L`OMBRA DI VENERE SUL SOLE, UNA GOCCIA

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TERREMOTO 3.3 NELLA PIANURA EMILIANA
TERREMOTI: MAGNITUDO 6.1 NELLO
STORICO CLUSTER SISMICO IN EMILIA
ROMAGNA
Modena, 07/06/2012 – Una scossa di terremoto di
magnitudo 3.3 è stata regsitrata alle ore 20:00:43,
localizzato dalla Rete Sismica Nazionale dell'INGV
nel distretto sismico Pianura padana emiliana ad
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L’Aquila, 05/06/2012 - Terremoti AD 2012,
Redazione
Magnitudo 6.1 nello storico cluster sismico in Emilia Contatti:
Romagna con liquefazione tellurica ed eruzione di [email protected]
sabbie in vulcanetti; le sette forti scosse...
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ECLISSI: L’OMBRA DI VENERE SUL SOLE, UNA GOCCIA
OSCURA NELL’IMMENSITÀ RADIOSA
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L’Aquila, 04/06/2012 - L’ombra di Venere
sul Sole, una goccia oscura nell’immensità
radiosa che tutto avvolge, crea e riscalda.
Sale la febbre mondiale e monta
l’eccitazione scientifica per l’eclisse di Sole
venusiana, l’ultimo transito della nostra
vita. Nessuna Apocalisse, lo “stretching”
gravitazionale tra il Sole, Venere, la Luna e
la Terra, “è del tutto normale e senza
conseguenze per il nostro pianeta”. Venere
attraversa il disco solare tra martedì 5 e
mercoledì 6 giugno 2012. Non accadrà più
fino all’11 dicembre 2117. Gli osservatori
dei sette continenti assisteranno al transito dalle ore universali 22:09 del 5
giugno, in Italia 9 minuti dopo la mezzanotte. Stavolta sono favoriti gli
abitanti del Pacifico, del Nord America e della Norvegia. Venere impiegherà
sei ore per attraversare il disco solare ed appena 18 minuti per coprire due
volte (per entrare e per uscire) con la sua superficie oscura il lembo
termonucleare del nostro luminare. Sarà interessante studiare come e
quando i diversi osservatori sulla Terra cattureranno tutte le fasi del
“contatto” di Venere. I dati sono preziosissimi sia per studiare l’atmosfera
venusiana sia per affinare le tecniche di caccia dei pianeti alieni, compresi
quelli di taglia terrestre. Dalla navicella europea Venus Express, in orbita su
Venere, ben diverso sarà lo spettacolo offerto dall’azzurra Terra in
opposizione! Che storia vogliamo lasciare a coloro che vedranno il transito
successivo fra 105 anni, sullo sfondo di questa magnifica danza cosmica?
(di Nicola Facciolini)
L’ombra di Venere sul Sole, una goccia oscura nell’immensità radiosa che
tutto avvolge, crea e riscalda. Sale la febbre mondiale e monta l’eccitazione
scientifica per l’eclisse di Sole venusiana. L’ultimo transito di Venere è
sicuramente l’ultima chance della nostra vita per osservare il passaggio del
pianeta più simile alla Terra sulla sfavillante superficie termonucleare del
nostro luminare, magnificamente rappresentata nel film “Sunshine”. Gli
osservatori dei sette continenti, fatta eccezione per l’Antartico, assisteranno
al transito del 2012 dalle ore universali 22:09, in Italia 9 minuti dopo la
mezzanotte. Stavolta sono favoriti gli abitanti del Pacifico, del Nord America
e della Norvegia. Otto anni dopo l’indimenticabile evento dell’8 giugno 2004,
si ripete il fenomeno cosmico più raro del secolare spettacolo della cometa di
Halley.
In Europa è osservabile solo la parte finale del transito, al sorgere del Sole,
ma l’occasione è comunque imperdibile. Il prossimo transito di Venere
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avverrà infatti tra 105 anni, precisamente l’11 dicembre dell’Anno Domini
2117. L’opportunità di assistere al passaggio di Venere sul Sole è di quelle
da cogliere al volo senza esitazioni, meteo permettendo. Se dovessimo
perdere il transito ci toccherebbe rinascere ed aspettare l’Avvento del 2117.
Viviamo quindi l’emozionante alba del 6 giugno 2012, nella quale
commemoriamo il 68° anniversario dello sbarco degli Alleati in Normandia
(“il giorno più lungo”), e seguiamo insieme l’evento astronomico più difficile
da osservare. In Italia ne potremo seguire solo le fasi finali al sorgere del
Sole. La rarità del transito di Venere offre un’occasione irripetibile per
tentare di cogliere almeno gli ultimi minuti dell’evento. Le località sulla costa
adriatica godranno di condizioni di osservabilità più favorevoli mediamente
tra le ore 5:39 e 6:34 del mattino. Le fasi finali del transito osservabili
dall’Italia, si verificano quando il Sole è ancora molto basso sull’orizzonte
orientale. Sono quindi favorite le località del Nord e dell’Est.
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Sulla costa adriatica l’orizzonte è libero da ostacoli ed è possibile seguire
tutte le fasi del sorgere del Sole. Nelle località più orientali al termine del
transito il Sole sarà un po’ più alto. Occhio agli occhi! Utilizzate sempre un
filtro solare di sicurezza. Anche se i nostri occhi possono sopportare la
visione diretta del Sole al suo sorgere, in breve tempo la sua luminosità
aumenta sensibilmente. Prolungare l’osservazione può essere estremamente
pericoloso per gli occhi, in particolare se si utilizzano binocoli, telescopi e
dispositivi fotografici privi di opportuni filtri astronomici. Lo “stretching”
gravitazionale tra il Sole, Venere, la Luna (dopo l’eclisse parziale di Lunedì 4
giugno 2012) e la Terra, affermano gli scienziati, “è del tutto normale e
senza conseguenze per il nostro pianeta”. L’orario di uscita di Venere varia
leggermente tra le varie località: dal contatto interno alla scomparsa
completa (contatto esterno), l’uscita si compie mediamente tra le ore 6:38 e
le 6:55. Al momento del contatto interno il Sole in Puglia si trova già oltre i
12° di altezza sull’orizzonte, mentre in Piemonte è a circa 7°. Uno dei
programmi osservativi più interessanti che si potranno svolgere durante il
transito di Venere, riguarda la raccolta di immagini e video per la misura del
diametro solare. Per gli scienziati il ruolo dei transiti di Venere e Mercurio, è
fondamentale non solo per conoscere la storia passata del diametro solare.
Attraverso il parametro “W”, la derivata logaritmica del raggio rispetto alla
luminosità, i valori passati della luminosità solare possono essere recuperati.
Il fenomeno della “goccia nera” influisce sulla valutazione degli istanti di
contatto interno ed esterno tra il disco planetario e il lembo solare. Con
questi istanti osservati confrontati con le effemeridi, si ricava il valore del
diametro solare.
La goccia nera e gli effetti del “seeing” si possono superare fittando, con due
archi di cerchio sia per Venere sia per il Sole, la parte non distorta
dell’immagine. Le correzioni di effemeridi dovute alla rifrazione atmosferica
sono anche da prendere in considerazione. Il transito di Venere consentirà
una misura precisa del diametro del Sole migliore di 0.01 secondi d’arco,
disponendo di buone immagini della fase di ingresso e di uscita, prese ogni
secondo. Gli osservatori solari cinesi sono nelle condizioni ottimali per
ottenere dati utili per la misurazione del diametro solare con il transito di
Venere del 5/6 giugno 2012, con la calibrazione assoluta data dalle
effemeridi. Lo spettacolo cosmico ha inizio mercoledì 6 giugno, pochi minuti
dopo mezzanotte italiana, quando il pianeta Venere entrerà nel disco del
Sole. Apparirà come una sorta di neo in movimento che sfilerà lentamente
davanti alla nostra stella, compiendo il tragitto in circa 6 ore e 40 minuti. Il
fenomeno del transito di Venere, è dovuto al perfetto allineamento fra il Sole
e i pianeti Venere e Terra. Poiché le orbite dei due mondi attorno alla nostra
stella sono leggermente inclinate l’una rispetto all’altra, si tratta di un
fenomeno estremamente raro. Un’occasione unica e imperdibile.
In Italia al sorgere del Sole il fenomeno sarà già in corso da alcune ore. A
patto di svegliarsi di buon’ora, lo spettacolo è assicurato. A Trieste, dove il
Sole sorgerà alle 5:17, l’evento durerà quaranta minuti più che a Cagliari
dove il sorgere del Sole è previsto solo per le 5:57. Numerose le iniziative
messe in campo dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) per assistere al
fenomeno, dal vivo e sul web, in piena sicurezza e con un ricco contorno di
attività sociali e didattiche, comprese le osservazioni dal vivo con telescopi
solari. Come a Padova, all’alba di mercoledì 6 giugno, per la “Colazione con
Venere” (25 i posti disponibili) insieme agli astronomi dell’Osservatorio che
hanno anche approntato un ricco sito web con tutte le informazioni utili per
seguire il fenomeno (www.lanottedivenere.it). Osservazioni pubbliche
all’alba, sempre con la guida di astronomi dell’Inaf, sono previste anche a
Palermo presso il Foro Italico, sui colli di Bologna (San Michele in Bosco), a
Catania (in collaborazione con il Gruppo Astrofili “G. Ruggieri”) e in altre
località segnalate sul sito di Media Inaf e sui social network collegati. Il
transito di Venere, oltre a essere uno spettacolo che la grande maggioranza
dei terrestri non avrà mai più occasione di rivedere, è anche per gli
astronomi un’opportunità più unica che mai per studiarne l’atmosfera e per
Redazione
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collaudare ed affinare le tecniche utilizzate nello studio dei pianeti
extrasolari, gli esomondi che popolano l’Universo
(http://planetquest.jpl.nasa.gov/). Sono 3.012 i pianeti alieni finora
ufficialmente scoperti. Anche per questi ultimi, infatti, ciò che i telescopi
osservano da Terra e dallo spazio è il loro transito davanti alle stelle che li
ospitano. “La tecnica dell’osservazione del transito – spiega Giuseppe
Piccioni, ricercatore dell’Inaf-Iaps di Roma – permette non solo di
individuare nuovi pianeti extrasolari, ma anche di studiarne la composizione.
Ecco allora che poter assistere al transito di Venere ci permette di verificare
questa tecnica da vicino, all’interno del nostro Sistema Solare, offrendoci
così l’opportunità di un test straordinario”.
Piccioni, responsabile dello spettrometro Virtis a bordo della sonda “Venus
Express” dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), è anche a capo di una
spedizione scientifica sulle Isole Svalbard dedicata all’osservazione del
transito di Venere, che dall’arcipelago situato oltre il Circolo polare artico
compirà il suo tragitto stagliandosi sul Sole di mezzanotte. Occhi puntati su
Venere, o meglio sulla Luna, anche in Cile. Sarà dalla cordigliera delle Ande,
infatti, che un team guidato da Paolo Molaro dell’Inaf-Osservatorio
Astronomico di Trieste utilizzerà lo strumento Harps, montato sul telescopio
da 3.6 metri dell’Eso e dedicato allo studio dei pianeti extrasolari, per
eseguire misure di righe spettrali catturando la luce del transito riflessa dalla
Luna. Per offrire al grande pubblico una copertura completa dell’evento, gli
astronomi del progetto europeo GLORIA, del quale l’Inaf è fra i partner
principali, hanno organizzato tre spedizioni osservative in alcuni fra i luoghi
più favorevoli per seguire l’intero fenomeno. Muniti di telescopi solari
robotizzati, trasmetteranno la diretta web dell’intero transito visto da Cairns
(Australia), da Sapporo (Giappone) e da Tromsø (Norvegia). La diretta sarà
visibile in streaming a partire dalla mezzanotte del 5-6 giugno, oltre che sul
sito del progetto (www.gloria-project.eu), anche sulle pagine di Media Inaf
(www.media.inaf.it). Il team di GLORIA (GLObal Robotic telescopes
Intelligent Array for e-Science), finanziato dal Settimo Programma Quadro
con l’obiettivo di dar vita a una sorta di Astronomia 2.0, ha anche messo a
punto due attività didattiche destinate agli insegnanti ed agli studenti che
abbiano voglia di divertirsi con la meccanica celeste. Sul sito del progetto
sono infatti disponibili tutte le istruzioni per sfruttare il transito di Venere al
fine di misurare la distanza Terra-Sole e calcolare la latitudine del proprio
luogo di osservazione. La proposta GLORIA per l’evento prevede la
condivisione mondiale dell’evento. Le trasmissioni saranno accompagnate da
un commento dal vivo in spagnolo e inglese. I transiti di Venere si ripetono
secondo uno schema regolare di 8 anni, 121.5 anni, 8 anni e 105.5 anni.
Dopo l’invenzione del telescopio da parte dello scienziato cattolico Galileo
Galilei nel 1610, Venere ha attraversato il disco del Sole solo 7 volte.
GLORIA è un progetto innovativo ed ambizioso che ha lo scopo di
coinvolgere i cittadini nella ricerca scientifica. Il progetto è guidato
dall’Universidad Politécnica di Madrid e coinvolge 13 Istituti scientifici di 8
Paesi (per l’Italia, l’Inaf) che, attraverso un’interfaccia web, daranno accesso
gratuito ed aperto a una collezione crescente di telescopi robotici. Il transito
di Venere è il primo di una serie di trasmissioni in diretta di eventi
astronomici che verranno organizzate da GLORIA per promuovere
capillarmente l’astronomia e la “e-science”. Per coinvolgere gli studenti delle
scuole superiori, è stato predisposto materiale didattico associato alle
trasmissioni. La trasmissione “web cast” sarà suddivisa in tre parti principali:
la copertura in diretta dei primi 30 minuti, poi i 10 minuti centrali, infine gli
ultimi 30 minuti di transito. Per tutto il resto del transito le immagini
verranno aggiornate ogni 5 minuti. Tutte le foto e i video acquisiti saranno
disponibili immediatamente per il loro uso nelle attività didattiche. Non solo.
Gli scienziati del progetto GLORIA invitano chiunque seguirà l’evento nel
mondo a inviare i suoi contributi. Per molte persone sul pianeta questa sarà
l’unica possibilità di assistere a un transito di Venere. Che storia vogliamo
lasciare a coloro che vedranno il transito successivo fra 105 anni? Cosa
stava accadendo sulla Terra il 5-6 giugno 2012, sullo sfondo di questa
magnifica danza cosmica? Per documentare quest’evento storico sarebbe
auspicabile che il 5-6 giugno 2012 la gente volgesse le proprie macchine
fotografiche verso la Terra per catturare momenti di sé stessi, dei propri cari
e delle proprie vite mentre Venere transita sul Sole. Venere è il secondo
pianeta del Sistema Solare in ordine di distanza dal Sole (mediamente 108
milioni di Km; la Terra dista dal Sole circa 150 milioni di Km) con un’orbita
della durata di 224,7 giorni terrestri. È il corpo celeste più luminoso nel cielo
notturno, dopo la Luna, con una magnitudine apparente di meno 4,6. Venere
raggiunge la sua massima brillantezza poco prima dell’alba o poco dopo il
tramonto: per questa ragione è spesso chiamata la Stella del Mattino o la
Stella della Sera. Ma è anche il pianeta più caldo del Sistema Solare. Non ha
satelliti naturali o anelli. In compenso ha un campo magnetico debole.
Classificato come un pianeta terrestre, è definito il pianeta “gemello” della
Terra perché i due mondi sono molto simili per dimensioni e massa. Infatti è
uno dei quattro pianeti terrestri del Sistema Solare. Come la Terra, Venere è
un corpo roccioso soggetto alla stessa evoluzione che ha avuto la Terra nella
sua formazione. Il diametro di Venere è inferiore a quello terrestre di soli
650 Km e la sua massa è l’81,5% di quella terrestre. A causa di questa
differenza di massa sulla superficie di Venere l’accelerazione di gravità è
mediamente pari a 0,88 volte quella terrestre. Nonostante queste
somiglianze le condizioni sulla superficie venusiana sono molto differenti da
quelle terrestri a causa della spessa atmosfera di biossido di carbonio. Per
cui, se dovessero esistere davvero i Venusiani, dubitiamo fortemente che
siano biondi e belli come quelli descritti dai “contattisti” Ufo ed associati. La
massa dell’atmosfera di Venere è costituita per il 96,5% da biossido di
carbonio mentre il restante 3,5% è composto soprattutto da azoto. Venere
ha l’atmosfera più densa tra tutti i pianeti terrestri.
L’altissima percentuale di biossido di carbonio è dovuta al fatto che su
questo mondo così vicino al Sole non esiste un “ciclo del carbonio” per
incorporare nuovamente questo elemento nelle rocce e nelle strutture di
superficie, né una vita organica che lo possa assorbire in biomassa come
accade sulla Terra. È proprio il biossido di carbonio ad aver generato un
potentissimo effetto serra a causa del quale il pianeta Venere è divenuto così
caldo che si ritiene che gli antichi oceani siano evaporati lasciando
un’asciutta superficie desertica con molte formazioni rocciose. Il vapor
acqueo si è poi dissociato a causa dell’alta temperatura e dell’assenza di una
magnetosfera. Così il leggero idrogeno è volato via nello spazio
interplanetario, strappato dal vento solare. La pressione atmosferica sulla
superficie di Venere è pari a 92 volte quella della Terra ed è data per la
maggior parte dal biossido di carbonio e da altri gas serra. Venere è
ricoperta da un opaco strato di nuvole composte da acido solforico altamente
riflettenti che, insieme alle nubi dello strato inferiore, impediscono alla sua
superficie di essere visibile dallo spazio.
Questa “impenetrabilità” ha originato molteplici dibattiti perdurati fino a
quando i segreti del suolo di Venere furono rivelati dalla planetologia nel XX
Secolo. La mappatura della sua superficie fu possibile attraverso i dati forniti
dalla sonda Magellano nel 1990-91. Abbiamo così scoperto un mondo
infernale con un suolo caratterizzato da un esteso vulcanismo e dalla
presenza di zolfo nell’atmosfera, probabile indizio di eruzioni recenti. Il
pianeta mostra pochi crateri da impatto il che depone a favore di una
superficie relativamente giovane, di 300-600 milioni di anni. La mancata
evidenza di attività tettonica viene collegata alla notevole viscosità della
crosta, legata all’assenza dell’effetto lubrificante provocato dall’acqua, il che
rende più difficile la subduzione. Non è esclusa una perdita di calore interno
a seguito di importanti eventi periodici di affioramento.
Anche se vi sono poche informazioni dirette sulla sua struttura interna a
causa della mancanza di dati sismici e della conoscenza del suo momento di
inerzia, le somiglianze tra Venere e la Terra suggeriscono agli scienziati che i
due pianeti possano avere una struttura interna simile con un nucleo, un
mantello e una crosta. Si ritiene che il nucleo venusiano, come quello della
Terra, sia almeno parzialmente liquido dal momento che i due pianeti hanno
avuto un processo di raffreddamento simile. Le dimensioni leggermente
inferiori di Venere suggeriscono che le pressioni siano molto più basse al suo
interno rispetto a quelle terrestri. La differenza principale tra i due mondi è
l’assenza di una Tettonica delle placche su Venere dovuta probabilmente alla
diversa composizione della litosfera e del mantello venusiani rispetto a quelli
terrestri. L’omogeneità della crosta di Venere determina una minore
dispersione di calore dal pianeta che infatti presenta un flusso termico con
valori di circa la metà inferiori a quelli terrestri. L’assenza di un campo
magnetico potrebbe essere legata all’assenza di un nucleo solido all’interno
del pianeta.
Venere forse è soggetto a periodici episodi di movimenti tettonici, dove la
crosta sarebbe subdotta rapidamente nel corso di pochi milioni di anni, con
intervalli di alcune centinaia di milioni di anni di relativa stabilità? Se questo
contrasta fortemente con la condizione più o meno stabile di subduzione e di
deriva continentale che si verifica sulla Terra, non saranno solo i dati della
sonda Venus Express a chiarirlo. Tuttavia la differenza è spiegabile con
l’assenza su Venere di oceani che agirebbero come lubrificanti nella
subduzione. Le rocce superficiali di Venere avrebbero meno di mezzo
miliardo di anni poiché l’analisi dei crateri di impatto suggerisce che le
dinamiche di superficie avrebbero modificato la superficie stessa, eliminando
gli antichi crateri, negli ultimi miliardi di anni. La superficie di Venere è stata
mappata nel dettaglio solo nel corso degli ultimi venti anni. La sonda
Magellano ha elencato circa un migliaio di crateri di meteoriti, un numero
basso se confrontato a quello della Terra. Così circa l’80% della superficie di
Venere è formata da lisce pianure vulcaniche che per il 70% mostrano
dorsali da corrugamento e il 10% sono proprio lisce. Il resto è costituito da
due altipiani definiti continenti, uno nell’emisfero Nord del pianeta e l’altro
appena a Sud dell’equatore. Il continente più a Nord è chiamato “Ishtar
Terra” ed ha circa le dimensioni dell’Australia. I Monti Maxwell, il più alto
massiccio montuoso su Venere, situati su Ishtar Terra, nel punto più alto
raggiungono gli 11mila metri al di sopra dell’altezza media della superficie
del pianeta. Il continente a Sud è chiamato “Aphrodite Terra” ed ha circa le
dimensioni del Sud America. La maggior parte di questo continente è
ricoperta da un intrico di fratture e di faglie. Oltre a crateri da impatto,
montagne e valli, comuni ai pianeti rocciosi, Venere è caratterizzato da
alcune strutture di superficie assolutamente peculiari. Fra queste vi sono
strutture vulcaniche chiamate “farra”, larghe da 20 a 50 Km ed alte da 100 a
1000 metri; fratture radiali, a forma di stella chiamate “novae”; strutture
con fratture sia radiali sia concentriche chiamate “aracnoidi” per la loro
somiglianza alle tele di ragno; e le “coronae”, anelli circolari di fratture a
volte circondate da una depressione. Tutte queste strutture hanno un’origine
vulcanica. La superficie di Venere appare geologicamente molto giovane.
I fenomeni vulcanici sono molto estesi e lo zolfo nell’atmosfera
dimostrerebbe, secondo alcuni scienziati, l’esistenza di fenomeni vulcanici
attivi ancora oggi. Tuttavia questo solleverebbe l’enigma dell’assenza di
tracce del passaggio di lava che accompagni una caldera tra quelle visibili.
Molto tempo prima dell’atterraggio delle sonde sovietiche “Venera” (finora le
uniche) sul suolo di Venere, erano già state acquisite le prove sulla sua
densa atmosfera. In primis, prima e dopo la congiunzione inferiore, Venere
presenta una “falce” con le estremità molto angolate rispetto al normale
angolo teorico di 180º osservabile sulla Luna. Questa è la prova
dell’esistenza di un’atmosfera, dal momento che il prolungamento delle
punte della falce è dovuto alla riflessione della luce solare anche
nell’emisfero non esposto al Sole, grazie a un fenomeno di diffusione o
crepuscolo, provocato dall’atmosfera. Inoltre, quando Venere occulta una
stella, il fenomeno di occultamento non è istantaneo ma progressivo:
quando il disco del pianeta inizia a sovrapporsi a quello della stella, la luce
dell’astro è ancora parzialmente visibile. Ciò si verifica perché la luce è in
grado di penetrare parzialmente l’atmosfera venusiana. Analogamente
quando la stella ricompare la luminosità non riappare improvvisamente
(fenomeno che si verifica nel caso dell’occultamento di una stella da parte
della Luna) ma in modo continuo. Fu durante il transito sul Sole del 1761
che l’astronomo russo Mikhail Lomonosov poté effettuare la prima
osservazione diretta dell’atmosfera di Venere. Al telescopio, il pianeta, visto
davanti al Sole, mostrava un margine non netto ma sfumato.
Appariva infatti circondato come da un alone. Era la prova palese
dell’esistenza di un’atmosfera vesuviana. Da allora la fantascienza perché
non si è nutrita di Venere? L’aria vesuviana è molto diversa da quella della
Terra, è estremamente spessa. Chi riesce a respirare anidride carbonica e
azoto? La massa atmosferica è circa 93 volte quella terrestre e la pressione
sulla superficie del pianeta è circa 92 volte quella della Terra, cioè
equivalente a quella presente a circa mille metri di profondità in un oceano
terrestre. La densità sulla superficie è di circa 5,25 g/cm!, ossia cinque volte
quella dell’acqua. La densa atmosfera ricca di CO2 e le nubi di diossido di
zolfo, generano il più forte effetto serra naturale del Sistema Solare,
elevando la temperatura sulla superficie a oltre 460 gradi Celsius. Un vero
forno crematorio planetario! Questo rende la superficie di Venere più calda di
quella di Mercurio e di qualunque altro pianeta o asteroide del Sistema
Solare. Anche se Venere è due volte più distante dal Sole di Mercurio, riceve
solo il 25% dell’irradiazione di Mercurio. Quindi a causa dell’assenza di acqua
e di umidità su Venere le cose non fanno che peggiorare. È il futuro della
Terra? Gli studi suggeriscono che miliardi di anni fa l’atmosfera di Venere
fosse molto più simile a quella terrestre di quanto non lo sia ora e che vi
fossero distese d’acqua probabilmente abbondanti sulla superficie, ma
l’effetto serra fu moltiplicato dall’evaporazione dell’acqua originale che
generò un livello critico di gas serra nell’atmosfera.
Venere, quindi, è oggi un mondo sterile con una situazione climatica
estrema e invariante. L’inerzia termica e lo spostamento del calore da parte
dei venti nella parte più bassa dell’atmosfera fanno sì che la temperatura
della superficie non cambi significativamente tra il giorno e la notte,
nonostante la rotazione estremamente lenta del pianeta. Il suolo di Venere è
isotermico, cioè mantiene una temperatura costante tra il giorno e la notte e
tra l’equatore e i poli. La modesta inclinazione assiale del pianeta (meno di
tre gradi rispetto ai 23,5º dell’asse terrestre) contribuisce a diminuire
ulteriormente i cambiamenti stagionali delle temperature. L’unica variazione
registrata si ha con l’aumento dell’altitudine. Per cui i Vesuviani dovrebbero
vivere tra le nuvole! Nel 1990 la sonda Magellano effettuando riprese radar
rilevò una sostanza molto riflettente che si trovava sulla cima dei picchi
montuosi più alti, simile nell’aspetto alla neve che si trova sulle montagne
della Terra. Questa sostanza potrebbe formarsi in un processo simile a
quello che causa la neve sulla Terra, sebbene la sua temperatura sia molto
più elevata. Essendo troppo volatile per condensare sulla superficie si eleva
in forma gassosa verso le cime più alte e più fredde su cui cade poi come
precipitazione. La natura di questa sostanza non è conosciuta con certezza,
ma alcune ipotesi propendono per il tellurio elementare.
Altri scienziati pensano che si possa trattare persino di solfuro di piombo.
Ora, il tellurio è un metallo raro sulla Terra, ma potrebbe essere abbondante
su Venere. Anche secondo il fisico Dave Greenspun il tellurio potrebbe
assumere, sui picchi montuosi di Venere dove la temperatura è più bassa
rispetto alle altre zone della superficie, la forma di una specie di neve
metallica. Tutte queste condizioni fanno sì che i venti sulla superficie di
Venere siano lenti, con una velocità di pochi chilometri all’ora. Tuttavia, a
causa dell’alta densità dell’atmosfera, essi esercitano una notevole forza
contro gli ostacoli e sono in grado di spostare polvere e pietre sulla
superficie. Nello strato più alto delle nubi, invece, i venti soffiano con grande
intensità, fino a 300 Km/h, e sferzano l’intero pianeta con un periodo di 4-5
giorni. Questi venti si muovono a velocità che sono fino a 60 volte la velocità
di rotazione del pianeta, mentre sulla Terra i venti più forti soffiano solo al
10-20% della velocità di rotazione terrestre.
Al di sopra del denso strato di CO2 si trovano spesse nubi costituite
prevalentemente da biossido di zolfo e da goccioline di acido solforico.
Queste nuvole infernali riflettono circa il 60% della luce solare nello spazio
ed impediscono l’osservazione diretta della superficie di Venere ai nostri
occhi nello spettro visibile. A causa dello strato di nubi, nonostante Venere
sia più vicino al Sole di quanto lo sia la Terra, la superficie venusiana non ne
è altrettanto riscaldata o illuminata. A mezzogiorno la luminosità di
superficie corrisponde grosso modo a quella osservabile sulla Terra in una
giornata molto nuvolosa. Le nubi coprono l’intero pianeta e sono più simili a
una spessa coltre di nebbia che alle nuvole terrestri. Quindi un ipotetico
osservatore che si trovasse sulla superficie non sarebbe mai in grado di
vedere direttamente il Sole, ma potrebbe soltanto intravederne la
luminosità. In assenza dell’effetto serra causato dall’anidride carbonica
dell’atmosfera, opportunamente “terra-formata”, la temperatura sulla
superficie di Venere sarebbe abbastanza simile a quella terrestre. Che sia
Venere il mondo futuro dell’umanità?
Oggi le nubi di Venere sono soggette a frequenti scariche elettriche e la loro
composizione ne favorisce la formazione più frequentemente che sulla Terra.
L’esistenza di fulmini è stata controversa fin da quando le sonde russe
“Venera” avevano osservato scariche elettriche nella parte bassa
dell’atmosfera che si succedevano con cadenze di decine e centinaia di volte
più frequenti dei lampi sulla Terra. Gli scienziati russi chiamarono questo
fenomeno “il drago elettrico di Venere”. Poi, nel 2006-07 la sonda Venus
Express osservò chiaramente un’onda elettromagnetica di elettroni. Era la
prova che un fulmine si era appena scaricato sulla superficie. La sua
apparenza intermittente indicava una traccia associata con l’attività
climatica. Il tasso di fulmini è, secondo le stime più prudenti, almeno la
metà di quello sulla Terra. Nel 1967 la sonda Venera-4 scoprì che Venere
possiede un campo magnetico molto più debole di quello terrestre, generato
da un’interazione tra la ionosfera ed il vento solare, contrariamente a quanto
avviene sul nostro pianeta il cui campo nasce dall’effetto-dinamo delle
correnti convettive all’interno del mantello.
Il campo magnetico venusiano, tuttavia, è troppo debole per fornire
un’adeguata protezione dal micidiale vento solare. Le particelle dell’alta
atmosfera vengono infatti continuamente strappate al campo gravitazionale
del pianeta per disperdersi nello spazio. La mancanza di un campo
magnetico intrinseco a Venere, è un dato sorprendente per un mondo simile
alla Terra. Una dinamo richiede tre elementi: un liquido conduttivo, la
rotazione del nucleo e la convezione. Il nucleo è ipotizzato elettricamente
conduttivo e, nonostante la lentezza della rotazione, le simulazioni mostrano
che questa sarebbe sufficiente per produrre una dinamo. Il che implica che
la dinamo manchi su Venere a causa dell’assenza di convezione. Sulla Terra
la convezione si verifica nel mantello a causa della temperatura inferiore di
questo rispetto a quella del nucleo. Su Venere un evento catastrofico globale
può avere interrotto la tettonica a zolle e quindi eliminato le correnti
convettive. Ciò avrebbe causato l’innalzamento della temperatura del
mantello e ridotto così il flusso di calore proveniente dal nucleo. Come
risultato non esiste una dinamo geologica interna che possa produrre un
campo magnetico. Una possibilità è che Venere non abbia un nucleo interno
solido o che non ci sia un gradiente di temperatura all’interno in modo che
tutta la parte liquida del nucleo sia approssimativamente alla stessa
temperatura. Ma è anche possibile che il suo nucleo sia già completamente
solidificato.
Lo stato del nucleo dipende in larga misura dalla concentrazione di zolfo
sotto esame. Per cui “terra-formare” Venere non sarà un’impresa tanto
facile. Venere non ha satelliti naturali, sebbene l’asteroide 2002 VE68
attualmente mantenga una “danza” quasi orbitale con il pianeta. Una ricerca
del 2006 di Alex Alemi e David Stevenson del California Institute of
Technology, sui modelli del Sistema Solare primordiale, ipotizza che Venere
avesse inizialmente almeno una luna creata da un gigantesco evento da
impatto. Uno scenario simile a quello terrestre. Questo satellite si sarebbe
inizialmente allontanato per via delle interazioni mareali, allo stesso modo
della Luna, ma un secondo gigantesco impatto avrebbe rallentato se non
invertito la rotazione di Venere, portando la luna venusiana a riavvicinarsi
per collidere col pianeta. Una spiegazione alternativa alla mancanza di
satelliti è costituita dai forti effetti mareali del Sole che potrebbero
destabilizzare grossi satelliti orbitanti attorno ai pianeti terrestri più interni.
Senza una luna, niente maree, quindi niente circolazione atmosferica ed
oceanica, niente stagioni, niente vita così come la conosciamo sulla Terra.
L’orbita di Venere è quasi circolare e le variazioni della sua elongazione
massima sono dovute più alla variazione della distanza tra Terra e Sole che
alla forma dell’orbita di Venere. Queste misurano sempre un angolo
compreso tra 45° e 47° dando al pianeta una visibilità più prolungata prima
del sorgere del Sole o dopo il tramonto. Quando l’elongazione è massima
Venere può restare visibile per diverse ore sulla Terra.
L’eclittica sull’orizzonte è il fattore più importante per la visibilità di Venere.
Nell’emisfero boreale l’inclinazione è massima dopo il tramonto nel periodo
dell’equinozio di primavera oppure prima dell’alba nel periodo dell’equinozio
d’autunno. Un dato essenziale registrato da tutte le civiltà. È importante
anche l’angolo formato dalla sua orbita e l’eclittica: Venere può avvicinarsi
alla Terra fino alla distanza di 40 milioni di Km e raggiungere un’inclinazione
di circa 8° sull’eclittica avendo un forte effetto sulla sua visibilità. La
rotazione di Venere è retrograda e molto lenta: lassù il Sole sorge ad Ovest
e tramonta ad Est. Un giorno dura circa 243 giorni terrestri. Alcune ipotesi
sostengono che la causa sia da ricercarsi nell’impatto con un grosso
asteroide. Per cui, a causa della rotazione retrograda il moto apparente del
Sole è opposto a quello terrestre. Poiché Venere impiega 225 giorni terresti
per compiere un’intera rivoluzione attorno al Sole, su questo mondo il giorno
è più lungo dell’anno.
Tra un’alba e l’altra trascorrono soltanto 117 giorni terrestri perché, mentre
il pianeta ruota su se stesso in senso retrogrado, esso si sposta anche lungo
la propria orbita, compiendo il moto di rivoluzione che procede in senso
opposto rispetto a quello di rotazione. Una colonia umana sulla superficie di
Venere si verrebbe a trovare nella stessa posizione rispetto al Sole solo una
volta ogni 117 giorni terrestri. Poiché il pianeta si trova vicino al Sole può
essere visto di solito soltanto per poche ore e nelle vicinanze del nostro
luminare. Durante il giorno la luminosità solare lo rende difficilmente visibile.
È molto brillante subito dopo il tramonto (Vespero) sull’orizzonte a Ovest
oppure poco prima dell’alba (Lucifero) verso Est. Venere appare, in effetti,
come una stella lucentissima di colore giallo-biancastro. Ma senza le
“pulsazioni” tipiche della luce degli astri, a causa della sua vicinanza alla
Terra, come tutti gli altri pianeti del Sistema Solare. Le orbite di Venere sono
interne rispetto a quelle della Terra, quindi lo vedremo muoversi
alternativamente a Est ed a Ovest del Sole. La sua distanza angolare con il
Sole (elongazione) può variare tra un valore massimo a Ovest e un valore
massimo a Est. Periodicamente Venere passa davanti o dietro al Sole
entrando quindi in congiunzione. Quando il passaggio avviene dietro, si ha
una congiunzione superiore, visibile sia all’alba sia al tramonto. Quando
avviene davanti, si ha una congiunzione inferiore e la faccia illuminata del
pianeta non è visibile da Terra né all’alba né al tramonto. Dopo il Sole e la
Luna, Venere è l’unico corpo celeste ad essere visibile a occhio nudo anche
di giorno, a condizione che la sua elongazione dal Sole non sia troppo piccola
e che il cielo sia abbastanza terso. La fantascienza deve ancora sbizzarrirsi
su Venere, più di quanto abbiano finora fatto i “contattisti” e gli scienziati del
rango di Carl Sagan che teorizzò la presenza su Venere di un oceano di
idrocarburi da far gola all’industria mineraria spaziale privata. Altri studiosi
ritenevano che il pianeta fosse ricoperto da paludi mentre altri ancora
ipotizzavano un mondo desertico. Gli scienziati russi delle missioni Venera,
per prevenire danni, sulla sonda Venera -4 lanciata nel 1967 installarono un
morsetto fatto di zucchero bianco raffinato che, a contatto con l’acqua o un
altro fluido dotato della giusta composizione e temperatura, si sarebbe
sciolto facendo scattare l’antenna che con questo stratagemma si sarebbe
salvata dall’affondamento della sonda. Ma su Venere la sonda Venera 4 non
trovò un oceano. Anzi, non raggiunse neppure la superficie. Smise di
trasmettere quando la pressione atmosferica superò le 15 atmosfere,
soltanto una frazione delle 93 atmosfere presenti sulla superficie del pianeta.
Si trattò di un risultato straordinario.
Per la prima volta una navicella costruita dall’uomo aveva comunicato dati
relativi all’analisi delle condizioni di un ambiente extraterrestre. I russi
studiarono una sonda più resistente. Il team di V.G. Perminov ipotizzò
dapprima che la navicella dovesse resistere a una pressione di 60 atmosfere,
quindi di 100 ed infine di 150 atmosfere. Per tre anni, il team di Perminov
testò le sonde in condizioni estreme e, per simulare l’atmosfera di Venere,
costruì la più grande pentola a pressione sulla Terra, in cui le sonde
venivano immerse finché non si schiacciavano o fondevano. Così il 15
dicembre 1970 la sonda Venera-7 trasmise il segnale tanto atteso. Fu il
primo oggetto costruito dall’uomo ad atterrare su un altro pianeta per poi
comunicare con la Terra. Nel 1975 i russi inviarono la sonda Venera-9
equipaggiata con un disco frenante per la discesa nell’atmosfera vesuviana e
di ammortizzatori per l’atterraggio. La navicella trasmise immagini in bianco
e nero della superficie di Venere, mentre le sonde Venera-13 e Venera-14
rimandarono le prime immagini a colori di quel mondo infernale. I transiti di
Venere hanno segnato anche la storia del giornalismo internazionale.
L’evento del 6 dicembre 1882, immortalato da migliaia di fotografi di tutto il
mondo, riempì le prime pagine dei principali quotidiani, continuando ad
affascinare studiosi ed astrofili. Se i transiti di Mercurio sul Sole sono appena
13 in ogni secolo, ancora più rari sono quelli di Venere. Durante l’evento del
5-6 giugno 2012 la separazione minima di Venere dal Sole sarà di soli 554
secondi d’arco (furono 627 nel 2004). E poiché il diametro apparente di
Venere è di appena un minuto d’arco, è possibile assistere al fenomeno
anche senza la strumentazione astronomica, con i soli opportuni filtri solari
pur sempre necessari per scattare foto tradizionali su pellicola o digitali. Al
binocolo ed al telescopio, Venere sembrerà avere 1/32 del diametro
apparente del Sole. Dopo il transito del 2117, il successivo sarà quello del
2125. Così, fino all’Anno Domini 4000, se contiamo tutti quelli trascorsi
dall’anno 2000 a.C., saranno in totale 81 i transiti di Venere sul Sole. Nel
XVIII Secolo il Sistema Solare era ancora il più grande mistero della Scienza
perché non se ne conoscevano le dimensioni. Un po’ come oggi per la
Materia e l’Energia oscure (cf. “Neutrino” di Frank Close). Si conoscevano i
pianeti principali ma non le loro distanze reciproche. L’osservazione di
Venere, secondo l’astronomo Edmund Halley, poteva fornire la chiave di
volta per risolvere questo enigma. Halley era convinto che dallo studio dei
transiti di Venere sul Sole, se opportunamente osservati da diverse regioni
sulla Terra, sarebbe stato possibile triangolare la distanza di Venere grazie ai
principi della parallasse. La proposta di Halley eccitò a tal punto gli scienziati
che furono organizzate spedizioni in tutto il mondo per osservare il doppio
transito di Venere degli anni 1760. Anche il grande esploratore James Cook
ebbe modo di assistere al fenomeno da Tahiti, allora un mondo “nuovo” per i
terrestri. Solo che nel 2012 non siamo riusciti ad emularne l’impresa per
osservare direttamente l’evento a bordo di una vera astronave. Neppure
dalla Luna! Quelle storiche spedizioni vengono giustamente definite il
“Programma Apollo del 18° Secolo”. Gli eventi negativi della Storia
(rivoluzioni, guerre, malattie e distruzioni) sommersero quelle lodevoli
iniziative scientifiche internazionali, eclissandole nella categoria delle cose
irrilevanti per i popoli della Terra. Molte di quelle osservazioni fallirono per
tutta una serie di motivi, non ultimi le pessime condizioni atmosferiche e le
ottiche primitive dei telescopi.
Solo l’invenzione della macchina fotografica, un secolo più tardi, avrebbe
impresso una forte accelerazione alle ricerche. Ma l’idea di Halley è rimasta
viva negli astronomi fino ai giorni nostri. I moderni telescopi solari, orbitali
come SDO e da terra come le “batterie” ottiche dell’Eso, sono in grado di
fare “miracoli” immortalando immagini dell’atmosfera di Venere, per
analizzarne la luce in grande dettaglio durante tutte le fasi del transito sulla
corona e sul disco solare. Lo spettacolo di Venere che “passeggia” sul Sole è
un evento più raro del ritorno della cometa di Halley ogni 76 anni. Si
conoscono solo sei transiti di Venere osservati scientificamente dall’occhio
umano (nulla esclude che la grande Ipazia abbia potuto fare altrettanto, ma
non abbiamo documenti e prove in proposito): gli eventi del 1639, 1761,
1769, 1874, 1882 e 2004. Sull’isola artica di Spitsbergen, nell’arcipelago
delle Svalbard in Norvegia, il fenomeno del 5-6 giugno 2012 ha attirato gli
scienziati di tutto il mondo, come il miele con le api. Non solo gli europei,
perché lassù il transito sarà interamente visibile. In Islanda,
sorprendentemente, sarà osservabile solo l’inizio e la fine dell’evento, con il
Sole al tramonto prima del “massimo” ed all’alba subito dopo! Gran parte del
Sud-America dovrà accontentarsi della diretta Internet, con il Sole al
tramonto all’inizio del transito. Idem dall’Africa occidentale, dal Portogallo e
dalla Spagna dove il Sole sorgerà quando tutto sarà già finito. Venere
impiegherà sei ore per attraversare interamente il disco solare ed appena 18
minuti per coprire (due volte, una per entrare e l’altra per uscire) con la sua
superficie il lembo termonucleare del nostro luminare! Sarà interessante
studiare come e quando i diversi osservatori sulla Terra cattureranno tutte le
fasi del “contatto” di Venere. I dati sono preziosissimi sia per studiare
l’atmosfera venusiana sia per affinare le tecniche di caccia dei pianeti alieni.
Si spiegano così le ragioni scientifiche delle missioni in programma. Gli
astronomi sono alla ricerca della prima Terra aliena su un altro sistema
solare. Sono indirettamente a caccia di ET e di altre civiltà, non di Ufo.
Quando Venere darà spettacolo, sarà possibile farlo meglio, riuscendo
nell’impresa forse prima dei nostri discendenti del XXII Secolo. Se gli
astronomi del 18° e del 19° Secolo osservarono i transiti di Mercurio e di
Venere per misurare la distanza tra la Terra e il Sole, oggi la sfida è quella di
calibrare, inventandoli di nuovo se necessario, tutta una serie di tecniche e
di strumenti per osservare direttamente i pianeti extrasolari dotati di
atmosfera aliena. È stato fatto nel 2004 e ne stiamo raccogliendo i frutti.
L’evento venusiano gioca infatti sempre un grande ruolo nella storia
dell’Astronomia e dell’Astrofisica. Nel 1761 e nel 1769 furono perfezionate le
tecniche che sfruttavano i principi della parallasse: ciò permise di iniziare a
conoscere il Sistema Solare. Solo con i transiti del 1874 e del 1882, furono
realizzare le prime foto astronomiche. Nel 2012 tutti coloro che per primi
riusciranno a perfezionare le tecniche di osservazione di Venere per l’analisi
delle atmosfere aliene degli esopianeti in transito sulle loro stelle, avranno la
possibilità di aggiornare la storia dell’Astronomia e della Cultura mondiale.
Tra tutti i pianeti di taglia terrestre che ci sono là fuori, è impossibile che
non ve ne siano milioni come la nostra Terra.
E come Venere. In effetti gli scienziati stimano che tra tutti i pianeti
candidati finora scoperti, moltissimi da confermare ufficialmente, almeno
l’80 percento, la stragrande maggioranza, potranno essere meglio analizzati
dopo il transito di Venere, per la scoperta definitiva che non mancherà di
riservare grosse sorprese. Il “Solar Dynamics Observatory” che dall’orbita
terrestre godrà della migliore visione di Venere, è il prototipo dei futuri
grandi telescopi spaziali che un giorno ci consentiranno di osservare
direttamente gli Alieni ovunque essi vivano. Dalla navicella Venus Express
(http://sci.esa.int/science-e/www/area/index.cfm?fareaid=64) in orbita
quasi polare su Venere, ben diverso sarà lo spettacolo offerto dall’azzurra
Terra in opposizione! L’orbiter europeo, che sta collezionando informazioni
importantissime sul pianeta, non vedrà il transito del mondo infernale, ma
fornirà ai ricercatori misure estremamente precise e interessanti per l’analisi
dell’atmosfera di Venere. I dati saranno poi accoppiati a quelli forniti dai
telescopi ottici e radio sulla Terra, per limare ulteriormente le tecniche di
caccia ai pianeti alieni.
© Nicola Facciolini
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