XXVIII CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI
LE DIMENSIONI DELLA SOSTENIBILITA’ DELLE PROVINCE ITALIANE E LA PUBBLICA
AMMINISTRAZIONE LOCALE
Antonio DALLARA
LEL - Laboratorio di Economia Locale, Facoltà di Economia, Università Cattolica del Sacro Cuore sede di Piacenza,
Via Emilia Parmense n. 84, 29100 Piacenza, Italia
Tel. 0523 599.311 Fax 0523 599.437 e-mail: [email protected]
SOMMARIO
Questo paper è la presentazione sintetica di alcune parti di un lavoro che si propone di analizzare i
fattori di crescita e di sviluppo di natura socio-economico-ambientale delle province italiane, con
particolare attenzione al ruolo della Pubblica Amministrazione locale.
Obiettivo è la descrizione dei sistemi sociali economici territoriali (SEST) (Ciciotti, 1997; LEL,
1999) con il modello ESA (Ciciotti, Dallara, Rizzi, 2006; Dallara, 2005a; Dallara, 2006) ampliato
con struttura e strategie della Pubblica Amministrazione locale.
Con il SEST si costruisce una rappresentazione dei sistemi locali di natura economica.
Con l’ESA (economia, società, ambiente) l’obiettivo è ancora descrittivo. Si pongono in evidenza
elementi relativi alle tre dimensioni della sostenibilità territoriale: l’economia, la società,
l’ambiente. In ciascuna delle tre dimensioni si distinguono aspetti strutturali, prestazionali e
strategici. Intendendo strutturali gli elementi che tendono a caratterizzare un sistema territoriale nel
medio-lungo periodo senza subire mutamenti di rilievo; prestazionali quegli aspetti economici,
sociali e ambientali che subiscono mutazioni repentine e rappresentano risultati prodotti da attività
socioeconomiche di medio-breve periodo; strategici sono elementi che rivelano scelte di attori locali
in tema economico-sociale-ambientale e sono misure dei comportamenti, delle azioni, delle
“condotte” adottate. Lo sviluppo sostenibile del SEST tiene in debita considerazione l’inserimento
di ogni sistema locale in un contesto globale, quindi accorpa nella analisi la competizione tra i
sistemi territoriali. Così facendo l’ESA concilia in sé gli aspetti della sostenibilità e gli aspetti della
competitività. Se l’una è focalizzata sulle interdipendenze delle tre sfere economia-società-ambiente
e sulla riproducibilità dei fattori di sviluppo nel tempo e nello spazio (contratto inter-generazionale
e intra-generazionale), l’altra è focalizzata sulle relazioni di competizione e di benchmarking tra
territori.
Con il presente lavoro si vuole ampliare il modello ESA, affiancando a economia-società-ambiente
la dimensione “istituzioni pubbliche locali”, arricchendo in questo modo il quadro descrittivo del
sistema locale territoriale. Le istituzioni pubbliche sono rappresentate dalle amministrazioni
comunali capoluogo di provincia, dalle altre amministrazioni comunali e dalle amministrazioni
provinciali. Gli elementi informativi sono rappresentati dai dati di bilancio e dalle strutture degli
organici del personale operante all’interno degli enti. Le variabili descrittive della PA locale sono
riconducibili ad elementi di struttura e di strategia.
Si è scelto di mantenere distinte queste variabili dalle altre che nel modello ESA originale
descrivono l’economia la società e l’ambiente per isolare la componente pubblica e istituzionale e
per porre le basi della ricerca di eventuali relazioni tra struttura/prestazioni/strategie dei territori e
azione della Pubblica Amministrazione locale, secondo una chiave di lettura di competitività e
sostenibilità territoriale dei sistemi locali.
Per quanto riguarda gli indicatori di struttura della Pubblica Amministrazione locale si sono
utilizzati dati relativi alla struttura organizzativa interna, in particolare la numerosità e il profilo
professionale del personale, e dati relativi alla struttura patrimoniale e finanziaria e dati di spesa, in
particolare indicatori economico strutturali e alcuni indicatori elementari selezionati.
Le strategie della Pubblica Amministrazione locale vengono invece descritte facendo riferimento
alla distribuzione funzionale della spesa ripartita in spesa procapite per l’economia (spesa per
sviluppo economico, spesa per il turismo, spesa per servizi produttivi), spesa procapite per la
società (spesa per la giustizia, spesa per la polizia locale, spesa per l’istruzione, spesa per la cultura,
spesa per lo sport, spesa sociale), spesa procapite per l’ambiente (spesa per il territorio, spesa per la
viabilità e i trasporti).
Come per le altre variabili di sintesi del modello ESA, anche per questa parte relativa alle
“istituzioni” si è scelto di costruire macro-variabili ricorrendo alla tecnica delle componenti
principali abbinata ad un approccio di tipo correlativo, in grado di eliminare dalle aggregazioni
variabili elementari “ridondanti” e variabili con limitato contenuto informativo originario,
mantenendo lo spettro informativo il più ampio e variegato possibile.
1.
Competitività e sostenibilità territoriale
L’obiettivo del lavoro è l’analisi del ruolo della Pubblica Amministrazione locale (PAL) nello
sviluppo dei sistemi economico-sociali-territoriali (SEST). Lo strumento utilizzato è il modello
economia società ambiente (ESA) ampliato alla PA locale. In cui le chiavi di lettura sono la
competitività dei territori e la sostenibilità dello sviluppo socioeconomico locale.
La competitività territoriale attiene al differenziale di produttività dei fattori specifici di cui ciascun
territorio ha dotazione e al fatto che ciascun territorio in sé è fattore produttivo autonomo, che
contribuisce a spiegare i risultati delle imprese e degli enti pubblici che vi sono localizzati. Si
possono distinguere fattori che spiegano esogenamente o endogenamente la competitività di un
territorio. Fattori esogeni che spiegano la competitività sono, tra gli altri, la disponibilità di
infrastrutture, la presenza e l’attrazione di imprese multinazionali, la creazione di poli industriali
oppure la spinta prodotta da processi innovativi esterni. Al contrario, sono considerati in letteratura
fattori endogeni le risorse localizzate, le capacità del territorio sintetizzate nel concetto di capitale
sociale e l’esistenza di relazioni di fiducia tra attori dell’economia ed istituzioni, fattori talvolta di
natura immateriale.
La sostenibilità dello sviluppo di un territorio attiene alla capacità di un sistema locale (SEST) di
mantenere e migliorare la base produttiva esistente. Intesa come stock di ricchezza composta
dall’insieme di beni di capitale fisico frutto di investimenti precedenti (macchine), ma anche di
capitale ambientale e, in un’accezione ancora più ampia, di capitale sociale, che include i
meccanismi di allocazione delle risorse (ivi compresi quelli che dipendono dall’intensità delle
relazioni umane come la fiducia) e le stesse istituzioni (Dasgupta, 2004).
Garantire uno sviluppo territoriale sostenibile significa operare per il miglioramento della
competitività territoriale. Un territorio con una migliore dotazione di stock (fisico, economico,
sociale, umano, ambientale) consolida in termini relativi la propria posizione competitiva rispetto ai
competitors.
2.
Competitività e sostenibilità di un SEST
L’analisi della competitività e della sostenibilità quindi ha come oggetto di studio i sistemi
territoriali locali. La dimensione locale ha assunto nel corso degli anni una crescente rilevanza nello
studio della competitività, nella definizione di strategie internazionali1 e nelle politiche per lo
sviluppo sostenibile.
La ragione è innanzitutto di ordine operativo: il livello locale è il più pressato da esigenze di
efficacia, operatività, visibilità; inoltre, solo un diretto coinvolgimento dei cittadini dà delle chances
di successo alle politiche per la sostenibilità. Un’altra ragione ancora è di ordine strettamente
politico: “le amministrazioni locali sono collocate abbastanza vicino ai problemi per comprenderne
specificità ed urgenza, gli attori sociali (associazioni, imprese, ecc.) sono abbastanza radicati e
strutturati da poter giocare un ruolo di partner attivo” (Colombo et al., 2000)2. Infine, vi è una
ragione di carattere epistemologico: il livello locale è, per eccellenza, il luogo di comprensione della
realtà per individui e gruppi sociali, dove si possono “toccare con mano” i diversi aspetti legati alla
sostenibilità, in senso sia negativo (inquinamento, congestione, malattie) sia positivo (miglioramenti
della qualità della vita). In altre parole, le scelte di sostenibilità non possono venire dettate dall’alto,
non possono essere imposte, ma solo a livello locale possono essere elaborate3.
1
Cfr., tra gli altri, Segre e Dansero, 1996.
Sebbene, a ben vedere, il trasferimento di responsabilità a livello locale faccia parte di una tendenza di ben più ampia
portata, che non riguarda solo l’orizzonte delle politiche di sostenibilità.
3
Il principio di sussidiarietà sottolinea, inoltre, il carattere endogeno dello sviluppo sostenibile.
2
Nello sviluppo del lavoro si è privilegiata una unità territoriale locale: il sistema economico-sociale
territoriale (SEST). Nell’ambito di tale dimensione si valuta la sostenibilità - in particolare negli
effetti che essa esplica sulle collettività locali - assumendo come modello di riferimento non già un
sistema caratterizzato da equilibri eco-socio-biologici né un sistema territoriale disegnato in modo
ideale, bensì un archetipo multidimensionale, sebbene semplificato, in cui si possano riconoscere le
differenti funzioni del territorio urbanizzato: quella di fornire economie di agglomerazione e di
prossimità, accessibilità ed interazione sociale, integrazione a rete con il mondo esterno, e in cui il
benessere collettivo risulti dalla positiva integrazione dinamica tra l’ambiente naturale, l’eredità
culturale, l’economia e la società. In cui la PA locale presenti caratteri strutturali e ponga in essere
azioni che producono risultati interni al sistema territoriale.
3.
Il modello di analisi
La descrizione del sistema sociale economico territoriale (SEST) viene condotta con il modello
ESA allargato alla PA locale. Il SEST potrebbe essere analizzato con un approccio esclusivamente
economico che privilegia l’individuazione delle prestazioni (intese solo come natalità
imprenditoriale, dinamica del valore aggiunto, dinamica occupazionale, etc.) della struttura
socioeconomica, dei fattori localizzativi e delle economie di agglomerazione, delle strategie degli
attori e della governance di sistema (Ciciotti, 1997; LEL, 1999). A questo approccio viene preferito
il modello ESA, che analizza gli elementi della sostenibilità territoriale, affianca alla dimensione
economica quella sociale e quella ambientale, ciascuna delle tre dimensioni viene scomposta in
aspetti strutturali, prestazionali e strategico/comportamentali (Ciciotti, Dallara, Rizzi, 2006; Dallara,
2005a, Dallara, 2006).
Alle tre dimensioni economia-società-ambiente si affianca la dimensione Pubblica Amministrazione
- Istituzioni Locali. In linea con gli indirizzi prevalenti in letteratura (Dasgupta, 2004; Pearce,
Turner, 2000; Musu, 2007; Seravalli, 2006) e con le indicazioni della prassi politico-amministrativa
internazionale (Commissione Europea; Consiglio di Goteborg, 2001).
Quindi l’ipotesi di lavoro che si propone in questo paper è che la descrizione di un sistema locale
territoriale possa essere fatta con il modello ESA allargato definito da economia-società-ambienteistituzioni e struttura-prestazioni-strategie.
La scelta di considerare la PA locale esogena rispetto alle dimensioni economia-società-ambiente è
funzionale all’individuazione delle relazioni tra sviluppo locale e PA locale. In particolare gli
elementi che costituiscono la struttura delle amministrazioni locali (comuni e province) impattano
in modo indifferenziato su ciascuna delle tre dimensioni del modello ESA4.
Per quanto riguarda invece la condotta (o strategie) risulta possibile endogenizzare in modo
esplicito l’azione della PAL rispetto alle tre sfere ESA, introducendo in ciascuna di esse
4
Si potrebbe obiettare che una diversa struttura del personale (ad esempio per livello di istruzione) o un diverso
modello organizzativo (ad esempio termini di esternalizzazione) per ciascuna delle funzioni della PA (trasporti, sport,
turismo, etc.) potrebbero determinare risultati diversi in ciascun ambito economico, sociale od ambientale; problemi di
dati impediscono però un’analisi così di dettaglio.
rispettivamente la spesa della PA locale per l’economia, per la società e per l’ambiente. Da notare
che la spesa locale per ciascuna delle tre sfere si aggiunge alla voce investimenti pubblici che
costituiscono l’altro elemento delle strategie pubbliche nelle tre sfere considerate5.
Per quanto riguarda le prestazioni, occorre considerare che risulta difficile individuare delle
variabili in grado di misurare tale dimensione. In linea teorica si potrebbe immaginare di utilizzare
dati relativi ad indagini condotte presso imprese e famiglie, secondo la logica della “customer
satisfaction analysis”. Però difficilmente i risultati delle indagini sono utilizzabili a livello di singola
provincia per problemi relativi alla costruzione e alla numerosità dei campioni.
Si potrebbe peraltro pensare anche a delle prestazioni della PA “interne” alla PA stessa (cioè in
pratica a degli indicatori di efficienza, piuttosto che di efficacia), ma in questo caso risulta difficile
distinguerli da quelli che in seguito abbiamo chiamato indicatori di struttura (si pensi ad esempio
alla incidenza delle spese per il personale, al grado di autonomia finanziaria, etc). Inoltre così
facendo si avrebbero delle variabili che non potrebbero essere attribuite a ciascuna delle singole
sfere ESA rimanendo pertanto esogene alle tre dimensioni (economia società ambiente) e raccolte a
parte nel contesto della dimensione struttura della PAL. Infine anche da un punto di vista
concettuale, le prestazioni della PAL più che esplicitarsi in indicatori specifici devono tradursi in un
miglioramento implicito delle prestazioni e della struttura delle tre sfere ESA che definiscono il
livello di sviluppo competitivo compatibile di ciascun sistema locale.
Si tratta ora di individuare le variabili elementari che contribuiscono alla specificazione della
dimensione PAL - Istituzioni del modello ESA.
4.
La scelta delle variabili per la descrizione della PA: dal modello ESA al modello ESAPAL
La PA locale viene descritta nei suoi elementi strutturali e strategici. Per quanto riguarda gli
indicatori di struttura della PAL si tratta di utilizzare i dati relativi a:
- struttura organizzativa interna (numerosità e profilo professionale del personale, etc.);
- struttura patrimoniale-finanziaria e della spesa (indicatori economico-strutturali e indicatori
elementari).
Quindi occorre individuare la metodologia per aggregare le variabili elementari ed ottenere
indicatori di sintesi di struttura e strategie. Si può ricorrere all’analisi in componenti principali,
analogamente a quanto fatto per le variabili di sintesi delle tre sfere ESA e delle dimensioni
struttura-prestazioni-strategie. Va tenuto conto peraltro che nel caso della PAL vi è un ulteriore
elemento di specificazione rappresentato dal fatto che le variabili elementari menzionate sono
calcolate per ciascun sistema territoriale (che coincide con i confini amministrativi provinciali) a
livello di: comune capoluogo, tutti gli altri comuni, amministrazione provinciale.
5
Nel caso che gli investimenti pubblici comprendano anche quelli delle amministrazioni locali si avrebbe in parte una
duplicazione, in quanto nella spesa della PAL dovrebbero rientrare tutte le spese per funzione e non solo gli
investimenti. Peraltro questo fatto non dovrebbe alterare i risultati visto il modo in cui vengono utilizzati i dati.
Le strategie della PAL possono essere descritte facendo riferimento alla distribuzione funzionale
della spesa ripartita in:
- spesa procapite per l’economia (spesa sviluppo economico, spesa turismo, spesa servizi
produttivi);
- spesa procapite per la società (spesa giustizia, spesa polizia, spesa istruzione, spesa cultura, spesa
sport, spesa sociale);
- spesa procapite per l’ambiente (spesa territorio, spesa viabilità e trasporti).
Anche in questo caso la specificazione territoriale è a livello di comune capoluogo, altri comuni non
capoluogo, amministrazione provinciale. Le variabili aggregate di strategia a differenza delle
variabili di struttura, essendo ricondotte ad ambiti funzionali di spesa, sono attribuibili alle tre
dimensioni economia-società-ambiente del modello ESA.
Il Modello ESA-PAL dello sviluppo competitivo sostenibile allargato alla PA locale risulta pertanto
quello dello schema riprodotto di seguito.
Tabella 1 Prestazioni delle dimensioni Economia - Società - Ambiente - PA Istituzioni
ECONOMIA
SOCIETA’
AMBIENTE
1. Natalità imprenditoriale
1.1.tasso di sviluppo medio
1. Prestazioni demografiche
1.1.tasso di crescita naturale
popolazione residente
1.2.speranza di vita
1. Pressione
1.1.densità autovetture
1.2.produzione rifiuti urbani
1.3.abusivismo edilizio
1.4.consumi elettrici
domestici
1.5.consumi carburanti
2. Prestazioni di bilancio
aziende
2.1.ROE
2.2.MOL/OF (margine
operativo lordo/oneri
finanziari)
2. Prestazioni di salute
2.1.tasso di mortalità per
tumori
2.2.n.malati di Aids
2.3.tasso di mortalità per malattie cardiocircolatorie
2.4.tasso di mortalità per malattie respiratorie.
PA-ISTITUZIONI
3. Internazionalizzazione
in entrata
3.1.propensione all'export
3.2.IDE esteri
Tabella 2 Struttura delle dimensioni Economia - Società - Ambiente - PA Istituzioni
ECONOMIA
SOCIETA’
AMBIENTE
PA-ISTITUZIONI
1. Imprese e addetti
1.1.dimensione media imprese
1.2.% unità locali distrettuali
1.3.imprese secondo l’anno di
costituzione
1.4.peso % delle imprese high
tech
1.5.specializzazione produttiva
1.6.debt equity (struttura
patrimoniale delle aziende)
[(Passività / (Patrimonio nettoimmob.Imm)]
1. Demografia (e 2. qualità del
capitale umano)
1.1.indice di concentrazione
territoriale della pop. residente
1.2.indice di dipendenza totale
1.3.tasso netto migratorio
1.4.laureati iscritti all'anagrafe
da altra provincia o dall'estero
per 100 laureati cancellati
1.5.occupati per grado di istruzione: laurea
1. Patrimonio naturale
1.1.verde urbano fruibile
3. Cultura
3.1.indice di dotazione di strutture per l'istruzione
3.2.indice di dotazione di strutture culturali e ricreative
3.3.n. rappresentazioni ogni
100mila ab.
3.4.biglietti venduti per rappresentazione ogni 100mila ab.
3.5.spesa del pubblico per
rappresentazione per ab.
2. Mercato del lavoro
2.1.tasso di disoccupazione tot
2.2.tasso di attività femminile
2.3.costo del lavoro/valore
aggiunto
4. Sport e tempo libero
4.1.n.società sportive ogni
100mila abitanti
4.2.n. operatori delle federazioni sportive ogni 100mila ab.
4.3.n. praticanti delle federazioni sportive ogni 100mila ab.
3. Sistema del credito
3.1.costo del denaro
5. Sanità
5.1.degenze per medico negli
istituti di cura
5.2.durata media della degenza
negli istituti di cura
5.3.tasso di utilizzazione dei
posti letto negli istituti di cura
5.4.indice di dotazione di
strutture sanitarie
4. Dotazione infrastrutture
economiche
4.1.infrastrutture economiche
1. Enti Pubblici locali
1.1.struttura organizzativa
interna
2. Indici di struttura
patrimoniale da bilancio
2.1 struttura patrimoniale e
finanziaria della spesa
3. Aria
3.1.concentrazione biossido
di azoto
3.2.concentrazione PM 10
Tabella 3 Strategie delle dimensioni Economia - Società - Ambiente - PA Istituzioni
ECONOMIA
SOCIETA’
AMBIENTE
1. Innovazione
1.1.n. brevetti presentati
all'EPO
1. Strategie relazionali
1.1.tassi di criminalità
1.2.n.di aborti
1.3.n.di volontari su pop.
1. Strategie private
1.1.Industrie certificate
Iso 14000
2. Networking
2.1.% addetti in gruppo sul
totale addetti del territorio
2. Strategie personali
2.1.n.di suicidi su pop.
2.2.n.di separazioni coniugali
su popolazione
2. Risposta
2.1.sistema di monitoraggio
dell’aria
2.2.raccolta differenziata
2.3.piste ciclabili
2.4.zone a traffico limitato
2.5.isole pedonali
2.6.capacità di depurazione
acque reflue
4. Investimenti economici
pubblici
3. Investimenti sociali
pubblici
3. Investimenti ambientali
pubblici
5. Spesa pubblica degli
enti locali per l’economia
4. Spesa pubblica degli enti
locali per la società
4. Spesa pubblica degli
enti locali per l’ambiente
PA-ISTITUZIONI
3. Internazionalizzazione
in uscita
3.1.IDE italiani in uscita
5.
Indicatori di struttura della Pubblica Amministrazione locale
Come detto nelle pagine precedenti e esplicitato con lo schema del modello ESA-PAL (tab. n 1, 2,
3), la struttura della Pubblica Amministrazione locale si descrive mediante indicatori della struttura
organizzativa interna (organico), indicatori di bilancio e voci di spesa. Nei paragrafi seguenti si
analizzano questi tre aspetti: si descrivono i processi di costruzione delle macro-variabili di sintesi,
si forniscono informazioni sulle variabili elementari che compongono le macro-variabili, si
analizzano le relazioni tra le variabili di sintesi della PA locale e le tre dimensioni del modello ESA.
5.1 La struttura organizzativa interna: l’organico
Il Dipartimento della Funzione Pubblica del Ministero degli Interni periodicamente conduce analisi
sulla struttura organizzativa degli enti pubblici locali. In un’indagine condotta nel 2004 raccolse
informazioni quantitative di varia natura, tra cui in particolare: il numero degli addetti effettivi, il
peso delle femmine e dei maschi sugli addetti, l’organico teorico, il soprannumero, i posti vacanti,
le classi di età degli addetti, la qualifica (posizione professionale) degli addetti, il livello di
istruzione degli addetti, l’assunzione a tempo determinato e indeterminato.
Facendo ricorso all’analisi in componenti principali è possibile aggregare le variabili elementari
appena elencate e costruire indicatori di sintesi in grado di descrivere in modo compatto la struttura
organizzativa interna degli enti pubblici locali. Con l’analisi in componenti principali si
costruiscono dapprima due componenti principali, una detta “qualità del capitale umano impiegato
negli enti pubblici locali”, e l’altra detta “scelte di strutturazione interna degli enti pubblici locali”.
La macro-variabile “qualità del capitale umano impiegato negli enti pubblici locali” è stata ottenuta
per aggregazione delle seguenti variabili: titolo di studio (laurea), classe di età (30-39 anni),
inquadramento-qualifica professionale (livello 5, istruttore direttivo).
La macro-variabile “scelte di strutturazione interna degli enti pubblici locali” è stata ottenuta come
sintesi delle seguenti variabili elementari: addetti effettivi su organico teorico (espressione
dell’ampiezza dell’organico effettivo rispetto all’organico teorico), assunti a tempo indeterminato
(tipologia del contratto di assunzione), peso dei maschi (sesso prevalente nell’organico effettivo) (se
al posto del peso dei maschi si inserisce il peso delle femmine il risultato rimane invariato). Questa
variabile di sintesi esprime la scelta compiuta dagli enti pubblici locali nella configurazione
gestionale interna.
L’unione delle due macro-variabili nell’indicatore “struttura dell’organico” porta ad evidenza una
relazione consistente (loading factor: 0.870; comunalità finale: 0.756) e negativa tra le due. Come a
dire che in media la struttura interna attuale degli enti pubblici locali non favorisce l’impiego di
personale altamente qualificato e giovane. Questo il significato che si può attribuire all’indicatore di
sintesi.
In alternativa sarebbe possibile costruire una macro-variabile sostitutiva di quella denominata
“qualità del capitale umano impiegato”, costituita da: bassa formazione (licenza elementare), età
superiore ai 60 anni, bassa qualifica (operaio). Si ottiene così una seconda figura di capitale umano,
estrema rispetto alla precedente. Anche questa componente principale si aggrega in modo
significativo con la componente principale denominata “scelte di strutturazione interna”. La
varianza totale spiegata dal fattore di sintesi rimane la medesima (63% e 67%) e i test si
mantengono significativi. Si possono quindi selezionare le variabili che descrivono il capitale
umano, o buona qualità del capitale umano oppure bassa qualità del capitale umano.
In sintesi l’analisi in componenti principali porta ad evidenza due macro-variabili:
- qualità del capitale umano
- scelte di strutturazione interna dell’ente.
Nelle due tavole seguenti sono riportati i risultati dell’analisi in componenti principali:
Le rappresentazioni cartografiche delle variabili di sintesi rivelano che la “qualità del capitale
umano occupato negli enti pubblici locali” sia decisamente più elevata al nord Italia rispetto al
centro e al sud. Allo stesso modo la variabile “strutturazione organizzativa interna” pone in
evidenza che le forme organizzative migliori sono tutte nel nord con netta prevalenza dell’EmiliaRomagna, Piemonte, Lombardia con la sola eccezione della Sardegna.
La variabile di sintesi “struttura dell’organico interno”, aggregando in sé le due macro-variabili
appena commentate, evidenzia come la buona qualità dell’organico degli enti pubblici locali sia
concentrata nelle regioni settentrionali e centrali.
Tabella 4 Le variabili elementari costitutive dell’indice di sintesi dell’organico interno (anno 2004)
Qualità del capitale umano impiegato
N. addetti con qualifica “Istruttore direttivo” su totale
addetti (%)
N. addetti con laurea su totale addetti (%)
N. addetti con età compresa tra 30 e 39 anni su totale
addetti (%)
Scelte di strutturazione organizzativa interna
N. addetti effettivi su organico teorico (%)
N. addetti assunti a tempo indeterminato su totale addetti
(%)
N. addetti maschi su totale addetti (%)
Varianza
totale
spiegata
0,633
Comunalità
finali
Loading
Factors
0,511
0,715
0,377
0,697
0,835
0,440
0,690
0,830
0,438
0,389
0,636
0,504
0,389
0,623
0,495
0,468
0,684
0,542
0,420
Test
KMO
0,647
Coefficienti
degli scores
0,558
Tabella 5 La costruzione della macro-variabile “Organico” (anno 2004)
Struttura dell’organico
Qualità del capitale umano impiegato
Scelte di strutturazione organizzativa interna
Comunalità
finali
Loading
Factors
0,756
0,756
0,870
-0,870
Varianza
totale
spiegata
0,756
Test
KMO
0,500
Coefficienti
degli scores
0,575
-0,575
Figura 1 La struttura dell’organico interno negli altri
Comuni non capoluogo di provincia (2004)
(dal migliore al peggiore)
da 1 a 30
da 31 a 60
da 61 a 103
Fonte: elaborazione dati Dipartimento Funzione Pubblica
La variabile “qualità del capitale umano impiegato negli enti pubblici locali” è costituita da tre
variabili elementari. In media nei comuni italiani il 16% del personale assunto ha la qualifica di
“istruttore direttivo”, con minimi prossimi all’8% e punte di massimo che superano il 28%. I valori
maggiori si rilevano nei comuni delle province di Caltanissetta, Matera e Napoli. Il peso di laureati
in media è pari al 12%, con un minimo del 5% e un massimo del 25%. I comuni migliori per
maggiore incidenza dei laureati sono nelle province di Prato, Venezia, Rimini, Ravenna. Il peso
degli addetti con età compresa tra i 30 e i 39 anni (addetti che hanno superato il periodo di
apprendimento delle funzioni operative dell’ente e possono dare il meglio in termini di produttività)
in media è del 21%, con punte minime però del 5%.
Tabella 6 Qualità del capitale umano impiegato nella struttura organizzativa interna (altri comuni non
capoluogo)
valori medi
anno 2004
min
media aritmetica
mediana
max
sqm
Posizioni in ranking
i primi 3 (1°)
(2°)
(3°)
gli ultimi 3 (103°)
(102°)
(101°)
N. addetti con qualifica
“Istruttore direttivo” su totale
addetti (%)(*)
8,2
16,6
16,8
28,8
4,0
N. addetti con laurea su
totale addetti (%)(*)
5,3
12,0
11,9
24,8
3,4
Oristano
Asti
Nuoro
Caltanissetta
Matera
Napoli
N. addetti con età compresa
tra 30 e 39 anni su totale
addetti (%)(*)
5,1
21,6
23,0
39,7
9,4
Prato
Venezia
Rimini
Rieti
Crotone
Potenza
Lodi
Como
Bergamo
Potenza
Ragusa
Napoli
(*) enti mancanti: tutti i comuni della provincia di Bolzano
Tra le tre variabili costitutive della variabile di sintesi “qualità del capitale umano impiegato negli
enti pubblici locali” la variabile del peso degli addetti in giovane età è quella con la variabilità
maggiore, a significare che negli enti locali si verificano situazioni eterogenee e diffusi sono i casi
in cui il personale è molto anziano, così come casi in cui il personale è molto giovane (soprattutto
negli enti pubblici di costituzione recente).
Tabella 7 Scelte di strutturazione organizzativa interna (altri comuni non capoluogo)
valori medi
anno 2004
min
media aritmetica
mediana
max
sqm
Posizioni in ranking
i primi 3 (1°)
(2°)
(3°)
gli ultimi 3 (103°)
(102°)
(101°)
N. addetti effettivi su
organico teorico (%)(*)
78,5
102,3
100,5
147,1
13,3
N. addetti assunti a tempo
indeterminato su totale
addetti (%)(*)
85,1
97,7
98,2
100,0
2,3
Roma
Benevento
Trento
Crotone
Rovigo
Viterbo
Caltanissetta
Massa Carrara
Brindisi
Trapani
Livorno
Aosta
N. addetti maschi
su totale addetti (%)(*)
31,4
57,0
56,7
83,9
12,4
Crotone
Avellino
Benevento
Reggio Emilia
Bologna
Aosta
(*) enti mancanti: tutti i comuni della provincia di Bolzano
Le tre variabili elementari che costituiscono la macro-variabile “scelte di strutturazione interna”
pongono in evidenza che in media gli addetti effettivi sono ben più dell’organico teorico (media
aritmetica pari a 102%). In media gli addetti assunti a tempo indeterminato sono il 98% del totale
addetti. Il minimo è pari all’85%, la variabilità della variabile è molto bassa. Il peso dei maschi sul
totale addetti in media è del 57%, ma ci sono casi in cui i maschi sono più dell’80% degli assunti, e
sono tutti casi concentrati nei comuni delle regioni meridionali. I comuni con la femminilizzazione
maggiormente accentuata nelle strutture degli organici si trovano nelle province di Reggio Emilia,
Bologna, Aosta, Varese e Modena.
5.1.1 Le relazioni tra “struttura organizzativa interna della PAL e modello ESA”
Definiti gli indicatori di sintesi che descrivono la struttura organizzativa interna della Pubblica
Amministrazione locale è possibile cercare una risposta alla domanda “l’organico delle pubbliche
amministrazioni locali ha un ruolo nello sviluppo socioeconomico-ambientale dei sistemi locali
territoriali?”. Si utilizzano gli indicatori di sintesi del modello ESA (Ciciotti, Dallara, Rizzi 2006;
Dallara, 2006) che descrivono gli aspetti strutturali-prestazionali-strategici delle 103 province
italiane e si mettono in relazione con le variabili di sintesi della “struttura dell’organico della
Pubblica Amministrazione locale”.
Lo strumento statistico utilizzato per individuare le relazioni è il coefficiente di correlazione lineare
di Pearson. Si nota che l’organico della PA locale è in relazione con le tre dimensioni dei sistemi
territoriali (economia, società, ambiente) in modo statisticamente significativo e con valori
consistenti. Il coefficiente è in media pari allo 0,60.
Tabella 8 Correlazioni: dimensioni ESA, elementi costitutivi dell’organico e organico degli altri
comuni non capoluogo
Qualità k-umano impiegato
(dal migliore al peggiore)
Ambiente
Stato
Pressione
Risposta
Società
Struttura
Prestazioni
Strategie private
Economia
Struttura
Prestazioni
Strategie private
0.60
0.40
0.58
0.55
-0.58
0.55
-0.60
-0.34
0.61
0.71
0.42
0.57
Scelte strutturazione
organizzativa interna
(dal migliore al peggiore)
0.45
0.26
0.54
0.45
-0.52
0.45
-0.54
-0.30
0.53
0.57
0.40
0.50
Organico negli altri comuni
non capoluogo
(dal migliore al peggiore)
0.60
0.38
0.64
0.58
-0.63
0.57
-0.66
-0.36
0.66
0.74
0.47
0.62
Il legame è positivo per le dimensioni “economia” e “ambiente”, mentre è negativo per la
dimensione “società”. Dove migliore è l’organico migliori sono le dimensioni economiche e
ambientali dei territori e peggiori sono le risposte della dimensione sociale. Prendendo in
considerazione i tre aspetti che compongono la dimensione “società”, ossia la struttura sociale, le
prestazioni e le strategie sociali, si può avanzare una prima breve interpretazione. Significa che la
società è migliore in termini prestazionali e strategici nei territori in cui l’organico della PA locale
ha livelli di istruzione minori, età media elevata, eccedenza degli addetti effettivi sull’organico
teorico, prevalenza delle assunzioni a tempo indeterminato, scarsa femminilizzazione dell’organico
interno. Invece in termini strutturali, si nota che la struttura della società è correlata positivamente
con l’organico della PA locale e con le sue due macro-variabili costitutive. Quindi la struttura
sociale dei sistemi socioeconomici (buona dotazione di capitale umano; buona dotazione culturale
in termini di iniziative realizzate localmente, di partecipazione del pubblico, di strutture disponibili;
buon livello di attività svolte nel tempo libero; buona dotazione di strutture sanitarie e buoni livelli
di utilizzazione da parte dei residenti) è di buon livello nei territori in cui la PA locale ha addetti con
buon livello di istruzione, età media contenuta, buona femminilizzazione interna.
5.2 La struttura patrimoniale e finanziaria degli enti pubblici locali
La struttura della PA locale viene descritta con dati relativi all’organico interno e con dati di natura
patrimoniale-finanziaria.
La struttura della PA locale viene descritta con dati relativi all’organico interno e con dati di origine
contabile. La struttura patrimoniale-finanziaria degli enti locali viene descritta mediante un indice di
sintesi. Questo indicatore di sintesi si ottiene per aggregazione di indici che pongono in relazione
voci di spesa e voci di entrata. Voci di spesa sono relative a spese correnti e a spese in conto
capitale. Tra le prime si distinguono le spese per il personale, le spese per beni e servizi, e i
trasferimenti.
L’indice di sintesi
L’iter per la definizione dell’indice di sintesi consiste nei seguenti passaggi: selezione degli indici
patrimoniali-finanziari utilizzati in letteratura, costruzione della sintesi in un unico indicatore degli
indici selezionati per ciascuna tipologia di ente locale, costruzione di un unico indicatore di sintesi
per tutti gli enti locali considerati congiuntamente.
Partendo dagli indicatori di bilancio tradizionalmente analizzati (grado di autonomia tributaria,
grado di autonomia finanziaria, dipendenza erariale, rigidità strutturale, spese per il personale) è
possibile costruire un indice di sintesi che descriva in modo compatto le caratteristiche strutturali in
termini patrimoniali e finanziari degli enti pubblici locali. Tra i tre indicatori che al numeratore
mostrano voci delle entrate (grado di autonomia tributaria, autonomia finanziaria, dipendenza
erariale) si seleziona il secondo, l’indicatore del grado di autonomia finanziaria. Rispetto
all’autonomia tributaria questo tiene conto anche delle entrate extra tributarie, ed ha il medesimo
denominatore del primo. La dipendenza erariale è semplicemente in termini contabili e algebrici il
complemento al totale entrate già contenuto nell’autonomia finanziaria. Quindi la dipendenza
erariale fornisce la medesima informazione dell’autonomia finanziaria, in termini negativi. Tra
l’indicatore di rigidità strutturale e quello di incidenza delle spese per il personale, si ritiene
maggiormente esaustivo in termini informativi il primo, perché alle spese per il personale somma il
rimborso prestiti, e, come l’indice di incidenza delle spese per il personale, pone al denominatore le
entrate totali. A questo punto risultano essere stati selezionati tra i cinque indici di bilancio di uso
diffuso in letteratura quelli di autonomia finanziaria e di rigidità strutturale. Nel periodo 2001-2004
presentano una correlazione lineare negativa (rho = -0,30 per i comuni non capoluogo e rho = -0,37
per i comuni capoluogo). È possibile ridurre i due indici in uno solo con il ricorso alla tecnica
multivariata dell’analisi in componenti principali. La componente principale estratta risulta essere
significativa, sintetizza in sé l’autonomia finanziaria con segno positivo (nel loading factor, ossia
nella correlazione tra questa variabile e l’indicatore di sintesi estratto ) e la rigidità strutturale con
segno negativo (nel loading factor). Quindi la componente principale così costruita esprime “la
buona struttura patrimoniale e finanziaria degli enti pubblici locali” (comuni capoluogo, comuni
non capoluogo e amministrazioni provinciali).
L’indice di sintesi della struttura patrimoniale e finanziaria si costruisce per ciascuna delle tre
tipologie di enti pubblici locali considerati (comuni capoluogo, altri comuni non capoluogo,
amministrazioni provinciali). Successivamente si costruisce un indice di sintesi complessiva che
descriva la struttura finanziaria e patrimoniale di comuni e amministrazioni provinciali considerate
insieme. Statisticamente il risultato è significativo e i valori ottenuti dall’applicazione dell’analisi in
componenti principali per ottenere la sintesi sono riportati nella tabella seguente:
Tabella 9 Costruzione di indicatori di sintesi della struttura patrimoniale e finanziaria per gli enti
pubblici locali (comuni capoluogo, altri comuni non capoluogo e amministrazioni provinciali)
Comunalità
finali
Struttura patrimoniale e finanziaria
(comune capoluogo, altri comuni, amministrazione
provinciale)
Struttura patrimoniale-finanziaria dei comuni capoluogo
Struttura patrimoniale-finanziaria degli altri comuni non
capoluogo
Struttura patrimoniale-finanziaria delle amministrazioni
provinciali
Loading
Factors
Varianza
totale
spiegata
Test
KMO
0,731
0,701
Coefficienti
degli scores
0,668
0,818
0,373
0,782
0,884
0,403
0,742
0,862
0,393
Si noti come gli indici dei tre enti entrano tutti con ugual peso nell’indicatore di sintesi (scores
uguali). La geografia della struttura patrimoniale e finanziaria degli enti pubblici locali è descritta
nelle mappe di seguito riprodotte. La struttura patrimoniale-finanziaria è particolarmente solida
nelle regioni del nord Italia, soprattutto in Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna.
Seguite dalle regioni del centro Italia, con le province della Toscana, delle Marche, Umbria, Lazio
in testa tra le altre. Per comprendere il significato dell’indice di sintesi della struttura patrimonialefinanziaria si visualizzano i dati su rappresentazioni cartografiche e si descrivono in breve alcune
caratteristiche delle variabili elementari che costituiscono gli indici di bilancio e le voci di spesa. Si
comincia con le spese correnti, considerate aggregate e nel dettaglio delle sole spese per il
personale, per passare poi alle spese in conto capitale. Quindi si considerano gli indici di bilancio.
Figura 2 La struttura patrimoniale e finanziaria dei
Comuni capoluogo di provincia (media, 2001-2004)
(dal migliore al peggiore)
da 1 a 30
da 31 a 60
da 61 a 103
Figura 3 La struttura patrimoniale e finanziaria degli altri
comuni non capoluogo di provincia (media, 2001-2004)
(dal migliore al peggiore)
da 1 a 30
da 31 a 60
da 61 a 103
Fonte: elaborazione dati Ragioneria Generale dello Stato
Figura 4 La struttura patrimoniale e finanziaria delle
Amministrazioni provinciali (media, 2001-2004)
(dalla migliore alla peggiore)
da 1 a 30
da 31 a 60
da 61 a 103
Figura 5 La struttura patrimoniale e finanziaria dei
Comuni capoluogo, degli altri comuni non capoluogo,
delle Amministrazioni provinciali (media, 2001-2004)
(dal migliore al peggiore)
da 1 a 30
da 31 a 60
da 61 a 103
Fonte: elaborazione dati Ragioneria Generale dello Stato
Spese correnti
Le spese correnti sulle spese totali nel periodo 2001-2004 nei comuni capoluogo di provincia in
media pesano il 61%, negli altri comuni della provincia in media sono pari al 56%, negli enti
provinciali pesano per il 59%. In tutte e tre le distribuzioni il valore centrale è maggiore della
media, la simmetria è negativa. La variabilità è relativamente più elevata rispetto alle altre variabili
di bilancio. Dal punto di vista geografico i comuni capoluogo con i maggiori livelli di spesa
corrente sono distribuiti equamente tra il nord e il sud Italia, con pochi casi nel centro, concentrati
in Toscana (Livorno) e Umbria. Per i comuni non capoluogo il fenomeno invece si concentra in
modo marcato in alcune regioni del nord-centro, in particolare Lombardia, Emilia-Romagna,
Veneto, Toscana e Lazio. Al sud prevalgono Sicilia e Puglia. Nel caso degli enti provinciali invece
si individuano alcuni centri in cui l’incidenza è molto marcata: Piemonte, Toscana, Umbria, Lazio,
Basilicata, Puglia. In media le spese correnti nel periodo 2001-2004 hanno subito una contrazione
quasi del 2% nei comuni capoluogo, dell’1% negli altri comuni, dell’1,5 % negli enti provinciali.
Per i comuni capoluogo i maggiori incrementi percentuali si registrano dove i livelli di spesa
corrente sono maggiori, mentre nei comuni non capoluogo i maggiori incrementi non si hanno dove
la spesa è maggiore. Quindi non si verificano processi di convergenza nella spesa pubblica locale.
Le spese per il personale
Tra le spese correnti considerevole incidenza assumono le spese per il personale. Le spese per il
personale sul totale delle spese nel periodo 2001-2004 nei comuni capoluogo di provincia hanno
raggiunto in media un valore del 20%, lo stesso valore in media si ha anche negli altri comuni della
provincia escluso il capoluogo, mentre per le amministrazioni provinciali la spesa per il personale in
media è pari al 17% della spesa totale.
La variabile si distribuisce in modo simmetrico nei comuni capoluogo, media e mediana sono
uguali , le maggiori numerosità si addensano in questo intorno, e con valori molto consistenti, tanto
da avere la distribuzione con una curtosi accentuata. La distribuzione del dato nei comuni non
capoluogo presenta ancora una buona simmetria, ma è più sparso, minore è la numerosità dei
comuni intorno alla media, tanto che la curva è più appiattita. Per le province si nota invece una
distribuzione asimmetrica con la coda di sinistra intensamente popolata. La spesa per il personale
sul totale della spesa è cresciuta nel periodo 2001-2004 in media solo nei comuni capoluogo di
provincia (di circa il 6,5%). La crescita però caratterizza solo i comuni che si posizionano oltre la
mediana. La spesa per il personale nei comuni non capoluogo è concentrata geograficamente nelle
regioni Sicilia e Calabria e in tutto il centro-sud Italia. Per il comuni capoluogo si notano alcuni casi
in meridione (Sicilia, Calabria e Campania) ma pure al nord (Lombardia) e al centro (Toscana e
Marche). Nelle amministrazioni provinciali si nota una distribuzione geografica analoga a quella
dei comuni non capoluogo, con netta prevalenza dei comuni del centro sud. Il comune capoluogo
più virtuoso è stato Milano seguito da quello di Venezia. I comuni capoluogo con le spese del
personale maggiori sono stati Palermo, seguito da Trapani, Salerno, Enna e Teramo. Per gli altri
comuni non capoluogo si notano tra i migliori i comuni delle province lombarde (Brescia e Sondrio)
e del Trentino Alto Adige (Trento e Bolzano) tra i comuni peggiori tutti quelli siciliani, in
particolare (Messina, Palermo, Agrigento, Enna, Trapani.
Spesa in conto capitale
La spesa in conto capitale in media nei comuni capoluogo incide per il 22% della spesa totale,
mentre incide per il 29% negli altri comuni non capoluogo e per il 28% negli enti provinciali. A
differenza delle spese correnti la spesa in conto capitale ha la mediana inferiore alla media, quindi
le distribuzioni hanno asimmetria positiva. Valori di spesa per il medio lungo periodo si attestano a
livelli contenuti. Ci sono alcuni casi, ma sono rari, in cui la spesa è decisamente superiore alla
media. Nei comuni capoluogo, negli altri comuni e nelle province comunque si nota una forte
concentrazione della maggior parte degli enti pubblici locali intorno alla media. Le spese in conto
capitale dei comuni capoluogo e degli altri comuni sono molte contenute in termini relativi in
Sicilia e Calabria, dove invece le spese correnti sono consistenti. Per i comuni capoluogo si nota che
i casi di maggior livello di spesa sono molto dispersi nella penisola, tanto al nord come al centro,
minori ma comunque presenti sono al sud. Le spese in conto capitale dei comuni non capoluogo
invece sono molto concentrate in alcune regioni del nord Italia, in particolare Piemonte, Trentino,
Liguria, Lombardia, al centro Umbria e Marche, al sud Campania, Basilicata e Sardegna.
Gli indicatori di bilancio
La struttura della PAL si descrive anche con indicatori di bilancio, oltre che con voci di spesa. Gli
indicatori di bilancio a cui si fa ricorso prendono in considerazione sia le voci di spesa sia voci
relative alle entrate. Già si è detto che tra gli indicatori maggiormente utilizzati si trovano: grado di
autonomia tributaria, grado di autonomia finanziaria, dipendenza erariale, rigidità strutturale, spese
per il personale. L’autonomia finanziaria presenta valori medi molto elevati sia nei comuni
capoluogo che negli altri comuni della provincia. Nel periodo 2001-2004 nei comuni capoluogo in
media le entrare tributarie sommate alle entrate extra-tributarie pesano per il 67% sul totale delle
entrate; le sole entrate tributarie pesano per il 48% in media sul totale delle entrate. Per i comuni
non capoluogo si registrano le medesime differenze tra i due indici, di circa 10 punti percentuali
inferiori. Negli enti provinciali invece l’autonomia finanziaria è del 53% e l’autonomia tributaria
del 48%. Nei comuni le entrate extra-tributarie hanno un’incidenza di circa 20 punti percentuali nel
periodo 2001-2004. L’autonomia tributaria cresce nei 4 anni considerati del 14% nei comuni
capoluogo, del 9% negli altri comuni, del 4,5 % nelle province. Mentre l’autonomia finanziaria
cresce in media del 10% nei comuni capoluogo, del 7% negli altri comuni con capoluogo, del 5%
nelle province. Nei comuni sia capoluogo che non capoluogo la pressione tributaria è cresciuta tra il
2001 e il 2004. Ma anche le entrate extra-tributarie sono cresciute, seppure in misura minore e con
maggior prevalenza nelle zone meridionali. Se l’autonomia tributaria dei comuni capoluogo e delle
province si presenta concentrata nel nord Italia e poi si estende verso il centro con punte
significative anche in Abruzzo, Campania e Puglia, l’autonomia tributaria dei comuni non
capoluogo e l’autonomia finanziaria di tutti i comuni, capoluogo e non, si concentra tutta al nord.
Le maggiori dinamiche di crescita però nel 2001-2004 si concentrano nelle aree dove i valori di
autonomia tributaria e di autonomia finanziaria sono minori. Quindi si assiste ad un processo di
avvicinamento da nord a sud in materia di entrate degli enti pubblici locali. L’autonomia finanziaria
dei comuni capoluogo vede in testa tutta la Lombardia con alcuni capoluoghi dell’Emilia orientale.
Mentre per i comuni non capoluogo il primato spetta ai territori emiliano-romagnoli seguiti da
Toscana e Lombardia. Qui i comuni hanno saputo intraprendere altre attività per recuperare le
risorse da investire nel territorio oltre ad esercitare pressione fiscale.
In termini di rigidità strutturale (spesa per il personale e rimborso prestiti rapportato al totale
entrate) nei comuni capoluogo e negli altri comuni si rilevano valori medi molto ravvicinati,
rispettivamente 0,45 e 0,47. con il 75mo percentile molto vicino alla media. Le distribuzioni hanno
quindi asimmetria positiva, con diversi casi di enti locali che mostrano rigidità strutturale
spiccatamente sopra la media, e questo si rileva sia al nord che al sud. Per gli enti provinciali si nota
invece che i casi di rigidità sono quasi interamente concentrati nelle regioni del centro-sud, in
particolare Lazio, Campania, Sardegna, Calabria, Sicilia. E le dinamiche di crescita si focalizzano
dove i valori sono maggiori, guidati prevalentemente dalla spesa per il personale.
5.2.1 Le relazioni tra “struttura patrimoniale-finanziaria della PAL e modello ESA”
Dai dati riportati nella tavola seguente si nota che esistono relazioni statisticamente significative e
di dimensione consistente tra l’indice di sintesi della struttura patrimoniale-finanziaria degli enti
pubblici locali e le altre dimensioni del modello ESA. Negli ambiti territoriali in cui la struttura
patrimoniale-finanziaria degli enti pubblici locali è “buona” anche la struttura, le prestazioni e le
strategie della dimensione “economia” e della dimensione “ambiente” sono “buone” e/o “elevate”.
Tabella 10 Correlazioni: dimensioni ESA e struttura patrimoniale-finanziaria degli enti pubblici
locali
Struttura patrimoniale e finanziaria
Comuni capoluogo
Ambiente
Stato
Pressione
Risposta
Società
Struttura
Prestazioni
Strategie private
Economia
Struttura
Prestazioni
Strategie private
0.40
0.26
0.35
0.52
-0.45
0.39
-0.49
-0.24
0.53
0.57
0.46
0.47
Altri comuni
Amministrazioni
provinciali
Tutti gli enti pubblici
locali
0.50
0.42
0.46
0.52
-0.52
0.45
-0.54
-0.46
0.61
0.66
0.42
0.60
0.59
0.42
0.52
0.61
-0.46
0.50
-0.39
-0.41
0.73
0.74
0.58
0.68
0.63
0.47
0.57
0.70
-0.63
0.60
-0.59
-0.45
0.78
0.81
0.62
0.72
Per la dimensione “società” occorre considerare che dove la struttura sociale è buona anche gli enti
pubblici locali (ciascuno considerato distintamente e tutte e tre le tipologie considerate
congiuntamente) hanno una buona struttura patrimoniale e finanziaria. Mentre si ha una relazione
inversa tra l’indice patrimoniale-finanziario e le prestazioni sociali e le strategie private. Dove
peggiore è la struttura patrimoniale e finanziaria migliori sono le prestazioni sociali e migliori sono
i comportamenti sociali. In termini geografici al nord Italia dove buona è la struttura patrimoniale e
finanziaria dei comuni e delle amministrazioni provinciali le prestazioni sociali e i comportamenti
degli individui sono peggiori, viceversa al sud Italia.
6.
Le strategie di spesa della Pubblica Amministrazione locale
In media i comuni non capoluogo di provincia nel periodo 1999-2003 hanno speso per la
dimensione “economia” circa 15.000 euro procapite, per la dimensione “società” 23.000 euro e per
la dimensione “ambiente” 11.000 euro. Si tratta delle spese correnti e delle spese in conto capitale. I
valori riportati sono la somma dei valori procapite di ciascun comune della provincia di
appartenenza.
Le tre distribuzioni (spesa per l’economia, spesa per la società, spesa per l’ambiente) sono tutte e tre
asimmetriche, con mediana sempre inferiore in modo sensibile alla media. Le tre distribuzioni
hanno variabilità non trascurabile, ma tutte di valori analoghi le une alle altre.
Torino (73.000 euro per l’economia, 114.000 euro per la società, 57.000 euro per l’ambiente),
Bergamo (49.000, 73.000, 36.000) Cuneo (66.000, 77.000, 36.000) sono le province con i comuni
non capoluogo che spendono di più in termini procapite per le tre dimensioni, economia società
ambiente. Trieste, Prato, Ragusa (1.000, 2.500, 1.200), Enna (1.400, 3.400, 1.600) sono le province
con i comuni non capoluogo in cui si spende meno per le tre dimensioni.
I comuni capoluogo di provincia in media nel medesimo periodo 1999-2003 spendono procapite per
ciascun residente 160 euro per la dimensione “economia”, 415 euro per la dimensione “società”,
130 euro per la dimensione “ambiente”. Anche per i capoluoghi il valore della mediana in ciascuna
delle tre dimensioni è inferiore al dato medio. I comuni capoluogo di provincia che hanno speso di
più per l’economia sono Venezia, Roma, Milano, Genova, per la società sono Trento, Modena,
Brescia, Torino, Firenze, per l’ambiente Cagliari, Siracusa, Firenze, Milano e Agrigento. I comuni
che hanno speso meno in termini procapite per l’economia sono Taranto, Avellino, Catanzaro,
Imperia, Vibo Valentia, per la società sono Campobasso, Vibo Valentia, Isernia, Caserta, L’Aquila,
per l’ambiente Piacenza (11 euro procapite) Reggio Emilia (23 euro), Vibo Valentia (28 euro),
Caserta (32 euro) e Catanzaro (36 euro).
Le rappresentazioni cartografiche mostrano per la dimensione “economia” e per la dimensione
“società” analogie molto marcate: i comuni capoluogo che spendono di più sono nelle regioni del
nord e del centro Italia, a cui si aggiungono le province campane, lucane e di parte della Calabria.
Per la dimensione “società” i comuni capoluogo di provincia che spendono di più sono tutti al nord,
oltre a Toscana, Marche e Sardegna. Per la dimensione “economia” i comuni capoluogo della
Lombardia sono meno presenti e cedono il primato a comuni del Lazio, della Campania e della
Puglia. Evidenziando un’estesa fascia tirrenica, da Livorno a Napoli, di netta prevalenza rispetto
all’interno appenninico.
Figura 6 La Spesa dei Comuni Capoluogo di provincia per
la dimensione “economia”
(media procapite, 1999-2003)
da 1 a 30
da 31 a 60
da 61 a 103
Figura 7 La Spesa degli altri comuni non capoluogo di
provincia per la dimensione’“economia”
(media procapite, 1999-2003)
da 1 a 30
da 31 a 60
da 61 a 103
Fonte: elaborazione dati Ragioneria Generale dello Stato
Figura 8 La spesa dei comuni capoluogo di provincia per
la dimensione “società” (media procapite, 1999-2003)
da 1 a 30
da 31 a 60
da 61 a 103
Figura 9 La spesa degli altri comuni non capoluogo di
provincia per la dimensione “società” (media procapite,
1999-2003)
da 1 a 30
da 31 a 60
da 61 a 103
Fonte: elaborazione dati Ragioneria Generale dello Stato
Per l’ambiente nei comuni capoluogo si nota la netta prevalenza del nord-ovest eccetto Cuneo, della
fascia tirrenica del centro fino a Roma, oltre alla Romagna, parte della Toscana settentrionale
interna e dell’Umbria. Al sud prevalgono i comuni sardi e quelli della Sicilia, affacciata all’Africa. I
comuni non capoluogo che maggiormente spendono per l’ambiente sono quelli piemontesi,
lombardi e veneti. A questi si aggiungono i comuni meridionali, isole comprese. Scarsi i livelli di
spesa ambientale dell’Emilia e della Toscana.
Figura 10 La Spesa dei Comuni Capoluogo di provincia
per la dimensione “ambiente”
(media procapite, 1999-2003)
Figura 11 La Spesa degli altri comuni non capoluogo di
provincia per la dimensione “ambiente”
(media procapite, 1999-2003)
da 1 a 30
da 31 a 60
da 61 a 103
da 1 a 30
da 31 a 60
da 61 a 103
Fonte: elaborazione dati Ragioneria Generale dello Stato
6.1 Le relazioni tra le strategie di spesa e il modello ESA
È possibile chiedersi se esistono correlazioni significative tra le dimensioni economico-socialiambientali che descrivano i sistemi territoriali locali e le spese degli enti pubblici locali. Si nota che
le spese dei comuni capoluogo sono maggiormente correlate con le dimensioni economia-societàambiente territoriali rispetto alle spese degli altri comuni non capoluogo, in ambito ambientale e
sociale.
Tabella 11 Correlazioni: dimensioni ESA e strategie di spesa degli enti pubblici locali
Ambiente
Stato
Pressione
Risposta
Società
Struttura
Prestazioni
Strategie private
Economia
Struttura
Prestazioni
Strategie private
Comuni capoluogo
Spese
Spese
Spese
Economia
Società
Ambiente
0.35
0.56
0.14
0.23
0.37
0.12
0.41
0.60
0.20
0.26
0.50
-0.04
-0.37
-0.58
-0.09
0.44
0.60
0.08
-0.25
-0.49
0.01
-0.39
-0.42
-0.22
0.46
0.63
0.06
0.47
0.66
0.08
0.27
0.41
0.01
0.49
0.64
0.08
Spese
Economia
0.12
0.03
0.15
0.17
-0.14
0.15
-0.12
-0.08
0.25
0.18
0.27
0.25
Altri comuni
Spese
Società
0.13
0.04
0.15
0.16
-0.13
0.15
-0.10
-0.07
0.29
0.22
0.27
0.31
Spese
Ambiente
0.16
0.07
0.19
0.20
-0.15
0.17
-0.09
-0.16
0.33
0.27
0.30
0.35
Mentre le spese dei comuni non capoluogo per la dimensione ambiente sono correlate
positivamente con le varie dimensioni dell’economia (struttura, prestazioni, strategie).
Le spese dei comuni capoluogo sono positivamente correlate con le strategie dei privati
(comportamenti) sia in ambito ambientale sia in ambito economico.
Per l’ambito sociale le spese maggiori avvengono dove buona è la struttura sociale e dove le
prestazioni sociali sono peggiori (al nord Italia).
Conclusioni
Il modello ESA offre una chiave di lettura della competitività e della sostenibilità dello sviluppo dei
sistemi territoriali, ponendo in evidenza alcuni dei temi di maggior rilievo per l’analisi dei contesti
locali. Dall’analisi comparata delle rappresentazioni cartografiche delle macro-variabili del modello
ESA allargato alla PA locale si possono ricavare alcune informazioni di rilievo su relazioni tra le
variabili e sulla concentrazione territoriale di fenomeni. Le mappe della dimensione “economia”
mostrano che “struttura” e “strategie private” sono decisamente migliori nelle regioni del nord. Le
“prestazioni” sono buone anche nel centro Italia, con alcuni casi di rilievo nel sud (Campania,
Sicilia). Le spese procapite dei comuni capoluogo per l’economia pongono in evidenza la natura
interventista delle amministrazioni pubbliche di alcune aree geografiche (Emilia-Romagna,
Toscana, Veneto, Piemonte) e nel contempo il tendenziale liberismo di altre (Lombardia).
I comuni non capoluogo invece mediano in sé orientamenti estremamente diversi presenti nel
medesimo territorio, sia “liberisti” sia “interventisti”, così che la geografia della spesa di questi enti
locali segue maggiormente logiche economicistiche. Al nord spendono per “economia” comuni
appartenenti a province con una struttura forte e con prestazioni economiche dinamiche. Al sud
invece i comuni non capoluogo accompagnano le prestazioni economiche, nel senso che nelle
province con buoni livelli di prestazioni si hanno livelli di spesa in economia molto alti.
Le spese procapite dei comuni capoluogo per la dimensione “sociale” sono molto consistenti nelle
regioni del nord e del centro. In questo caso tutte le regioni del nord si possono dire interventiste.
Queste azioni accompagnano passo passo la struttura sociale, nel senso che struttura sociale forte si
ha dove è alta la spesa dei comuni per il sociale. Nel caso degli altri comuni si nota invece una
analogia marcata tra la mappa della spesa per il sociale e le prestazioni sociali. Prestazioni sono alte
nelle province dell’arco alpino e in tutte le province meridionali, così le spese degli altri comuni
non capoluogo sono relativamente più elevate nelle zone alpine, in tutto il nord salvo alcune
eccezioni (Puglia e Sicilia), a queste aree si aggiungono le province che tradizionalmente sono più
sensibili ai temi sociali (Emilia, Marche, Liguria).
Le spese per la dimensione “ambiente da parte dei comuni capoluogo non presentano relazioni con
lo “stato” dell’ambiente dei SEST. Spendono di più comuni che non hanno in genere la miglior
qualità ambientale. Lungo la fascia tirrenica delle province dell’Italia centrale si nota che alta è la
spesa per l’ambiente dove alta è la qualità dello stato ambientale. I comuni non capoluogo che
spendono di più sono concentrati al nord dove le pressioni ambientali sono elevate, ma anche tutti i
comuni del meridione spendono tanto per l’ambiente, e sono proprio quelli in cui le pressioni
esercitate dagli attori del sistema sono minori.
Bibliografia
Ciciotti E. (1997), Sviluppo locale e nuovi approcci alle politiche regionali, in AA.VV., Mercato, Stato e Giustizia Sociale, Giuffrè,
Milano
Ciciotti E., Dallara A., Rizzi P., Una geografia della sostenibilità dei sistemi locali italiani, Relazione presentata alla XXVII
Conferenza Italiana di Scienze Regionali, Pisa
Colombo U. et al. (2000), Lo sviluppo sostenibile. Per un Libro Verde su ambiente e sviluppo, Enea, Roma
Comrey A. L., Lee H. B. (1992), A first course in factor analysis, Lawrence Erlbaum Associates, Hillsdale (NJ)
Coppi R. (2006), Note a “Un modello quantitativo di descrizione dei sistemi locali italiani per la valutazione delle politiche
pubbliche-LEL Università Cattolica”, Seminario Uver febbraio 2006, Dipartimento Politiche dello Sviluppo, Ministero
dell’Economia
Coppi R. (1998), Lezioni di analisi statistica multivariata, Dipartimento di Statistica, Probabilità e Statistica Applicata, La Sapienza,
Roma
Dallara A. (2005a), Definizione di metodologie per la valutazione di politiche pubbliche, Tesi di Dottorato, Università Cattolica del
Sacro Cuore - Politecnico di Milano
Dallara A. (2005b), Realizzazione di un nuovo modello di analisi dell’economia lombarda per la costruzione di scenari e politiche di
intervento. Rassegna della letteratura empirica e metodi per la costruzione di indicatori, IRER, Milano
Dallara A. (2006), Un metodo per la descrizione dei sistemi locali italiani, Relazione presentata alla XXVII Conferenza Italiana di
Scienze Regionali, Pisa
Dasgupta P., Benessere umano e ambiente naturale, Vita e Pensiero, Milano, 2004
Gadrey J., Jany-Catrice F. (2005), No Pil!, Castelvecchi, Roma
Hall R.E., Jones C.I. (1999), Why do some countries produce so much more. Output per worker than others?, in Quarterly Journal of
Economics, vol.114, n.1, pp.83-116
Hatcher L. (1994), A step by step approach to using Sas © for factor analysis and structural equation modelling, Sas Institute Inc.,
Cary (NC)
Jolliffe I.T. (2002), Principal Component Analysis, second edition, Springer, New York
Krzanowski W.J. (1987), Cross-validation in principal component analysis, Biometrics, vol. 43, pp.575-584
Lazarsfeld P. F. (1969), Dai concetti agli indici empirici, in Boudon R., Lazarsfeld P.F., L’analisi empirica nelle scienze sociali,
vol.1, Il Mulino, Bologna
LEL (1999), Analisi delle capacità competitività dei sistemi economici locali, Laboratorio di Economia Locale, Università Cattolica
di Piacenza, Quaderni LEL n.19
LEL (2006), Un modello quantitativo di descrizione dei sistemi locali italiani per la valutazione delle politiche pubbliche, Relazione
di presentazione, Seminario presso DPS-UVER Ministero dell’Economia, Roma
Merlini A., Vitali O. (1999), La qualità della vita: metodi e verifiche, Rivista Italiana di Economia Demografia e Statistica, vol. LIII,
n.2, pp.5-93
Musu I. (2007), Crescita economica, Il Mulino, Bologna
Pearce D.W., Turner R.K. (1991), Economia delle risorse naturali e dell'ambiente, Il Mulino, Bologna
Segre A., Dansero E. (1996), Politiche per l’ambiente. Dalla natura al territorio, Utet, Torino
Seravalli G. (2006), Né facile, né impossibile, Donzelli, Roma
Zani S., (a cura di) (1996), Misure della qualità della vita, FrancoAngeli, Milano
Appendice
Il posizionamento competitivo delle province italiane secondo il modello ESA
Economia
La struttura economica delle province italiane
le p rime 3 0
d alla 3 1 alla 6 0
d alla 6 1 alla 1 0 3
Le strategie private economiche delle province italiane
le prime 30
da lla 31 a lla 60
da lla 61 a lla 103
Le prestazioni economiche delle province italiane
le prime 30
da lla 31 a lla 60
da lla 61 a lla 103
Gli investimenti pubblici economici
le prime trenta
da lla 31 a lla 60
da lla 61 a lla 103
Società
La struttura sociale delle province italiane
le prime trenta
da lla 31 a lla 60
da lla 61 a lla 103
Le strategie sociali private delle province italiane
le prime trenta
da lla 31 a lla 60
da lla 61 a lla 103
Le prestazioni sociali delle province italiane
le prime trenta
da lla 31 a lla 60
da lla 61 a lla 103
Gli investimenti pubblici sociali
le prime trenta
da lla 31 a lla 60
da lla 61 a lla 103
Ambiente
Lo stato dell’ambiente nelle province italiane
(dalla provincia migliore alla peggiore)
le prime trenta
da lla 31 a lla 60
da lla 61 a lla 103
Le strategie pubbliche ambientali nelle province italiane
le prime 30
da lla 31 a lla 60
da lla 61 a lla 103
Le pressioni ambientali nelle province italiane
(dalla provincia peggiore alla migliore)
le prime trenta
da lla 31 a lla 60
da lla 61 a lla 103
Le strategie private ambientali nelle province italiane
le prime 30
da lla 31 a lla 60
da lla 61 a lla 103
ABSTRACT
The aim of this paper is the analysis of economic-social-environmental factors of italian provinces
development. The focus is on Local Public Administration (LPA). We propose a model to describe
the Territorial Socio-Economic Systems (TSES). We take the ESE model (Economy, Society,
Environment) presented last year (Ciciotti, Dallara, Rizzi, 2006; Dallara, 2005a; Dallara, 2006) and
we enlarge it with the structure and the strategies of the LPA. The Local Public Administrations are
the chief town of the provinces, all the other town of each provinces but the chief town, and the
Public Administration of Provinces.
The structural indicators of Local Public Administration are quantitative information about internal
structural organization (number and skills of employees), about patrimonial and financial structure,
about public expenses.
The LPA strategies are described with the functional distribution of expenses, divided in expenses
for economy (economic development, tourism, productive services), expenses for society (justice,
local policy, education, culture, sport) and expenses for environment (urbanization, transport and
mobility).