ALLA SCOPERTA DELLE AZIENDE ECCELLENTI che il mondo ci invidia PROUD TO Cover.indd 1 BE ITALIAN 23-10-2013 17:16:44 PAGINA 1.indd 1 23-10-2013 14:37:24 ALLA SCOPERTA DELLE AZIENDE ECCELLENTI che il mondo ci invidia Articoli tratti da Sette Corriere della Sera Progetto grafico a cura della: Redazione grafica di Sette Realizzazione editoriale: Andrea Milanesi Finito di stampare nel mese di Novembre 2013 Stampato in Italia presso Errestampa srl Via Portico, 27- 24050 Orio al Serio (BG) Testi e immagini © RIPRODUZIONE RISERVATA PAGINA 2-3.indd 2 23-10-2013 14:29:25 PROUD TO BE ITALIAN Alla scoperta delle aziende eccellenti che il mondo ci invidia 3 PAGINA 2-3.indd 3 23-10-2013 14:29:25 4 SOMMARIO.indd 4 23-10-2013 14:29:40 s pag. pag. o m m a r i o 7 - Storie di ordinaria eccellenza - di Federico Golla 11 - L’Italia che sarà: in viaggio verso il nostro futuro - di Andrea Milanesi 19 LUNGO IL FILO CHE COLLEGA IL PASSATO AL FUTURO 35 LABORATORI AD ALTA VOCAZIONE TECNOLOGICA 65 IL PONTE DEI RECORD CHE ATTRAVERSA LO STRETTO 79 ALLA GUIDA DELLA MOBILITÀ GREEN DEL DOMANI 49 I MILLE SEGRETI DEL CIOCCOLATO BUONO E PERFETTO 5 SOMMARIO.indd 5 23-10-2013 14:30:16 6 PREFAZIONE 7-8.indd 6 23-10-2013 14:37:10 STORIE DI ORDINARIA ECCELLENZA Q uale importante realtà locale di una grande multinazionale presente in oltre 190 Paesi, sentiamo da anni, e progressivamente in modo sempre più forte, il tema della competitività dei territori. Posizionati stabilmente nelle top ten countries del nostro gruppo – ancora oggi per l’esattezza in settima posizione di questo speciale ranking globale – non ci riconosciamo nei ritratti a tinte fosche che vengono a volte dipinti all’interno e all’esterno dei nostri confini. E tantomeno riconosciamo i ritratti di molte aziende che in molteplici campi applicativi operano giorno per giorno al nostro fianco: veri campioni di eccellenza che meriterebbero di veder pubblicamente riconosciuta, in modo ancor più esplicito e condiviso, la propria leadership. Per rendere giustizia a queste eccellenze e contribuire ad accendere, o comunque a tenere ben alzati, i riflettori sui loro progetti d’avanguardia abbiamo avviato un percorso 7 PREFAZIONE 7-8.indd 7 23-10-2013 14:37:11 F cl è da 20 amm d Siem 8 PREFAZIONE 7-8.indd 8 23-10-2013 14:37:11 FEDERICO GOLLA Torinese, classe 1955, è in Siemens dal 1981; dal 2009 ricopre il ruolo di amministratore delegato di Siemens Italia. ambizioso, che abbiamo condiviso con RCS Corriere della Sera SETTE. Con loro abbiamo attraversato la penisola, per raccontare storie uniche, fatte di lunga tradizione industriale, come anche di continua innovazione tecnologica e competenze tecniche e ingegneristiche distintive, in svariati ambiti in definitiva di risaputa primazia italiana: da quello energetico a quello manifatturiero, dall’alimentare al bio-medicale. Ma così facendo abbiamo anche testimoniato di vicende umane, dove la passione e l’intuito hanno in alcuni casi contribuito a superare il sottile limite tra resa e successo a fronte di quei momenti cruciali che talvolta si presentano nella vita di una realtà imprenditoriale o di un’esperienza manageriale. Assistendo pertanto a una perfetta combinazione tra i tre principi che da sempre segnano la rotta del nostro Gruppo: ovvero proprio Eccellenza, Innovazione e Responsabilità. È emerso in questo modo un quadro tanto nitido e realista, quanto per certi versi potenzialmente inatteso, contraddistinto da realtà uniche in termini di risultati dell’attuale gestione ma anche e soprattutto in termini di lungimiranti visione e ricerca. Realtà con i piedi ben piantati nel suolo italico, ma con la testa e con le operation diffuse anche oltre-confine, dove clienti ed estimatori di molti continenti non fanno che rafforzare il nostro orgoglio di essere cittadini italiani, oltre che – come Siemens – di rappresentare partner di primo piano, in grado di fornire contributi decisivi condividendo queste esperienze di successo. Tale orgoglio, personale e professionale, non può certamente concludersi con questa ricognizione di casi virtuosi. Per questo l’atto in qualche modo conclusivo del nostro percorso, questo prezioso book di realtà “che il mondo ci invidia”, contiene già in sé i nuovi germogli per lo sviluppo futuro, con uno sguardo ai prossimi anni e a come il nostro Paese potrebbe evolvere. Non rinnegando le sue vocazioni ma anzi valorizzandole proprio nel solco di una crescente interrelazione con altre culture ed economie che spesso continuano a guardarci con stima e ammirazione. Federico Golla amministratore delegato Siemens Italia 9 PREFAZIONE 7-8.indd 9 23-10-2013 14:37:12 10 INTRO 10-17.indd 10 23-10-2013 15:51:41 L’ITALIA CHE SARÀ: IN VIAGGIO VERSO IL NOSTRO FUTURO Le coordinate principali lungo le quali si delineerà lo scenario del nostro Paese da qui a trent’anni di Andrea Milanesi 11 INTRO 10-17.indd 11 23-10-2013 15:51:42 I n che Paese (e in che mondo) vivranno gli italiani nel 2043? Quali saranno gli orizzonti demografici, economici e produttivi che caratterizzeranno la vita della nostra penisola? Trent’anni sono un arco di tempo ragionevole per prefigurare strategie e scenari prossimi venturi, ma richiedono una certa dose di fantasia, immaginazione e soprattutto la capacità di leggere la realtà per anticipare il futuro, addentrandosi tra le pagine della storia contemporanea e delle cronache del passato – magari anche quelle non scritte o semplicemente abbozzate – per ipotizzare dinamiche di mercato, innovazione di prodotti e servizi, flussi di idee e punti di forza che, fra tradizione e cambiamento, ricerca, sviluppo e creatività, tracceranno le linee guida per l’avvenire del nostro Paese. In questa prospettiva si colloca la ricerca “Italia +30” effettuata da Istituto Piepoli con l’obiettivo di delineare il posizionamento dell’Italia nel mondo fra tre decenni, cioè nel 2043. Ma anziché avvalersi di una sfera di cristallo, lo studio ha utilizzato una lente progressiva tri-focale, per mettere in rapporto tra loro tre differenti scenari, che a livello mondiale, europeo e infine italiano permettano di tracciare le linee di tendenza di sviluppo del nostro pianeta da qui a trent’anni. I diversi contesti sono stati esplorati sulla base di una serie di documenti “ufficiosi” o ufficiali (a cominciare dal rapporto Istat 2012) e di un sondaggio condotto su 124 leader di opinione – tra imprenditori, manager, professionisti, docenti universitari, giornalisti e così via – che hanno risposto a un questionario dettagliato mirato a verificare la probabilità di accadimento di alcuni eventi o situazioni. UNA CRESCITA GLOBALE. Il mondo di oggi è molto più complesso di quanto le previsioni lasciassero intravedere venti o trenta anni fa e i cambiamenti nella nostra società avvengono a una velocità sempre maggiore; basti pensare alla rivoluzione digitale che, a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, tra reti internet e comunicazioni mobile ha 12 INTRO 10-17.indd 12 23-10-2013 15:51:42 Il grande riequilibrio La composizione del PIL mondiale (dal 2010 al 2050: simulazione) 6% 4% Giappone Australia e Nuova Zelanda 19% 2% Africa 27% 1% Asia PVS 2010 4% Centro-Est Europa Europa Occidentale 4% 22% 4% 9% Nord America Medio Oriente America Latina D’ARCO Commonwealth e Stati Indipendenti 1% 12% Giappone Africa Australia e Nuova Zelanda 7% Europa Occidentale 2050 11% 49% Asia PVS A Nord America 5% Medio Oriente 8% America Latina 3% 3% C Commonwealth lh e Stati Indipendenti 2% Centro-Est Europa Fonte: Citigroup radicalmente cambiato la nostra vita quotidiana. Pur tenendo conto della severa recessione iniziata nel 2008, per il trentennio 2000-2030 è prevista una crescita mondiale a un tasso medio annuo del 3,5%; il Pil reale a livello globale passerebbe da 62 trilioni di dollari a 143 trilioni di dollari (per arrivare intorno ai 170 trilioni di dollari nel 2043). In uno scenario generale di grande (ri)equilibrio verrà anche definitivamente sancito il compimento del ritorno di vecchi protagonisti della scena economica mondiale (soprattutto sul versante asiatico, India e Cina in testa); l’aumento della ricchezza prodotta, degli investimenti e dei consumi individuali nei Paesi oggi considerati “emergenti” potrà rappresentare il nuovo volano di crescita a livello planetario, coinvolgendo anche le nazioni oggi identificate come “sviluppate”, ma eserciterà effetti determinanti anche sulle dinamiche demografiche, comportando l’affievolimento dei flussi di popolazione immigrata negli Stati ad alto reddito. A livello di scenari europei, è verosimile prevedere un processo più o meno marcato di rilocalizzazione delle attività industriali (dopo che negli ultimi decenni si è registrata una tendenza apparentemente inarrestabile alla delocalizzazione verso Paesi terzi); è comunque lecito pensare che le filiere produttive transazionali non si spezzino ma si riducano e che l’integrazione economica prosegua, concentrandosi però su base prevalentemente regionale, in questo caso infraeuropea. 13 INTRO 10-17.indd 13 23-10-2013 15:51:45 SPESE IN RICERCA E SVILUPPO, % DEL PIL NOMINALE 4,5 Svezia 4 Giappone 3,5 Usa 3 2,5 Germania 2 Francia 1,5 Italia 1 Inghilterra Spagna 0,5 0 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 9 2 2010 01 10 Fonte: Flash Economics 2012 D’ARCO L’ipotesi di una sorta di globalizzazione “ben temperata” si collega alla convinzione che tra trent’anni l’Unione Europea proseguirà nel processo d’integrazione economico-finanziaria, promuovendo il mantenimento del mercato unico, la creazione dell’unione bancaria (con diritto-dovere di sorveglianza sulle banche europee) e la creazione di un fondo di garanzia interbancario, ma mantenendo inalterata l’autonomia politica e istituzionale a livello dei singoli Stati. COSE DI CASA NOSTRA. Tra crescita, nuovi equilibri e continui assestamenti, gli scenari demografici ed economici italiani da qui al 2043 saranno verosimilmente caratterizzati da cambiamenti rilevanti, nel segno comunque di una sostanziale continuità con i trend del passato. Nei prossimi anni la popolazione aumenterà progressivamente fino a raggiungere il suo picco massimo intorno al 2040 (quasi 64 milioni di persone), per poi entrare in una fase dinamica discendente, determinata dalla concomitanza di diversi fattori, tra cui l’incremento generale del tasso di natività (oggi il più basso nell’intera Europa) e la variazione del saldo emigrati-immigrati (sostanzialmente negativo nel 2020 e in pareggio nel lungo termine). 14 INTRO 10-17.indd 14 23-10-2013 15:51:47 Rispetto alla situazione attuale, fra trent’anni l’economia italiana vedrà una crescita consistente in termini di prodotto interno lordo; dopo il 2018 – anno in cui verrà finalmente superato il Pil del 2007 – è possibile formulare l’ipotesi di un incremento medio annuo del 2%, arrivando a incorporare gli arretramenti temporanei legati a episodi recessivi precedenti. Elemento trainante anche per le future insegne del marchio “Made in Italy”, secondo la netta maggioranza (73%) degli opinion leader intervistati dalla ricerca Piepoli nei prossimi tre decenni il settore manifatturiero tricolore conquisterà nuovi ambiti e competenze. Si tratterà di un comparto sostanzialmente rinnovato, in accordo coi nuovi paradigmi dell’economia della trasformazione, dove l’uso di materie prime verrà affiancato, e in parte sostituito, dalla pratica del riutilizzo e del riciclo, dove si rafforzeranno processi produttivi orientati verso l’impiego di una tecnologia di alto profilo specialistico, che non rappresenterà più un effetto del progresso bensì il motore dello stesso; l’affermarsi di nanotecnologie, biotecnologie e di nuovi materiali avanzati porterà all’aumento delle D’ARCO PREVISIONI DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE Anni 2015-2065, dati in migliaia 63.750 63.889 63.846 63.546 63.483 62.964 63.081 62.497 61.169 61.637 61.305 Fonte: ISTAT, Italia in cifre 2012 2015 INTRO 10-17.indd 15 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050 2055 2060 2065 15 23-10-2013 15:51:49 interazioni con i distretti produttivi tradizionali e alla nascita di importanti cambiamenti nelle stesse dinamiche produttive. Nella “nuova manifattura” si assisterà dunque alla progressiva compenetrazione tra il comparto dell’industria e quello dei servizi, che dovrà far fronte alle richieste di un mercato fortemente incentrato sui prodotti unici – tailor made – realizzati su ordinazione e caratterizzati da un elevato livello di personalizzazione; un ambito in cui avranno sempre minor peso i beni “usa e getta”, mentre cresceranno i prodotti durevoli in cui la componente di servizio (customer care, manutenzione, sostituzione parziale, adeguamento tecnologico, smaltimento fine-vita) sarà preponderante, non avrà più caratteristiche di optional ma sarà strutturale, e quindi integrata nell’offerta del prodotto stesso. LA RICONFERMA DELLE ECCELLENZE TRICOLORI. È realistico ipotizzare che, nel periodo considerato, i tradizionali punti di forza del settore manifatturiero italiano manterranno una posizione di leadership nella produzione di macchine strumentali come quelle presenti nei processi produttivi industriali, in primis le macchine utensili, ma anche quelle realizzate per la lavorazione della gomma, della plastica e del legno, quelle destinate al comparto tessile, dell’abbigliamento e così via. Secondo il parere espresso dall’80% dei leader di opinione della ricerca Piepoli, fra trent’anni la nostra penisola vedrà fiorire un’agricoltura ricca e innovativa; l’agroalimentare risulta infatti uno degli ambiti a maggiore potenziale di crescita e le tendenze di sviluppo dei prossimi decenni prevedono l’aumento delle dimensioni delle aziende insieme a una più stretta integrazione con il comparto dell’industria di trasformazione. Dal punto di vista dell’offerta, il settore si orienterà in modo sempre più marcato verso il fronte delle produzioni di qualità (soprattutto nel campo del biologico), su scala ridotta ma con una forte propensione verso l’esportazione, confermando l’evoluzione di orientamenti già in essere, dal momento che l’Italia può vantare il maggior numero di prodotti alimentari di qualità in Europa: oltre 200 tra D.O.P. (Denominazione di Origine Protetta), I.G.P. (Indicazione Geografica Protetta) e 16 INTRO 10-17.indd 16 23-10-2013 15:51:49 Stato e sviluppo Mobilità Innovazione Trasporti Evasione Legalità Stato Logistica Ricerca Sviluppoo Evasione fiscale Stato Logistica, trasporti e mobilità Ricerca e innovazione Legalità e sicurezza Formazione Formazione Stato Stato D’ARCO S.T.G. (Specialità Tradizionale Garantita). Verrà ulteriormente riconfermata anche la positività delle performance legate a settori tradizionalmente trainanti come quelli della moda, del lusso e soprattutto del turismo, elemento storicamente rilevante per l’economia del nostro Paese, che nel 2010 era il primo in Europa per ricettività alberghiera (con 2,3 milioni di posti letto, pari al 18,1% del totale della UE). In generale il marchio “Made in Italy” continuerà dunque a godere di buona salute e non vedrà minimamente scalfiti la sua potenza d’impatto e il suo fascino, soprattutto per quanto riguarda quelle caratteristiche fondanti di innovazione, professionalità, know-how, forzalavoro e qualità che rappresentano il valore aggiunto con cui il nostro Paese si affaccia sulla ribalta del mondo; e le testimonianze raccolte in questo libro ne rappresentano la voce più viva e autentica. 17 INTRO 10-17.indd 17 23-10-2013 15:51:49 18 ELETTRICITA 18-33.indd 18 23-10-2013 14:35:34 Eccellenze italiane A Scorzè, nell’entroterra veneziano LUNGO IL FILO CHE COLLEGA IL PASSATO AL FUTURO Storico laboratorio di prove di cortocircuito Sveppi è diventato un centro di competenza mondiale per test di scariche ad alta tensione di Edoardo Vigna - foto di Enrico De Santis 19 ELETTRICITA 18-33.indd 19 23-10-2013 14:35:34 S « i. Può. Fareee!». Tralicci, enormi interruttori di alta tensione (così si chiamano quella specie di colossali “bobine” di porcellana color marrone), trasformatori di corrente. Sopra di loro, un cielo nero, carico di lampi e pioggia. Non può non venire in mente il “dottor Frankenstìn” cinematografico di Mel Brooks che invoca i fulmini per dar vita alla sua “creatura”. Anche perché qui, alle porte di Scorzè, nella campagna alle spalle di Mestre, vive, in effetti, un’eccellenza tecnologica della provincia italiana profonda, che, in 60 anni, grazie alla capacità di domare le scariche ad alto voltaggio, ha saputo trasformarsi e dar vita a nuove, sofisticate “creature” con cui puntare ai mercati globali – dall’India alla Cina –, sfruttando il fatto d’essere diventata parte di una multinazionale (Siemens). Sveppi, si chiama, acronimo che, per intero, più prosaico non potrebbe suonare: Stazione veneta per prove di potenza su interruttori. «Negli Anni 50 era della Sade, la Società Adriatica di Distribuzione dell’Energia Elettrica», spiega Giuseppe Canonico, ingegnere di 52 anni, una delle memorie storiche dell’impianto (ci lavora dal ’91) oltre che attuale manager. «Questo fu il primo laboratorio italiano fisso di prove di corto circuito, costruito accanto alla sottostazione (il ganglio periferico della rete, ndr) che convogliava qui l’energia proveniente dalle centrali del Cadore, della valle del Piave (vi arrivava anche quella dell’invaso del Vajont, ndr) e della costiera adriatica». Il punto di partenza è che le apparecchiature elettriche vanno testate nelle diverse condizioni per verificarne le prestazioni. «Quella è la “sbarra” da cui riceviamo l’energia dalla sottostazione di Terna qui accanto, per effettuare le prove», indica Canonico; «quelli (indicando i cilindri marroni alti più di due metri, ndr) sono gli interruttori di 20 ELETTRICITA 18-33.indd 20 23-10-2013 14:35:38 DOMATORI DI SCARICHE Gli ingegneri Giuseppe Canonico (manager del Laboratorio Sveppi) e Giacomo Cordioli (consulente esterno), in un momento di controllato e sicuro relax; il Laboratorio di prova di Scorzè vanta sessant’anni di storia e una lunga esperienza per quanto riguarda i test delle soluzioni di monitoraggio e diagnostica per gli apparecchi negli impianti di trasmissione e distribuzione. 21 ELETTRICITA 18-33.indd 21 23-10-2013 14:35:44 PREPARAZIONE DEL CIRCUITO PER PROVE Tecnico del Laboratorio all’opera nella preparazione di un circuito per prove di verifica alla sollecitazione elettrodinamica di un sezionatore di alta tensione. 22 ELETTRICITA 18-33.indd 22 23-10-2013 14:35:50 23 ELETTRICITA 18-33.indd 23 23-10-2013 14:35:56 alta tensione che usiamo per aprire e chiudere il circuito per il test, che dura da 100 millisecondi a 3 secondi; quella specie di “palombaro” è invece un trasformatore di corrente; accanto c’è poi il trasformatore di tensione. Là in fondo, un divisore di tensione (una sfera metallica in cima a un palo che somiglia molto a una strobosfera, la “palla” da discoteca Anni 70, ndr)». Inutile entrare nel dettaglio tecnico: si tratta di tutte quelle apparecchiature che si trovano nelle sottostazioni elettriche, le cabine della rete, dagli snodi più grandi (mondo Terna) a quelli più vicini alle case e alle aziende (per semplificare, mondo Enel). Sveppi verifica che gli oggetti in prova funzionino sotto ogni sollecitazione. Se ne può fare una ogni qualche minuto, a seconda della potenza (più è forte, più gli organi hanno poi bisogno di raffreddarsi); significa che si possono accumulare una decina di prove in un’ora, un paio di centinaia in una giornata. Al cuore del laboratorio, tre grigi cilindri – alti un paio di metri – dall’aspetto innocuo e un po’ datato. «Sono trasformatori monofase per prove di cortocircuito che hanno una potenza enorme: 500 Mva l’uno», spiega Canonico, con rispetto e trasporto, come stesse parlando di un vecchio prozio. «Sono un pezzo di storia elettrotecnica italiana, furono installati alle origini di Sveppi». Funzionano ancora, nella loro assoluta semplicità: servono per gestire l’aumento o la riduzione della tensione e sono, fatte le proporzioni, del tutto simili ai trasformatori che muovevano i trenini – se qualcuno li ricorda, come il sottoscritto –, un avvolgimento in rame immerso in 16mila chili d’olio minerale. Poco è cambiato, in tal senso. Ma in questa storia, che affonda nella Storia dell’Italia, moltissime sono state invece le metamorfosi. C’era, dapprima, un Paese uscito a pezzi dalla Seconda guerra mondiale, tutto da rimettere in piedi, a partire dalla rete elettrica. «Sade era proprietaria anche delle Officine Elettromeccaniche Galileo di Battaglia Terme, che dai sistemi bellici di puntamento, accanto alle apparecchiature meccaniche, passarono a produrre anche quelle elettriche», aggiunge Canonico. Fu solo l’inizio di un percorso. È affascinante il racconto che ne fa Giacomo Cordioli, ingegnere elettrotecnico di 62 anni, con un passato da “capo” di Sveppi (e di Canonico) e un presente da 24 ELETTRICITA 18-33.indd 24 23-10-2013 14:36:01 IMPIANTI E BANCHI Impianti di alta tensione del Laboratorio con evidenza dei banchi di condensatori. 25 ELETTRICITA 18-33.indd 25 23-10-2013 14:36:09 TEST E DIAGNOSTICA Qui a destra, moduli di diagnostica per apparati di media tensione. Nella pagina accanto, attrezzature di Laboratorio e particolare del sistema di sincronizzazione per i test di potenza con forti correnti. 26 ELETTRICITA 18-33.indd 26 23-10-2013 14:36:20 27 ELETTRICITA 18-33.indd 27 23-10-2013 14:36:26 28 ELETTRICITA 18-33.indd 28 23-10-2013 14:36:32 REGOLAZIONE DELLO SPINTEROMETRO Regolazione da parte di un tecnico del Laboratorio del sistema spinterometrico per le verifiche intermedie dell’impianto di generazione delle fulminazioni atmosferiche. 29 ELETTRICITA 18-33.indd 29 23-10-2013 14:36:37 consulente. «Nel ’73, dalla fusione delle Officine con l’azienda Magrini, nacque la Magrini Galileo, dove io sono entrato appena laureato, nel ’78. Nel 1984 acquisirono tutto i francesi della Merlin Gerin; poi i laboratori finirono nell’orbita di Schneider Electric e, nel 2001, della Va Tech (austriaca, ndr), a sua volta acquisita da Siemens». La sfida della Casa madre. Passaggi non sempre indolori, che però il Laboratorio Sveppi ha attraversato sempre seguendo la sua stella polare. «Nel 2007, prima che ci acquisisse Siemens», ricordano insieme Canonico e Cordioli, «con la Magrini Galileo di fatto non operativa, il laboratorio era chiuso. Un gruppo di persone (tra cui, ovviamente, loro due, ndr) ha fatto sì, quasi di soppiatto, che non fosse abbandonato a se stesso e agli insulti del tempo. E dimostrasse che quelle competenze non potevano sparire, ma, al contrario, avevano un mercato». A cogliere il potenziale, una multinazionale tedesca: la Siemens. «La Casa madre ci ha creduto», racconta Maurizio Messi, anche lui arrivato fin qui «passando dalla Magrini e dalla Schneider», e ora a capo – alla sede di Milano – della Smart Grid Service Division di Siemens, che si occupa delle soluzioni intelligenti per le città, a cui il laboratorio fa riferimento. «Dal 2008 Sveppi è diventato un laboratorio di prove al servizio di tutti i produttori di apparecchiature elettriche, ma, soprattutto, un polo che sta sviluppando anche altre attività proprio a partire da queste competenze». Nel cortile, sotto il cielo nero, si lavora intorno a un apparecchio a forma di arco lungo una decina di metri appeso a due pali. Domani, a vedere il test, arriverà dalla Sicilia il produttore, insieme con il cliente, che invece viene da Riyad. «È una “sospensione a v”, un isolatore per linea elettrica aerea: ha una forma particolare, date le esigenze delle reti dell’Arabia Saudita», spiega Canonico. Si simulerà quello che può avvenire durante la caduta di un fulmine, per capire se una volta superato lo “shock” l’apparecchio tornerà a funzionare come si deve. «Somiglia a una esplosione prolungata nel tempo». 30 ELETTRICITA 18-33.indd 30 23-10-2013 14:36:38 CORSI DI SUCCESSO Tecnico del Laboratorio equipaggiato per il trattamento del gas SF6 secondo regolamento CE 305/2008 e DPR 43/ 2012, oggetto di corsi con notevole partecipazione presso il Laboratorio. 31 ELETTRICITA 18-33.indd 31 23-10-2013 14:36:45 Centro di competenza mondiale. Fino a qualche anno fa, al laboratorio Sveppi si testavano soprattutto interruttori di alta tensione (sempre quelli di porcellana marrone). L’ingresso di Siemens l’ha portato sul mercato delle prove: così, gran parte dei costruttori di apparecchiature elettriche – piccole e medie aziende venete, lombarde, toscane, marchigiane, siciliane – vengono a Scorzè a sottoporre a esame i loro prodotti. «Oggi, poi, la tipologia di business che sta crescendo di più è quella dei trasformatori di media tensione, usati per le connessioni del mondo rinnovabile alla rete elettrica, a cominciare dal fotovoltaico», precisa Messi. «Anche se la grande novità è un’altra. Abbiamo sviluppato un prodotto che permette di fare, in remoto, monitoraggio e diagnostica delle apparecchiature installate negli impianti». Semplificando, interruttori, scaricatori, trasformatori di potenza nelle cabine in giro per l’Italia (e poi nel mondo) possono essere tenuti sotto controllo a distanza grazie a un modulo (a vederlo sembra più che altro uno scatolotto) programmato per valutare i dati che arrivano via internet dalle macchine: l’azienda fornitrice risparmia così di inviare squadre di tecnici per fare controlli routinari, e può evitare gran parte dei fuori servizio non programmati, con le conseguenti penalizzazioni economiche. Queste nuove applicazioni costano 5-10mila euro, laddove un trasformatore di potenza vale anche mezzo milione di euro. «Li stiamo proponendo in India, alla Tata, in Australia, in Gran Bretagna. E così Sveppi è diventato centro di competenza mondiale all’interno di Siemens, in questo campo». È il settore in cui Sveppi punta a crescere esponenzialmente: «Nei prossimi anni, anche 5-10 volte rispetto ai ricavi di oggi, pari a 6-700 mila euro, che sono un terzo dell’attività di prove del laboratorio». Il coinvolgimento di partner esterni, in Liguria e in Veneto, per questi progetti, oltre alle collaborazioni avviate con varie università per studi applicativi, completano il quadro. È proprio come diceva il dottor Frankenstìn davanti alla scarica elettrica che dava vita alla creatura: anche qui, in uno sperduto laboratorio storico della provincia profonda, «Si. Può. Fareee!». 32 ELETTRICITA 18-33.indd 32 23-10-2013 14:36:49 LA SCARICA Scarica elettrica tra i terminali di alta tensione di un polo di sezionatore sulla rete di alimentazione del Laboratorio a 230 kV. 33 ELETTRICITA 18-33.indd 33 23-10-2013 14:36:57 34 NAPOLI 34-47.indd 34 23-10-2013 14:37:37 Eccellenze italiane A Napoli, tra le vie del Centro Direzionale LABORATORI AD ALTA VOCAZIONE TECNOLOGICA Tra prestazioni record e apparecchiature d’avanguardia, l’Istituto Sdn è un modello di buona sanità da esportare nel mondo di Andrea Milanesi - foto di Enrico De Santis 35 NAPOLI 34-47.indd 35 23-10-2013 14:37:37 S « ì, è vero, molti pazienti ci dicono che sembra di essere in Svizzera, ma noi siamo molto orgogliosi del nostro marchio “Made in Italy”, e per di più a Napoli». Si chiude così il nostro incontro con Maria Antonia Di Palma, direttore sanitario dell’Sdn, l’Istituto di Ricerca Diagnostica e Nucleare che ha la sua sede principale in una zona ai limiti del Centro Direzionale, la downtown partenopea, a cinquanta metri dalla linea metropolitana e a pochi minuti dalla stazione ferroviaria e dall’aeroporto. E in effetti, se da una finestra non si vedesse il Vesuvio e dall’altra la collina del Vomero con il profilo di Castel Sant’Elmo, sarebbe difficile pensare di trovarsi nel cuore di una città che generalmente si guadagna le prime pagine dei giornali per vicende di emergenza rifiuti e malasanità. Ma questa è una storia diversa ed è giusto partire dagli inizi, nei primi Anni Settanta, quando la dottoressa Di Palma era appena nata e quando il professor Marco Salvatore avviava un piccolo studio di diagnostica nucleare che già nel 1978 si guadagnava un record nazionale: essere il primo centro a trasferire le immagini di radiologia e medicina nucleare dal formato analogico a quello digitale, utilizzando l’unico computer compatibile con le apparecchiature dell’epoca, in commercio solo negli Stati Uniti. «Oggi il focus della nostra attività», spiega Di Palma, «è rappresentato dalla ricerca e dalle prestazioni di diagnostica integrata in regime ambulatoriale, che integra la diagnostica “in vitro”, cioè la medicina di laboratorio (dosaggi ematici, esami delle urine, tamponi e così via) e la diagnostica “in vivo”, che esegue le indagini direttamente sul corpo del paziente attraverso esami di radiodiagnostica e medicina nucleare (Tac, Risonanza magnetica, ecografie, Pet, scintigrafie) o di diagnostica multimodale (Tac/Pet e 36 NAPOLI 34-47.indd 36 23-10-2013 14:37:42 AUTOMAZIONE AVANTI TUTTA Uno dei laboratori di diagnostica in vitro dell’Istituto Sdn, dove si svolgono esami di medicina di laboratorio (come dosaggi ematici, esami delle urine e tamponi). 37 NAPOLI 34-47.indd 37 23-10-2013 14:37:49 UOMINI E MACCHINE Un tecnico al lavoro durante un esame svolto con lo strumento più sofisticato in dotazione all’Istituto: il tomografo ibrido Rm-Pet di Siemens, che permette di effettuare contemporaneamente scansioni di tomografia a emissione di positroni (Pet) e di risonanza magnetica (Rm). 38 NAPOLI 34-47.indd 38 23-10-2013 14:37:54 39 NAPOLI 34-47.indd 39 23-10-2013 14:37:58 Rm/Pet) tramite apparecchiature ibride di ultimissima generazione». E su questa sintesi operativa si giocano i numeri dell’Istituto: «Ogni anno registriamo una media di 200mila prestazioni di diagnostica per immagine e due milioni di prestazioni di laboratorio. Siamo il primo servizio di medicina di laboratorio in Campania e, come spesso accade in questi casi, l’eccellenza richiama mobilità: il 35% dei pazienti di medicina nucleare arriva infatti da ogni parte del Paese, soprattutto dall’Italia centrale e meridionale, ma anche dalle regioni del Nord o dall’estero e di questo, inutile dirlo, andiamo molto fieri...». Primati europei. Nelle grandi strutture sanitarie il concetto di “centralità dell’utente” è solitamente un principio filosofico molto vago, più virtuale che reale, ma nella vita quotidiana dell’Istituto Sdn è diventato un obiettivo che si cerca di ottenere attraverso una serie molto precisa di direttive e procedure. «Siamo aperti tutti i giorni dell’anno (tranne Pasqua, Ferragosto e Natale)», continua la dottoressa Di Palma, «dalle cinque del mattino all’una di notte, e intendiamo garantire tempestività e facilità di accesso a qualsiasi tipo di prestazione, al punto che i tempi di attesa non superano mai le 48/72 ore, mentre i referti degli esami possono essere consultati direttamente sul nostro sito web, inviati via fax ed email oppure spediti gratuitamente tramite corriere. Abbiamo anche realizzato un sistema informativo che, oltre a collegare tra loro in tempo reale le nostre sedi, crea un network sempre aggiornato tra i nostri medici diagnosti, i professionisti di medicina generale e gli specialisti sul territorio, di modo che uno scambio reciproco di informazioni possa fornire il maggior numero possibile di elementi per la valutazione del paziente che viene in tal modo seguito dalla fase di prenotazione a quella di raccolta dei dati anamnestici (provenienti dalla viva voce del paziente o dei suoi familiari, ndr), fino all’informazione che viene utilizzata dal medico curante». Ed è proprio sul fronte della tecnologia applicata che l’Sdn continua a investire le proprie risorse anche in relazione alla sua attività di ricerca; equipaggiato con un parco macchine di Radiologia Diagnostica e di Medicina Nucleare unico nel panorama italia- 40 NAPOLI 34-47.indd 40 23-10-2013 14:38:02 DONNE E MACCHINE La dottoressa Maria Antonia Di Palma, direttore sanitario dell’Sdn (a destra), con la dottoressa Maria Restituta Zeccolella, direttore del Dipartimento di Medicina di Laboratorio. 41 NAPOLI 34-47.indd 41 23-10-2013 14:38:09 42 NAPOLI 34-47.indd 42 23-10-2013 14:38:13 CENTRALITÀ DEL PAZIENTE Uno sportello accettazione dell’Sdn, sinonimo di tempestività e facilità di accesso; il centro è aperto tutti i giorni dell’anno (tranne Pasqua, Ferragosto e Natale), dalle cinque del mattino all’una di notte. 43 NAPOLI 34-47.indd 43 23-10-2013 14:38:16 no (che include anche un’unità mobile Tac/Pet in grado di effettuare prestazioni presso ospedali e case di cura sull’intero territorio nazionale), l’Istituto è infatti la prima struttura sanitaria – in Italia e nell’Europa dell’area mediterranea, fino a Belgio e Svizzera – ad avere installato un tomografo ibrido Rm-Pet (il Biograph mMR di Siemens), macchina altamente sofisticata che permette di effettuare contemporaneamente scansioni di tomografia a emissione di positroni (Pet) e di Risonanza magnetica (Rm). Due esami in uno. «È sicuramente il fiore all’occhiello della nostra dotazione tecnologica», spiega il dottor Emanuele Nicolai, direttore del Dipartimento di Medicina Nucleare dell’Istituto Sdn, «si tratta di un’unica apparecchiatura in grado di effettuare l’acquisizione simultanea delle due metodiche e di combinarle in una sola immagine, integrando le informazioni ottenute dalla risonanza magnetica (a elevatissimo dettaglio anatomico) e quelle provenienti dalla Pet (sulle alterazioni dei processi metabolici associati alla malattia) unificandole in un unico momento diagnostico». Realizzare contemporaneamente due esami fino a oggi eseguibili in due diversi momenti comporta non solo un evidente risparmio di tempo e di denaro, ma garantisce pure una più precisa definizione della patologia e di conseguenza la possibilità di diagnosi precoce, come anche la valutazione dell’efficacia dei trattamenti a cui il paziente viene sottoposto. «Gli ambiti di applicazione di questo tipo di esame», prosegue la dottoressa Di Palma, «sono quelli oncologico, neuro-degenerativo e cardiologico. Dal punto di vista clinico è inoltre un valido strumento per personalizzare il più possibile la terapia, monitorarne il decorso e avere maggiore certezza sul tipo di trattamento da eseguire; nel caso di una lesione tumorale, per esempio, l’esame Pet/Rm indica la perfetta collocazione e l’aggressività di lesioni anche inferiori al millimetro». Quote rosa al lavoro. Attualmente l’istituto napoletano è quello che esegue più esami Pet/Rm al mondo (una media di 5 al giorno) e i risultati delle sue indagini rappresenta- 44 NAPOLI 34-47.indd 44 23-10-2013 14:38:22 NUMERI DA RECORD Il dottor Gerardo Grossi, microbiologo, con la dottoressa Luisa Bruno al microscopio in contrasto di fase; l’Istituto Sdn registra una media di 200mila prestazioni di diagnostica per immagine e due milioni di prestazioni di laboratorio. 45 NAPOLI 34-47.indd 45 23-10-2013 14:38:30 LABORATORI FISSI E NON A sinistra, il dottor Emanuele Nicolai (direttore del Dipartimento di Medicina Nucleare dell’Sdn) con l’unità mobile utilizzata per fare esami su tutto il territorio nazionale; a destra, alcuni particolari dei laboratori di diagnostica in vitro. no la materia prima per l’attività scientifica della Fondazione Sdn per la Ricerca e l’Alta Formazione in Diagnostica Nucleare, primo e unico Irccs (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) italiano per la Diagnostica Integrata. «La nostra è una realtà molto giovane e dinamica», conclude la dottoressa Di Palma, «con circa 150 dipendenti e 80 collaboratori, per un’età media intorno ai 35 anni; nell’ultimo decennio il trend di assunzione è sempre in crescita e non fa distinzioni di sesso; anzi, ci tengo a dire che la presenza femminile supera il 50% rispetto a quella maschile, e non per quote rosa imposte, ma solo per quote di merito...». Nella Napoli ai confini con la Svizzera può succedere anche questo. 46 NAPOLI 34-47.indd 46 23-10-2013 14:38:46 IL SEGRETO? LO SPIRITO DI SQUADRA La dottoressa Maria Restituta Zeccolella con una parte del suo staff: da sinistra, il dottor Nicola Balzano (biochimico clinico), il dottor Gianfranco Di Fiore, il dottor Gennaro Costaiola e il dottor Giuseppe Labruna (genetista). 47 NAPOLI 34-47.indd 47 23-10-2013 14:38:55 48 CIOCCOLATO 48-63.indd 48 23-10-2013 16:53:19 Eccellenze italiane A Orsenigo, nel cuore della provincia comasca I MILLE SEGRETI DEL CIOCCOLATO BUONO E PERFETTO Dalle piante di cacao al prodotto finito, la filiera e il successo del marchio Icam tra pura passione e completa automazione di Andrea Milanesi - foto di Enrico De Santis 49 CIOCCOLATO 48-63.indd 49 23-10-2013 16:53:19 T utto è iniziato ormai più di sessant’anni fa, quando Silvio Agostoni, coraggioso e geniale imprenditore, fondatore di Icam, ha caricato in macchina le prime tavolette prodotte nel suo stabilimento di Lecco e si è fatto il giro del Lago di Como, consegnando “porta a porta” una scatola in ogni drogheria o negozio di alimentari che incontrava per strada... Oggi Icam esporta il “cibo degli dei” in ogni angolo del pianeta e conosce le ricette più antiche e segrete, le alchimie di percentuali e ingredienti, tutte le sfumature di gusto e di profumo in grado di creare un cioccolato di altissima qualità. Tutto diventa ancora più evidente quando si entra nel nuovo stabilimento costruito alle porte di Orsenigo, dove ogni dettaglio racconta di una passione senza fine, a partire dai listelli dei gradini della scala principale, ricavati dalle diverse essenze delle piante provenienti dalle zone equatoriali dove si coltiva il cacao. Il cioccolato Icam è però italiano fino all’ultima goccia ed è il frutto di un’arte che si tramanda di generazione in generazione, come ci racconta l’ingegner Plinio Agostoni, 50 CIOCCOLATO 48-63.indd 50 23-10-2013 16:53:28 BONTÀ D’AUTORE Le tavolette Icam escono dalla linea di produzione e si avviano alle fasi di incartamento e inscatolamento (sotto). La collezione di cioccolatini Vanini, prodotti da Icam con ingredienti altamente selezionati dalle origini più pregiate per i palati più raffinati (pagina accanto). 51 CIOCCOLATO 48-63.indd 51 23-10-2013 16:53:32 UNA FILIERA COMPLETA L’ingegnere Plinio Agostoni, figlio di Silvio (fondatore dell’azienda) e vicepresidente Icam, ritratto nel magazzino del nuovo stabilimento di Orsenigo (Como) con sacchi da 70 chili di cacao. 52 CIOCCOLATO 48-63.indd 52 23-10-2013 16:53:38 53 CIOCCOLATO 48-63.indd 53 23-10-2013 16:53:45 figlio di Silvio e oggi vicepresidente di un’azienda ufficialmente nata nel 1946, al termine della Seconda guerra mondiale, quando il cacao e gli altri ingredienti fondamentali per la sua lavorazione tornavano a essere reperibili sul mercato. «La nostra storia è indissolubilmente legata ad alcune intuizioni chiave di mio padre, che non considerava il cioccolato come un prodotto di élite, ma un alimento nobile e di alta qualità: buono, puro e genuino, privo di surrogati o grassi aggiunti, che doveva essere alla portata di tutti. Per la prima volta in Italia, ha deciso di mettere in piedi una struttura in grado di gestire in modo completo e integrato l’intera filiera della produzione, dalla lavorazione delle fave di cacao fino al prodotto finito, utilizzando procedure e macchinari altamente innovativi». Questo è l’imprinting, e queste sono le linee-base che hanno guidato Icam lungo i passaggi cruciali della sua esistenza, quando da laboratorio artigianale ha iniziato a dotarsi di una struttura commerciale, prima nazionale e poi internazionale; perché, come spesso accade alle firme dell’eccellenza made in Italy, la storia dell’evoluzione di un’azienda di successo nasce dalla risposta ai cambiamenti della realtà circostante. Ridefinire gli standard. «Con la scomparsa dei piccoli negozi al dettaglio e il sopravvento dei primi supermercati», continua Agostoni, «la nostra produzione ha cominciato a decollare anche dal punto di vista quantitativo, soprattutto a partire dagli Anni 80, quando si sono andate affermando le private label, i marchi privati delle insegne della grande distribuzione. All’inizio siamo stati incaricati da Coop di portare sui suoi scaffali un cioccolato di alta qualità a prezzi decisamente competitivi e a ruota abbiamo UN MARE DI CIOCCOLATO Al termine delle prime fasi di lavorazione, il cacao si presenta come un liquido: la pasta (o liquore) di cacao. 54 CIOCCOLATO 48-63.indd 54 23-10-2013 16:53:51 55 CIOCCOLATO 48-63.indd 55 23-10-2013 16:53:58 56 CIOCCOLATO 48-63.indd 56 23-10-2013 16:54:03 PRONTI PER LE CONFEZIONI Le tavolette uscite dalla linea di produzione vengono confezionate secondo le specifiche per i diversi brand. 57 CIOCCOLATO 48-63.indd 57 23-10-2013 16:54:07 FARE BUON CIOCCOLATO NON È UN LAVORO SEMPLICE Il complesso impianto che realizza in sequenza tutte le fasi della prima lavorazione del cacao da cui alla fine si ottiene la pasta di cacao. 58 CIOCCOLATO 48-63.indd 58 23-10-2013 16:54:13 59 CIOCCOLATO 48-63.indd 59 23-10-2013 16:54:19 lavorato anche per alcuni grandi brand industriali come Côte d’Or, Sperlari e Bauli, mentre Lindt è sempre stato un acquirente storico del nostro burro di cacao». Verso la fine degli Anni 90 si è inaugurato un nuovo capitolo che ha portato Icam a diventare un’azienda leader a livello mondiale nella produzione del cioccolato biologico e a entrare da protagonista nel circuito del mercato equo-solidale (con tanto di certificazione Fairtrade). «Il nostro intento», riprende Agostoni, «era innanzitutto quello di ridefinire il concetto di “cioccolato biologico”, attraverso la realizzazione di un prodotto che non perdesse in gusto quello che poteva guadagnare a livello di profilo etico: un cioccolato che non fosse solo “buono” per l’equilibrio ecologico del pianeta, ma innanzitutto eccellente per il palato. Anche per questo abbiamo reso strategica la politica di rapporto diretto con il territorio, con le maggiori cooperative di contadini che lavorano le piantagioni di cacao in America Latina e Africa – a cui garantiamo l’acquisto totale del raccolto a condizioni per loro vantaggiose – attraverso la presenza di personale Icam (o di società controllate), che collabora, controlla e assicura la qualità di coltivazione e prime operazioni di raccolta e conservazione. In questi Paesi continuano a nascere storie straordinarie di riqualificazione ed elevazione umana, sociale, economica e culturale di intere comunità». Attualmente il 50% della produzione viene venduto alle industrie e ai grandi laboratori artigianali, mentre il rimanente viene trasformato in tavolette o praline, per metà destinate alle etichette estere (fra cui i marchi Green&Black’s e Rapunzel) e per l’altra metà a prodotti con marchio Icam, con un alto livello di specializzazione che arriva a includere oltre 100 ricette di copertura fondente, 80 al latte, 25 di cioccolato bianco e 11 di gianduia, con più di 3.000 articoli tra convenzionali o biologici, proposti anche nelle varianti senza-glutine e senza-zucchero. Con numeri come questi nulla può essere evidentemente lasciato al caso; e proprio per questo è nato il nuovissimo stabilimento di Orsenigo. «S’è trattato di una scelta per certi versi obbligata», riprende Agostoni. «Un investimento necessario per rimanere competitivi di fronte alle richieste sempre più diversificate – e con altissimi standard quali- 60 CIOCCOLATO 48-63.indd 60 23-10-2013 16:54:25 “AUTOSTRADA” DI TUBAZIONI Le tubazioni che convogliano i fluidi necessari al processo di produzione (vapore, acqua calda, acqua fredda, aria compressa...). 61 CIOCCOLATO 48-63.indd 61 23-10-2013 16:54:30 tativi – del mercato internazionale. Sin dalla fase di progettazione dell’infrastruttura siamo stati affiancati da Siemens, che è stata in grado di assicurare la supervisione completa di tutti gli impianti e delle singole macchine, sia sul fronte della distribuzione elettrica che per il sistema di controllo integrato, garantendo la piena automatizzazione e la completa tracciabilità, monitorando le efficienze produttive e quelle energetiche lungo ogni fase dell’intera filiera: dall’arrivo e dallo stoccaggio delle materie prime fino alla programmazione, alla pianificazione e alla realizzazione dell’intero processo». Oggi, su un’area di 50.000 metri quadrati, Icam lavora 100 tonnellate di grani di cacao e produce 120 tonnellate di cioccolato al giorno, il tutto monitorato grammo per grammo e bit dopo bit, ma la componente umana continua a essere sempre decisiva, e non solo per garantire il funzionamento di macchinari estremamente sofisticati. «In tutte le fasi della produzione», conclude Agostoni, «il momento dell’assaggio ricopre ancora un ruolo fondamentale; perché il cioccolato Icam deve essere straordinariamente buono, non semplicemente perfetto...». 62 CIOCCOLATO 48-63.indd 62 23-10-2013 16:54:41 SUPERVISIONE E CONTROLLO INTEGRATO I display con pagine sinottiche dell’impianto visualizzano il funzionamento del processo industriale attraverso i sistemi di supervisione Siemens (nella pagina a sinistra). Il cioccolato liquido viene messo nei serbatoi (a fianco). 63 CIOCCOLATO 48-63.indd 63 23-10-2013 16:54:46 64 SICILIA 64-77.indd 64 23-10-2013 14:39:11 Eccellenze italiane Tra Calabria e Sicilia, lungo tutta la Penisola IL PONTE DEI RECORD CHE ATTRAVERSA LO STRETTO Con un elettrodotto lungo 105 chilometri, Terna collega e potenzia la rete tra le province di Reggio Calabria e Messina di Andrea Milanesi - foto di Enrico De Santis 65 SICILIA 64-77.indd 65 23-10-2013 14:39:11 N eppure Ulisse è riuscito a domare l’ira funesta di Scilla e Cariddi, gli orribili mostri mitologici che terrorizzavano i marinai di passaggio per lo Stretto di Messina. Di certo non gli mancavano né il coraggio né l’astuzia, ma forse non aveva a disposizione i rilievi geo-morfologici, gli studi ingegneristici e le dotazioni tecnologiche che oggi hanno permesso di realizzare una delle opere infrastrutturali più monumentali, visionarie e innovative mai concepite in ambito energetico. Già, perché mentre le impetuose correnti che agitano il mondo politico non sono mai riuscite a trovare un punto di accordo per un ponte sopra lo Stretto, il Gruppo Terna – primo gestore di rete indipendente in Europa e sesto nel mondo – sta realizzando un ponte (elettrico) sotto lo Stretto di Messina, che unirà la Sicilia e la Calabria, collegando tra loro le province di Messina e Reggio Calabria. In corso di realizzazione, l’elettrodotto rappresenta sicuramente uno dei fiori all’occhiello tra i progetti intrapresi da Terna, che oggi gestisce oltre 63.000 km di linee in alta tensione su tutto il territorio nazionale. Fondata nel 1999, nel 2004 viene quotata a Piazza Affari e l’anno successivo, con l’unificazione tra proprietà e gestione della rete di trasmissione, nasce Terna Rete Elettrica Nazionale SpA; da quel momento i risultati della società guidata da Flavio Cattaneo sono sempre stati in crescita fino a raggiungere, nel 2012, la cifra record di 1.235 milioni di euro di investimenti. Autostrada elettrica. «Una volta ultimato, il nuovo elettrodotto raggiungerà una lunghezza complessiva di 105 chilometri», ci racconta Maria Rosaria Guarniere, inge- 66 SICILIA 64-77.indd 66 23-10-2013 14:39:18 ALL’OPERA Operai all’interno della galleria di Favazzina, il tunnel orizzontale di 3,2 metri di diametro per cavi ad altissima tensione tra i più lunghi del mondo; sullo sfondo il treno adibito ai rifornimenti per la TBM (Tunnel Boring Machine). 67 SICILIA 64-77.indd 67 23-10-2013 14:39:28 LUNGOMARE DI SCILLA Veduta dell’antico Borgo di Chianalea del Comune di Scilla, in prossimità dell’approdo calabrese del cavo sottomarino. 68 SICILIA 64-77.indd 68 23-10-2013 14:39:35 DENTRO LA MONTAGNA Il piazzale del cantiere antistante l’imbocco della galleria a Favazzina. Sulla sinistra i due silos per lo stoccaggio del cemento, con a fianco la torre serbatoio del nastro di trasporto del materiale proveniente dallo scavo. 69 SICILIA 64-77.indd 69 23-10-2013 14:39:50 gnere elettrotecnico responsabile della Funzione Realizzazione della Direzione Ingegneria di Terna Rete Italia. È lei che sovrintende a un enorme cantiere dislocato su più sedi che, tra terraferma, mare e antri delle montagne, impiega mediamente ogni giorno 160 addetti e una punta massima di 90 ditte: «Si tratta di un investimento totale che supera i tre miliardi di euro e di una sfida che riguarda un’area fortemente critica per fenomeni sismici e per dissesti idro-geologici, sottoposta anche a precisi vincoli paesaggistici e ambientali, ma che si prefigge di raggiungere obiettivi di primaria importanza; innanzitutto rafforzare il collegamento elettrico tra la Sicilia e il continente attraverso una doppia terna di linee (cioè da sei cavi, mentre attualmente è garantito da un solo cavo a 380 kV, ndr), una sorta di autostrada elettrica a tre corsie, fondamentale non solo per mettere in sicurezza l’isola ed evitare disservizi sempre più frequenti (dovuti all’età avanzata delle strutture esistenti e a un considerevole aumento dei consumi), ma anche per abbassare il costo dell’energia elettrica in Sicilia, con un risparmio complessivo stimato di oltre 600 milioni di euro all’anno destinato ad alleggerire le bollette di tutti gli italiani». Il ponte elettrico dello Stretto di Messina riveste una rilevanza decisiva anche in relazione alla strategica collocazione geografica della nostra penisola, che rappresenta una corsia preferenziale per il collegamento tra le reti del Nord-Africa e quelle dell’Europa centrale. Il cantiere “multiplo” è partito nell’estate del 2011 e la chiusura è prevista entro la fine del 2015; fra tratte aeree, terrestri e marine, intervallate dalle quattro stazioni elettriche (pre- 70 SICILIA 64-77.indd 70 23-10-2013 14:40:03 SCILLA Nella pagina a sinistra, veduta del tratto della costa Viola con la spiaggia di Favazzina sullo sfondo. LAVORI SPECIALIZZATI A fianco, primo piano della tramoggia montata a bordo della TBM che alimenta il nastro di trasporto del materiale proveniente dallo scavo. 71 SICILIA 64-77.indd 71 23-10-2013 14:40:12 72 SICILIA 64-77.indd 72 23-10-2013 14:40:20 ALTA TENSIONE A Scilla sorge la struttura in tecnologia compatta (blindata) più grande d’Europa nel suo genere. In foto, la vista dell’area esterna della stazione elettrica di Scilla con le apparecchiature dell’alta tensione. 73 SICILIA 64-77.indd 73 23-10-2013 14:40:27 senti a Sorgente e Villafranca in Sicilia, a Scilla e Rizziconi in Calabria), l’elettrodotto vanta già diversi record mondiali che sono ovviamente il vanto dell’ingegner Guarniere: «Abbiamo posato il più lungo cavo sottomarino a corrente alternata al mondo (38 chilometri, che raggiunge i 370 metri sotto il livello del mare), realizzato il più profondo pozzo verticale per cavi ad altissima tensione (300 metri, con un diametro di 7 metri) e il più lungo tunnel orizzontale sempre per cavi ad altissima tensione (scavato per 2,8 km sotto una montagna, a una profondità di 600 metri e con una pendenza del 10%)». Sicurezza e prestazioni. Con la realizzazione del nuovo elettrodotto è stato raggiunto anche il più alto livello di tensione in Europa per una stazione elettrica a corrente alternata: 550 kV, un traguardo che ha però comportato l’adozione di soluzioni straordinarie dal punto di vista operativo e della gestione della sicurezza. «All’interno delle stazioni intermedie, dove arrivano e ripartono i cavi con le linee portanti dell’impianto», ci spiega l’ingegner Massimo Rebolini, responsabile della Funzione Sviluppo Tecnologie nella Direzione Ingegneria e Sviluppo Rete di Terna Rete Italia, «si trovano i cosiddetti “blindati” realizzati da Siemens, il cuore e il cervello dell’intero elettrodotto; qui sono alloggiati tutti gli strumenti di governo di qualsiasi possibile anomalia dell’apparato, come gli organi di interruzione (da attivare per esempio in caso di corto circuito), di sezionamento (per escludere temporaneamente alcune sezioni dell’impianto), di misurazione dell’energia e di tutti i parametri di tensione e corrente che circolano in questo ambito, il tutto gestibile a livello centrale tramite controllo remoto. Si tratta di una soluzione studiata ad hoc, con tecnologia allo stato dell’arte che ha portato al massimo rendimento in spazi ridotti di quattro volte rispetto alle dimensioni standard di stazioni elettriche come queste, peraltro progettate per resistere a un terremoto del 7° grado della Scala Richter. Come dire, tra gli edifici più sicuri al mondo…». Ma è sul fronte dell’impatto ambientale che Rebolini – autore anche dei rilevamenti tecnici e degli studi di fattibilità dell’intero progetto – ci tiene a sottolineare gli ulteriori sforzi compiuti da Terna: «A fronte della realizzazione di 82 chilometri di nuovi elettrodotti, 74 SICILIA 64-77.indd 74 23-10-2013 14:40:34 TUNNEL DA RECORD Operai al lavoro all’interno del back up della TBM lungo 140 metri. 75 SICILIA 64-77.indd 75 23-10-2013 14:40:43 L’ESPERIENZA A sinistra, gli ingegneri Massimo Rebolini e Maria Rosaria Guarniere di Terna Rete Italia. Alle loro spalle l’impianto di trattamento delle acque provenienti dalla galleria. ECCELLENZA ITALIANA A destra, quello di Scilla è il più profondo pozzo verticale (300 metri) per cavi ad altissima tensione mai realizzato al mondo. nelle province di Messina e Reggio Calabria verranno interrati 67 chilometri e demoliti 170 di vecchie linee elettriche, ma anche liberati dal vincolo di servitù 264 ettari di territorio (pari a 350 campi da calcio). Il nuovo impianto consentirà inoltre di evitare emissioni di CO2 in atmosfera per 670mila tonnellate annue e di risparmiare 10.000 metri quadri di territorio grazie all’impiego (per 20 km del tratto aereo) degli innovativi tralicci “monostelo”, che hanno un impatto visivo ridotto e un ingombro al suolo mediamente inferiore di 15 volte rispetto a quello dei piloni tradizionali tronco-piramidali». E chissà mai che Terna non riesca in futuro a rendere convertibile anche l’energia sprigionata dalle indomabili furie di Scilla e Cariddi… 76 SICILIA 64-77.indd 76 23-10-2013 14:41:06 IL CUORE E IL CERVELLO DELL’ELETTRODOTTO Il blindato realizzato da Siemens dove sono alloggiate le apparecchiature per il governo del flusso dell’energia tramite controllo remoto e locale. Gli spazi ridotti, oltre all’affidabilità e sicurezza, la rendono una soluzione all’avanguardia tecnologica. 77 SICILIA 64-77.indd 77 23-10-2013 14:41:16 78 BUS 78-95.indd 78 23-10-2013 14:30:31 Eccellenze italiane A Passignano, lungo le sponde umbre del Trasimeno ALLA GUIDA DELLA MOBILITÀ GREEN DEL DOMANI Nel 1945 l’azienda Rampini è partita dal cuore verde dell’Italia e oggi i suoi autobus elettrici viaggiano per le strade del mondo di Andrea Milanesi - foto di Massimo Zingardi 79 BUS 78-95.indd 79 23-10-2013 14:30:31 80 BUS 78-95.indd 80 23-10-2013 14:30:45 UN CUORE VERDE L’ingegnere Stefano Rampini, amministratore delegato dell’azienda umbra, accanto al cuore elettrico dell’autobus Alé. 81 BUS 78-95.indd 81 23-10-2013 14:30:58 U na visita ai capannoni della ditta Rampini può essere considerata una gita-premio: per grandi, piccini e chiunque provi un’attrazione fatale verso i motori e le grandi macchine. Gatti delle nevi, veicoli militari speciali, autobus elettrici, mezzi per il trasporto aereo, tutto viene infatti progettato e realizzato in sede, negli 80mila metri quadri dello stabilimento di Passignano sul Trasimeno, orgoglio e vanto dell’eccellenza manifatturiera italiana. E qui tutto è cominciato quasi settant’anni fa, come ci racconta il vulcanico amministratore delegato dell’azienda, l’ingegnere Stefano Rampini: «C’è una data precisa, quasi simbolica, decisiva per la storia della nostra famiglia, ma anche per quella dell’intera nazione: il 24 aprile 1945 il nostro babbo Carlo registrava la sua officina alla Camera di Commercio di Perugia. Si era alla vigilia di una nuova ripartenza e lui ha messo a frutto le esperienze maturate nel campo della meccanica e dell’idraulica, lavorando come tecnico preso la Sai (Società Aeronautica Italiana) e come collaudatore di componentistica per sommergibili nel Lago d’Iseo per la Caproni. Fabbro, saldatore, falegname, si adattava a fare un po’ di tutto: dal recupero delle jeep e dei residuati bellici alla riparazione e alla manutenzione di biciclette, automobili, trattori, pullman e perfino dei campanili delle chiese». Una sorta di factotum che non si fermava di fronte a nulla e che ha trasmesso la sua “passione per il fare” all’intera discendenza (nel consiglio di amministrazione oggi siedono i figli Stefano, Franco e Sergio, insieme con Giuseppe Lepore, il marito della figlia Cristina). Questo è il “marchio di fabbrica” che ha caratterizzato l’impronta vincente di un’azienda che è cresciuta passo dopo passo, per progressivi 82 BUS 78-95.indd 82 23-10-2013 14:31:07 UN HABITAT NATURALE Il bus elettrico di Rampini nel suo habitat d’origine, a Passignano, sulle sponde del Lago Trasimeno, dove la storica azienda umbra è nata nel lontano 1945. 83 BUS 78-95.indd 83 23-10-2013 14:31:21 ampliamenti, quasi per “stratificazione”. A partire dai primi Anni Sessanta sono infatti cominciate le fasi di progettazione e produzione di automezzi antincendio e apparecchiature speciali, inizialmente per gli aeroporti militari e poi anche per quelli civili, dove Rampini è presente con una serie di attrezzature di supporto logistico che vanno dalle scale passeggeri ai nastri bagagli e alle piattaforme aeree per imbarco e sbarco. Quando nel 1992 viene acquisita la Prinoth di Ortisei, azienda leader nella costruzione di gatti delle nevi, il parco macchine della società umbra comprende già veicoli speciali come le cabine di regia per la Rai e gli automezzi per la trasmissione satellitare per l’Agenzia Spaziale Italiana. Victoria, Alé. «La mobilità, intesa nella sua accezione più vasta, è il tratto distintivo di tutta la nostra attività», riprende l’ingegner Stefano; «nel corso dei decenni le nostre conoscenze in campo meccanico, idraulico, elettrico ed elettronico si sono 84 BUS 78-95.indd 84 23-10-2013 14:31:43 CURA IN OGNI DETTAGLIO Alcuni passaggi della linea di assemblaggio della componentistica elettrica. Il Gruppo Rampini impiega un centinaio di dipendenti e nel 2012 ha registrato un fatturato di quasi 14 milioni di euro. 85 BUS 78-95.indd 85 23-10-2013 14:31:59 86 BUS 78-95.indd 86 23-10-2013 14:32:12 TECNOLOGIA GREEN Dettaglio dell’inverter ELFA di Siemens (a sinistra, in grigio), cuore elettrico che permette ad Alé di raggiungere le sue performance senza inquinare. Visione d’insieme della componentistica dei servizi principali e ausiliari (sopra). 87 BUS 78-95.indd 87 23-10-2013 14:32:33 ampliate notevolmente e così anche la capacità di collegarle e integrarle tra loro. In questa prospettiva, nel 2004 abbiamo rilevato dal tribunale fallimentare la ditta Cam (Carrozzeria Autodromo Modena) che produceva tra l’altro un autobus da 8 metri chiamato Alé, da noi in seguito completamente rivisitato da cima a fondo; a fine 2006 era già pronta una versione totalmente elettrica, ma abbiamo lavorato ancora per altri tre anni prima di portare a termine un prodotto finito e affidabile, in grado di garantire un servizio prolungato e continuativo secondo le diverse necessità di funzionamento». Come sempre Rampini ha mantenuto ogni processo produttivo all’interno del suo stabilimento, dalla progettazione al lavoro in officina, dove sono attivi torni, fresatrici, tagliatrici al laser, piegatrici, impianti di verniciatura per realizzare strutture, 88 BUS 78-95.indd 88 23-10-2013 14:32:53 IN PRODUZIONE AVANZATA Vista esterna dei capannoni Rampini (pagina a sinistra) e linea di produzione del veicolo Alé (sopra), già entrato in servizio completo con dodici vetture nel centro storico di Vienna. 89 BUS 78-95.indd 89 23-10-2013 14:33:05 telai, ma anche sedili e arredi interni. Per trovare un motore elettrico che potesse assicurare prestazioni elevate è invece nata la collaborazione con Siemens, che con il gruppo umbro condivide una visione di fondo orientata verso l’innovazione continua e che nel campo della mobilità elettrica vanta una più che secolare esperienza (la prima automobile elettrica prodotta dal marchio tedesco, la Victoria, risale al 1905). Il motore e il sistema di trazione Elfa, brevettati da Siemens già una ventina di anni fa, rappresentano il cuore verde dei dodici autobus elettrici Alé già entrati in servizio completo su due linee nel centro storico di Vienna: «Si tratta di una soluzione ottimale», riprende Rampini, «che assicura sempre una continua e assoluta 90 BUS 78-95.indd 90 23-10-2013 14:33:28 LA NASCITA DELL’ALÉ Fasi iniziali dell’assemblaggio. Il Gruppo Rampini mantiene ogni parte del processo produttivo all’interno del suo stabilimento, dalla progettazione al lavoro in officina. 91 BUS 78-95.indd 91 23-10-2013 14:33:42 92 BUS 78-95.indd 92 23-10-2013 14:34:14 UN KNOW-HOW COMPLETO Officina meccanica: tutti i componenti principali dei mezzi e delle apparecchiature Rampini sono sviluppati e prodotti internamente. 93 BUS 78-95.indd 93 23-10-2013 14:34:27 autonomia rispetto a tutte le funzioni – compresi gli impianti di riscaldamento e condizionamento per autista e passeggeri – e le prestazioni richieste, grazie anche a un efficace sistema di ricarica totalmente assicurato da brevi soste al capolinea. Dal punto di vista ambientale, poi, il risparmio di emissioni nell’aria raggiunge mediamente le 65 tonnellate di CO2 ogni anno per ogni mezzo in esercizio». Oltre a quello presente sulle strade di Nizza, due autobus sono impiegati a Piacenza, due a Gorizia, due sono in consegna a Siena nel marzo dell’anno prossimo e, anche se il core-business dell’azienda umbra appare maggiormente orientato verso l’Europa dell’Est, nuove prospettive sembrano aprirsi anche nel nostro Paese: «Il ministero dell’Ambiente ha messo a disposizione per il rinnovo del trasporto locale pubblico 110 milioni di euro, ripartiti tra le varie regioni, dando disposizione di inserire nel parco macchine anche gli autobus elettrici: una grossa innovazione che rappresenta una dimostrazione di attenzione e sensibilità, che fa ben sperare per il futuro». Troppo silenzio. Oggi il Gruppo Rampini impiega un centinaio di dipendenti e nel 2012 ha registrato un fatturato di quasi 14 milioni di euro, ma guardando avanti l’ingegnere vede una sostanziale continuità con il passato: «Se siamo arrivati a 70 anni di attività è perché correttezza, onestà e versatilità sono sempre i nostri cavalli di battaglia. E poi abbiamo un altro evidente punto di forza; non diciamo mai di no di fronte a qualsiasi richiesta, un po’ per abitudine e un po’ perché la nostra storia ci ha insegnato che siamo sempre stati in grado di vincere ogni sfida che abbiamo affrontato. Tutto è fattibile, tecnologicamente parlando, ma con il cliente ci vuole chiarezza su tempi, costi e benefici». Davvero mai una battuta d’arresto? «In realtà è stato riscontrato un problema proprio sui nostri autobus elettrici di Vienna: sono troppo... silenziosi e questo potrebbe creare qualche inconveniente di sicurezza pubblica. Stiamo dunque trovando la soluzione perché le vetture facciano un po’ di rumore quando viaggiano; però, anche volendo, non potremo mai renderle inquinanti...». 94 BUS 78-95.indd 94 23-10-2013 14:34:36 PRONTI PER OGNI SFIDA Area test esterna per automezzi in condizioni di pioggia, situata all’interno degli 80.000 metri quadrati dello stabilimento. 95 BUS 78-95.indd 95 23-10-2013 14:34:49 PAGINA 96.indd 96 23-10-2013 14:28:51