XXVIII CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI LE DIMENSIONI DELLA SOSTENIBILITA’ DELLE PROVINCE ITALIANE E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE LOCALE Antonio DALLARA LEL - Laboratorio di Economia Locale, Facoltà di Economia, Università Cattolica del Sacro Cuore sede di Piacenza, Via Emilia Parmense n. 84, 29100 Piacenza, Italia Tel. 0523 599.311 Fax 0523 599.437 e-mail: [email protected] SOMMARIO Questo paper è la presentazione sintetica di alcune parti di un lavoro che si propone di analizzare i fattori di crescita e di sviluppo di natura socio-economico-ambientale delle province italiane, con particolare attenzione al ruolo della Pubblica Amministrazione locale. Obiettivo è la descrizione dei sistemi sociali economici territoriali (SEST) (Ciciotti, 1997; LEL, 1999) con il modello ESA (Ciciotti, Dallara, Rizzi, 2006; Dallara, 2005a; Dallara, 2006) ampliato con struttura e strategie della Pubblica Amministrazione locale. Con il SEST si costruisce una rappresentazione dei sistemi locali di natura economica. Con l’ESA (economia, società, ambiente) l’obiettivo è ancora descrittivo. Si pongono in evidenza elementi relativi alle tre dimensioni della sostenibilità territoriale: l’economia, la società, l’ambiente. In ciascuna delle tre dimensioni si distinguono aspetti strutturali, prestazionali e strategici. Intendendo strutturali gli elementi che tendono a caratterizzare un sistema territoriale nel medio-lungo periodo senza subire mutamenti di rilievo; prestazionali quegli aspetti economici, sociali e ambientali che subiscono mutazioni repentine e rappresentano risultati prodotti da attività socioeconomiche di medio-breve periodo; strategici sono elementi che rivelano scelte di attori locali in tema economico-sociale-ambientale e sono misure dei comportamenti, delle azioni, delle “condotte” adottate. Lo sviluppo sostenibile del SEST tiene in debita considerazione l’inserimento di ogni sistema locale in un contesto globale, quindi accorpa nella analisi la competizione tra i sistemi territoriali. Così facendo l’ESA concilia in sé gli aspetti della sostenibilità e gli aspetti della competitività. Se l’una è focalizzata sulle interdipendenze delle tre sfere economia-società-ambiente e sulla riproducibilità dei fattori di sviluppo nel tempo e nello spazio (contratto inter-generazionale e intra-generazionale), l’altra è focalizzata sulle relazioni di competizione e di benchmarking tra territori. Con il presente lavoro si vuole ampliare il modello ESA, affiancando a economia-società-ambiente la dimensione “istituzioni pubbliche locali”, arricchendo in questo modo il quadro descrittivo del sistema locale territoriale. Le istituzioni pubbliche sono rappresentate dalle amministrazioni comunali capoluogo di provincia, dalle altre amministrazioni comunali e dalle amministrazioni provinciali. Gli elementi informativi sono rappresentati dai dati di bilancio e dalle strutture degli organici del personale operante all’interno degli enti. Le variabili descrittive della PA locale sono riconducibili ad elementi di struttura e di strategia. Si è scelto di mantenere distinte queste variabili dalle altre che nel modello ESA originale descrivono l’economia la società e l’ambiente per isolare la componente pubblica e istituzionale e per porre le basi della ricerca di eventuali relazioni tra struttura/prestazioni/strategie dei territori e azione della Pubblica Amministrazione locale, secondo una chiave di lettura di competitività e sostenibilità territoriale dei sistemi locali. Per quanto riguarda gli indicatori di struttura della Pubblica Amministrazione locale si sono utilizzati dati relativi alla struttura organizzativa interna, in particolare la numerosità e il profilo professionale del personale, e dati relativi alla struttura patrimoniale e finanziaria e dati di spesa, in particolare indicatori economico strutturali e alcuni indicatori elementari selezionati. Le strategie della Pubblica Amministrazione locale vengono invece descritte facendo riferimento alla distribuzione funzionale della spesa ripartita in spesa procapite per l’economia (spesa per sviluppo economico, spesa per il turismo, spesa per servizi produttivi), spesa procapite per la società (spesa per la giustizia, spesa per la polizia locale, spesa per l’istruzione, spesa per la cultura, spesa per lo sport, spesa sociale), spesa procapite per l’ambiente (spesa per il territorio, spesa per la viabilità e i trasporti). Come per le altre variabili di sintesi del modello ESA, anche per questa parte relativa alle “istituzioni” si è scelto di costruire macro-variabili ricorrendo alla tecnica delle componenti principali abbinata ad un approccio di tipo correlativo, in grado di eliminare dalle aggregazioni variabili elementari “ridondanti” e variabili con limitato contenuto informativo originario, mantenendo lo spettro informativo il più ampio e variegato possibile. 1. Competitività e sostenibilità territoriale L’obiettivo del lavoro è l’analisi del ruolo della Pubblica Amministrazione locale (PAL) nello sviluppo dei sistemi economico-sociali-territoriali (SEST). Lo strumento utilizzato è il modello economia società ambiente (ESA) ampliato alla PA locale. In cui le chiavi di lettura sono la competitività dei territori e la sostenibilità dello sviluppo socioeconomico locale. La competitività territoriale attiene al differenziale di produttività dei fattori specifici di cui ciascun territorio ha dotazione e al fatto che ciascun territorio in sé è fattore produttivo autonomo, che contribuisce a spiegare i risultati delle imprese e degli enti pubblici che vi sono localizzati. Si possono distinguere fattori che spiegano esogenamente o endogenamente la competitività di un territorio. Fattori esogeni che spiegano la competitività sono, tra gli altri, la disponibilità di infrastrutture, la presenza e l’attrazione di imprese multinazionali, la creazione di poli industriali oppure la spinta prodotta da processi innovativi esterni. Al contrario, sono considerati in letteratura fattori endogeni le risorse localizzate, le capacità del territorio sintetizzate nel concetto di capitale sociale e l’esistenza di relazioni di fiducia tra attori dell’economia ed istituzioni, fattori talvolta di natura immateriale. La sostenibilità dello sviluppo di un territorio attiene alla capacità di un sistema locale (SEST) di mantenere e migliorare la base produttiva esistente. Intesa come stock di ricchezza composta dall’insieme di beni di capitale fisico frutto di investimenti precedenti (macchine), ma anche di capitale ambientale e, in un’accezione ancora più ampia, di capitale sociale, che include i meccanismi di allocazione delle risorse (ivi compresi quelli che dipendono dall’intensità delle relazioni umane come la fiducia) e le stesse istituzioni (Dasgupta, 2004). Garantire uno sviluppo territoriale sostenibile significa operare per il miglioramento della competitività territoriale. Un territorio con una migliore dotazione di stock (fisico, economico, sociale, umano, ambientale) consolida in termini relativi la propria posizione competitiva rispetto ai competitors. 2. Competitività e sostenibilità di un SEST L’analisi della competitività e della sostenibilità quindi ha come oggetto di studio i sistemi territoriali locali. La dimensione locale ha assunto nel corso degli anni una crescente rilevanza nello studio della competitività, nella definizione di strategie internazionali1 e nelle politiche per lo sviluppo sostenibile. La ragione è innanzitutto di ordine operativo: il livello locale è il più pressato da esigenze di efficacia, operatività, visibilità; inoltre, solo un diretto coinvolgimento dei cittadini dà delle chances di successo alle politiche per la sostenibilità. Un’altra ragione ancora è di ordine strettamente politico: “le amministrazioni locali sono collocate abbastanza vicino ai problemi per comprenderne specificità ed urgenza, gli attori sociali (associazioni, imprese, ecc.) sono abbastanza radicati e strutturati da poter giocare un ruolo di partner attivo” (Colombo et al., 2000)2. Infine, vi è una ragione di carattere epistemologico: il livello locale è, per eccellenza, il luogo di comprensione della realtà per individui e gruppi sociali, dove si possono “toccare con mano” i diversi aspetti legati alla sostenibilità, in senso sia negativo (inquinamento, congestione, malattie) sia positivo (miglioramenti della qualità della vita). In altre parole, le scelte di sostenibilità non possono venire dettate dall’alto, non possono essere imposte, ma solo a livello locale possono essere elaborate3. 1 Cfr., tra gli altri, Segre e Dansero, 1996. Sebbene, a ben vedere, il trasferimento di responsabilità a livello locale faccia parte di una tendenza di ben più ampia portata, che non riguarda solo l’orizzonte delle politiche di sostenibilità. 3 Il principio di sussidiarietà sottolinea, inoltre, il carattere endogeno dello sviluppo sostenibile. 2 Nello sviluppo del lavoro si è privilegiata una unità territoriale locale: il sistema economico-sociale territoriale (SEST). Nell’ambito di tale dimensione si valuta la sostenibilità - in particolare negli effetti che essa esplica sulle collettività locali - assumendo come modello di riferimento non già un sistema caratterizzato da equilibri eco-socio-biologici né un sistema territoriale disegnato in modo ideale, bensì un archetipo multidimensionale, sebbene semplificato, in cui si possano riconoscere le differenti funzioni del territorio urbanizzato: quella di fornire economie di agglomerazione e di prossimità, accessibilità ed interazione sociale, integrazione a rete con il mondo esterno, e in cui il benessere collettivo risulti dalla positiva integrazione dinamica tra l’ambiente naturale, l’eredità culturale, l’economia e la società. In cui la PA locale presenti caratteri strutturali e ponga in essere azioni che producono risultati interni al sistema territoriale. 3. Il modello di analisi La descrizione del sistema sociale economico territoriale (SEST) viene condotta con il modello ESA allargato alla PA locale. Il SEST potrebbe essere analizzato con un approccio esclusivamente economico che privilegia l’individuazione delle prestazioni (intese solo come natalità imprenditoriale, dinamica del valore aggiunto, dinamica occupazionale, etc.) della struttura socioeconomica, dei fattori localizzativi e delle economie di agglomerazione, delle strategie degli attori e della governance di sistema (Ciciotti, 1997; LEL, 1999). A questo approccio viene preferito il modello ESA, che analizza gli elementi della sostenibilità territoriale, affianca alla dimensione economica quella sociale e quella ambientale, ciascuna delle tre dimensioni viene scomposta in aspetti strutturali, prestazionali e strategico/comportamentali (Ciciotti, Dallara, Rizzi, 2006; Dallara, 2005a, Dallara, 2006). Alle tre dimensioni economia-società-ambiente si affianca la dimensione Pubblica Amministrazione - Istituzioni Locali. In linea con gli indirizzi prevalenti in letteratura (Dasgupta, 2004; Pearce, Turner, 2000; Musu, 2007; Seravalli, 2006) e con le indicazioni della prassi politico-amministrativa internazionale (Commissione Europea; Consiglio di Goteborg, 2001). Quindi l’ipotesi di lavoro che si propone in questo paper è che la descrizione di un sistema locale territoriale possa essere fatta con il modello ESA allargato definito da economia-società-ambienteistituzioni e struttura-prestazioni-strategie. La scelta di considerare la PA locale esogena rispetto alle dimensioni economia-società-ambiente è funzionale all’individuazione delle relazioni tra sviluppo locale e PA locale. In particolare gli elementi che costituiscono la struttura delle amministrazioni locali (comuni e province) impattano in modo indifferenziato su ciascuna delle tre dimensioni del modello ESA4. Per quanto riguarda invece la condotta (o strategie) risulta possibile endogenizzare in modo esplicito l’azione della PAL rispetto alle tre sfere ESA, introducendo in ciascuna di esse 4 Si potrebbe obiettare che una diversa struttura del personale (ad esempio per livello di istruzione) o un diverso modello organizzativo (ad esempio termini di esternalizzazione) per ciascuna delle funzioni della PA (trasporti, sport, turismo, etc.) potrebbero determinare risultati diversi in ciascun ambito economico, sociale od ambientale; problemi di dati impediscono però un’analisi così di dettaglio. rispettivamente la spesa della PA locale per l’economia, per la società e per l’ambiente. Da notare che la spesa locale per ciascuna delle tre sfere si aggiunge alla voce investimenti pubblici che costituiscono l’altro elemento delle strategie pubbliche nelle tre sfere considerate5. Per quanto riguarda le prestazioni, occorre considerare che risulta difficile individuare delle variabili in grado di misurare tale dimensione. In linea teorica si potrebbe immaginare di utilizzare dati relativi ad indagini condotte presso imprese e famiglie, secondo la logica della “customer satisfaction analysis”. Però difficilmente i risultati delle indagini sono utilizzabili a livello di singola provincia per problemi relativi alla costruzione e alla numerosità dei campioni. Si potrebbe peraltro pensare anche a delle prestazioni della PA “interne” alla PA stessa (cioè in pratica a degli indicatori di efficienza, piuttosto che di efficacia), ma in questo caso risulta difficile distinguerli da quelli che in seguito abbiamo chiamato indicatori di struttura (si pensi ad esempio alla incidenza delle spese per il personale, al grado di autonomia finanziaria, etc). Inoltre così facendo si avrebbero delle variabili che non potrebbero essere attribuite a ciascuna delle singole sfere ESA rimanendo pertanto esogene alle tre dimensioni (economia società ambiente) e raccolte a parte nel contesto della dimensione struttura della PAL. Infine anche da un punto di vista concettuale, le prestazioni della PAL più che esplicitarsi in indicatori specifici devono tradursi in un miglioramento implicito delle prestazioni e della struttura delle tre sfere ESA che definiscono il livello di sviluppo competitivo compatibile di ciascun sistema locale. Si tratta ora di individuare le variabili elementari che contribuiscono alla specificazione della dimensione PAL - Istituzioni del modello ESA. 4. La scelta delle variabili per la descrizione della PA: dal modello ESA al modello ESAPAL La PA locale viene descritta nei suoi elementi strutturali e strategici. Per quanto riguarda gli indicatori di struttura della PAL si tratta di utilizzare i dati relativi a: - struttura organizzativa interna (numerosità e profilo professionale del personale, etc.); - struttura patrimoniale-finanziaria e della spesa (indicatori economico-strutturali e indicatori elementari). Quindi occorre individuare la metodologia per aggregare le variabili elementari ed ottenere indicatori di sintesi di struttura e strategie. Si può ricorrere all’analisi in componenti principali, analogamente a quanto fatto per le variabili di sintesi delle tre sfere ESA e delle dimensioni struttura-prestazioni-strategie. Va tenuto conto peraltro che nel caso della PAL vi è un ulteriore elemento di specificazione rappresentato dal fatto che le variabili elementari menzionate sono calcolate per ciascun sistema territoriale (che coincide con i confini amministrativi provinciali) a livello di: comune capoluogo, tutti gli altri comuni, amministrazione provinciale. 5 Nel caso che gli investimenti pubblici comprendano anche quelli delle amministrazioni locali si avrebbe in parte una duplicazione, in quanto nella spesa della PAL dovrebbero rientrare tutte le spese per funzione e non solo gli investimenti. Peraltro questo fatto non dovrebbe alterare i risultati visto il modo in cui vengono utilizzati i dati. Le strategie della PAL possono essere descritte facendo riferimento alla distribuzione funzionale della spesa ripartita in: - spesa procapite per l’economia (spesa sviluppo economico, spesa turismo, spesa servizi produttivi); - spesa procapite per la società (spesa giustizia, spesa polizia, spesa istruzione, spesa cultura, spesa sport, spesa sociale); - spesa procapite per l’ambiente (spesa territorio, spesa viabilità e trasporti). Anche in questo caso la specificazione territoriale è a livello di comune capoluogo, altri comuni non capoluogo, amministrazione provinciale. Le variabili aggregate di strategia a differenza delle variabili di struttura, essendo ricondotte ad ambiti funzionali di spesa, sono attribuibili alle tre dimensioni economia-società-ambiente del modello ESA. Il Modello ESA-PAL dello sviluppo competitivo sostenibile allargato alla PA locale risulta pertanto quello dello schema riprodotto di seguito. Tabella 1 Prestazioni delle dimensioni Economia - Società - Ambiente - PA Istituzioni ECONOMIA SOCIETA’ AMBIENTE 1. Natalità imprenditoriale 1.1.tasso di sviluppo medio 1. Prestazioni demografiche 1.1.tasso di crescita naturale popolazione residente 1.2.speranza di vita 1. Pressione 1.1.densità autovetture 1.2.produzione rifiuti urbani 1.3.abusivismo edilizio 1.4.consumi elettrici domestici 1.5.consumi carburanti 2. Prestazioni di bilancio aziende 2.1.ROE 2.2.MOL/OF (margine operativo lordo/oneri finanziari) 2. Prestazioni di salute 2.1.tasso di mortalità per tumori 2.2.n.malati di Aids 2.3.tasso di mortalità per malattie cardiocircolatorie 2.4.tasso di mortalità per malattie respiratorie. PA-ISTITUZIONI 3. Internazionalizzazione in entrata 3.1.propensione all'export 3.2.IDE esteri Tabella 2 Struttura delle dimensioni Economia - Società - Ambiente - PA Istituzioni ECONOMIA SOCIETA’ AMBIENTE PA-ISTITUZIONI 1. Imprese e addetti 1.1.dimensione media imprese 1.2.% unità locali distrettuali 1.3.imprese secondo l’anno di costituzione 1.4.peso % delle imprese high tech 1.5.specializzazione produttiva 1.6.debt equity (struttura patrimoniale delle aziende) [(Passività / (Patrimonio nettoimmob.Imm)] 1. Demografia (e 2. qualità del capitale umano) 1.1.indice di concentrazione territoriale della pop. residente 1.2.indice di dipendenza totale 1.3.tasso netto migratorio 1.4.laureati iscritti all'anagrafe da altra provincia o dall'estero per 100 laureati cancellati 1.5.occupati per grado di istruzione: laurea 1. Patrimonio naturale 1.1.verde urbano fruibile 3. Cultura 3.1.indice di dotazione di strutture per l'istruzione 3.2.indice di dotazione di strutture culturali e ricreative 3.3.n. rappresentazioni ogni 100mila ab. 3.4.biglietti venduti per rappresentazione ogni 100mila ab. 3.5.spesa del pubblico per rappresentazione per ab. 2. Mercato del lavoro 2.1.tasso di disoccupazione tot 2.2.tasso di attività femminile 2.3.costo del lavoro/valore aggiunto 4. Sport e tempo libero 4.1.n.società sportive ogni 100mila abitanti 4.2.n. operatori delle federazioni sportive ogni 100mila ab. 4.3.n. praticanti delle federazioni sportive ogni 100mila ab. 3. Sistema del credito 3.1.costo del denaro 5. Sanità 5.1.degenze per medico negli istituti di cura 5.2.durata media della degenza negli istituti di cura 5.3.tasso di utilizzazione dei posti letto negli istituti di cura 5.4.indice di dotazione di strutture sanitarie 4. Dotazione infrastrutture economiche 4.1.infrastrutture economiche 1. Enti Pubblici locali 1.1.struttura organizzativa interna 2. Indici di struttura patrimoniale da bilancio 2.1 struttura patrimoniale e finanziaria della spesa 3. Aria 3.1.concentrazione biossido di azoto 3.2.concentrazione PM 10 Tabella 3 Strategie delle dimensioni Economia - Società - Ambiente - PA Istituzioni ECONOMIA SOCIETA’ AMBIENTE 1. Innovazione 1.1.n. brevetti presentati all'EPO 1. Strategie relazionali 1.1.tassi di criminalità 1.2.n.di aborti 1.3.n.di volontari su pop. 1. Strategie private 1.1.Industrie certificate Iso 14000 2. Networking 2.1.% addetti in gruppo sul totale addetti del territorio 2. Strategie personali 2.1.n.di suicidi su pop. 2.2.n.di separazioni coniugali su popolazione 2. Risposta 2.1.sistema di monitoraggio dell’aria 2.2.raccolta differenziata 2.3.piste ciclabili 2.4.zone a traffico limitato 2.5.isole pedonali 2.6.capacità di depurazione acque reflue 4. Investimenti economici pubblici 3. Investimenti sociali pubblici 3. Investimenti ambientali pubblici 5. Spesa pubblica degli enti locali per l’economia 4. Spesa pubblica degli enti locali per la società 4. Spesa pubblica degli enti locali per l’ambiente PA-ISTITUZIONI 3. Internazionalizzazione in uscita 3.1.IDE italiani in uscita 5. Indicatori di struttura della Pubblica Amministrazione locale Come detto nelle pagine precedenti e esplicitato con lo schema del modello ESA-PAL (tab. n 1, 2, 3), la struttura della Pubblica Amministrazione locale si descrive mediante indicatori della struttura organizzativa interna (organico), indicatori di bilancio e voci di spesa. Nei paragrafi seguenti si analizzano questi tre aspetti: si descrivono i processi di costruzione delle macro-variabili di sintesi, si forniscono informazioni sulle variabili elementari che compongono le macro-variabili, si analizzano le relazioni tra le variabili di sintesi della PA locale e le tre dimensioni del modello ESA. 5.1 La struttura organizzativa interna: l’organico Il Dipartimento della Funzione Pubblica del Ministero degli Interni periodicamente conduce analisi sulla struttura organizzativa degli enti pubblici locali. In un’indagine condotta nel 2004 raccolse informazioni quantitative di varia natura, tra cui in particolare: il numero degli addetti effettivi, il peso delle femmine e dei maschi sugli addetti, l’organico teorico, il soprannumero, i posti vacanti, le classi di età degli addetti, la qualifica (posizione professionale) degli addetti, il livello di istruzione degli addetti, l’assunzione a tempo determinato e indeterminato. Facendo ricorso all’analisi in componenti principali è possibile aggregare le variabili elementari appena elencate e costruire indicatori di sintesi in grado di descrivere in modo compatto la struttura organizzativa interna degli enti pubblici locali. Con l’analisi in componenti principali si costruiscono dapprima due componenti principali, una detta “qualità del capitale umano impiegato negli enti pubblici locali”, e l’altra detta “scelte di strutturazione interna degli enti pubblici locali”. La macro-variabile “qualità del capitale umano impiegato negli enti pubblici locali” è stata ottenuta per aggregazione delle seguenti variabili: titolo di studio (laurea), classe di età (30-39 anni), inquadramento-qualifica professionale (livello 5, istruttore direttivo). La macro-variabile “scelte di strutturazione interna degli enti pubblici locali” è stata ottenuta come sintesi delle seguenti variabili elementari: addetti effettivi su organico teorico (espressione dell’ampiezza dell’organico effettivo rispetto all’organico teorico), assunti a tempo indeterminato (tipologia del contratto di assunzione), peso dei maschi (sesso prevalente nell’organico effettivo) (se al posto del peso dei maschi si inserisce il peso delle femmine il risultato rimane invariato). Questa variabile di sintesi esprime la scelta compiuta dagli enti pubblici locali nella configurazione gestionale interna. L’unione delle due macro-variabili nell’indicatore “struttura dell’organico” porta ad evidenza una relazione consistente (loading factor: 0.870; comunalità finale: 0.756) e negativa tra le due. Come a dire che in media la struttura interna attuale degli enti pubblici locali non favorisce l’impiego di personale altamente qualificato e giovane. Questo il significato che si può attribuire all’indicatore di sintesi. In alternativa sarebbe possibile costruire una macro-variabile sostitutiva di quella denominata “qualità del capitale umano impiegato”, costituita da: bassa formazione (licenza elementare), età superiore ai 60 anni, bassa qualifica (operaio). Si ottiene così una seconda figura di capitale umano, estrema rispetto alla precedente. Anche questa componente principale si aggrega in modo significativo con la componente principale denominata “scelte di strutturazione interna”. La varianza totale spiegata dal fattore di sintesi rimane la medesima (63% e 67%) e i test si mantengono significativi. Si possono quindi selezionare le variabili che descrivono il capitale umano, o buona qualità del capitale umano oppure bassa qualità del capitale umano. In sintesi l’analisi in componenti principali porta ad evidenza due macro-variabili: - qualità del capitale umano - scelte di strutturazione interna dell’ente. Nelle due tavole seguenti sono riportati i risultati dell’analisi in componenti principali: Le rappresentazioni cartografiche delle variabili di sintesi rivelano che la “qualità del capitale umano occupato negli enti pubblici locali” sia decisamente più elevata al nord Italia rispetto al centro e al sud. Allo stesso modo la variabile “strutturazione organizzativa interna” pone in evidenza che le forme organizzative migliori sono tutte nel nord con netta prevalenza dell’EmiliaRomagna, Piemonte, Lombardia con la sola eccezione della Sardegna. La variabile di sintesi “struttura dell’organico interno”, aggregando in sé le due macro-variabili appena commentate, evidenzia come la buona qualità dell’organico degli enti pubblici locali sia concentrata nelle regioni settentrionali e centrali. Tabella 4 Le variabili elementari costitutive dell’indice di sintesi dell’organico interno (anno 2004) Qualità del capitale umano impiegato N. addetti con qualifica “Istruttore direttivo” su totale addetti (%) N. addetti con laurea su totale addetti (%) N. addetti con età compresa tra 30 e 39 anni su totale addetti (%) Scelte di strutturazione organizzativa interna N. addetti effettivi su organico teorico (%) N. addetti assunti a tempo indeterminato su totale addetti (%) N. addetti maschi su totale addetti (%) Varianza totale spiegata 0,633 Comunalità finali Loading Factors 0,511 0,715 0,377 0,697 0,835 0,440 0,690 0,830 0,438 0,389 0,636 0,504 0,389 0,623 0,495 0,468 0,684 0,542 0,420 Test KMO 0,647 Coefficienti degli scores 0,558 Tabella 5 La costruzione della macro-variabile “Organico” (anno 2004) Struttura dell’organico Qualità del capitale umano impiegato Scelte di strutturazione organizzativa interna Comunalità finali Loading Factors 0,756 0,756 0,870 -0,870 Varianza totale spiegata 0,756 Test KMO 0,500 Coefficienti degli scores 0,575 -0,575 Figura 1 La struttura dell’organico interno negli altri Comuni non capoluogo di provincia (2004) (dal migliore al peggiore) da 1 a 30 da 31 a 60 da 61 a 103 Fonte: elaborazione dati Dipartimento Funzione Pubblica La variabile “qualità del capitale umano impiegato negli enti pubblici locali” è costituita da tre variabili elementari. In media nei comuni italiani il 16% del personale assunto ha la qualifica di “istruttore direttivo”, con minimi prossimi all’8% e punte di massimo che superano il 28%. I valori maggiori si rilevano nei comuni delle province di Caltanissetta, Matera e Napoli. Il peso di laureati in media è pari al 12%, con un minimo del 5% e un massimo del 25%. I comuni migliori per maggiore incidenza dei laureati sono nelle province di Prato, Venezia, Rimini, Ravenna. Il peso degli addetti con età compresa tra i 30 e i 39 anni (addetti che hanno superato il periodo di apprendimento delle funzioni operative dell’ente e possono dare il meglio in termini di produttività) in media è del 21%, con punte minime però del 5%. Tabella 6 Qualità del capitale umano impiegato nella struttura organizzativa interna (altri comuni non capoluogo) valori medi anno 2004 min media aritmetica mediana max sqm Posizioni in ranking i primi 3 (1°) (2°) (3°) gli ultimi 3 (103°) (102°) (101°) N. addetti con qualifica “Istruttore direttivo” su totale addetti (%)(*) 8,2 16,6 16,8 28,8 4,0 N. addetti con laurea su totale addetti (%)(*) 5,3 12,0 11,9 24,8 3,4 Oristano Asti Nuoro Caltanissetta Matera Napoli N. addetti con età compresa tra 30 e 39 anni su totale addetti (%)(*) 5,1 21,6 23,0 39,7 9,4 Prato Venezia Rimini Rieti Crotone Potenza Lodi Como Bergamo Potenza Ragusa Napoli (*) enti mancanti: tutti i comuni della provincia di Bolzano Tra le tre variabili costitutive della variabile di sintesi “qualità del capitale umano impiegato negli enti pubblici locali” la variabile del peso degli addetti in giovane età è quella con la variabilità maggiore, a significare che negli enti locali si verificano situazioni eterogenee e diffusi sono i casi in cui il personale è molto anziano, così come casi in cui il personale è molto giovane (soprattutto negli enti pubblici di costituzione recente). Tabella 7 Scelte di strutturazione organizzativa interna (altri comuni non capoluogo) valori medi anno 2004 min media aritmetica mediana max sqm Posizioni in ranking i primi 3 (1°) (2°) (3°) gli ultimi 3 (103°) (102°) (101°) N. addetti effettivi su organico teorico (%)(*) 78,5 102,3 100,5 147,1 13,3 N. addetti assunti a tempo indeterminato su totale addetti (%)(*) 85,1 97,7 98,2 100,0 2,3 Roma Benevento Trento Crotone Rovigo Viterbo Caltanissetta Massa Carrara Brindisi Trapani Livorno Aosta N. addetti maschi su totale addetti (%)(*) 31,4 57,0 56,7 83,9 12,4 Crotone Avellino Benevento Reggio Emilia Bologna Aosta (*) enti mancanti: tutti i comuni della provincia di Bolzano Le tre variabili elementari che costituiscono la macro-variabile “scelte di strutturazione interna” pongono in evidenza che in media gli addetti effettivi sono ben più dell’organico teorico (media aritmetica pari a 102%). In media gli addetti assunti a tempo indeterminato sono il 98% del totale addetti. Il minimo è pari all’85%, la variabilità della variabile è molto bassa. Il peso dei maschi sul totale addetti in media è del 57%, ma ci sono casi in cui i maschi sono più dell’80% degli assunti, e sono tutti casi concentrati nei comuni delle regioni meridionali. I comuni con la femminilizzazione maggiormente accentuata nelle strutture degli organici si trovano nelle province di Reggio Emilia, Bologna, Aosta, Varese e Modena. 5.1.1 Le relazioni tra “struttura organizzativa interna della PAL e modello ESA” Definiti gli indicatori di sintesi che descrivono la struttura organizzativa interna della Pubblica Amministrazione locale è possibile cercare una risposta alla domanda “l’organico delle pubbliche amministrazioni locali ha un ruolo nello sviluppo socioeconomico-ambientale dei sistemi locali territoriali?”. Si utilizzano gli indicatori di sintesi del modello ESA (Ciciotti, Dallara, Rizzi 2006; Dallara, 2006) che descrivono gli aspetti strutturali-prestazionali-strategici delle 103 province italiane e si mettono in relazione con le variabili di sintesi della “struttura dell’organico della Pubblica Amministrazione locale”. Lo strumento statistico utilizzato per individuare le relazioni è il coefficiente di correlazione lineare di Pearson. Si nota che l’organico della PA locale è in relazione con le tre dimensioni dei sistemi territoriali (economia, società, ambiente) in modo statisticamente significativo e con valori consistenti. Il coefficiente è in media pari allo 0,60. Tabella 8 Correlazioni: dimensioni ESA, elementi costitutivi dell’organico e organico degli altri comuni non capoluogo Qualità k-umano impiegato (dal migliore al peggiore) Ambiente Stato Pressione Risposta Società Struttura Prestazioni Strategie private Economia Struttura Prestazioni Strategie private 0.60 0.40 0.58 0.55 -0.58 0.55 -0.60 -0.34 0.61 0.71 0.42 0.57 Scelte strutturazione organizzativa interna (dal migliore al peggiore) 0.45 0.26 0.54 0.45 -0.52 0.45 -0.54 -0.30 0.53 0.57 0.40 0.50 Organico negli altri comuni non capoluogo (dal migliore al peggiore) 0.60 0.38 0.64 0.58 -0.63 0.57 -0.66 -0.36 0.66 0.74 0.47 0.62 Il legame è positivo per le dimensioni “economia” e “ambiente”, mentre è negativo per la dimensione “società”. Dove migliore è l’organico migliori sono le dimensioni economiche e ambientali dei territori e peggiori sono le risposte della dimensione sociale. Prendendo in considerazione i tre aspetti che compongono la dimensione “società”, ossia la struttura sociale, le prestazioni e le strategie sociali, si può avanzare una prima breve interpretazione. Significa che la società è migliore in termini prestazionali e strategici nei territori in cui l’organico della PA locale ha livelli di istruzione minori, età media elevata, eccedenza degli addetti effettivi sull’organico teorico, prevalenza delle assunzioni a tempo indeterminato, scarsa femminilizzazione dell’organico interno. Invece in termini strutturali, si nota che la struttura della società è correlata positivamente con l’organico della PA locale e con le sue due macro-variabili costitutive. Quindi la struttura sociale dei sistemi socioeconomici (buona dotazione di capitale umano; buona dotazione culturale in termini di iniziative realizzate localmente, di partecipazione del pubblico, di strutture disponibili; buon livello di attività svolte nel tempo libero; buona dotazione di strutture sanitarie e buoni livelli di utilizzazione da parte dei residenti) è di buon livello nei territori in cui la PA locale ha addetti con buon livello di istruzione, età media contenuta, buona femminilizzazione interna. 5.2 La struttura patrimoniale e finanziaria degli enti pubblici locali La struttura della PA locale viene descritta con dati relativi all’organico interno e con dati di natura patrimoniale-finanziaria. La struttura della PA locale viene descritta con dati relativi all’organico interno e con dati di origine contabile. La struttura patrimoniale-finanziaria degli enti locali viene descritta mediante un indice di sintesi. Questo indicatore di sintesi si ottiene per aggregazione di indici che pongono in relazione voci di spesa e voci di entrata. Voci di spesa sono relative a spese correnti e a spese in conto capitale. Tra le prime si distinguono le spese per il personale, le spese per beni e servizi, e i trasferimenti. L’indice di sintesi L’iter per la definizione dell’indice di sintesi consiste nei seguenti passaggi: selezione degli indici patrimoniali-finanziari utilizzati in letteratura, costruzione della sintesi in un unico indicatore degli indici selezionati per ciascuna tipologia di ente locale, costruzione di un unico indicatore di sintesi per tutti gli enti locali considerati congiuntamente. Partendo dagli indicatori di bilancio tradizionalmente analizzati (grado di autonomia tributaria, grado di autonomia finanziaria, dipendenza erariale, rigidità strutturale, spese per il personale) è possibile costruire un indice di sintesi che descriva in modo compatto le caratteristiche strutturali in termini patrimoniali e finanziari degli enti pubblici locali. Tra i tre indicatori che al numeratore mostrano voci delle entrate (grado di autonomia tributaria, autonomia finanziaria, dipendenza erariale) si seleziona il secondo, l’indicatore del grado di autonomia finanziaria. Rispetto all’autonomia tributaria questo tiene conto anche delle entrate extra tributarie, ed ha il medesimo denominatore del primo. La dipendenza erariale è semplicemente in termini contabili e algebrici il complemento al totale entrate già contenuto nell’autonomia finanziaria. Quindi la dipendenza erariale fornisce la medesima informazione dell’autonomia finanziaria, in termini negativi. Tra l’indicatore di rigidità strutturale e quello di incidenza delle spese per il personale, si ritiene maggiormente esaustivo in termini informativi il primo, perché alle spese per il personale somma il rimborso prestiti, e, come l’indice di incidenza delle spese per il personale, pone al denominatore le entrate totali. A questo punto risultano essere stati selezionati tra i cinque indici di bilancio di uso diffuso in letteratura quelli di autonomia finanziaria e di rigidità strutturale. Nel periodo 2001-2004 presentano una correlazione lineare negativa (rho = -0,30 per i comuni non capoluogo e rho = -0,37 per i comuni capoluogo). È possibile ridurre i due indici in uno solo con il ricorso alla tecnica multivariata dell’analisi in componenti principali. La componente principale estratta risulta essere significativa, sintetizza in sé l’autonomia finanziaria con segno positivo (nel loading factor, ossia nella correlazione tra questa variabile e l’indicatore di sintesi estratto ) e la rigidità strutturale con segno negativo (nel loading factor). Quindi la componente principale così costruita esprime “la buona struttura patrimoniale e finanziaria degli enti pubblici locali” (comuni capoluogo, comuni non capoluogo e amministrazioni provinciali). L’indice di sintesi della struttura patrimoniale e finanziaria si costruisce per ciascuna delle tre tipologie di enti pubblici locali considerati (comuni capoluogo, altri comuni non capoluogo, amministrazioni provinciali). Successivamente si costruisce un indice di sintesi complessiva che descriva la struttura finanziaria e patrimoniale di comuni e amministrazioni provinciali considerate insieme. Statisticamente il risultato è significativo e i valori ottenuti dall’applicazione dell’analisi in componenti principali per ottenere la sintesi sono riportati nella tabella seguente: Tabella 9 Costruzione di indicatori di sintesi della struttura patrimoniale e finanziaria per gli enti pubblici locali (comuni capoluogo, altri comuni non capoluogo e amministrazioni provinciali) Comunalità finali Struttura patrimoniale e finanziaria (comune capoluogo, altri comuni, amministrazione provinciale) Struttura patrimoniale-finanziaria dei comuni capoluogo Struttura patrimoniale-finanziaria degli altri comuni non capoluogo Struttura patrimoniale-finanziaria delle amministrazioni provinciali Loading Factors Varianza totale spiegata Test KMO 0,731 0,701 Coefficienti degli scores 0,668 0,818 0,373 0,782 0,884 0,403 0,742 0,862 0,393 Si noti come gli indici dei tre enti entrano tutti con ugual peso nell’indicatore di sintesi (scores uguali). La geografia della struttura patrimoniale e finanziaria degli enti pubblici locali è descritta nelle mappe di seguito riprodotte. La struttura patrimoniale-finanziaria è particolarmente solida nelle regioni del nord Italia, soprattutto in Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Seguite dalle regioni del centro Italia, con le province della Toscana, delle Marche, Umbria, Lazio in testa tra le altre. Per comprendere il significato dell’indice di sintesi della struttura patrimonialefinanziaria si visualizzano i dati su rappresentazioni cartografiche e si descrivono in breve alcune caratteristiche delle variabili elementari che costituiscono gli indici di bilancio e le voci di spesa. Si comincia con le spese correnti, considerate aggregate e nel dettaglio delle sole spese per il personale, per passare poi alle spese in conto capitale. Quindi si considerano gli indici di bilancio. Figura 2 La struttura patrimoniale e finanziaria dei Comuni capoluogo di provincia (media, 2001-2004) (dal migliore al peggiore) da 1 a 30 da 31 a 60 da 61 a 103 Figura 3 La struttura patrimoniale e finanziaria degli altri comuni non capoluogo di provincia (media, 2001-2004) (dal migliore al peggiore) da 1 a 30 da 31 a 60 da 61 a 103 Fonte: elaborazione dati Ragioneria Generale dello Stato Figura 4 La struttura patrimoniale e finanziaria delle Amministrazioni provinciali (media, 2001-2004) (dalla migliore alla peggiore) da 1 a 30 da 31 a 60 da 61 a 103 Figura 5 La struttura patrimoniale e finanziaria dei Comuni capoluogo, degli altri comuni non capoluogo, delle Amministrazioni provinciali (media, 2001-2004) (dal migliore al peggiore) da 1 a 30 da 31 a 60 da 61 a 103 Fonte: elaborazione dati Ragioneria Generale dello Stato Spese correnti Le spese correnti sulle spese totali nel periodo 2001-2004 nei comuni capoluogo di provincia in media pesano il 61%, negli altri comuni della provincia in media sono pari al 56%, negli enti provinciali pesano per il 59%. In tutte e tre le distribuzioni il valore centrale è maggiore della media, la simmetria è negativa. La variabilità è relativamente più elevata rispetto alle altre variabili di bilancio. Dal punto di vista geografico i comuni capoluogo con i maggiori livelli di spesa corrente sono distribuiti equamente tra il nord e il sud Italia, con pochi casi nel centro, concentrati in Toscana (Livorno) e Umbria. Per i comuni non capoluogo il fenomeno invece si concentra in modo marcato in alcune regioni del nord-centro, in particolare Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Toscana e Lazio. Al sud prevalgono Sicilia e Puglia. Nel caso degli enti provinciali invece si individuano alcuni centri in cui l’incidenza è molto marcata: Piemonte, Toscana, Umbria, Lazio, Basilicata, Puglia. In media le spese correnti nel periodo 2001-2004 hanno subito una contrazione quasi del 2% nei comuni capoluogo, dell’1% negli altri comuni, dell’1,5 % negli enti provinciali. Per i comuni capoluogo i maggiori incrementi percentuali si registrano dove i livelli di spesa corrente sono maggiori, mentre nei comuni non capoluogo i maggiori incrementi non si hanno dove la spesa è maggiore. Quindi non si verificano processi di convergenza nella spesa pubblica locale. Le spese per il personale Tra le spese correnti considerevole incidenza assumono le spese per il personale. Le spese per il personale sul totale delle spese nel periodo 2001-2004 nei comuni capoluogo di provincia hanno raggiunto in media un valore del 20%, lo stesso valore in media si ha anche negli altri comuni della provincia escluso il capoluogo, mentre per le amministrazioni provinciali la spesa per il personale in media è pari al 17% della spesa totale. La variabile si distribuisce in modo simmetrico nei comuni capoluogo, media e mediana sono uguali , le maggiori numerosità si addensano in questo intorno, e con valori molto consistenti, tanto da avere la distribuzione con una curtosi accentuata. La distribuzione del dato nei comuni non capoluogo presenta ancora una buona simmetria, ma è più sparso, minore è la numerosità dei comuni intorno alla media, tanto che la curva è più appiattita. Per le province si nota invece una distribuzione asimmetrica con la coda di sinistra intensamente popolata. La spesa per il personale sul totale della spesa è cresciuta nel periodo 2001-2004 in media solo nei comuni capoluogo di provincia (di circa il 6,5%). La crescita però caratterizza solo i comuni che si posizionano oltre la mediana. La spesa per il personale nei comuni non capoluogo è concentrata geograficamente nelle regioni Sicilia e Calabria e in tutto il centro-sud Italia. Per il comuni capoluogo si notano alcuni casi in meridione (Sicilia, Calabria e Campania) ma pure al nord (Lombardia) e al centro (Toscana e Marche). Nelle amministrazioni provinciali si nota una distribuzione geografica analoga a quella dei comuni non capoluogo, con netta prevalenza dei comuni del centro sud. Il comune capoluogo più virtuoso è stato Milano seguito da quello di Venezia. I comuni capoluogo con le spese del personale maggiori sono stati Palermo, seguito da Trapani, Salerno, Enna e Teramo. Per gli altri comuni non capoluogo si notano tra i migliori i comuni delle province lombarde (Brescia e Sondrio) e del Trentino Alto Adige (Trento e Bolzano) tra i comuni peggiori tutti quelli siciliani, in particolare (Messina, Palermo, Agrigento, Enna, Trapani. Spesa in conto capitale La spesa in conto capitale in media nei comuni capoluogo incide per il 22% della spesa totale, mentre incide per il 29% negli altri comuni non capoluogo e per il 28% negli enti provinciali. A differenza delle spese correnti la spesa in conto capitale ha la mediana inferiore alla media, quindi le distribuzioni hanno asimmetria positiva. Valori di spesa per il medio lungo periodo si attestano a livelli contenuti. Ci sono alcuni casi, ma sono rari, in cui la spesa è decisamente superiore alla media. Nei comuni capoluogo, negli altri comuni e nelle province comunque si nota una forte concentrazione della maggior parte degli enti pubblici locali intorno alla media. Le spese in conto capitale dei comuni capoluogo e degli altri comuni sono molte contenute in termini relativi in Sicilia e Calabria, dove invece le spese correnti sono consistenti. Per i comuni capoluogo si nota che i casi di maggior livello di spesa sono molto dispersi nella penisola, tanto al nord come al centro, minori ma comunque presenti sono al sud. Le spese in conto capitale dei comuni non capoluogo invece sono molto concentrate in alcune regioni del nord Italia, in particolare Piemonte, Trentino, Liguria, Lombardia, al centro Umbria e Marche, al sud Campania, Basilicata e Sardegna. Gli indicatori di bilancio La struttura della PAL si descrive anche con indicatori di bilancio, oltre che con voci di spesa. Gli indicatori di bilancio a cui si fa ricorso prendono in considerazione sia le voci di spesa sia voci relative alle entrate. Già si è detto che tra gli indicatori maggiormente utilizzati si trovano: grado di autonomia tributaria, grado di autonomia finanziaria, dipendenza erariale, rigidità strutturale, spese per il personale. L’autonomia finanziaria presenta valori medi molto elevati sia nei comuni capoluogo che negli altri comuni della provincia. Nel periodo 2001-2004 nei comuni capoluogo in media le entrare tributarie sommate alle entrate extra-tributarie pesano per il 67% sul totale delle entrate; le sole entrate tributarie pesano per il 48% in media sul totale delle entrate. Per i comuni non capoluogo si registrano le medesime differenze tra i due indici, di circa 10 punti percentuali inferiori. Negli enti provinciali invece l’autonomia finanziaria è del 53% e l’autonomia tributaria del 48%. Nei comuni le entrate extra-tributarie hanno un’incidenza di circa 20 punti percentuali nel periodo 2001-2004. L’autonomia tributaria cresce nei 4 anni considerati del 14% nei comuni capoluogo, del 9% negli altri comuni, del 4,5 % nelle province. Mentre l’autonomia finanziaria cresce in media del 10% nei comuni capoluogo, del 7% negli altri comuni con capoluogo, del 5% nelle province. Nei comuni sia capoluogo che non capoluogo la pressione tributaria è cresciuta tra il 2001 e il 2004. Ma anche le entrate extra-tributarie sono cresciute, seppure in misura minore e con maggior prevalenza nelle zone meridionali. Se l’autonomia tributaria dei comuni capoluogo e delle province si presenta concentrata nel nord Italia e poi si estende verso il centro con punte significative anche in Abruzzo, Campania e Puglia, l’autonomia tributaria dei comuni non capoluogo e l’autonomia finanziaria di tutti i comuni, capoluogo e non, si concentra tutta al nord. Le maggiori dinamiche di crescita però nel 2001-2004 si concentrano nelle aree dove i valori di autonomia tributaria e di autonomia finanziaria sono minori. Quindi si assiste ad un processo di avvicinamento da nord a sud in materia di entrate degli enti pubblici locali. L’autonomia finanziaria dei comuni capoluogo vede in testa tutta la Lombardia con alcuni capoluoghi dell’Emilia orientale. Mentre per i comuni non capoluogo il primato spetta ai territori emiliano-romagnoli seguiti da Toscana e Lombardia. Qui i comuni hanno saputo intraprendere altre attività per recuperare le risorse da investire nel territorio oltre ad esercitare pressione fiscale. In termini di rigidità strutturale (spesa per il personale e rimborso prestiti rapportato al totale entrate) nei comuni capoluogo e negli altri comuni si rilevano valori medi molto ravvicinati, rispettivamente 0,45 e 0,47. con il 75mo percentile molto vicino alla media. Le distribuzioni hanno quindi asimmetria positiva, con diversi casi di enti locali che mostrano rigidità strutturale spiccatamente sopra la media, e questo si rileva sia al nord che al sud. Per gli enti provinciali si nota invece che i casi di rigidità sono quasi interamente concentrati nelle regioni del centro-sud, in particolare Lazio, Campania, Sardegna, Calabria, Sicilia. E le dinamiche di crescita si focalizzano dove i valori sono maggiori, guidati prevalentemente dalla spesa per il personale. 5.2.1 Le relazioni tra “struttura patrimoniale-finanziaria della PAL e modello ESA” Dai dati riportati nella tavola seguente si nota che esistono relazioni statisticamente significative e di dimensione consistente tra l’indice di sintesi della struttura patrimoniale-finanziaria degli enti pubblici locali e le altre dimensioni del modello ESA. Negli ambiti territoriali in cui la struttura patrimoniale-finanziaria degli enti pubblici locali è “buona” anche la struttura, le prestazioni e le strategie della dimensione “economia” e della dimensione “ambiente” sono “buone” e/o “elevate”. Tabella 10 Correlazioni: dimensioni ESA e struttura patrimoniale-finanziaria degli enti pubblici locali Struttura patrimoniale e finanziaria Comuni capoluogo Ambiente Stato Pressione Risposta Società Struttura Prestazioni Strategie private Economia Struttura Prestazioni Strategie private 0.40 0.26 0.35 0.52 -0.45 0.39 -0.49 -0.24 0.53 0.57 0.46 0.47 Altri comuni Amministrazioni provinciali Tutti gli enti pubblici locali 0.50 0.42 0.46 0.52 -0.52 0.45 -0.54 -0.46 0.61 0.66 0.42 0.60 0.59 0.42 0.52 0.61 -0.46 0.50 -0.39 -0.41 0.73 0.74 0.58 0.68 0.63 0.47 0.57 0.70 -0.63 0.60 -0.59 -0.45 0.78 0.81 0.62 0.72 Per la dimensione “società” occorre considerare che dove la struttura sociale è buona anche gli enti pubblici locali (ciascuno considerato distintamente e tutte e tre le tipologie considerate congiuntamente) hanno una buona struttura patrimoniale e finanziaria. Mentre si ha una relazione inversa tra l’indice patrimoniale-finanziario e le prestazioni sociali e le strategie private. Dove peggiore è la struttura patrimoniale e finanziaria migliori sono le prestazioni sociali e migliori sono i comportamenti sociali. In termini geografici al nord Italia dove buona è la struttura patrimoniale e finanziaria dei comuni e delle amministrazioni provinciali le prestazioni sociali e i comportamenti degli individui sono peggiori, viceversa al sud Italia. 6. Le strategie di spesa della Pubblica Amministrazione locale In media i comuni non capoluogo di provincia nel periodo 1999-2003 hanno speso per la dimensione “economia” circa 15.000 euro procapite, per la dimensione “società” 23.000 euro e per la dimensione “ambiente” 11.000 euro. Si tratta delle spese correnti e delle spese in conto capitale. I valori riportati sono la somma dei valori procapite di ciascun comune della provincia di appartenenza. Le tre distribuzioni (spesa per l’economia, spesa per la società, spesa per l’ambiente) sono tutte e tre asimmetriche, con mediana sempre inferiore in modo sensibile alla media. Le tre distribuzioni hanno variabilità non trascurabile, ma tutte di valori analoghi le une alle altre. Torino (73.000 euro per l’economia, 114.000 euro per la società, 57.000 euro per l’ambiente), Bergamo (49.000, 73.000, 36.000) Cuneo (66.000, 77.000, 36.000) sono le province con i comuni non capoluogo che spendono di più in termini procapite per le tre dimensioni, economia società ambiente. Trieste, Prato, Ragusa (1.000, 2.500, 1.200), Enna (1.400, 3.400, 1.600) sono le province con i comuni non capoluogo in cui si spende meno per le tre dimensioni. I comuni capoluogo di provincia in media nel medesimo periodo 1999-2003 spendono procapite per ciascun residente 160 euro per la dimensione “economia”, 415 euro per la dimensione “società”, 130 euro per la dimensione “ambiente”. Anche per i capoluoghi il valore della mediana in ciascuna delle tre dimensioni è inferiore al dato medio. I comuni capoluogo di provincia che hanno speso di più per l’economia sono Venezia, Roma, Milano, Genova, per la società sono Trento, Modena, Brescia, Torino, Firenze, per l’ambiente Cagliari, Siracusa, Firenze, Milano e Agrigento. I comuni che hanno speso meno in termini procapite per l’economia sono Taranto, Avellino, Catanzaro, Imperia, Vibo Valentia, per la società sono Campobasso, Vibo Valentia, Isernia, Caserta, L’Aquila, per l’ambiente Piacenza (11 euro procapite) Reggio Emilia (23 euro), Vibo Valentia (28 euro), Caserta (32 euro) e Catanzaro (36 euro). Le rappresentazioni cartografiche mostrano per la dimensione “economia” e per la dimensione “società” analogie molto marcate: i comuni capoluogo che spendono di più sono nelle regioni del nord e del centro Italia, a cui si aggiungono le province campane, lucane e di parte della Calabria. Per la dimensione “società” i comuni capoluogo di provincia che spendono di più sono tutti al nord, oltre a Toscana, Marche e Sardegna. Per la dimensione “economia” i comuni capoluogo della Lombardia sono meno presenti e cedono il primato a comuni del Lazio, della Campania e della Puglia. Evidenziando un’estesa fascia tirrenica, da Livorno a Napoli, di netta prevalenza rispetto all’interno appenninico. Figura 6 La Spesa dei Comuni Capoluogo di provincia per la dimensione “economia” (media procapite, 1999-2003) da 1 a 30 da 31 a 60 da 61 a 103 Figura 7 La Spesa degli altri comuni non capoluogo di provincia per la dimensione’“economia” (media procapite, 1999-2003) da 1 a 30 da 31 a 60 da 61 a 103 Fonte: elaborazione dati Ragioneria Generale dello Stato Figura 8 La spesa dei comuni capoluogo di provincia per la dimensione “società” (media procapite, 1999-2003) da 1 a 30 da 31 a 60 da 61 a 103 Figura 9 La spesa degli altri comuni non capoluogo di provincia per la dimensione “società” (media procapite, 1999-2003) da 1 a 30 da 31 a 60 da 61 a 103 Fonte: elaborazione dati Ragioneria Generale dello Stato Per l’ambiente nei comuni capoluogo si nota la netta prevalenza del nord-ovest eccetto Cuneo, della fascia tirrenica del centro fino a Roma, oltre alla Romagna, parte della Toscana settentrionale interna e dell’Umbria. Al sud prevalgono i comuni sardi e quelli della Sicilia, affacciata all’Africa. I comuni non capoluogo che maggiormente spendono per l’ambiente sono quelli piemontesi, lombardi e veneti. A questi si aggiungono i comuni meridionali, isole comprese. Scarsi i livelli di spesa ambientale dell’Emilia e della Toscana. Figura 10 La Spesa dei Comuni Capoluogo di provincia per la dimensione “ambiente” (media procapite, 1999-2003) Figura 11 La Spesa degli altri comuni non capoluogo di provincia per la dimensione “ambiente” (media procapite, 1999-2003) da 1 a 30 da 31 a 60 da 61 a 103 da 1 a 30 da 31 a 60 da 61 a 103 Fonte: elaborazione dati Ragioneria Generale dello Stato 6.1 Le relazioni tra le strategie di spesa e il modello ESA È possibile chiedersi se esistono correlazioni significative tra le dimensioni economico-socialiambientali che descrivano i sistemi territoriali locali e le spese degli enti pubblici locali. Si nota che le spese dei comuni capoluogo sono maggiormente correlate con le dimensioni economia-societàambiente territoriali rispetto alle spese degli altri comuni non capoluogo, in ambito ambientale e sociale. Tabella 11 Correlazioni: dimensioni ESA e strategie di spesa degli enti pubblici locali Ambiente Stato Pressione Risposta Società Struttura Prestazioni Strategie private Economia Struttura Prestazioni Strategie private Comuni capoluogo Spese Spese Spese Economia Società Ambiente 0.35 0.56 0.14 0.23 0.37 0.12 0.41 0.60 0.20 0.26 0.50 -0.04 -0.37 -0.58 -0.09 0.44 0.60 0.08 -0.25 -0.49 0.01 -0.39 -0.42 -0.22 0.46 0.63 0.06 0.47 0.66 0.08 0.27 0.41 0.01 0.49 0.64 0.08 Spese Economia 0.12 0.03 0.15 0.17 -0.14 0.15 -0.12 -0.08 0.25 0.18 0.27 0.25 Altri comuni Spese Società 0.13 0.04 0.15 0.16 -0.13 0.15 -0.10 -0.07 0.29 0.22 0.27 0.31 Spese Ambiente 0.16 0.07 0.19 0.20 -0.15 0.17 -0.09 -0.16 0.33 0.27 0.30 0.35 Mentre le spese dei comuni non capoluogo per la dimensione ambiente sono correlate positivamente con le varie dimensioni dell’economia (struttura, prestazioni, strategie). Le spese dei comuni capoluogo sono positivamente correlate con le strategie dei privati (comportamenti) sia in ambito ambientale sia in ambito economico. Per l’ambito sociale le spese maggiori avvengono dove buona è la struttura sociale e dove le prestazioni sociali sono peggiori (al nord Italia). Conclusioni Il modello ESA offre una chiave di lettura della competitività e della sostenibilità dello sviluppo dei sistemi territoriali, ponendo in evidenza alcuni dei temi di maggior rilievo per l’analisi dei contesti locali. Dall’analisi comparata delle rappresentazioni cartografiche delle macro-variabili del modello ESA allargato alla PA locale si possono ricavare alcune informazioni di rilievo su relazioni tra le variabili e sulla concentrazione territoriale di fenomeni. Le mappe della dimensione “economia” mostrano che “struttura” e “strategie private” sono decisamente migliori nelle regioni del nord. Le “prestazioni” sono buone anche nel centro Italia, con alcuni casi di rilievo nel sud (Campania, Sicilia). Le spese procapite dei comuni capoluogo per l’economia pongono in evidenza la natura interventista delle amministrazioni pubbliche di alcune aree geografiche (Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Piemonte) e nel contempo il tendenziale liberismo di altre (Lombardia). I comuni non capoluogo invece mediano in sé orientamenti estremamente diversi presenti nel medesimo territorio, sia “liberisti” sia “interventisti”, così che la geografia della spesa di questi enti locali segue maggiormente logiche economicistiche. Al nord spendono per “economia” comuni appartenenti a province con una struttura forte e con prestazioni economiche dinamiche. Al sud invece i comuni non capoluogo accompagnano le prestazioni economiche, nel senso che nelle province con buoni livelli di prestazioni si hanno livelli di spesa in economia molto alti. Le spese procapite dei comuni capoluogo per la dimensione “sociale” sono molto consistenti nelle regioni del nord e del centro. In questo caso tutte le regioni del nord si possono dire interventiste. Queste azioni accompagnano passo passo la struttura sociale, nel senso che struttura sociale forte si ha dove è alta la spesa dei comuni per il sociale. Nel caso degli altri comuni si nota invece una analogia marcata tra la mappa della spesa per il sociale e le prestazioni sociali. Prestazioni sono alte nelle province dell’arco alpino e in tutte le province meridionali, così le spese degli altri comuni non capoluogo sono relativamente più elevate nelle zone alpine, in tutto il nord salvo alcune eccezioni (Puglia e Sicilia), a queste aree si aggiungono le province che tradizionalmente sono più sensibili ai temi sociali (Emilia, Marche, Liguria). Le spese per la dimensione “ambiente da parte dei comuni capoluogo non presentano relazioni con lo “stato” dell’ambiente dei SEST. Spendono di più comuni che non hanno in genere la miglior qualità ambientale. Lungo la fascia tirrenica delle province dell’Italia centrale si nota che alta è la spesa per l’ambiente dove alta è la qualità dello stato ambientale. I comuni non capoluogo che spendono di più sono concentrati al nord dove le pressioni ambientali sono elevate, ma anche tutti i comuni del meridione spendono tanto per l’ambiente, e sono proprio quelli in cui le pressioni esercitate dagli attori del sistema sono minori. Bibliografia Ciciotti E. (1997), Sviluppo locale e nuovi approcci alle politiche regionali, in AA.VV., Mercato, Stato e Giustizia Sociale, Giuffrè, Milano Ciciotti E., Dallara A., Rizzi P., Una geografia della sostenibilità dei sistemi locali italiani, Relazione presentata alla XXVII Conferenza Italiana di Scienze Regionali, Pisa Colombo U. et al. (2000), Lo sviluppo sostenibile. Per un Libro Verde su ambiente e sviluppo, Enea, Roma Comrey A. L., Lee H. B. 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The focus is on Local Public Administration (LPA). We propose a model to describe the Territorial Socio-Economic Systems (TSES). We take the ESE model (Economy, Society, Environment) presented last year (Ciciotti, Dallara, Rizzi, 2006; Dallara, 2005a; Dallara, 2006) and we enlarge it with the structure and the strategies of the LPA. The Local Public Administrations are the chief town of the provinces, all the other town of each provinces but the chief town, and the Public Administration of Provinces. The structural indicators of Local Public Administration are quantitative information about internal structural organization (number and skills of employees), about patrimonial and financial structure, about public expenses. The LPA strategies are described with the functional distribution of expenses, divided in expenses for economy (economic development, tourism, productive services), expenses for society (justice, local policy, education, culture, sport) and expenses for environment (urbanization, transport and mobility).