cura i tempi più adatti e gli autori da leggere; ho frequentatocon assiduità il
confessionale, ben sapendo che per essere buoni confessori bisognarimanere umili penitenti;
non ho trascurato la devozione mariana delegandola alle piedonne; mi sono sempre affidato
alla Provvidenza, vivendo dell’essenziale; mi sono impegnato a custodire la virtù della purezza
con maturità, letizia e dedizione, scoprendoquanto sia vero che uno riceve la vita proprio
quando la dona; ho imparato a obbediresenza essere né pavido né cortigiano, riconoscendo
che la volontà di Dio passa sempreattraverso le mediazioni umane; ho cercato di coltivare
l’amicizia nella fraternità sacerdotale. Muoio contento, vorrei che si sapesse”.
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