RILE VA NZACLINICA DELLE INTERAZIONI FARMACOLOGICHE

Acta Medica Mediterranea, 2008, 24: 23
RILEVANZA CLINICA DELLE INTERAZIONI FARMACOLOGICHE DI TIPO FARMACOCINETICO
GIACOMA MANTIA - GIUSEPPA PROVENZANO
Università degli Studi di Palermo - Dipartimento di Scienze Farmacologiche - Sezione di Psicofarmacologia
(Direttore: Prof. N. D’Alessandro)
[Clinical significance of pharmacokinetic interactions]
RIASSUNTO
SUMMARY
Per attuare correttamente una terapia farmacolgica è
necessario individuare il composto più idoneo per la cura della
patologia che ha colpito il paziente. Tuttavia, anche quando la
scelta è corretta, essa non garantisce l’efficacia del trattamento se
non si è certi che il farmaco pervenga in forma attiva nei siti d’azione. Il conseguimento di tale risultato è possibile soltanto se si
conoscono i fattori che regolano la farmacocinetica delle diverse
molecole adoperate, che sono l’assorbimento, la distribuzione, il
metabolismo e l’eliminazione, tutti parametri che influiscono
sulla velocità di comparsa, l’intensità, la durata degli effetti del
farmaco. In questi ultimi anni le interazioni tra farmaci, cioè la
variazioni degli effetti di un farmaco ad opera di un altro farmaco, hanno suscitato un interesse clinico sempre maggiore.
Le interazioni tra farmaci sono da ricercare se aumentano
l’efficacia terapeutica e/o riducono gli effetti indesiderati delle
molecole che subiscono l’interazione, da evitare se gli effetti
terapeutici si attenuano e/ quelli indesiderati si accentuano.
Scopo di questa breve trattazione sulla rilevanza clinica
delle interazioni di tipo farmacocinetico è quello di delineare
schematicamente utili indicazioni, sulla base dei parametri farmacocinetici, per uno uso razionale ed appropriato delle politerapie, onde evitare di cadere in situazioni che possano compromettere la salute del paziente.
The correct realization of a pharmacological therapy
needs the individuation of the most appropriate drugs for the
treatment of the patient’s disease. However, even the most
effective, and potent and appropriate drugs cannot assure the
therapeutic success, if that compound does not reach the site of
action. This result can be obtained only if the physician knows
the factors that regulate the pharmacokinetic parameters of the
used drugs, i.e. absorption, distribution, metabolism, excretion,
that regulate the onset velocity, the duration and the intensity
of the drug effects. In the last years, pharmacological interac tions, i.e. the possibility that co-administered drugs interfere
with each other on the effects, aroused a raising clinical intere st. Pharmacological interactions are useful if they augment
the therapeutic efficacy of interacting molecules, but they
should be avoided if they reduce the therapeutic effects or
increase the adverse reactions.
The aim of this brief treatment on the clinical significan ce of pharmacokinetic interactions is to give some useful sug gestions for a rational and proper use of pharmacological
poly-therapies, on the basis of the pharmacokinetic parame ters, in order to promote the patient’s health.
Parole chiave: Interazioni farmacologiche, rilevanza clinica,
farmacocinetica
Key words: Pharmacological interactions, clinical significan ce, pharmacokinetics
Le interazioni farmacologiche nella pratica clinica
lunghi periodi, se non a vita, di più farmaci, ed i
dati disponibili in letteratura concordano nell’affermare che il rischio di interazioni potenzialmente
dannose aumenta in maniera esponenziale con il
crescere del numero dei farmaci impiegati(1,2,3).
Il termine “interazione farmacologica” indica
una variazione diretta od indiretta dell’effetto di un
farmaco ad opera di altri farmaci introdotti contemporaneamente o già presenti nell’organismo.
Le interazioni possono essere unidirezionali,
quando un farmaco influenza l’effetto di un altro
farmaco, ma non ne è a sua volta influenzato, o
bidirezionale quando ciascun farmaco interferisce
con l’altro.
Le interazioni tra farmaci comprendono un
settore della farmacologia piuttosto complesso, e
nella pratica clinica non sempre è facile prevedere
le conseguenze che la somministrazione di più farmaci possono avere per il paziente.
Le interazioni farmacologiche sono perlopiù
studiate in fase sperimentale su volontari sani, che
rappresentano condizioni differenti dalla realtà clinica, nella quale il medico deve spesso curare
pazienti in età pediatrica o geriatrica. In particolare,
i soggetti anziani sono spesso affetti da patologie
multiple croniche, infiammatorie o degenerative,
che richiedono l’assunzione contemporanea per
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Le conseguenze delle interazioni possono
essere desiderabili, se aumenta l’efficacia terapeutica e/o si riducono gli effetti indesiderati del farmaco che subisce l’interazione, oppure sfavorevoli se
gli effetti terapeutici si attenuano e/o gli eff e t t i
indesiderati si accentuano. Sebbene l’aspetto più
considerato delle interazioni farmacologiche riguardi le conseguenze sfavorevoli sull’organismo, l’associazione di più farmaci spesso offre vantaggi per
la cura di diverse patologie.
Così, ad esempio, nella terapia dell’ipertensione arteriosa e dell’asma bronchiale, nella chemioterapia antibiotica ed antitumorale, e nella terapia
immunosoppressiva dei trapianti d’organo il medico può associare più farmaci con differenti meccanismi d’azione per ottenere migliori risultati terapeutici ed una riduzione degli effetti indesiderati.
Talvolta, le interazioni tra farmaci possono causare
risposte imprevedibili, ma in molti casi le conseguenze dell’interazione possono essere previste, se
è noto il profilo farmacologico delle molecole che
vengono associate.
In particolare, la conoscenza delle caratteristiche farmacocinetiche è utile quando si impiegano
farmaci che presentano un basso indice terapeutico,
con i quali è maggiore il rischio di effetti indesiderati. Digitalici, diuretici, calcio-antagonisti, ipoglicemizzanti orali, antidepressivi, antiaritmici, anticoagulanti orali, sono farmaci con un relativo basso
indice terapeutico, e pertanto devono essere impiegati con cautela nel caso in cui è necessaria la loro
associazione.
Un ulteriore fattore di rischio per gli effetti
indesiderati nel caso di politerapia farmacologia è
rappresentato dal grado di funzionalità dei vari
organi e sistemi del paziente. Nei soggetti affetti da
patologie del metabolismo, insufficienza epatica,
renale e cardiaca, condizioni queste nelle quali i
processi farmacocinetici sono profondamente alterati, l’impiego di più farmaci richiede particolare
cautela da parte del medico(4,5).
La rilevanza clinica delle interazioni tra farmaci è un elemento che caratterizza sia le interazioni farmaceutiche che le interazioni farmacologiche
propriamente dette, che rappresentano un settore
della farmacologia notevolmente articolato, la cui
complessità necessita di un attento studio ai fini di
una valutazione corretta delle eventuali conseguenze che l’associazione tra due o più farmaci può
comportare per il paziente.
G. Mantia, G. Provenzano
Interazioni farmaceutiche
In riferimento alle interazioni farmaceutiche è
da tenere presente che esse avvengono all’esterno
dell’organismo e si osservano quando due più farmaci sono associati nella stessa siringa o nello stesso liquido di infusione endovenosa. In genere, si
tratta di incompatibilità chimiche o chimico-fisiche,
che possono determinare l’inattivazione o la precipitazione dei componenti. Le interazioni farmaceutiche sono influenzate dalla presenza nelle diverse
preparazioni di additivi, sostanze stabilizzanti o solventi, che possono interagire e risultare dannose per
l’organismo.
Il rischio della comparsa di effetti indesiderati o
tossici è maggiore quando due o più farmaci sono
mescolati nella stessa siringa, sia per le elevate concentrazioni di ogni singola sostanza sia perché raramente il pH e le caratteristiche di solubilità sono ottimali per tutti i diversi componenti della preparazione.
I farmaci coinvolti nelle interazioni di tipo farmaceutico sono acidi o basi deboli insolubili, che
acquistano solubilità in seguito a salificazione.
Pertanto, mescolando soluzioni di sali con
diverso pH è probabile che possa modificarsi la
risposta terapeutica attesa o possano comparire
effetti indesiderati o tossici.
Interazioni farmacocinetiche
Le interazioni tra farmaci che avvengono
durante le fasi di assorbimento, distribuzione, metabolismo ed eliminazione, sono definite farmacocinetiche. Indipendentemente dalla sede e dal meccanismo con cui avviene, l’interazione di tipo farmacocinetico, oltre ad indurre variazioni di tipo qualitativo, può comportare la riduzione o la scomparsa
degli effetti, oppure la somma o il potenziamento
degli effetti.
Interazioni in fase di assorbimento
La complessità dell’ambiente gastro-intestinale, e gli effetti che numerosi farmaci hanno sull’attività funzionale dell’apparato digerente, rappresentano condizioni favorevoli al manifestarsi di interazioni farmacologiche che possono modificare l’assorbimento del farmaco che subisce l’interazione, e
quindi la sua biodisponibilità, cioè la quantità della
dose somministrata che realmente entra in circolo e
che si distribuisce in tutto l’organismo.
Rilevanza clinica delle interazioni farmacologiche di tipo farmacocinetico
Nel caso di semplice reazione chimico-fisica,
una riduzione dell’assorbimento del farmaco a
livello del tratto gastro-intestinale può avere alla
base diversi meccanismi:
• formazione di legami di chelazione, come
nel caso delle tetracicline in presenza di calcio e di
ferro;
• formazione di legami con resine a scambio
ionico, come accade per la warfarina, digossina e
tiroxina in presenza di colestiramina;
• adsorbimento del farmaco da parte del carbone attivato;
• solubilizzazione del farmaco in composti non
assorbibili; questo ultimo meccanismo si osserva
con le vitamine liposolubili quando nel lume intestinale è presente olio minerale.
I principali ostacoli che un farmaco introdotto
per via orale incontra nel raggiungere il circolo
sistemico, sono rappresentati dal tempo di apertura
del piloro e dalla velocità del suo trasferimento
attraverso la mucosa intestinale nel circolo portale
(primo passaggio epatico).
Farmaci in grado di modificare questi parametri possono alterare la biodisponibilità di un secondo farmaco presente nell’apparato gastroenterico.
Anche una variazione del pH ambiente farmaco-indotta può influenzare l’assorbimento di vari
farmaci.
Così ad esempio, gli antiacidi e gli inibitori
della secrezione acida peptica riducono l’assorbimento gastrico dei farmaci debolmente acidi non
polari che passano per diffusione semplice attraverso la mucosa gastrica. Tale fenomeno, tuttavia, ha
scarso significato clinico, in quanto l’ampiezza
della superficie assorbente dello stomaco è modesta. Oltre che nel tratto gastro-intestinale, interazioni farmacologiche in fase di assorbimento possono
avvenire anche in altre sedi, come nel caso dell’associazione anestetici locali-vasocostrittori.
Il farmaco vasocostrittore, diminuendo il flusso ematico a livello del microcircolo, permette di
prolungare la durata dell’effetto anestetico e ridurre
gli effetti indesiderati sistemici sul sistema nervoso
centrale e sull’apparato cardiovascolare.
Interazioni in fase di distribuzione
Variazioni del flusso ematico
Diversi farmaci vengono metabolizzati durante il loro transito attraverso l’epitelio intestinale o
durante il primo passaggio epatico.
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Farmaci come il propranololo, il verapamile,
l’idralazina, la clopromazina e la morfina possono
aumentare o ridurre la loro biodisponibiltà per la
presenza nell’organismo di altri farmaci che accentuano o diminuiscono la perfusione epatica.
Variazioni del legame con le proteine seriche
Avvenuto l’assorbimento, i farmaci sono velocemente distribuiti nell’organismo attraverso il circolo ematico. Alcuni farmaci sono disciolti nella
componente acquosa del plasma, altri sono trasportati parte in soluzione e parte legati alle proteine
plasmatiche; soltanto il farmaco libero è in grado di
esercitare i suoi effetti potendo raggiungere facilmente il suo sito d’azione.
I farmaci che invece si legano alle proteine
plasmatiche costituiscono una riserva circolante
non attiva, che temporaneamente non va incontro a
metabolizzazione ed eliminazione. Man mano che
le molecole libere agiscono nella sede d’azione e
vengono metabolizzate, altre molecole entrano in
soluzione per raggiungere il sito d’azione.
Il grado di legame con le proteine plasmatiche,
espresso dal rapporto concentrazione di farmaco
legato/concentrazione di farmaco libero, varia enormemente da farmaco a farmaco e per alcuni farmaci
raggiunge percentuali molto alte. Il legame è definito elevato quando tale rapporto è superiore a 0,9,
basso se è inferiore a 0,2. I farmaci che possiedono
un alto grado di legame con le proteine plasmatiche
sono potenzialmente più soggetti ad essere spiazzati
da farmaci con maggiore affinità per lo stesso sito
di legame.
In clinica il fenomeno dello spiazzamento può
produrre significative variazioni negli effetti, se il
farmaco spiazzato ha un grado di legame superiore
al 90%, un ridotto volume di distribuzione, un
basso indice terapeutico ed una rapida velocità di
comparsa degli effetti. La maggior attività del farmaco che ha subito lo spiazzamento di solito è transitoria, poiché ad un aumento della quota libera fa
seguito un incremento dei processi di metabolizzazione ed eliminazione sino al raggiungimento di un
nuovo equilibrio dinamico.
Il grado di affinità di alcuni farmaci per le proteine plasmatiche può essere modificato dalla contemporanea presenza di altri farmaci. Pur con le
dovute eccezioni, l’aumento della quota libera di
farmaco nel sangue può essere prevista quando si
introducono contemporaneamente farmaci di natura
acida, che si legano fortemente alle proteine.
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G. Mantia, G. Provenzano
Interazioni in fase di metabolizzazione
Sebbene alcuni farmaci siano eliminati dall’organismo per via renale in forma non modificata, la
maggior parte di essi è trasformata in metaboliti
meno liposolubili, più facilmente escreti con le
urine o le feci. I processi di biotrasformazione,
infatti, fanno si che il farmaco, oltre che ad essere
inattivato, venga facilmente eliminato.
Nel caso di alcuni farmaci i processi di biotrasformazione possono anche dare origine a metaboliti tossici. La maggior parte dei processi di metabolizzazione avviene nel fegato attraverso gli enzimi
microsomiali localizzati sulle membrane del reticolo endoplasmatico dell’epatocita, soprattutto
mediante i citocromi P450. Alcune reazioni di biotrasformazione possono verificarsi anche nel plasma, nei reni, nei polmoni e nell’intestino.
La quantità di metaboliti che si forma dalla
biotrasformazione di un farmaco dipende dal patrimonio enzimatico individuale; tuttavia, diversi fattori possono influenzare il grado di attività degli
enzimi. In particolare, alcuni farmaci possono stimolare od inibire i sistemi enzimatici deputati ai
processi di biotrasformazione. Se la sintesi dell’enzima aumenta si ha l’ induzione enzimatica, mentre
se si riduce l’inibizione enzimatica.
Anche se una caratteristica degli enzimi microsomiali epatici è la loro relativa specificità, potendo
uno stesso enzima metabolizzare farmaci chimicamente differenti tra loro, la conoscenza degli enzimi
che metabolizzano un determinato farmaco permette
di prevedere eventuali sue interazioni con farmaci
co-somministrati e metabolizzati dallo stesso sistema enzimatico.
Induzione enzimatica
I citocromi P450 che fanno parte dei sistemi
microsomiali epatici possono subire processi di
induzione da parte di diversi farmaci o sostanze
chimiche di varia natura. Il processo di induzione è
caratterizzato dall’aumento della sintesi di proteine
enzimatiche, che determina un incremento della
velocità massima (Vmax) della reazione biochimica
catalizzata dagli specifici enzimi.
L’induzione degli iso-enzimi epatici del citocromo P 450 nell’uomo in genere si manifesta dopo
qualche giorno, raggiunge il massimo livello anche
dopo due settimane dall’introduzione dell’agente
induttore e persiste dopo la sua sospensione per un
periodo di tempo simile.
Nella maggior parte dei casi, l’aumento dei
processi di metabolizzazione riduce l’efficacia terapeutica del farmaco che subisce l’induzione; nel
caso in cui i processi di metabolizzazzione diano
origine a metabolici tossici, l’induzione enzimatica
può aumentarne la concentrazione.
L’attività del farmaco può tuttavia essere ripristinata aumentando la dose o sospendendo temporaneamente la somministrazione del farmaco induttore.
Quando si sospende l’introduzione dell’agente
induttore, è necessario ritornare progressivamente
al dosaggio iniziale del farmaco che ha subito l’induzione allo scopo di prevenire il rischio di tossicità da sovra-dosaggio.
La capacità di determinare induzione enzimatica è una caratteristica dei farmaci liposolubili, che
possono facilmente raggiungere i sistemi microsomiali epatici. Le molecole idrofile non determinano
induzione enzimatica in quanto hanno difficoltà ad
attraversare le membrane cellulari.
Inibizione enzimatica
Nell’inibizione enzimatica, all’opposto di
quanto accade nell’induzione enzimatica, un farmaco riduce l’attività metabolica dei sistemi enzimatici microsomiali P450 che metabolizzano determinati farmaci, aumentandone e/o prolungandone gli
effetti. Fanno eccezione i pro-farmaci, che per essere attivi devono subire una biotrasformazione.
Le inibizioni enzimatiche di interesse clinico
riguardano soprattutto gli enzimi ossidativi microsomiali. Il grado di inibizione dell’enzima non sempre è prevedibile, dipendendo esso dagli enzimi
specifici coinvolti e dal ruolo che tali enzimi hanno
nella inattivazione del farmaco che subisce l’inibizione. L’inibizione enzimatica compare più velocemente dell’induzione enzimatica, poiché ha inizio
quando nei tessuti si raggiunge una sufficiente concentrazione di agente inibente.
Il prolungamento dell’emivita del farmaco,
causato dalla riduzione del suo metabolismo,
indurrà un aumento del tempo necessario per raggiungere lo stato stazionario (steady state), ovvero
la condizione nella quale la velocità di assorbimento del farmaco eguaglia quella di eliminazione.
Interazioni in fase di escrezione renale
L’eliminazione di un farmaco dall’organismo
può essere influenzata da un altro farmaco presente
nell’organo da cui è escreto.
Rilevanza clinica delle interazioni farmacologiche di tipo farmacocinetico
Il rene è l’organo emuntorio più importante, ed
è in tale sede che, con meccanismi diversi, avvengono varie interazioni farmacologiche che hanno
particolare significato clinico. Una diuresi forzata
indotta dai diuretici, infatti, può accentuare l’eliminazione dei farmaci idrosolubili. Un’altra funzione
di rilevanza clinica che può essere modificata da
alcuni farmaci quando presenti nel rene, è il riassorbimento tubulare. I farmaci sono per lo più elettroliti deboli ed il loro grado di solubilità nelle pre-urina
dipende dal rapporto quota ionizzata/quota non
ionizzata.
Pertanto, una variazione del pH urinario,
indotta da farmaci acidi o basici, può modificare la
concentrazione della quota non ionizzata più liposolubile di un altro farmaco, che si trasferisce per
trasporto passivo dalla pre-urina alle cellule tubulari. In particolare, se il pH delle urine è basico si
riduce il riassorbimento dei farmaci di natura acida,
mentre se è il pH è acido si riduce quello dei farmaci di natura basica.
Le variazioni del pH urinario, tuttavia, assumono importanza pratica soltanto se il pKa del farmaco, cioè il pH al quale il 50% delle molecole in
soluzione è presente in forma ionizzata,è compreso
tra 7,5 e 10,5 per le basi, e tra 3,0 e 7,5 per gli acidi.
Questi valori di pKa infatti possono provocare
apprezzabili variazioni del grado di dissociazione
del farmaco. Composti quali il cloruro di ammonio,
il THAM, il bicarbonato di sodio e i diuretici,
modificando il pH delle urine, influenzano l’escrezione renale di diversi farmaci acidi e basici.
Alcune interazioni che avvengono in sede
renale sono sfruttate in clinica per facilitare l’eliminazione di particolari farmaci presenti in concentrazioni elevate nell’organismo. Una interazione farmacologica a livello renale che può invece avere
effetti negativi sul paziente è quella che si ha tra
diuretici e sali di litio. Il litio è un catione monovalente la cui escrezione è influenzata dalle variazioni
della natriemia. Pertanto, una elevata escrezione di
sodio, indotta da un trattamento cronico con diuretici saluretici quali i tiazidici, aumenta il riassorbimento di litio, causando gravi effetti tossici da iperdosaggio relativo.
Alcuni farmaci di natura acida e basica con elevato grado di ionizzazione si trasferiscono attraverso
l’epitelio del tubulo renale mediante trasporto attivo.
La velocità di trasferimento delle molecole dipende
dalla disponibilità del trasportatore, una proteina
che permette il trasferimento attraverso le membra-
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ne cellulari; pertanto, due farmaci che utilizzano lo
stesso sistema di trasporto possono reciprocamente
influenzare, quando è raggiunta la capacità di trasporto massimale, la loro velocità di eliminazione.
Conclusioni
Le interazioni farmacologiche di tipo farmacocinetico costituiscono un capitolo molto complesso
ed articolato della farmacologia clinica, che comporta diversi problemi attinenti alla loro rilevanza
ed applicabilità clinica. Tuttavia, i dati attualmente
disponibili indicano che, almeno per alcune categorie di farmaci, i rischi derivanti dalla interazioni farmacologiche hanno un indubbio interesse clinico.
E’ auspicabile che il medico, nel prescrivere
una politerapia, in particolare in pazienti vulnerabili, quali i bambini e gli anziani, valuti attentamente
la possibilità che i farmaci prescritti possono esporre il paziente ad interazioni potenzialmente pericolose. Seguendo questa linea di condotta, sarà più
facile per il medico controllare l’insorgenza e le
conseguenze cliniche derivanti dalle interazioni farmacologiche che possono verificarsi tra le diverse
molecole introdotte nell’organismo.
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__________
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