Morbillo a Disneyland /La resistenza agli antibiotici / Quale terapia

Trimestrale | Poste Italiane SpA – Sped. Abb. Post. DL 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, DCB Roma – Aut. GIPA/C/RM/26/2013 del 28/06/2013 – ISSN 2385-0736 | Un fascicolo 25 euro
16.3
Morbillo a Disneyland /La resistenza agli antibiotici /
Quale terapia per le infezioni delle vie aeree superiori? / Reazioni
in corso di assunzione di antibiotici: tra infezioni e allergia /
Rivista ufficiale
di Formazione continua
della Società Italiana di Pediatria
| Vol. 16 | n. 3 |
luglio–settembre 2015
Uso e abuso degli inibitori di pompa protonica / Come ricercare
l’Helicobacter Pylori: nelle feci, con il breath test o con biopsia? /
Le cure palliative pediatriche: la nuova medicina
per un vecchio problema / I distanziatori: choosing wisely
Azione antipiretica rapida
e prolungata(1)
Efficace sulla sintomatologia che
accompagna il quadro febbrile(2)
Elevato grado di soddisfazione
dei familiari(3)
gusto
FRAGOLA
gusto
ARANCIA
INDICAZIONI TERAPEUTICHE
Trattamento sintomatico della febbre e del
dolore lieve o moderato.
POSOLOGIA
Nei bambini di età compresa tra 3 e 6 mesi
limitare la somministrazione a quelli di peso
superiore ai 5,6 kg.
Depositato presso AIFA in data 28/07/2015
Classe dispensazione: C SOP
con comoda
siringa dosatrice
Sospensione orale
100 mg/5 ml ibuprofene
senza zucchero
1. A D Hay et al. Paracetamol plus ibuprofen for the treatment of fever in children (PITCH): randomised controlled trial. British Medical
Journal 2008; 337-a1302.
2. D Kanabar. A pratical approach to the treatment of low-risk childhood fever. Drugs in R&D 2014; 14: 45-55.
3. E Autret-Leca et al. Ibuprofen versus paracetamol in pediatric fever: objective and subjective findings from a randomized, blinded study.
Current medical research and opinions 2007; 23(9): 2205-2211.
Rivista ufficiale
di Formazione continua
della Società Italiana
di Pediatria
Vol. 16 | n. 3 |
luglio–settembre 2015
In copertina
“Ragazzo con maglione a righe”
Amedeo Modigliani, 1918, Olio su tela
Metropolitan Museum of Art, New York
All’interno
(pagg. 102, 106, 109, 117) ‘Scarabocchi’,
Eleonora, 3 anni,
tempera e acrilici su carta, 30x21 cm;
(pag. 123) ‘Tirannosaurus Rex’ (part.),
Ismaele, 6 anni,
pennarelli su carta, 30x28 cm;
(pag. 127) ‘Mamma alla finestra, e dietro io’,
Bernardo, 5 anni,
pennarelli su carta, 30x28 cm
Reazioni in corso di assunzione
·
di antibiotici: tra infezioni e allergia
[ Editoriale ]
Morbillo a Disneyland
Luciana Indinnimeo
Francesca Mori, Carlotta Montagnani,
L’epidemia di Disneyland ha riacceso
la violenta polemica tra i sostenitori
dei vaccini e coloro i quali sostengono
che i vaccini procurano nei bambini
più danni che benefici > 99
Chiara Tersigni, Simona Barni,
[ SPECIALE
Uso e abuso
·
degli inibitori di pompa protonica
TAVOLA ROTONDA CONGRESSO
·Introduzione
]
Elio Novembre, Luisa Galli
Le reazioni allergiche agli antibiotici
si verificano con una certa frequenza
in età pediatrica, anche se
spesso sono sovrastimate > 109
[ Tutto su ]
Le cure palliative pediatriche:
la nuova medicina
per un vecchio problema
Lucia De Zen, Luca Manfredini, Franca Benini
La famiglia e il paziente devono
essere messi al centro del sistema che
deve evolvere da un modello centrato
sull’ospedale e sulla patologia ad un
modello centrato sulla persona e sui
suoi bisogni > 127
Giovanni Corsello
Annamaria Staiano
[ L’angolo delle società affiliate ]
In questo numero
una nuova iniziativa editoriale:
la pubblicazione ‘in extenso’
degli interventi tenutisi al 71°
Congresso Nazionale di Pediatria
nella sessione congiunta
SIP/Area Pediatrica > 102
Negli ultimi anni si è registrato
un drammatico aumento dell’uso
degli IPP nei bambini > 117
Società Italiana per le Malattie
Respiratorie Infantili (SIMRI) –
I distanziatori: choosing wisely
[ come si fa ]
·La resistenza agli antibiotici
Come ricercare
l’Helicobacter Pylori:
nelle feci, con il breath test
o con biopsia?
Più fonti sottolineano che nel nostro
Paese la prescrizione di antibiotici,
specie per bambini della prima
e seconda infanzia, è eccessiva > 103
Sono molti i test diagnostici
disponibili per documentare
l’infezione da HP ed ognuno presenta
vantaggi e svantaggi > 123
Pier-Angelo Tovo
·
Quale terapia per le infezioni
delle vie aeree superiori?
Carlo Tolone, Salvatore Tolone
Ahmad Kantar, Michele Ghezzi, Michele
Miraglia del Giudice
Nello sviluppo di un pMDI
per uno specifico farmaco
dovrebbe essere prevista anche
la validazione di almeno uno specifico
distanziatore. Inoltre, quest’ultimo
deve essere appropriato per il tipo
di paziente per il quale è previsto
l’utilizzo > 134
[ Quiz ]
Test di autovalutazione > 141
Pietro Ferrara, Costanza Cutrona
Le infezioni delle vie aeree superiori
(URTIs) rappresentano
una delle patologie di più frequente
riscontro in Pediatria > 106
Quella di Amedeo Modigliani (Livorno, 12 luglio 1884 – Parigi, 24 gennaio 1920)
è stata una figura eccezionale nella storia dell’Arte moderna, isolata dalle correnti
(cubismo, futurismo, dadaismo e surrealismo) a lui contemporanee e concentrata
sul suo linguaggio unico, basato su quei tratti lineari e quei ritratti che lo hanno reso celebre.
Morto a soli trentacinque anni di meningite tubercolare dopo anni di povertà e abuso
di sostanze, negli ultimi decenni Modigliani è diventato una vera superstar del mercato
internazionale dell’Arte: il suo nudo “La Belle Romaine” è stato battuto all’asta da Sotheby’s
il 2 novembre 2010 a 68,96 milioni di dollari.
Rivista
ufficiale
di Formazione
continua
della Società
Italiana
di Pediatria
Direttore Scientifico
Società Italiana di Pediatria
Luciana Indinnimeo
Professore Aggregato di Pediatria
Dipartimento di Pediatria e NPI
Università di Roma “Sapienza”
via Libero Temolo, 4 - 20126 Milano
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cell. 340.4244544
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Presidente
Comitato Editoriale
Giovanni Corsello
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Il Pensiero Scientifico Editore
via S. Giovanni Valdarno, 8 - 00138 Roma
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Direttore Responsabile
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Delegato Sezioni Regionali SIP
ISSN 2385-0736
Valerio Flacco
Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 311
Delegato Consulta Nazionale
del 5 maggio 2000
Costantino Romagnoli
Delegato Conferenza Gruppi di Studio
Progetto grafico e impaginazione
Chiara Caproni
immagini&immagine - Roma
Stampa
Arti Grafiche Tris
via delle Case Rosse, 23 - 00131 Roma
Finito di stampare nel mese di settembre 2015
Gian Paolo Salvioli
[ l’ e d i t o r i a l e ]
nitori dei vaccini ‒ larga maggioranza
negli Stati Uniti e nel mondo ‒ e coloro i quali, basandosi su studi ampiamente screditati dalla comunità
scientifica internazionale, sostengono
che i vaccini procurano nei bambini
più danni che benefici, in particolare il vaccino antimorbillo, potenziale
causa secondo loro di disturbi dello
spettro autistico. A tale proposito vale
la pena ricordare lo studio di coorte
della durata di 11 anni sui rischi della
vaccinazione antimorbillo eseguito in
Giappone e pubblicato su “JAMA Pediatrics” di aprile 2015, che ha incluso
95.727 bambini. Questa ricerca non ha
messo in evidenza alcuna correlazione
tra i disturbi dello spettro autistico e le
due vaccinazioni antimorbillo.
Dopo l’episodio di Disneyland,
una legge del Senato degli Stati Uniti
del 25 giugno 2015 (SB 277) ha proibito
il rifiuto della vaccinazione per motivi
religiosi e filosofici nei bambini che
frequentano gli asili nido e la scuola
primaria, restando valido solo il rifiuto
per motivi medici. La legge sarà applicata per il momento solo in California, Mississippi e West Virginia ma
rappresenta un importante precedente
a favore di misure forti per rendere
obbligatorie le vaccinazioni in tutti
gli Stati Uniti. Gli oppositori della
legge hanno invocato la violazione
dei diritti costituzionali di libertà di
pensiero e di religione, mentre i difensori hanno riportato una sentenza
della Corte Suprema degli Stati Uniti
sulla libertà religiosa “che non deve
includere la libertà di esporre la comunità a malattie infettive”. Lo scontro è aspro e deve essere seguito con
attenzione, perché anche in Europa
esistono situazioni potenzialmente analoghe a quelle che hanno provocato
il focolaio epidemico di Disneyland.
Dobbiamo impedire che ciò accada. Il
problema deve essere affrontato con
efficaci programmi di divulgazione e
di educazione sanitaria, elaborati congiuntamente dai responsabili della Sanità e dell’Istruzione, che, anche con il
supporto di organizzazioni no profit,
seguano chiare direttive governative e
leggi ben definite.
In questo numero sono riportati
gli atti della Sessione gestita da Area
Pediatrica al 71° Congresso Italiano di
Pediatria su “Uso e abuso degli antibiotici e dei farmaci in Pediatria”,
ed inizia la rubrica “L’angolo delle
Società affiliate”. La prima Società
coinvolta è la Società Italiana di Malattie Respiratorie Infantili
.
101
A
ll’inizio di quest’anno le
cronache si sono interessate a un focolaio di morbillo
comparso a Disneyland, California
(Orange County) con 59 casi accertati, di cui 5 tra il personale del celebre
parco giochi. In seguito all’outbreak
epidemico gli ufficiali sanitari hanno
proibito la frequenza delle scuole della
contea di Orange a tutti gli studenti
non vaccinati contro il morbillo.
I movimenti d’opinione contrari
alle vaccinazioni infantili negli Stati
Uniti e nel mondo hanno determinato in alcune aree degli Stati Uniti
la riduzione delle vaccinazioni contro
il morbillo al di sotto della soglia di
sicurezza del 95%, con conseguente
ricomparsa dell’infezione, ritenuta debellata dal 2000. Infatti, nell’ultimo
anno, i Centers for Disease Control
and Prevention (CDC) hanno riportato 644 casi di morbillo negli Usa,
il dato più elevato dall’anno 2000.
È da sottolineare che già nel 2014 lo
Stato della California aveva obbligato
i genitori che rifiutavano i vaccini a
frequentare presso il proprio medico
una sessione di educazione sanitaria
sui rischi e benefici delle vaccinazioni,
senza risultati soddisfacenti.
L’epidemia di Disneyland ha riacceso la violenta polemica tra i soste-
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
di Luciana Indinnimeo
[email protected]
Morbillo
a Disneyland
Introduzione
C
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
102
on questo numero di Area Pediatrica parte una nuova iniziativa editoriale: la pubblicazione in extenso
degli interventi tenutisi al 71° Congresso Nazionale di Pediatra nella sessione
congiunta SIP/Area Pediatrica. Iniziativa nata
per saldare ulteriormente il rapporto proficuo di fiducia che esiste tra la rivista e i soci
SIP. Quest’anno la sessione congiunta è stata
dedicata all’uso dei farmaci in Pediatria, con
particolare riferimento agli antibiotici e all’uso degli inibitori di pompa protonica anche in
rapporto all’uso di farmaci per il trattamento
di febbre e dolore. Temi di grande attualità
e di interesse anche pratico per i pediatri, sia
ospedalieri che di famiglia.
Il problema dell’uso razionale dei farmaci
nel bambino va visto anche in rapporto alla
necessità di rispettarne le indicazioni e ai rischi correlati con un loro abuso. Il fenomeno
della autoprescrizione, non diretto in questo
caso ma mediato dai genitori, interessa anche i bambini. Se il bambino non può essere
considerato alla stregua di un adulto in termini biologici e clinici, ciò va declinato anche
nell’approccio ai suoi bisogni nutrizionali,
all’impatto dell’inquinamento sulla sua salute, alla esposizione a farmaci somministrati
per patologie sia acute che croniche. La somministrazione di un farmaco ad un bambino,
tanto più quanto più è piccolo, va quindi calibrata all’insegna di evidenze di efficacia e di
sicurezza insieme, quando esse esistono. Evenienza purtroppo non sempre possibile per
molti farmaci che, sperimentati nell’adulto,
a volte non possono esserlo in età evolutiva
per ragioni di ordine pratico e/o etico. Ecco
perché molti nuovi farmaci risultano off label
in Pediatria e possono e devono essere somministrati solo in presenza di dati di efficacia
certi, sulla base di ricerche cliniche validate,
in un contesto di responsabilità professionale
del pediatra e di consenso e informazione accurata dei genitori. Effetti avversi e collaterali
possono realizzarsi nei bambini con maggiore
probabilità e con fenomenologia diversa rispetto agli adulti. Il pediatra deve poter cogliere tali eventi in modo tempestivo per una
gestione oculata ed efficace. Ecco perché la
prescrizione di un farmaco in pediatria non
può che essere frutto di un percorso terapeutico prescritto e controllato dal pediatra,
medico specialista che ha in carico il bambino
dalla nascita all’adolescenza. Rientra questo
elemento nelle prerogative del pediatra ma
anche nei diritti del bambino, in termini di
tutela della sua salute.
Tra i temi affrontati, l’uso razionale degli
antibiotici merita una puntualizzazione particolare. Sia in ambito territoriale che ospedaliero spesso si determinano situazioni che comportano una somministrazione di antibiotici
impropria o eccessiva. Mi riferisco per esempio
ad antibiotico-profilassi non sufficientemente
motivate sul piano clinico, all’uso di antibiotici
a largo spettro in assenza di indagini colturali,
a trattamenti prolungati oltre il tempo ragionevole della eradicazione dell’agente microbico. Eventi che aumentano in modo rilevante
il rischio di resistenze batteriche e di selezione
di germi particolarmente aggressivi, quali gli
stafilococchi meticillino-resistenti (MRSA). Da
qui, e da altre considerazioni che leggerete,
la necessità di condividere tra ospedale e territorio delle linee di indirizzo su come gestire
la prescrizione degli antibiotici in Pediatria
nelle diverse categorie di malattie infettive.
L’uso dei FANS in Pediatria si è diffuso su
larga scala, sulla base di protocolli che ne hanno validato l’efficacia. Spesso in associazione
tra loro o autoprescritti dai genitori per sedare “l’allarme febbre”, non sono esenti dal
rischio di danni a livello gastrico (gastriti erosive ed emorragiche), con il relativo impatto
in termini di emergenza e urgenza. Anche
l’uso degli inibitori di pompa protonica si è
diffuso nel nostro Paese in modo sregolato
e sganciato da una effettiva analisi dei reali
bisogni di salute. È un fenomeno sanitario
che interessa la Medicina generale, più acuto
in alcune realtà regionali e meno in altre, ma
da cui non è esclusa purtroppo la Pediatria.
In molti casi, sintomi sfumati o legati a situazioni disfunzionali transitorie quali il rigurgito
comportano diagnosi affrettate di malattie
da reflusso gastroesofageo inesistenti, con il
conseguente avvio di trattamenti con farmaci
impegnativi come gli inibitori di pompa protonica, farmaci che devono essere considerati
di seconda scelta, senza una valutazione dei
bisogni, dei costi e soprattutto dei potenziali
rischi a breve o medio termine ad essi correlati, in modo particolare se somministrati a
lattanti. Le recenti evidenze che correlano il rischio di sepsi nei neonati pretermine con l’uso
di farmaci che riducono l’acidità gastrica è una
conferma della necessità di un uso razionale e
non affrettato dei farmaci in Pediatria.
Come pediatri, come Società Italiana di Pediatria, come Società tutte dell’area pediatrica
sentiamo nostro il ruolo di tutela della salute
e dei diritti dei bambini e abbiamo il compito
di metterlo in atto anche nel gestire al meglio
la prescrizione dei farmaci.
Giovanni Corsello
Presidente Società Italiana
di Pediatria (SIP)
[ Speciale
Tav o l a r o t o n d a C o n g r e ss o S I P / 1
]
La resistenza agli antibiotici
Più fonti sottolineano che nel nostro Paese
la prescrizione di antibiotici, specie per bambini
della prima e seconda infanzia, è eccessiva.
Introduzione
La natura della resistenza
P
er definizione la resistenza ad un antibiotico
si riferisce a batteri originariamente sensibili. Essa
va inquadrata come un evento naturale derivante dalle
numerose mutazioni geniche che caratterizzano la repli-
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
Pier-Angelo Tovo
Dipartimento di Scienze
di Sanità Pubblica
e Pediatriche,
Università di Torino
Ospedale Infantile
Regina Margherita, Torino
103
G
li antibiotici, dalla scoperta della penicillina nel 1928,
hanno permesso di salvare milioni di vite umane e sono stati indubbiamente uno dei mezzi terapeutici più efficaci della Medicina
moderna. Una volta compreso che i batteri possono acquisire la capacità di
produrre sostanze che uccidono o inibiscono la crescita di altri germi, l’isolamento in coltura e lo studio con mezzi idonei delle loro capacità di produrre
antibiotici si tradusse negli anni ’50–’60 in un’epoca d’oro per l’identificazione
di nuovi farmaci, al punto che autorevoli esperti dell’epoca ritennero prossima
la chiusura del capitolo delle malattie infettive. Esaurito questo filone di ricerca, i decenni successivi furono caratterizzati dalla scoperta, pur se in numero
minore, di nuove molecole con attività antibatterica costruite in laboratorio.
Dagli anni ’90 si è però assistito ad un brusco arresto nella scoperta di
nuovi prodotti. Le ragioni sono molteplici: è diventato oggettivamente più
difficile scoprire nuovi antibiotici, i prezzi sono poco remunerativi per le ditte
che investono in ricerche ad hoc, la disponibilità di nuovi vaccini restringe
il loro campo d’impiego. Inoltre sono sempre più estese le campagne che
suggeriscono di limitare l’impiego di antibiotici per il rischio di favorire la
selezione di germi resistenti. È una situazione unica in chiave di marketing:
più il prodotto è utilizzato e venduto, più estesa sarà, in un futuro prossimo,
la sua inefficacia. Di fatto, tutti gli attori e le autorità istituzionali coinvolte
auspicano che le ditte investano nella ricerca di nuovi farmaci antibatterici,
dall’altro però gli stessi sottolineano che questi vanno usati con grande raziocinio e cautela, perché diversamente si accentuerà lo sviluppo di resistenze
mirate che porteranno alla loro progressiva inutilità.
Speciale Tavola rotonda Congresso SIP La resistenza agli antibiotici
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
104
Ogni anno nel mondo vengono prodotte
100.000–200.000 tonnellate di antibiotici. Di questi,
solo una percentuale minore è destinata all’impiego umano.
cazione dei batteri. Lo comparsa di germi resistenti può
prescindere dalla presenza (o impiego) di un determinato
antibiotico. In animali preistorici rinvenuti fra i ghiacci
dell’Alaska sono stati ad esempio trovati germi portatori
di elementi in grado di conferire resistenza alla vancomicina. Se alcuni batteri sviluppano geni che conferiscono
loro una determinata resistenza, ciò non equivale ad un
vantaggio evolutivo se l’antibiotico è assente. Ma in sua
presenza i batteri sensibili muoiono, mentre quelli resistenti sopravvivono e si moltiplicano; viene così a selezionarsi una popolazione di germi resistenti verso i quali
l’antibiotico non sarà più efficace. Sta di fatto che l’uso di
un antibiotico si accompagna, prima o poi, allo sviluppo
di una popolazione resistente, è solo questione di tempo:
da pochi anni, nella maggioranza dei casi, ad oltre una
trentina, quelli per esempio che sono trascorsi prima di
identificare germi resistenti alla vancomicina.
I meccanismi con cui i geni mutati creano resistenza
sono molteplici: dall’inattivazione del farmaco attraverso
la comparsa di enzimi specifici alla modifica della struttura
batterica bersaglio dell’antibiotico, dalla variazione della
membrana cellulare ‒ che viene così ad ostacolare l’ingresso della molecola ‒ all’attivazione di sistemi di pompa
che ne determinano l’efflusso fuori dalla cellula. Anche le
modalità con cui i geni responsabili della resistenza vengono trasmessi da un batterio all’altro sono molteplici.
La trasformazione puo avvenire per passaggio del DNA
alterato dal batterio donatore al ricevente; il processo di
trasduzione vede come artefice un fago, che alberga al suo
interno il gene responsabile della resistenza, che trasmetterà con l’infezione del nuovo ospite. La coniugazione fra
batteri rende inoltre possibile il passaggio dal batterio resistente ad uno sensibile di trasposoni o plasmidi portatori
dei geni mutati. Va ricordato che in tal modo si originano
non solo batteri resistenti ad un determinato antibiotico,
ma anche popolazioni di germi multi-resistenti, in quanto
hanno acquisito più geni alterati. Il numero crescente di
infezioni ospedaliere di difficile controllo o di forme tubercolari insensibili alla terapia tradizionale sostenute da
batteri multiresistenti è ormai una drammatica realtà con
cui dobbiamo confrontarci.
Pratica clinica e resistenza
S
e l’impiego di un antibiotico viene di per sé a
favorire la selezione di germi resistenti, il suo uso
eccessivo o errato porterà ad un circolo vizioso in cui lo
sviluppo di resistenza determina il fallimento terapeutico
e questo a sua volta innescherà l’ulteriore uso di antibiotici e selezione di germi resistenti. In quest’ottica va
sottolineato che ogni anno nel mondo vengono prodotte
100.000–200.000 tonnellate di antibiotici. Di questi, solo
una percentuale minore è destinata all’impiego umano,
mentre la grande maggioranza è utilizzata in medicina
veterinaria, in agricoltura o nell’industria alimentare. Ciò
ha condotto ad una massiccia contaminazione con antibiotici di terreni e acque, il cui impatto sulla selezione
della resistenze è oggi ampiamente documentato. Del
resto, basse dosi di antibiotici mescolate agli alimenti oltre
a controllare lo sviluppo di agenti patogeni favoriscono la
crescita di animali le cui carni contengono più proteine
e meno grassi, più apprezzate quindi dagli acquirenti; in
parallelo però sono aumentati di pari passo gli effetti sulla
selezione di antibiotico-resistenza.
Questa avviene più frequentemente a concentrazioni
di farmaco al di sotto della concentrazione minima inibente (MIC), anche se spesso si tratta di una resistenza
intermedia; più allarmante la resistenza totale che può
insorgere a livelli superori alla MIC. Alcune ricerche
recenti sui meccanismi di selezione dei ceppi resistenti
stanno modificando l’approccio alla corretta posologia
degli antibiotici. Studiando popolazioni costituite da un
più ampio numero di batteri (>109 CFU/ml) rispetto a
quelle solitamente utilizzate per stabilire la MIC di un
antibiotico (105 CFU/ml) si è visto ad esempio che le
prime contengono ceppi non inibiti da concentrazioni
di farmaco pari alla MIC. Questi ceppi possono essere
selezionati ed espandersi anche in condizioni in cui, essendo la popolazione dei batteri responsabili dell’infezione rappresentata prevalentemente da germi sensibili, la
terapia antibiotica adottata è risultata efficace e ha portato
a guarigione il paziente. È così emerso il concetto della
concentrazione di farmaco che impedisce la replicazione
anche dei ceppi più resistenti presenti in una popolazione
eterogenea (Mutant Prevention Concentration, MPC).
Speciale Tavola rotonda Congresso SIP La resistenza agli antibiotici
V
ista la carenza di nuovi antibiotici all’orizzonte e il costante aumento di infezioni sostenute da batteri resistenti, in particolare di quelle da germi
multiresistenti, negli ultimi anni sono venute aumentando
le campagne di sensibilizzazione o i tentativi di contenimento del fenomeno, sia da parte di Società scientifiche
che di enti istituzionali nazionali ed internazionali. Le
stesse linee guida sul trattamento di infezioni delle vie
aeree nel bambino sono diventate spesso più attendiste
e meno agressive rispetto al passato sull’uso immediato
di antibiotici. Fra le misure dimostratesi più efficaci per
migliorare il trattamento di un’infezione in ambito ospedaliero vi è l’attivazione di un team multidisciplinare
specificamente destinato alla gestione della terapia antiinfettiva (antimicrobial stewardship). I risultati ottenuti
Conclusioni
I
n conclusione, gli antibiotici rimangono uno
degli strumenti terapeutici più efficaci ed irrinunciabili nella pratica quotidiana. Essi risultano spesso indispensabili anche per l’applicazione di altri trattamenti;
basti pensare ai trapianti d’organo e di celllule staminali
o ai numerosi protocolli terapeutici che utilizzano immunosoppressori, inclusi farmaci biologici o monoclonali.
Oltre il 50% dei bambini ospedalizzati assume antibiotici.
D’altra parte, il loro impiego favorisce in modo proporzionale la selezione di batteri resistenti e il numero di
infezioni ospedaliere da questi sostenute, specie con resistenze multiple, è in continuo progressivo aumento e sta
diffondendosi anche sul territorio. Poiché non si intravede la disponibilità di nuovi antibiotici negli anni a venire,
la problematica legata al crescente diffondersi di germi
resistenti sta assumendo ovunque rilevanza prioritaria,
specie nei Paesi che fanno maggior uso di antibiotici.
Fra questi rientra sicuramente l’Italia e più fonti sottolineano che nel nostro Paese la loro prescrizione, specie
per bambini della prima e seconda infanzia, è eccessiva.
L’attivazione di un team multidisciplinare appositamente
dedicato sembra lo strumento migliore per contenere il
fenomeno in ambito ospedaliero, ma l’adozione di misure
preventive mirate appare di particolare utilità anche sul
territorio. Le nuove informazioni relative alle modalità
di selezione dei ceppi resistenti impongono di utilizzare
una posologia che tenga conto non solo della MIC, e
quindi della finestra terapeutica di un antibiotico, ma
anche della MCP, e quindi della finestra di selezione
della resistenza. L’MPC è spesso superiore alla MIC:
sarà pertanto opportuno ricorrere a dosi di farmaco più
elevate di quelle al momento consigliate per evitare la
selezione di germi resistenti
.
Gli autori dichiarano di non avere
nessun conflitto di interesse.
105
Le strategie
attestano che questo lavovo di equipe conduce ad una
scelta ottimale dei farmaci, della via di somministrazione
e della durata della terapia e permette di correggere i
frequenti errori di dosaggio. Ne deriva una significativa
riduzione della comparsa di antibiotico-resistenza oltre
al contenimento dei costi e degli effetti collaterali dei
farmaci. Lo stesso principio, opportunamente adattato,
talora anche con software specifici, ha recentemente trovato conferma su autorevoli riviste scientifiche per quanto
attiene la sua validità anche sul territorio.
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
Questa risulta più elevata della MIC e la posologia di un
antibiotico dovrebbe mirare a raggiungere concentrazioni
di farmaco superiori al MPC, onde impedire la selezione
di germi resistenti. In altri termini, pur evitando di giungere a dosaggi tossici, dovremmo rivedere verso l’alto la
dose di molti antibiotici di comune impiego.
I dati a disposizione dell’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) documentano
che l’Italia è fra le nazioni con maggior consumo di antibatterici per uso sistemico. Come conseguenza attesa
il nostro Paese è fra quelli con la maggior proporzione
di isolati batterici resistenti ad antibiotici, inclusi quelli
multiresistenti. Questi ultimi, per quanto prevalentemente confinati in ambito ospedaliero, iniziano a diffondersi
anche fra bambini con infezioni acquisite in comunità.
Un’analisi comparativa sull’uso di antibiotici sul territorio negli ultimi vent’anni attesta che la loro prescrizione
in bambini della prima e seconda infanzia in aree del
Nord-Est dell’Italia è pressoché doppia rispetto all’Inghilterra e quadrupla rispetto all’Olanda. Se aggiungiamo
che i dati ottenuti da diverse ASL italiane indicano che
la prescrizione di antibiotici sul territorio in bambini è
inversamente correlata alla latitudine ed al redito medio
della popolazione residente, il quadro che emerge non è
certo confortante. Diverse le cause ritenute responsabili
dell’impiego eccessivo e non razionale degli antibiotici in
Pediatria: incertezza diagnostica, scarsa conoscenza del
problema ed applicazione di linee guida, adeguamento
alle aspettative dei genitori, pressione delle ditte farmaceutiche e medicina difensiva.
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
106
[ Speciale
Pietro Ferrara1,2
Costanza Cutrona2
1
Clinica Pediatrica – Università Cattolica
del Sacro Cuore, Roma
2
Università Campus Bio-Medico, Roma
L
Tav o l a r o t o n d a C o n g r e ss o S I P / 2
]
Quale terapia per le infezioni
delle vie aeree superiori?
Le infezioni delle vie aeree superiori (URTIs) rappresentano
una delle patologie di più frequente riscontro in Pediatria.
e infezioni delle vie aeree superiori (URTIs)
rappresentano una delle patologie di più frequente riscontro in Pediatria. Le più comuni sono:
rinosinusite, otite media acuta (OMA), faringotonsillite
e laringite.1 Nonostante più della metà di tutte le prescrizioni antibiotiche ambulatoriali sia riconducibile ad una
URTI, tali condizioni sono a prevalente eziologia virale.
In particolare secondo un recente studio pubblicato sulla
rivista “Pediatrics” il numero delle prescrizioni anti microbiche per le URTIs negli USA risulta essere il doppio
rispetto al tasso atteso basato sulla prevalenza batterica
di tali infezioni: 11,4 milioni di prescrizioni antibiotiche
all’anno sarebbero dunque potenzialmente evitabili.2
Speciale Tavola rotonda Congresso SIP Quale terapia per le infezioni delle vie aeree superiori?
·
·
Tabella 1. Terapia antibiotica della rinosinusite batterica
Età
Indicazioni
AMOXICILLINA
50 mg/kg/die in 3 dosi
Antibiotico di prima linea
AMOXICILLINA
CLAVULANATO
80–90 mg/kg/die di amoxicillina
+ 6.4 mg/kg/die di clavulanato in
2 dosi
• Sintomatologia severa
• Età <2 anni
• Bambino che frequenta l’asilo
• Recente trattamento antibiotico
CEFTRIAXONE
ev/im 50 mg/kg/die
Bambini che non possono
assumere terapia per os
CEFIXIME
8 mg/kg/die
LINEZODIL
In caso di peggioramento o
mancato miglioramento entro
72 ore dall’inizio della terapia
antibiotica
·
Otite media acuta
L
’otite media acuta (OMA) è un’infiammazione
acuta dell’orecchio medio, spesso preceduta da URTIs. I tre patogeni batterici più frequenti sono: S. pneumoniae, H. influenzae e M. catarrhalis. La corretta diagnosi
di OMA si basa sull’esame otoscopico della membrana
timpanica; secondo l’American Academy of Pediatrics
(AAP), i criteri diagnostici per OMA sono:
rigonfiamento da moderato a grave della membrana timpanica (TM) oppure otorrea di nuova
insorgenza non riconducibile ad otite esterna acuta;
lieve rigonfiamento della TM e recente (<48 h)
insorgenza di dolore all’orecchio (che può manifestarsi anche con una non usuale attitudine del
bambino più piccolo a toccarsi o a sfregarsi l’orecchio) o intenso eritema della TM.
Il tipo di trattamento dipende dall’età del bambino e
dalla gravità dei sintomi.7 Le indicazioni al trattamento
antibiotico e i tipi di farmaci consigliati sono riportati
rispettivamente in Tabella 2 e in Tabella 3.8
La durata del trattamento deve essere di:
10 giorni nei bambini <2 anni di età o con presentazione severa;
7 giorni nei bambini di età compresa fra i 2 e i 6 anni;
5–7 giorni nei bambini ≥7 anni.9
·
·
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·
Tabella 2. Sintesi della strategia terapeutica dell’OMA non complicata (assenza di otorrea, complicanze intracraniche o storia di ricorrenza)
Diagnosi
Certa
Severità sintomi
Grave
Lieve
Grave
Lieve
Età <6 mesi
Antibiotico immediato
Antibiotico immediato
Antibiotico immediato
Antibiotico immediato
Età 6–24 mesi
Antibiotico immediato
Antibiotico immediato
Antibiotico immediato
Attesa vigile
Età >24 mesi
Antibiotico immediato
Attesa vigile
Attesa vigile
Attesa vigile
Tabella 3. Terapia dell’episodio di OMA
Caratteristiche episodio
Raccomandata
Alternativa
Sintomi lievi
No otorrea / No ricorrenza / No fattori di rischio*
AMOXICILLINA
(50 mg/kg/die in 2–3 dosi)
CEFACLOR
(40–50 mg/kg/die in 2 dosi)
Sintomi gravi
Otorrea / Ricorrenza / Fattori di rischio *
AMOXICILLINA + CLAVULANATO
(80-90** mg/kg/die in 2–3 dosi)
CEFUROXIME–AXETIL (30 mg/kg/die in 2 dosi)
CEFPODOXIME–PROXETIL (8mg/kg/die in 2 dosi)
* fattori di rischio di maggiore resistenza batterica: età < 3 anni, frequenza di day-care, fratelli più grandi in day-care, recente (<1 mese) terapia antibiotica; ** dose
riferita ad amoxicillina.
107
L
a rinosinusite acuta è una malattia infiammtoria del naso e dei seni paranasali che si sviluppa in
conseguenza di una infezione virale delle vie respiratorie
superiori.3 Il pediatra dovrebbe sospettare un’eziologia batterica in caso di:
sintomatologia persistente caratterizzata da secrezioni nasali e/o tosse durante il giorno da più di 10
giorni senza miglioramenti; oppure
sintomatologia ingravescente caratterizzata da
nuova insorgenza o peggioramento di tosse, secrezioni nasali o febbre; oppure
insorgenza severa caratterizzata da febbre (TC
≥39 °C) e secrezioni nasali purulente per almeno
3 giorni consecutivi.
S. pneumoniae, H. influenzae e M. catarrhalis sono i patogeni più comunemente associati alla sinusite batterica.
La terapia antibiotica, della durata di 7 giorni, deve essere
sempre eseguita in caso di insorgenza severa o sintomatologia ingravescente e valutata caso per caso nei bambini
con sintomatologia persistente. Gli antibiotici raccomandati sono riportati in Tabella 1. La terapia adiuvante può
includere corticosteroidi, lavaggi nasali, decongestionanti,
mucolitici e antistaminici. 4–6
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
Rinosinusite acuta
Speciale Tavola rotonda Congresso SIP Quale terapia per le infezioni delle vie aeree superiori?
Il paracetamolo (10–15 mg/kg per dose) e l’ibuprofene (4–10 mg/kg per dose) sono considerati i farmaci di
riferimento per ridurre il dolore.10
Tabella 4. Trattamento antibiotico della faringotonsillite da SBEA
Indicazioni
Antibiotico
Trattamento
di prima linea
AMOXICILLINA
(50 mg/kg/die in 2 o 3 dosi al giorno per 10 giorni)
PENICILLINA V
In alternativa
Faringotonsillite acuta
P
er faringotonsillite acuta si intende un processo infiammatorio a carico dell’orofaringe e/o delle
tonsille, causata nella maggior parte dei casi da virus (rinovirus, coronavirus, adenovirus, virus dell’influenza, virus
parainfluenzae, coxsakievirus, herpes virus). Tuttavia circa
il 37% delle faringotonsilliti nei bambini >5 anni è causata
dallo streptococco β emolitico di gruppo A (SBEA). Gli
score basati sui dati clinici risultano di poca utilità nella
diagnosi differenziale tra forme batteriche e virali, per la
notevole sovrapposizione dei quadri; un punteggio basso
(zero o 1) del sistema di McIsaac può invece ragionevolmente escludere la diagnosi di infezione streptococcica,
nelle regioni a bassa prevalenza di malattia reumatica. La
terapia antibiotica è raccomandata solo nei bambini con
diagnosi microbiologicamente documentata di faringite
da SBEA. Gli antibiotici indicati sono riportati in Tabella 4. Il paracetamolo o l’ibuprofene possono anche in
questo caso essere utilizzati come terapia analgesica.11
Epiglottite
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
108
L’
epiglottite si verifica nella fascia di età
compresa tra i 2 e i 7 anni, è una patologia grave,
potenzialmente fatale, caratterizzata da esordio brusco con
ipertermia, faringodinia e distress respiratorio rapidamente
ingravescente; il collo del piccolo paziente risulta iperesteso
nel tentativo di mantenere pervie le vie aeree. Lo stridore
Bibliografia
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therapy for upper respiratory tract infection
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PENICILLINA BENZATINA
(600.000 UI se <30 kg o 1.200.000 UI se ≥30 kg) in unica
dose im
CEFALOSPORINE DI 2° GENERAZIONE
(cefaclor 40-50 mg/kg/die in 2 dosi o
cefuroxima axetil 20–30 mg/kg/die in 2 dosi; cefprozil
15–30 mg/kg in 2 dosi) per 5 giorni
in caso di dubbia compliance al trattamento
con amoxicillina per 10 giorni.
è un reperto tardivo, che indica un’ostruzione respiratoria
completa e la tosse abbaiante tipica della croup non è quasi mai presente. Ai fini diagnostici è necessaria la visualizzazione di un’epiglottide ingrandita “rosso ciliegia”: in
presenza di una diagnosi probabile o certa di epiglottite si
deve procedere alla laringoscopia, mentre in caso di dubbio
si può ricorrere ad una radiografia laterale delle vie aeree
superiori, che mostrerà il caratteristico “segno del pollice”.12
La sovraglottite può essere causata dall’ H. influenzae,
S. pneumoniae, S. aureus e SBEA. Il trattamento prevede
il controllo delle vie aeree seguito da terapia antibiotica
con cefalosporine, quali il ceftriaxone al dosaggio di 50–75
mg/kg/die e steroidi.13 Nella diagnosi differenziale bisogna sempre tener conto di alcune patologie: la tracheite
batterica, il croup difterico (caratterizzato da membrane
grigiastre fortemente adese al tessuto sottostante, che vanno incontro a sanguinamento in seguito ad asportazione),
il croup da morbillo, l’ inalazione di un corpo estraneo,
l’ascesso retrofaringeo o peritonsillare. Infine, in corso di
epiglottite il bambino può sviluppare polmonite, linfoadenite cervicale, otite media o raramente meningite
5. Wald ER, Applegate KE, Bordley C
et al. Clinical practice guideline for the
diagnosis and management of acute bacterial
sinusitis in children aged 1 to 18 years.
Pediatrics 2013;132(1):e262-80.
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management of acute otitis media. Pediatrics
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prevenzione. Linee guida della società italiana
di Pediatria. 2010
9. Thomas JP, Berner R, Zahnert T. Acute
otitis media ‒ a structured approach. Dtsch
Arztebl Int 2014;111(9):151-9.
Gli autori dichiarano di non avere
nessun conflitto di interesse.
.
10. Perrott DA, Piira T, Goodenough B,
et al. Efficacy and safety of acetaminophen
vs. ibuprofen for treating children’s
pain or fever. Arc Pediatr Adolesc Med
2004;158(6):521-6.
11. Chiappini E, Principi N, Mansi N et
al for Italian Panel on the Management of
Pharyngitis in Children. Management of
acute pharyngitis in children: summary of the
Italian National Institute of Health guidelines.
Clin Ther 2012;34(6):1442-1458.
12. Kilegman, Stanton, St. Geme, Schor,
Behrman. Pediatria di Nelson. Edizione
italiana a cura di Alberto Giovanni Ugazio.
19° edizione. Milano: Elsevier, 2013.
13. Principi N, Marchisio PG, Esposito S,
Pignataro L, Torretta S. Otorinolaringoiatria.
In: Principi N, Rubino A, Vierucci A.
Pediatria generale e specialistica. Rozzano:
Ambrosiana, 2012.
Caso clinico Titolo articolo anche lungo
]
Reazioni in corso di assunzione di antibiotici: tra infezioni e allergia
Francesca Mori1
Carlotta Montagnani2
Chiara Tersigni2
Simona Barni1
Elio Novembre1
Luisa Galli2
1
Unità complessa
di Allergologia Clinica –
Dipartimento di Scienze della
Salute, Università di Firenze
2
Unità complessa di Malattie
Infettive – Dipartimento
di Scienze della Salute,
Università di Firenze, Ospedale
Pediatrico Universitario
Anna Meyer, Firenze
Le reazioni allergiche agli antibiotici
si verificano con una certa frequenza in età pediatrica,
anche se spesso sono sovrastimate.
L
e reazioni avverse da farmaci (ADRs) sono un importante
problema di salute, in quanto responsabili di circa il 3% di tutte le
ammissioni in ospedale ed una percentuale variabile dal 10 al 20% di
tutti i pazienti ricoverati sviluppano una reazione avversa ad uno o più dei
farmaci assunti.1 Le manifestazioni possono essere molto variabili nella loro
espressione clinica, da eruzioni orticarioidi lievi fino a casi mortali, e contribuiscono a rendere difficoltoso l’approccio diagnostico e l’identificazione della
109
Tav o l a r o t o n d a C o n g r e ss o S I P / 3
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
[ S p e c i a l e
Speciale Tavola rotonda Congresso SIP Reazioni in corso di assunzione di antibiotici: tra infezioni e allergia
L’abuso di antibiotici in corso di infezioni virali può facilitare
l’errata diagnosi di allergia ad antibiotici, con un conseguente
ricorso ad antibiotici non di prima linea ed aumento dei costi.
molecola responsabile. Un altro fattore confondente che
può portare ad una falsa diagnosi di allergia agli antibiotici, soprattutto in età pediatrica, è la frequente comparsa
di eruzioni cutanee in corso di infezioni virali. Le caratteristiche dell’eruzione allergica e di quella virale sono
spesso sovrapponibili. Basti pensare alle manifestazioni
orticarioidi in corso di infezione da virus di EpsteinBarr (EBV) o all’eruzione morbilliforme da trimetoprimsulfametossazolo (TMP/ SMX). Le sospette allergie ad
antibiotici manifestate con solo rash maculo-papulare in
età pediatrica vengono confermate solo nel 3% dei casi.2
L’abuso di antibiotici in corso di infezioni virali può, pertanto, facilitare l’errata diagnosi di allergia ad antibiotici
con un conseguente ricorso ad antibiotici non di prima
linea ed aumento dei costi sanitari del 30–40%.3
Caratteristiche delle reazioni
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
110
L’
Accademia Europea di Allergologia4 ha proposto una nuova classificazione delle allergopatie da
farmaci. In questa classificazione per “drug hypersensitivity” vengono intese tutte le reazioni avverse ai farmaci,
a loro volta distinte in forme allergiche e non allergiche.
Le forme allergiche sono classificate in forme IgE mediate e forme non IgE mediate. La reale incidenza delle
ADRs in generale e delle forme allergiche in particolare
(RAF) non è del tutto accertata. In una recente review,
l’incidenza media di ADRs basata su studi prospettici
in bambini e adolescenti è risultata essere del 10,9% in
bambini ospedalizzati, dell’1,0% in pazienti ambulatoriali,
e la percentuale di ospedalizzazioni per ADRs dell’1,8%.5
Studi di comunità hanno evidenziato che frequentemente
vi è una sovrastima delle ADRs/allergie nella popolazione pediatrica, con reazioni riportate dai genitori del
2,5–10,2%, comparate con percentuali di reazioni molto
inferiori dopo valutazione allergologica.6 I farmaci prescritti e coinvolti nelle ADRs e nelle reazioni da ipersensibilità differiscono tra bambini e adulti.7–9
I beta-lattamici sono la classe di antibiotici più
spesso responsabile di ADRs in età pediatrica, seguiti
dagli antinfiammatori non steroidei e dagli antibiotici
non-beta-lattamici.10–12 Per diversi tipi di farmaci vi
sono degli specifici fattori di rischio che vanno tenuti in
considerazione sia prima che durante il ciclo terapeutico.
Nella Tabella 1 sono riportate alcune situazioni particolari che possono porre il paziente a rischio di sviluppare
una reazione avversa, sia che si tratti di una reazione di
tipo immunologico che non immunologico. Vi sono
anche specifiche condizioni che possono aumentare il
rischio di reazioni allergiche agli antibiotici. Non vi
sono molti dati relativi ad un ruolo specifico dell’atopia
nel favorire le reazioni allergiche a farmaci. Uno studio recente ha evidenziato una possibile correlazione
tra la presenza di sensibilizzazione allergica e reazioni
allergiche a beta-lattamici, senza però identificarne il
meccanismo patogenetico.13 La familiarità per reazioni
avverse a farmaci viene spesso addotta come motivo
di valutazione allergologica anche in bambini che non
hanno presentato reazioni allergiche. Vi sono alcuni
studi che hanno correlato la presenza di determinati
assetti HLA con un aumentato rischio di reazioni allergiche alle aminopenicilline14 ed altre classi di farmaci15,
evidenziando come per alcuni farmaci vi possa essere
un ruolo della genetica nel favorire le reazioni avverse a farmaci. Infine in alcune patologie vi è un rischio
aumentato di reazioni allergiche agli antibiotici, come
accade nei pazienti affetti da fibrosi cistica. Reazioni
allergiche a uno o più antibiotici sono, infatti, descritte
nel 30% dei pazienti affetti da fibrosi cistica. Piperacillina, ceftazidime e ticarcillina sono i farmaci più spesso
coinvolti, con una probabilità di rischio superiore se
somministrati per via parenterale rispetto alla via di
somministrazione orale. Le ripetute esposizioni agli
Tabella 1. Fattori di rischio per le reazioni avverse a farmaci
Reazioni non immunologiche
Reazioni da ipersensibilità
Malattie severe intercorrenti
Età adulta
Insufficienza renale
Infezioni virali concomitanti
Epatopatie
Reazioni da ipersensibilità precedenti
Trattamenti farmacologici multipli
Asma
Infezioni da Herpes Virus
Uso di beta-bloccanti
Alcolismo
Specifici polimorfismi genetici
Lupus Eritematoso Sistemico
Speciale Tavola rotonda Congresso SIP Reazioni in corso di assunzione di antibiotici: tra infezioni e allergia
Tabella 2. Classificazione delle reazioni allergiche a farmaci secondo Gell e Coombs (modificata)
Tipo risposta immune
Meccanismo di azione
Segni/sintomi
Legame del farmaco
Tipo cellulare
IgE
Degranulazione mastociti
Orticaria, anafilassi
Covalente
B / Ig
Tipo II
IgG e FcR
Lisi cellulare FcR dipendente
Discrasia ematica
Covalente
B / Ig
Tipo III
IgG / C o FcR
Deposizione
immunocomplessi
Vasculite
Covalente
B / Ig
Tipo IV a
Th1
(IFN-gamma)
Attivazione monociti
Eczema
Covalente e non covalente
T
Tipo IV b
Th2
(IL4 /IL-5)
Flogosi eosinofila
Rash maculopapulare
o bolloso
Covalente e non covalente
T
Tipo IV c
Linfociti TC
(perforine e Granzyme B)
Killing CD4 o CD8 mediato
Rash maculopapulare
o bolloso, pustoloso; eczema
Covalente e non covalente
T
Tipo IV d
Linfociti T
Attivazione e reclutamento
neutrofili
Rash, pustoloso
Covalente e non covalente
T
Tipo IV c
Linfociti TC
(perforine e Granzyme B)
Killing CD4 o CD8 mediato
Rash maculopapulare
o bolloso, pustoloso; eczema
Covalente e non covalente
T
Tipo IV d
Linfociti T
Attivazione e reclutamento
neutrofili
Rash, pustoloso
Covalente e non covalente
T
Manifestazioni cliniche
L
e manifestazioni cliniche di allergia agli
antibiotici sono molto variabili per quanto riguarda
il tipo, la gravità e gli organi coinvolti. Fattori come il
farmaco, la natura della malattia da trattare e lo stato
immunitario del paziente giocano tutti un ruolo importante nell’espressione clinica delle risposte allergiche. Le
reazioni più comuni causate dagli antibiotici sono le eruzioni cutanee maculo-papulari e l’orticaria, ma in alcuni
casi si possono avere reazioni francamente anafilattiche
(Tabella 3). Le manifestazioni cutanee maculo-papulari
tipicamente si verificano entro ore-giorni-settimane
dall’esposizione iniziale al farmaco. Tra le manifestazioni
ritardate da farmaci betalattamici sono stati descritte anche il rash con eosinofilia e sintomi sistemici (Drug Rash
with Eosinohilia and Systemic Symptoms, DRESS), la
pustolosi acuta esantematica e la sindrome di StevensJohnson/necrolisi epidermica tossica.18 Alcuni antibiotici, inoltre, causano reazioni d’organo oltre che cutanee:
l’associazione di amoxicillina ed acido clavulanico, per
esempio, può provocare ittero colestatico. Emolisi e citopenia, dipendenti dalla formazione di anticorpi farmaco
Tabella 3. Reazioni allergiche indotte dagli antibiotici
Penicilline
Orticaria, angioedema, anafilassi, eruzione cutanea
maculopapulare, dermatite esfoliativa, eruzione
vescicolare, eritema multiforme, Sindrome di
Steven-Johnson, necrolisi epidermica tossica,
malattia da siero, vasculite, citopenia
Cefalosporine
Orticaria, angioedema, anafilassi, eruzione cutanea
maculopapulare, eritema multiforme, Sindrome
di Steven-Johnson, necrolisi epidermica tossica,
disfunzione renale, nefropatia tossica, disfunzione
epatica, anemia aplastica, anemia emolitica
Sulfonamidi
Rash maculopapulare, necrolisi epidermica tossica,
S. Stevens-Johnson, dermatite esfoliativa, reazioni
di fotosensibilità, orticaria, angioedema, anafilassi,
malattia da siero, periarterite nodosa, miocardite
Macrolidi
Orticaria, angioedema, anafilassi, eruzioni cutanee
lievi, reazioni di fotosensibilità, sindrome di StevensJohnson, necrolisi epidermica tossica
Florochinoloni
Orticaria, angioedema, prurito, fotosensibilità,
flushing, febbre, brividi, angioedema, reazioni di
fotosensibilità, eritema nodoso, anafilassi
Vancomicina
Rash, dermatite esfoliativa, febbre, anafilassi,
eosinofilia, sindrome di Stevens-Johnson, necrolisi
epidermica tossica, vasculite
Aminoglicosidi
Dermatiti da contatto ed esfoliative, orticaria,
anafilassi, DRESS
Tetracicline
Orticaria, angioedema, anafilassi, pericardite,
poliartralgia, esacerbazione del lupus eritematoso
sistemico, infiltrati polmonari con eosinofilia
111
antibiotici e l’iperresponsività del sistema immunitario
sono considerati i due fattori di rischio maggiormente
responsabili dell’alta prevalenza di reazioni allergiche in
pazienti con questa malattia.16
Il processo di attivazione del sistema immune specifico, che genera memoria immunologica ed attiva i meccanismi effettori umorali e dell’immunità cellulare, inizia
con la presentazione dell’antigene ai linfociti T.17 Nel
caso di alcune RAF i segnali T-attivatori possono essere
generati direttamente dal farmaco o dai suoi metaboliti,
bypassando le cellule presentanti l’antigene. Inoltre, durante le infezioni virali sistemiche o nel corso di malattie
autoimmuni, si verifica una massiva stimolazione del sistema immune che diviene in grado di provocare una reazione di ipersensibilità, come dimostrato dalla aumentata
frequenza di RAF nei pazienti affetti da queste patologie.
Una volta avviata la reazione, il sistema immunitario
può reagire virtualmente con ognuno dei meccanismi
effettori a sua disposizione (Tabella 2).
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
Tipo I
Speciale Tavola rotonda Congresso SIP Reazioni in corso di assunzione di antibiotici: tra infezioni e allergia
specifici, sono state descritte con l’utilizzo di alti dosaggi
di penicillina e cefalosporine.19
Reazioni gravi come l’anafilassi IgE mediata sono rare.
Sebbene quest’ultima possa in teoria verificarsi con ogni
antibiotico, è ben nota la frequenza solo dell’anafilassi
indotta da penicillina (1 ogni 5.000–10.000 cicli di terapia).20 Vi sono in letteratura anche case-reports pediatrici
di anafilassi da altri betalattamici.21–22
Il ruolo delle infezioni
S
ono state descritte molte interazioni tra
agenti infettivi e RAF. I virus hanno un duplice ruolo
all’interno delle RAF. Da un lato esistono meccanismi
immunologici che facilitano l’insorgenza dell’allergia,
dall’altro i virus rappresentano la causa più frequente di
rash maculopapulare o orticarioide in età pediatrica, indipendentemente dall’utilizzo dei farmaci. Questa evenienza si verifica in particolare nelle reazioni non immediate
(>un’ora dalla assunzione del farmaco). Un esempio della
interazione fra farmaco e sistema immune è rappresentato dall’associazione tra reazioni allergiche gravi ai farmaci,
soprattutto la drug-induced hypersensitivity syndrome
Tabella 4.
Algoritmo diagnostico
per i rash cutaneicon caratteristiche
atipiche
Primavera-estate
Infezione
Autunno–inverno
Farmaco
Vescicolare
Infezione
Maculo-papulare
Farmaco
Petecchiale
Infezione
Sì
Infezione
No
Farmaco
Estremità, volto, natiche
Infezione
Altre sedi
Farmaco
Sistemici
Infezione
Prurito
Farmaco
Stagione
112
Pattern
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
e la riattivazione dell’HHV6 ed altri virus herpetici.23
Alcune infezioni, come quelle causate dal virus dell’immunodeficienza umana (HIV) ed EBV, creano le condizioni ideali perché si verifichino RAF. Secondo Pichler,
nel corso di alcune infezioni virali si verifica un aumento
dell’espressione delle molecole del complesso maggiore di
istocompatibilità su diversi tipi di cellule tissutali (come i
cheratinociti cutanei), in conseguenza degli elevati livelli
circolanti di INF-gamma. I farmaci si legherebbero così
in misura maggiore direttamente a tali molecole stimolandone a loro volta l’espressione. I linfociti T tissutali
verrebbero così attivati e provocherebbero sintomi allergici.17 Tale risposta associata allo sviluppo di RAF è
nota come immunità eterologa. Molti virus erpetici, tra
cui HHV6, EBV e CMV, possono partecipare alla genesi
di vari tipi di reazioni cutanee da farmaci.23 Il modello
dell’immunità eterologa suggerisce che, in un soggetto
geneticamente predisposto, una infezione primaria da
virus erpetici determini un’attivazione di linfociti T CD8
specifici. Il virus erpetico va incontro a latenza, ma si riattiva periodicamente determinando un continuo stimolo
dei linfociti T memory specifici. Quando il paziente viene
esposto ad un determinato farmaco, quest’ultimo interagisce con il complesso maggiore di istocompatibilità che
Esantema atipico
Enantema
Localizzazione
Sintomi
Speciale Tavola rotonda Congresso SIP Reazioni in corso di assunzione di antibiotici: tra infezioni e allergia
antigeni del farmaco (questa ultima ipotesi sembra essere
avvalorata dal riscontro di depositi di linfociti CD8+ nelle
biopsie cutanee).17 L’alterazione immunitaria è però solo
transitoria con una normale tolleranza del farmaco una
volta risolta l’infezione. Reazioni simili sono state descritte in corso di molte infezioni virali, tra cui picornavirus,
bocavirus, coronavir, virus influenzali e parainfluenzali,
parvovirus, virus respiratorio sinciziale, cytomegalovirus,
HHV6.26
La diagnosi differenziale tra eziologia virale e da farmaci è più difficile quando ci si trova davanti ad un rash
con caratteristiche atipiche.27 In questo caso bisogna sospettare maggiormente l’eziologia virale quando il rash è
di tipo vescicolare o petecchiale, localizzato alle estremità,
sul volto o sui glutei e quando è associato l’enantema
(Tabella 4).
Un’altra condizione particolare è quella dei pazienti
con infezione da HIV, che presentano con maggiore frequenza reazioni avverse agli antibiotici (tra cui in particolare TMP/ SMX, amoxicillina, clindamicina, dapsone)
rispetto alla popolazione sana.28 L’ipersensibilità più nota
è quella verso TMP/SMX, che si riscontra nel 20–80%
dei pazienti affetti da HIV, contro l’1–3% della popolazione generale.29 Il meccanismo di questa aumentata
suscettibilità è stato identificato in un difetto dell’enzima
glutatione nei pazienti affetti da HIV, che determina una
ridotta capacità di clearance dei derivati idrossilaminici
dei sulfamidici. Inoltre, le alterazioni immunologiche dei
pazienti affetti da HIV, come l’attivazione policlonale
dei linfociti B, la gammopatia policlonale e la ridotta
funzionalità dei linfociti T-soppressori, determina una
eccessiva risposta immunitaria al sulfametossazolo e ai
suoi metaboliti.30
Approccio diagnostico
C
onsiderata l’importanza delle reazioni avverse
a farmaci in età pediatrica, vi è uno sforzo costante
per migliorare la diagnostica e quindi il profilo di sicurezza.31 Per la diagnosi di RAF sono disponibili pochi
test, molti dei quali non ancora standardizzati. Per questo
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
presenta gli antigeni del farmaco ai linfociti T memory
preattivati determinando la RAF.24
Il ruolo della risposta mediata dai linfociti-T nella
patogenesi delle reazioni allergiche immuno-mediate
a farmaci è stato ampiamente descritto. I meccanismi
proposti sono essenzialmente tre. Il primo, definito modello aptene-preaptene, suggerisce che il farmaco o il suo
metabolita attivo si leghi covalentemente alle proteine
endogene generando dei peptidi modificati.
Questi peptidi quando vengono presentati al complesso maggiore di istocompatibilità sono riconosciuti come
“estranei” dai linfociti T, generando una risposta immunologica. Esempi di reazioni allergiche immuno-mediate
generate da questo meccanismo sono il legame della penicillina all’albumina oppure le proteine modificate dal legame con il nitroso sulfametossazolo, metabolita del sulfametossazolo. Il secondo, definito modello dell’interazione
farmacologica, prevede che sia il farmaco stesso a legarsi
non covalentemente ai TCR o al complesso maggiore
di istocompatibilità, attivando direttamente i linfociti T.
Il terzo meccanismo, più complesso, chiamato modello
“ altered peptide repertoire”, prevede che il farmaco si
leghi ad una tasca dell’MHC determinando una variazione conformazionale del sito di legame, facendo sì che
i peptidi presentati dal complesso vengano riconosciuti
come estranei, determinando una risposta immediata.24
L’associazione infezione-farmaco più nota è senza
dubbio la comparsa di rash cutaneo in corso di infezione
acuta da EBV dopo somministrazione di aminocilline.
Generalmente si manifesta dopo 2–10 giorni dall’inizio
della terapia con amoxicillina come un rash eritematoso
maculopapulare (95% dei casi) e più raramente orticarioide (5%) non pruriginoso che inizia dalle estremità caudali
e si risolve entro una settimana dalla interruzione della
terapia antibiotica.25 Il meccanismo d’azione non è del
tutto chiarito. L’EBV causa una attivazione policlonale
dei linfociti B, aumenta i livelli di immunoglobuline e la
percentuale dei linfociti T CD8+. La reazione potrebbe
essere determinata dalla formazione di immunocomplessi
tra gli anticorpi policlonali ed il farmaco, che andrebbero
a depositarsi a livello della cute. Altri autori suggeriscono
una possibile reazione dei linfociti CD8+ attivati con gli
113
Una anamnesi ben condotta
rimane il cardine di tutto l’iter diagnostico,
sia nella fase acuta che in quella di remissione.
Speciale Tavola rotonda Congresso SIP Reazioni in corso di assunzione di antibiotici: tra infezioni e allergia
Tabella 5. Lista di domande utili per distinguere le reazioni
immunomediate da quelle nonimmunomediate
La reazione può essere stata determinata da attività farmacologiche
note del farmaco?
Il foglietto informativo del farmaco fornisce indicazioni sulle reazioni
avverse al farmaco non immunomediate (tossicità, effetti collaterali,
effetti secondari, interazioni tra farmaci).
La reazione è avvenuta alla prima dose?
Le reazioni che si verificano con la prima dose non sono
immunologicamente mediate se non c’è indicazione di una precedente
sensibilizzazione. La sensibilizzazione si può verificare attraverso una
precedente esposizione ad un farmaco che contiene determinanti
antigenici in comune con il primo.
Qual è stata la natura della reazione?
Orticaria, angioedema, anafilassi causate da anticorpi farmaci-specifici
di tipo IgE richiedono un periodo di sensibilizzazione, pertanto
non si verificano alla prima dose. Le reazioni possono anche essere
determinate dal rilascio diretto di mediatori mastocitari (meccanismo
non immunologico) e per questo motivo talvolta le reazioni si possono
verificare anche con la prima dose. Alcuni antibiotici (vancomicina e
fluorochinoloni) causano un rilascio diretto di mediatori da parte delle
mastcellule, senza produzione di anticorpi IgE specifici. Questo tipo
di reazioni può verificarsi di nuovo con ripetute somministrazioni del
farmaco. Esantemi maculopapulari sono mediati dalle cellule T. Alcune
forme di citopenia, infine, sono immunoindotte attraverso la produzione
di anticorpi di tipo IgG o IgM.
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
114
Qual è stato l’intervallo di latenza della reazione?
Le reazioni immediate (entro 1 ora) suggeriscono un meccanismo di tipo
IgE mediato. L’emolisi indotta da farmaci si può verificare in poco tempo
dalla somministrazione del farmaco se esistono IgG farmaco-specifiche
preformate. Reazioni ritardate (dopo 1 ora o giorni) suggeriscono
un meccanismo farmaco-specifico mediato dalle cellule T. Reazioni di
questo tipo comprendono esantemi maculo papulari, bollosi, eczematosi
e pustolosi. Tenere comunque conto che questa classificazione è
controversa, in quanto non è sempre agevole distinguere con precisione il
limite di tempo che distingue le reazioni immediate da quelle ritardate.
motivo, una anamnesi ben condotta rimane il cardine di
tutto l’iter diagnostico, sia nella fase acuta che in quella
di remissione. Dall’interrogazione dettagliata del paziente
si possono acquisire dati importanti quali il nome del
farmaco o dei farmaci sospetti, la patologia per la quale è
stato somministrato, le modalità di assunzione e la durata
della terapia, l’intervallo di tempo intercorso fra l’ultima
somministrazione e l’esordio dei sintomi, la presenza di
altri fattori concomitanti. Deve essere richiesta, inoltre,
una accurata descrizione della sintomatologia presentata,
l’effetto della sospensione della terapia, la terapia attuata
a seguito della reazione, la durata dei sintomi e molte
altre informazioni. Nei soggetti con RAF determinate
caratteristiche cliniche possono indirizzare da sole verso
la diagnosi corretta. Ad esempio è raro che la reazione si
verifichi durante il primo ciclo di terapia, perché spesso è
necessario un periodo di sensibilizzazione. Tipicamente i
pazienti reagiscono a dosi notevolmente inferiori rispetto
a quelle considerate terapeutiche e la sintomatologia di
solito regredisce con la sospensione del farmaco. Nella
Tabella 5 sono riportate alcune domande chiave nella
diagnosi differenziale tra le reazioni a farmaci immunomediate e quelle non immunomediate.19
In base ai pochi studi epidemiologici pubblicati, le reazioni allergiche immediate (orticaria angioedema isolata
o associata a sintomi a carico di altri organi o anafilassi
entro un’ora dall’assunzione del farmaco) sono un evento
relativamente frequente in età pediatrica. Quando però
questo si verifica, la probabilità che si tratti di una reazione
da ipersensibilità è significativa, pertanto il paziente deve
essere curato con una diversa classe di antibiotici e deve
essere inviato c/o un centro di Allergologia specializzato
per un corretto inquadramento diagnostico-terapeutico.
È importante in questi casi valutare i pazienti entro i sei
mesi, massimo un anno dalla sospetta reazione avversa,
perché è noto che nel tempo la sensibilizzazione allergica
tende a decadere.32
Molto più spesso il pediatra di libera scelta si troverà
a dover gestire reazioni ritardate (esempio manifestazioni
cutanee di tipo esantematico o altre manifestazioni cutanee alcune ore dopo l’assunzione del farmaco) che avvengono durante un ciclo di terapia antibiotica prescritta nel
sospetto forma infettiva di natura batterica.26 Le eruzioni
Tabella 6. Elementi che indirizzano la scelta di comportamento in caso di eruzioni maculo-papulari lievi e tardive insorte durante una terapia antibiotica
Continuare la terapia antibiotica in atto
Sospendere la terapia antibiotica
Sostituire con antibiotico di diversa classe
Infezione batterica verosimile
Non nota l’eziologia,
possibile anche l’eziologia virale
Infezione batterica verosimile
Reazioni analoghe in più occasioni
con farmaci di classi diverse o meglio assenza
di precedenti reazioni con lo stesso farmaco
Eruzione compatibile con una forma infettiva
comune (HHV6)
Manifestazioni cutanee persistenti o estese
Assenza di prurito cutaneo
Eruzione tipica da Amoxicillina-EBV
Presenza di prurito cutaneo
Primo utilizzo del farmaco
Qualunque altro esantema tipico per cui
è possibile sospettare fortemente
una infezione virale
Reazioni precedenti analoghe
con lo stesso farmaco o della stessa classe
Possibile supporto di esami ematici: indici
di flogosi indicativi di infezione batterica in atto
Esami ematici non indicativi
per una infezione batterica
Possibile supporto di esami ematici: indici
di flogosi indicativi di infezione batterica in atto
Speciale Tavola rotonda Congresso SIP Reazioni in corso di assunzione di antibiotici: tra infezioni e allergia
Nel caso in cui un paziente con diagnosi confermata di allergia
ad un determinato antibiotico sviluppi una infezione,
il medico si trova davanti al problema della scelta terapeutica.
esantematiche che si verificano in terza-quarta giornata
caso di pazienti con storia di reazione immediata è necesdi terapia antibiotica, anche se possono essere considerate
sario seguire la Flow Chart descritta in Figura 1.
molto spesso “rash benigni”, pongono il pediatra di fronte
Nel caso di reazioni ritardate maculo-papulari è dialla necessità di dover scegliere se continuare o interrombattuto se procedere direttamente al test di provocazione
pere la terapia in atto sostituendo o meno l’antibiotico con
senza passare attraverso l’esecuzione di test cutanei e test
uno di classe diversa o della stessa classe. Nella tabella 6
in vitro che hanno una bassissima sensibilità.19,35,36
sono riassunti gli elementi utili per una scelta razionale.
Nei casi di reazioni immediate, di reazioni severe ritardate (DRESS, la pustolosi acuta esantematica, e la sindroOpzioni terapeutiche in pazienti
me di Stevens-Johnson/necrolisi epidermica tossica) ed
con diagnosi confermata
infine nei casi di reazioni cutanee estese per cui il pediatra
di allergia ad un antibiotico
decide di cambiare classe di antibiotici il paziente deve
el caso in cui un paziente con diagnosi conessere inviato ad un centro allergologico per un corretto
fermata di allergia ad un determinato antibiotico
inquadramento. Il primo passo è quello di raccogliere una
sviluppi una infezione, il medico si trova davanti al proanamnesi ben dettagliata. Allo scopo di facilitare questo
blema della scelta terapeutica. Esistono tre possibili opcompito e nel tentativo di armonizzare le procedure fra
zioni. La prima possibilità , in caso di necessità di terapie
i vari ricercatori, l’European Network of Drug Allergy
per os, è quella di scegliere antibiotici non correlati (ad
(ENDA, gruppo di studio della European Academy of
esempio un macrolide in caso di allergia ai betalattamiAllergy and Clinical Immunology, EAACI), ha svilupci). In caso di infezioni gravi, che necessitano di terapie
pato uno specifico questionario che può risultare utile a
33
iniettive, (ad esempio, in un paziente con allergia alle
questo scopo. Il questionario è disponibile in varie lingue
nel sito web dell’EAACI (www.eaaci.org).
penicilline che presenta una osteomielite), sarà possibile
La diagnosi allergologica consiste nell’esecuzione di
optare per la clindamicina, i glicopepidi, il linezolid o
test in vivo (Skin prick test e test intradermici) e di test
TMP/ SMX e rifampicina.37 Un’altra opzione è scegliere
farmaci appartenenti al solito gruppo ma scarsamente
in vitro (dosaggio di IgE specifiche e altri test in fase di
cross-reattivi. Ad esempio, sempre
sperimentazione). Il gold standard
nel caso dell’allergia alle penicilline,
rimane comunque il test di provoFigura 1. Flow-Chart per la diagnosi allergologica
è stata dimostrata una cross-reatticazione per confermare o escludere
delle reazioni immediate ad antibiotici
vità molto bassa con i carbapenemi
la presenza di uno stato di ipered aztreonam.38,39 Infine, quando
sensibilità.34 Nel caso di una storia
Storia clinica
clinica suggestiva e di positività dei
non vi sono alternative terapeutiche
di reazione immediata
test in vivo è possibile confermare
ugualmente efficaci, sarà necessario
la presenza di ipersensibilità senza
ricorrere la desensibilizzazione (ad
+
Skin Prick Tests
ed ID Tests
dover procedere al test di provocaesempio nel caso di pazienti affetzione. L’opportunità di eseguire il
ti da fibrosi cistica che necessita+
test di provocazione va comunque
no trattamento con ceftazifdime e
Allergia
IgE Specifiche
ben ponderata anche in caso di neche risultano allergici a questo fargatività dei test cutanei e in vitro in
maco).40 Queste procedure vanno
+
ovviamente eseguite da personale
presenza di reazioni immediate coTest di provocazione
esperto in ambiente ospedaliero.
me l’anafilassi e di reazioni ritardate
gravi come la (SJS, DRESS, TEN,
No allergia
la pustolosi acuta esantematica). Nel
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
115
N
Speciale Tavola rotonda Congresso SIP Reazioni in corso di assunzione di antibiotici: tra infezioni e allergia
Conclusioni
L
e reazioni allergiche agli antibiotici si verificano con una certa frequenza in età pediatrica,
anche se spesso sono sovrastimate. Le infezioni delle vie
respiratorie possono causare rash tardivi e lievi che vengono confusi con reazioni ai farmaci che vengono utilizzati per curare l’infezione stessa. Il massimo sforzo deve
essere fatto per differenziare le eruzioni virali da quelle
conseguenti ad una reazione immunologica. Limitare
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
116
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corso di infezioni virali rappresenta quindi un importate
strumento per evitare false diagnosi di allergia.
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Caso clinico Titolo articolo anche lungo
]
Uso e abuso degli inibitori di pompa protonica
Negli ultimi anni si è registrato un drammatico aumento dell’uso degli IPP nei bambini.
N
el 2009 un editoriale di Philip E. Putnam
empirico. L’editoriale era collegato ad un trial clinico
del Cincinnati Children’s Hospital Medicontrollato-randomizzato di Orenstein et al, che non ha
cal Center ha focalizzato l’attenzione sul
rilevato alcuna differenza di efficacia tra lansoprazolo e
drammatico aumento dell’uso degli IPP nei
placebo per i sintomi attribuiti alla malattia da
Annamaria Staiano
bambini.1 Considerando le crescenti evidenze
reflusso gastroesofageo (MRGE) nei lattanti
Dipartimento di Scienze
che questi farmaci offrono scarsi benefici per
di età compresa tra 1 e 12 mesi.2 Gli autori
Mediche Traslazionali,
Sezione di Pediatria –
hanno anche riportato eventi avversi gravi, in
la maggior parte dei sintomi per i quali sono
Università di Napoli
particolare infezioni del tratto respiratorio infeprescritti, l’autore ha sottolineato la necessità
“Federico II”, Napoli
[email protected]
riore, che si verificavano nel gruppo trattato con
di un serio intervento per limitare il loro uso
117
Tav o l a r o t o n d a C o n g r e ss o S I P / 4
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
[ Speciale
Speciale Tavola rotonda Congresso SIP Uso e abuso degli inibitori di pompa protonica
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
118
Studi clinici controllati randomizzati
hanno mostrato che gli IPP e il placebo migliorano in modo simile
sintomi quali il pianto e l’irritabilità.
lansoprazolo. Risultati simili sono stati segnalati alcuni anni
più tardi nei neonati trattati con esomeprazolo. In questo
studio la variazione percentuale del numero totale di segni
e sintomi correlati alla MRGE non era statisticamente
significativa tra i gruppi cha assumevano esomeprazolo e
placebo; inoltre, la diminuzione media del numero degli
episodi di reflusso non era significativamente differente nei
due gruppi; tuttavia, la percentuale del tempo di acidificazione esofagea ed il numero di episodi di reflusso acido
superiore a 5 minuti erano diminuiti significativamente
nel gruppo trattato con esomeprazolo rispetto al placebo.
Infine, in una recentissima review sugli effetti degli IPP
sull’irritabilità e pianto inconsolabile nei lattanti, gli autori
sono giunti alla conclusione che questi farmaci non offrono
sollievo da questi sintomi per i quali sono comunemente
prescritti.3 D’altronde, un lavoro di Susan R. Orenstein dell’
University of Pittsburgh School of Medicine ha recentemente ipotizzato che il fattore determinante i sintomi da
reflusso nei lattanti sia il volume piuttosto che l’acidità. Nel
primo anno di vita, infatti, i bambini ingeriscono un volume
enorme di nutrienti in un breve periodo di tempo che li
porta a triplicare il loro peso. La distensione gastrica, indotta dall’iperalimentazione e dall’involontaria ingestione di
aria, è associata ad un aumento dei rilasciamenti transitori
dello sfintere esofageo inferiore, che è considerato uno
dei principali meccanismi che contribuiscono al reflusso
gastroesofageo (RGE) post-prandiale.4
N
onostante tutte queste evidenze, i tassi di
prescrizione di IPP in età pediatrica sono aumentati in modo esponenziale nel corso degli ultimi anni.
Le linee-guida internazionali pubblicate dal NASPGHAN/ESPGHAN nel 2009 riportavano che nel
bambino, così come nell’adulto, i farmaci IPP sono efficaci per il trattamento dei sintomi della MRGE e per
la guarigione dell’esofagite erosiva e che gli stessi sono
superiori agli antagonisti dei recettori dell’istamina H2
(H2Ras); entrambi si sono dimostrati, inoltre, più efficaci
del placebo.5 Le stesse linee-guida riportavano che nessun
IPP è stato approvato per i lattanti. Infatti, studi clinici
controllati randomizzati hanno mostrato che gli IPP e il
placebo migliorano in modo simile sintomi quali il pianto
e l’irritabilità, nonostante il riscontro di una soppressione
dell’acidità gastrica nel gruppo che assumeva gli IPP.
G
eneralmente per i lattanti con RGE funzionale sono sufficienti misure conservative come
l’educazione dei genitori e le modifiche della composizione, della frequenza e del volume dei pasti. Tuttavia, una
survey effettuata nel 2012 dal nostro gruppo sull’approccio
da parte dei pediatri europei ai bambini con RGE ha
mostrato che solo l’1,8% dei pediatri coinvolti gestiva i
bambini nel pieno rispetto delle linee-guida internazionali. La violazione più rilevante delle raccomandazioni
delle linee-guida riguardava proprio la prescrizione inappropriata di farmaci acido-soppressivi. La percentuale di
pediatri che prescrivevano impropriamente gli IPP nella
loro pratica clinica era >60% in tutti i Paesi coinvolti
nello studio.6 Con lo scopo di indagare i motivi per cui
i pediatri non seguivano le raccomandazioni delle lineeguida internazionali e di valutare l’efficacia di 2 diversi
interventi formativi, abbiamo quindi effettuato un altro
studio nel quale gli stessi pediatri sono stati sottoposti ad
una formazione specifica sulle principali raccomandazioni
delle linee-guida e successivamente sorvegliati nella loro
pratica clinica per un periodo di 6 mesi. Il principale risultato è stato che il tasso di prescrizioni inappropriate di
IPP è sceso drammaticamente in seguito alla formazione.
Nello specifico, i lattanti con irritabilità e pianto inconsolabile trattati con IPP sono scesi dal 45,2 al 3,7% e i lattanti
con rigurgito/vomito ricorrente non complicato, trattati
con IPP in disaccordo con le linee-guida, dal 37,1 al 4,5%.7
Speciale Tavola rotonda Congresso SIP Uso e abuso degli inibitori di pompa protonica
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119
Bibliografia
N
el 2013 Trikha ha mostrato che i bambini
con MRGE trattati con IPP hanno un maggiore
rischio di allergia alimentare rispetto a quelli con MRGE
non trattati. Inoltre, nel 2010, Turco et al hanno osservato
che l’uso degli IPP costituisce anche un fattore di rischio
per l’infezione da Clostridium difficile. Secondo i loro dati,
infatti, una percentuale significativamente più alta (22%
vs 5,9%) di bambini che assumono IPP sviluppava l’infezione da Clostridium difficile rispetto ai controlli.10 Per
la prima volta all’inizio del 2000 è stato segnalato che
la terapia a lungo termine con IPP si può associare alla
comparsa di polipi e noduli gastrici nei bambini, anche
se in una percentuale molto bassa di pazienti.
Considerando tutte queste evidenze disponibili, all’inizio del 2015 il National Institute for Health and Care
Excellence (NICE) ha riassunto le sue raccomandazioni
per l’utilizzo degli IPP in 2 punti:
1) non prescrivere IPP né H2RAs per trattare il RGE
funzionale dei lattanti, che si manifesta con episodi ricorrenti di rigurgito/vomito, in un paziente
peraltro sano;
2) proporre il trattamento con IPP solo a lattanti,
bambini e adolescenti con esofagite da reflusso
documentata endoscopicamente.11
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
I
n relazione ai possibili effetti collaterali che
si possono osservare come conseguenza dell’utilizzo
degli IPP, uno studio ha mostrato che l’assunzione di tali
farmaci modifica le caratteristiche di acidità del reflusso,
portando ad un aumento dei reflussi debolmente acidi
rispetto a quelli acidi. L’aumentato numero di reflussi debolmente acidi è stato associato ad un maggior rischio di
positività colturale del lavaggio broncoalveolare in bambini con disturbi respiratori, promuovendo in tal modo
lo sviluppo di possibili infezioni polmonari.8 A conferma
di questi risultati, nel 2014 Rosen et al hanno pubblicato
su “JAMA” un lavoro sui cambiamenti nella microflora
gastrica e polmonare in seguito alla soppressione acida.
Essi hanno concluso che l’uso degli IPP provoca una
proliferazione di batteri nello stomaco, tra cui principalmente Stapylococcus e Streptococcus ed è inoltre associato
ad una maggiore concentrazione di batteri nelle basse vie
respiratorie.9 Anche se sono necessari ulteriori studi per
determinare se le modifiche nella microflora indotte dagli
IPP possono predire possibili rischi infettivi, questi dati
sono molto interessanti.
RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE
DEL PRODOTTO
1-DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE
FLUIBRON FEBBRE E DOLORE Bambini 100mg/5ml sospensione orale gusto fragola
senza zucchero
FLUIBRON FEBBRE E DOLORE Bambini 100mg/5ml sospensione orale gusto arancia
senza zucchero
2-COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA
Ogni ml di sospensione orale contiene:
Principio attivo: ibuprofene 20 mg.
Eccipienti: sciroppo di maltitolo 753,30 mg
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
3-FORMA FARMACEUTICA
Sospensione orale.
4-INFORMAZIONI CLINICHE
4.1-Indicazioni terapeutiche
Trattamento sintomatico della febbre e del dolore lieve o moderato.
4.2-Posologia e modo di somministrazione
La dose giornaliera è strutturata in base al peso ed all’età del paziente.
Gli effetti indesiderati possono essere minimizzati con l’uso della dose minima efficace
per la durata di trattamento più breve possibile necessaria per controllare i sintomi (vedere paragrafo 4.4).
Nei bambini di età compresa tra 3 e 6 mesi limitare la somministrazione a quelli di peso
superiore ai 5,6 kg.
La somministrazione orale a lattanti e bambini di età compresa fra 3 mesi e 12 anni dovrebbe avvenire mediante siringa dosatrice fornita con il prodotto.
La scala graduata presente sul corpo della siringa riporta in evidenza le tacche per i
diversi dosaggi; in particolare la tacca da 2,5 ml corrispondente a 50 mg di ibuprofene e
la tacca da 5 ml corrispondente a 100 mg di ibuprofene.
La dose giornaliera di 20-30 mg/kg di peso corporeo, suddivisa 3 volte al giorno ad intervalli di 6-8 ore, può essere somministrata sulla base dello schema che segue.
PESO
ETÀ
DOSE
SINGOLA
IN ML
5,6 -7 Kg
7 -10 Kg
10 - 15 Kg
15 - 20 Kg
20 - 28 Kg
28 - 43 Kg
3 - 6 mesi
6 - 12 mesi
1 - 3 anni
4 - 6 anni
7 - 9 anni
10 - 12 anni
2,5 ml
2,5 ml
5 ml
7,5 ml (5 ml + 2,5 ml)
10 ml
15 ml
N° MASSIMO DI
SOMMINISTRAZONI/
GIORNO
3 nelle
24 ore
Nel caso di febbre post-vaccinazione riferirsi al dosaggio sopra indicato, somministrando
una dose singola seguita, se necessario, da un’altra dose dopo 6 ore. Non somministrare
più di due dosi nelle 24 ore. Consultare il medico se la febbre non diminuisce.
Il prodotto è inteso per trattamenti di breve durata.
Nel caso l’uso del medicinale sia necessario per più di 3 giorni nei lattanti e bambini di età
superiore ai 6 mesi e negli adolescenti, o nel caso di peggioramento della sintomatologia
deve essere consultato il medico.
Nei lattanti di età compresa tra 3 e 5 mesi deve essere consultato il medico qualora i
sintomi persistano per un periodo superiore alle 24 ore o nel caso di peggioramento della
sintomatologia.
Istruzioni per l’utilizzo della siringa dosatrice:
1 – Svitare il tappo spingendolo verso il basso e girandolo verso sinistra.
2 – Introdurre a fondo la punta della siringa nel foro del sottotappo.
3 – Agitare bene.
4 – Capovolgere il flacone, quindi, tenendo saldamente la siringa, tirare delicatamente
lo stantuffo verso il basso facendo defluire la sospensione nella siringa fino alla tacca
corrispondente alla dose desiderata.
5 – Rimettere il flacone in posizione verticale e rimuovere la siringa ruotandola delicatamente.
6 – Introdurre la punta della siringa nella bocca del bambino, ed esercitare una lieve pres-
sione sullo stantuffo per far defluire la sospensione.
Dopo l’uso avvitare il tappo per chiudere il flacone e lavare la siringa con acqua calda.
Lasciarla asciugare, tenendola fuori dalla portata e dalla vista dei bambini.
4.3-Controindicazioni
• Ipersensibilità all’ibuprofene o ad uno qualsiasi degli eccipienti.
• Bambini di età inferiore a 3 mesi o di peso inferiore a 5,6 kg.
• Ipersensibilità all’acido acetilsalicilico o ad altri analgesici, antipiretici, antinfiammatori
non steroidei (FANS), in particolare quando l’ipersensibilità è associata a poliposi nasale
e asma.
• Ulcera peptica attiva.
• Grave insufficienza renale o epatica.
• Severa insufficienza cardiaca.
• Storia di emorragia gastrointestinale o perforazione relativa a precedenti trattamenti attivi o storia di emorragia/ulcera peptica ricorrente (due o più episodi distinti di dimostrata
ulcerazione o sanguinamento).
• Uso concomitante di FANS, compresi gli inibitori specifici della COX-2.
• Gravidanza e allattamento (vedere paragrafo 4.6).
4.4-Avvertenze speciali e precauzioni di impiego
Dopo tre giorni di trattamento senza risultati apprezzabili consultare il medico.
Gli effetti indesiderati possono essere minimizzati con l’uso della più bassa dose efficace
per la più breve durata possibile di trattamento che occorre per controllare i sintomi
(vedere i paragrafi sottostanti sui rischi gastrointestinali e cardiovascolari).
L’uso di FLUIBRON FEBBRE E DOLORE deve essere evitato in concomitanza di FANS,
inclusi gli inibitori selettivi della COX-2.
Gli analgesici, antipiretici, antinfiammatori non steroidei possono causare reazioni di
ipersensibilità, potenzialmente gravi (reazioni anafilattoidi), anche in soggetti non precedentemente esposti a questo tipo di farmaci. Il rischio di reazioni di ipersensibilità dopo
assunzione di ibuprofene è maggiore nei soggetti che abbiano presentato tali reazioni
dopo l’uso di altri analgesici, antipiretici, antinfiammatori non steroidei e nei soggetti
con iperreattività bronchiale (asma), poliposi nasale o precedenti episodi di angioedema
(vedere paragrafo 4.2 e paragrafo 4.8 ).
Emorragia gastrointestinale, ulcerazione e perforazione: durante il trattamento con tutti i
FANS, in qualsiasi momento, con o senza sintomi di preavviso o precedente storia di gravi
eventi gastrointestinali, sono state riportate emorragia gastrointestinale, ulcerazione e
perforazione, che possono essere fatali.
Anziani: i pazienti anziani hanno un aumento della frequenza di reazioni avverse ai FANS,
specialmente emorragie e perforazioni gastrointestinali, che possono essere fatali (vedere
paragrafo 4.2).
Negli anziani e in pazienti con storia di ulcera, soprattutto se complicata da emorragia o
perforazione (vedere paragrafo 4.3), il rischio di emorragia gastrointestinale, ulcerazione
o perforazione è più alto con dosi aumentate di FANS. Questi pazienti devono iniziare il
trattamento con la più bassa dose disponibile.
L’uso concomitante di agenti protettori (es. misoprostolo o inibitori di pompa protonica)
deve essere considerato per questi pazienti ed anche per pazienti che assumono basse
dosi di aspirina o altri farmaci che possono aumentare il rischio di eventi gastrointestinali
(vedere paragrafo 4.5).
Pazienti con storia di tossicità gastrointestinale, in particolare anziani, devono riferire
qualsiasi sintomo gastrointestinale inusuale (soprattutto emorragia gastrointestinale) in
particolare nelle fasi iniziali del trattamento.
Cautela deve essere prestata ai pazienti che assumono farmaci concomitanti che
potrebbero aumentare il rischio di ulcerazione o sanguinamento, come corticosteroidi
orali, anticoagulanti come warfarin, inibitori selettivi del reuptake della serotonina o agenti
antiaggreganti come l’aspirina (vedere paragrafo 4.5).
Quando si verifica emorragia o ulcerazione gastrointestinale in pazienti che assumono
FLUIBRON FEBBRE E DOLORE, il trattamento deve essere sospeso.
I FANS devono essere somministrati con cautela ai pazienti con una storia di malattia
gastrointestinale (colite ulcerosa, morbo di Crohn) poiché tali condizioni possono essere
esacerbate (vedere paragrafo 4.8).
Gravi reazioni cutanee alcune delle quali fatali, includenti dermatite esfoliativa, sindrome
di Stevens-Johnson e necrolisi tossica epidermica, sono state riportate molto raramente
in associazione con l’uso dei FANS (vedi paragrafo 4.8). Nelle prime fasi della terapia i
pazienti sembrano essere a più alto rischio: l’insorgenza della reazione si verifica nella
maggior parte dei casi entro il primo mese di trattamento. FLUIBRON FEBBRE E DOLORE deve essere interrotto alla prima comparsa di rash cutaneo, lesioni della mucosa o
qualsiasi altro segno di ipersensibilità.
Cautela è richiesta prima di iniziare il trattamento nei pazienti con anamnesi positiva per
ipertensione e/o insufficienza cardiaca poiché in associazione al trattamento con i FANS
sono stati riscontrati ritenzione di liquidi, ipertensione ed edema.
Studi clinici e dati epidemiologici suggeriscono che l’uso di ibuprofene, specialmente
ad alti dosaggi (2400 mg/die) e per trattamenti di lunga durata, può essere associato ad
un modesto aumento del rischio di eventi trombotici arteriosi (es. infarto del miocardio o
ictus). In generale, gli studi epidemiologici non suggeriscono che basse dosi di ibuprofene
(es. ≤ 1200 mg/die) siano associati ad un aumento del rischio di infarto del miocardio.
I pazienti con ipertensione non controllata, insufficienza cardiaca congestizia, cardiopatia
ischemica accertata, malattia arteriosa periferica e/o malattia cerebrovascolare devono
essere trattati con ibuprofene soltanto dopo attenta considerazione. Analoghe considerazioni devono essere effettuate prima di iniziare un trattamento di lunga durata in pazienti
con fattori di rischio per eventi cardiovascolari (es. ipertensione, iperlipidemia, diabete
mellito, fumo).
L’uso di ibuprofene, di acido acetilsalicilico o di altri analgesici, antipiretici, antinfiammatori non steroidei, richiede particolare cautela:
• in caso di asma: possibile broncocostrizione;
• in presenza di difetti della coagulazione: riduzione della coagulabilità;
• in presenza di malattie renali, cardiache o di ipertensione: possibile riduzione critica della funzione renale (specialmente nei soggetti con funzione renale o epatica compromessa,
insufficienza cardiaca o in trattamento con diuretici), nefrotossicità o ritenzione di fluidi;
• in presenza di malattie epatiche: possibile epatotossicità;
• reidratare il soggetto prima dell’inizio e nel corso del trattamento in caso di disidratazione (ad esempio per febbre, vomito o diarrea);
Nei bambini e negli adolescenti disidratati esiste il rischio di alterazione della funzionalità
renale.
Le seguenti precauzioni assumono rilevanza nel corso di trattamenti prolungati:
• sorvegliare i segni o sintomi di ulcerazioni o sanguinamenti gastrointestinali;
• sorvegliare i segni o sintomi di epatotossicità;
• sorvegliare i segni o sintomi di nefrotossicità;
• se insorgono disturbi visivi (vista offuscata o ridotta, scotomi, alterazione della percezione dei colori): interrompere il trattamento e consultare l’oculista;
• se insorgono segni o sintomi di meningite: valutare la rara possibilità che essa sia
dovuta all’uso di ibuprofene (meningite asettica; più frequente nei soggetti affetti da lupus
eritematoso sistemico o altre collagenopatie).
Poiché FLUIBRON FEBBRE E DOLORE contiene maltitolo, i pazienti affetti da rari problemi ereditari di intolleranza al fruttosio non devono assumere questo medicinale.
FLUIBRON FEBBRE E DOLORE non contiene zucchero ed è pertanto indicato per quei
pazienti che devono controllare l’apporto di zuccheri e calorie.
Ogni dose da 2,5 ml di sospensione contiene 4,51 mg (0,20 mmol) di sodio; ciò deve
essere tenuto in considerazione nei casi sia raccomandata una dieta povera di sodio.
4.5-Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione
Le seguenti interazioni sono comuni all’ibuprofene, all’acido acetilsalicilico e agli altri
analgesici, antipiretici, antinfiammatori non steroidei (FANS):
• evitare l’uso contemporaneo di due o più analgesici, antipiretici, antinfiammatori non
steroidei: aumento del rischio di effetti indesiderati
• corticosteroidi: aumento del rischio di ulcerazione o emorragia gastrointestinale (vedere
paragrafo 4.4)
• antibatterici: possibile aumento del rischio di convulsioni indotte da chinolonici
• anticoagulanti: i FANS possono aumentare gli effetti degli anticoagulanti, come il warfarin (vedere paragrafo 4.4)
• agenti antiaggreganti e inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRIs): aumento
del rischio di emorragie gastrointestinale (vedere paragrafo 4.4)
• antidiabetici: possibile aumento dell’effetto delle sulfaniluree
• antivirali: ritonavir, possibile aumento della concentrazione dei FANS
• ciclosporina: aumentato rischio di nefrotossicità
• citotossici: metotressato, riduzione dell’escrezione (aumentato rischio di tossicità)
• litio: riduzione dell’escrezione (aumentato rischio di tossicità)
• tacrolimus: aumentato rischio di nefrotossicità
• uricosurici: probenecid, rallenta l’escrezione dei FANS (aumento delle concentrazioni
plasmatiche)
• metotrexato: potenziale aumento della concentrazione plasmatica di metotrexato.
• Zidovudina: rischio aumentato di emartrosi ed ematomi in emofilici HIV (+) se trattati
contemporaneamente con zidovudina e ibuprofene.
• diuretici, ACE inibitori e Antagonisti dell’angiotensina II: i FANS possono ridurre l’effetto
dei diuretici e di altri farmaci antiipertensivi. In alcuni pazienti con funzione renale compromessa (per esempio pazienti disidratati o pazienti anziani con funzione renale compromessa) la co-somministrazione di un ACE inibitore o di un antagonista dell’angiotensina
II e di agenti che inibiscono il sistema della ciclo-ossigenasi può portare a un ulteriore
deterioramento della funzione renale, che comprende una possibile insufficienza renale
acuta, generalmente reversibile. Queste interazioni devono essere considerate in pazienti
che assumono FLUIBRON FEBBRE E DOLORE in concomitanza con ACE inibitori o
antagonisti dell’angiotensina II. Quindi, la combinazione deve essere somministrata con
cautela, specialmente nei pazienti anziani.
I pazienti devono essere adeguatamente idratati e deve essere preso in considerazione il
monitoraggio della funzione renale dopo l’inizio della terapia concomitante.
Dati sperimentali indicano che l’ibuprofene può inibire gli effetti dell’acido acetilsalicilico a basse dosi sull’aggregazione piastrinica quando i farmaci sono somministrati in
concomitanza. Tuttavia, l’esiguità dei dati e le incertezze relative alla loro applicazione alla
situazione clinica non permettono di trarre delle conclusioni definitive per l’uso continuativo di ibuprofene; sembra che non vi siano effetti clinicamente rilevanti dall’uso occasionale dell’ibuprofene (vedere paragrafo 5.1).
4.6- Fertilità, gravidanza e allattamento
È improbabile che soggetti di età inferiore a 12 anni vadano incontro a gravidanza, o
allattino al seno. Peraltro, in tali circostanze bisogna tenere presente le seguenti considerazioni.
L’inibizione della sintesi di prostaglandine può interessare negativamente la gravidanza
e/o lo sviluppo embrio/fetale.
Risultati di studi epidemiologici suggeriscono un aumentato rischio di aborto e di malformazione cardiaca e di gastroschisi dopo l’uso di un inibitore della sintesi di prostaglandine nelle prime fasi della gravidanza. Il rischio assoluto di malformazioni cardiache
aumentava da meno dell’1% fino a circa l’1,5%. È stato ritenuto che il rischio aumenta
con la dose e la durata della terapia.
Negli animali, la somministrazione di inibitori della sintesi di prostaglandine ha mostrato di
provocare un aumento della perdita di pre e post-impianto e di mortalità embrione-fetale.
Inoltre, un aumento di incidenza di varie malformazioni, inclusa quella cardiovascolare, è
stato riportato in animali a cui erano stati somministrati inibitori di sintesi delle prostaglandine durante il periodo organogenetico.
Durante il terzo trimestre di gravidanza, tutti gli inibitori della sintesi delle prostaglandine
possono esporre
il feto a:
• tossicità cardiopolmonare (con chiusura prematura del dotto arterioso e ipertensione
polmonare);
• disfunzione renale che può progredire a insufficienza renale con oligo-idroamnios;
la madre e il neonato, alla fine della gravidanza, a:
• possibile prolungamento del tempo di sanguinamento, un effetto antiaggregante che
può occorrere anche a dosi molto basse;
• inibizione delle contrazioni uterine risultanti in ritardo o prolungamento del travaglio.
4.7-Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari
Non pertinente, considerata l’età del paziente.
4.8-Effetti indesiderati
Gli effetti indesiderati osservati con ibuprofene sono comuni agli altri analgesici, antipiretici, antinfiammatori non steroidei.
Reazioni di ipersensibilità
Raramente: reazioni anafilattoidi (orticaria con o senza angioedema), dispnea (da ostruzione laringea o da broncospasmo), shock, sindrome caratterizzata da dolore addominale,
febbre, brividi, nausea e vomito; broncospasmo (vedere paragrafi 4.3 e 4.4).
Patologie gastrointestinali
Gli eventi avversi più comunemente osservati sono di natura gastrointestinale. Possono
verificarsi ulcere peptiche, perforazione o emorragia gastrointestinale, a volte fatale, in
particolare negli anziani (vedere paragrafo 4.4).
Dopo somministrazione di FLUIBRON FEBBRE E DOLORE sono stati riportati: nausea,
vomito, diarrea, flatulenza, costipazione, dispepsia, dolore addominale, melena, ematemesi, stomatiti ulcerative, esacerbazione di colite e morbo di Crohn (vedere paragrafo
4.4). Meno frequentemente sono state osservate gastriti.
Dolore epigastrico, pirosi gastrica. I disturbi gastrici possono essere ridotti assumendo il
farmaco a stomaco pieno.
Raramente: epatite, ittero, alterazione dei test della funzione epatica, pancreatite, duodenite, esofagite, sindrome epatorenale, necrosi epatica, insufficienza epatica.
Patologie del sistema nervoso e degli organi di senso
Vertigine, cefalea, irritabilità, tinnito.
Raramente: depressione, insonnia, difficoltà di concentrazione, labilità emotiva, sonnolenza, meningite asettica, convulsioni, disturbi uditivi e visivi.
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Raramente: broncospasmo, dispnea, apnea.
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Reazioni bollose includenti sindrome di Stevens-Johnson e necrolisi tossica epidermica
(molto raramente).
Eruzioni cutanee (anche di tipo maculopapulare), prurito.
Raramente: eruzioni vescicolo-bollose, orticaria, eritema multiforme, alopecia, dermatite
esfoliativa, dermatite da fotosensibilità.
Patologie del sistema emolinfopoietico
Molto raramente: neutropenia, agranulocitosi, anemia aplastica, anemia emolitica (possi-
bile test di Coombs positivo), piastrinopenia (con o senza porpora), eosinofilia, riduzione
di emoglobina ed ematocrito, pancitopenia.
Disturbi del metabolismo e della nutrizione
Riduzione dell’appetito.
Patologie cardiache e vascolari
Edema, ipertensione e insufficienza cardiaca sono stati riportati in associazione al trattamento con FANS.
Ritenzione di fluidi (generalmente risponde prontamente all’interruzione del trattamento).
Molto raramente: accidenti cerebrovascolari, ipotensione, insufficienza cardiaca congestizia in soggetti con funzione cardiaca compromessa, palpitazioni.
Studi clinici e dati epidemiologici suggeriscono che l’uso di ibuprofene, specialmente
ad alti dosaggi (2400 mg/die) e per trattamenti di lunga durata, può essere associato ad
un modesto aumento del rischio di eventi trombotici arteriosi (es. infarto del miocardio o
ictus) (vedere paragrafo 4.4).
Patologie renali ed urinarie
Molto raramente: insufficienza renale acuta nei soggetti con preesistente significativa
compromissione della funzione renale, necrosi papillare, necrosi tubulare, glomerulonefrite, alterazione dei test della funzione renale, poliuria, cistite, ematuria.
Disturbi del sistema immunitario
In pazienti con malattie auto-immuni preesistenti (ad esempio: lupus eritematoso
sistemico, malattie del sistema connettivo) sono stati segnalati casi singoli di sintomi di
meningite asettica come tensione nucale, cefalea, nausea, vomito, febbre, disorientamento (vedere paragrafo 4.4).
Vari
Raramente: secchezza degli occhi e della bocca, ulcere gengivali, rinite.
“Segnalazione delle reazioni avverse sospette.”
La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione
del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto
beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi
reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo “www.
agenziafarmaco.gov.it/it/responsabili”.
4.9-Sovradosaggio
I sintomi di sovradosaggio si possono manifestare in bambini che abbiano assunto più di
400 mg/kg. L’emivita del farmaco in caso di sovradosaggio è 1.5-3 ore.
Sintomi
La maggior parte dei pazienti che ingeriscono accidentalmente quantitativi clinicamente
rilevanti di FANS sviluppano al più nausea, vomito, dolore epigastrico o raramente diarrea.
Sono possibili anche tinnito, cefalea e sanguinamento gastrointestinale. In caso di ingestioni di quantitativi più importanti, si osserva tossicità del sistema nervoso centrale che si
manifesta con sonnolenza, occasionalmente eccitazione e disorientamento o coma, convulsioni. Nei casi più seri si può verificare acidosi metabolica, prolungamento del tempo di
protrombina (INR). Si possono manifestare anche insufficienza renale e danni epatici. Nei
soggetti asmatici si può verificare un’esacerbazione dei sintomi della malattia.
Trattamento
Non esiste alcun antidoto dell’ibuprofene. Il trattamento è sintomatico e consiste negli
idonei interventi di supporto. Mantenimento della pervietà delle vie aeree e monitoraggio
di funzione cardiaca e segni vitali. Particolare attenzione è dovuta al controllo della pressione arteriosa, dell’equilibrio acido-base e di eventuali sanguinamenti gastrointestinali.
In caso di sovradosaggio acuto lo svuotamento gastrico (vomito o lavanda gastrica) è
tanto più efficace quanto più precocemente è attuato; può inoltre essere utile la somministrazione di alcali e l’induzione della diuresi; l’ingestione di carbone attivo può contribuire
a ridurre l’assorbimento del farmaco.
5-PROPRIETA’ FARMACOLOGICHE
5.1-Proprietà farmacodinamiche
Categoria farmacoterapeutica: farmaci antinfiammatori/antireumatici non steroidei, derivati dell’acido propionico. Codice ATC: M01AE01
Ibuprofene è un analgesico-antiinfiammatorio di sintesi, dotato di spiccata attività antipiretica. Chimicamente è il capostipite dei derivati fenil-propionici. L’attività analgesica è
di tipo non narcotico. Ibuprofene è un potente inibitore della sintesi prostaglandinica ed
esercita la sua attività inibendone la sintesi perifericamente.
Dati sperimentali indicano che l’ibuprofene può inibire gli effetti dell’acido acetilsalicilico a basse dosi sull’aggregazione piastrinica quando i farmaci sono somministrati in
concomitanza. In uno studio, dopo la somministrazione di una singola dose di 400 mg di
ibuprofene, assunto entro 8 ore prima o dopo 30 minuti dalla somministrazione di acido
acetilsalicilico (81 mg), si è verificata una diminuzione dell’effetto dell’acido acetilsalicilico
sulla formazione di trombossano e sull’aggregazione piastrinica. Tuttavia, l’esiguità dei
dati e le incertezze relative alla loro applicazione alla situazione clinica non permettono di
trarre delle conclusioni definitive per l’uso continuativo di ibuprofene; sembra che non vi
siano effetti clinicamente rilevanti dall’uso occasionale dell’ibuprofene.
5.2-Proprietà farmacocinetiche
Ibuprofene è ben assorbito dopo somministrazione orale ed è distribuito in tutto l’organismo rapidamente. Se assunto a stomaco vuoto, i livelli serici massimi sono raggiunti dopo
circa 45 minuti. Quando assunto in concomitanza a cibo, i livelli massimi nel sangue si
raggiungono tra un’ora e mezzo e 3 ore. L’ibuprofene si lega in larga misura alle proteine
plasmatiche, si distribuisce a livello tissutale e nel liquido sinoviale. L’emivita plasmatica
della molecola è di circa due ore. L’ibuprofene è metabolizzato nel fegato in due metaboliti inattivi e questi, unitamente all’ibuprofene immodificato, vengono escreti dal rene sia
come tali che coniugati. L’eliminazione dal rene è rapida e completa. L’ibuprofene viene
escreto nel latte in concentrazioni molto basse.
5.3-Dati preclinici di sicurezza
Non vi sono ulteriori informazioni su dati preclinici oltre a quelle già riportate in altre parti
di questo Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (vedere paragrafo 4.6).
6-INFORMAZIONI FARMACEUTICHE
6.1-Elenco degli eccipienti
FLUIBRON FEBBRE E DOLORE Bambini 100mg/5ml sospensione orale gusto fragola
senza zucchero
Acido citrico monoidrato, sodio citrato, acesulfame di potassio, gomma xantana, sodio
benzoato, aroma fragola, sciroppo di maltitolo, glicerina, acqua depurata
FLUIBRON FEBBRE E DOLORE Bambini 100mg/5ml sospensione orale gusto arancia
senza zucchero
Acido citrico monoidrato, sodio citrato, acesulfame di potassio, gomma xantana, sodio
benzoato, aroma arancia, sciroppo di maltitolo, glicerina, acqua depurata
6.2-Incompatibilità
Non pertinente.
6.3-Periodo di validità
FLUIBRON FEBBRE E DOLORE Bambini 100mg/5ml sospensione orale gusto fragola
senza zucchero
36 mesi
Periodo di validità dopo la prima apertura: 6 mesi.
FLUIBRON FEBBRE E DOLORE Bambini 100mg/5ml sospensione orale gusto arancia
senza zucchero
36 mesi
Periodo di validità dopo la prima apertura: 6 mesi.
6.4-Precauzioni particolari per la conservazione
Nessuna particolare.
6.5-Natura e contenuto del contenitore
FLUIBRON FEBBRE E DOLORE Bambini 100mg/5ml sospensione orale gusto fragola
senza zucchero
Flacone color ambra in polietilene tereftalato (PET) con tappo e sottotappo in polietilene
con chiusura a prova di bambino.
Siringa dosatrice con corpo e stantuffo in polietilene.
FLUIBRON FEBBRE E DOLORE Bambini 100mg/5ml sospensione orale gusto arancia
senza zucchero
Flacone color ambra in polietilene tereftalato (PET) con tappo e sottotappo in polietilene
con chiusura a prova di bambino.
Siringa dosatrice con corpo e stantuffo in polietilene.
6.6-Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione
Nessuna istruzione particolare.
7-TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO
Titolare A.I.C.: Chiesi Farmaceutici S.p.A. – Via Palermo, 26/A – 43122 Parma (PR)
8-NUMERO DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO
FLUIBRON FEBBRE E DOLORE Bambini 100mg/5ml sospensione orale gusto fragola
senza zucchero - flacone da 150 ml con siringa dosatrice: AIC n. 043188010
FLUIBRON FEBBRE E DOLORE Bambini 100mg/5ml sospensione orale gusto arancia
senza zucchero - flacone da 150 ml con siringa dosatrice: AIC n. 043188022
9-DATA DI PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE
Prima Autorizzazione: 26/08/2014
10-DATA DI REVISIONE DEL TESTO
Maggio 2015
[ come
s i fa
]
Come ricercare
l’Helicobacter Pylori:
nelle feci,
con il breath test
o con biopsia?
Sono molti i test diagnostici disponibili
per documentare l’infezione da HP
ed ognuno presenta vantaggi e svantaggi.
infezione da Helicobacter pylori (HP) è estremamente diffusa, tanto da interessare quasi il 50%
della popolazione mondiale. Nell’adulto l’infezione da HP
può associarsi ad ulcera peptica, gastrite cronica (Fig 1),
linfoma gastrico e cancro dello stomaco. In età pediatrica
però l’incidenza è molto più bassa, variando dal 10% circa
in molti Paesi europei e negli Stati Uniti d’America, al
20% in Asia, Sud America e in alcuni Paesi europei. Inoltre le complicanze rilevate nell’adulto sono estremamente
rare in età pediatrica; in uno studio multicentrico europeo
effettuato su 1233 bambini sintomatici affetti da HP, l’ulcera peptica è stata riscontrata solo
Carlo Tolone1
2
nel 5% dei soggetti di età inferiore ai
Salvatore Tolone
1
Dipartimento di Pediatria,
12 anni e nel 10% degli adolescenti.1
Seconda Università di Napoli
L’infezione viene il più delle volte
2
Dipartimento di Chirurgia,
Seconda Università di Napoli
contratta in ambito familiare nella
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
L’
123
Introduzione
Come si fa Come ricercare l’Helicobacter Pylori: nelle feci, con il breath test o con biopsia?
prima decade di vita e tende a persistere senza un trattamento specifico,
anche se sono stati documentati casi
di scomparsa “spontanea” dell’HP,
probabilmente da attribuire a cicli
di antibioticoterapia effettuati nel
bambino per altre cause. Da quanto esposto, si può capire per quale
motivo l’approccio al paziente con
pregressa infezione da HP sia diverso
nell’adulto e nel paziente pediatrico. Lo scopo della presente review
è di valutare quali sono attualmente
i mezzi per diagnosticare correttamente l’infezione da HP e la sua
avvenuta eradicazione.
·
124
Test invasivI
Istopatologia
Consente di ottenere informazioni sullo stato della mucosa gastrica
Figura 2. HelicobacterPylori.
Test diagnostici
(presenza e stato di infiammazione,
ono molti i test diagnostici
metaplasia intestinale, atrofia delle
disponibili per documentare l’infezione da HP ed
ghiandole, displasia e neoplasia). Viene raccomandata l’eognuno presenta vantaggi e svantaggi, costi diversi e sosecuzione di più biopsie, almeno una sulla grande curvatura
prattutto comporta per il piccolo paziente un disagio
dell’antro ed una sulla piccola. Una sola biopsia potrebdiverso a seconda che sia un test invasivo o non invasivo. be infatti portare a sottostimare la presenza dell’HP con
Ma chi sono i bambini che vanno sottoposti a questi
possibile risultato di falsa negatività. La colorazione di
test, considerando che la maggior parte di loro, pur con
routine con ematossilina-eosina è di solito sufficiente per
infezione da HP, sono del tutto asintomatici? Le linee
evidenziare nei campioni bioptici l’HP ma talvolta è utile
guida dell’ ESPGHAN-NASPGHAN del 20112 sono a
affiancare quella con il Giemsa. Nei bambini la coloraziotal proposito del tutto esaurienti. Le principali raccomanne con ematossilina-eosina e con Giemsa insieme hanno
dazioni possono essere riassunte in 5 punti:
una sensibilità dell’ 82% ed una specificità del 95%. Nella
lo scopo principale in presenza di sintomi gastroinsezione istologica l’Helicobacter pylori si presenta come un
testinali è quello di diagnosticare la vera causa di
bacillo ricurvo (Figura 2) o a forma di spirale nell’epitelio
questi, e non solo la presenza di HP;
di superficie o nel muco o all’interno delle ghiandole. Molla ricerca dell’HP non è indicata nei dolori addoto raramente possono essere ritrovate nello stomaco altre
minali funzionali;
specie di Helicobacter, ad esempio l’Helicobacter heilmanii,
è indicata se uno dei due genitori è affetto da canma le due specie sono facilmente distinguibili tra di loro.
cro gastrico;
L’ibridizzazione fluorescente “in situ” è un metodo che
è indicata nei bambini con anemia sideropenica
consente di testare sulle preparazioni istologiche la resiresistente al trattamento;
stenza dell’Helicobacter nei confronti della claritromicina,
non è indicata nell’otite media, nelle infezioni
antibiotico molto adoperato per la terapia eradicante delrespiratorie alte, nell’allergia
l’HP ma attualmente diventato
alimentare, nella SIDS, nella
spesso inefficace sia nell’adulto
Tabella 1.
Test diagnostici disponibili per l’infezione da HP
porpora trombocitopenia iche nel bambino.
Invasivi
Non invasivi
diopatica, nella bassa statura.
1.Endoscopia
1. Breath Test all’ureasi
Il test ideale per la diagnosi della
Coltura
con biopsia
2. Ricerca dell’antigene
a.Istopatologia
fecale
infezione da HP dovrebbe risponLa ricerca colturale dell’HP dalla
b.Test rapido
3. Test sierologici
all’ureasi
(sangue,
urina,
saliva)
dere ai seguenti requisiti: altamente
biopsia gastrica ha un alto grado
c. Cultura del batterio
affidabile, non invasivo, poco costoso,
di sensibilità anche per l’assenza
S
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
Figura 1. Gastrite nodulare da HP.
di facile interpretazione. Inoltre dovrebbe consentire di discriminare fra
una infezione in fase attiva ed una
pregressa e fra la semplice infezione
e la malattia vera e propria causata
dall’HP. Un test però che risponda a
tutti questi requisiti oggi non esiste.3
Attualmente i test più utilizzati
possono essere suddivisi in 2 gruppi:
invasivi e non invasivi, come riportato in Tabella 1.
·
·
·
·
Come si fa Come ricercare l’Helicobacter Pylori: nelle feci, con il breath test o con biopsia?
Lo scopo della presente review è di valutare
quali sono attualmente i mezzi per diagnosticare correttamente
l’infezione da HP e la sua avvenuta eradicazione.
PCR (polimerasi chain reaction)
Presso alcuni laboratori è possibile la diagnosi molecolare
di infezione da HP mediante PCR. Il DNA genomico del
batterio può essere estratto sia da materiale bioptico sia
dal succo gastrico, dalla saliva e dalle feci. Il vantaggio di
questa metodica sta nella possibilità di effettuarla anche
Test non invasivi
Tutti questi test sono ovviamente accettati con molto
favore dai piccoli pazienti e dai loro genitori, ma pur
essendo alcuni di questi dotati di alta sensibilità ed alta
specificità, possono solo rilevare la presenza dell’Helicobacter ma non la malattia e tantomeno l’entità di interessamento della mucosa gastrica. Per tale motivo vanno
utilizzati soprattutto per valutare l’avvenuta eradicazione
dell’HP e, magari, in prima battuta, nel fondato sospetto
di infezione da HP. Prima però di intraprendere una
qualunque terapia eradicante la diagnosi di malattia da
HP dovrà essere confermata da una delle metodiche endoscopiche, precedentemente trattate.
Urea Breath test
Questo test si basa sulla capacità da parte dell’Helicobacter presente nello stomaco, di scindere l’urea marcata
C13 o C14 assorbita per via orale in CO2 e ammoniaca.
La CO2 marcata, eliminata attraverso i polmoni, viene misurata nell’aria esalata. Si tratta quindi di un test
molto semplice da eseguire, anche se è necessaria la collaborazione da parte del bambino, di solito a partire dai
cinque anni di età. L’apparecchiatura ha però un costo
abbastanza elevato. La sensibilità e la specificità di questo
test si aggirano intorno al 90%. Falsi positivi dovuti ad
altri batteri formanti ureasi sono decisamente rari mentre
possono esserci più falsi negativi soprattutto se il paziente
ha recentemente ingerito antibiotici o inibitori di pompa.
Qualche caso di falsa negatività è stato anche riscontrato
in presenza di gastrite con interessamento prevalente del
corpo gastrico.7 L’affidabilità del test dipende inoltre dalla
125
Test rapido dell’ureasi su biopsia
Il test si basa sulla capacità dell’HP di produrre grandi
quantità di ureasi catalizzando l’idrolisi dell’urea in ammoniaca ed idrossido di carbonio. È un test rapido, poco
costoso ed altamente specifico e non richiede personale
esperto; il limite però della metodica consiste nel fatto
che molti falsi negativi si possono avere per uso recente di
antibiotici, di bismuto e di inibitori di pompa protonica ed
è necessario inoltre che ci sia un elevato carico di batteri
nella biopsia (non meno di 1000 microrganismi). Nell’adulto la sensibilità del test si riduce notevolmente anche
in presenza di ulcera peptica sanguinante; in pediatria la
sensibilità del test varia dal 75% al 100% a seconda delle
varie casistiche.5
in presenza di pochi batteri, ma, a parte la complessità
d’esecuzione, un altro limite è che può mettere in evidenza segmenti di DNA nella mucosa gastrica del batterio
già morto per precedenti trattamenti e quindi di fornire
risultati falsamente positivi.6
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
di notevole flora batterica commensale (tranne che nei
pazienti con ridotta produzione di acido gastrico). Per evitare l’endoscopia è possibile la raccolta di un campione di
succo gastrico per la coltura, ma la sensibilità del metodo è
decisamente più bassa rispetto a quella tradizionale (dove
si raggiunge una sensibilità del 90% ed una specificità
del 100% sia nel bambino che nell’adulto). È necessario
però che il campione venga al più presto messo in coltura
seguendo tutte le procedure indicate e che venga esaminato da un microbiologo esperto. La coltura permette
inoltre di testare la sensibilità dell’HP ai vari antibiotici
con evidente vantaggio in termini di terapia; infatti pur
non essendo considerato questo un metodo di routine per
la diagnosi di HP e non essendo possibile effettuarlo in
tutti i laboratori, sta assumendo una maggior diffusione
proprio per la crescente resistenza del batterio sia nei
confronti della claritromicina che di altri antibiotici.4
Come si fa Come ricercare l’Helicobacter Pylori: nelle feci, con il breath test o con biopsia?
correttezza con cui viene eseguito e questo spiega anche
perché è preferibile utilizzarlo in bambini di almeno 5–6
anni di età.
Ricerca dell’HP nelle feci
Esistono molti metodi per ricercare l’antigene dell’Helicobacter nelle feci: test immunoassay con anticorpi monoclonali o policlonali e test immunocromatografici (test
rapidi). Rappresenta certamente il metodo più facile da
eseguire e meno traumatico per il bambino (non richiede
infatti né una particolare conservazione delle feci né alcuna collaborazione da parte del paziente). Una meta-analisi
di otto studi8, includendo pazienti adulti e bambini, ha
evidenziato una migliore sensibilità del test con anticorpi
monoclonali rispetto al policlonale e ai test rapidi. L’età
del bambino non influisce sulla variabilità del test mentre
può influire una concomitante terapia con inibitori di
pompa o la presenza di ulcera sanguinante. La sensibilità e
la specificità del test sulle feci si attestano rispettivamente
intorno al 90% e al 96% e il test in ELISA con anticorpo
monoclonale trova utile impiego sia nella diagnosi iniziale
che per valutare l’avvenuta eradicazione.
Sierologia
L’infezione da HP induce una rapida produzione di anticorpi specifici IgM e più tardi un aumento persistente di
IgA ed IgG. Questi anticorpi possono essere rilevati sia
nel siero che nelle urine e nella saliva, ma solo nel siero
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
126
Bibliografia
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3. Crowley E, Bourke B, Hussey S. How to use Helicobacter Pylori
testing in paediatric practice. Arch Dis Child Educ Pract Ed 2013;98:18-25.
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antigen test for the diagnosis of H pylori infection: a systematic review and
meta –analysis. Am J Gastroenterol 2006;101:1921-30.
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eradication. Word J Gastroenterol 2014;20(06):1438-1449.
10. Tolone S, Pellino V, Tolone C et al. Evaluation of Helicobacter
Pylori eradication in pediatric patients by triple therapy plus Iactoferrin and
probiotics compared to triple therapy alone. Ital J Pediatric 2012;38:63.
i risultati sono più attendibili. I test in commercio sono
molti ma nessuno è particolarmente utile nella pratica
clinica per una serie di motivi: innanzi tutto perché le
IgG specifiche rimangono positive per molti mesi, qualche volta addirittura anni, dopo la guarigione ed anche
perché, soprattutto in età pediatrica, sia la sensibilità che
la specificità variano molto a seconda della popolazione
considerata. Per tale motivo oggi si ricorre alla sierologia
più che altro negli adulti con ulcera sanguinante o che
hanno fatto recentemente terapia con antibiotici o inibitori di pompa.
Test per valutare l’eradicazione
dell’Helicobacter
L’eradicazione dell’HP viene oggi valutata con l’Urea
Breath test, metodo altamente sensibile e specifico; è
opportuno che il test venga praticato non prima di 4–6
settimane di sospensione del trattamento specifico. Il
successo terapeutico, soprattutto nei bambini di età inferiore ai 5–6 anni o comunque non complianti, può essere
ricercato anche con il test sulle feci le cui caratteristiche
sono state precedentemente esposte. Secondo le linee
guida europee questi sono gli unici due test non invasivi
raccomandati per valutare l’eradicazione dell’HP.
Conclusioni
I
l gold standard per diagnosticare le patologie
correlate all’infezione da HP nel bambino è rappresentato dall’esofagogastroduodenoscopia con biopsie. Le
linee guida dell’ESPGHAN-NASPGHAN2 raccomandano inoltre che la diagnosi iniziale venga confortata dal
reperto istopatologico più il test rapido all’ureasi o il test
colturale. Se l’istopatologia e il test rapido all’ureasi sono
discordanti tra loro può aiutare a confermare la diagnosi
la positività di uno dei due test non invasivi (breath testricerca sulle feci). Se invece la coltura è positiva questa è
sufficiente da sola a porre diagnosi di infezione da HP.9
I test non invasivi sono indicati soprattutto per valutare
l’avvenuta eradicazione dell’HP e possono essere utili
anche per indicare quali bambini sottoporre all’EGDS,
pur restando ovviamente la clinica determinante nella
decisione di effettuare o meno l’endoscopia.10
Niente terapia specifica dunque prima dell’EGDS
e ricerchiamo Helicobacter solo quando è necessario!
.
Gli autori dichiarano di non avere
nessun conflitto di interesse.
[ T U TTO
SU
]
Le cure palliative pediatriche:
la nuova medicina per un vecchio problema
MENTO. Dati anamnestici e clinici: Giovanni nasce a termine, primogenito,
genitori sani, non consanguinei, anamnesi familiare muta. La gravidanza decorre
regolarmente a parte oligoidramnios nell’ultima settimana. Il parto è spontaneo,
IA 9-10-10. Il piccolo presenta lesioni cutanee ai gomiti, alle ginocchia, alle mani che
fanno pensare ad una patogenesi meccanica intrauterina. Nei giorni successivi però le
lesioni aumentano notevolmente soprattutto al podice e agli arti con aspetto bolloso
seguito da rottura della cute e sanguinamento. Giovanni viene inviato in un centro
specialistico, geograficamente lontano dalla
residenza, per biopsia cutanea nel sospetto
di epidermiolisi bollosa confermata come
forma giunzionale all’esame istologico,
nella forma grave tipo Herlitz all’indagine
molecolare. I genitori scoprono quindi di
essere portatori di una patologia estremamente grave, incompatibile con la vita, caratterizzata da decesso nei primi mesi di vita.
Diagnosi di inguaribilità: l’equipe di
CPP si affianca da subito al centro specialistico, condivide con i genitori la presa in carico,
Lucia De Zen1,
Luca Manfredini2,
Franca Benini3
1
Assistenza domiciliare
e cure palliative pediatriche –
UO Pediatria,
AAS5 Friuli Occidentale,
Pordenone
2 Assistenza domiciliare e
cure palliative pediatriche –
Dipartimento di Ematologia e
Oncologia Pediatrica –
Istituto G. Gaslini, Genova
3 Centro Regionale
Cure Palliative Pediatriche –
Azienda Ospedaliera
di Padova
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
CASO 1 – MALATTIA RARA INGUARIBILE: GIOVANNI, L’ACCOMPAGNA-
127
La famiglia e il paziente devono essere messi al centro del sistema,
che deve evolvere da un modello centrato sull’ospedale e sulla patologia
ad un modello centrato sulla persona e sui suoi bisogni.
Tutto su Le cure palliative pediatriche: la nuova medicina per un vecchio problema
la tipologia di assistenza molto specialistica e
peculiare, le medicazioni, la terapia del dolore, la dieta speciale, mantenendo il bambino
a domicilio per terapie ev, trasfusioni, tranne
nei giorni di ricovero per inevitabili episodi
infettivi gravi, garantendo tuttavia la dimissione precoce come chiesto dai familiari. Con
i genitori l’equipe CPP concorda giorno dopo
giorno, passo dopo passo, la strategia assistenziale, l’invasività o meno delle manovre,
l’adeguatezza della terapia antalgica. Si offrono moduli respiro con personale specializzato
per permettere ai genitori un tempo libero
da dedicare a se stessi e alla coppia. Inoltre,
l’equipe CPP si mantiene in stretto contatto
con il centro specialistico condividendo la
difficoltà della diagnosi e l’inevitabilità della
prognosi quoad vitam.
Diagnosi di terminalità: si affronta
insieme l’avvicinarsi della terminalità, coinvolgendo anche altri familiari (nonni, zii),
figure estremamente presenti per sollevare i
genitori dal carico assistenziale. Il dolore per
la diagnosi di malattia inguaribile è, anche
a testimonianza dei genitori, mitigato dalla
forza trasmessa nel sentirsi parte di una rete,
di una squadra che da subito ha condiviso
il vissuto di Giovanni e della famiglia, con
la derivante consapevolezza di aver dato
la migliore qualità di vita possibile al loro
bambino. Progressivamente, tutti insieme,
si accompagna il piccolo Giovanni.
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
128
CASO 2 – MALATTIA SCONOSCIUTA: SOFIA, LA PERDITA DELLA
GENITORIALITÀ, LA DIFFICILE
ASSISTENZA, LA DIFFICILE ACCETTAZIONE DI UNA MANCANZA
DI DIAGNOSI. Dati anamnestici e cli-
nici: Sofia, secondogenita di genitori sani,
non consanguinei, nasce a 28 settimane di
gestazione mediante taglio cesareo elettivo
per oligoanidramnios: pesa 1,065 kg, IA 3-5,
Introduzione
L
intubata e ventilata, grave quadro di malattia delle membrane ialine con ipertensione
polmonare grave secondaria all’ipoplasia
polmonare, rimane intubata per 69 giorni,
poi NIV con FiO2 elevate (70-80%). Accanto
a grave displasia broncopolmonare, si ipotizza una patologia congenita neuro-muscolare
per la gravità dello stato neurologico nonostante una relativa stabilità del quadro
generale: scarsa motricità spontanea in un
quadro di artrogriposi multipla, stato di vigilanza alterato con mimica facciale assente,
assenza di suzione e di deglutizione. Viene eseguita biopsia muscolare. Sofia si stabilizza,
arriva il referto della biopsia muscolare che
mostra un quadro compatibile con malattia
d’accumulo di tipo glicogenosico.
Diagnosi di inguaribilità: per le
modalità precoci di presentazione, le caratteristiche fenotipiche di Sofia (artrogriposi, pterigi multipli, facies caratteristica) e
l’assenza di ipoglicemia significativa viene
fortemente posto il sospetto diagnostico
di glicogenosi tipo IV forma fetale, caratterizzato da morte precoce nelle primissime
settimane di vita per insufficienza cardiorespiratoria da accumulo. Viene inviato il
materiale all’estero per indagine genetica.
L’equipe specialistica accompagna i genitori a prendere coscienza di tale diagnosi
e fin da subito i genitori sanno che la loro
“piccola è attaccata ad un filo” e che potrebbe morire da un giorno all’altro. Per il
momento non è più intubata, è in alti flussi
con FiO2 70-80%, alimentata con SNG, in
FKT riabilitativa, condizioni generali relativamente stabili. Viene proposto ai genitori un
avvicinamento all’ospedale più vicino a casa
in grado di accoglierla, con il messaggio di
“accompagnare” Sofia nelle settimane che
rimarranno vista la grave patologia di base.
Questa vicinanza permetterà loro di gestire
con più facilità la sorellina, che fino ad ora
passava le sue giornate con la mamma in
e cure palliative pediatriche (CPP) rappresentano la presa in carico globale del corpo,
della mente e dello spirito del bambino affetto da
malattia inguaribile e della sua famiglia, curandone aspetti
sanitari/assistenziali, psicologici, sociali, economici, religiosi.1 Hanno come obiettivo la qualità di vita del piccolo
paziente e della sua famiglia. Nelle cure palliative la Medicina torna ad essere “Medicina della persona”, come lo
era in passato, senza perdere la sua acquisita scientificità,
recuperando piuttosto la sua dimensione olistica. Il ruolo
del palliativista, reinterpretato allo stato attuale, si arricchi-
attesa che rientrasse il papà dal lavoro per
poi andare a far visita alla sorella. Il tempo
dedicato a Sofia appare fin da subito ridotto.
Diagnosi di terminalità: Sofia,
che ormai ha 3 mesi, necessita tuttavia di
assistenza continua da parte del personale e dei genitori, per cui risulta impossibile
la permanenza in un reparto di Pediatria e
viene trasferita in Neonatologia, seppur vicino a casa. Nel frattempo arriva la risposta
molecolare di esclusione della glicogenosi
tipo IV. Sofia non ha una diagnosi certa. Nel
corso delle settimane la bambina si stabilizza
e migliora. Risponde ai suoni, riconosce le
voci dei genitori, riduce la frequenza e la
gravità delle crisi di apnea, cresce. Diventa
via via chiaro che Sofia non è letteralmente
“terminale”. È una bambina con una malattia inguaribile, per la quale però non si ha
possibilità di previsione della terminalità. A
questo punto l’equipe delle CPP incontra la
famiglia, fortemente provata dal lungo ricovero, dalla mancanza di diagnosi certa, dalla
criticità del quadro clinico, dalla necessità di
dedicare poco tempo alla piccola per poter
continuare a lavorare e ad accudire l’altra
figlia. Appare chiaro che al di là dei problemi
sanitari, il primo aspetto da affrontare è il
recupero della genitorialità, il permettere di
ridiventare famiglia, genitori, sorella. L’equipe CPP si trova ad affrontare con i genitori
e tutti gli operatori sanitari coinvolti nella
presa in carico dilemmi etici emergenti: se
sia giusto lasciare da sola così tanto tempo
la piccola; come si potrebbe aiutare Sofia a
stare di più con la sua famiglia (domicilio?
Hospice pediatrico?); data la mancanza di
diagnosi e quindi di una prognosi certa, si
mette in discussione l’eventuale indicazione
a interventi invasivi tipo posizionamento di
gastrostomia o tracheostomia nell’ottica di
chiedersi se abbia senso seguire una medicina che lavora con la diagnosi della persona
e non con la persona.
sce di nuove competenze professionali, legate al progresso
della Medicina moderna, associate ad una grande capacità
e attitudine a lavorare in gruppo, in rete. Non è infatti
più sostenibile né appropriato per un singolo specialista
farsi carico e seguire in solitudine bambini estremamente
complessi, non certo per incapacità professionali o umane,
ma per il grande ed eterogeneo numero di bisogni a cui
dare risposta per garantire un approccio globale al malato e
alla sua famiglia. Le risposte fornite dalle CPP sono molto
complesse, toccano tutti gli ambiti del “sistema salute”, dal
domicilio alla residenzialità, dall’ospedale al territorio, con
forte interdisciplinarietà e trasversalità tra le varie istitu-
Tutto su Le cure palliative pediatriche: la nuova medicina per un vecchio problema
Illness Journey
Presa in carico
Sospetto
iniziale
Percorso di cura
Diagnosi
di inguaribilità
Dimissione
Diagnosi
di terminalità
Morte
Presa
carico
Progressione
della in
malattia
e dei sintomi
Effetti psicologici, sociali, educativi, spirituali, …sulla qualità della vita
Impatto sulla famiglia (lavoro, risorse economiche, relazioni, fratelli)
Utilizzo di farmaci e presidi medici, ospedale, ambulatorio, domicilio, hospice pediatrico
(mesi, anni)
Queste ultime si riferiscono alla presa in carico
del bambino nel periodo strettamente legato
all’evento della morte (settimane, giorni, ore),
tipicamente confuse con le cure “palliative”
dell’adulto che reclutano quasi esclusivamente pazienti
oncologici sulla base della previsione di durata della vita
(90–180 giorni). Invece per l’età pediatrica le cure terminali
non sono le cure palliative, ma le cure palliative comprendono le cure della terminalità.2 L’errore della definizione
di “palliativo” e “terminale” ha comportato in questi anni
grande confusione soprattutto per quanto riguarda la determinazione dei criteri di eleggibilità, dei bisogni, delle modalità di offrire risposte adeguate e la necessità di formare
e istituire team specialistici dedicati. Il criterio temporale è
fallace per il bambino, perché le patologie hanno traiettorie
di vita completamente diverse a seconda della tipologia e
anche per la stessa patologia a seconda del paziente. Possono durare mesi ma anche anni, con un’eterogeneità nei
bisogni che varia al variare dell’età del bambino come fisiologicamente avviene (Figura 1). Anche il paziente in CPP
cresce, da neonato diventa bambino, adolescente, giovane
adulto con bisogni e problemi estremamente diversi.
La letteratura propone quattro categorie diverse3 di
bambini con patologie eleggibili alle CPP:
bambini con patologie per le quali esiste un trattamento specifico ma che può fallire e in parte fallisce
(neoplasie, insufficienza d’organo irreversibile);
bambini con patologie in cui la morte precoce è
inevitabile ma terapie appropriate possono prolungare e assicurare una buona qualità di vita (fibrosi
cistica del pancreas, infezione da HIV ): le cure
palliative intervengono in fase di aggravamento
quando il paziente presenta bisogni complessi;
·
·
Quali bambini
U
n’importante e fondamentale distinzione per
capire quali siano i bambini eleggibili alle CPP riguarda la definizione di cure palliative e cure terminali.
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
zioni. La malattia grave e la morte di un bambino sono da sempre state percepite come inique e
ingiuste, quasi che la dimensione della sofferenza
‒ che è ammessa e riconosciuta come parte integrante dell’esperienza umana ‒ non sia estendibile all’età
pediatrica. I bambini purtroppo possono soffrire di malattie
inguaribili e, indipendentemente dall’età, sperimentano
tutte le problematiche umane, cliniche, psicologiche, etiche e spirituali che una malattia grave e irreversibile e la
morte comportano. Oltre a ciò, l’incidenza della malattia
inguaribile è andata aumentando in questi ultimi anni in
tutti i Paesi Occidentali, così come è aumentata la disabilità.
Il progresso medico e tecnologico ha di fatto ridotto la
mortalità neonatale e pediatrica ma nello stesso tempo ha
aumentato la sopravvivenza di pazienti pediatrici portatori
di malattia grave e potenzialmente letale. L’obiettivo di
cura non è più la guarigione ma il “massimo di salute” e di
“qualità di vita” possibili, pur nella malattia.
A questo “vecchio” problema della malattia grave e della
morte anche per l’età pediatrica deve ora corrispondere
un nuovo approccio determinato da un profondo ripensamento culturale, sociale, etico e sanitario. Le CPP sono in
questo senso una nuova Medicina che pone gli operatori di
fronte ad una richiesta di nuove competenze e a un nuovo
modello di organizzazione dell’assistenza sanitaria e del
sistema sanitario stesso per rispondere a bisogni emergenti.
129
Figura 1. Il percorso
della malattia (da
Oxford Textbook of
Palliative Care for
Children, 2012).
Tutto su Le cure palliative pediatriche: la nuova medicina per un vecchio problema
PP
O
O
RT
PSI
COSOCIALE E S
PIR
I
TU
A
LE
SU
Entità
delle
cure
Cure palliative
specialistiche
·
Approccio
palliativo
Trattamento
della malattia
Diagnosi
con patologie pro· bambini
gressive, per le quali il tratta-
Morte
Figura 2. Il modello
ideale di erogazione
delle cure ai bambini
eleggibili alle CPP.
mento è quasi esclusivamente
palliativo e può essere esteso anche per molti anni
(malattie degenerative metaboliche e neurologiche,
patologie cromosomiche e genetiche): le cure palliative intervengono quando il paziente presenta
bisogni complessi;
bambini con patologie irreversibili ma non progressive, che causano disabilità severa e morte prematura (paralisi cerebrale infantile, disabilità per sequele
di danni cerebrali e/o midollari): le cure palliative
intervengono quando il paziente presenta bisogni
complessi.
L’approccio a questi bambini può comportare una
coesistenza tra trattamento della malattia e intervento
palliativo con una prevalenza ora dell’uno ora dell’altro a
seconda della malattia o della fase di malattia (Figura 2).
Un altro elemento di criticità conseguente alla difficoltà
di definizione dell’eleggibilità alle CPP è la valutazione
della numerosità dei pazienti. Stime internazionali recenti
concordano sull’incremento della prevalenza, raddoppiata
da 16 su 10.000 nel 2007 a 32 su 10.000 da 0 a 18 anni d’età
nel 2010.4 In Italia almeno 12.000 bambini con malattie
inguaribili sono eleggibili alle CPP.5
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
130
·
Quali bisogni: un nuovo modello di lavoro
E
da dare ai bisogni che i bambini e le loro famiglie manifestano. I bisogni prioritari dei bambini con malattia
inguaribile eleggibile alle CPP e delle loro famiglie sono
estremamente diversi e dinamici, in continua evoluzione
sia come intensità che come prevalenza, lungo tutto il
percorso di malattia. In sintesi, includono:
bisogni clinici: misurazione e controllo dei sintomi,
in particolar modo il dolore, individualizzazione del
piano assistenziale, deresponsabilizzazione e condivisione delle scelte cliniche, organizzative e sociali;
bisogni psicologici, del bambino, della famiglie;
bisogni sociali: istruzione, gioco, sostegno economico, messa a disposizione di servizi;
bisogni spirituali di bambino e famiglia.
Per il bambino il bisogno principale è il controllo dei
sintomi. I bambini con malattia inguaribile presentano
una miscellanea di sintomi, spesso poco trattati, che condiziona in maniera drammaticamente negativa la qualità
della vita: circa il 90% presenta una sofferenza globale,
più del 70% presenta un dolore che deve essere sempre
misurato, trattato e rivalutato. Anche i bisogni psicologici,
di comunicazione, di socialità e di spiritualità sono spesso
non corrisposti e le risposte delegate in massima parte alle
famiglie. La famiglia, d’altro canto, è parte integrante del
programma di CPP e come tale esprime bisogni a cui deve
essere data risposta. L’intero nucleo familiare (genitori,
fratelli ma spesso anche nonni, zii) partecipa attivamente
alle cura, ne è responsabile, è chiamato a prendere decisioni difficili, paga in prima persona il prezzo sociale ed
economico dell’inguaribilità e spesso, se non sostenuta,
perde la propria identità, si disgrega. La famiglia ha importanti bisogni educativi e formativi sui vari aspetti di
cura ed assistenza, bisogni psicologici, spirituali ma anche
economici e sociali. Si tratta spesso di famiglie isolate, in
situazioni economiche difficili per la perdita del lavoro, il
costo delle cure e dell’assistenza. L’inguaribilità e la morte
di un bambino possono avere effetti devastanti a lungo
termine, in particolare per i fratelli e le altre figure fragili
(nonni, anziani) della famiglia stessa. Le CPP rispondono
anche a questo bisogno, con programmi di gestione ed
elaborazione del lutto che non si esauriscono al momento
dell’evento drammatico, ma seguono la famiglia nel tempo.
Anche l’equipe di CPP ha bisogni specifici, di formazioneabilitazione, ma anche di supervisione. L’impatto emotivo
e lo stress sono innegabili in un contesto di cronicità e
inguaribilità, possono determinare situazioni di burnout
importante. L’equipe ha bisogno di supporto, di sostegno,
di condivisione. Fare rete con una chiara suddivisione dei
compiti impedisce la fuga di fronte a situazioni difficili sia
rogare CPP comporta un profondo cambiamento nel metodo di lavoro, che non si basa più
sulla diagnosi di patologia o su protocolli, ma si fonda
principalmente sulla soluzione di problemi, su risposte
·
·
·
Tutto su Le cure palliative pediatriche: la nuova medicina per un vecchio problema
P
rendere in carico bambini così complessi e
rispondere adeguatamente ai loro bisogni impone
l’acquisizione di conoscenze e competenze peculiari e specifiche che richiedono una formazione ad hoc; competenze
e conoscenze che si affiancano ai trattamenti della patologia
di base in un percorso comune, accompagnando paziente
e famiglia anche per molti anni; si rivolgono a bambini estremamente eterogenei spesso con un alto livello di
intensità assistenziale; implicano soluzioni, decisioni e
scelte che esigono competenze in ambiti diversi e capacità
di analisi e di confronto; richiedono abilità comunicative
e di lavoro in equipe, capacità di affrontare problematiche
etiche e bioetiche e di offrire risposte ponderate e attuali.7
Tutti i professionisti della salute che lavorano con il paziente pediatrico hanno la necessità di acquisire strumenti
e competenze in CPP, perché ogni operatore, dal pediatra
di libera scelta al medico di Medicina generale, al pediatra
ospedaliero, allo specialista, al rianimatore incontrerà e assisterà un bambino con bisogni di cure palliative, sicuramente
declinando e contestualizzando l’intervento palliativo in
rapporto al ruolo e all’ambito professionale. Si va dall’approccio palliativo ‒ che deve far parte della formazione di
base di ogni operatore della salute e che prevede, secondo i
principi fondanti di base delle cure palliative, la competenza
nel gestire ogni atto o scelta socio-sanitaria anche in caso
di patologie relativamente frequenti e meno severe ‒ alle
Nuovo modello assistenziale
e organizzativo
N
elle CPP il luogo fondamentale e principale
di cura è la casa, la gestione domiciliare rappresenta
l’obiettivo assistenziale.8 La scelta della domiciliarità attraverso l’assistenza domiciliare integrata è fortemente voluta
dal paziente, perché lo mantiene nella sua realtà familiare e
sociale nonostante la malattia riducendo quindi il vissuto
di malattia stesso, e dalla famiglia che vede in parte risolti
i problemi legati all’attività lavorativa, alla gestione di altri
figli che possono condizionare in maniera importante la
qualità della vita. Inoltre poter trasferire a domicilio l’assistenza sanitaria favorisce le dimissioni precoci riservando
così posti letto a bambini in condizioni cliniche acute e
critiche, con indubbi vantaggi sia di tipo organizzativo/
assistenziale sia economico. L’ambito familiare però deve essere adeguato alle esigenze di un paziente in rapida
evoluzione di malattia, di elevata complessità e intensità
assistenziale, garantendo la medesima qualità rispetto al
ricovero ospedaliero. L’assistenza domiciliare pone inoltre
problemi legati alla continuità delle cure, alla carenza di
formazione e di risorse dedicate. Secondo il report sulle
cure palliative domiciliari in Italia pubblicato dall’Agenzia
Nazionale per i Servizi Sanitari nel 20109 meno dell’1% di
queste cure sono rivolte ai minori. Accanto a problematiche
di tipo culturale, sicuramente vi sono anche motivazioni
tecniche. Organizzare l’assistenza domiciliare nell’ambito
di una rete di CPP non è facile. Assistere a domicilio un
bambino comporta notevoli variazioni nell’assetto statico
del sistema sanitario, ancora fortemente ospedalocentrico.
A casa devono essere portate competenze, specializzazioni, supporti tecnici e tecnologici, messi in rete tra tutti
gli operatori coinvolti nel piano di cura. È impensabile
Nelle CPP il luogo fondamentale e principale di cura è la casa,
la gestione domiciliare rappresenta l’obiettivo assistenziale.
131
Nuove competenze
CPP generali e alle CPP specialistiche. Quest’ultime prevedono conoscenze, competenze e attitudini specifiche tali
da permettere adeguate capacità nella gestione dei bambini
eleggibili e delle loro famiglie (limitatamente a un solo tipo
di patologia per le CPP generali, rivolto a tutte le patologie
eleggibili per le CPP specialistiche) attraverso l’attuazione di risposte assistenziali interdisciplinari, continuative e
altamente competenti.
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
sul piano scientifico (rarità delle malattie) sia di relazione.
Infine, le Istituzioni si trovano ad affrontare una richiesta
assistenziale del tutto nuova e complessa sia per la tipologia
di pazienti che per la modalità di risposta ai bisogni. Importante è la messa a disposizione di dati epidemiologici
relativi a numerosità e tipologia di pazienti, età, modalità
di assistenza e costi, di strumenti indicatori/standard per il
monitoraggio della qualità delle cure e della vita dei piccoli
pazienti e delle loro famiglie, di sviluppo di progetti di
ricerca per la valutazione della best practice nelle CPP. La
risposta a bisogni così complessi non è semplice e richiede
durante tutto il percorso di malattia l’intervento mutispecialistico e condiviso di servizi e istituzioni diversi, che
insieme offrano un punto unico di riferimento.6
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
132
Tutto su Le cure palliative pediatriche: la nuova medicina per un vecchio problema
ritenere che i servizi territoriali siano in grado di rispondere autonomamente a questi bisogni, dal momento che
la maggior parte dell’attività e di conseguenza la maggior
esperienza e preparazione professionale sono dedicate al
paziente adulto/anziano; così come occorre considerare
che lo stesso pediatra di famiglia spesso si sente inadeguato
per comprensibile mancanza di competenza rispetto ai
bisogni specialistici che il piccolo paziente richiede, come
alimentazione artificiale, ventilazione assistita, trattamenti
specialistici (ad esempio una chemioterapia) proprio per
la rarità e la complessità delle patologie. Quando le cure
domiciliari non sono idonee o qualitativamente garantite,
può essere necessario ricorrere alla residenzialità, in hospice
pediatrico e/o in case dedicate a pazienti con patologie
specifiche. La residenzialità ha il vantaggio di concentrare
l’esperienza per la gestione di casi rari e complessi, garantire
bacini d’utenza sufficientemente ampi per avere competenza e risorse dedicate economicamente sostenibili, ma ha lo
svantaggio di sradicare il bambino dal suo contesto di vita.
Tale modalità assistenziale contrasta con il desiderio del
bambino e della famiglia di ritornare nella propria casa e
non può essere, in ogni caso, l’unica soluzione nel caso di
decorsi di durata molto lunga. Anche per quanto riguarda
la gestione in ospedale valgono gli stessi problemi; inoltre,
come riportato in letteratura2 e nel Documento tecnico
sulle CPP del Ministero della Salute del 2006,10 è confermato come l’ospedale per acuti sia lontano per missione e
attitudine, per organizzazione e opportunità offerte, dal
luogo ideale da cui fornire cure palliative al bambino, e lo
stesso vale per l’hospice dell’adulto.
Nessuna soluzione organizzativa, presa singolarmente,
è esente da limiti. La risposta assistenziale adeguata a
rispondere ai bisogni dei bambini e delle loro famiglie
è una combinazione delle varie opzioni, considerandole
quasi come moduli organizzativi da utilizzare congiuntamente in una rete assistenziale, privilegiando ora l’una
ora l’altra a seconda delle condizioni e delle situazioni
specifiche. L’obiettivo è la presa in carico condivisa tra
servizi territoriali, pediatra di famiglia, ospedale e palliativisti mediante la creazione di una equipe multispecialistica e multidisciplinare che sia in grado di lavorare
in rete garantendo continuità assistenziale, approccio e
supporto globali. Lavorare in rete comporta anche lo sviluppo di programmi di comunicazione, trasmissione di
dati, che siano scambiabili e disponibili in tempo reale
e raggiungano tutti gli operatori coinvolti, nel rispetto
della privacy e della sicurezza. Anche in questo ambito
le CPP propongono una nuova Medicina, incentivando
lo sviluppo di progetti di telemedicina che sfruttino le
enormi potenzialità del web e delle tecnologie digitali da
mettere al servizio del paziente e degli operatori, con la
trasmissione anche di parametri vitali rilevati a domicilio
per garantire la sicurezza e la qualità dell’assistenza a casa.
La normativa italiana
A
livello normativo, in questi ultimi anni, sono
stati fatti notevoli progressi e molte questioni sono
state messe sul tavolo della discussione a livello nazionale:
Decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 2006,
recante l’adozione del Piano Sanitario Nazionale 20062008 che, all’obiettivo strategico 3.10, evidenzia come “particolare attenzione va posta alle esigenze di cure palliative
nell’età neonatale, pediatrica e adolescenziale, tenuto conto
della considerevole diversità dei problemi da affrontare
rispetto a quelli presentati nell’età adulta e anziana, della
grande varietà e frammentazione delle patologie in causa,
spesso rare e richiedenti interventi di alta specializzazione e
dell’intervallo temporale interessato a tali cure spesso assai
lungo e non prevedibile. Per quanto sopra esposto si ritiene
indispensabile l’organizzazione di reti di cure palliative
dedicate a questa fascia di popolazione, che permettano di
garantire la qualità e la specialità degli interventi richiesti
unitamente alla globalità e multidimensionalità della presa
in carico del bambino e della sua famiglia”.
Documento tecnico sulle cure palliative rivolte al neonato, bambino e adolescente, licenziato dal Ministro
della Salute nel dicembre 2006, dove vengono definiti gli
ambiti e le peculiarità, i modelli assistenziali attualmente
proposti in Italia e a livello internazionale, e le risorse
necessarie.
Documento riguardante “Prestazioni residenziali e
semiresidenziali”, approvato in Commissione LEA il 30
maggio 2007, che comprende una parte specifica per l’area
pediatrica.
Accordo Stato-Regioni, approvato il 27 giugno 2007
in Conferenza Stato-Regioni, sulle cure palliative nell’età
neonatale, pediatrica e adolescenziale. L’accordo pone le
basi per l’attuazione, su tutto il territorio nazionale, di
azioni e programmi atti a garantire ai minori con malattia
inguaribile e alle loro famiglie un’assistenza omogenea
di cure palliative pediatriche, che, indipendentemente
dall’età e dalla malattia, offrano concretezza di risposte,
competenza multispecialistica, continuità di cure e di
obiettivi, supporto e condivisione.
Documento tecnico Accordo Stato-Regioni, approvato il 20/3/2008 in cui vengono definiti i campi di inter-
·
·
·
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Tutto su Le cure palliative pediatriche: la nuova medicina per un vecchio problema
·
Salute decreta la Istituzione del Master Universitario di
lata formazione e qualificazione in “Terapia del Dolore
e Cure Palliative Pediatriche per medici pediatri”, con
l’obiettivo di formare figure professionali con specifiche
competenze in terapia del dolore e CPP
Il 25 luglio 2012 la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di
Trento e Bolzano, sancisce l’accordo relativo alla “Definizione dei requisiti minimi e delle modalità organizzative
necessari per l’accreditamento delle strutture di assistenza
ai malati in fase terminale e delle unità di Cure Palliative
della terapia del dolore”.
·
Conclusioni
L
a famiglia e il paziente devono essere messi al
centro del sistema che deve evolvere da un modello
centrato sull’ospedale e sulla patologia ad un modello
centrato sulla persona e sui suoi bisogni. È sicuramente
un cambiamento culturale, sociale, professionale ed organizzativo molto importante, ma solo se si saprà cogliere la
sfida saremo in grado di rispondere in maniera adeguata
ai bisogni emergenti di pazienti così “speciali”
.
Gli autori dichiarano di non avere
nessun conflitto di interesse.
Bibliografia
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10. Ministero della Salute, Direzione Generale della programmazione
sanitaria, dei livelli di assistenza e dei principi etici di sistema, Commissione
per le cure palliative pediatriche. Cure palliative rivolate al neonato,
bambino e adolescente. Documento tecnico, 2006.
133
·
Il 4 aprile 2012 il Ministero dell’Istruzione dell’Uni·
versità e della Ricerca di concerto con il Ministero della
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
vento sanitario e socio-sanitario per un concreto supporto
al processo di implementazione delle cure palliative pediatriche in tutte le regioni italiane.
Legge 38 del 15 marzo 2010: sancisce il diritto del bambino al controllo del dolore e alle cure palliative. Definisce
la specificità pediatrica di operatori, servizi, rete e hospice.
Promuove l’istituzione di Centri regionali di terapia del
dolore e CP pediatriche che gestiscono e coordinano la
rete, a cui pazienti, famiglie e operatori fanno riferimento
continuo. Definisce la necessità di una formazione adeguata e una informazione in grado di portare pazienti e
famiglie alla richiesta. La legge 38/2010 pone, a vari livelli,
delle indicazioni del tutto innovative nell’ambito delle
CPP. La prima grande novità è che la legge sancisce il
diritto del bambino alla presa in carico, nei casi eleggibili,
in CP secondo programmi dedicati e specifici per l’età
pediatrica (Art. 1). La legge 38 conferma un principio
fondamentale di equità di diritto alla salute e all’assistenza
e obbliga le Istituzioni a intraprendere percorsi e strategie
atte ad assicurare anche a questa parte di popolazione adeguate risposte nell’ambito delle CPP. Il modello proposto
dalla Legge 38 è di un’unica rete specialistica dedicata,
con riferimento ad ampi bacini d’utenza, coordinata da
un Centro di riferimento regionale; risponde ai bisogni di
salute dei minori e delle famiglie e permette di valorizzare
le risorse esistenti, di ottimizzare l’utilizzo di competenze,
strutture, strumenti e tempi, e contemporaneamente di
migliorare e rendere omogenea la risposta assistenziale a
questi pazienti. La rete fornisce in maniera congiunta, e in
continuità e unicità di riferimento, sia risposte residenziali
che domiciliari, risposte in grado di integrarsi e modularsi
nei diversi momenti della malattia a seconda delle necessità. La rete si potrà contestualizzare in modo differente
nelle singole regioni (risentirà infatti di fattori di contesto
quali per esempio della più o meno alta dispersione della
popolazione e/o situazioni geografiche particolari), ma
dovrà rispondere a criteri di continuità, unicità e qualità
assistenziale. Negli artt. 4 e 8 la legge rispettivamente
propone una formazione di base per tutti gli operatori
della salute, e rimanda agli organi istituzionali competenti
il mandato di definire il percorso formativo specialistico
per le CP pediatriche. Definisce inoltre la necessità di
implementare la conoscenza e le capacità di richiesta della
popolazione su dolore e CP, anche pediatriche, attraverso
campagne d’informazione specifiche.
Piano Sanitario Nazionale 2011–2013: particolare attenzione andrà indirizzata allo specifico sviluppo di una
rete assistenziale di CP e terapia del dolore per bambini
e ragazzi.
L’angolo delle società scientifiche I distanziatori: choosing wisely
[ LE
Ahmad Kantar1,2
Michele Ghezzi1,2
Michele Miraglia del Giudice1,3
SIMRI – Società Italiana
per le Malattie Respiratorie Infantili
2
Centro Pediatrico dell’Asma
e della Tosse – Istituti Ospedalieri
Bergamaschi, Policlinico San Pietro,
Bergamo
3
II Clinica Pediatrica –
Seconda Università degli Studi di Napoli
1
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
134
M
S O C IETÀ S C IE N TI F I C H E
]
I distanziatori:
choosing wisely
Nello sviluppo di un pMDI per uno specifico farmaco
dovrebbe essere prevista anche la validazione
di almeno uno specifico distanziatore. Inoltre,
quest’ultimo deve essere appropriato
per il tipo di paziente per il quale è previsto l’utilizzo.
olti farmaci vengono attualmente
somministrati per via aerosolica quali β2
agonisti a breve e lunga durata d’azione,
anticolinergici, steroidi inalatori, antibiotici e mucolitici.
Altri sono in corso di sperimentazione per via aerosolica
tra questi l’insulina, la terapia genica per pazienti affetti
da Fibrosi Cistica, vaccini, chemioterapici, nuove formulazioni di antibiotici, farmaci per il dolore e ergotamina
per la cefalea.1 Tra i dispositivi disponibili per la somministrazione inalatoria dei farmaci ci sono i nebulizzatori,
gli spray predosati pressurizzati (pMDI) utilizzati da soli
o con i distanziatori, i breath-actuated-pMDIs che sono
pMDI sincronizzati all’ispirazione, i dispositivi a polveri
secche (DPI) e i soft mist inhaler.
Le linee guida per il trattamento dell’asma (Global
Initiative for Asthma – GINA) raccomandano la terapia
inalatoria come prima scelta e indicano quale apparecchio va utilizzato in relazione all’età del bambino.2
Le linee guida presentano però inevitabilmente alcune
limitazioni, che ne diminuiscono l’impatto sulla pratica
clinica quotidiana; non tengono conto della variabilità
della risposta individuale né della diversa disponibilità e
dei differenti costi nelle varie realtà nel mondo. Inoltre
non forniscono suggerimenti in merito alla scelta della
camera di espansione, consigliando l’utilizzo di una camera di espansione dotata di maschera facciale adeguata
per età del bambino al di sotto dei 3 anni, e con boccaglio
al di sopra dei 3 anni. Se la scelta della terapia inalatoria
è spesso lineare, meno chiaro è il criterio di scelta tra i
tanti modelli di camere di espansione, dotati di proprietà
e vantaggi diversi tra loro, ma tutte ugualmente dichiarate “ideali” per la funzione svolta. In questo articolo
con il termine “distanziatori” ci riferiremo in termini
generici a distanziatori di tutte le tipologie.
Distanziatori: la nascita
L’
origine dei pMDI è da attribuire a Susie,
ragazzina di 13 anni, figlia del direttore dei Laboratori Riker, che nella primavera del 1955 chiese al padre
di mettere le sue medicine per l’asma in uno spray.3 A
quel tempo si utilizzavano piccolo nebulizzatori portatili
attrezzati con una palla di gomma (rubber bulb). La dose
non poteva essere prestabilita, non essendo riproducibile.
Dall’estate di quello stesso anno iniziarono i primi trial
clinici con prototipi di pMDI con i primi risultati positivi
e i primi pMDI con isoproterenolo e epinefrina furono
immessi sul mercato nel marzo 1956.
I pMDI si rivelano imbattibili in quanto convenienti
e affidabili: tuttavia pazienti giovani, con problemi neurologici o con ostruzione respiratoria acuta severa non
erano in grado di inalare se non a volume corrente; da qui
nacque la necessità di prevedere l’uso dei distanziatori. La
necessità di sincronizzare la somministrazione e l’inspirazione, più tardi chiamata ‘‘hand–lung coordination’’ (letteralmente coordinazione mano-polmone), fu chiara già
dal 1965, quando venne riportato l’utilizzo in modo non
corretto degli aerosol da parte dei pazienti nonostante adeguati istruzioni.4 Nei decenni successivi le conseguenze
di tecniche non corrette di somministrazione sugli effetti
terapeutici divennero evidenti; ad esempio in uno studio
il 75% dei pazienti non otteneva il massimo beneficio
dalla somministrazione di broncodilatatori5 mentre un
L’angolo delle società scientifiche I distanziatori: choosing wisely
altro studio riportava come una minoranza non trascumouth”, furono avviate varie sperimentazioni. Le prime
rabile di pazienti non era in grado di utilizzare in modo
osservazioni furono poste sull’utilità delle valvole e sulla
corretto i pMDI, nonostante avessero ricevuto istruzioni
tecnica di utilizzo, come ad esempio il ritardo di inalazio6
precise. Un tentativo di risolvere queste difficoltà con
ne. Studi condotti in vitro e in vivo circa le dimensioni,
i pMDI fu l’introduzione della tecnica ‘‘open-mouth’’, la deposizione delle particelle e la risposta clinica hanno
secondo la quale l’aerosol veniva erogato verso la bocca
contribuito all’evoluzione dei distanziatori.
aperta da una distanza di qualche centimetro, per facilitare
la penetrazione dell’aerosol e ridurre l’impatto sul cavo
orale.7 Questo metodo migliorò la risposta ai broncodiDistanziatori: piccoli o grandi?
latatori e raddoppiò la deposizione del farmaco a livello
in dalla loro introduzione fu chiaro che i
polmonare, verificata attraverso studi con aerosol radio
8
distanziatori troppo voluminosi erano poco pratici
marcati. Per questa ragione la tecnica “open-mouth” fu
consigliata, prima della disponibilità dei distanziatori e
e che era necessario coniugare un’efficace somministrasuccessivamente, come alternativa agli stessi, in caso di
zione del farmaco con la praticità di utilizzo. Corr et al
buona coordinazione da parte del paziente.9,10
si concentrarono quindi sulla riduzione delle dimenMentre i benefici clinici dovuti all’introduzione dei
sioni dei distanziatori, valutando la frazione respirabile
pMDI furono universalmente ricodelle particelle emesse.13 I risultati
di questo studio determinarono che
nosciuti solo dopo due decadi, lo svi10 cose che il medico
un tubo lungo 11 cm e con diameluppo e la diffusione dei distanziatori
deve chiedere
tro di 3,5 cm garantiva la maggiore
fu più rapida. Il pMDI fu dotato di un
quando prescrive
frazione respirabile (ovvero la quota
boccaglio lungo circa 7,6 cm e solo un
un distanziatore
di particelle erogate con diametro
anno più tardi fu brevettato il primo
compreso tra 1 e 5 ųm) di farmaco.
distanziatore, che non era altro che
1
È un semplice distanziatore
o una camera di inalazione
Questo fu uno dei primi studi sullo
un semplice tubo. Nel 1977, Freigang,
con valvole?
sviluppo di distanziatori munti di
un pediatra canadese, pubblicò una
2
Che
tipo
di
valvole
ha:
valvole (VHC) di piccolo volume e
serie di casi in cui veniva descritta la
inspiratorie e/o espiratorie?
quindi più graditi dai pazienti. Gli
somministrazione di aerosol con be3
Di che materiale è costituito
autori di questo studio identificaroclometasone attraverso una bottiglia
il distanziatore?
no che le particelle emesse ad alta
serbatoio (il cui acronimo in inglese è
4
Utilizza un boccaglio
o
una
maschera?
velocità impattano sulle pareti del
BARB ‘‘Beclomethasone Aerosol by
distanziatore, il propellente evapora,
Reservoir Bottle”).11 BARB fornì le
5
È presente uno spazio morto?
prime evidenze sull’efficacia clinica
generando particelle di dimensioni
6
Se è presente una maschera:
presenta uno spazio morto
dei distanziatori. Una bottiglia di 1,2
idonee per raggiungere i polmoridotto? Ha una buona aderenza
al viso del paziente?
L fu utilizzata come reservoir, mentre
ni. Gli studi sulla deposizione dei
una maschera con una valvola a una
farmaci non fornirono risultati a
7
Quali sono le dimensioni
e
le
forme
del
distanziatore?
via venne utilizzata come interfaccia.
supporto dei distanziatori di volu8
Si adatta all’inserzione del pMDI?
Risultati evidenti sul beneficio clinico
me ridotto; una review indicò che
furono riportati da subito, compresa
volumi maggiori (maggiori di 750
9
È semplice la manutenzione?
l’assenza di ospedalizzazioni nei 14
mL) erano associati a una maggio10È facilmente trasportabile?
casi riportati all’epoca. Il lavoro di
re deposizione a livello polmonare
Freigang ha dato inizio a una lunga
non solo rispetto ai pMDI utilizzati
tradizione di distanziatori “fai da te”,
senza distanziatore, ma anche riricercati soprattutto per la convenienza economica e più
spetto a distanziatori di volume minore.14 Come previsto
da Morén il volume maggiore riduceva la perdita sulle
recentemente come alternative a basso costo nei Paesi in
pareti interne e la forma “a pera” permetteva la decelevia di sviluppo.12 Tra il 1957 e lo sviluppo del primo distanziatore distribuito sul mercato nel 1976, furono depositati
razione e l’evaporazione.15 Tuttavia, come sottolineato
dagli stessi autori, un buon clinico ‒ a differenza di un
diversi brevetti. Dal 1970, con il crescente utilizzo degli
ingegnere, il quale avrebbe scelto certamente lo strusteroidi inalatori e vista la consapevolezza delle difficoltà
mento più efficiente ‒ deve tener conto anche dei fattori
di utilizzo dei pMDI e i buoni risultati della tecnica “open-
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
135
S
Caso clinico Titolo articolo anche lungo
la poca praticità di questi ultimi, fattore che si è dimoche incidono sulla compliance terapeutica. La facilità
strato importante nel ridurre la compliance dei pazienti,
di utilizzo e la praticità di questi dispositivi possono
rendendo quindi inutile ogni vantaggio nella qualità di
incidere maggiormente sull’impatto clinico rispetto ai
erogazione del farmaco.19
risultati degli studi in vitro.
Un decennio più tardi, la dose inalata attraverso distanziatori cilindrici di diverse lunghezze (5–50 cm) e
diametri (3–10cm) fu studiata da Barry e O’Callaghan.16
I distanziatori: le valvole
Mentre il diametro del distanziatore correlava positionostante gli evidenti vantaggi, l’uso dei
vamente con la frazione di farmaco respirabile, l’effetto
distanziatori richiede una coordinazione “handpositivo della lunghezza raggiungeva un plateau a 20 cm,
lung” tra l’erogazione e l’inalazione, e la loro efficacia in
all’incirca per un volume equivalente di 1 L, oltre il quale
pazienti che respirano a volume corrente risulta limitata.
incrementi di dimensione portavano poco beneficio. Lo
Questo problema può essere superato utilizzando dispazio utile alla decelerazione fu considerato il princistanziatori con una valvola a bassa
pale meccanismo attraverso cui un
•••
resistenza, VHC. Con l’inalazione la
distanziatore aumenta la frazione
Un distanziatore
valvola si apre, facilitando la coordirespirabile del farmaco. Questo stulungo tra 13 e 20 cm
nazione tra erogazione e inalazione.
dio evidenziò inoltre che l’emissione
dovrebbe fornire
Alcuni VHC sono dotati di due valdel farmaco viene determinata dalla
lo spazio sufficiente
vole separate, inspiratoria ed espiracombinazione tra pMDI e distanper la decelerazione
toria, prevenendo così il fenomeno
ziatore piuttosto che da un distandelle particelle
del “rebreathing”, ovvero impedenziatore “universalmente migliore”.
del farmaco.
do la respirazione di aria espirata
Lo studio di Bisgaard supportò la
nel distanziatore. Questa importesi del ‘‘plateau’’ riguardo l’effetto
tante distinzione tra distanziatori e
della lunghezza del distanziatore;
distanziatori muniti di valvola è da attribuire a Dolovich
la frazione respirabile corrispondeva a circa il 30% con
MB nel 1995,20 anche se l’utilità delle valvole era già
distanziatori lunghi più di 13 cm e si riduceva utiliz17
emersa nella decade precedente.21 Il primo distanziazando distanziatori più corti. Questo fenomeno è probabilmente correlato alla velocità delle particelle, che si
tore fornito di valvole, brevettato nel 1976 (Nebuhaler,
suppone dovrebbe rallentare fino ad essere equivalente
Astra Pharmaceuticals) era di largo volume, a forma di
al flusso inspiratorio entro una distanza di 10 cm dall’epera e presentava due valvole separate, inspiratoria ed
rogatore.18 Considerando il flusso inspiratorio di un
espiratoria. Due anni più tardi, Newhouse depositò il
bambino, un distanziatore lungo tra 13 e 20 cm dovrebbe
brevetto del primo VHC di volume ridotto.21 La valvola
era progettata in modo tale che il flusso inspiratorio
fornire lo spazio sufficiente per la decelerazione delle
deviava un lembo di gomma flessibile, consentendo il
particelle del farmaco. Questi risultati presi complessipassaggio dell’aria. I brevetti successivi utilizzarono una
vamente indicano come sia il diametro che la lunghezza
valvola contenente un singolo taglio, precursore delle
incidono sull’output in vitro e la deposizione del farmaco
moderne valvole chiamate crosscut.
a livello polmonare in vivo. Questi test, condotti con un
All’inizio degli anni ’90, l’utilizzo dell’aerosol in latintervallo tra 0 e 2 secondi tra l’erogazione e l’inizio del
tanti e bambini piccoli ricevette maggiore attenzione.
flusso a velocità costante, non è certo che possano essere
rappresentativi dell’utilizzo reale da parte dei pazienti. Il primo VHC per lattanti, modificato con la presenza
di una mascherina, fu brevettato nel 1986 da Trudell
A dispetto delle conclusioni di alcuni autori, secondo i
Medical International (Canada). Questo VHC era doquali distanziatori di volume ridotto (150–200 mL) sono
tato di una maschera la cui caratteristica più importante
paragonabili a distanziatori più voluminosi, la dose reera la ottima aderenza tra la parete della maschera e la
spirabile si è dimostrata positivamente correlabile con il
faccia del bambino. Questo dispositivo aveva, grazie a
volume del distanziatore fino a circa 1 L, oltre il quale si
16
questa caratteristica, un ridotto spazio morto ed era
raggiunge un plateau. Questi risultati sono in linea con
quelli di una recente review secondo cui distanziatori di
dotato di una valvola a più bassa resistenza rispetto ai
volume maggiore incidono sulla qualità dell’erogazione
dispositivi progettati per gli adulti. Uno studio clinico in
del farmaco. Questi vantaggi vanno bilanciati però con
doppio cieco mostrò miglioramenti clinici significativi
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
136
N
L’angolo delle società scientifiche I distanziatori: choosing wisely
in pazienti pediatrici con asma di età inferiore ai 3 anni
al broncodilatatore, anche se veniva considerato irrilesomministrando tramite questo dispositivo salbutamolo
vante per la pratica clinica. In un altro studio la frazione
rispetto a placebo.22
respirabile di sodio nedocromil si riduceva del 50% con
Nel 1992, modelli di respirazione simulanti il pattern
un ritardo di 5-10-secondi, e di circa 80% con un ritardo
respiratorio dei bambini furono utilizzati per studiare
di 20 secondi, rimarcando l’importanza della tecnica di
la terapia inalatoria nella popolazione pediatrica. Quesomministrazione anche in presenza del distanziatore.25
Barry e O’Callaghan hanno dimostrato l’impatto di altri
sti studi dimostrarono l’importanza di queste valvole a
fattori sulla deposizione di farmaco nel distanziatore; in
bassa resistenza nei bambini più piccoli che effettuano
uno studio del 1993 la riduzione nella quota di sodio crorespirazioni a volume corrente. Un limite dei primi VHC
moglicato disponibile dopo un ritardo nell’inalazione fu
pediatrici (ad esempio il Babyhaler, Glaxo Wellcome) era
contrastata utilizzando un distanziatore trattato in modo
rappresentato dal loro ampio spazio morto, inversamente
da ridurre la carica elettrostatica.26 Nel complesso quindi
proporzionale alla quantità di aerosol somministrata per
16
la letteratura ha documentato come un ritardo di inalazioatto respiratorio. La presenza delle valvole non migliora di per sé l’erogazione della terane per mancata coordinazione incide
pia, tuttavia i VHC sono superiori
significativamente sulla quantità di
Semplificare
a distanziatori non muniti di valvole
farmaco disponibile per il paziente.
l’uso dei distanziatori
in situazioni in cui è presente poca
Questo ha reso evidente la necessicoordinazione e nei pazienti che retà di una buona coordinazione nella
spirano a volume corrente. Per questo
tecnica di auto-somministrazione
#Familiarizzare con i vari tipi
di distanziatori disponibili
sono preferibili nelle diverse situaanche utilizzando i distanziatori
e su come utilizzarli
zioni in cui la respirazione a volume
#Dimostrare la tecnica di inalazione
ai pazienti
corrente è pressoché obbligata come
#Dimostrare come si usa
nei lattanti, nei bambini piccoli e nei
il distanziatore
Distanziatori:
pazienti con deficit neurologici o con
#Spiegare le procedure
le cariche elettrostatiche
dispnea acuta. La scelta del disposidi manutenzione (pulizia,
conservazione, controllo
l tema delle cariche elettivo dovrebbe prendere in consideradel funzionamento)
trostatiche influenzò lo sviluppo
zione anche il tipo di valvole in base
#Verificare con dimostrazioni
la tecnica utilizzata dal paziente
dei distanziatori dopo che O’Calal pattern respiratorio e al volume
laghan notò, durante ricerche di
corrente del paziente, specialmente
#Ripetere i controlli ad ogni visita
quando si prescrive terapia
laboratorio condotte presso il Royal
nei bambini più piccoli.
inalatoria
Children’s Hospital di Melbourne, in
#Assicurarsi che il paziente utilizzi
lo stesso dispositivo
Australia, negli anni ’80, che l’output
per ogni terapia inalatoria
del distanziatore veniva influenzaDistanziatori:
to dall’operatore. Ulteriori controlli
la sedimentazione
rivelarono che mentre un assistente
li effetti di una cattiva coordinazione
utilizzava il distanziatore direttamente, l’altro procedenonostante l’uso del distanziatore furono evidenziati
va al lavaggio della camera interna con un incremento
per la prima volta nel 1978, quando un ritardo di 5 sec tra
significativo dell’output del farmaco. Sospettando che
l’erogazione e l’inalazione fu dimostrato incrementare la
questa operazione influenzasse la carica elettrostatica
15
quota di farmaco che si deposita nel dispositivo. Anche
del distanziatore ulteriori esperimenti furono condotti
se ci furono precocemente evidenze che il distanziatore
pretrattando il dispositivo con uno spray antistatico. Anon poteva compensare completamente una esecuzione
nalogamente fu riscontrato un incremento dell’output dal
non corretta, la convinzione che i distanziatori permetdistanziatore, portando alla conclusione che l’interazione
tessero la sincronizzazione tra erogazione e inalazione
tra il distanziatore e le particelle di aerosol per via delle
persistette per oltre un decennio.23
cariche elettrostatiche riducesse la quantità di farmaco
Uno studio suggeriva che la risposta alla terbutalina
disponibile. Nel 1991, O’Callaghan predispose il primo
era immutabile in presenza di un ritardo di 5 secondi tra
distanziatore preparato applicando uno strato interno di
24
erogazione e inalazione. Nello stesso studio anche un
spray antistatico. Metodiche alternative furono proporitardo di 30 secondi era associato a una risposta ridotta
ste, tra cui ricoprire le pareti interne con sostanze quali
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G
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I
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Caso clinico Titolo articolo anche lungo
il miele o un composto grasso, per esempio la vaselina.
Lo stesso gruppo coi lavori successivi dimostrò come
utilizzando distanziatori trattati con antistatico la dose
disponibile di sodio cromoglicato aumentava del 244%.26
Il primo distanziatore costituito con materiale conduttore,
acciaio inox, senza necessità quindi di pretrattamento fu
brevettato nel 1994. Rispetto ai dispositivi tradizionali il distanziatore in acciaio inox presentava vantaggi in
termini di frazione respirabile.27 L’emivita del farmaco
risultò essere doppia rispetto ai distanziatori convenzionali, supportando il concetto che, in assenza di cariche
elettrostatiche, anche ritardi di inalazione risultano meno
problematici.26 Wildhaber et al lavorarono sui metodi per
ridurre la carica elettrostatica, sperimentando l’utilizzo di
un tovagliolo per asciugare il dispositivo, il lavaggio con
detergenti anionici, cationici, o neutri e ricoprendo le
pareti di alluminio.28 Fu la prima dimostrazione dell’importanza di indicare nel manuale d’uso anche come conservare il dispositivo. Il lavaggio con detergente riduceva o
eliminava la carica elettrostatica risultando in un aumento
dell’erogazione di farmaco. Pierart et al confermarono le
ricadute sugli aspetti clinici di questi risultati, fornendo
dimostrazione che il lavaggio con detergenti migliora la
dose di farmaco disponibile e la dose depositata a livello
polmonare, indipendentemente dal tipo di detergente.29
Crebbe così l’importanza di fornire istruzioni sul management dei device per ottenere una buona compliance
nella terapia. Fu chiaro che semplificare l’utilizzo dei distanziatori e la loro manutenzione doveva rappresentare
un obiettivo da raggiungere per ottenere dispositivi in
grado di fornire una dose di farmaco costante. La carica
eletttrostatica presente nei distanziatori in plastica infatti
riduce la quantità di farmaco somministrato sia negli
esperimenti in vitro sia in vivo. L’importanza clinica nel
rimuovere le cariche elettrostatiche risulta comunque
incerta. Rimuovere le cariche elettrostatiche aumenta la
dose disponibile di farmaco, tuttavia molti pazienti non
hanno una buona compliance, per questo possono risultare migliori distanziatori privi di cariche elettrostatiche
e quindi di particolari manutenzioni.
Distanziatori: le maschere
L
e maschere furono utilizzate nel 1970 come
interfaccia tra distanziatori nei bambini più piccoli
e rappresentano oggi una componente necessaria in quei
pazienti non in grado di attuare le corrette tecniche di
inalazione.11 Diversi fattori vanno presi in considerazione
per quanto riguarda i bambini più piccoli: innanzitutto
respirano preferibilmente con il naso con possibile riduzione della quota di deposizione polmonare del farmaco
approssimativamente del 50% e non sono in grado di
effettuare pause respiratorie, per cui respirando a volume
corrente sembrano produrre risultati clinici equivalenti;
inoltre tendono a iperventilare nella maschera.30–32 Nel
2001 fu studiata la relazione tra l’aderenza della maschera
al viso in relazione alla quota di farmaco somministrata.
Eventuali perdite di aderenza riducevano la quota di farmaco erogata dimezzandola ma un netto miglioramento
si osservava quando i genitori venivano istruiti per mantenere una buona aderenza tra la maschera e la faccia del
bimbo. In presenza di un distacco tra maschera e viso di
0,5 centimetri la quota di farmaco somministrata risultava
quasi nulla.33,34 Studi in vivo comparando i diversi tipi di
maschere hanno evidenziato come differenze di design
che influenzano l’aderenza possono risultare determinanti
sulla quantità di farmaco somministrata. Tuttavia una eccessiva aderenza può risultare “maltollerata” dai bambini e
quindi essere associata a una scarsa compliance.35 È stato
comunque evidenziato che la capacità di collaborare del
paziente è l’elemento più importante nel determinare la
dose di farmaco somministrata. Diversi tipi di inalatori
sono stati inventati con l’intento di renderli “accettabili”
dai più piccoli. Tra questi anche maschere con incorporato
un ciuccio come calmante (SootherMask, InspirX, Inc.),
disegnato per promuovere la tranquilla accettazione della
terapia per inalazione da parte dei bambini. La maschera
copriva solo il naso così che la terapia sarebbe stata inalata
solo dal naso mentre il bambino è distratto a succhiare il
ciuccio. Questo tipo di maschera però non è stata ancora
studiata applicandola a un VHC.36 Una buona aderenza
della maschera al viso è molto importante per il successo
della terapia inalatoria quando si utilizza un distanziatore
dotato di maschera. Addestrare i genitori sull’importanza
di questo fattore è fondamentale, maschere morbide e
flessibili aderiscono meglio al viso minimizzando lo stress
per il bambino.
Distanziatori: incentivi
V
ista la difficoltà a utilizzare correttamente
e con regolarità il distanziatore in età pediatrica, ci
sono stati vari tentativi di introdurre sistemi incorporati
nei dispositivi per migliorare la compliance alla terapia
inalatoria. Negli anni ’80 sono stati introdotti in commercio distanziatori che generavano un suono in risposta
L’angolo delle società scientifiche I distanziatori: choosing wisely
a una corretta inalazione o un fischio se l’inalazione era
di produrre un miglioramento significativo dal punto
troppo rapida e non lenta e profonda. Nei distanziatori
di vista clinico nella funzionalità polmonare in bambini
dotati di valvole rigide, la deflessione delle valvole è stata
di età tra i 5 e i 7 anni, mentre 2 inspirazioni a volume
sfruttata per poter contare il numero di respiri a volume
corrente attraverso un distanziatore di volume ridotto
corrente effettuati dal paziente; con l’introduzione però
possono essere sufficienti a inalare tutto il farmaco dal
di valvole più leggere questo non è più stato possibile. Nel
distanziatore.39 Se un bambino è in grado di utilizzare
un boccaglio (generalmente è possibile dopo i 5 anni)
1988, la canadese Trudell Medical International brevettò
bisogna incoraggiarne l’utilizzo dal momento che questo
uno spray con maschera dotato di una bolla di plastiaumenta la quota di farmaco di dica che rimaneva invariata a riposo
sponibile a livello polmonare rispetto
e durante la espirazione, mentre si
•••
all’utilizzo delle maschere. La “eroripiegava quando il paziente inspiraLo stesso farmaco
gazione multipla” per cui il paziente
va. Una versione modificata con un
erogato tramite pMDI
eroga diversi puffs nel distanziatore
lembo di silicone che si piega con
può fornire
prima di inalare, si è dimostrata poco
l’inspirazione fu poi distribuita in
risultati differenti
efficace; 4 erogazioni seguite da una
commercio. Nel 1990 un VHC (Opse utilizzato
inalazione profonda hanno prodotto
tihaler, Healthscan Products Inc.) fu
con distanziatori
un profilo di deposizione polmonare
commercializzato con una valvola
differenti.
migliore rispetto all’uso del pMDI
che limitava l’inspirazione fino al
senza distanziatore; tuttavia ne è rimomento dell’erogazione del farmasultata anche una maggiore quota di farmaco residua nel
co dal pMDI per migliorare la coordinazione. Feedback
distanziatore con una piccola ma significativa riduzione
sulla corretta esecuzione della manovra di inalazione da
della quota di farmaco depositata a livello polmonare
parte di sistemi elettronici potrebbero rappresentare un
rispetto alla tecnica contraddistinta da una erogazione
modo per migliorare l’aderenza alla terapia. Al momento
seguita da una inspirazione profonda, che quindi risulta
tuttavia non sono disponibili in commercio distanziatori
essere la tecnica raccomandata.
dotati di sistemi di controllo elettronici.
O’Callaghan et al dimostrarono che la tecnica delle
erogazioni multiple riduceva progressivamente la frazione
respirabile del sodio cromoglicato, secondo gli autori per
Tecnica di inalazione ottimale
un aumento nelle collisioni e agglomerazioni di partiiversamente da quanto successo per l’utilizcelle, come supportato dal riscontro di un aumento del
zo dei pMDI l’ottimizzazione della tecnica di idiametro mediano aerodinamico di massa.26 L’utilizzo
di un distanziatore con bassa carica elettrostatica si è
nalazione con pMDI+distanziatore è stata oggetto di
dimostrato ridurre l’effetto negativo di una ritardata inaminore attenzione. In uno studio del 1982 si dimostrò
lazione ma non l’effetto negativo utilizzando la tecnica
come una inspirazione lenta e profonda (30 L/min) sedelle erogazioni multiple, che riduce la quota di farmaco
guita da 10 secondi di pausa respiratoria, otteneva una
erogata al paziente contribuendo a un possibile fallimento
maggiore deposizione di farmaco a livello polmonare
terapeutico.
rispetto a un breve periodo di pausa respiratoria dopo
una inspirazione profonda o rispetto a una pausa respiratoria di 10 secondi dopo una inspirazione più rapida.37
Analogamente, utilizzando un pMDI, una inspirazione
Conclusioni
profonda fino a raggiungere la capacità vitale seguita da
distanziatori solitamente incrementano la
una pausa respiratoria di almeno 5 secondi consentiva una
quota di farmaco depositato a livello polmonare.
maggiore deposizione polmonare di farmaco rispetto a
38
Tuttavia uno specifico distanziatore può comportarsi diinspirazioni a volume corrente. Per questa ragione, nei
pazienti collaboranti, una inspirazione profonda seguita
versamente con diversi tipi di sostanze farmacologiche.
da una pausa respiratoria di almeno 10 secondi rappreAnalogamente, lo stesso farmaco erogato tramite pMDI
senta la tecnica raccomandata. Tuttavia, 5 atti a volume
può fornire risultati differenti se utilizzato con distancorrente attraverso un distanziatore di volume maggiore
ziatori differenti. La distribuzione e quindi la risposta
a forma di pera (Nebuhaler) si sono dimostrati in grado
farmacologia non può essere supposta come equivalente
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I
139
D
L’angolo delle società scientifiche I distanziatori: choosing wisely
se si utilizzano differenti distanziatori o lo stesso distanziatore con diversi pMDI. Nello sviluppo di un
pMDI per uno specifico farmaco dovrebbe pertanto
essere prevista anche la validazione di almeno uno
specifico distanziatore. Inoltre, quest’ultimo deve essere appropriato per il tipo di paziente per il quale è
previsto l’utilizzo. Dal momento che la dose di farmaco che raggiunge i polmoni è strettamente connessa
all’uso corretto dei distanziatori, chi prescrive farmaci
somministrabili tramite pMDI in combinazione con
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
140
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in grado e utilizzino regolarmente in modo corretto i
dispositivi. Per questo è importante che i prescrittori
conoscano i dispositivi disponibili in commercio, e le
diverse tecniche di utilizzo degli stessi, e che siano
in grado di valutare la tecnica adoperata dal paziente
e che sia quella più appropriata per quello specifico
paziente
.
Gli autori dichiarano di non avere
nessun conflitto di interesse.
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38. Roller CM, Zhang G, Troedson RG, Leach CL, Le Souëf PN,
Devadason SG. Spacer inhalation technique and deposition of
extrafine aerosol in asthmatic children. Eur Respir J 2007; 29:299–306.
39. Schultz A, Le Souëf TJ, Venter A, Zhang G, Devadason SG,
Le Souëf PN. Aerosol inhalation from spacers and valved holding
chambers requires few tidal breaths for children. Pediatrics. 2010;
126:1493-1498.
[quiz]
Test
di autovalutazione
1. In età pediatrica i farmaci
più spesso responsabili
di reazioni avverse sono:
a.antinfiammatori non steroidei;
b. antibiotici beta-lattamici;
c.macrolidi;
d.aminoglicosidi.
2. Quale patologia
presenta un rischio aumentato
di reazioni allergiche
agli antibiotici?
a.Celiachia.
b.Fibrosi cistica.
c.Faringotonsillite.
d.Ipotiroidismo.
3. In che percentuale
i pediatri seguono le linee guida
internazionali nella gestione
del Reflusso Gastro-Esofageo?
a.< 2%;
b.<10%;
c.50%;
d.>60%.
4. Nei lattanti,
i fattori determinanti i sintomi
da reflusso gastroesofageo postprandiale sono tutti ECCETTO:
a.il volume dei nutrienti ingeriti;
b.la distensione gastrica da
iperalimentazione;
c.l’aumentata acidità gastrica;
d.la distensione gastrica da
involontaria ingestione di aria.
8. Per valutare l’avvenuta
eradicazione dell’HP è necessario:
a.ripetere l’EGDS;
b.ricercare gli anticorpi specifici
nel sangue;
c.eseguire l’Urea Breath Test;
d.b+c.
9. Le cure palliative pediatriche
(CPP) iniziano:
5. In che percentuale
le faringotonsilliti nei bambini
>5 anni sono causate
dallo streptococco β emolitico
di gruppo A?
a.<5%;
b.10%-20%;
c.30%-40%;
d.>80%.
6. L’ottimizzazione
della tecnica di inalazione
con pMDI + distanziatore
nei pazienti collaboranti prevede:
a.inspirazione lenta e profonda,
seguita da una pausa respiratoria
di almeno 10 secondi;
b.pausa respiratoria breve
dopo una inspirazione profonda;
c.pausa respiratoria di 10 secondi
dopo una inspirazione rapida;
d.inspirazioni a volume corrente.
a.alla diagnosi di terminalità;
b.alla diagnosi di in guaribilità;
c.nella fase di lutto;
d.nella fase di elaborazione del lutto.
10. I bambini eleggibili
alle CPP sono:
a.bambini in fase terminale;
b.bambini affetti da malattie
croniche;
c.bambini affetti da malattie croniche
inguaribili con bisogni complessi;
d.bambini oncologici.
7. Se il Breath test per la ricerca
dell’Helicobacter Pylori
risulta positivo bisogna:
a. trattare il bambino con terapia
antibiotica direttamente;
b.eseguire prima EGDS;
c.cercare l’Helicobacter
anche nelle feci;
d.ripetere il test dopo un mese
per conferma.
Le risposte esatte
saranno pubblicate
sul prossimo numero
della rivista.
Quiz Test di autovalutazione
Le risposte
del numero
precedente
1. In Italia lo Streptococcus pneumoniae mostra: resistenza ai macrolidi nel 40% dei casi.
Risposta corretta: B
Nei bambini italiani lo Streptococcus
pneumoniae mostra una ridotta sensibilità alle penicilline in almeno il 15% dei
casi ed ai macrolidi nel 40% dei casi. La
percentuale di pneumococchi totalmente resistenti ai β-lattamici è circa il 2%.
2. In caso di acalasia : la diagnosi
avviene nella maggior parte dei
casi dopo diversi anni dalla comparsa dei sintomi.
Risposta corretta: C
AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015
142
Il ritardo diagnostico per l’acalasia rappresenta la regola piuttosto che l’eccezione. Alcune casistiche riportano un
ritardo medio di 4–6 anni, in altre il ritardo arriva a 10 anni. Questo avviene
a causa delle caratteristiche epidemiologiche in quanto è una malattia rara,
ma anche per l’estrema eterogeneità e
aspecificità dei sintomi.
3. Il MODY-2 (mutazione del gene
della Glucochinasi) può comportare i seguenti sintomi ad eccezione
di: obesità prevalentemente addominale.
Risposta corretta: C
Il MODY-2 è un diabete dovuto alla alterazione del “sensore” della beta cellula che comporta un “innesco” della
secrezione insulinica a livelli più elevati
di glicemia sia a digiuno che dopo pasto.
Per tale motivo è un “diabete magro” e
non si associa, di solito, ad obesità.
4. Il MODY-3 (mutazione del gene
HNF1alfa) può comportare i seguenti sintomi ad eccezione di:
insorgenza nei primi anni di vita a
addirittura in epoca neonatale.
Risposta corretta: C
I pazienti che nascono con la mutazione
del gene HNF1alfa hanno un patrimonio
beta cellulare ridotto: si nasce con un minor numero di beta cellule pancreatiche.
Ciò comporta che la secrezione insulinica
in risposta alle iperglicemie è sufficiente
nelle prime epoche della vita e nell’età
di latenza e diviene insufficiente in pubertà quando l’ormone della crescita
(GH) crea una relativa insulinoresistenza
ed iperglicemia. L’esordio, quindi, avviene in adolescenza o nel giovane adulto.
5. Quante sono le sindromi malformative attualmente descritte?
8000
Risposta corretta: D
Sono 8000 anche se solo 1500 di esse
hanno una consolidata nosografia, mentre le altre 6500 circa rappresentano
casi isolati o familiari sporadici.
6.
Quando bisogna pensare ad
una sindrome malformativa? Se il
bambino presenta: dismorfismi
facciali, malformazioni maggiori,
problemi di crescita e ritardo psicomotorio
Risposta corretta: A
Nel concetto di sindrome è insito il concetto di coinvolgimento contemporaneo
e/o sequenziale di più organi o apparati,
quindi le anomalie isolate o familiari non
rappresentano un elemento sufficiente
per parlare di sindrome, anche se meritano comunque una valutazione genetica.
7. La “Non Celiac Gluten Sensitivity “ (NCGS) presenta le seguenti
caratteristiche ECCETTO: assenza di
anticorpi antigliadina di classe G.
Risposta corretta: C
È stata segnalata la presenza di un alto
titolo per anticorpi antigliadina di classe
G (AGA-IgG 56,4% in NCGS versus 81%
della celiachia). Da segnalare però che
gli AGA IgG sono stati dimostrati anche
in altre condizioni come le patologie
autoimmuni del fegato, la sindrome
dell’intestino irritabile, o disordini del
tessuto connettivo, oltre che nella popolazione sana (2–8%).
8. Quali sono le attuali raccoman-
dazioni dell’American Academy of
Pediatrics (AAP) sull’utilizzo del
Palivizumab nella prematurità?
<29 settimane EG per il primo anno di vita.
Risposta corretta: C
Le ultime linee guida dell’AAP pubblicate nel 2014 raccomandano la profilassi
con Palivizumab nei bambini con EG <29
settimane per il primo anno di vita. In
attesa delle nuove raccomandazioni italiane, al momento in Italia la profilassi è
suggerita nei bambini <2 anni di età con
broncodisplasia e cardiopatia emodinamicamente significativa. Per quanto riguarda i bambini prematuri viene indicata la profilassi nei prematuri di età inferiore ad un anno ed EG <32 settimane in
assenza di altri fattori concomitanti o EG
tra 33 e 35 settimane in presenza di almeno due fattori di rischio associati.
9. Quale terapia va effettuata nei
pazienti affetti da bronchiolite?
Terapia di supporto
Risposta corretta: A
La bronchiolite è una malattia autolimitante ad eziologia virale. La terapia pertanto è sostanzialmente di supporto e si
basa su: un’accurata pulizia delle alte vie
aeree, supplementazione di ossigeno
per valori di SpO2 < 90–92% e terapia
reidratante in presenza di segni di disidratazione.
10.
Quale dei seguenti meccanismi sembra essere alla base delle
sequele a distanza dell’infezione da
Virus Respiratorio Sinciziale (VRS)?
Shift immunologico Th1-Th2
Risposta corretta: B
Numerosi studi dimostrano come l’infezione da VRS sia associata allo shift Th1Th2 e quindi alla successiva iperproduzione locale di citochine del pattern Th2.
La persistenza a lungo termine di questo
tipo di risposta infiammatoria rappresenta il meccanismo patogenetico alla
base dell’insorgenza di wheezing e asma
e potrebbe supportare l’ipotesi di risposte inappropriate ad aeroallergeni e
dunque dell’aumentato rischio di sensibilizzazione allergica nei pazienti con
pregresso VRS.
Riassunto delle caratteristiche di prodotto Synagis 100 mg/ml soluzione iniettabile
1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE
SYNAGIS 100 mg/ml soluzione iniettabile.
2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA
1 ml di SYNAGIS contiene 100 mg di palivizumab*. Ciascun flaconcino da 0,5 ml contiene 50 mg di palivizumab. Ciascun flaconcino
da 1 ml contiene 100 mg di palivizumab. *Palivizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato ricombinante prodotto da tecnologia DNA nelle cellule ospiti del mieloma del topo. Per l’elenco
completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
3. FORMA FARMACEUTICA
Soluzione iniettabile. La soluzione è limpida o leggermente opalescente.
4. INFORMAZIONI CLINICHE
4.1 Indicazioni terapeutiche SYNAGIS è indicato nella prevenzione
di gravi affezioni del tratto respiratorio inferiore, che richiedono
ospedalizzazione, provocate dal virus respiratorio sinciziale (VRS) in
bambini ad alto rischio di malattia VRS: • Bambini nati con età gestazionale uguale o inferiore alle 35 settimane e con un’età inferiore ai 6 mesi all’esordio dell’epidemia stagionale da VRS. •
Bambini di età inferiore ai 2 anni che sono stati trattati per displasia broncopolmonare negli ultimi 6 mesi. • Bambini di età inferiore
ai 2 anni con malattia cardiaca congenita emodinamicamente significativa. 4.2 Posologia e modo di somministrazione Posologia La dose raccomandata di Palivizumab è 15 mg per chilo di peso
corporeo, da somministrare una volta al mese durante i periodi in
cui si prevede il rischio di VRS nella comunità. Il volume (espresso
in ml) di // Palivizumab // deve essere somministrato una volta al
mese ad intervalli = [peso del paziente in kg] moltiplicato per 0,15.
Quando possibile, la prima dose deve essere somministrata prima
dell’inizio della stagione critica. Dosi successive devono essere somministrate una volta al mese durante il periodo di rischio. Non è stata
stabilita l’efficacia di palivizumab a dosi diverse da 15 mg per kg, o
a dosaggi differenti da una volta al mese durante la stagione del
VRS. La maggior parte delle esperienze, inclusi importanti studi clinici di fase III, con palivizumab sono state acquisite con 5 iniezioni
durante una stagione (vedere paragrafo 5.1). Dati, seppure limitati,
sono disponibili su più di 5 dosi (vedere paragrafi 4.8 e 5.1), pertanto
non è stato stabilito il beneficio in termini di protezione al di sopra
delle 5 dosi. Per ridurre il rischio di ripetuti ricoveri ospedalieri, nei
bambini che assumono palivizumab che sono stati ricoverati per
VRS, si raccomanda di continuare la somministrazione di dosi mensili di palivizumab per la durata della stagione del VRS. Per i bambini sottoposti a by-pass cardiaco, si raccomanda di somministrare
una iniezione di 15 mg/kg di peso corporeo di palivizumab non appena si sia stabilizzato dopo l’intervento per assicuare adeguati livelli sierici di palivizumab. Dosi successive devono riprendere
mensilmente durante la restante stagione VRS per i bambini che
continuano ad esser ad alto rischio di infezione VRS (vedere paragrafo 5.2). Modo di somministrazione Palivizumab viene somministrato per via intramuscolare, preferibilmente nella parte
anterolaterale della coscia. Il muscolo del gluteo non deve essere
usato spesso come sito di iniezione poiché si rischia di danneggiare
il nervo sciatico. L’iniezione dev’essere eseguita attraverso la tecnica asettica standard. Le quantità di medicinale superiori ad 1 ml
devono essere somministrate in dosi separate. SYNAGIS soluzione
iniettabile è una formulazione pronta per l'uso. Per le istruzioni su
particolari esigenze di trattamento, vedere paragrafo 6.6. 4.3 Controindicazioni Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi
degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1, o verso altri anticorpi monoclonali umanizzati. 4.4 Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego Sono state riportate reazioni allergiche inclusi casi molto rari
di anafilassi e shock anafilattico in seguito a somministrazione di palivizumab. In alcuni casi, sono stati riportati decessi (vedere paragrafo 4.8). Devono essere disponibili prodotti medicinali per il
trattamento di gravi reazioni di ipersensibilità, inclusa l’anafilassi e
lo shock anafilattico, da usarsi immediatamente dopo la somministrazione di palivizumab. L’uso del palivizumab può essere rimandato in presenza di infezioni gravi o moderate o in presenza di
affezioni febbrili, a meno che il medico non giudichi il ritardo nella
somministrazione del palivizumab come un ulteriore fattore di rischio. Una sindrome febbrile moderata, come per esempio infezione lieve del tratto respiratorio superiore, non comporta
solitamente il rinvio della somministrazione del palivizumab. Palivizumab deve essere somministrato con cautela in pazienti con trombocitopenia o altri problemi di coagulazione. L’efficacia del
palivizumab quando somministrato a pazienti come secondo ciclo
di trattamento nel corso di una nuova stagione epidemica VRS non
è stata formalmente valutata in uno studio con questo obiettivo. Il
possibile rischio di insorgenza di infezione VRS nella seconda stagione epidemica nella quale i pazienti sono stati trattati con palivizumab non è stato definitivamente escluso con studi atti a valutare
questo particolare aspetto. 4.5 Interazioni con altri medicinali ed
altre forme d’interazione Non sono stati condotti studi specifici di
interazione con altri medicinali. Negli studi clinici di fase III sull’incidenza di VRS nella popolazione pediatrica nata prematura e con
displasia broncopolmonare, i pazienti che ricevevano placebo e i
pazienti che ricevevano palivizumab ai quali erano anche stati somministrati vaccini di routine per l’infanzia, vaccino dell’influenza,
broncodilatatori o corticosteroidi, hanno presentato una distribuzione simile e non sono stati osservati aumenti delle reazioni avverse tra i pazienti trattati con questi farmaci. Poiché l’anticorpo
monoclonale è specifico per il virus respiratorio sinciziale, il palivizumab non dovrebbe interferire con la risposta immunitaria ai vaccini. Palivizumab può interferire con test diagnostici per il VRS a
base immunitaria, come con alcuni test basati sull’individuazione
dell’antigene. Inoltre, il palivizumab inibisce la replicazione del virus
in coltura cellulare e, pertanto, può anche interferire con i test di
coltura virale. Palivizumab non interferisce con i test basati sulla
reazione della catena della polimerasi a trascrittasi inversa. L’interferenza sui test potrebbe portare a risultati dei test diagnostici al
VRS falsi-negativi. Pertanto, i risultati dei test diagnostici, quando
ottenuti, devono essere utilizzati in congiunzione con i risultati clinici per guidare le decisioni mediche. 4.6 Fertilità, gravidanza e allattamento Non pertinente. SYNAGIS non è indicato per l’uso negli
adulti. Non sono disponibili dati sull’uso in fertilità, gravidanza e durante l’allattamento. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli
e sull’uso di macchinari Non pertinente. 4.8 Effetti indesiderati
Sommario del profilo di sicurezza Le reazioni avverse più gravi
che si verificano con palivizumab sono l’anafilassi e altre reazioni
acute di ipersensibilità. Le reazioni avverse più comuni che si verificano con palivizumab sono febbre, eruzione cutanea e reazioni al
sito di iniezione. Tabella delle reazioni avverse Le reazioni avverse sia cliniche che di laboratorio, verificatisi in studi condotti su
pazienti pediatrici prematuri e con displasia broncopolmonare ed
in pazienti con malattia cardiaca pediatrica congenita, sono elencate
secondo la classificazione per sistemi e organi e per frequenza
(molto comune ≥1/10; comune ≥1/100 a<1/10; non comune
≥1/1000, <1/100; raro ≥ 1/10000 a <1/1000). Le reazioni avverse
identificate tramite sorveglianza post-marketing sono segnalate volontariamente da una popolazione di dimensione incerta; non sempre è possibile stimare in modo attendibile la loro frequenza o
stabilire una relazione causale con l'esposizione al palivizumab. La
frequenza di queste reazioni avverse (RA), come riportato nella tabella sottostante è stata stimata utilizzando i dati di sicurezza dei
due studi clinici di registrazione. L'incidenza di queste reazioni in
questi studi non hanno mostrato alcuna differenza tra i gruppi palivizumab e placebo e le reazioni non erano correlate al farmaco.
Segnalazioni degli effetti indesiderati negli studi clinici* e
post-marketing in pazienti pediatrici
MedDRA Classificazione
Frequenza
RA
per sistemi e organi
Patologie del sistema
Non comune Trombocitopenia#
emolinfatico
Disturbi del sistema
Non nota
Anafilassi, shock
anafilattico
immunitario
(in alcuni casi,
sono stati
riportati
decessi.)#
Patologie del sistema
Non comune Convulsioni#
nervoso
Patologie respiratorie,
Comune
Apnea#
toraciche e mediastiniche
Patologie della cute e del
Molto comune Eruzione cutanea
tessuto sottocutaneo
Non comune Orticaria#
Patologie sistemiche e
Molto comune Febbre
condizioni relative alla sede
di somministrazione
Comune
Reazione al sito
di iniezione
*Per la descrizione completa dello studio, vedere il Paragrafo 5.1
Studi clinici #RA identificate dalla sorveglianza post-marketing
Descrizione delle reazioni avverse selezionate Esperienza postmarketing. Sono state valutate reazioni avverse spontanee gravi
post-marketing riportate durante il trattamento con palivizumab tra
il 1998 ed il 2002 che hanno coperto quattro stagioni epidemiche
VRS. E’ stato ricevuto un totale di 1291 segnalazioni gravi in cui il
palivizumab era stato somministrato come indicato e la durata della
terapia era nell’arco di una stagione. La comparsa di reazioni avverse è avvenuta dopo la sesta dose o oltre, in solo 22 di queste
segnalazioni (15 dopo la sesta dose, 6 dopo la settima ed 1 dopo
l’ottava dose). Queste reazioni avverse hanno caratteristiche simili
a quelli dopo le iniziali 5 dosi. Il programma di trattamento con palivizumab e le reazioni avverse sono state monitorate in un gruppo
di circa 20000 bambini seguiti attraverso un programma di adesione dei pazienti al trattamento, tra il 1998 ed il 2000. Di questo
gruppo, 1250 bambini arruolati hanno avuto 6 iniezioni, 183 ne
hanno avute 7 e 27 ne hanno avute 8 o 9. Reazioni avverse osservate in pazienti dopo la sesta dose o oltre hanno presentato caratteristiche e frequenza simili a quelle dopo le iniziali 5 dosi. In uno
studio osservazionale post-marketing basato su database è stato
osservato un piccolo incremento della frequenza di asma tra i pazienti pretermine trattati con palivizumab; tuttavia, la relazione causale è incerta. Segnalazione di sospette reazioni avverse La
segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo
l’autorizzazione del medicinale è importante in quanto permette un
monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite l’Agenzia Italiana del Farmaco, sito
web: http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/responsabili. 4.9 Sovradosaggio In studi clinici, tre bambini sono stati sottoposti a dosi superiori a 15 mg/kg. Queste dosi sono state di 20,25 mg/kg, 21,1
mg/kg e 22,27 mg/kg. Non sono state evidenziate conseguenze cliniche in questi soggetti. Dall’esperienza post-marketing, sono stati
riportati sovradosaggi con dosi fino a 85 mg/kg e in alcuni casi, le
reazioni avverse riportate non erano differenti da quelle osservate
con la dose di 15 mg/kg (vedere paragrafo 4.8). In caso di sovradosaggio, si raccomanda di monitorare il paziente per eventuali
segni o sintomi di reazioni o effetti avversi e di istituire immediatamente un appropriato trattamento sintomatico.
5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE
5.1 Proprietà farmacodinamiche Categoria farmacoterapeutica:
immunoglobuline siero immune, Immunoglobuline specifiche; codice ATC J06BB16. Il palivizumab è un anticorpo monoclonale IgG1K
umanizzato diretto contro un epitopo nel sito antigenico A della proteina di fusione del virus respiratorio sinciziale (VRS). Questo anticorpo monoclonale umanizzato ha una sequenza anticorpale di
natura umana (95%) e murina (5%). Ha una potente attività neutralizzante e inibitoria dei meccanismi di fusione nei confronti del
VRS sia nei ceppi del sottotipo A che in quelli del sottotipo B. Nei ratti
del cotone, concentrazioni sieriche di palivizumab approssimativamente di 30 µg/ml hanno dimostrato di produrre una riduzione della
replicazione del VRS del 99% a livello polmonare. Studi in vitro
dell’attività antivirale L'attività antivirale di palivizumab è stata valutata in un test di microneutralizzazione in cui concentrazioni crescenti di anticorpo sono state incubate con VRS prima dell'aggiunta
delle cellule epiteliali umane HEp-2. Dopo un periodo di incubazione
di 4-5 giorni, l'antigene VRS è stato misurato in un saggio immunoenzimatico (ELISA). Il titolo di neutralizzazione (50% concentrazione efficace [EC50]) è espresso come la concentrazione anticorpale
in grado di ridurre il rilevamento dell'antigene VRS del 50% rispetto
alle cellule infettate con il virus non trattate. Palivizumab mostra valori medi di EC50 pari a 0,65 µg/ml (media [deviazione standard] =
0,75 [0,53] µg/ml, n = 69, intervallo 0,07-2,89 µg/ml) e di 0,28
µg/ml (media [deviazione standard] = 0,35 [0,23] µg/ml, n = 35,
intervallo 0,03-0,88 µg/ml), rispettivamente nei VRS A e VRS B isolati clinici. La maggior parte degli isolati clinici VRS testati (n = 96)
sono stati prelevati da soggetti negli Stati Uniti. Resistenza Palivizumab si lega ad una regione altamente conservata nel dominio
extracellulare della proteina F matura del VRS, indicato come sito
antigenico II o sito antigenico A, che comprende gli amminoacidi
262-275. Un'analisi genotipica condotta su 126 isolati clinici da 123
bambini che hanno fallito l'immunoprofilassi, tutti i mutanti VRS che
mostravano resistenza al palivizumab (n = 8) hanno evidenziato
modifiche di aminoacidi in questa regione della proteina F. Non è
stata mostrata nessuna variazione nella sequenza polimorfica o non
polimorfica al di fuori del sito antigenico A della proteina F del VRS
che renda VRS resistente alla neutralizzazione da palivizumab. In
questi 8 isolati clinici VRS è stata identificata almeno una resistenza
al palivizumab associata alle sostituzioni amminoacidiche N262D,
K272E/Q o S275F/L con una conseguente frequenza di resistenza
associata a mutazione del 6,3%. L’analisi dei dati clinici non ha evidenziato un'associazione tra le modifiche della sequenza del sito
antigenico A e la gravità della malattia VRS nei bambini che ricevono
l’immunoprofilassi con palivizumab e sviluppano la malattia VRS del
tratto respiratorio inferiore. L’analisi di 254 isolati clinici VRS raccolti da soggetti naïve all’immunoprofilassi ha riscontrato una resistenza al palivizumab associata a 2 sostituzioni (1 con N262D e 1
con S275F), con una conseguente frequenza di resistenza associata a mutazione dello 0,79%. Immunogenicità Anticorpi anti-palivizumab sono stati riscontrati approssimativamente nell’1% dei
pazienti nello studio IMpact-RSV durante la prima fase della terapia.
E’ stato un fenomeno transitorio di basso titolo, risolto nonostante
l’uso continuato (prima e seconda stagione), e non è stato evidenziato su 55 dei 56 neonati durante la seconda stagione (inclusi 2 con
titolazione durante la prima stagione). L’immunogenicità non è stata
indagata nello studio sulla malattia cardiaca congenita. Anticorpi
verso il palivizumab sono stati valutati in quattro ulteriori studi in
4337 pazienti (bambini nati a 35 settimane di gestazione o meno e
6 mesi di età o meno, o 24 mesi di età o meno con displasia broncopolmonare, o con significativa malattia cardiaca congenita emodinamicamente significativa quando venivano inclusi in questi studi)
e sono stati osservati in 0% - 1,5% di pazienti a differenti intervalli
degli studi. Non è stata osservata nessuna associazione tra la presenza di anticorpi ed eventi avversi. Pertanto, le risposte immunitarie all’anticorpo anti-farmaco (anti-drug antibody, ADA) sembrano
essere non clinicamente rilevanti. Studi clinici con palivizumab
liofilizzato In uno studio clinico controllato con placebo nella profilassi del VRS (studio IMpact-RSV) effettuata su 1502 bambini ad
alto rischio (1002 SYNAGIS; 500 placebo), 5 dosi mensili di 15
mg/kg hanno ridotto l’incidenza dell’ospedalizzazione legata al VRS
del 55% (p=<0,001). La percentuale di ospedalizzazione dovuta a
virus respiratorio sinciziale nel gruppo placebo è stata del 10,6%. Su
questa base, la riduzione del rischio assoluto è pari al 5,8% che significa che il numero di pazienti da trattare necessario per prevenire una ospedalizzazione è 17. La gravità della infezione da VRS in
bambini ospedalizzati, nonostante la profilassi con palivizumab, non
ha ridotto percentualmente nè i giorni di degenza in terapia intensiva nè i giorni di respirazione meccanica assistita. Un totale di 222
bambini sono stati arruolati in due studi separati per esaminare la
sicurezza del palivizumab quando somministrato per la seconda
stagione VRS. Centotre (103) bambini hanno ricevuto mensilmente
iniezioni di palivizumab per la prima volta, e 119 bambini hanno ricevuto palivizumab per due stagioni consecutive. Non è stata osservata differenza tra i gruppi per quanto riguarda l’immunogenicità
in entrambi gli studi. Comunque, siccome l’efficacia del palivizumab quando somministrato a pazienti come secondo ciclo di trattamento durante l’insorgenza della stagione VRS non è stata
formalmente investigata in uno studio condotto con questo obiettivo,
è sconosciuta la rilevanza di questi dati in termini di efficacia. In uno
studio clinico prospettico in aperto disegnato per la valutazione della
farmacocinetica, della sicurezza e dell’immunogenicità dopo la
somministrazione di 7 dosi di palivizumab nell’arco di una singola
stagione VRS, dati di farmacocinetica hanno indicato che adeguati
livelli medi di palivizumab erano stati raggiunti in tutti i 18 bambini
reclutati. Livelli anticorpali bassi e transitori di anticorpi anti-palivizumab sono stati osservati in un bambino dopo la seconda dose di
palivizumab e tali anticorpi si sono ridotti ad un livello non misurabile alla quinta e settima dose. In uno studio controllato con placebo
su 1287 pazienti di età ≤24 mesi con malattia cardiaca congenita
emodinamicamente significativa (639 SYNAGIS; 648 placebo) 5 dosi
mensili di 15 mg/kg di SYNAGIS hanno ridotto l’incidenza di ospedalizzazione da VRS del 45% (p = 0,003) (studio sulla malattia cardiaca congenita). I gruppi erano equamente bilanciati tra pazienti
cianotici e non cianotici. La percentuale di ospedalizzazione da VRS
è stata del 9,7% nel gruppo placebo e del 5,3% nel gruppo SYNAGIS. Il secondo obiettivo dello studio sull’efficacia su 100 bambini ha
mostrato significative riduzioni nel gruppo SYNAGIS rispetto a quello
placebo sul totale dei giorni di ospedalizzazione per VRS (riduzione
del 56%, p = 0,003) e sul totale dei giorni di VRS con l’aggiunta di
un supplemento di ossigeno (riduzione del 73%, p=0,014). Uno studio osservazionale retrospettivo è stato condotto in bambini con disturbi cardiaci congeniti emodinamicamente significativi (HSCHD)
per confrontare il verificarsi di gravi eventi avversi primari (infezione, aritmia e morte) tra coloro che hanno ricevuto la profilassi
con SYNAGIS (1009) e coloro che non l’hanno ricevuta (1009) combinati per età, tipo di lesione cardiaca e precedente chirurgia correttiva. L’incidenza di aritmia e di morte è stata simile sia nei
bambini che hanno ricevuto la profilassi sia nei bambini che non
l’hanno ricevuta. L’incidenza di infezione è stata inferiore nei bambini che hanno ricevuto la profilassi rispetto a quelli che non
l’hanno ricevuta. I risultati dello studio indicano che il rischio di
grave infezione, grave aritmia o morte nei bambini con disturbi cardiaci congeniti emodinamicamente significativi associati alla profilassi con SYNAGIS non è aumentato rispetto ai bambini che non
hanno ricevuto la profilassi. Studi usando palivizumab liquido
Sono stati condotti due studi clinici per confrontare direttamente la
formulazione liquida e quella liofilizzata di palivizumab. Nel primo
studio, tutti i 153 neonati prematuri hanno ricevuto entrambe le
formulazioni in sequenze diverse. Nel secondo studio, 211 e 202
neonati prematuri o bambini con una malattia polmonare cronica
hanno ricevuto rispettivamente palivizumab liquido e liofilizzato. In
due studi supplementari, palivizumab liquido è stato utilizzato come
controllo attivo (3918 soggetti pediatrici) per valutare un anticorpo
monoclonale in fase di sperimentazione per la profilassi della malattia da VRS grave nei neonati prematuri o in bambini con malattia
polmonare cronica o con una malattia cardiaca emodinamicamente
significativa (vedere di seguito per ulteriori dettagli su questi due
studi). Il tasso globale e lo schema degli eventi avversi, l’analisi della
sospensione del trattamento a causa degli eventi avversi, e il numero di decessi riportati in questi studi clinici sono stati coerenti con
quelli osservati durante i programmi di sviluppo clinico per la formulazione liofilizzata. Nessun decesso è stato considerato correlato al palivizumab e non sono stati identificati nuovi eventi avversi
in questi studi. Neonati pretermine e bambini con Malattia Polmonare Cronica di Prematurità (BPD): in questo studio, condotto in
347 centri nel Nord America, Unione Europea e altri 10 paesi, hanno
studiato i pazienti con un’età pari o inferiore a 24 mesi con BPD e
pazienti con nascita prematura (inferiore o uguale a 35 settimane
di gestazione), che avevano un’età pari o inferiore a 6 mesi all'inizio dello studio. I pazienti con malattia cardiaca congenita emodinamicamente significativa sono stati esclusi da questo studio e
sono stati studiati in uno studio separato. In questo studio, i pazienti sono stati randomizzati per ricevere 5 iniezioni mensili di 15
mg/kg di palivizumab liquido (N = 3306), utilizzato come controllo
attivo di un anticorpo monoclonale in fase di sperimentazione (N =
3329). La sicurezza e l’efficacia sono state monitorate in questi
soggetti per 150 giorni. Il novantotto per cento di tutti i pazienti che
hanno ricevuto palivizumab hanno completato lo studio e il 97% ha
ricevuto tutte e cinque le iniezioni. L'endpoint primario era l'incidenza di ospedalizzazione da VRS. Ricoveri per VRS si sono verificati in 62 dei 3306 (1,9%) pazienti nel gruppo palivizumab. Il tasso
di ospedalizzazione VRS osservato nei pazienti arruolati con una
diagnosi di BPD era 28 su 723 (3,9%) e nei pazienti arruolati con
una diagnosi di prematurità senza BPD era 34 su 2583 (1,3%).
Studio 2 CHD: questo studio, condotto in 162 centri in Nord America, Unione Europea e altri 4 paesi, per oltre due stagioni di VRS,
ha studiato i pazienti con un’età pari o inferiore a 24 mesi con CHD
emodinamicamente significativa. In questo studio, i pazienti sono
stati randomizzati a ricevere 5 iniezioni mensili di 15 mg/kg di palivizumab liquido (N = 612), utilizzato come controllo attivo di un
anticorpo monoclonale in fase di sperimentazione (N = 624). I soggetti sono stati stratificati in base alla lesione cardiaca (cianotico vs
altro) e la sicurezza e l’efficacia sono state monitorate per 150
giorni. Il novantasette per cento di tutti i pazienti che hanno ricevuto palivizumab hanno completato lo studio e il 95% ha ricevuto
tutte e cinque le iniezioni. L'endpoint primario era una sintesi degli
eventi avversi ed eventi avversi gravi, e l'endpoint secondario era
l'incidenza di ospedalizzazione da VRS. L'incidenza di ospedalizzazione da VRS era di 16 su 612 (2,6%) nel gruppo palivizumab.
5.2. Proprietà farmacocinetiche Formulazione liofilizzata di
palivizumab In studi su volontari adulti, il palivizumab ha mostrato
un profilo farmacocinetico simile ad un anticorpo umano IgG1 in
relazione al volume di distribuzione (in media 57 ml/kg) e all’emivita (in media 18 giorni). In studi di profilassi su popolazioni pediatriche di prematuri con displasia broncopolmonare, l’emivita media
di palivizumab è stata di 20 giorni e dosi mensili intramuscolari di
15 mg/kg hanno raggiunto concentrazioni sieriche medie di principio attivo al giorno 30 di circa 40 µg/ml dopo la prima iniezione,
circa 60 µg/ml dopo la seconda iniezione, circa 70 µg/ml dopo la
terza e la quarta iniezione. In uno studio sulla malattia cardiaca
congenita dosi mensili per via intramuscolare di 15 mg/kg hanno
raggiunto mediamente in 30 giorni il valore minimo di concentrazioni sieriche di principio attivo che è approssimativamente di 55
µg/ml dopo la prima iniezione e approssimativamente di 90 µg/ml
dopo la quarta iniezione. Nello studio sulla malattia cardiaca congenita, dei circa 139 bambini che hanno ricevuto palivizumab, in
quelli che avevano subito by-pass cardiopolmonare e per i quali
erano disponibili campioni accoppiati di siero, la concentrazione
sierica media di palivizumab è stata approssimativamente di 100
µg/ml prima del by-pass cardiaco e diminuita ad approssimativamente 40 µg/ml dopo il by-pass. Formulazione liquida di palivizumab La farmacocinetica e la sicurezza della formulazione liquida
di palivizumab e della formulazione liofilizzata, dopo una somministrazione per via intramuscolare di 15 mg/kg, sono stati confrontati in uno studio cross-over di 153 bambini di età inferiore o
uguale a 6 mesi con una storia di prematurità (inferiore o pari a 35
settimane di età gestazionale). I risultati di questo studio indicano
che le concentrazioni sieriche di palivizumab erano simili tra la formulazione liquida e la formulazione liofilizzata dimostrando la bioequivalenza tra la formulazione liquida e la formulazione liofilizzata.
5.3 Dati preclinici di sicurezza In studi tossicologici monodose
condotti su scimmie (dose massima 30 mg/kg), conigli (dose massima 50 mg/kg) e ratti (dose massima 840 mg/kg), non sono stati
rilevati dati significativi. Studi eseguiti su roditori non hanno dimostrato un incremento della riproduzione di VRS, o patologie indotte
da VRS o la generazione di virus mutanti in presenza di palivizumab
nelle condizioni sperimentali adottate.
6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE
6.1 Elenco degli eccipienti Istidina, Glicina, Acqua per preparazioni iniettabili. 6.2 Incompatibilità Questo medicinale non deve
essere miscelato con altri medicinali. 6.3 Periodo di validità 3
anni. 6.4 Precauzioni particolari per la conservazione Conservare in frigorifero (2°C - 8°C). Non congelare. Conservare il flaconcino nella confezione esterna per proteggerlo dalla luce. 6.5
Natura e contenuto del contenitore Flaconcini monouso: capacità di 3 ml, trasparente, flaconcino di vetro di tipo I incolore con un
tappo di clorobutile e sigillo flip-off contenente 0,5 ml o 1 ml di soluzione iniettabile. Confezione da 1 pezzo. 6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione Non miscelare la
formulazione liquida di palivizumab con quella liofilizzata. Non diluire il prodotto. Non agitare il flaconcino. Sia il flaconcino da 0,5 ml
che da 1 ml contengono una quota in più che permette il prelievo
di 50 mg o di 100 mg, rispettivamente. Per la somministrazione, rimuovere l’aletta di alluminio dal cappuccio del flaconcino e pulire
il tappo con etanolo al 70% o equivalente. Inserire l'ago nel flaconcino e prelevare dalla siringa il volume appropriato di soluzione.
La soluzione iniettabile di palivizumab non contiene conservanti, è
monouso e deve essere somministrata immediatamente dopo aver
prelevato la dose nella siringa. Il medicinale non utilizzato e i rifiuti
derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità
alla normativa locale vigente.
7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE
IN COMMERCIO
AbbVie Ltd, Maidenhead, SL6 4XE, Regno Unito
8. NUMERO DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE
IN COMMERCIO
EU/1/99/117/003, EU/1/99/117/004
AIC n. 034529038/E, AIC n. 034529040/E
9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO
DELL’AUTORIZZAZIONE
Data della prima autorizzazione: 13 Agosto 1999
Data del rinnovo più recente: 13 Agosto 2009
10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO
04/2015
Confezione 100 mg/ml - soluzione iniettabile - flaconcino 0,5
ml Prezzo ex factory (IVA inclusa): €544,86; Prezzo al pubblico
(IVA inclusa): €899,24;
Confezione 100 mg/ml - soluzione iniettabile - flaconcino 1,0
ml Prezzo ex factory (IVA inclusa): €904,82; Prezzo al pubblico
(IVA inclusa): €1493,33;
Sconto obbligatorio alle strutture pubbliche sul prezzo Ex Factory
come da condizioni negoziali. Classe di Rimborsabilità: A-PT/PHT.
Regime di fornitura: RRL (centri ospedalieri o di specialisti- pediatra, neonatologo, cardiologo, pneumologo, infettivologo, cardiochirurgo, allergologo).
Informazioni più dettagliate su questo medicinale sono disponibili sul sito web dell’Agenzia europea dei medicinali:
http://www.ema.europa.eu
Data di deposito presso AIFA 05/08/2015
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A CASA
100 mg/ml soluzione iniettabile