Gli antifascisti erano stati a lungo una minoranza attiva continuamente insidiata dalla polizia politica, dalle spie, dagli arresti. Il reclutamento di un simpatizzante – più spesso nei luoghi di lavoro ritenuti più controllabili – era prudentissimo e selettivo. Dopo l’8 settembre centinaia di giovani educati nel regime fanno rapidamente l’apprendistato della democrazia. La relazione fra i primi e i secondi non e’ automatica, comporta anche diffidenze ma si rivelerà essenziale per trasformare la renitenza alla leva di Salò, il rifiuto morale della guerra in lotta politica di liberazione. Questo processo e’ in parte sostenuto anche dalle forze anglo‐americane che fornirono ai gruppi della Resistenza armi e supporto logistico. Gli esponenti della Resistenza comprendevano alcuni reparti delll’esercito italiano che, pur privi di chiare indicazioni da parte del governo Badoglio, decisero di combattere contro i tedeschi (spesso a prezzo della vita come nel caso della divisione Acqui a Cefalonia). Proletari e operai, come nelle quattro giornate di Napoli che si liberò prima dell’arrivo degli Alleati o nella battaglia di Gorizia combattuta dagli operai di Monfalcone; l’autunno ’43 consenti’ il ritorno alla vita attiva di militanti dei partiti di sinistra, di repubblicani, di popolari che erano stati perseguitati dal fascismo e anche di notabili liberali che erano rimasti in attesa senza però compromettersi col regime. Molti di essi furono liberati allora dal carcere o dal confino. Il movimento partigiano, prima organizzato in bande autonome, fu in seguito coordinato dal Cln (Comitato di Liberazione) mentre nella Milano occupata dall’esercito di Salò operava con una relativa autonomia il CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia). Il CLNAI, presieduto dal 1943 al 1945 da Alfredo Pizzoni, coordinò la lotta armata nell'Italia occupata, condotta da formazioni costituite prevalentemente – ma in forma ancora fluida – sulla base dell’affiliazione a partiti in via di costituzione come le brigate Garibaldi, vicine al Partito comunista, le brigate Matteotti vicine ai socialisti, quelle di Giustizia e Libertà legate al Partito d’azione sulla scorta delle idee di militanti antifascisti come Carlo Rosselli. Ma operavano anche brigate autonome, composte principalmente da ex‐militari e prive di rappresentanza politica, talvolta vicine alla monarchia. Al di fuori del Cln operavano anche brigate legate a movimenti libertari anarchici o comunisti eterodossi. In questo periodo le forze politiche erano in corso di riorganizzazione e la divisione del paese, con un governo con sede nel Sud e in cui la vita politica si svolgeva soprattutto a Napoli e una direzione clandestina a Milano, consentiva ampie autonomie ai movimenti e alle brigate partigiane. Dall'8 settembre 1943 (data della proclamazione dell’armistizio e del conseguente discorso di Badoglio) al 25 aprile 1945 il territorio italiano occupato dai nazisti visse una vera e propria guerra nelle retrovie. L'azione della Resistenza italiana come guerra di liberazione dall'occupazione tedesca implicava anche la lotta armata contro i fascisti e gli aderenti alla Rsi che sostenevano gli occupanti. Il ruolo della Resistenza Ma alla Resistenza hanno cooperato – e la storiografia più recente va sottolineandolo sempre di più – anche i civili e fra i civili le donne: sia nella forma della ripresa del conflitto sociale sia in quella dell’indispensabile sostegno logistico senza il quale una guerriglia e’ impossibile. Gli scioperi operai del marzo del 1943 dimostrarono che era possibile opporsi al regime fascista arrivando a minare in modo pesantissimo la credibilità di Mussolini e ciò fu il preludio della sua messa fuori gioco del 25 luglio. Secondo documenti della segreteria del Duce, Mussolini – vecchio organizzatore, dirigente di Camere del Lavoro in gioventù – si era molto preoccupato degli scioperi scoppiati allora nelle principali città industriali del Nord. Erano scioperi organizzati da comitati di recente costituzione e con una motivazione economica, anche se in essi cominciano a emergere militanti antifascisti. Nel 1944 dal 1 all’8 marzo le fabbriche del Nord che lavoravano per la produzione industriale bellica scioperano compattamente nonostante arresti e deportazioni. Intanto erano nati delegati, Cln di fabbrica che univano la mobilitazione per la resistenza e la fine della guerra all’intervento sulle condizioni di lavoro: un intreccio che vedremo all’opera nei primi anni della Repubblica nei Consigli di gestione che proponevano il controllo dei delegati operai sulle principali scelte delle imprese, poi sconfessati dalle componenti moderate delle forze antifasciste e soprattutto ricusati dalla riorganizzata Confindustria. Difficile un calcolo precisissimo dei giovani – fu un’esperienza fortemente connotata in questo senso – coinvolti nella gueriglia partigiana: dalle poche migliaia dell'autunno del 1943 fino ai circa 300.000 dell'aprile 1945. Nell'Italia centro‐meridionale il movimento partigiano non ebbe altrettanta importanza militare – di cui si e’ ampiamente parlato a lezione. Il Sud visse però in quel periodo, soprattutto col ritorno in Italia di Palmiro Togliatti, dirigente comunista di primo piano, nel marzo 1944, un’autentica centralità politica con l’ingresso dei partiti di sinistra nel governo Badoglio nella stessa primavera del ’44. I GAP e le SAP Parallelamente alle brigate partigiane in montagna, nelle città cominciarono a costituirsi nuclei partigiani clandestini denominati Gap (Gruppi di azione patriottica) formati ognuno da pochi elementi pronti a svolgere azioni di sabotaggio e propaganda politica. Essi furono anche in grado di organizzare evasioni quasi miracolose come quella di Sandro Pertini e Giuseppe Saragat (che entrambi saranno presidenti della Repubblica) dal carcere romano di Regina Coeli dove sarebbero stati giustiziati nella Roma ancora occupata del febbraio ’44 Accanto ad essi, nei principali centri urbani sorsero all'interno delle fabbriche le Sap (Squadre d’azione patriottica), gruppi di sostegno alle formazioni partigiane con l'obiettivo specifico di rendere più ampia possibile la partecipazione popolare al momento insurrezionale. Ciò che si detto a lezione per la Resistenza in generale in Europa vale specialmente per quella italiana. In Italia il fascismo non era stato un episodio doloroso ma breve, bensi’ un regime durato più di un ventennio e aveva modificato tutte le istituzioni e formato intere generazioni. La Resistenza formò un modello di etica pubblica e forni’ ai partiti politici che si sarebbero impegnati nella ricostruzione un patrimonio comune da cui sorse la Costituzione del 1947 di cui parleremo nel corso del II modulo. Il 19 aprile 1945, mentre le truppe anglo‐americane sboccavano infine nella valle del Po, i partigiani per ordine del Cln diedero vita all'insurrezione generale. Dalle montagne, i partigiani confluirono verso i centri urbani del Nord Italia, occupando fabbriche, prefetture e caserme. Nelle fabbriche occupate venne dato l'ordine di proteggere i macchinari dalla distruzione dell’esercito nazista in ritirata. Le sedi dei quotidiani furono usate per stampare i giornali clandestini dei partiti che componevano il Cln. Intanto le formazioni fasciste si sbandavano e le truppe tedesche battevano in ritirata. Era possibile quella resa che i vertici militari tedeschi ritenevano inevitabile fin dall’inizio del ’45 e che solo l’ostinazione di Hitler aveva impedito. Il 25 aprile e’ la data assunta ufficialmente come festa della Liberazione perche’ allora furono liberate Torino e Milano, il centro della presenza nazifascista in Italia. Le truppe alleate arrivarono nelle principali città liberate nei giorni seguenti. La liberazione di molte città, di centri industriali di importanza strategica, prima dell'arrivo degli Alleati rese l'avanzata di questi più rapida e meno onerosa in termini di vite e rifornimenti. In molti casi avvennero drammatici combattimenti strada per strada; i resti dell'esercito tedesco e gli ultimi irriducibili fascisti della Republica di Salò sparavano asserragliati in vari edifici o appostati su tetti e campanili su partigiani e civili. La conclusione, con la fucilazione di Mussolini e di molti gerarchi in fuga, e’ nota e l’abbiamo già spiegata più in alto. Come abbiamo citato i gruppi di antinazisti sopravvissuti alle tremende repressioni di quel regime, dobbiamo anche ricordare che alla lotta partigiana in Italia aderirono anche gruppi di disertori tedeschi il cui numero è difficile da valutare in quanto, per evitare rappresaglie contro le loro famiglie residenti in Germania, usavano nomi fittizi e spesso venivano considerati dai loro reparti d'origine come dispersi e non disertori per evidenti ragioni propagandistiche Un apporto alla Resistenza venne anche da soldati sovietici fuggiti dai campi di prigionia : una presenza meglio documentata perche’ in questo caso la loro azione era altamente approvata dal governo sovietico. I caduti per la Resistenza italiana uccisi in combattimento o dopo la cattura sono stati circa 44.700; 21.200 rimasero mutilati ed invalidi; morirono combattendo contro i nazisti anche migliaia di soldati regolari italiani: 10.260 della sola Divisione Acqui, i “banditi della Acqui” celebrati in una canzone partigiana. Le donne partigiane combattenti furono 35 mila, mentre 70 mila fecero parte dei Gruppi di difesa della donna; 4.653 di loro furono arrestate e torturate, 2.750 furono deportate, 2.812 giustiziate mentre 1.070 caddero in combattimento. Dei circa 40.000 civili deportati, per motivi politici o razziali, ne torneranno solo 4.000. Dei 2.000 italiani deportati dal ghetto di Roma nella retata del 16 ottobre 1943, ne sopravvissero solo quindici. Dei 650.000 soldati deportati nei campi nazisti dopo l'8 settembre ne morirono 40.000. La maggior parte di essi (il 90% dei soldati e il 70% di ufficiali), rifiutarono le periodiche richieste di entrare nei reparti della RSI in cambio della liberazione. Si stima che in Italia nel periodo intercorso tra l'8 settembre 1943 e l'aprile 1945 le forze tedesche, militari regolari, polizia militare e SS, e le forze della Repubblica Sociale Italiana compirono più di 400 stragi per un totale di circa 15.000 caduti tra partigiani, sostenitori della Resistenza, ebrei e cittadini comuni. Un tributo dolorosissimo con cui si saldava tragicamente il bilancio della dittatura fascista. Lo sterminio degli Ebrei d’Europa Già abbiamo parlato delle feroci e spietate condizioni di detenzione degli oppositori politici soprattutto socialisti e comunisti nei campi di lavoro e “rieducazione” il primo dei quali fu Dachau: violenze fisiche e torture insieme al lavoro forzato dovevano umiliare anche fino alla morte migliaia e migliaia di tedeschi antinazisti e costituire uno spaventoso esempio per i cittadini tedeschi tutti. Sui prigionieri i medici nazisti svolgevano esperimenti quasi sempre mortali. In questi campi finirono anche appartenenti a minoranze religiose ed ebrei ma innanzitutto in qualità di oppositori. Contemporaneamente venne avviata un’operazione di “eugenetica” che prevedeva la soppressione di malati incurabili e mentali ritenuti una minaccia alla qualità della razza ariana. La legge “sulla prevenzione della nascita di persone affette da malattie ereditarie” del ’33 impose la sterilizzazione di più di 400.000 tedeschi compresi i giovani “meticci” spesso nati da donne tedesche e soldati afroamericani alla fine della I guerra mondiale. A partire dal ’35 venne autorizzata l’uccisione di migliaia di bambini con problemi fisici o mentali sottratti con l’inganno alle famiglie con la promessa di cure sperimentali e nel ’39 fu avviata l’opera di concentrazione di migliaia di ricoverati in ospedali psichiatrici in alcuni centri dove venivano immediatamente eliminati. I corpi venivano cremati, i cervelli sezionati, le famiglie tenute all’oscuro. Anche cosiddetti asociali e molti ebrei tedeschi vennero cosi’ uccisi. Fra il ’40 e il ’41 più di 80.000 persone vennero uccise già nel territorio del Reich senza suscitare allarme: tragica analogia con l’operazione di sterminio del popolo ebraico. I processi cui furono sottoposti i medici che collaborarono a tale operazione hanno fatto emergere cartelle cliniche che hanno rivelato che in questo massacro erano finiti anche oppositori politici esasperati da anni di carcere, licenziamenti ed emarginazione. Ma con la progressiva invasione dei territori europei nascono campi di concentramento per "indesiderabili" in tutta Europa soprattutto in prossimità dei centri con un'alta densità di popolazione "indesiderata": ebrei, intelligencjia polacca, russi, soprattutto se esponenti comunisti, e gruppi di Rom. La maggior parte dei campi era situata nell'area del cosiddetto Governatorato Generale cioe’ nella Polonia invasa nel ’39. Alcuni campi, come quello di Auschwitz‐Birkenau combinavano il lavoro schiavistico con lo sterminio sistematico. All'arrivo in questi campi i prigionieri venivano divisi in due gruppi; quelli troppo deboli per lavorare venivano uccisi immediatamente nelle camere a gas (in genere mascherate da docce) e i loro corpi bruciati, mentre gli altri venivano impiegati come schiavi nelle fabbriche situate dentro o attorno al campo. I nazisti costrinsero anche alcuni prigionieri a lavorare alla rimozione dei cadaveri e allo sfruttamento dei corpi. I denti d'oro venivano estratti e i capelli delle donne (tagliati a zero prima che entrassero nelle camere a gas) venivano riciclati per la produzione industriale di feltro. Tre campi, Belzec, Sobibor e uno dei due campi di Treblinka, erano usati esclusivamente per lo sterminio. Solo un piccolo numero di prigionieri veniva tenuto in vita per svolgere i compiti legati alla gestione dei cadaveri delle persone uccise nelle camere a gas. Il trasporto dei prigionieri nei campi si svolgeva in convogli ferroviari composti da carri bestiame o carri merci, con un ulteriore elemento di umiliazione e di disagio dei prigionieri. Ma l’operazione Barbarossa estese a dismisura lo sterminio: le aree russo‐polacche ospitavano grandi comunità ebraiche, non piccole minoranze urbane come in Germania, in Francia o in Italia. Durante l'invasione dell’Urss oltre 3.000 uomini appartenenti ad unità speciali, le cosidette Einsatzgruppen, seguirono le forze armate naziste ed eseguirono uccisioni di massa della popolazione ebraica che viveva in territorio sovietico. Intere comunità vennero spazzate via, catturate, derubate di tutti i loro averi e uccise sul bordo di paludi di cui quel territorio era ricco. Ciò nonostante gli sforzi sovietici per trasferire molti concittadini ebrei ed ebrei polacchi in zone lontane dal fronte, verso la Siberia. Nel dicembre del 1941 Hitler asssunse la decisione ufficiale di sterminare gli ebrei d'Europa. Durante la Conferenza di Wansee (nei pressi di Berlino) del 20 gennaio 1942 i principali dirigenti nazisti (fra i quali ricordiamo Reinhard Heydrich, Karl Adolf Eichmann Hans Frank Himmler, Bormann, Göring, Arthur Rosemberg) discussero i dettagli della Endlösung der Judenfrage, la “soluzione finale della questione ebraica”. Le decisioni prese a Wannsee portarono alla costruzione dei primi campi di sterminio di Belzec, Sobibor e Treblinka dove fra l’ottobre del ’42 e il ’43 furono uccise 1.700.000 persone deportate dai ghetti polacchi. Venne poi ampliato il campo di concentramento di Auschwitz dove venivano incarcerati in massa anche i prigionieri russi, anch’essi destinati al lavoro schiavistico e poi allo sterminio come nemici in guerra e ideologici. Si calcola che durante la seconda guerra mondiale persero la vita circa sei milioni di ebrei. Furono avviati ai campi e sottoposti a condizioni di detenzione durissime anche gli appartenenti alle minoranze religiose dei testimoni di Geova e dei Pentecostali e un numero difficile da stabilire di omosessuali tedeschi, da rieducare e uccidere se recidivi perche’ nemici della razza ariana. La campagna hitleriana di genocidio nei confronti dei Rom e Sinti europei costituisce una variante della pseudo‐scienza razziale nazista. Si riteneva che i Rom fossero popolazioni discendenti dagli ariani che avevano occupato l’India per poi tornare in Europa. Erano quindi non meno “ariani” del più biondo e glauco dei norvegesi. Si disse che però discendevano dalle classi più basse della popolazione di quella regione. Nel corso della loro migrazione, secondo gli pseudoscienziati nazisti, avevano assorbito il sangue delle popolazioni circostanti, diventando una miscela razziale di Orientali e Asiatici occidentali con aggiunta di influssi Indiani, Centroasiatici ed Europei. Si trattava evidentemente di ipotesi fantasiose che però provocarono lo sterminio di migliaia di uomini e donne soprattutto nell’Europa orientale mentre vennero risparmiate le tribù Sinti e Rom tedesche. Il lavoro esaustivo su questa mostruosa traduzione della concezione del mondo secondo gerarchie razziali tipica del nazismo e’: Raul Hilberg, The destruction of the European Jews , 1985 trad .it. La distruzione degli ebrei d'Europa, Einaudi, Torino 1999.