METODI SPERIMENTALI DELLA FISICA MODERNA - Celle fotovoltaiche - Rigoni Federica - Salvinelli Gabriele Indice 1 Introduzione teorica 1.1 L’effetto fotovoltaico nei semiconduttori 1.2 Cristalli semiconduttori . . . . . . . . . . 1.3 Giunzioni p-n . . . . . . . . . . . . . . . 1.4 La cella solare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 Elaborazione dei dati 2.1 Curve caratteristiche I-V per una cella fotovoltaica e Resistenza serie Rs . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.1.1 Caratteristica elettrica statica . . . . . . . . . . . . . 2.1.2 Caratteristica diodo inverso . . . . . . . . . . . . . . 2.1.3 Caratteristica giunzione p-n . . . . . . . . . . . . . . 2.1.4 Calcolo della Resistenza serie Rs e Fill Factor FF . . 2.1.5 Risposta spettrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2 Fotodiodo Hamamatsu S1787-12 . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2.1 Analisi dati sulla caratteristica giunzione p-n . . . . . 2.2.2 Analisi dati sulla caratteristica diodo inverso . . . . . 2.2.3 Analisi dati sulla caratteristica elettrica statica, resistenza serie Rs e fill factor FF . . . . . . . . . . . . 2.2.4 Risposta spettrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2.5 Conclusioni e confidenze . . . . . . . . . . . . . . . . 2.3 Fotodiodo RS IPL 10050 CW . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.3.1 Analisi dati sulla caratteristica giunzione p-n . . . . . 2.3.2 Analisi dati sulla caratteristica elettrica statica . . . 2.3.3 Risposta spettrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.3.4 Conclusioni e confidenze . . . . . . . . . . . . . . . . 2.4 Cella fotovoltaica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.4.1 Circuito elettronico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.4.2 Programma in ambiente LabVIEW 7.0 . . . . . . . . 2.4.3 Risultati sperimentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.4.4 Conclusioni e confidenze . . . . . . . . . . . . . . . . 1 . . . . 4 4 4 9 17 25 . . . . . . . . . 25 26 27 27 28 29 31 31 33 . . . . . . . . . . . . . 36 45 46 48 50 51 55 56 57 58 59 66 72 2.5 Considerazioni finali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73 Bibliografia 82 2 Introduzione L’esperienza di laboratorio intrapresa si divide in due sezioni: - lo studio delle curve caratteristiche corrente-tensione (I-V) e le risposte spettrali per un fotodiodo Hamamatsu S1787-12 ed un fotodiodo RS IPL 10050 CW; - la costruzione di un circuito elettronico e l’elaborazione di un programma in ambiente LabVIEW 7.0 per l’acquisizione automatizzata di curve caratteristiche I-V in riferimento ad una generica cella solare. La stesura della relazione è stata organizzata in due capitoli fruibili indipendentemente l’uno dall’altro. Nel primo capitolo si presenta una breve introduzione all’effetto fotovoltaico per passare in seguito ad una descrizione maggiormente dettagliata sui cristalli semiconduttori e sulle loro proprietà conduttrici intrinseche ed estrinseche. Successivamente l’attenzione si focalizza sulla giunzione p-n, sul funzionamento di un transistor e sul fotodiodo a semiconduttore prima di approdare alla presentazione della cella solare ideale e reale. Il secondo capitolo si concentra invece sull’elaborazione dei dati raccolti. Iniziando da un’introduzione teorica essenziale alla comprensione dell’analisi successiva, si sviluppano in seguito le presentazioni dei fotodiodi Hamamatsu S1787-12 ed RS IPL 10050 CW attraverso una breve descrizione tecnica che conduce all’analisi delle curve caratteristiche giunzione p-n, diodo inverso ed elettrica statica e al commento dei risultati ottenuti. Successivamente si descrive il circuito elettronico costruito per una generica cella solare ed il programma in ambiente LabVIEW creato ad interfaccia grafica di un connettore a blocchi NI BNC 2110 preposto all’acquisizione automatizzata dei dati. Infine si analizzano i risultati restituiti dalla cella solare e si propongono dei suggerimenti di miglioramento all’esperienza di laboratorio. 3 Capitolo 1 Introduzione teorica 1.1 L’effetto fotovoltaico nei semiconduttori L’effetto fotovoltaico avviene quando un elettrone presente nella banda di valenza di un materiale (generalmente semiconduttore) passa alla banda di conduzione a causa dell’assorbimento di un fotone sufficientemente energetico incidente sul materiale. Si tratta di un processo di conversione dell’energia che permette la trasformazione della luce (radiazione elettromagnetica) in energia elettrica e costituisce una prova indiretta della natura corpuscolare della radiazione elettromagnetica. L’effetto fotovoltaico fu osservato per la prima volta nel 1839 da Becquerel, il quale notò che se si immergono due elettrodi in opportune soluzioni elettrolitiche e si sottopone uno di essi ad un’intensa illuminazione, aumenta la differenza di potenziale tra gli elettrodi. Il fenomeno fu osservato, circa quarant’anni dopo, nel selenio e in altri materiali semiconduttori, ma solo nel 1905 fu pubblicata da Einstein la teoria fisica che spiega l’effetto fotoelettrico, del quale l’effetto fotovoltaico rappresenta una sottocategoria. Bisogna aspettare la metà del XX secolo per avere le prime applicazioni tecnologiche di questa scoperta. Nel 1954 Chapin, Fuller e Pearson dei Bell Laboratories costruirono la prima cella solare al silicio che convertiva la radiazione solare in energia elettrica con un’efficienza del 6 %. Al giorno d’oggi sono stati realizzati prototipi di laboratorio che raggiungono efficienze di converione vicine al 20 % e si producono celle fotovoltaiche con efficienze del 13-16 % [1]. 1.2 Cristalli semiconduttori Gli elementi come il silicio (Si) e il germanio (Ge) sono degli isolanti a temperatura molto bassa, vicino allo zero assoluto, ma hanno proprietà di 4 conduttori a temperatura ambiente. Non sono dei metalli e vengono chiamati semiconduttori. Le proprietà caratteristiche dei semiconduttori sono generalmente dovute all’agitazione termica, alle impurità, ai difetti reticolari. I semiconduttori sono considerati dei conduttori elettronici con valori della resistenza elettrica, a temperatura ambiente, compresi generalmente fra 10−2 e 109 Ω · cm, intermedi fra i buoni conduttori (∼ 10−6 Ω · cm) e gli isolanti (∼ 1014 − 1022 Ω · cm). Generalmente la resistenza elettrica di un semiconduttore dipende grandemente dalla temperatura [2]. I dispositivi basati sulle proprietà dei semiconduttori includono diodi, transistors, modulatori, rivelatori, termistori e fotocelle. I cristalli semiconduttori più conosciuti (e maggiormente utilizzati per la costruzione di celle solari) sono silicio e germanio, ma importanti sono anche Cu2 O, Se, PbTe, CdTe, PbS, SiC, InSb, GaAs e grafite. Conducibilità intrinseca Se si escludono le basse temperature, un semiconduttore estremamente puro dà luogo a conducibilità intrinseca, mentre campioni meno puri sono caratterizzati da conducibilità da impurezze (o estrinseca). Definiamo come intervallo di temperatura intrinseco quello in cui le proprietà elettriche di un semiconduttore non sono essenzialmente modificate dalle impurità nel cristallo. Il carattere dello schema a bande elettroniche che porta alla conducibilità intrinseca è indicato in Figura 1.1 Figura 1.1: Schema a bande per la conduttività intrinseca in un semiconduttore. A 0 K la conduttività è zero, poichè tutti gli stati nella banda di valenza sono completi e tutti gli stati nella banda di conduzione sono vuoti. All’aumentare della temperatura gli elettroni sono eccitati termicamente dalla banda di valenza alla banda di conduzione, lasciando delle “lacune” nella banda di valenza. Sia gli elettroni nella banda di conduzione che le lacune nella banda di valenza contribuiscono a generare una corrente elettrica. Un semiconduttore è caratterizzato da un piccolo gap di energia tra gli elet5 troni di valenza e la banda di conduzione. Allo zero assoluto postuliamo la banda di conduzione vuota, separata con un gap di energia Eg dalla banda di valenza completa. All’aumentare della temperatura, gli elettroni sono eccitati termicamente dalla banda di valenza alla banda di conduzione, lasciando nella banda di valenza una “lacuna” o “buca” (stato vacante). Sia gli elettroni nella banda di conduzione sia le lacune contribuiscono alla conducibilità elettrica. (La lacuna si comporta come una particella positiva che si muove attraverso il cristallo. La carica di questa particella-lacuna è positiva, poichè essa si trova dove manca un elettrone; quando essa si muove in una direzione, sono in effetti gli elettroni che si muovono in direzione opposta [3]). A temperature al di sotto dell’intervallo intrinseco le proprietà elettriche sono controllate dalle impurezze, mentre a temperature sufficientemente alte predomina la conducibilità intrinseca, poichè vi sono più elettroni nella banda di valenza che elettroni sugli atomi delle impurezze [2]. Consideriamo la legge dell’azione di massa: np = 4(2πkB T /h2 )3 (me mh )3/2 e−Eg /(kB T ) (1.1) dove n e p sono rispettivamente il numero di elettroni (portatori di carica negativa) e il numero di lacune (portatori di carica positiva) per unità di volume, me e mh le rispettive masse, kB la costante di Boltzmann, h la costante di Planck, T la temperatura assoluta e Eg la larghezza del gap proibito. Per un semiconduttore intrinseco n = p e si ha ni = pi = 2(2πkB T /h2 )3/2 (me mh )3/4 e−Eg /(2kB T ) (1.2) Notiamo che l’eccitazione di portatori intrinseci dipende esponenzialmente da Eg /2kB T . La conducibilità elettrica in presenza sia di elettroni sia di lacune è data dalla somma dei contributi separati: σ = neµe + peµh (1.3) dove e è la carica elettrica fondamentale, µe e µh la mobilità, definita come l’ampiezza della velocità di deriva per unità di campo elettrico (µ = |ν|/E). Gap proibito Il valore della conducibilità intrinseca è controllato in gran parte da Eg /kB T , rapporto del gap di energia con la temperatura [2]. Quando questo rapporto è grande, la concentrazione di portatori intrinseci ionizzati sarà bassa. I valori del gap proibito sono ottenuti generalmente in due modi: con l’assorbimento ottico e con l’analisi della dipendenza della conducibilità dalla temperatura. Riportiamo alcuni valori di Eg per semiconduttori tipici in Tabella 1.1. 6 Cristallo Eg (eV) Diamante 5,33 Si 1,14 Ge 0,67 InSb 0,23 InAs 0,33 InP 1,25 GaAs 1,4 AlSb 1,6 - 1,7 GaP 2,25 SiC 3 Te 0,33 ZnSb 0,56 GaSb 0,78 Cristallo Eg (eV) PbS 0,34 - 0,37 PbSe 0,27 PbTe 0,30 CdS 2,42 CdSe 1,74 CdTe 1,45 ZnO 3,2 ZnS 3,6 ZnSe 2,60 AgCl 3,2 AgI 2,8 Cu2 O 2,1 TiO2 3 Tabella 1.1: Valori del gap di energia fra la banda di valenza e di conduzione nei semiconduttori a temperatura ambiente [2]. Conducibilità estrinseca e livelli di impurezze Certi tipi di impurezze e imperfezioni influiscono drasticamente sulle proprietà elettriche di un semiconduttore. L’aggiunta volontaria di impurezze viene chiamata drogaggio (doping). Consideriamo in particolare l’effetto di impurezze in Si e Ge. Questi elementi cristallizzano in un reticolo simile a quello del diamante, una struttura tetraedrica in cui gli atomi formano legami covalenti con i quattro atomi più vicini (in accordo con la valenza chimica pari a quattro). Figura 1.2: Reticolo cristallino in cui un atomo di Si è sostituito da un atomo di P, un’impurità pentavalente. L’atomo di fosforo è chiamato atomo donore perchè quando è ionizzato cede un elettrone alla banda di conduzione. A fianco è riportato il diagramma delle bande di energia di un semiconduttore di tipo n. Se un atomo di impurezza con valenza cinque, come il fosforo (P), l’arsenico 7 (As) o l’antimonio (Sb), viene inserito nel reticolo cristallino del semiconduttore puro, solo quattro dei cinque elettroni formeranno legami covalenti e vi sarà un elettrone in eccesso nel reticolo (Figura 1.2). Questi atomi che si possono ionizzare con la cessione di un elettrone sono chiamati donori (ma è importante sottolineare che il cristallo nel suo insieme rimane neutro). È stato verificato con studi di costanti reticolari e misure di densità dei portatori che le impurezze pentavalenti entrano nel reticolo al posto dei normali atomi invece di andare in posizioni interstiziali. Allo stesso modo, se si inserisce un atomo trivalente, come boro (B), alluminio (Al), gallio (Ga) o indio (In), all’interno del reticolo di un semiconduttore puro, per completare i legami tetraedrici viene preso un elettrone dalla banda di valenza del semiconduttore, lasciando una lacuna nella banda stessa. Queste impurezze sono chiamate accettori. Per ionizzare un accettore, dobbiamo aumentare l’energia di un elettrone, portando l’elettrone al livello accettore e la lacuna nella banda di valenza (Figura 1.3). Figura 1.3: Reticolo cristallino in cui un atomo di Si è sostituito da un atomo di B, un’impurità trivalente. L’atomo di boro è chiamato atomo accettore perchè quando è ionizzato prende un elettrone dalla banda di valenza. A fianco è riportato il diagramma delle bande di energia di un semiconduttore di tipo p. In Tabella 1.3 sono riportati i valori sperimentali delle energie di ionizzazione di donori e accettori nel germanio e nel silicio. Le energie di ionizzazione possono essere confrontabili con kB T a temperatura ambiente (∼0,026 eV). Ci aspettiamo cosı̀ che nella conduttività elettrica del Ge e del Si a temperatura ambiente la ionizzazione termica dei donori e degli accettori sia importante. Se sono presenti atomi donori in numero notevolmente maggiore di quello degli accettori, la ionizzazione termica dei donori darà luogo a elettroni liberi nella banda di conduzione. La conduttività del campione sarà controllata dagli elettroni (cariche negative) e il materiale viene considerato di tipo n. Se prevalgono gli accettori, saranno presenti lacune libere nella banda di valenza e la conduttività sarà controllata dalle lacune (cariche positive) e il materiale viene considerato di tipo p. 8 Cristallo P As Sb Si 0,045 0,049 0,039 Ge 0,012 0,0127 0,0096 Tabella 1.2: Energie di ionizzazione di donori Ed da impurità pentavalenti nel germanio e nel silicio, in eV [2]. Cristallo B Al Ga In Si 0,045 0,057 0,065 0,16 Ge 0,0104 0,0102 0,0108 0,0112 Tabella 1.3: Energie di ionizzazione di accettori Ea da impurità trivalenti nel germanio e nel silicio, in eV [2]. 1.3 Giunzioni p-n È possibile produrre in vari modi cristalli di germanio o silicio nei quali vi siano contemporaneamente regioni p e regioni n con uno strato di separazione molto sottile (Figura 1.4). L’interfaccia tra le diverse regioni è chiamata giunzione p-n, con una larghezza tipica attorno a 10−4 cm. Tali giunzioni hanno importanti proprietà elettriche, come il raddrizzamento della corrente (diodi) e il comportamento del transistor. Lo spessore della giunzione viene consid- Figura 1.4: Schema di una giunzione p-n. erato piccolo rispetto alla lunghezza di diffusione, distanza che un portatore percorre per diffusione durante la vita media (cioè prima che avvenga la ricombinazione elettrone-lacuna). Diamo una descrizione qualitativa del funzionamento di una giunzione pn come raddrizzatore (che è il funzionamento del diodo). All’equilibrio gli 9 elettroni di conduzione forniti dai donori si troveranno principalmente nella regione n, dove gli elettroni neutralizzano la carica spaziale (positiva) degli ioni donori, mentre le lacune fornite dagli ioni accettori si troveranno soprattutto nella regione p. Se non vi è campo elettrico (che tiene separati i portatori di carica) attraverso la giunzione, delle lacune diffonderanno nella regione di tipo n, lasciando dietro di sè ioni accettori carichi negativamente. Degli elettroni diffonderanno in direzione opposta (da n a p) lasciando dietro di sè ioni donori carichi positivamente. Questi due processi di diffusione avvengono simultaneamente e agiscono entrambi in modo da caricare positivamente il materiale di tipo n e negativamente il materiale di tipo p. Si instaurerà dunque uno strato dotato di dipolo elettrico nei pressi della giunzione e il campo elettrico creatosi impedisce un’ulteriore diffusione attraverso la giunzione. Persino all’equilibrio termico vi sarà un piccolo flusso di elettroni Jnr dalla regione n alla regione p, con gli elettroni che terminano la loro esistenza per ricombinazione con delle lacune. Questo flusso sarà bilanciato dal flusso Jng di elettroni che sono generati termicamente nella regione p e che diffondono nella regione n per effetto del campo elettrico. L’equilibrio termico presuppone che il potenziale V sia nullo. In queste condizioni la corrente di ricombinazione di elettroni Jnr deve essere uguale ed opposta alla corrente di elettroni generati termicamente Jng , altrimenti gli elettroni si accumulerebbero da una parte della barriera. Pertanto, come mostrato in Figura 1.5, Jnr (0) + Jng (0) = 0. (1.4) Siamo ora in grado di mostrare l’azione raddrizzatrice di una giunzione p-n. Con una differenza di potenziale o tensione di polarizzazione inversa, un potenziale negativo è imposto alla regione p e uno positivo alla regione n, per cui la differenza di potenziale tra le due regioni viene aumentata, come mostrato in Figura 1.6. Ora in pratica nessun elettrone può risalire la barriera di potenziale dalla parte più bassa a quella più alta. La corrente di ricombinazione è ridotta dal fattore di Boltzmann: −e|V | Jnr (V inverso) = Jnr (0)e kB T . (1.5) Il flusso di elettroni generati non viene particolarmente influenzato dalla tensione di polarizzazione inversa poichè gli elettroni generati scorrono verso le basse energie in ogni caso: Jng (V inverso) = Jng (0). (1.6) Pertanto per una polarizzazione inversa la corrente generata termicamente predomina sulla corrente di ricombinazione. 10 Figura 1.5: Una giunzione p-n all’equilibrio, per cui il flusso di particella nel circuito è nullo. In accordo con la termodinamica, il potenziale chimico (che corrisponde all’energia del livello di Fermi) è ovunque all’equilibrio e costante. La posizione dell’estremo della banda di valenza rispetto al livello di Fermi varia attraverso la regione di transizione della giunzione, mentre è costante soltanto all’interno delle regioni n o p. Esso dipende solo dalla composizione chimica ed è indipendente dal resto del circuito. La regione di transizione si distingue per un cambiamento graduale delle concentrazioni elettrone-lacuna e questo cambiamento dà luogo a un doppio strato elettrostatico, il quale produce una differenza di energia potenziale ∆ che impedisce a una corrente risultante di elettroni o lacune di passare attraverso la regione di separazione. Il numero di elettroni nella banda di conduzione è molto più grande dal lato n che dal lato p. Il flusso di elettroni Jnr verso la regione p è costituito da quegli elettroni che hanno sufficiente energia da vincere la barriera di potenziale (questi elettroni si ricombinano poi con le lacune). Il flusso di elettroni Jng , invece, è dovuto agli elettroni generati termicamente nella regione p che possono muoversi “in discesa” verso n. All’equilibrio Jnr + Jng = 0 al confine, e lo stesso ragionamento vale per le lacune Jpr + Jpg = 0 [2]. Quando si applica una polarizzazione diretta, come viene mostrato in Figura 1.7 la corrente di ricombinazione aumenta del fattore di Boltzmann poichè la barriera di energia potenziale viene abbassata, permettendo a più elettroni di scorrere dalla parte n alla parte p: e|V | Jnr (V diretto) = Jnr (0)e kB T . (1.7) Ancora una volta la corrente termica non cambia: Jng (V diretto) = Jng (0). (1.8) La corrente di lacune che scorre attraverso la giunzione si comporta in maniera simile. La tensione applicata che abbassa l’altezza della barriera per gli elet11 Figura 1.6: Una giunzione p-n con tensione di polarizzazione inversa V < 0 [2]. Figura 1.7: Una giunzione p-n con tensione di polarizzazione diretta V > 0 [2]. troni la abbassa anche per le lacune, per cui molti elettroni scorrono dalla regione n alla regione p nelle stesse condizioni di tensione che producono grandi correnti di lacune nella direzione opposta. La corrente elettrica totale, comprendendo gli effetti sia degli elettroni sia delle lacune, è data da: eV I = Ig (0)(e kb T − 1), (1.9) dove Ig (0) = Jng + Jhg , cioè la somma delle due correnti generate termicamente, è chiamata corrente di saturazione del diodo. Da calcoli sull’origine delle correnti generate termicamente [4], si ha: Jng = n2i Ln n2 L p ; Jhg = i Na τn Nd τp 12 (1.10) dove ni è la concentrazione di portatori intrinseci, Na la concentrazione degli accettori ionizzati, Nd la concentrazione dei donori ionizzati, Ln e Lp le lunghezze di diffusione per gli elettroni e per le lacune rispettivamente, τn e τp il tempo di vita medio di elettroni e lacune. Valori tipici della corrente di saturazione sono Ig (0) ∼ = 10−11 A/cm2 [4]. Figura 1.8: Caratteristica di rettificazione di una giunzione p-n in silicio. Si noti il cambiamento di scala per la corrente inversa [4]. Il transistor a giunzione Poichè nella nostra esperienza di laboratorio abbiamo costruito un circuito elettronico che, interfacciato a un programma sviluppato in LabView, permette l’acquisizione automatizzata di curve caratteristiche I-V di una cella fotovoltaica, riportiamo brevemente le caratteristiche e il funzionamento del transistor (elemento fondamentale del nostro circuito). Il più semplice transistor si compone di una doppia giunzione n-p-n e viene chiamato BJT (Bipolar Junction Transistor). Lo schema di un BJT è indicato in Figura 1.9. Ovviamente i risultati descritti sono validi (con le opportune modifiche) anche per un transistor p-n-p. In un transistor n-p-n si ha ad un estremo l’emettitore di elettroni, i quali entrano dal contatto al semiconduttore n, e all’altro etremo del secondo semiconduttore n vi è il collettore, mentre il semiconduttore p intermedio, molto più sottile degli altri è chiamato base. All’equilibrio senza polarizzazione non si ha passaggio di corrente perchè Ig (0) = Ir (0) a entrambe le giunzioni(dove Ig (0) è la corrente generata termicamente e Ir (0) la corrente di ricombinazione). Basta però applicare una differenza di potenziale tra il collettore e l’emettitore e controllare il potenziale della base per ottenere 13 Figura 1.9: Transistor n-p-n con i relativi simboli per indicare la corrente di emettitore (IE ), di collettore(IC ) e di base (IB ). (a) Indicazione degli stati di polarizzazione e dei flussi di corrente (buche ed elettroni). (b) Posizionamento delle bande in presenza di un campo (in condizioni normali di polarizzazione, la giunzione base-emettitore è polarizzata direttamente, mentre la giunzione collettore-base inversamente) [4]. un’amplificazione di tensione. Illustriamo il comportamento di tale transistor riferendoci alla Figura 1.9. In questo schema si hanno due circuiti: uno è il circuito e-b (emettitore-base) che è rettificante per le ragione esposte precedentemente a proposito del diodo, l’altro è un circuito b-c (base-collettore) che da solo lascerebbe passare poca corrente perchè in condizioni di polarizzazione inversa viene aumentata la barriera di potenziale. In presenza del circuito precedente però molti più elettroni arrivano al semiconduttore p per l’effetto dell’abbassamento della barriera al confine n-p e tali elettroni non trovano ostacoli a proseguire attraverso la zona n ed arrivare quindi al collettore. Questo produce amplificazione di potenza nel circuito b-c rispetto al circuito e-b [4]. La corrente che passa per n-p è: eVe kB T −1 , (1.11) Ie = Ig (0) e dove Ve è il potenziale dell’emettitore. La corrente che passa al collettore Ic sarà Ic = Ie − Ib , (1.12) dove Ib , la corrente di base è piccola in ogni caso. Se la base è a terra si può ritenere Ib ' 0 e la corrente raccolta dal collettore sarà data dalla 1.11. Non c’è in questo caso amplificazione di corrente tra emettitore e collettore, ma c’è grande amplificazione di tensione (o di potenza), perchè la stessa 14 corrente passa da un circuito in ingresso a bassa impedenza (giunzione con polarizzazione diretta) ad un circuito d’uscita a grande impedenza (giunzione con polarizzazione inversa). Dunque un transistor a base comune si comporta come un amplificatore di tensione (o di potenza). Se il transistor è collegato con emettitore comune (a terra), si comporta come un amplificatore di corrente (vedi Figura 1.10). Come si è visto prima, quasi tutta la corrente Ie della giunzione e-b (polarizzata direttamente) raggiunge il collettore, cosı̀ si può scrivere Ic = αIe , (1.13) dove α ≈ 1. Essendo sempre valida la (1.12), si ha: Ic = α Ib = βIb . 1−α (1.14) Figura 1.10: Transistor npn con indicazione delle correnti di iniezione ie , di base ib e di raccolta ic , nello schema della configurazione a base comune. (a) Disposizione del circuito. (b) Diagramma simbolico [4]. Il fattore di amplificazione, o guadagno di corrente, β è genericamente molto più grande dell’unità e cosı̀ la corrente di collettore, ossia la corrente d’uscita è β volte più grande della corrente di base, ossia della corrente d’ingresso. Infine, un’altra configurazione circuitale utilizzabile per un transistor è illustrata in Figura 1.11 ed è nota come configurazione a collettore comune o inseguitore di emettitore (emitter follower), per il fatto che l’amplificazione 15 Figura 1.11: Schema della configurazione a collettore comune o inseguitore di emettitore (emitter follower). di tensione è prossima all’unità e pertanto ogni variazione della tensione della base si riflette in una variazionedi uguale entità sull’emettitore, ai capi della resistenza di carico. In altri termini, l’emettitore insegue il segnale d’ingresso [5]. Fotodiodo a semiconduttore Un fotodiodo è sostanzialmente un diodo particolare caratterizzato da una giunzione p-n drogata asimmetricamente. La zona n, disposta molto vicino alla struttura esterna del fotodiodo è a sua volta rivestita da uno strato antiriflesso e corredata da due elettrodi in ossido di silicio. Sopra lo strato antiriflesso è in genere inserita una lente il cui scopo è quello di rendere perpendicolari i raggi luminosi incidenti sulla superficie. Il fotodiodo, se polarizzato direttamente si comporta come un comune diodo. La corrente che esso è in grado di condurre segue, in prima approssimazione, la legge esponenziale del diodo. Non essendo tuttavia progettato per la polarizzazione diretta, esso non avrà una capacità di corrente tale da suggerirne un simile utilizzo. Il fotodiodo opera correttamente in polarizzazione inversa, e cioè se la tensione ai propri terminali si presenta più alta nella zona n che nella zona p. In questo caso, il campo elettrico tenderà ad aumentare di intensità favorendo la creazione di una zona di svuotamento (depletion region) nei pressi della giunzione. Questa regione svuotata può essere considerata come una zona resistiva oppure come una zona neutra. Nel momento in cui un fotone incide sulla superficie del fotodiodo, se ha energia (hν) maggiore del gap tra banda di valenza e banda di conduzione del dispositivo, causerà la creazione di una coppia elettrone-lacuna libera (EHP, electron-hole pairs). Una EHP libera consiste in un elettrone eccitato in banda di conduzione ed una lacuna in banda di valenza. Una volta generata la coppia, essa sarà soggetta al 16 campo elettrico generato dalla differenza di potenziale applicata. L’elettrone sarà quindi spontaneamente attratto verso la zona n mentre la lacuna verso la zona p. A causa della assenza di una coppia elettrone-lacuna nella zona svuotata, la regione non sarà più neutra. Non essendo più neutra, il dispositivo compenserà questa situazione con un movimento di elettroni-lacune prelevati dal generatore di polarizzazione, causando cosı̀ la presenza di una fotocorrente inversa che rappresenta il segnale elettrico prodotto dall’incidenza del fotone. Se il fotodiodo non è sottoposto ad alcuna polarizzazione, esso agirà, se opportunamente connesso ad un carico, come generatore di corrente ad una determinata tensione. Questo utilizzo è anche detto utilizzo fotovoltaico. La corrente erogata, e la conseguente potenza elettrica generata è presente sempre nella forma di corrente inversa. Questa modalità di funzionamento è il principio con cui opera la cella fotovoltaica. 1.4 La cella solare I dispositivi fotovoltaici (o celle solari) sono costituiti da una giunzione p-n, nella quale avviene l’effetto fotovoltaico. Il materiale semiconduttore deve avere la proprietà di assorbire una larga parte dello spettro solare e in base alle caratteristiche di assorbimento del materiale, la luce viene assorbita in una regione più o meno vicina alla superficie [1]. Figura 1.12: Struttura di una tipica cella solare. In Figura 1.12 è riportata la struttura di una tipica cella solare. Essa è riconducibile a quella di un normale diodo a giunzione a grand’area dove l’elettrodo superiore, a forma di griglia, ricopre il 5-10 % della superficie e consente, quindi, la raccolta della corrente senza impedire un efficace assorbimento della radiazione solare da parte del semiconduttore sottostante. Quando un fotone della radiazione solare, avente energia hν > Eg (dove h è la 17 costante di Planck e ν la frequenza della radiazione incidente), è assorbito dal cristallo in prossimità della giunzione si ha la transizione di un elettrone dalla banda di valenza a quella di conduzione e quindi la formazione di una coppia elettrone-lacuna. Per effetto del campo elettrico la lacuna viene trascinata verso la regione p del semiconduttore, mentre l’elettrone è respinto verso la regione n. La separazione delle cariche produce una differenza di potenziale agli elettrodi metallici tanto più marcata, tanto più intenso è il flusso di fotoni assorbiti dal materiale e quindi dipende dall’intensità luminosa oltre che dalla distribuzione spettrale della radiazione incidente. Figura 1.13: Effetto fotovoltaico in un cristallo di silicio. Se un fotone ha un’energia maggiore del gap (1,1 eV) può far saltare un elettrone in banda di conduzione, lasciando una “buca” in banda di valenza. Per evitare che si ricombinino, occorre separarli con una differenza di potenziale data in genere da una giunzione p-n. Elettroni e buche danno cosı̀ origine a una corrente elettrica. La minima energia richiesta a un fotone per l’eccitazione intrinseca è rappresentata dall’energia della banda proibita Eg del materiale semiconduttore. Se esprimiamo la lunghezza d’onda in nm e l’energia in eV, la lunghezza d’onda λc del fotone con un’energia pari a Eg è λc = 1240/Eg . Se la λ del fotone è minore di λc (lunghezza d’onda critica o di soglia), questo non ha energia sufficiente da cedere all’elettrone per portarlo in banda di conduzione. La Figura 1.14, in cui sono riportate le curve di risposta spettrale relativa di silicio e germanio, mostra come i semiconduttori siano dispositivi selettivi in frequenza. Una certa intensità di luce genera un diverso numero di portatori liberi se considerata a lunghezze d’onda diverse. Una tipica cella solare, come quella riportata in Figura 1.12, consiste di fatto in una giunzione p-n e presenta una funzione caratteristica tipica di un fotodiodo: eV I = I0 e kB T − 1 (1.15) dove I è la corrente che attraversa il diodo al voltaggio V, I0 è la corrente di saturazione della giunzione p-n, che dipende dal tipo, dalla densità del 18 Figura 1.14: Risposta spettrale relativa per il Germanio e il Silicio [5]. drogaggio, dalla qualità del materiale semiconduttore e della giunzione pn. Se la giunzione viene illuminata, si aggiunge la corrente fotogenerata dall’illuminazione IL e dunque la funzione caratteristica assume la forma: eV I = I0 e kB T − 1 − IL (1.16) (dove il segno negativo davanti a IL è dovuto a convenzioni di polarità). Ora la corrente I non è più zero quando V=0, ma è shiftata di IL , come mostrato in Figura 1.15. Figura 1.15: Curva caratteristica I-V di una cella solare con e senza illuminazione. Vm , Im e Pm sono i valori riferiti al punto di massima potenza [1]. Dalla Figura 1.15 possiamo inoltre definire tre importanti quantità: la tensione di circuito aperto Voc , la corrente di corto circuito Isc (pari a IL ), il punto di massima potenza Pm (punto in cui il prodotto di V per I è massimo e si raggiungono le condizioni di lavoro ottimali per la cella). Chiamiamo Vm e Im la tensione e la corrente riferite a Pm . Risulta che la cella solare 19 ideale ha una funzione caratteristica che approssima un rettangolo, con un fill factor Im Vm FF = (1.17) Isc Voc vicino a uno. Nel caso di una cella ideale al silicio, si hanno valori dell’ordine di 0.8 (80 %). Un altro parametro fondamentale per la cella fotovoltaica è l’efficienza di conversione, definita come il rapporto tra la potenza elettrica generata e la potenza di radiazione incidente sulla cella: η= Im Vm FF Isc Voc Pm = = Pin Pin Pin (1.18) L’equazione (1.16) descrive l’andamento della corrente per una cella solare ideale, in cui si trascurano i fenomeni di ricombinazione-generazione termica e gli effetti di superficie, e il termine I0 rappresenta la corrente inversa di saturazione del diodo. La cella ideale può essere interpretata tramite il circuito equivalente in Figura 1.16 Figura 1.16: Circuito equivalente per una cella ideale. Quando la cella solare viene chiusa su un utilizzatore, rappresentato nel circuito equivalente dalla resistenza di carico Rc , si stabilisce una corrente nel circuito esterno e quindi la cella eroga potenza elettrica (P=V I). Nei casi limite di circuito aperto e di cortocircuito la cella non eroga potenza elettrica al carico. In condizione di circuito aperto (condizione in cui Rc assume valori molto elevati, al limite infinito) si ha I=0 e la tensione di circuito aperto diventa kB T IL Voc = log +1 . (1.19) q I0 In generale il termine IL /I0 è molto maggiore di 1, quindi possiamo scrivere Voc ≈ VT ln(Isc /I0 ). Questo significa che, sebbene I0 sia in genere una 20 quantità molto piccola rispetto a IL , abbassare il valore della corrente di saturazione è cruciale per aumentare l’efficienza [1]. All’estremo opposto, quando Rc assume valori molto piccoli, al limite zero, si ha V=0. La cella è dunque chiusa in cortocircuito e la corrente di cortocircuito Isc coincide con la corrente fotogenerata IL : Isc = IL . (1.20) Cella solare reale: circuito equivalente e resistenza serie La cella solare reale presenta, rispetto al modello ideale, alcune anomalie nella caratteristica I-V imputabili a fenomeni di ricombinazione delle coppie elettrone lacuna, attivati dai difetti cristallografici presenti nella regione di carica spaziale, e a effetti di superficie (velocità di ricombinazione in corrispondenza dei bordi del dispositivo). Sono inoltre da considerare percorsi “parassiti” della corrente, difetti chimico-fisici del cristallo, ed infine il fatto che la corrente fotoindotta, per richiudersi attraverso gli elettrodi metallici, deve percorrere un cammino resistivo attraverso il cristallo. Si può tener conto di tutti questi effetti, in prima approssimazione, considerando una rete resistiva, costituita da una resistenza in serie Rs e da una resistenza in parallelo Rsh , all’interno della giunzione. L’effetto di quest’ultima risulta trascurabile quando Rsh >100 Ω, condizione verificata in celle solari di buona qualità. Da queste considerazioni, possiamo riscrivere la caratteristica della Figura 1.17: Circuito equivalente per una cella reale. cella solare per il caso reale come: q (V −IRs ) I = I0 e nkB T − 1 − IL (1.21) dove Rs è la resistenza serie, I0 rappresenta la corrente inversa della giunzione al buio che comprende, oltre al termine diffusivo di saturazione, i processi di ricombinazione e generazione termica, mentre n rappresenta il fattore di 21 idealità della giunzione. La tensione a circuito aperto della cella reale è descritta dalla relazione kB T IL Voc = n log +1 . (1.22) q I0 Si osservi che un aumento del fattore di idealità n, contrariamente a quanto si potrebbe dedurre da una prima analisi superficiale della (1.22), provoca una diminuzione della Voc , in quanto la ricombinazione termica, responsabile dell’incremento di n, provoca un forte aumento della I0 e il calo conseguente del logaritmo prevale nel determinare il valore di Voc . La corrente di cortocircuito si ricava dalla (1.21) q (I R ) (1.23) Isc = I0 e nkB T sc s − 1 − IL . La presenza della resistenza serie modifica la curva caratteristica abbassandone la corrente di cortocircuito, il cui valore non coincide più con la corrente fotogenerata IL come accadeva nella cella ideale, ma se ne discosta quanto più grande è Rs , come è mostrato in Figura 1.18. Figura 1.18: Effetti della resistenza serie sulla caratteristica I-V. Sono mostrate le curve di due diverse celle solari: una avente Rs =0,38Ω e una con Rs =3,5Ω. Notiamo inoltre che l’aumento dell’irraggiamento fa aumentare il valore di Isc [6]. All’aumentare di Rs si riduce il Fill-Factor della cella (come si nota in 22 Figura 1.18) e di conseguenza il rendimento di conversione. La potenza elettrica IL − I kB T log + 1 − Rs I 2 (1.24) P = In q I0 risulta diminuita dalla potenza dissipata per effetto Joule lungo il cammino resistivo che deve percorrere la corrente per raggiungere gli elettrodi esterni della cella. Un aumento della resistenza serie provoca perciò un decremento nella potenza elettrica erogabile al carico e un aumento della temperatura di regime della cella che comporta un abbassamento dell’efficienza di conversione. Il valore di Rs è la risultante di diversi contributi e possono essere utilizzati modelli più elaborati per analizzare in dettaglio le caratteristiche elettriche della cella solare (per esempio il modello con due diodi [1]). Tuttavia il concetto di resistenza serie ed il circuito equivalente che ne deriva (Figura 1.17) continuano ad essere utilizzati per la loro efficacia intuitiva e utilità pratica. Effetto della temperatura sulla caratteristica I-V Vediamo in breve come la temperatura e l’intensità della radiazione incidente influenzano la caratteristica elettrica e quindi l’efficienza di conversione di una cella solare. La Figura 1.19 riporta l’andamento qualitativo della Figura 1.19: Effetto della temperatura sulla caratteristica I-V di una cella solare. caratteristica elettrica della cella al variare della temperatura. Si osserva che un aumento di T provoca un aumento di Isc , una sensibile diminuzione di Voc ed una riduzione del FF , che porta ad un calo dell’efficienza di conversione. 23 Figura 1.20: Effetto della radiazione incidente sulla caratteristica I-V di una cella solare. La Figura 1.20 riporta invece l’andamento qualitativo della caratteristica elettrica della cella, supposta a temperatura ambiente, al variare dell’intensità di illuminazione. L’incremento dell’intensità di radiazione incidente provoca un aumento lineare nella Isc e logaritmico nella Voc , un calo del FF e di conseguenza dell’efficienza di conversione η. Per questo motivo non si possono utilizzare concentratori di radiazione solare. 24 Capitolo 2 Elaborazione dei dati Gli oggetti di studio in questa esperienza di laboratorio sono inizialmente due fotodiodi di caratteristiche e case costruttrici differenti, analizzati in base alle uscite di tensione e di corrente ai capi in diverse condizioni di illuminazione e di carico. A tal proposito si utilizzano le curve caratteristiche corrente-tensione I-V oltre alla risposta spettrale al variare della lunghezza d’onda incidente, in grado di restituire i parametri fondamentali che descrivono una cella solare. Il materiale a disposizione per l’esperienza è il seguente: un fotodiodo Hamamatsu S1787-12 (fig 2.6), un fotodiodo RS IPL 10050 (fig 2.17), un banco ottico e dei supporti Newport adatti, una lampada alogena (fig 2.46), una lampada allo Xeno provvista di un monocromatore da 400 a 800 nm con collimatore omologato (fig 2.45), una fibra ottica, un fotodiodo calibrato abbinato ad un optical power meter, due tester, una basetta a resistenza variabile, un termometro a infrarossi (fig 2.46), un luxmetro RS LX-105, un connettore a blocchi NI BNC-2110 (fig 2.25), un software LabVIEW 7.0, una scheda DAQmx e un computer. 2.1 Curve caratteristiche I-V per una cella fotovoltaica e Resistenza serie Rs Le caratteristiche corrente-tensione per una cella solare possono essere ottenute con tre metodi, ognuno dei quali conduce ad un diverso risultato dovuto all’effetto della resistenza interna. Le tre procedure sono: la caratteristica elettrica statica (o caratteristica di uscita fotovoltaica), la caratteristica diodo inverso e la caratteristica giunzione p-n. 25 2.1.1 Caratteristica elettrica statica Figura 2.1: Il circuito necessario per una misura della caratteristica elettrica statica, mentre all’interno della riga tratteggiata si presenta il circuito equivalente per una cella solare reale. Il primo metodo è ottenuto applicando alla cella solare un’illuminazione costante - non necessariamente nota - e variando la resistenza di carico Rc tra le condizioni di corto circuito (Rc ≈ 0) e di circuito aperto (Rc → ∞), mentre si misurano la corrente che fluisce nel circuito e la tensione ai capi della cella. La curva caratteristica I-V ottenuta è quindi chiamata caratteristica di uscita fotovoltaica, o più comunemente caratteristica elettrica statica e può essere descritta dalla seguente equazione q (V − IRs ) − 1 − IL , (2.1) I = I0 exp nkB T dove I0 è la corrente inversa di saturazione per una giunzione p-n, IL è la corrente fotogenerata, q e kB sono la carica elettronica e la costante di Boltzmann, T è la temperatura assoluta, n è un numero adimensionale tra 1 e 5 che descrive l’idealità della cella solare (n = 1 per il caso ideale, n ≈ 2, 5 per quello reale) mentre Rs è la resistenza serie. In particolare IL risulta proporzionale all’intensità della luce incidente e dipende dalla geometria e dal materiale di cui è composta la cella solare, mentre I0 può essere ricavata dalla proprietà del semiconduttore. In figura 2.1 è rappresentato il circuito per questo tipo di misura, compreso il circuito equivalente per una cella solare. 26 2.1.2 Caratteristica diodo inverso Figura 2.2: Il circuito necessario per una misura della caratteristica diodo inverso, mentre all’interno della riga tratteggiata si presenta il circuito equivalente per una cella solare reale. La seconda procedura testa la cella fotovoltaica considerandola come un diodo, applicando una differenza di potenziale ai capi in assenza di alcuna fonte luminosa. Per ogni variazione del potenziale applicato si misureranno la tensione e l’intensità di corrente in uscita come illustrato in figura 2.2. La curva I-V ottenuta può essere descritta dall’equazione q (V − IRs ) − 1 , (2.2) I = I0 exp nkB T che si differenzia dall’espressione (2.1) per la mancanza del termine di corrente fotogenerata IL . 2.1.3 Caratteristica giunzione p-n L’ultimo metodo per ottenere una curva caratteristica I-V risulta il più laborioso dei tre, nella misura in cui occorre illuminare la cella solare con luce variabile. Anche in questo caso non è necessario sapere l’intensità di radiazione incidente e per ogni misura si determinano la tensione ai capi della cella, che coincide con la tensione di circuito aperto Voc , e l’intensità di corrente di corto circuito Isc , che coincide con la corrente fotogenerata IL (vedere figura 2.3). La curva I-V che si ottiene è descritta dall’espressione q IL = I0 exp Voc − 1 (2.3) nkB T 27 ricavata dalla (2.1) ponendo I = 0 e V = Voc e simile alla (2.2) con l’assenza del termine di resistenza serie Rs . La caratteristica giunzione p-n viene in genere utilizzata per stabilire la corrente di saturazione, il fattore di idealità n e la dipendenza dalla temperatura di questi termini. Figura 2.3: Il circuito necessario per una misura della caratteristica giunzione p-n, mentre all’interno della riga tratteggiata si presenta il circuito equivalente per una cella solare reale. 2.1.4 Calcolo della Resistenza serie Rs e Fill Factor FF Una cella solare “reale” presenta delle difformità nella caratteristica correntetensione rispetto al modello ideale imputabili a vari fenomeni dissipativi (vedere paragrafo 1.4), che visti come cadute ohmiche possono essere ricondotti in prima approssimazione con una resistenza equivalente interna alla cella. Quest’ultima è la risultante di vari contributi identificati seguendo il percorso della corrente attraverso l’intera struttura, come indicato schematicamente in figura 2.4, tra i quali risultano dominanti quelli associati al percorso della corrente attraverso la sottile regione n+ ed attraverso le minute striscie metalliche che costituiscono il grigliato frontale della cella. Per queste ragioni si definisce l’equivalente della serie di resistenze attraversate dalla corrente nella cella come resistenza serie Rs . Il calcolo della resistenza serie per una cella fotovoltaica si compie su un insieme di misure di caratteristiche elettriche statiche. Facendo riferimento al circuito equivalente di figura 2.1, si riscontra una corrente nel circuito esterno quando si chiude la cella sulla resistenza di carico Rc . Con riferimento al grafico di figura 2.5, la potenza elettrica P = V I erogata dalla cella sul carico è rappresentata graficamente dall’area del rettangolo inscritto nella caratteristica I-V ed avente come vertice esterno il punto di lavoro del circuito. Al variare di Rc tra 0 e +∞ deve esistere una condizione ottimale di funzionamento a cui corrisponde un massimo della potenza elettrica sul 28 Figura 2.4: Resistenza serie nella cella solare a giunzione. carico Pm = Vm Im (vedere figura 2.5). Tale condizione equivale da un punto di vista geometrico alla determinazione del punto di massimo lavoro, ossia il vertice del rettangolo di massima area inscritto nella caratteristica I-V della cella. Infine il fattore di riempimento o Fill Factor FF = Vm Im Voc Isc (2.4) viene utilizzato per determinare il rapporto tra il rettangolo di massima potenza ed il prodotto tra la corrente di corto circuito Isc e la tensione di circuito aperto Voc della cella. Per quanto riguarda il metodo di misura della resistenza serie Rs , essa coincide con il valore della pendenza della retta che meglio interpola i punti di massima potenza relativi a curve caratteristiche elettriche statiche I-V a diverse illuminazioni (vedere figura 2.5) [6]. 2.1.5 Risposta spettrale Si definisce risposta spettrale assoluta esterna il rapporto S(λ) = Isc (λ) Φ(λ) (2.5) fra la corrente di cortocircuito Isc (λ) erogata dalla cella solare e l’intensità della radiazione monocromatica incidente Φ(λ). Il metodo attraverso il quale è possibile estrarre l’espressione (2.5) è la caratteristica giunzione p-n, per mezzo dell’identità Isc = IL . La risposta spettrale S(λ) restituisce quindi un’indicazione quantitativa di come la cella solare risponda alla sollecitazione monocromatica al variare della lunghezza d’onda λ. 29 Figura 2.5: Sopra è illustrata una curva caratteristica elettrica statica I-V, nella quale si evidenzia il punto di massimo lavoro, al centro è rappresentata la corrispondente curva della potenza dalla quale si ricava il punto di massimo Pm = Vm Im , mentre sotto è riportato un esempio di retta interpolatrice per la miglior stima della resistenza serie Rs , la pendenza della retta di fit. 30 2.2 Fotodiodo Hamamatsu S1787-12 La tipologia S1787 Series costituisce una famiglia di fotodiodi caratterizzati da una bassa corrente di buio1 , annegati in un involucro plastico lightimperviuos, che impedisce a qualunque fonte luminosa che non abbia direzione frontale di interagire con l’area attiva del dispositivo. Queste caratteristiche lo rendono applicabile come esposimetro, luxmetro o interruttore ottico. Nel particolare il modello S1787-12 rappresentato in figura 2.6 gode di un funzionamento nel range visibile e nel vicino infrarosso, le cui caratteristiche tecniche sono elencate in tabella 2.1. Dimensione Area attiva Voltaggio max Temperatura di area attiva efficace inverso VR funzionamento (mm) (mm2 ) (V ) (◦ C) S1787-12 2, 4 × 2, 8 6, 6 10 da −10 a +60 Range risposta Picco risposta Massima Corrente corto Dark Current spettrale λ spettrale λp risposta spettrale circuito Isc a VR = 1V (nm) (nm) (A/W ) a 100 lux (µA) (pA) da 320 a 1000 650 0, 35 2, 3 20 Modello Tabella 2.1: Intervalli massimi assoluti di funzionamento e caratteristiche elettriche e ottiche per un fotodiodo Hamamatsu S1787-12 a temperatura T = 25◦ C. 2.2.1 Analisi dati sulla caratteristica giunzione p-n In questa sezione di lavoro si è utilizzata una lampada allo Xeno (fig 2.45) per ottenere luce bianca ed il monocromatore omologato per luce rossa a 630 nm, verde a 520 nm e blu a 460 nm. Considerate le minute dimensioni dell’area attiva del fotodiodo (tabella 2.1), è stato necessario l’impiego di una fibra ottica per poter svolgere l’esperienza; in questo modo la variazione di intensità incidente sul sensore è stata ottenuta regolando l’angolo di inclinazione tra la normale del fotodiodo e la direzione di propagazione della radiazione. I valori di intensità di corrente Isc e di tensione Voc ai capi del fotodiodo per le diverse illuminazioni sono rappresentati in figura 2.8. Utilizzando l’equazione 2.3, per ogni curva caratteristica è stato ricavato un fit (figura 2.38 e 2.39 negli allegati), che converge propriamente ai dati 1 Generalmente chiamata dark current, è il rumore che la cella solare presenta quando non riceve alcuna radiazione. 31 Figura 2.6: A sinistra due diversi fotodiodi Hamamatsu della categoria S1787 Series, mentre a destra le dimensioni del dispositivo in mm. Il modello S1787-12 a differenza degli altri è provvisto di un filtro IR sulla finestra dell’area attiva. Figura 2.7: La risposta spettrale dei fotodiodi Hamamatsu S1787 Series come attestato nella scheda tecnica rilasciata dalla casa costruttrice. 32 Figura 2.8: Le curve caratteristiche I-V della giunzione p-n per luce bianca, rossa, verde e blu. sperimentali con valori di χ2 attorno a 10−13 , dal quale si è ottenuta una miglior stima per i parametri di corrente inversa di saturazione I0 ed il fattore di idealità n. Per entrambi i paramentri si è poi calcolata la confidenza reciproca ed una media su tutte le curve per I0 e n, considerate le miglior stime per la caratteristica giunzione p-n (tabella 2.2). Per ricavare il fattore di idealità n, si è considerata la temperatura del laboratorio T = 25 ± 1◦ C, avendo verificato che l’esposizione prolungata (30 − 40 min) del fotodiodo alla radiazione incidente2 non portava ad una crescita della temperatura del sensore3 . I risultati ottenuti evidenziano una confidenza diffusa tra le curve per entrambi i parametri. 2.2.2 Analisi dati sulla caratteristica diodo inverso Questa esperienza risulta essere la meno impegnativa da un punto di sperimentale: infatti è stato sufficiente oscurare il fotodiodo e registrare l’intensità di corrente e la tensione ai capi, applicandogli una differenza di potenziale di volta in volta differente (come descritto nel paragrafo 2.1.2). Tuttavia la 2 3 L’illuminazione del fotodiodo si è compiuta tramite una fibra ottica. La misura è stata compiuta per mezzo del termometro a infrarossi (fig 2.46). 33 I0 δI0 −12 −13 err.% n δn err.% 0, 006 0, 009 0, 021 0, 011 0, 60 0, 87 2, 12 1, 10 luce bianca 630 nm 520 nm 460 nm 5, 60 · 10 4, 50 · 10−12 3, 98 · 10−12 5, 39 · 10−12 4, 05 · 10 5, 25 · 10−13 1, 23 · 10−12 8, 21 · 10−13 7, 2 11 30 15 1, 037 1, 022 1, 014 1, 034 Media 4, 87 · 10−12 6, 59 · 10−13 13 1, 027 9, 25 · 10−3 Curve Confidenza per I0 Confidenza per n bianca - rossa bianca - verde bianca - blu rossa - verde rossa - blu verde - blu 1, 65 1, 25 0, 22 0, 39 0, 91 0, 95 1, 34 1, 01 0, 19 0, 35 0, 84 0, 83 0, 9 Tabella 2.2: Sopra sono tabulati i coefficienti restituiti dai fit per le curve caratteristiche giunzione p-n a diverse lunghezze d’onda, mentre sotto sono rappresentate le confidenze reciproche tra le diverse curve per il parametro della corrente inversa di saturazione I0 e il fattore di idealità n. curva I-V ottenuta non può essere fittata direttamente con l’espressione 2.24 per la presenza nel membro di destra del termine IRs . Un primo approccio è stato quindi l’utilizzo della funzione inversa nkB T I V = ln + 1 + IRs , (2.6) q I0 il cui fit è rappresentato in figura 2.9. Osservando che i valori di corrente restituiti dal fotodiodo in tale configurazione sono piccoli (≈ 10−3 A) e supponendo Rs << 1, si potrebbe trascurare in prima approssimazione il termine IRs dall’equazione 2.2. L’espressione cosı̀ ottenuta risulta essere l’analoga della caratteristica diodo inverso per il caso di una cella solare ideale, in grado ora di produrre un fit della curva sperimentale I-V in modo diretto (figura 2.10). I fit cosı̀ generati convergono propriamente alle curve5 , ottenendo infatti un χ̃2 = 3, 70 · 10−4 per il fit “reale” e addirittura un χ̃2 = 3, 28 · 10−9 per quello “ideale”. Mettendo a confronto i parametri di corrente inversa di saturazione I0 e del fattore di idealità n ottenuti dai due fit ricaviamo una mancanza di confidenza (vedere tabella 2.3). 4 L’espressione 2.1 e 2.2 sono infatti due funzioni autoconsistenti, per la cui risoluzione occorre una simulazione numerica. 5 Per χ̃2 si intende χ2 /d, con d numero dei gradi di libertà del fit, ossia il numero dei punti considerati nel fit sottratto del numero di parametri restituiti dal fit. 34 Figura 2.9: Il fit dei dati sperimentali V-I tramite l’espressione 2.6. Figura 2.10: Il fit dei dati sperimentali I-V tramite l’espressione 2.2 sottratta del termine IRs . 35 I0 δI0 −10 Fit reale Fit ideale 6, 69 · 10 9, 38 · 10−7 Confidenza 5, 29 −10 1, 34 · 10 1, 77 · 10−7 err.% n δn err.% 20 19 1, 470 3, 32 0, 036 0, 09 2, 5 2, 7 19 Tabella 2.3: I coefficienti restituiti dai due fit per le curve caratteristiche diodo inverso. I fattori di idealità sono stati calcolati considerando una temperatura T = 25 ± 1◦ C. 2.2.3 Analisi dati sulla caratteristica elettrica statica, resistenza serie Rs e fill factor FF La sezione di analisi che verrà descritta in questo paragrafo in realtà è stata cronologicamente la prima ad essere svolta, per la quale non si disponeva ancora di una lampada allo xeno con fibra ottica ma di una comune lampada alogena (fig 2.46). La differenza sostanziale, che si riscontra nell’impiego delle due fonti luminose, è una forte dipendenza della temperatura del fotodiodo dalla distanza della lampada alogena: piccole distanze conducono cosı̀ a maggiori intensità di illuminazione ma allo stesso tempo riscaldano il sensore verso temperature vicine al limite di funzionamento (≈ 60◦ C, vedere tabella 2.1) che ne alterano sensibilmente le prestazioni. Lampada alogena con filtro IR Non volendo inizialmente trattare questo problema, si è utilizzato tra il fotodiodo e la sorgente luminosa un filtro IR6 che ragionevolmente garantisce una temperatura ambientale sul fotodiodo (≈ 25◦ C), a patto che la distanza tra il dispositivo e la lampada non sia troppo piccola7 . Si sono poi considerate due diverse distanza di 20 e 35 cm per le quali la lampada alogena è stata utilizzata nelle due possibili configurazioni di potenza. Avendo pertanto quattro differenti valori di intensità di radiazione, si sono misurate la tensione V ai capi del sensore e l’intensità di corrente I al variare della resistenza di carico Rc (vedere figura 2.1). Le curve caratteristiche elettriche statiche I-V ottenute sono rappresentate in figura 2.11. Per ottenere un fit delle curve I-V non è possibile utilizzare l’espressione 2.1 per la presenza nel membro di destra del termine IRs e neppure ricorrere all’inversione della funzione risulta una via percorribile. Una prima alternativa si potrebbe trovare risolvendo l’equazione 2.1 attraverso una simulazione al computer, ma in questo 6 Filtro infrarosso in grado di “tagliare” le frequenze superiori a 800 nm. Il setup sperimentale è stato infatti allestito in modo che il filtro IR appoggi sul fotodiodo e in condizioni di eccessive temperature il dispositivo potrebbe quindi riscaldarsi per contatto. 7 36 Figura 2.11: Le curve caratteristiche elettriche statiche I-V e P-V ottenute con l’ausilio di un filtro IR tra il fotodiodo e la lampada alogena per le distanze di 20 e 35 cm a potenza massima e minima di illuminazione. I fit ottenuti per le curve P-V hanno presentato valori di χ̃2 ≈ 10−13 , addirittura migliori di quelli riscontrati per le curve I-V. 37 caso occorrerebbe aggiustare i coefficienti “a mano” per adattarli alle curve sperimentali e ciò senza nemmeno disporre del valore di χ2 come giuda al fit. La soluzione che si è quindi ritenuta migliore è simile a quella utilizzata nel paragrafo 2.2.2 per le caratteristiche diodo inverso: osservando che i massimi valori registrati di intensità di corrente I sono dell’ordine di 10−4 A e supponendo che il valore della resistenza serie sia Rs << 1, allora si potrebbe trascurare il termine IRs in quanto diversi ordini di grandezza inferiore ai valori di V , a cui dovrebbe essere sottratto. Questa approssimazione, inoltre, non modifica sensibilmente la forma dei fit ottenuti con le simulazioni sull’espressione 2.1 e garantisce la possibilità di un fit diretto con la restituzione del valore di χ2 . Procedendo in tal modo per i fit delle curve I-V misurate, si ottengono le miglior stime dei parametri di corrente fotogenerata IL , corrente di saturazione inversa I0 e fattore di idealità n (vedere tabella 2.4), con valori di χ2 ≈ 10−11 a dimostrazione della bontà della scelta di analisi intrapresa. Per quanto riguarda invece i fattori di riempimento (fill factor) FF e la resistenza serie Rs sono necessari i punti di massimo lavoro Im e Vm . Utilizzando nuovamente l’approssimazione IRs → 0, è immediato ricavare dalla formula 2.1 l’espressione della potenza in funzione della tensione, con la quale diviene possibile fittare le curve sperimentali P-V per ottenerne il massimo Pm . Per ogni curva I-V si dispone ora dei punti di massimo lavoro (Im , Vm ), dai quali si ricava il fattore di riempimento FF mediante l’espressione 2.4 e la resistenza serie Rs per mezzo della pendenza della regressione lineare (figura 2.11 e tabella 2.4). La resistenza serie risulta Rs = 7, 7 · 10−3 ± 4, 40 · 10−3 Ω, quindi con un alto errore relativo percentuale pari al 62% e un coefficiente di correlazione di 0, 75. Considerando i risultati ottenuti è opportuno evidenziare gli ottimi fattori di riempimento FF , tra lo 0, 70 e lo 0.78, mentre per i valori di corrente di saturazione inversa I0 e fattori di idealità n non si raggiunge una significativa confidenza. Lampada alogena senza filtro IR L’analogo dell’esperienza precedentemente descritta può essere intrapreso senza l’utilizzo del filtro IR. In questa circostanza non è più possibile approssimare la temperatura del fotodiodo a quella ambientale, ma occorre misurarla per ogni distanza considerata tra il dispositivo e la lampada alogena. Tuttavia, le esigue dimensioni del fotodiodo utilizzato non consentivano delle misurazioni della temperatura superficiale ritenute valide con la strumentazione in dotazione8 . Per risalire alla temperatura del sensore, si sono 8 Il termometro a infrarossi permette una stima della temperatura di un oggetto senza richiederne il contatto attraverso la sovrapposizione di due fasci laser nel punto di 38 A: 20cm int.max B: 20cm int.min C: 35cm int.max D: 35cm int.min IL (A) δIL (A) err.% 2, 013 · 10−4 1, 26 · 10−6 0, 62 1, 302 · 10−4 2, 6 · 10−7 0, 86 8, 66 · 10−5 2, 12 · 10−7 0, 25 4, 70 · 10−5 2, 48 · 10−7 0, 52 I0 δI0 err.% 5, 35 · 10−9 2, 13 · 10−9 40 3, 31 · 10−9 4, 49 · 10−10 13, 6 3, 51 · 10−10 5, 75 · 10−11 16, 4 4, 96 · 10−12 2, 56 · 10−12 52 n δn err.% 1, 56 0, 06 3, 8 1, 52 0, 02 1, 3 1, 30 0, 02 1, 4 0, 99 0, 03 3, 2 χ̃2 FF 7, 59 · 10−11 0, 71 3, 37 · 10−12 0, 70 1, 31 · 10−12 0, 73 1, 88 · 10−12 0, 78 Curve Confidenza per I0 Confidenza per n A-B A-C A-D B-C B-D C-D 0, 94 2, 3 2, 5 6 7 6 0, 64 4, 2 8 8 14 8 Tabella 2.4: I coefficienti restituiti dai fit per le curve caratteristiche elettriche statiche con l’ausilio del filtro IR. La temperatura del fotodiodo è considerata 25 ± 1◦ C. pertanto raccolti diversi valori di temperatura in funzione della distanza9 per entrambe le potenze di illuminazione della lampada alogena e si sono fittate le curve con delle funzioni10 che restituissero buoni valori di χ2 (vedere figura 2.12). In base poi alle distanze utilizzate tra il fotodiodo e la lampada alogena e alle incertezze associate a tali misure è stato possibile risalire alle temperature all’equilibrio del dispositivo con errori inerenti. Fissate due nuove distanze di 5 e 25 cm, si sono cosı̀ raccolte quattro curve caratteristiche elettriche statiche I-V analogamente a quanto fatto in precedenza ma senza l’impiego del filtro IR. Per ognuna è stato creato un fit mediante misura. Le minute dimensione del fotodiodo, allestito nel setup sperimentale, non consentivano delle misurazioni con il fascio laser ortogonale alla superficie del sensore, quindi non garantite nella corretta valutazione. 9 Il metodo di misura utilizzato consiste nel collocare ad una certa distanza dalla sorgente termica un corpo di piccole dimensioni e misurarne la temperatura con il termometro a infrarossi al raggiungimento della temperatura di equilibrio. 10 I migliori risultati si sono ottenuti per delle somme di esponenziali a + be−cx + de−f x . 39 Figura 2.12: Gli andamenti della temperatura in funzione della distanza dalla lampada alogena in dotazione per le potenze di illuminazione predisposte. l’equazione 2.1 nell’approssimazione di IRs → 0 e sono stati ricavati i coefficienti IL , I0 e n (vedere tabella 2.5). Inoltre dal punto di massimo dei fit delle curve P-V corrispondenti si sono calcolati i parametri FF e la resistenza serie Rs = 5, 15 · 10−3 ± 1, 14 · 10−3 Ω, avente un errore relativo percentuale del 22% e un coefficiente di correlazione pari a 0, 95. Ciò che si riscontra è una evidente degenerazione delle prestazione del fotodiodo allorquando si raggiungono temperature vicine a quella limite di funzionamento (le due raccolte a 5 cm toccano i 60◦ C), come si può notare sia visivamente dalla forma più rilassata del gomito delle curve di figura 2.13 sia dai valori di fill factor FF < 0, 5 (tabella 2.5). Per quanto riguarda invece le restanti due curve ottenute a 35 cm e caratterizzate da temperature di 34, 5◦ C e 30, 5◦ C si riscontrano risultati simili a quelli registrati a temperatura ambiente. Infine si osserva un buon valore di confidenza tra le due miglior stime della resistenza serie Rs ottenute per la caratteristica elettrica statica con e senza l’uso del filtro IR (tabella 2.8). 40 Figura 2.13: Le curve caratteristiche elettriche statiche I-V e P-V ottenute senza l’impiego di un filtro IR tra il fotodiodo e la lampada alogena per le distanze di 5 e 25 cm a potenza massima e minima di illuminazione. I fit ottenuti per le curve P-V hanno presentato valori di χ̃2 ≈ 10−11 , migliori di quelli riscontrati per le curve I-V. 41 E: 5cm int.max F: 5cm int.min G: 25cm int.max H: 25cm int.min IL (A) δIL (A) err.% 8, 43 · 10−4 4, 93 · 10−6 0, 58 7, 97 · 10−4 1, 7 · 10−6 0, 21 1, 10 · 10−4 3, 49 · 10−7 0, 32 8, 10 · 10−5 2, 29 · 10−7 0, 28 I0 δI0 err.% 6, 54 · 10−5 4, 5 · 10−6 6, 9 2, 16 · 10−4 7, 78 · 10−6 3, 6 3, 26 · 10−9 4, 54 · 10−10 14 4, 86 · 10−10 8, 43 · 10−11 17 n δn err.% 5, 56 0, 14 2, 5 9, 35 0, 19 2 1, 53 0, 02 1, 3 1, 33 0, 02 1, 5 T δT err.% 60◦ C - 333K 3 0, 9 60◦ C - 333K 3 0, 9 34, 5◦ C - 307, 5K 1 0, 32 30, 5◦ C - 303, 5K 0, 6 0, 2 χ̃2 FF 2, 95 · 10−10 0, 42 7, 05 · 10−11 0, 35 4, 05 · 10−12 0, 71 3, 03 · 10−12 0, 73 Curve Confidenza per I0 Confidenza per n E-F E-G E-H F-G F-H G-H 16 14 14 27 27 6 15 28 30 41 42 7 Tabella 2.5: I coefficienti restituiti dai fit per le curve caratteristiche elettriche statiche senza l’utilizzo del filtro IR. La temperatura del fotodiodo è ottenuta dalla distanza con la lampada tramite gli andamenti sperimentali di figura 2.12. Lampada allo xeno con monocromatore e fibra ottica L’ultima parte di misura sulla caratteristica elettrica statica del fotodiodo Hamamatsu si è voluto compierla utilizzando luce monocromatica rossa a 630 nm, verde a 520 nm e blu a 460 nm. E’ risultato quindi necessario l’impiego della lampada allo xeno e monocromatore omologato (figura 2.45) abbinato ad una fibra ottica per incidere opportunamente sull’area attiva del sensore. Come già specificato nei precedenti paragrafi, la radiazione uscente dalla fibra (sia essa monocromatica o bianca) non conduce ad un innalzamento della temperatura del fotodiodo per esposizione e la qualcosa consente di stimare la temperatura superficiale al pari di quella ambientale T = 25 ± 1◦ C. Procedendo allo stesso modo rispetto alle procedure descritte 42 in questa sezione di esperienza si sono ricavate le curve I-V ed i coefficienti inerenti (figura 2.14 e tabella 2.6). La resistenza serie ottenuta risulta Rs = 2, 39 · 10−3 ± 1, 86 · 10−3 Ω, confidente con le precedenti stime di Rs grazie ad un alto errore relativo percentuale del 77% (giustificato in parte da una regressione lineare su soli tre punti) e caratterizzata da un coefficiente di correlazione pari a 0, 78 (tabella 2.8). Rosso 630 nm Verde 520 nm Blu 460 nm IL (A) δIL (A) err.% 5, 93 · 10−5 1, 44 · 10−7 0, 24 6, 21 · 10−5 2, 12 · 10−7 0, 34 7, 72 · 10−5 2, 5 · 10−7 0, 32 I0 δI0 err.% 1, 85 · 10−10 3, 41 · 10−11 18 2, 03 · 10−10 4, 07 · 10−11 20 4, 71 · 10−10 8, 23 · 10−11 17 n δn err.% 1, 33 0, 02 1, 5 1, 34 0, 02 1, 6 1, 43 0, 02 1, 5 χ̃2 FF 3, 10 · 10−13 0, 73 7, 37 · 10−13 0, 74 8, 81 · 10−13 0, 74 Curve Confidenza per I0 Confidenza per n Rosso - Verde Rosso - Blu Verde - Blue 0, 32 3, 20 2, 92 0, 35 3, 30 2, 82 Tabella 2.6: I coefficienti restituiti dai fit per le curve caratteristiche elettriche statiche ottenute con luce monocromatica a 630, 520 e 460 nm. La temperatura del fotodiodo è approssimata uguale a quella ambientale 25 ± 1◦ C. 43 Figura 2.14: Le curve caratteristiche elettriche statiche I-V e P-V ottenute con luce monocromatica a 630, 520 e 460 nm. I fit ottenuti per le curve P-V hanno presentato valori di χ̃2 ≈ 10−14 , migliori di un ordine di grandezza rispetto a quelli riscontrati per le curve I-V. 44 2.2.4 Risposta spettrale Per l’illuminazione del fotodiodo in questa sezione di misure si è utilizzata la lampada allo xeno e un monocromatore abbinati ad una fibra ottica, setup sperimentale che restituisce il vantaggio di lavorare con il dispositivo a temperatura ambiente di 25 ± 1◦ C. Affinchè si possa raggiungere la risposta spettrale S(λ) di formula 2.5 per il fotodiodo in esame, è necessario prima ottenere lo spettro della sorgente luminosa impiegata, ossia l’intensità di radiazione per ogni componente monocromatica φ(λ). A tal scopo si è fatto uso di un fotodiodo calibrato e di un optical power meter ricavando la curva di figura 2.15. Per scrupolo, inoltre, si è voluto ripetere le misurazioni anche Figura 2.15: Lo spettro della luce bianca generata dalle lampada allo xeno utilizzata per ottenere la risposta spettrale del fotodiodo. per il caso in cui tra la sorgente luminosa e il fotodiodo calibrato sia interposto il filtro IR utilizzato nei precedenti paragrafi. Dopodiciò si è registrata l’intensità di corto circuito Isc (λ) al variare della lunghezza d’onda incidente (figura 2.40 negli allegati), ottenendo infine dal rapporto tra le due misure la risposta spettrale S(λ) mostrata in figura 2.16. La miglior stima della risposta spettrale è stata compiuta con una media tra due raccolte misurate nelle stesse condizioni sperimentali ma a 5 minuti di distanza tra di loro, intervallo di tempo nel quale non si esclude una variazione della temperatura del laboratorio che abbia modificato le condizioni ambientali in modo minimo ma non trascurabile per la sensibilità del fotodiodo11 . Il massimo della risposta 11 La possibilità che la temperatura superficiale del fotodiodo aumenti per l’esposizione alla luce monocromatica in uscita dalla fibra ottica è un’ipotesi sperimentalmente smentita. 45 Figura 2.16: In blu è rappresentata la risposta spettrale del fotodiodo Hamamatsu, mentre in verde l’analoga con l’utilizzo del filtro IR. Le curve di colore più intenso sono la media di quelle con uguale colorazione più chiara. spettrale S(λ) risulta 0, 37 A/W per una lunghezza d’onda di 660 nm, valori confrontabili con quelli comunicati dall’azienda costruttrice (tabella 2.1 e figura 2.7). Per quanto riguarda invece la risposta spettrale ottenuta con l’applicazione del filtro IR, si osserva un andamento analogo al caso senza filtro, che ne verifica la trasparenza nel visibile, mentre l’abbassamento di circa 0,1 A/W può essere ragionevolmente giustificato da un fenomeno di riflessione che ha diminuito l’intensità di radiazione entrante nel fotodiodo. 2.2.5 Conclusioni e confidenze Cercando ora di trovare una confidenza tra i migliori parametri restituiti dai fit nelle diverse sezioni sperimentali, si evidenzia che l’unica analisi compiuta su una curva caratteristica I-V che ha mostrato la piena confidenza dei coefficienti tra le diverse curve registrate sia la caratteristica giunzione p-n12 (tabella 2.2). Per tal ragione, consideriamo il valor medio di I0 e di n tra le curve della giunzione p-n come riferimento per un confronto con tutti gli altri risultati. Per quanto riguarda la caratteristica diodo inverso si tiene in considerazione il fit “reale” ricavato per mezzo della formula 2.6, dal momento 12 La caratteristica giunzione p-n, in genere, risulta essere utilizzata per ottenere una miglior stima del fattore di idealità n di una cella solare. 46 che il fit compiuto con l’espressione analoga a quella di una cella solare ideale ha restituito valori di scarso significato nonostante l’ottimo χ2 (tabella 2.3). Per la caratteristica elettrica statica, inoltre, si valutano i parametri ottenuti con l’utilizzo del filtro IR interposto fra la lampada alogena e il fotodiodo (tabella 2.4) e quelli con luce monocromatica (tabella 2.6). Procedendo in questa direzione non si può concludere alcuna confidenza per la corrente di saturazione inversa I0 e il fattore di idealità n a meno della combinazione tra le curve A e F. Utilizzando diversamente come termine di paragone i valori della caratteristica diodo inverso otteniamo un risultato simile al precedente per quanto riguarda il coefficiente I0 e tre confidenze per il fattore n. Caratteristica Curva Giunzione p-n A I0 4, 87 · 10−12 10−10 δI0 err.% n δn err.% 6, 59 · 10−13 13 1, 027 1, 34 · 10−10 20 1, 470 0, 036 2, 5 9, 25 · 10−3 0, 9 Diodo inverso B 6, 69 · Elettrica Statica CF C 5, 35 · 10−9 2, 13 · 10−9 40 1, 56 0, 06 3, 8 D 3, 31 · 10−9 4, 49 · 10−10 14 1, 52 0, 02 1, 3 E 3, 51 · 10−10 5, 75 · 10−11 16 1, 30 0, 02 1, 4 F 4, 96 · 10−12 2, 56 · 10−12 52 0, 99 0, 03 3, 2 G 1, 85 · 10−10 3, 41 · 10−11 18 1, 33 0, 02 1, 5 H 2, 03 · 10−10 4, 07 · 10−11 20 1, 34 0, 02 1, 6 I 10−10 10−11 17 1, 43 0, 02 1, 5 Elettrica Statica LM 4, 71 · 8, 23 · Curve Confidenza per I0 Confidenza per n Curve Confidenza per I0 Confidenza per n A-B 4, 9 12 B-A 4, 9 12 A-C 2, 5 9 B-C 2, 19 1, 28 A-D 7 22 B-D 5 1, 21 A-E 6 12 B-E 2, 18 4, 12 A-F 0, 03 1, 17 B-F 4, 95 10 A-G 5 14 B-G 3, 5 3, 4 A-H 4, 8 14 B-H 3, 3 3, 1 A-I 5 18 B-I 1, 25 0, 97 Tabella 2.7: Sopra i valori più significativi restituiti dai fit sulle curve caratteristiche, mentre sotto le confidenze utilizzando come termine di paragone prima i risultati della caratteristica giunzione p-n e poi quelli della caratteristica diodo inverso. CF = Con filtro IR, LM = luce monocromatica, G = luce rossa a 630 nm, H = luce verde a 520 nm , I = luce blu a 460nm. Infine si mettono a confronto le migliori stime per la resistenza serie Rs calcolate in tutto il paragrafo 2.2.3, ottenendone una larga confidenza. Dal 47 momento che il valore di Rs ottenuto con luce monocromatica è affetto da una grande incertezza, si è preferito procedere alla miglior stima della resistenza serie per il fotodiodo Hamamatsu S1787-12 attraverso una media pesata. Rs (Ω) δRs (Ω) err.% coeff.corr. Senza filtro IR Con filtro IR Luce monocromatica 5, 15 · 10−3 7, 7 · 10−3 2, 39 · 10−3 1, 14 · 10−3 4, 4 · 10−3 1, 86 · 10−3 22 62 77 0,95 0,75 0,78 Media pesata 4, 55 · 10−3 9, 5 · 10−4 20 Confidenze SF - CF 0, 56 SF - LM 1, 26 CF - LM 1, 11 Tabella 2.8: I valori di confidenza della resistenza serie Rs ottenute nelle diverse misurazioni sulla caratteristica elettrica statica e la risultante media pesata. SF = Senza filtro IR , CF = Con filtro IR , LM = Luce monocromatica. 2.3 Fotodiodo RS IPL 10050 CW La famiglia di fotodiodi IPL 10020-60 Series è caratterizzata da alta stabilità ed ampio range spettrale, applicati generalmente come sensori di posizione e di luce. In particolare il modello IPL 10050 è rappresentato in figura 2.17 mentre le caratteristiche tecniche sono elencate in tabella 2.9. Dimensione Area attiva Voltaggio max Temperatura di area attiva efficace inverso VR funzionamento (mm) (mm2 ) (V ) (◦ C) IPL 10050 CW 7×7 41, 3 60 da −55 a +125 Range risposta Picco risposta Massima Dark current Dark Current spettrale λ spettrale λp risposta spettrale a VR = 20V a VR = 10V (nm) (nm) (A/W ) (pA) (pA) da 350 a 1150 900 0, 5 420 275 Modello Tabella 2.9: Intervalli massimi assoluti di funzionamento e caratteristiche elettriche e ottiche per un fotodiodo RS IPL 10050 CW a temperatura T = 25◦ C. 48 Figura 2.17: A sinistra un esempio di fotodiodo RS IPL 10050 CW, mentre a destra le dimensioni del dispositivo in mm. Figura 2.18: La risposta spettrale come attestato nella scheda tecnica rilasciata dalla casa costruttrice dei fotodiodi RS IPL 10020-60 Series. 49 2.3.1 Analisi dati sulla caratteristica giunzione p-n Questa esperienza è stata svolta analogamente a quanto descritto nel paragrafo 2.2.1. Il setup sperimentale è composto dalla lampada allo xeno in dotazione abbinata del monocromatore nel visibile e una fibra ottica: la variazione di intensità di radiazione sul fotodiodo è stata possibile variando l’inclinazione della fibra ottica rispetto alla normale dell’area attiva del dispositivo. Le curve I-V raccolte per luce bianca, rossa a 630 nm, verde a 520 nm e blu a 460 nm (figura 2.19) sono state fittate con l’equazione 2.3 (vedere figure 2.42 e 2.43 negli allegati) ottenendo valori di χ̃2 ≈ 10−13 . I parametri di corrente inversa di saturazione I0 e del fattore di idealità n sono presentati in tabella 2.10; per il calcolo del fattore di idealità n si è considerata la temperatura superficiale del fotodiodo uguale a quella ambientale13 T = 26 ± 1◦ . Ciò che si osserva è una buona confidenza per le curve con luce monocromatica su entrambi i coefficienti restituiti, mentre dal confronto con la curva di luce bianca non si rivela alcuna confidenza. La media ottenuta tra i differenti valori del fattore di idealità n è considerata miglior stima per il fotodiodo in esame. Figura 2.19: Le curve caratteristiche I-V della giunzione p-n per luce bianca, rossa, verde e blu. (fotodiodo RS IPL 10050 CW) Il motivo per cui la temperatura ambiente è valutata 25 ± 1◦ C nella sezione 2.2 mentre è 26 ± 1◦ C nell’attuale è dovuto al fatto che le misure sono state compiute in mesi diversi dell’anno. 13 50 I0 δI0 −9 −10 err.% n δn err.% 1, 355 1, 254 1, 220 1, 258 0, 027 0, 021 0, 018 0, 024 1, 9 1, 6 1, 5 1, 9 1, 267 0, 042 3, 3 luce bianca 630 nm 520 nm 460 nm 2, 61 · 10 1, 19 · 10−9 9, 46 · 10−9 1, 27 · 10−9 4, 93 · 10 1, 89 · 10−10 1, 31 · 10−10 2, 34 · 10−10 19 16 14 18 Media pesata 5, 69 · 10−9 9, 59 · 10−11 1, 68 Curve Confidenza per I0 Confidenza per n bianca - rossa bianca - verde bianca - blu 2, 69 3, 27 2, 45 2, 97 4, 17 2, 68 rossa - verde rossa - blu verde - blu 1, 06 0, 28 1, 23 1, 24 0, 12 1, 25 Tabella 2.10: Sopra sono tabulati i coefficienti restituiti dai fit per le curve caratteristiche giunzione p-n a diverse lunghezze d’onda, mentre sotto sono rappresentate le confidenze reciproche tra le diverse curve per il paramentro della corrente inversa di saturazione I0 e il fattore di idealità n. (fotodiodo RS IPL 10050 CW) 2.3.2 Analisi dati sulla caratteristica elettrica statica In questa sezione di lavoro si è utilizzata unicamente la lampada allo xeno con una fibra ottica (fig 2.45) e ciò permette di considerare la temperatura del fotodiodo pari a quella ambientale 26 ± 1◦ C. Luce bianca Si sono raccolte la tensione V ai capi del sensore e l’intensità di corrente I al variare della resistenza Rc per intensità di illuminazione diversa (vedere figura 2.1). Sono state cosı̀ ottenute quattro curve I-V e dal fit con l’espressione 2.1 nell’approssimazione di IRs → 0 (come argomentato nel paragrafo 2.2.3) sono stati restituiti i parametri di corrente inversa di saturazione I0 , corrente fotogenarata IL e fattore di idealità n con valori di χ2 ≈ 10−12 (vedere figura 2.20 e tabella 2.11). Inoltre dal fit delle curve P-V si sono ricavati i punti di massimo lavoro da cui sono stati calcolati di fattori di riempimento FF e la resistenza serie Rs = 1, 017 · 10−3 ± 1, 34 · 10−4 Ω, caratterizzata da un errore relativo percentuale del 13% e proveniente da una regressione lineare con un coefficiente di correlazione di 0, 98. 51 Figura 2.20: Le curve caratteristiche elettriche statiche I-V e P-V ottenute da diverse intensità di illuminazione. I fit ottenuti per le curve P-V hanno presentato valori di χ̃2 ≈ 10−15 , migliori di quelli riscontrati per le curve I-V. (fotodiodo RS IPL 10050 CW) 52 A: intensità 1 B: intensità 2 C: intensità 3 D: intensità 4 IL (A) δIL (A) err.% 5, 06 · 10−5 1, 04 · 10−7 0, 20 4, 15 · 10−5 1, 05 · 10−7 0, 25 3, 17 · 10−5 7, 08 · 10−8 0, 22 1, 96 · 10−5 4, 27 · 10−8 0, 22 I0 δI0 err.% 2, 40 · 10−9 2, 25 · 10−10 9, 3 2, 29 · 10−9 2, 41 · 10−10 10 1, 30 · 10−9 1, 29 · 10−10 9, 9 8, 50 · 10−10 8, 58 · 10−11 10 n δn err.% 1, 343 0, 013 1, 00 1, 335 0, 015 1, 13 1, 257 0, 013 1, 05 1, 198 0, 013 1, 07 χ̃2 FF 1, 38 · 10−13 0, 70 1, 24 · 10−13 0, 69 4, 85 · 10−14 0, 70 1, 80 · 10−14 0, 70 Curve Confidenza per I0 Confidenza per n A-B A-C A-D B-C B-D C-D 0, 34 4, 3 6 3, 7 6 2, 9 0, 39 4, 5 8 3, 8 8 3, 2 Tabella 2.11: I coefficienti restituiti dai fit per le curve caratteristiche elettriche statiche I-V, dove la temperatura del fotodiodo è considerata 26 ± 1◦ C. (fotodiodo RS IPL 10050 CW) Luce monocromatica Sempre utilizzando la lampada allo xeno con il monocromatore omologato e fibra ottica si sono misurate le curve caratteristiche elettriche statiche per luce monocromatica a 630, 520 e 460 nm. Procedendo nel fit e nell’analisi come nel paragrafo precedente si ottengono i risultati di figura 2.21 e tabella 2.12, con una stima della resistenza serie pari a Rs = 4, 87·10−4 ±1, 27·10−4 Ω ed errore relativo percentuale del 26% mentre il coefficiente di correlazione è 0, 96. Dal confronto tra i due risultati di Rs per il fotodiodo RS IPL 10050 CW non si riscontra confidenza, tuttavia la grande differenza del valore della resistenza serie ottenuta con luce monocromatica può essere imputato al fatto che la regressione lineare sia stata compiuta su soli tre punti. 53 Figura 2.21: Le curve caratteristiche elettriche statiche I-V e P-V ottenute con luce monocromatica a 630, 520 e 460 nm. I fit ottenuti per le curve P-V hanno presentato valori di χ̃2 ≈ 10−16 , migliori di un ordine di grandezza rispetto a quelli riscontrati per le curve I-V. (fotodiodo RS IPL 10050 CW) 54 Rosso 630 nm Verde 520 nm Blu 460 nm IL (A) δIL (A) err.% 1, 25 · 10−5 2, 78 · 10−8 0, 22 1, 63 · 10−5 3, 28 · 10−8 0, 20 2, 04 · 10−5 4, 26 · 10−8 0, 21 I0 δI0 err.% 5, 25 · 10−10 4, 53 · 10−11 8, 6 5, 78 · 10−10 5, 14 · 10−11 8, 9 8, 50 · 10−10 7, 31 · 10−11 8, 6 n δn err.% 1, 141 0, 010 0, 92 1, 161 0, 011 0, 94 1, 208 0, 011 0, 92 χ̃2 FF 4, 62 · 10−15 0, 70 1, 28 · 10−14 0, 70 1, 89 · 10−14 0, 76 Curve Confidenza per I0 Confidenza per n Rosso - Verde Rosso - Blu Verde - Blu 0, 76 3, 8 3, 0 1, 33 4, 4 3, 0 Tabella 2.12: I coefficienti restituiti dai fit per le curve caratteristiche elettriche statiche ottenute con luce monocromatica a 630, 520 e 460nm. La temperatura del fotodiodo è approssimata uguale a quella ambientale 26 ± 1◦ C. (fotodiodo RS IPL 10050 CW) 2.3.3 Risposta spettrale Il setup sperimentale allestito per questa esperienza comprende una lampada allo xeno, un monocromatore, una fibra ottica e un optical power meter (fig 2.45). Utilizzando lo spettro della lampada allo xeno nel paragrafo 2.2.4 e rappresentato in figura 2.15 (per il caso senza filtro IR) e dalla misura dell’intensità di corto circuito Isc al variare della lunghezza d’onda λ (figura 2.41 negli allegati) si è ottenuta la risposta spettrale S(λ) secondo l’espressione 2.5. Quello che si registra è un andamento monotono crescente che presenta come valore più alto 0,4 A/W per λ = 800 nm, tuttavia il massimo della curva non risulta evidente per un range della lunghezza d’onda da 400 a 800 nm. Infatti la massima risposta spettrale attestata nelle caratteristiche tecniche rilasciate dall’azienda costruttrice risulta pari a 0,5 A/W per λmax = 900 nm. Infine, osservando il grafico di figura 2.22 si nota una certa somiglianza con la risposta spettrale del silicio mostrata in figura 2.18. 55 Figura 2.22: La risposta spettrale S(λ) per una temperatura di 26 ± 1◦ C. (fotodiodo RS IPL 10050 CW) 2.3.4 Conclusioni e confidenze Dal momento che il numero maggiore di confidenze è stato riscontrato per la sezione sulla caratteristica giunzione p-n, consideriamo cosı̀ le medie per i coefficienti di I0 e n (tabella 2.10) come termine di paragone con i parametri restituiti per la caratteristica elettrica statica con luce bianca (tabella 2.11) e luce monocromatica (tabella 2.12). Per quanto riguarda la corrente di saturazione inversa I0 si riscontra un’assoluta mancanza di confidenza, l’opposto di quello che si rivela per i fattori di idealità n (tabella 2.13). Infine anche per le miglior stime della resistenza serie Rs calcolate per luce bianca e monocromatica non si raggiunge la confidenza, tuttavia questo risultato può essere giustificato con il fatto che la regressione lineare che ha condotto alla stima di Rs per luce monocromatica si è svolta su soli tre punti (vedere figura 2.21). 56 Caratteristica Curva I0 δI0 err.% n δn err.% Giunzione p-n A 5, 69 · 10−9 9, 59 · 10−11 1, 68 1, 267 0, 042 3, 3 10−9 10−10 Elettrica Statica LB B 2, 40 · 9, 3 1, 343 0, 013 1, 00 C 2, 29 · 10−9 2, 41 · 10−10 10 1, 335 0, 015 1, 13 D 1, 30 · 10−9 1, 29 · 10−10 9, 9 1, 257 0, 013 1, 05 8, 50 · 10−10 8, 58 · 10−11 10 1, 198 0, 013 1, 07 5, 25 · 10−10 4, 53 · 10−11 8, 6 1, 141 0, 010 0, 92 5, 78 · 10−10 5, 14 · 10−11 8, 9 1, 161 0, 011 0, 94 8, 50 · 10−10 7, 31 · 10−11 8, 6 1, 208 0, 011 0, 92 E Elettrica Statica LM F G H 2, 25 · Curve Confidenza per I0 Confidenza per n A-B 13 1, 72 A-C 13 1, 52 A-D 27 0, 23 A-E 38 1, 57 A-F 49 2, 92 A-G 47 2, 44 A-H 40 1, 36 Rs (Ω) δRs (Ω) −3 Luce bianca Luce monocromatica 1, 02 · 10 4, 87 · 10−4 Confidenza 2, 89 −4 1, 34 · 10 1, 27 · 10−4 err.% coeff.corr. 13 26 0, 98 0, 96 Tabella 2.13: Sopra i valori restituiti dai fit sulle curve caratteristiche, in centro le confidenze utilizzando come termine di paragone i risultati della caratteristica giunzione p-n, mentre sotto la confidenza della resistenza serie Rs ottenuta nelle misurazioni sulla caratteristica elettrica statica con luce bianca e monocromatica. LB = luce bianca, LM = luce monocromatica, F = luce rossa a 630 nm, G = luce verde a 520 nm , H = luce blu a 460 nm. (fotodiodo RS IPL 10050 CW) 2.4 Cella fotovoltaica Diversamente dai paragrafi precedenti, l’obiettivo di questa sezione di studio si focalizza sulla possibilità di automatizzare i processi di raccolta dati sulla caratteristica elettrica statica per una generica cella solare. A tal proposito si necessita dell’impiego di un connettore a blocchi NI BNC 2110 (fig. 2.25), interfacciato con un programma in ambiente LabVIEW 7.0 tramite una scheda di acquisizione che usufruisce del programma DAQmx. 57 Inoltre per pilotare la resistenza di carico Rc necessaria per ricavare la curva caratteristica, occorre creare un circuito elettronico che traduca il fenomeno ricercato in termini di tensione e intensità di corrente, le quali possono essere gestite attraverso un software per mezzo del BNC 2110. A causa poi delle piccole tensioni e intensità di corrente che caratterizzano il funzionamento dei fotodiodi Hamamatsu S1787-12 ed RS IPL 10050 CW per le fonti di illuminazione a disposizione, è risultato necessario l’utilizzo di una cella solare di maggiori dimensioni14 in grado di erogare correnti di circa tre ordini di grandezza superiori (vedere figura 2.23). Figura 2.23: La cella solare utilizzata per lo studio di automazione della raccolta dati sulla caratteristica elettrica statica. 2.4.1 Circuito elettronico In Figura 2.24 è riportato lo schema del circuito elettronico realizzato con una cella solare al silicio policristallino, degli amplificatori operazionali LM324N, un transistor BD681 e un alimentatore duale ±12 V. La variazione dinamica del carico è pilotata dal transistor, che si trova in una configurazione di emitter follower (vedi sez. 1.3 e Fig. 1.11). Dunque all’uscita dell’emettitore troveremo la stessa tensione della base a meno della caduta VBE tra base ed emettitore (pari a ∼0.7 V). Mandando in ingresso un segnale VIN 15 , sull’emettitore avremo una tensione pari a -VIN -0.7V (il meno davanti a VIN è dovuto alla configurazione invertente dell’operazionale). Misuriamo questo valore di tensione all’uscita dell’amplificatore operazionale 2, 14 Le caratteristiche tecniche inerenti alla cella solare impiegata in questa esperienza non sono note. 15 L’amplificatore operazionale 1 si trova in configurazione invertente. (Il trimmer da 50 kΩ serve per regolare l’offset). 58 Figura 2.24: Schema del circuito per l’acquisizione automatizzata dei dati di tensione e corrente. in configurazione di inseguitore di tensione (restituisce in uscita lo stesso segnale in ingresso) e possiamo ricavare il valore della corrente di emettitore IE dal rapporto tra la caduta di tensione ai capi della resistenza di carico e il valore della resistenza stessa (486 Ω). Essendo IC =IE -IB , di fatto il valore di I (che misuriamo grazie al programma in LabView) è la corrente che circola nel collettore e dunque nella cella. Facendo variare il segnale in ingresso VIN (nel nostro caso da 10 V a 0 V in modo discreto), si ottiene una variazione della tensione sull’emettitore, che porta ad una conseguente variazione di IE e dunque di IC . Al variare della corrente nella cella, misuriamo la differenza di potenziale V all’uscita dell’amplificatore operazionale 3 (anch’esso in configurazione di inseguitore di tensione, dunque restituisce in uscita il valore della tensione ai capi della cella solare). 2.4.2 Programma in ambiente LabVIEW 7.0 L’obiettivo prefissato dalla programmazione in LabVIEW è la creazione di un’interfaccia grafica per il connettore a blocchi BNC 2110 (figura 2.25) che consenta di pilotare una tensione in output e di monitorare contemporaneamente una tensione e un’intensità di corrente in input. Nel particolare, attraverso il circuito elettronico descritto in precedenza si è in grado di simulare un carico variabile, analogamente a Rc nel circuito di figura 2.1. E’ quindi necessario generare in output dal BNC 2110 una rampa di tensione decrescente che vada da 10 a 0 V (all’ingresso VIN di figura 2.24) affinchè il carico vari tra 0 e +∞ al nostro scopo. Tuttavia risulterebbe più efficace 59 ad una migliore acquisizione sostituire la rampa di tensione con una scala decrescente di tensione. La ragione di tale modifica risiede nella seguente argomentazione: allorquando si cambia il valore di resistenza sul carico di una cella solare illuminata trascorre un determinato intervallo di tempo caratteristico tc nel quale il dispositivo fotovoltaico “risponde” alla variazione apportata. Per trascurare le tensioni e le intensità di corrente erogate dalla cella durante la transizione sarebbe opportuno attendere oltre a quell’intervallo tc prima di acquisire valori in input. Pertanto si mostra più conveniente generare valori costanti di tensione consecutivi con una frequenza che tenga in considerazione il tempo di risposta della cella solare. Inoltre durante il periodo di stabilità della tensione in output si registreranno con un rate fissato valori di tensione e di corrente in input, che verranno mediati tra loro per attenuare l’eventuale rumore di acquisizione. Un’altra nota preliminare alla descrizione del programma è stata la scelta di acquisire contemporaneamente in input due segnali di tensione in luogo di un segnale di tensione ed uno di corrente; il primo segnale (all’uscita V di figura 2.24) restituirà la tensione ai capi del dispositivo, mentre dal secondo sarà ricavata l’intensità di corrente della cella (uscita I di figura 2.24). Figura 2.25: Il connettore a blocchi NI BNC 2110 per il quale si è creata un’interfaccia grafica in ambiente LabVIEW 7.0 . Pannello di controllo Il pannello frontale si divide in due metà: la parte superiore è predisposta ai segnali di input, mentre quella inferiore ai segnali di output. All’interno del riquadro input si presentano due display chart, adibiti alla visualizzazione della tensione ai capi della cella solare (a sinistra) e dell’intensità di corrente erogata (a destra). I sei controlli sottostanti sono necessari per impostare il 60 Figura 2.26: Il pannello di controllo dell’interfaccia grafica creata per controllare il connettore a blocchi BNC 2110. range di tensione da visualizzare16 , il rate di acquisizione e i due canali fisici utilizzati. Infine sono presenti due display numerici per la visualizzazione in tempo reale della tensione in output e dello stato di procedimento in percentuale del programma. A lato del riquadro appena descritto è collocato uno minore contenente quattro display numerici che informano sulla media e la deviazione standard dei valori acquisiti per ogni “gradino” di tensione costante in output. Nella parte inferiore sono invece posizionati un display XY, che visualizza il grafico I-V dei valori mediati sulla tensione e corrente in input, e un riquadro contenente i controlli di output: in quest’ultimo si presentano i controlli per il canale fisico (in uscita), per i valori limite di tensione generati, per il numero di segnali costanti (gradini) che costituiscono la scala di tensione e per selezionare la durata di ogni gradino. Per concludere, vi sono altri tre pulsanti: quello verde consente di attivare o disattivare la funzione di salvataggio dei valori mediati di tensione e corrente in ingresso, quello corrispondente alla scritta Go serve per lanciare una raccolta automatizzata di input-output mentre quello di Stop arresta il ciclo while all’interno del quale è scritto l’intero programma. 16 Questo controllo è valido sia per l’input di tensione che per quello di corrente, dal momento che è ottenuta da una tensione ai capi di una resistenza nota. 61 Diagramma a blocchi Figura 2.27: Il diagramma a blocchi corrispondente al pannello frontale di controllo di figura 2.26 Il diagramma a blocchi costituisce il cuore della programmazione in ambiente LabVIEW. Quello creato per l’esperienza di laboratorio è stato concepito all’interno dei un ciclo while (la struttura più esterna) contenente una case structure che seleziona due codici di programmazione diversi a seconda che il pulsante Go sia su true oppure false: per la struttura false viene unicamente impostato un segnale di tensione nulla in output mentre per quella true viene lanciato il processo di acquisizione e generazione dei segnali17 . Nella true structure si presenta un ciclo for il cui numero di iterazioni è regolato dal controllo sul numero di gradini che compone la scala di tensione in output. Per ogni iterazione viene eseguita una flat sequence structure (ossia la struttura grigia più interna), la quale permette l’esecuzione dei comandi scritti nelle sequenze nell’ordine rigoroso da sinistra a destra. Su questa possibilità si è sviluppata l’idea che consentiva di acquisire i dati in input solamente dopo aver inoltrato un comando di tensione costante in output e non prima che quest’ultimo fosse aggiornato. Focalizziamo ora l’attenzione sulla programmazione contenuta nella flat sequence structure, passando in rassegna l’insieme dei blocchi nell’intorno delle numerazioni di figura 2.27. 17 Tutto questo consente di ciclare un while loop con una semplice funzione che poco sfrutta le potenzialità del computer finchè si attiva il segnale di Go, quindi viene generata una scala di tensione contemporaneamente all’acquisizione per poi riportare il segnale di output a zero mediante la false structure. 62 Figura 2.28: La prima sequenza della flat sequence structure, in cui sono contenuti i comandi di output. 1 - I controlli sui valori massimi e minimi di tensione in output e le informazioni provenienti dal numero totale e corrente delle iterazioni conducono attraverso dei comandi operazionali al valore di tensione che deve essere generato in output, in altre parole viene determinata l’ampiezza del gradino di tensione in base al numero di gradini totale e alla differenza dei valori limite di tensione per poi moltiplicarlo al numero corrente dell’iterazione e sottrarlo al valore di massimo (figura 2.28). Il blocco di sinistra è definito DAQmx Create Channel, preposto in tale circostanza a creare un canale di tensione in output, mentre quello di destra è denominato DAQmx Write ed invia il comando di generazione di un singolo segnale di tensione in base al valore ricevuto (dal filo arancio). Figura 2.29: I comandi sottostanti alla sequenza di programmazione dell’output corrispondenti alla numerazione 2. 63 2 - I comandi a sinistra gestiscono il display riguardante lo stato del processo di acquisizione, mentre quelli di destra sono necessari per determinare la durata delle iterazione del ciclo for. Figura 2.30: I comandi di input corrispondenti alla numerazione 3 contenuti nella seconda sequenza della flat sequence structure. 3 - I primi due blocchi a sinistra sono dei DAQmx Create Channel, ognuno dei quali è adibito ora alla creazione di un canale di tensione in input, il terzo e il quarto sono rispettivamente il DAQmx Timing, necessario per stabilire il rate di acquisizione, e il DAQmx Start Task (opzionale in questo programma), il quinto è il DAQmx Read, il quale legge entrambi i canali di ingresso restituendo un array bidimensionale contenente tutti i valori di tensione acquisiti con il rate impostato, ed infine il DAQmx Clear Task, che libera i canali dai comandi di acquisizione appena descritti. 4 - Questo gruppo di comandi è preposto alla separazione dell’array 2D in due array 1D tramite l’Index Array, i quali vengono dirottati in una subVI adibita al calcolo del valore medio con deviazione standard. Le operazioni che si presentano in basso sono necessarie per tradurre la media sulla tensione ai capi di una resistenza nota (inserita all’interno del circuito) nella corretta intensità di corrente erogata dalla cella. 5 e 6 - Dai passaggi precedenti e per ogni iterazione del ciclo for vengono creati al termine del punto 4 un valore di tensione ed uno di corrente risultanti dalla media su tutti i punti acquisiti dai due canali di input. Affinchè 64 Figura 2.31: I comandi preposti alla separazione dell’array 2D. Figura 2.32: I passi per la creazione dell’array di salvataggio. l’insieme dei valori medi di tensione e corrente ottenuti nel processo di acquisizione possa essere salvato in un unico file di testo, occorre allestire due array 1D che contengano ognuno tutti i valori di tensione e tutti quelli di corrente. Nel punto 5 viene inizializzato un array 1D uguale a zero di dimensione pari al numero di gradini della scala di tensione per mezzo di Initialize Array e raddoppiato all’esterno del ciclo 65 for. Nel punto 6 è invece sostituito l’i-esimo elemento (per entrambi gli array 1D uguali a zero) corrispondente al numero corrente dell’iterazione del ciclo for con il valore medio di tensione (o di corrente) prodotto in quella stessa iterazione. 7 - Nel punto 7 viene sfruttato il Shift Register che consente di riportare l’array 1D modificato nel punto 6 all’inizio dell’iterazione successiva del ciclo. Questo processo iterativo consente all’originario array 1D inizializzato a zero di uscire dal ciclo for presentando su ogni elemento i-esimo il valore medio di tensione (o di corrente) generato all’i-esima iterazione del ciclo for. Figura 2.33: I comandi di salvataggio. 8 - Infine i due array 1D contenenti i valori medi di tensione e di corrente sono inseriti nel blocco Write LabVIEW Measurement File, preposto al salvataggio dei dati in un file di testo. 2.4.3 Risultati sperimentali Come fonte di illuminazione sono state impiegate la lampada alogena e quella allo xeno di figure 2.45 e 2.46 . Poichè entrambe le lampade sono state utilizzate senza l’aggiunta di una fibra ottica per via delle dimensioni superficiali della cella solare (≈ 50 cm2 ), è risultato necessario uno studio preliminare sulla temperatura e sull’intensità di illuminazione in funzione della distanza18 . Dai grafici figura 2.34 si sono quindi ricavati gli intervalli sulla temperatura e sull’intensità di illuminazione all’interno dei quali si sono svolte le misurazioni sulla cella solare (tabella 2.14). 18 L’andamento sulla temperatura è stato intrapreso come descritto nel paragrafo 2.2.3, mentre per il grado di illuminazione è stato utilizzato un luxmetro RS LX-105. 66 Figura 2.34: Gli andamenti della temperatura (sopra) e dell’intensità di illuminazione (sotto) in funzione della distanza per la lampada allo xeno e quella alogena a potenza massima e minima. 67 Lampada alogena int. min Lampada alogena int. max Lampada allo xeno Temperatura (◦ C) Intensità di illuminazione (lux) da 29 a 43 da 31 a 45 da 37 a 50 da 2400 a 11500 da 3500 a 22000 da 50000 a 60000 Tabella 2.14: Gli intervalli di temperatura e di intensità di illuminazione durante le misure sulla caratteristica elettrica statica della cella solare. Lampada alogena Definite quattro distinte intensità di radiazione, sono state raccolte con il programma in LabVIEW diverse curve caratteristiche elettriche statiche I-V. Per ogni intensità di illuminazione è stata compiuta una media tra le varie raccolte di dati (figura 2.35) e sulle medie si sono calcolati i fit analogamente ai paragrafi 2.2.3 e 2.3.2 (figura 2.36). I parametri di corrente di saturazione inversa I0 , corrente fotogenerata IL e fill factor FF restituiti dai fit sono presentati in tabella 2.15. I valori di χ̃2 ottenuti sono dell’ordine di 10−8 , mentre i fattori di idealità n sono compresi tra 32 e 37. La stima della resistenza serie risulta Rs = 5, 63 · 10−3 ± 1, 2 · 10−3 Ω, caratterizzata da un errore relativo percentuale di 21% e un coefficiente di correlazione di 0,96. Figura 2.35: Le medie delle curve caratteristiche elettriche statiche I-V misurate per la cella solare attraverso il software di acquisizione in ambiente LabVIEW per quattro distinte intensità di illuminazione con la lampada alogena. 68 Figura 2.36: I fit delle medie delle curve caratteristiche elettriche statiche I-V e P-V della cella solare raccolte per diverse intensità di illuminazione con la lampada alogena Lampada allo xeno Ricavare delle curve caratteristiche elettriche statiche utilizzando come fonte di illuminazione la lampada allo xeno si è rivelato più arduo del previsto. Abbiamo infatti riscontrato una difficoltà di funzionamento del circuito elettronico per intensità di illuminazione superiori a 60000 lux. La qualcosa ha indotto ad allontanare la lampada allo xeno oltre 1 m dalla cella solare, ma 69 A: intensità 1 B: intensità 2 C: intensità 3 D: intensità 4 IL (A) δIL (A) err.% 1, 18 · 10−2 7, 15 · 10−5 0, 60 8, 93 · 10−3 4, 00 · 10−5 0, 45 8, 23 · 10−3 1, 91 · 10−4 2, 32 5, 60 · 10−3 3, 77 · 10−5 0, 67 I0 δI0 err.% 9, 31 · 10−7 2, 30 · 10−7 25 1, 78 · 10−6 3, 87 · 10−7 22 1, 20 · 10−6 4, 30 · 10−7 36 1, 25 · 10−6 8, 01 · 10−7 64 χ̃2 FF 2, 27 · 10−8 0, 72 1, 15 · 10−8 0, 70 4, 05 · 10−9 0, 73 3, 54 · 10−9 0, 76 Curve Confidenza per I0 A-B A-C A-D B-C B-D C-D 1, 89 0, 59 0, 38 1, 00 0, 59 0, 05 Tabella 2.15: I coefficienti restituiti dai fit per le curve caratteristiche elettriche statiche I-V della cella solare. I risultati ottenuti evidenziano ottimi valori di fill factor e una diffusa confidenza per le correnti inverse di saturazione I0 . tanto più si aumenta la distanza tanto più si accentua l’immagine di “ombra” del fondo scrostato dello specchio paraboloide posizionato attorno ai filamenti della lampada. Questo si ripercuote sull’omogeneità dell’illuminazione sulla superficie attiva della cella solare19 . In definitiva, si è riscontrata la possibilità di ottenere delle misure valide solamente per un intervallo di distanza dalla cella compreso in 10-15 cm che ha consentito solamente due valori di intensità di radiazione utili per rilevare due serie di raccolte. Diversamente da quanto fatto nel paragrafo precedente, si è scelto di fittate l’insieme delle raccolte di dati ad uguale intensità di illuminazione, in quanto valori registrati nelle medesime circostanze sperimentali. Quello che si è ottenuto sono due fit con valori di χ̃2 ≈ 10−7 (figura 2.37), i quali restituiscono valori di IL , I0 e FF elencati in tabella 2.16 e un fattore di idealità n compreso tra 20 e 26. Inoltre la stima calcolata per la resistenza serie è Rs = 1, 86 · 10−2 Ω, priva di errore associato ed evidentemente non confidente col valore riscontrato con la lampada alogena per il fatto che la regressione 19 L’omogeneità dell’illuminazione sull’area attiva di una cella solare è una condizione necessaria per la validità dei dati registrati e la possibilità di un confronto con quelli raccolti con la lampada alogena. 70 lineare è stata compiuta su soli due punti (a causa dei problemi sperimentali argomentati in precedenza). Da evidenziare infine è l’estrema bontà dei fattori di riempimento FF riscontrati, addirittura superiori ai precedenti. Figura 2.37: I fit dei due insiemi di curve caratteristiche elettriche statiche I-V e P-V della cella solare raccolti nelle stesse condizioni sperimentali. 71 E: intensità 1 F: intensità 2 IL (A) δIL (A) err.% 1, 79 · 10−2 4, 49 · 10−5 0, 25 9, 80 · 10−3 5, 35 · 10−5 0, 54 I0 δI0 err.% 7, 66 · 10−10 1, 22 · 10−10 16 2, 93 · 10−8 1, 12 · 10−8 38 χ̃2 FF 1, 08 · 10−7 0, 79 1, 65 · 10−7 0, 76 Curve Confidenza per I0 E-F 2, 54 Tabella 2.16: I coefficienti restituiti dai fit per le curve caratteristiche elettriche statiche I-V della cella solare utilizzando la lampada allo xeno come fonte di illuminazione. 2.4.4 Conclusioni e confidenze Facendo riferimento alla nomenclatura assegnata ai fit nelle tabelle 2.15 e 2.16, si presentano le confidenze per il coefficiente I0 e la resistenza serie Rs . Ciò che risulta sono solamente due confidenze significative, mentre per la resistenza serie il confronto è di scarso significato considerando i soli due punti da cui si è estratto il fit lineare per la lampada allo xeno. Curve Confidenza per I0 A-E 4, 0 A-F 3, 9 B-E 4, 6 B-F 4, 5 C-E 2, 8 C-F 2, 8 D-E 1, 56 D-F 1, 52 Tabella 2.17: Le confidenze per le correnti inverse di saturazione I0 . 72 Rs (Ω) δRs (Ω) err.% coeff.corr. Num. pt nel fit Lampada alogena Lampada allo xeno 5, 63 · 10−3 1, 86 · 10−2 1, 2 · 10−3 0 21 0 0, 96 1 4 2 Confidenza 10 Tabella 2.18: La confidenza della resistenza serie Rs per la cella solare. 2.5 Considerazioni finali Si presentano di seguito una serie di suggerimenti ed idee per un eventuale miglioramento dell’esperienza di laboratorio: - uno studio dei parametri caratteristici dei fotodiodi al variare della temperatura, con particolare attenzione al fattore di idealità n; - un’evoluzione del circuito elettronico allestito per un corretto funzionamento sia a regimi di tensioni e intensità di corrente tipiche dei fotodiodi, sia per regimi maggiori caratteristici per celle solari. Il nostro circuito infatti permette di acquisire dati da una cella solare, ma non da un fotodiodo, in quanto le correnti generate dal fotodiodo (dell’ordine dei µA, contro quelle generate dalla cella dell’ordine dei mA) necessitano di amplificatori operazionali con una più elevata impedenza in ingresso e di transistors più sensibili alle piccole correnti (mentre il transistor BD681 utilizzato da noi può portare correnti fino a 4 A). - un miglioramento del programma di acquisizione al fine di estendere la raccolta automatizzata dei dati anche alle curve caratteristiche diodo inverso e giunzione p-n; - lo studio delle curve caratteristiche I-V utilizzando la luce solare e un più rigoroso monitoraggio della temperatura superficiale dei dispositivi impiegati. 73 Ringraziamenti Ringraziamo il prof. Enrico Zaglio e il dott. Maurizio Bertoni per la progettazione del circuito elettronico e il supporto tecnico. 74 Allegati Figura 2.38: I grafici relativi ai fit delle curve caratteristiche giunzione p-n per una radiazione incidente bianca e rossa a 630 nm. (fotodiodo Hamamatsu S1787-12) 75 Figura 2.39: I grafici relativi ai fit delle curve caratteristiche giunzione p-n per una radiazione incidente verde a 520 nm e blu a 460 nm. (fotodiodo Hamamatsu S1787-12) 76 Figura 2.40: In blu è rappresentata l’intensità di corrente di corto circuito Isc al variare della lunghezza d’onda incidente, mentre in verde l’analoga con l’utilizzo del filtro IR. Le curve di colore più intenso sono la media di quelle con uguale colorazione più chiara. (fotodiodo Hamamatsu S1787-12) Figura 2.41: L’intensità di corrente di corto circuito Isc al variare della lunghezza d’onda λ incidente. (fotodiodo RS IPL 10050 CW) 77 Figura 2.42: I grafici relativi ai fit delle curve caratteristiche giunzione p-n per una radiazione incidente bianca e rossa a 630 nm. (fotodiodo RS IPL 10050 CW) 78 Figura 2.43: I grafici relativi ai fit delle curve caratteristiche giunzione p-n per una radiazione incidente verde a 520 nm e blu a 460 nm. (fotodiodo RS 10050 CW) 79 Strumentazione Figura 2.44: In figura è rappresentata la lampada allo xeno agganciata al monocromatore nel visibile con fibra ottica. Figura 2.45: Il filtro IR utilizzato nell’esperienza di laboratorio, trasparente per le frequenze tra i 400 e i 700 nm. 80 Figura 2.46: A sinistra è raffigurato il termometro a infrarossi. Quest’ultimo consente una stima della temperatura di un oggetto senza richiederne il contatto e per un corretto funzionamento è necessario unire i due fasci laser nel punto in cui si desidera compiere la misura, incidendo ortogonalmente. A destra invece è rappresentata la lampada alogena utilizzata nell’esperienza che dispone di due differenti potenze di illuminazione. Figura 2.47: Il circuito elettronico, la cella solare e un generatore duale da ±12 V . 81 Bibliografia [1] A. Goetzberger and V.U. Hoffmann. Generation. Springer, Berlin, 2005. Photovoltaic Solar Energy [2] C. Kittel. Introduzione alla fisica dello stato solido. Boringhieri, Torino, 1982. [3] R. Feynman. La fisica di Feynman - Meccanica quantistica. Zanichelli, Bologna, 2001. [4] F. Bassani and U.M. Grassano. Boringhieri, Torino, 2000. Fisica dello Stato Solido. Bollati [5] J. Millman and C. Halkias. Microelettronica. Bollati Boringhieri, Torino, 2000. [6] M. Wolf and H. Rauschenbach. Series resistance effects on solar cell measurements. Advanced Energy Conversion, 3:455–479, 1963. 82