Il Concilio davanti a noi. Il Concilio Vaticano II a quarantacinque anni dal suo inizio (1962-2007)
LUIGI BETTAZZI
Il Concilio Vaticano II:
pentecoste del nostro tempo
1. Grazie della vostra presenza. Mi fa molto piacere che veniate per sentire parlare del Concilio.
È stato davvero un momento molto grande e in un libro che ho scritto ripeto una frase che
disse papa Giovanni: “pentecoste del nostro tempo”. Direi che proprio il suo sviluppo dimostra
che è una pentecoste, che è stato lo Spirito Santo… I concili - raccogliere tutti i vescovi assieme
- nella Chiesa sono avvenuti alcune volte. Anzitutto c’è stato il concilio di Gerusalemme, di cui
parlano gli Atti degli Apostoli e che è stato molto importante perché Gesù era ebreo, la
Madonna ebrea, gli apostoli ebrei, i primi discepoli ebrei… e sembrava che per essere cristiani
bisognasse prima essere ebrei. E proprio nella Legge il Signore aveva chiesto agli ebrei che
stessero molto attenti a non contaminarsi con gli altri: pensate che non potevano neanche
entrare nella casa di uno non-ebreo perché sulla porta magari avevano gli antenati o le loro
divinità - come dicevano i romani: i lari, i penati - ed allora, entrando, bisognava fare un atto di
venerazione e questo sembrava fosse quasi venerare gli idoli… Se voi leggete gli Atti degli
Apostoli, quando san Pietro andò nella casa del centurione Cornelio a Cesarea, al ritorno a
Gerusalemme lo sgridarono: “Sei entrato nella casa di un pagano!”. Ma quando dei non e.brei
hanno cominciato ad Antiochia a seguire Gesù Cristo, ci si è chiesti: “Ma allora devono
diventare prima ebrei o no?”. Lì è stato allora san Barnaba che ha detto: “Chi lo sa? Forse no…
Qui ci vuole uno che sia ebreo, ma capisca”. E andò da san Paolo, che si era ritirato a Tarso. E
san Paolo a Gerusalemme con gli altri apostoli dice perfino: “Io ho dovuto discutere con san
Pietro che non capiva niente” - ed era il primo papa: adesso l’avrebbero mandato al
Sant’Uffizio! -. Ma allora si discusse e alla fine san Pietro disse sì. Pensate che cosa importante:
perché forse si fa così anche noi con tutti quelli che vengono nuovi… Sembra che “noi da tanto
siamo cristiani”: noi sì e gli altri? Ma fu poi quando il cristianesimo cominciò ad uscire, dopo
Costantino, che iniziarono i problemi. Prima nelle persecuzioni stavano buoni buoni, ma
quando hanno cominciato ad uscire e hanno cominciato anche a discutere. E il grande
problema è diventato quello della Santissima Trinità: ma Dio è uno o sono tre? Che è un
problema anche adesso… perché voi sapete che gli amici musulmani dicono: “Voi non credete
in Allah, perché ne avete tre”. E un prete di Alessandria, che si chiamava Ario, disse: “Beh,
facciamo così per capire bene: il Padre è proprio Dio, il Verbo - fosse stato oggi avrebbe detto è un dio di serie B e lo Spirito Santo di serie C”. Non proprio così, ma quasi… E allora
sembrava a qualcuno che fosse una buona soluzione, anche tra i vescovi. Voi vi ricordate
quando a Milano era morto il vescovo e si radunarono a fare le votazioni in chiesa, perché
allora era la gente che nominava il vescovo - c’era un mio caro vescovo collega in Piemonte che
diceva: “Per fortuna che non è più la gente… Se no, noi non ci nominerebbero mica!” -. E
allora cominciarono a litigare: “Vogliamo un vescovo ariano!”, “No, no: ariano no!”.
Arrivavano alla botte, arrivò il questore che si chiamava Ambrogio e portò la pace. E un
bambino disse: “Facciamo vescovo Ambrogio” - che non era neanche battezzato! Hanno
deciso di fare vescovo Ambrogio: l’hanno battezzato, l’hanno fatto prete, l’hanno fatto
vescovo. Per dire che allora si discuteva… E Costantino disse: “Beh, insomma: qui piantamola!
Un bel concilio: tutti i vescovi e decidono loro!”. E i vescovi a Nicea fecero un concilio e
decisero: un solo Dio, una natura e tre persone. Era soltanto mons. Tonino Bello che, poeta
Trissino - chiesa di San Pietro apostolo, 26 ottobre 2007
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com’era, spiegava la Santissima Trinità dicendo: “Vedi, Luigi - che ero poi io -, se fossero uno
più uno più uno fa tre, ma sono uno per uno per uno, e fa uno. E noi siamo come Dio ci vuole
se siamo l’uno per l’altro, non l’uno per sé”. Comunque a Nicea hanno detto diverso: una
natura e tre persone. Poi Gesù Cristo: vero dio o vero uomo? “Vero Dio, uomo sembra…”.
“No: vero uomo. Dio? Beh, una benedizione…”. Concilio: Calcedonia. Una persona e due
nature. E chi non ci sta: “Fuori!”. “Anathema sit!” - dicevano -, scomunicato. I concili erano
fatti così: per precisare i dogmi, risolvevano le questioni; poi magari uno non ci stava - gli
ortodossi, i protestanti -… Ecco allora: un concilio dogmatico. L’ultimo era stato nel 1869-70,
quando hanno definito il primato e l’infallibilità del papa. Dopo dicevano: “Non c’è mica più
bisogno di un concilio. È infallibile… Dica lui!”. È diverso… Già Pio XI aveva pensato un po’,
poi Pio XII aveva già fatto fare degli studi, ma lì a Roma non avevano mica tanta voglia. Non è
neanche una cosa strana… perché anche nella vita civile i governi non amano i parlamenti.
Perché? Perché nei parlamenti ci sono le opposizioni, bisogna discutere, bisogna scendere a
compromessi. Basta guardare all’Italia… Ma in ogni paese il governo ha difficoltà con il
parlamento. E nella Chiesa il Vaticano è il governo e il concilio è il parlamento. Papa Giovanni
ha avuto l’intuizione… Io ci avrei un raccontino da fare, ma ho paura di perdere tempo. Nel
1951 dissi al mio vescovo, il cardinale di Bologna: “Andrei un mese a Parigi per imparare il
francese”. “Se vai a Parigi, va a salutare il nunzio che l’è un brav’uomo”. E io andai a salutare il
nunzio - che era un brav’uomo - che era Roncalli. Dicevano a Parigi: “Come diplomatico è
bravissimo: è capace di parlare per un’ora senza dir niente”. E difatti, quando andai, fu gentile,
mi invitò anche a pranzo e cominciò: “Ma lei ha degli hobby?”. “Mah, eccellenza… Ho appena
cominciato ad insegnare: è già molto se mi preparo bene”. “Io ho due hobby: il primo sono i
libri antichi. I miei colleghi lo sanno: se vogliono farmi un regalo mi regalano un libro antico.
Vede? - ne aveva lì una trentina - Questa è la prima edizione della Filotea di san Francesco di
Sales, questo Voltaire, questo Rousseau. L’altro: io mi interesso delle visite pastorali di san
Carlo Borromeo alla diocesi di Bergamo”. Ha pubblicato cinque volumi. Cosa faceva san Carlo
alla diocesi di Bergamo? Portava il concilio di Trento. E Roncalli si rendeva conto
dell’importanza di un concilio per il rinnovamento della Chiesa… Per una serie di circostanze
era stato in Bulgaria, in mezzo agli ortodossi. Noi dicevamo che andavano tutti all’inferno.
Quando arrivammo nel 1204 - hanno detto, io non c’ero -, che non riuscirono a fare una
crociata a Gerusalemme, andarono a Costantinopoli: li facemmo fuori tutti perché erano
ortodossi. Tanto è vero che quando Giovanni Paolo II è andato ad Atene ha dovuto chiedere
scusa: “Mi dispiace…”. Poi l’han mandato a Costantinopoli: musulmani. E poi l’han mandato
in Francia, dove non volevano mica mandarlo. Ma De Gaulle era appena arrivato, voleva
mandar via trentatre vescovi - anche il nunzio - perché si erano compromessi con Pétain e poi
voleva un nunzio entro la fine del mese di dicembre. Perché? Perché il nunzio è il primo del
corpo diplomatico. Se c’è lui, tocca a lui fare i discorsi; se non c’è, tocca il più anziano, che era il
russo. E De Gaulle non voleva gli auguri di capodanno dall’ambasciatore russo: “Dovete
mandare!”. La Santa Sede, con trentatre vescovi in bilico, aveva pensato di mandare il nunzio
dell’Argentina - che era uno di Ivrea, lo raccontava -: “Non mi sento di attraversare l’oceano”.
“Come facciamo?”, “Mandate Roncalli”. E papa Pio XII gli disse: “Non volevamo mica
mandar Lei, ma non sappiamo chi mandare”. E così vedete come il Signore ci gioca… E così lì
si fece conoscere, che era poi la prima nunziatura. Poi avrebbe dovuto andare a Roma per
presiedere una congregazione… Niente: “Lo mandiamo a Venezia!”. E poi dopo… Tutti
sapevano che il vero papa doveva essere Montini, ma l’avevano mandato a Milano senza farlo
cardinale. “E allora cosa facciamo?”, “Facciamo un papa anzianotto, che faccia cardinale
Montini, che poi muoia, così diventa papa Montini”. Un papa di transizione! Vedete il Signore
come ci gioca? Perché è stato cinque anni, neanche… ma che transizione ha fatto la Chiesa! La
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transizione è stato il Concilio: mica l’ha detto a nessuno, l’ha detto solo al cardinale Tardini che
era il segretario di stato (ma sotto segreto di confessione, così quello non poteva dire niente!) e
poi l’ha sparato il 25 gennaio a San Paolo e quando l’aveva detto, ormai l’aveva detto. Ed anche
lui, a dire la verità, sapeva che il Concilio era una gran cosa, ma non è mica che avesse l’idea di
cosa doveva portare… Avevamo fatto le commissioni preparatorie. Ero stato anch’io lì perchè
il papa aveva incontrato il cardinale Lercaro di Bologna e gli aveva detto: “Come va la
preparazione del concilio?”. “E come faccio a saperlo: non ho nessun prete di Bologna in una
commissione”, “Mi dia due nomi”. E allora gli diede il nome di un certo monsignor Catti per la
catechesi ed anch’io, che ero in seminario, sono stato nella commissione - le ultime sessioni. Ho
fatto tanti bei documenti. Ma fatti bene. Il papa dice: “Ah, guarda: hanno fatto settantadue
documenti”. Come il sinodo romano: ha chiamato tutti i preti, ha fatto votare, in tre giorni
l’hanno fatto. Ma però quando si sono radunati insieme tutti i vescovi hanno trovato che
bisognava cambiare tutto… È stato il primo concilio veramente ecumenico perché gli altri, i
primi, erano tutti con vescovi attorno a Costantinopoli, vescovi del Mediterraneo, anche se
quello di Roma mandava sempre due rappresentanti. Al concilio di Trento erano tutti vescovi
latini, i tedeschi non venivano. Anche al Vaticano I erano vescovi di tutto il mondo, ma tolti
quelli dell’America del Nord, gli altri erano tutti europei, missionari. Un vescovo dell’Africa?
Missionario! Un vescovo dell’Asia? Europeo missionario. Questo era veramente ecumenico nel
senso della sensibilità di tutto il mondo. Parlava l’arcivescovo di Bombay, il cardinal Gracias,
aveva un’infarinatura un po’ inglese ma… gli orientali sembrano che vedano Dio dappertutto,
sono un po’ panteisti: “Che cos’è ‘sta cosa? Senti!”. Parlavano gli orientali e ti parlavano dello
Spirito Santo. Lo Spirito Santo lavora dentro, noi europei - efficientisti, giuridici - vogliamo
vedere fuori. E stavamo a sentire. C’era un vescovo del Burundi - un mio amico, è morto l’anno
scorso - che diceva: “Con voi europei non si può parlare. L’altro giorno dicevo: ci sarebbe
questa idea... Concilio di Orange: 586! Ma c’è quest’altra idea... Concilio di Firenze: 1459! Avete
risolto tutto. Ma se tu pensi che il primo missionario cattolico che è arrivato nella mia tribù io
avevo quindici anni. Eravamo tutti dei buoni animisti. Cosa vuoi che pensiamo al passato? Noi
guardiamo al futuro”. Ecco: per questo erano dei bei documenti, ma non c’era bisogno del
Concilio. Il Concilio fa capire come il Signore nella Chiesa gioca… Ci vuole qualcuno che dica
l’ultima parola, ma l’ultima: vuol dire che ce ne sono tante altre - che è poi la funzione della
gerarchia a tutti i livelli, anche nella parrocchia: il parroco dice l’ultima parola, ma deve ascoltare
tutti; così il vescovo, così il papa. Il papa da solo non avrebbe mai trovato le cose che son
venute fuori. Questo è importante. Perché poi capita che sul piano dell’efficienza… Mi ricordo
di un mio prete - non andate mica a dirlo in giro, poi non dico il nome - quando gli dicevo:
“Perché non fai un po’ di consiglio pastorale?”, “Ah - dice - monsignore: so sbagliare da solo e
faccio più in fretta”. E non capire che il Signore semina così… Poi bisogna raccogliere, bisogna
decidere. Ma ecco: questa è l’importanza del Concilio. La seconda cosa. Papa Giovanni disse:
“Non deve essere un concilio dogmatico, ma un concilio pastorale”. E allora qualcuno diceva:
“Allora non è mica più un concilio!”. Noi ci raccontavamo anche delle barzellette. Si possono
raccontare? Sì, se sono per tutti! C’era un famoso cardinale, Ottaviani, che era poi al posto di
Ratzinger, lui però per fortuna non è diventato papa. Noi dicevamo che una mattina si era
svegliato tardi, aveva chiamato un taxi: “Portami in fretta al concilio!”. Entra nel taxi e si
addormenta di nuovo. Dopo mezz’ora si sveglia, era in aperta campagna. “Ma dove mi porti?”,
“Al concilio di Trento!”. Perché quello era il vero concilio… Ecco: concilio pastorale. Questo
guardate che è molto importante. In un libretto che ho scritto - uno dei due - ho citato un
pedagogista americano che si chiamava Dewey e lui diceva: “Se devo insegnare il latino ad un
ragazzino che si chiama John, è importante che io sappia bene il latino, ma è importante anche
che conosca bene John, per sapere come lui lo capirà, come lui potrà impararlo”. Papa
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Giovanni dice: “I dogmi sappiamo già quali sono, ma come li diciamo alla gente di oggi?”.
Perché la gente diceva: “Sono come quelli di ieri!”. Ma soprattutto in occidente siamo più
abituati a studiare più critici, il senso della responsabilità, il verificare con gli altri… Ma come
diciamo le verità di sempre alla gente di oggi?
2. Voi ormai sapete tutto del Concilio perché ve ne hanno già parlato l’altra volta. Ma sapete
che anche questi settantadue documenti sono diventati alla fine sedici e i sedici documenti sono
di tre categorie. Una categoria sono le dichiarazioni: vuol dire su punti particolari, per esempio
uno sulla libertà religiosa. Che cosa vuol dire libertà? Vuol dire che uno a Dio deve andare
liberamente, non si può andare per forza. È importante: adesso in certe religioni se uno si
converte lo fanno fuori - noi lo facevamo una volta… ma abbiamo smesso adesso! Nove sono
decreti. I decreti sono di carattere pratico: che cosa devono fare i preti, cosa devono fare i frati,
cosa devono fare i vescovi, cosa devono fare i missionari, cosa devono fare i seminaristi, cosa
devono fare le missioni… Importanti, ma di carattere pratico. Alcuni sono fatti che non c’erano
ancora le costituzioni, ma poi, essendo di carattere pratico, più facilmente sentono il logorio del
tempo. Tre più nove fa dodici, gli altri quattro sono costituzioni. E in tutti i concili ecumenici…
Ecco qui mi viene da invidiare un po’ i giovani che adesso non imparano più niente a memoria
perché basta che spingano dei bottoni e sanno tutto. A noi ce li facevano imparare a memoria.
Provo a dirveli? Nicoefca coconico lalalala liliviencos firlatreva. Venti concili ecumenici! Nicea,
Costantinopoli, Efeso, Calcedonia: Ni-co-ef-ca. Co-co-ni-co: Costantinopoli due, Nicea,
Costantinopoli. La-la-la-la: Lateranense primo, secondo, terzo, quarto. Li-li-vien-cos: Lione,
Lione, Vienne, Costanza. Fir-la-tre-va: Firenze, Lateranense quinto, Trento, Vaticano I. Che poi
era interessante. Per esempio voi prendete le lettere di san Paolo: è facile. Rococo Galeffi
Coltete Tititi Filè. Romani, Corinzi, Corinzi: Ro-co-co. Gal-ef-fi: Galati - Efesini - Filippesi.
Col-te-te: Colossesi, Tessalonicesi - Tessalonicesi. Ti-ti-ti: Tito, Timoteo. Fil-è: Filemone, Ebrei.
3. In tutti i concili ecumenici i documenti fondamentali sono state le costituzioni. Le
costituzioni sono quattro: Parola di Dio, liturgia, Chiesa in sé, Chiesa nel mondo. Adesso ve le
commenteranno, io non mi fermo mica. Vi dico alcune cose, se no perché sono venuto? È
bello pensare che ci aiutano a vivere la messa: la prima parte della messa Parola di Dio, poi la
liturgia, poi la comunione entro la Chiesa e la comunione con il mondo. Prima la Parola di Dio.
Io voglio dire come è stata e come è maturata dopo. Io delle volte dico che il Concilio è stato
come andare in montagna. Io ero un vescovo di montagna, ad Ivrea: ero uno dei tre vescovi
italiani che arrivano a 4000 metri. Quello di Aosta ne ha tanti di quattromila, quello di Novara
ha il Monte Rosa, io avevo metà del Paradiso - no del Paradiso, del Gran Paradiso! -. Se voi
andate in montagna, in un pezzo difficile non dovete mica distrarvi: dovete vedere dove mettete
i piedi… Qui metto il piede, poi prendo questo attacco qua, poi metto quel piede lì che sia
sicuro, poi l’attacco… Quando arrivate in cima guardate attorno e dite: “Ma che bello!”. Noi al
Concilio eravamo attenti - lo Spirito Santo ci ha un po’ giocati - dove mettevamo i piedi e le
mani per andar su, mica per star fermi. Ma dopo riguardando, si dice: “Ma guarda che bello!”.
Pensate alla Parola di Dio… Il primo documento era messo: le fonti della rivelazioni. Le fonti al
plurale vuol dire almeno due: la Parola di Dio e la Tradizione, che è poi il Magistero della
Chiesa. Ma siccome la Parola di Dio l’avevano presa i protestanti… guai! Ero in Puglia poco fa,
andavo su ad un santuario, m’accompagnava un professore che studiava a Bologna a
quell’epoca del Concilio - Bologna, col cardinale Lercaro, era un po’ avanzata. Mi diceva:
“Tornai a casa. Avevo comprato la bibbia. Quando mia mamma vide che avevo la bibbia andò
a dirlo subito al parroco. E il parroco arrivò e disse: non si legge la bibbia!”. Perché allora era
così. Si diceva che il mio vecchio professore a Roma, quando arrivava lì, apriva due cassetti: la
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Scrittura l’apriva appena appena, l’altro… La bibbia la leggono i preti e i vescovi - quelli bravi
come quelli di Vicenza! -. Poi la traducono nel catechismo e la gente impara il catechismo. Solo
che imparare il catechismo cosa vuol dire? Sapere. Uno può sapere bene, può imparare a
memoria. Anche un musulmano può imparare il catechismo, ma poi nella vita fa quel che gli
pare. E allora ecco la Parola di Dio perché è importante! Bisognerebbe rifarne un po’ tutta la
storia… Mi vengono delle battute. Mi viene da ricordare quella volta che uno è morto e ha
detto a san Pietro: “Vorrei vedere Adamo”. “Non si può, figurati!”. “È tutta la vita che sogno di
vedere Adamo”. “Beh: ti sei anche comportato bene, vado a chiedere il permesso”. Torna dopo
un po’: “È un permesso eccezionale, ma solo per tre minuti”. “Ah - dice - ho solo da fargli una
domanda”. E lo porta da Adamo: questo vecchione. E dice: “Adamo”. “Cosa c’è?”. “Parlano
tanto del tuo peccato: chi dice che è stato un peccato di gola, chi dice che è stato un peccato di
orgoglio, chi dice che è stato un peccato sessuale. Dimmi un po’: ma come è stato il tuo
peccato?”. “È stato originale”. Noi lo chiamiamo originale perché è alle origini. Io dico che è
anche originale perché ha le origini dentro. “Io sono così importante che faccio di testa di mia”.
“Ma guarda che Dio ha detto…”. “Dica quel che vuole, io faccio quel che mi pare”. “Ma
guarda che gli altri…”. “Poi se mi serve bene, altrimenti peggio per loro!”. È questa l’origine del
peccato. Perché fatti ad immagine e somiglianza di Dio, noi ci riempiamo di noi stessi. Questo
vale per i singoli, vale per i gruppi, vale anche per le nazioni. “Faccio quel che mi pare, quel che
mi serve…” - e gli altri? “Peggio per loro”. Ma invece il Signore che è amore, uno per uno per
uno… E allora ecco la rivelazione! Comincia con il popolo ebraico… Per dire Dio al di sopra di
tutto: non farti neanche l’immagine, se no sembra che tu l’abbia lì! E comincia ad amare il
prossimo, quello che è vicino. Tanto che dicevano: “Ama il prossimo e odia il nemico”. Ma
ama tutto il prossimo, anche quelli che non contano. Amare quelli che contano è facile, è amare
quelli che non contano… E per gli ebrei contavano solo gli uomini: le vedove erano alla mercè
di tutti, gli orfani non ne parliamo, gli stranieri se erano da soli finivano schiavi. Le vedove, gli
orfani, i pellegrini erano i poveri di allora. Adesso forse avrebbe detto i terzomondiali, gli
ammalati di AIDS e i senza lavoro. Ama il prossimo… E allora quando arriva Gesù Cristo dice:
“Perché Dio è veramente amore, ogni uomo è il tuo prossimo”. E allora ecco questo cammino.
È Dio che si rivolge all’umanità: prima al popolo ebraico, poi a tutta l’umanità, affida questo
discorso alla Chiesa. Perché? Ma per rivolgersi ad ognuno di noi. La fede non è sapere bene le
verità, la fede è dir di sì a Dio che ti sta pensando e ti sta chiamando. Personalmente. Avete mai
pensato quanti mondi ci sarebbero stati senza di noi? Bastava che non si conoscessero il papà e
la mamma, c’erano degli altri. Magari migliori? Diversi. Io raccontavo prima che mio papà di
Torino durante la guerra fu mandato a Bologna e conobbe mia mamma, che era di Bologna,
perché andava sempre al quartier generale con un gruppetto. Mio papà era a Treviso e dopo
Caporetto hanno detto: “Qui ci tocca arrivare al Po!”. Lo hanno trasferito a Bologna e allora ha
conosciuto mia mamma che era di Bologna. Di fatti la lingua è materna, c’è un po’ di emiliano
nel parlare perché la lingua è quella, è la mamma che insegna a parlare. Dico: “Sono figlio di
Caporetto. Se non c’era Caporetto…”. Mica che l’abbia fatto per me, ma per dire. Ma il
Signore, quando ha creato il mondo, dice: “Ma guarda: un mondo in cui ci sia anche lui, in cui
ci sia quello lì, quella lì, in cui ci sia ognuno di noi!”. Ci ha pensati da sempre, ci sta pensando in
questo momento e ci sta chiamando. Per aiutarci. Se voi andate in Inghilterra per parlare
bisogna che parliate l’inglese. Per ascoltare Dio, bisogna che impariamo la Parola di Dio. Così,
leggendo la Parola di Dio, sappiamo qual è il modo di parlare di Dio perché Dio parla ad
ognuno di noi. Ridare la Parola di Dio… Vedete come nella Chiesa si moltiplica, si cambia tre
anni la domenica per leggere bene Matteo, Marco, Luca, nei giorni feriali… Quelli che sono
giovani come me da tanto tempo si ricorderanno che prima, se uno arrivava tardi alla messa, si
diceva: “Basta che tu arrivi prima che il prete scopra il calice che la messa è buona”. La prima
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parte era fatta. Così anche i ritardatari prendevano messa. Poi tutto in latino, la gente non lo
sapeva, i poveri preti che borbottavano… qualche volta, mica a Vicenza, in Australia! “Sono
arrivato che il prete non aveva ancora…”: la messa era buona! Ma la seconda parte è buona
perchè c’è la prima. È lui che ce lo dice. Perché ci siamo messi in accoglienza della Parola,
dell’amore di Dio. Importante. Adesso poi vi parleranno di questa costituzione, ma il
fondamento è proprio la diversità del mettersi: la fede non è sapere delle cose, ma la fede è dire
di sì a Dio. Mica è sempre facile… Una delle pagine più consolanti del vangelo è che quando
Gesù arrivò a dodici anni - a dodici anni era per noi come la cresima: li portavano a
Gerusalemme e li davano il rotolo della Legge; se qualcuno va a Gerusalemme, davanti al Muro
del Pianto, trova sempre dei ragazzetti di dodici anni in cui gli danno il rotolo della legge del
Pentateuco. E portarono a Gesù, soltanto che lui sbalordì tutti i dottori. Poi tornarono indietro.
Il ragazzo doveva andare con il padre o con la madre. La Madonna dice: “È sempre in bottega
con Giuseppe, vedrai che è andato con Giuseppe”. E Giuseppe dice: “È tanto devoto della
Madonna, vedrai che è andato dalla Madonna”. E quando arrivarono a Ramallah - la chiesa di
Ramallah è dedicata alla Sacra Famiglia -: “Ma non era con te?”, “Ma credevo che fosse con
te!”. Tornano a Gerusalemme, lo trovano nel tempio. “Ma Gesù perché l’hai fatto?”, “Ma
mamma non sai che devo essere nelle cose del Padre mio?”. E loro non capirono. Ah, che
bello! Se una volta la Madonna e san Giuseppe non hanno capito, qualche volta possiamo non
capire anche noi. Ma l’importante è che continuiamo a cercare…
4. Ecco: la fede. È questa qui la grande rivoluzione che ha fatto il Concilio... perché poi si arriva
allora alla liturgia. Non è vero - voi che siete giovani da molto tempo - che una volta dicevano
che “si assisteva alla messa”? Si assiste. Voi andate a teatro. Loro fanno tutto, uno assiste. Se
voi aprite la televisione, voi assistete; se non vi va, cambiate - come dicono? zapping! - oppure
spegnete. Alla messa si andava. Tanto è vero che per fargliela al prete che pregava… “E io te la
faccio! Prego anch’io. E dico il rosario!”. Era per pregare. E invece capire che non è la
preghiera del prete… Il prete faceva l’ostia consacrata perché poi si pregava davanti, si faceva
l’adorazione. Era come una premessa la messa. Tanto è vero che dalle suore si andava ogni
quindici anni per cambiare l’ostia, così Gesù era un po’ più fresco e loro potevano pregare
davanti all’ostia consacrata. No, no: è la nostra preghiera. Io dico di più: è la preghiera di Gesù
Cristo. Se la preghiera è andare a Dio e Dio viene a te, Gesù Cristo è l’umanità di Dio, di Dio
che si prende l’umanità. Come è morto Gesù Cristo? Perché con la morte noi entriamo
nell’eternità. Nell’eternità siamo come eravamo, come atteggiamento interno, al momento della
morte. È morto dicendo: “Padre, nelle tue mani offro la mia vita… Padre, perdona loro”. La
pienezza dell’amore al Padre è la pienezza all’amore agli altri, all’umanità. Per sempre è così. E
allora nella messa viene lì come è nel suo atteggiamento eterno. Noi assistiamo? No! Noi
partecipiamo, perché noi ci uniamo a lui. Conoscere qual era l’atteggiamento di Gesù, i suoi
pensieri, i suoi impegni per poterci unire a lui. Così come si diceva a catechismo: se tu metti
uno zero, lo zero vale zero; ma se ci metti un uno davanti, fa dieci, cento, mille, un milione, un
miliardo. Portiamo i nostri zeri e lui ci mette l’uno. E allora portiamo le nostre preoccupazioni,
le nostre pene, le nostre sofferenze, soprattutto il nostro impegno ad essere come lui ci vuole. E
siccome il nostro spirito non ce la fa, ci dà il suo Spirito. Quando san Giovanni - a me piace
leggere il vangelo di Giovanni, che lo scrive per ultimo, e allora mette i puntini sulle i in tante
cose -… Per esempio gli altri dicono: i primi sono stati Andrea e Pietro - i vostri due santi perché Pietro era il papa. San Giovanni dice: i primi due sono stati due discepoli di Giovanni
Battista, Andrea e un altro. Il giorno dopo hanno chiamato i loro fratelli: Andrea ha chiamato
Pietro, l’altro il fratello Giacomo, fratello di Giovanni. Quando Maddalena dice “Non c’è più il
corpo del Signore!”, corrono tutti e due e chi arriva per primo? Giovanni! Non entra: “Quello è
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il papa, poi lo dicono in Vaticano…”. Ma guarda già dentro, vede le bende piegate. Sapete
come diciamo noi lì a Torino? Non è che vede le bende piegate, c’era la sindone con dentro il
corpo del Signore, piegata sul corpo. Quando Gesù è risorto ha lasciato la sindone vuota,
piegata. Vede la benda piegata, vuota: allora è proprio risorto! Ma questo vale per noi di Torino!
E dopo entra san Pietro ed entra anche Giovanni. Per dire poi che Gesù muore Giovann dice:
“Inclinato il capo, - normalmente si traduce - spirò”. Ma se noi guardiamo l’ultima traduzione
del greco, che è del 1999 della CEI: “Inclinato il capo, trasmise lo spirito”. Che vuol dire: ha
tirato l’ultimo respiro, ma ha cominciato a donare lo Spirito Santo. Tanto è vero che quando gli
aprono il costato escono sangue ed acqua. “Chi vide, lo attesta, lo dice perché anche voi
crediate…”. Un po’ di sangue e di acqua? I Padri dicono: “Come dal costato aperto di Adamo
dormiente è uscita la sposa Eva, così dal costato di Gesù dormiente sulla croce esce la sposa - la
Chiesa -. Acqua e sangue - battesimo ed eucaristia”. Qui, dato che ho parlato di Adamo, dovrei
dire qualcosa di Eva, ma è un po’ maschilista… Dicono che quando Eva seppe come era nata
lei da una costola di Adamo, tutte le volte che Adamo tornava a casa tardi la sera, andava a
contargli le costole a vedere se c’era un’altra donna! Allora Gesù è lì presente come era nel
momento della morte, dell’offerta al Padre, nel momento in cui effonde lo Spirito Santo.
Andiamo mica a messa alla domenica per cavarci un dente così per una settimana stiamo
tranquilli, andiamo a caricarci dello Spirito Santo che Gesù Cristo ci da per vivere bene tutto il
resto della settimana. Io l’ho detto una volta e mi hanno criticato, poi l’ha detto anche il papa e
quindi sono a posto. Dice: “Missa est”. Non vuol dire: “La messa è finita. C’è stato un po’ di
scompiglio… Andate pure in pace: è finita!”. È finito questo momento, ma… missa est: è la
missione! Siete venuti a caricarvi della grazia dello Spirito Santo che vi da la possibilità di offrire
al Padre tutta la vostra vita e vi da la possibilità di amare gli altri. “Andate!”: è la missione. È
cambiato il concetto della messa: da una cosa che si fa per acquistare delle grazie a qualche cosa
che deve trasformare ogni volta la nostra vita…
5. E così arriviamo alle altre due costituzioni. Qui sarebbe da parlare della Chiesa in sé e
stavolta provo a dire prima della Chiesa nel mondo. Perché quando io arrivai al Concilio,
all’inizio della seconda sessione, la prima non c’ero - i vostri quadri sono tutti, credo, della
prima, potete dire quello che volete: io non c’ero, ma dalla seconda… -. Quando arrivai
nell’autunno del 1963, trovai che i vescovi stavano brontolando - no: stavano riflettendo -. C’è
un concilio aperto e il papa fa un’enciclica così importante senza dirci niente. Giovanni XXIII
aveva fatto la Pacem in terris. E la Pacem in terris perché è una grande novità? Perché i papi le
encicliche le hanno sempre scritte su cose religiose per i cristiani: cardinali, arcivescovi, vescovi,
preti, frati, suore, cristiani… Questa volta c’è tutta la storia della crisi di Cuba per cui stavano
per far la guerra l’America e la Russia: non potevano più tirarsi indietro, ma non volevano farla.
Kennedy provò col papa, il papa provò con Krusciov e nell’autunno del 1962 fece un famoso
appello: “Politici del mondo, fermatevi! Il mondo non vuol la guerra, vuol la pace!”. E fu facile
per Kennedy dire: “Per la Russia mai, ma per il papa mi fermo”. E anche Krusciov disse: “Per
l’America mai, il papa non mi interessa tanto, per questa volta mi fermo”. Lo dissero meglio,
ma in pratica fu così. E fu così colpito papa Giovanni di essere strumento di pace che pensò
questa enciclica. Fra l’altro i papi si servono sempre di qualcuno, per forza. Pio XII si serviva di
un gesuita della Gregoriana: bravissimo! Noi studenti s’andava a sentire. Uno era padre
Cappello - vostro qui -, che faceva le lezioni, adesso lo fan beato… Senza mai leggere niente si
andava a sentire un po’ così. Andammo una volta a sentire questo gesuita che faceva i discorsi
per papa Pio XII. E poi ricordo per Natale facemmo il bollettino degli studenti e ad ogni
professore cercammo il titolo di un film. Sapete qual era il titolo del film per quello che
preparava i documenti per Pio XII? Era “L’ora che uccide”. Perché era bravissimo, ma… questi
Trissino - chiesa di San Pietro apostolo, 26 ottobre 2007
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Il Concilio davanti a noi. Il Concilio Vaticano II a quarantacinque anni dal suo inizio (1962-2007)
teologi, poi i tedeschi. Ma papa Giovanni che a Venezia aveva conosciuto Pavan, che era di
Treviso, lo chiamò a Roma e allora forse gli è servito per fare questa cosa… Fatto sta che
nell’enciclica Pacem in terris per la prima volta un papa parlava di una cosa che vale per tutti gli
uomini e si rivolgeva non solo ai cristiani, ma a tutti gli uomini di buona volontà. La Chiesa non
è fatta solo per sé, ma è fatta per aiutare tutti: “Sei musulmano? Sei buddista? Ti dico qualcosa
per aiutarti ad essere migliore, ad essere come il Signore ci vuole”. Anche perché… Se ne
racconto troppe poi il parroco mi manda via. Raccontavano che era morto un rabbino ebreo. E
nell’aldilà san Pietro gli dice: “Vieni in paradiso”. “Ma scusa: sono ebreo”. “Abbiamo fatto il
Concilio: prendiamo tutti”. “Davvero?”. “Sì, sì. Guarda, vieni: quelli lì sono tutti protestanti”.
“Beh: son sempre dei vostri”. E arriva ad un certo punto e ci sono tanti gialli. “Ma chi sono?”.
“Son tutti buddisti”. “In paradiso anche loro?”. Vanno avanti. Ci son tanti neri. “Quelli son
quasi tutti animasti”. “In paradiso anche loro?”. E arrivano accanto ad un gran muro. “Parla
piano”, dice san Pietro. “Perché?”. “Di là ci sono i cattolici e credono di essere soli!”. Era così
una volta. Tanto è vero che i bambini morti senza battesimo dicevamo: “In paradiso non ci
vanno”. E allora proprio all’inferno? Avevamo pensato al limbo. Il limbo era un posto dove
c’erano tutte le felicità naturali: mangiavano il gelato, andavano al cinema, guardavano la
televisione, ma senza la visione di Dio. Era così il limbo. Il 17 gennaio di quest’anno papa
Benedetto ha firmato uno studio dei grandi teologi per dire: “No, nella bibbia non c’è”. E
allora? E allora vanno in paradiso. Certamente quando arrivano all’uso della ragione dovranno
scegliere… Dobbiamo scegliere: sì o no. E allora purtroppo la spinta originale è di chiuderci in
noi stessi, ma per questo c’è tutta la rivelazione. Ma allora non dobbiamo guardare al mondo e
dire: “Solo noi e gli altri tutti fuori!”. Nella teologia anche il buon sant’Agostino diceva: “Tutto
il resto è massa dannata!”. Allora lo dicevano per far capire l’importanza del battesimo. E allora
guardare con simpatia quello che c’è di buono o quello che ci può e ci deve essere di buono nel
mondo: è la costituzione chiamata Gaudium et spes. Perché allora c’erano già alcuni documenti,
dopo una grande enciclica di papa Giovanni abbiamo detto: “Ma noi che figura ci facciamo?”.
Li abbiamo messi assieme per fare la costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo che
comincia gaudium et spes: le gioie e le speranze degli uomini sono le gioie e le speranze della
Chiesa, i lutti e le angosce degli uomini sono i lutti e le angosce della Chiesa perché non è la
Chiesa di qua e il mondo di là. La Chiesa è l’umanità in quanto cerca di aprirsi a Dio. E
dobbiamo essere grati al cardinale Ballestrero, allora era generale dei carmelitani… Perché
cominciava con i lutti e le angosce, perchè noi cominciamo sempre lì. Avrei dovuto dire: la
famosa costituzione Luctus et angor. E dice: “No, mettiamo prima le gioie e le speranze”. “Ah,
sì!”. E Tonino Bello diceva: “Finalmente una volta la Chiesa dice: le gioie e le speranze degli
uomini, delle donne, dei papà, delle mamme, dei figli, dei poveracci, degli emarginati, dei
sofferenti sono le gioie e le speranze della Chiesa”. La Chiesa che si sente non isolata, ma è un
fermento, un lievito dentro all’umanità. Non è svuotare la Chiesa… “ma allora cosa mandiamo
a fare i missionari?”. No, anzi: proprio perché tu sai, perché il Signore ti ha detto, perché il
Signore ti è vicino, devi andare a testimoniare la gioia di esserlo. Io avevo un diacono che mi
accompagnava: da giovane avrebbe voluto fare il prete, ma era figlio di una famiglia povera e ha
dovuto ad andare a lavorare in una ditta che avevamo noi e che faceva macchine da scrivere non dico il nome! -. Allora aveva lavorato, era sposato, con figli. Ma quando è andato in
pensione ha cominciato a studiare ed è diventato diacono. Per lui essere diacono era una grande
gioia… E una volta una signora fuori della chiesa gli ha detto: “Ma lei è prete?”, “Nooo”. “Lo
dicevo: era troppo allegro”. Ecco: dovremmo sentire la responsabilità della gioia il Signore ci da
per portarla nel mondo. Questa è quarta costituzione: l’umanità, la famiglia - ogni famiglia -, la
cultura - ogni cultura -, l’economia, la pace… Ricordo che quando si discusse un gruppetto di
vescovi disse: “Ma allora dove va a finire la Chiesa? Questa è una cosa naturalista, troppo
Trissino - chiesa di San Pietro apostolo, 26 ottobre 2007
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Il Concilio davanti a noi. Il Concilio Vaticano II a quarantacinque anni dal suo inizio (1962-2007)
ottimista…”. Non l’abbiamo mica cambiata, abbiamo solo messo alla fine di ogni capitolo il
motivo di fede. Per esempio tutta la prima parte dice valorizzare l’umanità, vivere bene la nostra
umanità dove siamo, fare le cose per bene: ognuno, ma tanto più tu cristiano che sai che Dio si
è fatto uomo… Pensa che stima aveva dell’umanità! Ogni famiglia deve essere trasmissione
d’amore, tanto più tu cristiano che sai… L’economia non deve essere che chi ha di più, cerca di
avere sempre di più e chi ha di meno, peggio per lui - come è oggi. Tu cristiano sai che cosa
Gesù Cristo ti ha insegnato e che cosa Gesù Cristo ti ha mostrato con il suo esempio. Allora
devi impegnarti e cominciare tu nella vita di tutti i giorni a non mettere i soldi al di sopra di
tutto, a non pensare soltanto a te. Essere cristiani non vuol dire isolarsi, ma vuol dire stare al di
dentro. E la pace? Perché i papi parlano di pace? Gesù Cristo è venuto a portare la pace sulla
terra, è venuto proprio perché la spinta originaria è quella della violenza, del dominio sugli altri.
E allora il cristiano deve essere operatore di pace. Non è una cosa - come dicono adesso? un’optional: “Lo fo, lo faccio se ne ho voglia”. No, no: è venuto per portare la pace in terra e tu
sei cristiano se cerchi il modo di portare la pace in terra. Questa è la quarta costituzione.
6. Allora è: missa est! È la missione. Ma allora quell’altra, quella della Chiesa? Noi che siamo
giovani da tanto tempo ci ricordiamo l’inno al papa: “Al tuo cenno, alla tua voce un esercito
all’altar”. Ma perché venivamo dal Risorgimento, lì c’era un po’ di lotta… Ma deve essere
piuttosto come una famiglia la Chiesa. Ora la Chiesa sembrava un po’ una stazione di servizio:
chi va con la macchina si ferma, dice “Mi da trenta euro di benzina? Mi guarda l’olio? C’è
bisogno del filtro? Bene: il filtro. Mi metta un po’ d’acqua. Mi pulisca i vetri…”. Fatto. “Mi fa
un battesimo?”, “Mi fa una cresima?”, “Mi fa una prima comunione?”, “Mi fa un matrimonio?”.
L’unica cosa che non si chiede è la preparazione del funerale. “Ma per celebrare il matrimonio
deve fare sei incontri”. “Ma mi sposo io?”. “O sei incontri o niente”. San Francesco avrebbe
detto: “Tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto”. “Facciamo anche i sei
incontri”. Mica che sia così in Veneto, ma in Patagonia qualche volta è così. Cioè: la Chiesa
sono i preti e la gente va a chiedere la grazia dei sacramenti. Ma la Chiesa siamo tutti noi. Gesù
Cristo è venuto profeta, sacerdote e pastore. Profeta: a dire e a far vedere come Dio vuole che
si viva la vita. E ogni cristiano è chiamato ad essere profeta. Chi è il profeta del matrimonio?
Mica i preti, almeno per ora; sono gli sposi che devono far vedere come si vive la vita cristiana
nel matrimonio. Chi è il profeta del lavoro? Sono quelli che lavorano dentro che devono farlo
vedere… Certamente se il cristiano si adegua e dice: “Fan tutti così…”. Eh, no: sei cristiano! Io
vengo stamattina dall’Austria, ero a Linz: hanno fatto beato Franz Jägerstatter. È un contadino
il quale ha detto: “In coscienza non posso fare la guerra di Hitler”. Allora tutti han cominciato a
parlargli, il vescovo dice: “Ma fan tutti così, perché devi essere solo tu?”, “In coscienza non mi
sento”. E gli han tagliato la testa. Tre anni fa, fatti i sessant’anni, andai ancora al suo paesino e
stamattina un cardinale mandato dal papa nella cattedrale di Linz: c’erano trenta vescovi, sono
andato anch’io così almeno c’era anche un vescovo italiano. Il momento più commovente
quando la moglie - 93 anni - all’offertorio ha portato una reliquia di Franz: prima di darla al
cardinale l’ha baciata… Ecco quello è uno che dice: “Io come cristiano, non mi sento”. “Ma
guarda che ti ammazzano!”. I martiri sono stati dei testimoni così. A noi non ci chiedono
questo in genere - a qualcuno, in certi paesi -, ma ci viene richiesto di essere coerenti anche se
questo qualche volta ci costa qualche rinuncia, qualche sacrificio. Ecco: questo è il cristianesimo
vissuto, la quarta costituzione. E allora dentro la Chiesa ognuno è profeta, ognuno è sacerdote.
Anche le donne: di solito sono di più degli uomini perché se “sacerdote” vuol dire un uomo
che vive in grazia di Dio nelle situazioni del suo stato, qualche volta sono più le donne degli
uomini… E pastori, re: vuol dire “portatori di unità”. Una volta noi eravamo abituati ai re…
Dovrei raccontare una storiella. Una volta - vi ricordate voi che siete già da un po’ di tempo
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Il Concilio davanti a noi. Il Concilio Vaticano II a quarantacinque anni dal suo inizio (1962-2007)
giovani? - c’era la segreteria telefonica: per due scatti vi danno tutte le risposte che volevate. Poi
avranno smesso perché c’erano degli stupidotti come noi: eravamo a tavola, c’è la macedonia di
frutta… “Perché si chiama macedonia?”. “Lo chiediamo alla segreteria telefonica”. Driiin…
“Signorina, perché la macedonia di frutta si chiama macedonia?”, “Mi dia il suo numero di
telefono”. Ci mise venti minuti - poveretta! -. Dopo venti minuti chiama: driiin… “È lei quello
della macedonia?”. “Sì”. “Sembra che l’antico impero macedone, quello di Filippo, raccogliesse
in unità tanti popoli diversi. E allora mettere insieme tante cose diverse è fare una macedonia”.
“Signorina, metta il doppio degli scatti che se li merita”. Per dire: il re è quello che fa unità di
popoli diversi. In questo senso lo è Gesù Cristo: mica perché comanda, anzi l’ha fatto
morendo! E noi siam chiamati ad essere portatori di pace e di unità in tutte le situazioni. Ecco:
essere cristiani è vivere la grazia del Signore e dobbiamo essere sacramento, un segno sensibile,
che la gente veda che il cristiano cerca di vivere, di immergersi in Gesù Cristo. Ma qual è la
grande testimonianza? In un mondo di divisioni e di frammentarietà la grande testimonianza è
la comunione. Tonino Bello - l’ho citato - diceva: “la convivialità delle differenze”. Se uno è
diverso noi lo facciamo fuori o cerchiamo di dominarlo: le differenze in genere alimentano le
tensioni e le guerre. Questo mi è venuto in mente una volta sul ghiacciaio del monte Rosa. Se
qualcuno va in montagna sa che sui ghiacciai non si parla, bisogna tenere il fiato… Siccome ho
scritto un libro “Farsi uomo” su come avevo visto la Chiesa nel Concilio farsi uomo, partire dal
pastorale e non dai dogmi… E allora là mi è venuto in mente: noi quando diciamo farsi uomo,
è l’uomo adulto e maschio. Ma la metà del mondo non è maschia, è donna - anzi un po’ di più
per cavalleria. E la differenza uomo e donna non è fatta mica per combatterci - qualche volta
capita, ma in Australia! -, ma è fatta per star bene insieme. E quando un uomo e una donna
stanno molto bene e molto insieme fanno un’altra differenza - che è il bambino. Purtroppo
qualche volta non capita, ma di solito i bambini per la natura sono fatti per volergli bene. La
natura fa vedere che le differenze sono per la convivialità, ma siccome la spinta originale… e
allora la Chiesa deve dare il grande insegnamento e il grande esempio di convivialità, del
lavorare insieme, dello stare insieme anche se si è diversi. Questo lo si fa, per esempio, nei
movimenti, ma qualche volta i movimenti stanno bene insieme tra di loro, ma quelli che non
sono loro niente - no: mica qui, in Patagonia capita! -. E forse per questo la parrocchia è
importante: perché i movimenti si scelgono, nella parrocchia ci si trova. Poi magari può
capitare, come mi diceva uno della cattedrale quando abbiamo cominciato a dar la pace:
“Quando entro in chiesa la messa della domenica guardo chi c’è. Perché se da quella parte c’è
quel tipo che è antipatico… vado di là, se no mi tocca dargli la pace!”. E invece sarebbe proprio
per alimentare questa capacità di stare insieme, di collaborare, anche se si è diversi. Voi capite
allora come la Chiesa dobbiamo sentirla come una cosa nostra, in cui ciascuno è responsabile.
Ecco le quattro costituzioni: adesso le approfondirete… Ma già in partenza hanno il senso del
partire dalla vita. La rivelazione è anche il sapere le cose così come sono, ma il Signore che si è
fatto uomo affinché noi partissimo dalla vita per andare a lui. Per finire mi verrebbe da dire: ma
ognuno di noi? Quand’ero giovane - perché sono stato giovane anch’io, ma tanto tempo fa,
nell’altro millennio ancora: allora ero prete a Bologna - era venuto a lavorare all’università un
movimento partito in America, partito dai protestanti, si chiamava “Riarmo morale”. E c’erano
tre fratelli con le chitarre ed era una cosa insolita nel 1954-55. “E allora va a vedere - dice
l’arcivescovo - in Svizzera”. Andai due estati, quindici giorni. Facevano tutto attraverso delle
canzoni. E qualcuna delle canzoni sono venute anche in Italia. Una per esempio, proprio
perché bisognava partire dalla vita della gente semplice, era “Viva la gente”: il postino, la
guardia comunal… L’altra, contro il razzismo, era “Di che colore è la pelle di Dio?”. Era
bianca, era nera, era rossa… L’altra, credo non sia stata tradotta, diceva: quando tu cerchi le
cause, le responsabilità, le colpe, tu punti il dito contro un altro; ricordati che quando tu punti il
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Il Concilio davanti a noi. Il Concilio Vaticano II a quarantacinque anni dal suo inizio (1962-2007)
dito contro un altro, tre dita sono puntate contro di te. In Africa una buona donna diceva:
“Già… E uno è puntato verso l’alto, verso Dio, verso la coscienza”. E il Concilio? La Parola di
Dio: cerco di amarla, di conoscerla, di sentire che Dio lì mi viene a parlare? La liturgia: la faccio
soltanto così per dire “Sì, ecco, l’ho fatto” oppure sento che vado a immergermi in Gesù Cristo,
a ricevere la forza dello Spirito Santo? E l’umanità: cerco di pensare alle cose buone che ci sono
anche al di fuori del mio mondo, incoraggiarle, collaborare, impegnarmi per la solidarietà, per la
fraternità, per la pace? E la Chiesa: la mia parrocchia, la mia diocesi… cerco di viverla nello
spirito di comunione, nello spirito di impegno? Studierete le singole costituzioni e vedrete
quante cose belle sentirete. Ma mi piacerebbe che tutte le volte che noi ci facciamo qualche
domanda, anche sul Concilio, o ci viene da auspicare: “Ma dovrebbe essere meglio… Si doveva
fare… Ma si potrebbe fare… Ma han fatto male…”, che tutte le volte che noi puntiamo il dito
contro un altro, ci ricordiamo che tre dita sono puntate contro di noi.
trascrizione dalla registrazione
testo non rivisto dall'autore
Trissino - chiesa di San Pietro apostolo, 26 ottobre 2007
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