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Prof. Vittorio Pesce Delfino
Medico Chirurgo Specialista in Anatomia e Istologia Patologica
Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri Provincia di Bari n. 2977
Docente Ordinario di Antropologia Università degli Studi di Bari
Studio di fattibilità per la lotta alla Xylella Fastidiosa, batterio responsabile del “complesso del disseccamento rapido
dell’olivo – CoDiRo -” con conseguente perdita della pianta.
Considerazione generale: si assume che, al di là delle molte polemiche comparse in questo periodo sugli organi di stampa,
l’agente patogeno della malattia sia effettivamente il batterio fitopatogeno “Xylella Fstidiosa” caratterizzato da elevata
variabilità genetica e fenotipica che occupa i tessuti interni legnosi xilematici determinando ostruzione e riuscendo anche a
raggiungere le radici della pianta. Ha crescita molto lenta ed è stata riscontrata in oltre 150 specie vegetali con diversa
suscettibilità alla malattia.
Per quanto riguarda la modalità di trasmissione è noto che non si diffonde tramite schizzi di acqua (pioggia e/o irrigazione),
tramite spore, attraverso il vento, per contatto o attraverso ferite. Per la diffusione è indispensabile un insetto vettore. Gli
insetti vettori acquisiscono il batterio nutrendosi dei vasi xilematici delle piante infette e lo trasmettono a quelle sane. Il
batterio può essere presente in uno stato latente in molti ospiti asintomatici che costituiscono però una riserva per
l’assunzione da parte degli insetti vettori.
E’ noto dalla storia naturale di molte malattie causate da batteri, anche in ambito umano, che il meccanismo vincente per
contrastarle non è rappresentato da interventi orientati alla terapia dei soggetti malati o alla diretta eradicazione del
batterio stesso ( che frequentemente è caratterizzato da grande variabilità genetica) ma ad analogo intervento nei
confronti degli insetti vettori che ne permettano la riproduzione e la diffusione.
Caso classico è la malaria; la sua storia naturale ha registrato numerosi tentativi di terapia dei soggetti malati molto spesso
con risultati tossici estremamente lesivi, fino alla scoperta del chinino. Ma la malattia è stata definitivamente sconfitta solo
quando con molto radicali interventi ambientali (bonifiche di aree paludose) si è distrutta la nicchia ecologica favorevole
alla zanzara (anofele), vettore appunto della malattia.
Si potrebbero fare moltissimi altri esempi che confermerebbero l’affermazione precedente.
Nel caso specifico della citata malattia degli ulivi da Xylella Fastidiosa l’insetto vettore è il “Philaenus”, detto volgarmente
“sputacchina”.
In realtà è l’insetto adulto responsabile della diffusione della malattia e quindi contro di esso va approntato l’intervento
diretto mentre sono certamente utili anche gli interventi, attualmente previsti, di profonda aratura del terreno degli
appezzamenti con piante infestate, che hanno lo scopo di opporsi alla presenza e lo sviluppo delle larve di Philaenus,
direttamente non pericolose ma evidentemente capaci di produrre nel tempo nuove generazioni di insetti adulti.
Nella nostra struttura di ricerca ho avuto modo di mettere a punto (assieme ai miei collaboratori) un potente strumento
tecnologico (microscopio) che permette la visualizzazione in tre dimensioni ed a forti ingrandimenti molto dettagliati di
oggetti molto piccoli, quali appunto il Philaenus, e ho potuto constatare come tale insetto possegga otto zampe, due ali e
numerosissimi peli su tutto il corpo; la visualizzazione delle tante estroflessioni, pieghe e pelurie, che aumenta
enormemente la superficie esposta dell’insetto, mi ha suggerito una possibilità di intervento per la sua eradicazione.
Definisco tale fase ideativa una “pre-ipotesi” e descrivo la sua genesi come segue:
le caratteristiche morfologiche sopra indicate sono state individuate seguendo la prima delle quattro indicazioni che
Aristotele suggerisce per la conoscenza del mondo fisico; in particolare si tratta del “Katà Eidos” (“secondo quello che
vedo” che anche in termini modernissimi origina il termine “eidomatica” – tecniche di trattamento delle immagini con il
computer- e più in generale si tratta della “morfologia”).
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Via Bitritto, 111 - 70124 BARI
Tel.. Fax 080/5061479
C.F. PSCVTR41D05A662E
Prof. Vittorio Pesce Delfino
Medico Chirurgo Specialista in Anatomia e Istologia Patologica
Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri Provincia di Bari n. 2977
Docente Ordinario di Antropologia Università degli Studi di Bari
Questo iniziale processo della fase ideativa si è concluso con il quarto precetto aristotelico “Katà Analoghian” (secondo
l’analogia); appunto quella richiamata con altre malattie batteriche che richiedono l’intervento di insetti vettori. Ma
Aristotele avverte che l’analogia, molto veloce e frequentemente utile, può altrettanto facilmente ingenerare errori logici.
Dopo Aristotele i ricercatori sono obbligati a passare da una “pre-ipotesi” a una vera “ipotesi galileana” (buona ipotesi); a
questo scopo bisogna operare come segue:
-
Controllare che non esistano conoscenze verificate che si oppongano alla nuova ipotesi
Formulare la ipotesi in modo che indichi subito il cosiddetto “experimentum crucis” cioè l’esperimento cruciale
che una volta eseguito provi ovvero neghi la validità della ipotesi formulata.
Nel caso particolare la “pre-ipotesi” che si sta enunciando e che dovrà essere sviluppata e articolata, con la necessaria
convergenza (da costruire) delle adatte competenze specialistiche, prevede che:
-
L’insetto Philaenus, vettore della Xylella Fastidiosa, data la morfologia rilevata, potrebbe essere con relativa
facilità eradicato con un meccanismo che, in termini figurati, chiamo della “carta moschicida” (vecchio presidio
molto sgradevole a vedersi, ma efficace tanto che la Autan – specialista in repellenti e sistemi di protezione
cutanea contro numerosi insetti - sta di recente producendo una moderna versione destinata alla lotta a insetti
che infestano le dispense domestiche). Nel nostro caso si tratta di individuare materiale fortemente appiccicoso,
magari con composizione organolettica o feromonica capace di attrarre l’insetto stesso e la cui composizione sarà
definita nella prima fase della sperimentazione di laboratorio; tale materiale si dovrà facilmente spalmare su tutti
gli oggetti su cui possa posarsi l’insetto (parti di alberi, mezzi agricoli, abiti di operatori agricoli, ecc.), per il quale
rappresenterebbe una trappola (vera e propria panìa) dalla quale l’insetto invischiato non riuscirebbe più a
liberarsi. Tale materiale, la cui composizione sarà tale da non risultare tossico o nocivo per l’ambiente sarà
successivamente rimosso con adatti solventi (anch’essi non inquinanti e fortunatamente attualmente disponibili)
e, alla fine del processo, bruciato.
Prof. Vittorio Pesce Delfino
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