Trimestrale | Poste Italiane SpA – Sped. Abb. Post. DL 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, DCB Roma – Aut. GIPA/C/RM/26/2013 del 28/06/2013 – ISSN 2385-0736 | Un fascicolo 25 euro 16.3 Morbillo a Disneyland /La resistenza agli antibiotici / Quale terapia per le infezioni delle vie aeree superiori? / Reazioni in corso di assunzione di antibiotici: tra infezioni e allergia / Rivista ufficiale di Formazione continua della Società Italiana di Pediatria | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 Uso e abuso degli inibitori di pompa protonica / Come ricercare l’Helicobacter Pylori: nelle feci, con il breath test o con biopsia? / Le cure palliative pediatriche: la nuova medicina per un vecchio problema / I distanziatori: choosing wisely Azione antipiretica rapida e prolungata(1) Efficace sulla sintomatologia che accompagna il quadro febbrile(2) Elevato grado di soddisfazione dei familiari(3) gusto FRAGOLA gusto ARANCIA INDICAZIONI TERAPEUTICHE Trattamento sintomatico della febbre e del dolore lieve o moderato. POSOLOGIA Nei bambini di età compresa tra 3 e 6 mesi limitare la somministrazione a quelli di peso superiore ai 5,6 kg. Depositato presso AIFA in data 28/07/2015 Classe dispensazione: C SOP con comoda siringa dosatrice Sospensione orale 100 mg/5 ml ibuprofene senza zucchero 1. A D Hay et al. Paracetamol plus ibuprofen for the treatment of fever in children (PITCH): randomised controlled trial. British Medical Journal 2008; 337-a1302. 2. D Kanabar. A pratical approach to the treatment of low-risk childhood fever. Drugs in R&D 2014; 14: 45-55. 3. E Autret-Leca et al. Ibuprofen versus paracetamol in pediatric fever: objective and subjective findings from a randomized, blinded study. Current medical research and opinions 2007; 23(9): 2205-2211. Rivista ufficiale di Formazione continua della Società Italiana di Pediatria Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 In copertina “Ragazzo con maglione a righe” Amedeo Modigliani, 1918, Olio su tela Metropolitan Museum of Art, New York All’interno (pagg. 102, 106, 109, 117) ‘Scarabocchi’, Eleonora, 3 anni, tempera e acrilici su carta, 30x21 cm; (pag. 123) ‘Tirannosaurus Rex’ (part.), Ismaele, 6 anni, pennarelli su carta, 30x28 cm; (pag. 127) ‘Mamma alla finestra, e dietro io’, Bernardo, 5 anni, pennarelli su carta, 30x28 cm Reazioni in corso di assunzione · di antibiotici: tra infezioni e allergia [ Editoriale ] Morbillo a Disneyland Luciana Indinnimeo Francesca Mori, Carlotta Montagnani, L’epidemia di Disneyland ha riacceso la violenta polemica tra i sostenitori dei vaccini e coloro i quali sostengono che i vaccini procurano nei bambini più danni che benefici > 99 Chiara Tersigni, Simona Barni, [ SPECIALE Uso e abuso · degli inibitori di pompa protonica TAVOLA ROTONDA CONGRESSO ·Introduzione ] Elio Novembre, Luisa Galli Le reazioni allergiche agli antibiotici si verificano con una certa frequenza in età pediatrica, anche se spesso sono sovrastimate > 109 [ Tutto su ] Le cure palliative pediatriche: la nuova medicina per un vecchio problema Lucia De Zen, Luca Manfredini, Franca Benini La famiglia e il paziente devono essere messi al centro del sistema che deve evolvere da un modello centrato sull’ospedale e sulla patologia ad un modello centrato sulla persona e sui suoi bisogni > 127 Giovanni Corsello Annamaria Staiano [ L’angolo delle società affiliate ] In questo numero una nuova iniziativa editoriale: la pubblicazione ‘in extenso’ degli interventi tenutisi al 71° Congresso Nazionale di Pediatria nella sessione congiunta SIP/Area Pediatrica > 102 Negli ultimi anni si è registrato un drammatico aumento dell’uso degli IPP nei bambini > 117 Società Italiana per le Malattie Respiratorie Infantili (SIMRI) – I distanziatori: choosing wisely [ come si fa ] ·La resistenza agli antibiotici Come ricercare l’Helicobacter Pylori: nelle feci, con il breath test o con biopsia? Più fonti sottolineano che nel nostro Paese la prescrizione di antibiotici, specie per bambini della prima e seconda infanzia, è eccessiva > 103 Sono molti i test diagnostici disponibili per documentare l’infezione da HP ed ognuno presenta vantaggi e svantaggi > 123 Pier-Angelo Tovo · Quale terapia per le infezioni delle vie aeree superiori? Carlo Tolone, Salvatore Tolone Ahmad Kantar, Michele Ghezzi, Michele Miraglia del Giudice Nello sviluppo di un pMDI per uno specifico farmaco dovrebbe essere prevista anche la validazione di almeno uno specifico distanziatore. Inoltre, quest’ultimo deve essere appropriato per il tipo di paziente per il quale è previsto l’utilizzo > 134 [ Quiz ] Test di autovalutazione > 141 Pietro Ferrara, Costanza Cutrona Le infezioni delle vie aeree superiori (URTIs) rappresentano una delle patologie di più frequente riscontro in Pediatria > 106 Quella di Amedeo Modigliani (Livorno, 12 luglio 1884 – Parigi, 24 gennaio 1920) è stata una figura eccezionale nella storia dell’Arte moderna, isolata dalle correnti (cubismo, futurismo, dadaismo e surrealismo) a lui contemporanee e concentrata sul suo linguaggio unico, basato su quei tratti lineari e quei ritratti che lo hanno reso celebre. Morto a soli trentacinque anni di meningite tubercolare dopo anni di povertà e abuso di sostanze, negli ultimi decenni Modigliani è diventato una vera superstar del mercato internazionale dell’Arte: il suo nudo “La Belle Romaine” è stato battuto all’asta da Sotheby’s il 2 novembre 2010 a 68,96 milioni di dollari. Rivista ufficiale di Formazione continua della Società Italiana di Pediatria Direttore Scientifico Società Italiana di Pediatria Luciana Indinnimeo Professore Aggregato di Pediatria Dipartimento di Pediatria e NPI Università di Roma “Sapienza” via Libero Temolo, 4 - 20126 Milano tel. 02.45498282, fax 06.45498199 cell. 340.4244544 e-mail: [email protected] e-mail: [email protected] Presidente Comitato Editoriale Giovanni Corsello Sandra Brusa Maria Elisabetta Di Cosimo Dante Ferrara Pietro Ferrara Luciana Indinnimeo Rocco Russo Annamaria Staiano Pier Angelo Tovo Renato Vitiello Ufficio Editoriale David Frati Il Pensiero Scientifico Editore via S. Giovanni Valdarno, 8 - 00138 Roma e-mail: [email protected] Direttore Responsabile Luca De Fiore Vice Presidenti Luigi Greco Alberto Villani Tesoriere Rino Agostiniani Consiglieri Fabio Cardinale Antonio Correra Liviana Da Dalt Domenico Minasi Andrea Pession Consiglieri junior Massimo Barbagallo Elvira Verduci Delegato Sezioni Regionali SIP ISSN 2385-0736 Valerio Flacco Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 311 Delegato Consulta Nazionale del 5 maggio 2000 Costantino Romagnoli Delegato Conferenza Gruppi di Studio Progetto grafico e impaginazione Chiara Caproni immagini&immagine - Roma Stampa Arti Grafiche Tris via delle Case Rosse, 23 - 00131 Roma Finito di stampare nel mese di settembre 2015 Gian Paolo Salvioli [ l’ e d i t o r i a l e ] nitori dei vaccini ‒ larga maggioranza negli Stati Uniti e nel mondo ‒ e coloro i quali, basandosi su studi ampiamente screditati dalla comunità scientifica internazionale, sostengono che i vaccini procurano nei bambini più danni che benefici, in particolare il vaccino antimorbillo, potenziale causa secondo loro di disturbi dello spettro autistico. A tale proposito vale la pena ricordare lo studio di coorte della durata di 11 anni sui rischi della vaccinazione antimorbillo eseguito in Giappone e pubblicato su “JAMA Pediatrics” di aprile 2015, che ha incluso 95.727 bambini. Questa ricerca non ha messo in evidenza alcuna correlazione tra i disturbi dello spettro autistico e le due vaccinazioni antimorbillo. Dopo l’episodio di Disneyland, una legge del Senato degli Stati Uniti del 25 giugno 2015 (SB 277) ha proibito il rifiuto della vaccinazione per motivi religiosi e filosofici nei bambini che frequentano gli asili nido e la scuola primaria, restando valido solo il rifiuto per motivi medici. La legge sarà applicata per il momento solo in California, Mississippi e West Virginia ma rappresenta un importante precedente a favore di misure forti per rendere obbligatorie le vaccinazioni in tutti gli Stati Uniti. Gli oppositori della legge hanno invocato la violazione dei diritti costituzionali di libertà di pensiero e di religione, mentre i difensori hanno riportato una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti sulla libertà religiosa “che non deve includere la libertà di esporre la comunità a malattie infettive”. Lo scontro è aspro e deve essere seguito con attenzione, perché anche in Europa esistono situazioni potenzialmente analoghe a quelle che hanno provocato il focolaio epidemico di Disneyland. Dobbiamo impedire che ciò accada. Il problema deve essere affrontato con efficaci programmi di divulgazione e di educazione sanitaria, elaborati congiuntamente dai responsabili della Sanità e dell’Istruzione, che, anche con il supporto di organizzazioni no profit, seguano chiare direttive governative e leggi ben definite. In questo numero sono riportati gli atti della Sessione gestita da Area Pediatrica al 71° Congresso Italiano di Pediatria su “Uso e abuso degli antibiotici e dei farmaci in Pediatria”, ed inizia la rubrica “L’angolo delle Società affiliate”. La prima Società coinvolta è la Società Italiana di Malattie Respiratorie Infantili . 101 A ll’inizio di quest’anno le cronache si sono interessate a un focolaio di morbillo comparso a Disneyland, California (Orange County) con 59 casi accertati, di cui 5 tra il personale del celebre parco giochi. In seguito all’outbreak epidemico gli ufficiali sanitari hanno proibito la frequenza delle scuole della contea di Orange a tutti gli studenti non vaccinati contro il morbillo. I movimenti d’opinione contrari alle vaccinazioni infantili negli Stati Uniti e nel mondo hanno determinato in alcune aree degli Stati Uniti la riduzione delle vaccinazioni contro il morbillo al di sotto della soglia di sicurezza del 95%, con conseguente ricomparsa dell’infezione, ritenuta debellata dal 2000. Infatti, nell’ultimo anno, i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) hanno riportato 644 casi di morbillo negli Usa, il dato più elevato dall’anno 2000. È da sottolineare che già nel 2014 lo Stato della California aveva obbligato i genitori che rifiutavano i vaccini a frequentare presso il proprio medico una sessione di educazione sanitaria sui rischi e benefici delle vaccinazioni, senza risultati soddisfacenti. L’epidemia di Disneyland ha riacceso la violenta polemica tra i soste- AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 di Luciana Indinnimeo [email protected] Morbillo a Disneyland Introduzione C AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 102 on questo numero di Area Pediatrica parte una nuova iniziativa editoriale: la pubblicazione in extenso degli interventi tenutisi al 71° Congresso Nazionale di Pediatra nella sessione congiunta SIP/Area Pediatrica. Iniziativa nata per saldare ulteriormente il rapporto proficuo di fiducia che esiste tra la rivista e i soci SIP. Quest’anno la sessione congiunta è stata dedicata all’uso dei farmaci in Pediatria, con particolare riferimento agli antibiotici e all’uso degli inibitori di pompa protonica anche in rapporto all’uso di farmaci per il trattamento di febbre e dolore. Temi di grande attualità e di interesse anche pratico per i pediatri, sia ospedalieri che di famiglia. Il problema dell’uso razionale dei farmaci nel bambino va visto anche in rapporto alla necessità di rispettarne le indicazioni e ai rischi correlati con un loro abuso. Il fenomeno della autoprescrizione, non diretto in questo caso ma mediato dai genitori, interessa anche i bambini. Se il bambino non può essere considerato alla stregua di un adulto in termini biologici e clinici, ciò va declinato anche nell’approccio ai suoi bisogni nutrizionali, all’impatto dell’inquinamento sulla sua salute, alla esposizione a farmaci somministrati per patologie sia acute che croniche. La somministrazione di un farmaco ad un bambino, tanto più quanto più è piccolo, va quindi calibrata all’insegna di evidenze di efficacia e di sicurezza insieme, quando esse esistono. Evenienza purtroppo non sempre possibile per molti farmaci che, sperimentati nell’adulto, a volte non possono esserlo in età evolutiva per ragioni di ordine pratico e/o etico. Ecco perché molti nuovi farmaci risultano off label in Pediatria e possono e devono essere somministrati solo in presenza di dati di efficacia certi, sulla base di ricerche cliniche validate, in un contesto di responsabilità professionale del pediatra e di consenso e informazione accurata dei genitori. Effetti avversi e collaterali possono realizzarsi nei bambini con maggiore probabilità e con fenomenologia diversa rispetto agli adulti. Il pediatra deve poter cogliere tali eventi in modo tempestivo per una gestione oculata ed efficace. Ecco perché la prescrizione di un farmaco in pediatria non può che essere frutto di un percorso terapeutico prescritto e controllato dal pediatra, medico specialista che ha in carico il bambino dalla nascita all’adolescenza. Rientra questo elemento nelle prerogative del pediatra ma anche nei diritti del bambino, in termini di tutela della sua salute. Tra i temi affrontati, l’uso razionale degli antibiotici merita una puntualizzazione particolare. Sia in ambito territoriale che ospedaliero spesso si determinano situazioni che comportano una somministrazione di antibiotici impropria o eccessiva. Mi riferisco per esempio ad antibiotico-profilassi non sufficientemente motivate sul piano clinico, all’uso di antibiotici a largo spettro in assenza di indagini colturali, a trattamenti prolungati oltre il tempo ragionevole della eradicazione dell’agente microbico. Eventi che aumentano in modo rilevante il rischio di resistenze batteriche e di selezione di germi particolarmente aggressivi, quali gli stafilococchi meticillino-resistenti (MRSA). Da qui, e da altre considerazioni che leggerete, la necessità di condividere tra ospedale e territorio delle linee di indirizzo su come gestire la prescrizione degli antibiotici in Pediatria nelle diverse categorie di malattie infettive. L’uso dei FANS in Pediatria si è diffuso su larga scala, sulla base di protocolli che ne hanno validato l’efficacia. Spesso in associazione tra loro o autoprescritti dai genitori per sedare “l’allarme febbre”, non sono esenti dal rischio di danni a livello gastrico (gastriti erosive ed emorragiche), con il relativo impatto in termini di emergenza e urgenza. Anche l’uso degli inibitori di pompa protonica si è diffuso nel nostro Paese in modo sregolato e sganciato da una effettiva analisi dei reali bisogni di salute. È un fenomeno sanitario che interessa la Medicina generale, più acuto in alcune realtà regionali e meno in altre, ma da cui non è esclusa purtroppo la Pediatria. In molti casi, sintomi sfumati o legati a situazioni disfunzionali transitorie quali il rigurgito comportano diagnosi affrettate di malattie da reflusso gastroesofageo inesistenti, con il conseguente avvio di trattamenti con farmaci impegnativi come gli inibitori di pompa protonica, farmaci che devono essere considerati di seconda scelta, senza una valutazione dei bisogni, dei costi e soprattutto dei potenziali rischi a breve o medio termine ad essi correlati, in modo particolare se somministrati a lattanti. Le recenti evidenze che correlano il rischio di sepsi nei neonati pretermine con l’uso di farmaci che riducono l’acidità gastrica è una conferma della necessità di un uso razionale e non affrettato dei farmaci in Pediatria. Come pediatri, come Società Italiana di Pediatria, come Società tutte dell’area pediatrica sentiamo nostro il ruolo di tutela della salute e dei diritti dei bambini e abbiamo il compito di metterlo in atto anche nel gestire al meglio la prescrizione dei farmaci. Giovanni Corsello Presidente Società Italiana di Pediatria (SIP) [ Speciale Tav o l a r o t o n d a C o n g r e ss o S I P / 1 ] La resistenza agli antibiotici Più fonti sottolineano che nel nostro Paese la prescrizione di antibiotici, specie per bambini della prima e seconda infanzia, è eccessiva. Introduzione La natura della resistenza P er definizione la resistenza ad un antibiotico si riferisce a batteri originariamente sensibili. Essa va inquadrata come un evento naturale derivante dalle numerose mutazioni geniche che caratterizzano la repli- AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 Pier-Angelo Tovo Dipartimento di Scienze di Sanità Pubblica e Pediatriche, Università di Torino Ospedale Infantile Regina Margherita, Torino 103 G li antibiotici, dalla scoperta della penicillina nel 1928, hanno permesso di salvare milioni di vite umane e sono stati indubbiamente uno dei mezzi terapeutici più efficaci della Medicina moderna. Una volta compreso che i batteri possono acquisire la capacità di produrre sostanze che uccidono o inibiscono la crescita di altri germi, l’isolamento in coltura e lo studio con mezzi idonei delle loro capacità di produrre antibiotici si tradusse negli anni ’50–’60 in un’epoca d’oro per l’identificazione di nuovi farmaci, al punto che autorevoli esperti dell’epoca ritennero prossima la chiusura del capitolo delle malattie infettive. Esaurito questo filone di ricerca, i decenni successivi furono caratterizzati dalla scoperta, pur se in numero minore, di nuove molecole con attività antibatterica costruite in laboratorio. Dagli anni ’90 si è però assistito ad un brusco arresto nella scoperta di nuovi prodotti. Le ragioni sono molteplici: è diventato oggettivamente più difficile scoprire nuovi antibiotici, i prezzi sono poco remunerativi per le ditte che investono in ricerche ad hoc, la disponibilità di nuovi vaccini restringe il loro campo d’impiego. Inoltre sono sempre più estese le campagne che suggeriscono di limitare l’impiego di antibiotici per il rischio di favorire la selezione di germi resistenti. È una situazione unica in chiave di marketing: più il prodotto è utilizzato e venduto, più estesa sarà, in un futuro prossimo, la sua inefficacia. Di fatto, tutti gli attori e le autorità istituzionali coinvolte auspicano che le ditte investano nella ricerca di nuovi farmaci antibatterici, dall’altro però gli stessi sottolineano che questi vanno usati con grande raziocinio e cautela, perché diversamente si accentuerà lo sviluppo di resistenze mirate che porteranno alla loro progressiva inutilità. Speciale Tavola rotonda Congresso SIP La resistenza agli antibiotici AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 104 Ogni anno nel mondo vengono prodotte 100.000–200.000 tonnellate di antibiotici. Di questi, solo una percentuale minore è destinata all’impiego umano. cazione dei batteri. Lo comparsa di germi resistenti può prescindere dalla presenza (o impiego) di un determinato antibiotico. In animali preistorici rinvenuti fra i ghiacci dell’Alaska sono stati ad esempio trovati germi portatori di elementi in grado di conferire resistenza alla vancomicina. Se alcuni batteri sviluppano geni che conferiscono loro una determinata resistenza, ciò non equivale ad un vantaggio evolutivo se l’antibiotico è assente. Ma in sua presenza i batteri sensibili muoiono, mentre quelli resistenti sopravvivono e si moltiplicano; viene così a selezionarsi una popolazione di germi resistenti verso i quali l’antibiotico non sarà più efficace. Sta di fatto che l’uso di un antibiotico si accompagna, prima o poi, allo sviluppo di una popolazione resistente, è solo questione di tempo: da pochi anni, nella maggioranza dei casi, ad oltre una trentina, quelli per esempio che sono trascorsi prima di identificare germi resistenti alla vancomicina. I meccanismi con cui i geni mutati creano resistenza sono molteplici: dall’inattivazione del farmaco attraverso la comparsa di enzimi specifici alla modifica della struttura batterica bersaglio dell’antibiotico, dalla variazione della membrana cellulare ‒ che viene così ad ostacolare l’ingresso della molecola ‒ all’attivazione di sistemi di pompa che ne determinano l’efflusso fuori dalla cellula. Anche le modalità con cui i geni responsabili della resistenza vengono trasmessi da un batterio all’altro sono molteplici. La trasformazione puo avvenire per passaggio del DNA alterato dal batterio donatore al ricevente; il processo di trasduzione vede come artefice un fago, che alberga al suo interno il gene responsabile della resistenza, che trasmetterà con l’infezione del nuovo ospite. La coniugazione fra batteri rende inoltre possibile il passaggio dal batterio resistente ad uno sensibile di trasposoni o plasmidi portatori dei geni mutati. Va ricordato che in tal modo si originano non solo batteri resistenti ad un determinato antibiotico, ma anche popolazioni di germi multi-resistenti, in quanto hanno acquisito più geni alterati. Il numero crescente di infezioni ospedaliere di difficile controllo o di forme tubercolari insensibili alla terapia tradizionale sostenute da batteri multiresistenti è ormai una drammatica realtà con cui dobbiamo confrontarci. Pratica clinica e resistenza S e l’impiego di un antibiotico viene di per sé a favorire la selezione di germi resistenti, il suo uso eccessivo o errato porterà ad un circolo vizioso in cui lo sviluppo di resistenza determina il fallimento terapeutico e questo a sua volta innescherà l’ulteriore uso di antibiotici e selezione di germi resistenti. In quest’ottica va sottolineato che ogni anno nel mondo vengono prodotte 100.000–200.000 tonnellate di antibiotici. Di questi, solo una percentuale minore è destinata all’impiego umano, mentre la grande maggioranza è utilizzata in medicina veterinaria, in agricoltura o nell’industria alimentare. Ciò ha condotto ad una massiccia contaminazione con antibiotici di terreni e acque, il cui impatto sulla selezione della resistenze è oggi ampiamente documentato. Del resto, basse dosi di antibiotici mescolate agli alimenti oltre a controllare lo sviluppo di agenti patogeni favoriscono la crescita di animali le cui carni contengono più proteine e meno grassi, più apprezzate quindi dagli acquirenti; in parallelo però sono aumentati di pari passo gli effetti sulla selezione di antibiotico-resistenza. Questa avviene più frequentemente a concentrazioni di farmaco al di sotto della concentrazione minima inibente (MIC), anche se spesso si tratta di una resistenza intermedia; più allarmante la resistenza totale che può insorgere a livelli superori alla MIC. Alcune ricerche recenti sui meccanismi di selezione dei ceppi resistenti stanno modificando l’approccio alla corretta posologia degli antibiotici. Studiando popolazioni costituite da un più ampio numero di batteri (>109 CFU/ml) rispetto a quelle solitamente utilizzate per stabilire la MIC di un antibiotico (105 CFU/ml) si è visto ad esempio che le prime contengono ceppi non inibiti da concentrazioni di farmaco pari alla MIC. Questi ceppi possono essere selezionati ed espandersi anche in condizioni in cui, essendo la popolazione dei batteri responsabili dell’infezione rappresentata prevalentemente da germi sensibili, la terapia antibiotica adottata è risultata efficace e ha portato a guarigione il paziente. È così emerso il concetto della concentrazione di farmaco che impedisce la replicazione anche dei ceppi più resistenti presenti in una popolazione eterogenea (Mutant Prevention Concentration, MPC). Speciale Tavola rotonda Congresso SIP La resistenza agli antibiotici V ista la carenza di nuovi antibiotici all’orizzonte e il costante aumento di infezioni sostenute da batteri resistenti, in particolare di quelle da germi multiresistenti, negli ultimi anni sono venute aumentando le campagne di sensibilizzazione o i tentativi di contenimento del fenomeno, sia da parte di Società scientifiche che di enti istituzionali nazionali ed internazionali. Le stesse linee guida sul trattamento di infezioni delle vie aeree nel bambino sono diventate spesso più attendiste e meno agressive rispetto al passato sull’uso immediato di antibiotici. Fra le misure dimostratesi più efficaci per migliorare il trattamento di un’infezione in ambito ospedaliero vi è l’attivazione di un team multidisciplinare specificamente destinato alla gestione della terapia antiinfettiva (antimicrobial stewardship). I risultati ottenuti Conclusioni I n conclusione, gli antibiotici rimangono uno degli strumenti terapeutici più efficaci ed irrinunciabili nella pratica quotidiana. Essi risultano spesso indispensabili anche per l’applicazione di altri trattamenti; basti pensare ai trapianti d’organo e di celllule staminali o ai numerosi protocolli terapeutici che utilizzano immunosoppressori, inclusi farmaci biologici o monoclonali. Oltre il 50% dei bambini ospedalizzati assume antibiotici. D’altra parte, il loro impiego favorisce in modo proporzionale la selezione di batteri resistenti e il numero di infezioni ospedaliere da questi sostenute, specie con resistenze multiple, è in continuo progressivo aumento e sta diffondendosi anche sul territorio. Poiché non si intravede la disponibilità di nuovi antibiotici negli anni a venire, la problematica legata al crescente diffondersi di germi resistenti sta assumendo ovunque rilevanza prioritaria, specie nei Paesi che fanno maggior uso di antibiotici. Fra questi rientra sicuramente l’Italia e più fonti sottolineano che nel nostro Paese la loro prescrizione, specie per bambini della prima e seconda infanzia, è eccessiva. L’attivazione di un team multidisciplinare appositamente dedicato sembra lo strumento migliore per contenere il fenomeno in ambito ospedaliero, ma l’adozione di misure preventive mirate appare di particolare utilità anche sul territorio. Le nuove informazioni relative alle modalità di selezione dei ceppi resistenti impongono di utilizzare una posologia che tenga conto non solo della MIC, e quindi della finestra terapeutica di un antibiotico, ma anche della MCP, e quindi della finestra di selezione della resistenza. L’MPC è spesso superiore alla MIC: sarà pertanto opportuno ricorrere a dosi di farmaco più elevate di quelle al momento consigliate per evitare la selezione di germi resistenti . Gli autori dichiarano di non avere nessun conflitto di interesse. 105 Le strategie attestano che questo lavovo di equipe conduce ad una scelta ottimale dei farmaci, della via di somministrazione e della durata della terapia e permette di correggere i frequenti errori di dosaggio. Ne deriva una significativa riduzione della comparsa di antibiotico-resistenza oltre al contenimento dei costi e degli effetti collaterali dei farmaci. Lo stesso principio, opportunamente adattato, talora anche con software specifici, ha recentemente trovato conferma su autorevoli riviste scientifiche per quanto attiene la sua validità anche sul territorio. AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 Questa risulta più elevata della MIC e la posologia di un antibiotico dovrebbe mirare a raggiungere concentrazioni di farmaco superiori al MPC, onde impedire la selezione di germi resistenti. In altri termini, pur evitando di giungere a dosaggi tossici, dovremmo rivedere verso l’alto la dose di molti antibiotici di comune impiego. I dati a disposizione dell’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) documentano che l’Italia è fra le nazioni con maggior consumo di antibatterici per uso sistemico. Come conseguenza attesa il nostro Paese è fra quelli con la maggior proporzione di isolati batterici resistenti ad antibiotici, inclusi quelli multiresistenti. Questi ultimi, per quanto prevalentemente confinati in ambito ospedaliero, iniziano a diffondersi anche fra bambini con infezioni acquisite in comunità. Un’analisi comparativa sull’uso di antibiotici sul territorio negli ultimi vent’anni attesta che la loro prescrizione in bambini della prima e seconda infanzia in aree del Nord-Est dell’Italia è pressoché doppia rispetto all’Inghilterra e quadrupla rispetto all’Olanda. Se aggiungiamo che i dati ottenuti da diverse ASL italiane indicano che la prescrizione di antibiotici sul territorio in bambini è inversamente correlata alla latitudine ed al redito medio della popolazione residente, il quadro che emerge non è certo confortante. Diverse le cause ritenute responsabili dell’impiego eccessivo e non razionale degli antibiotici in Pediatria: incertezza diagnostica, scarsa conoscenza del problema ed applicazione di linee guida, adeguamento alle aspettative dei genitori, pressione delle ditte farmaceutiche e medicina difensiva. AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 106 [ Speciale Pietro Ferrara1,2 Costanza Cutrona2 1 Clinica Pediatrica – Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma 2 Università Campus Bio-Medico, Roma L Tav o l a r o t o n d a C o n g r e ss o S I P / 2 ] Quale terapia per le infezioni delle vie aeree superiori? Le infezioni delle vie aeree superiori (URTIs) rappresentano una delle patologie di più frequente riscontro in Pediatria. e infezioni delle vie aeree superiori (URTIs) rappresentano una delle patologie di più frequente riscontro in Pediatria. Le più comuni sono: rinosinusite, otite media acuta (OMA), faringotonsillite e laringite.1 Nonostante più della metà di tutte le prescrizioni antibiotiche ambulatoriali sia riconducibile ad una URTI, tali condizioni sono a prevalente eziologia virale. In particolare secondo un recente studio pubblicato sulla rivista “Pediatrics” il numero delle prescrizioni anti microbiche per le URTIs negli USA risulta essere il doppio rispetto al tasso atteso basato sulla prevalenza batterica di tali infezioni: 11,4 milioni di prescrizioni antibiotiche all’anno sarebbero dunque potenzialmente evitabili.2 Speciale Tavola rotonda Congresso SIP Quale terapia per le infezioni delle vie aeree superiori? · · Tabella 1. Terapia antibiotica della rinosinusite batterica Età Indicazioni AMOXICILLINA 50 mg/kg/die in 3 dosi Antibiotico di prima linea AMOXICILLINA CLAVULANATO 80–90 mg/kg/die di amoxicillina + 6.4 mg/kg/die di clavulanato in 2 dosi • Sintomatologia severa • Età <2 anni • Bambino che frequenta l’asilo • Recente trattamento antibiotico CEFTRIAXONE ev/im 50 mg/kg/die Bambini che non possono assumere terapia per os CEFIXIME 8 mg/kg/die LINEZODIL In caso di peggioramento o mancato miglioramento entro 72 ore dall’inizio della terapia antibiotica · Otite media acuta L ’otite media acuta (OMA) è un’infiammazione acuta dell’orecchio medio, spesso preceduta da URTIs. I tre patogeni batterici più frequenti sono: S. pneumoniae, H. influenzae e M. catarrhalis. La corretta diagnosi di OMA si basa sull’esame otoscopico della membrana timpanica; secondo l’American Academy of Pediatrics (AAP), i criteri diagnostici per OMA sono: rigonfiamento da moderato a grave della membrana timpanica (TM) oppure otorrea di nuova insorgenza non riconducibile ad otite esterna acuta; lieve rigonfiamento della TM e recente (<48 h) insorgenza di dolore all’orecchio (che può manifestarsi anche con una non usuale attitudine del bambino più piccolo a toccarsi o a sfregarsi l’orecchio) o intenso eritema della TM. Il tipo di trattamento dipende dall’età del bambino e dalla gravità dei sintomi.7 Le indicazioni al trattamento antibiotico e i tipi di farmaci consigliati sono riportati rispettivamente in Tabella 2 e in Tabella 3.8 La durata del trattamento deve essere di: 10 giorni nei bambini <2 anni di età o con presentazione severa; 7 giorni nei bambini di età compresa fra i 2 e i 6 anni; 5–7 giorni nei bambini ≥7 anni.9 · · · · · Tabella 2. Sintesi della strategia terapeutica dell’OMA non complicata (assenza di otorrea, complicanze intracraniche o storia di ricorrenza) Diagnosi Certa Severità sintomi Grave Lieve Grave Lieve Età <6 mesi Antibiotico immediato Antibiotico immediato Antibiotico immediato Antibiotico immediato Età 6–24 mesi Antibiotico immediato Antibiotico immediato Antibiotico immediato Attesa vigile Età >24 mesi Antibiotico immediato Attesa vigile Attesa vigile Attesa vigile Tabella 3. Terapia dell’episodio di OMA Caratteristiche episodio Raccomandata Alternativa Sintomi lievi No otorrea / No ricorrenza / No fattori di rischio* AMOXICILLINA (50 mg/kg/die in 2–3 dosi) CEFACLOR (40–50 mg/kg/die in 2 dosi) Sintomi gravi Otorrea / Ricorrenza / Fattori di rischio * AMOXICILLINA + CLAVULANATO (80-90** mg/kg/die in 2–3 dosi) CEFUROXIME–AXETIL (30 mg/kg/die in 2 dosi) CEFPODOXIME–PROXETIL (8mg/kg/die in 2 dosi) * fattori di rischio di maggiore resistenza batterica: età < 3 anni, frequenza di day-care, fratelli più grandi in day-care, recente (<1 mese) terapia antibiotica; ** dose riferita ad amoxicillina. 107 L a rinosinusite acuta è una malattia infiammtoria del naso e dei seni paranasali che si sviluppa in conseguenza di una infezione virale delle vie respiratorie superiori.3 Il pediatra dovrebbe sospettare un’eziologia batterica in caso di: sintomatologia persistente caratterizzata da secrezioni nasali e/o tosse durante il giorno da più di 10 giorni senza miglioramenti; oppure sintomatologia ingravescente caratterizzata da nuova insorgenza o peggioramento di tosse, secrezioni nasali o febbre; oppure insorgenza severa caratterizzata da febbre (TC ≥39 °C) e secrezioni nasali purulente per almeno 3 giorni consecutivi. S. pneumoniae, H. influenzae e M. catarrhalis sono i patogeni più comunemente associati alla sinusite batterica. La terapia antibiotica, della durata di 7 giorni, deve essere sempre eseguita in caso di insorgenza severa o sintomatologia ingravescente e valutata caso per caso nei bambini con sintomatologia persistente. Gli antibiotici raccomandati sono riportati in Tabella 1. La terapia adiuvante può includere corticosteroidi, lavaggi nasali, decongestionanti, mucolitici e antistaminici. 4–6 AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 Rinosinusite acuta Speciale Tavola rotonda Congresso SIP Quale terapia per le infezioni delle vie aeree superiori? Il paracetamolo (10–15 mg/kg per dose) e l’ibuprofene (4–10 mg/kg per dose) sono considerati i farmaci di riferimento per ridurre il dolore.10 Tabella 4. Trattamento antibiotico della faringotonsillite da SBEA Indicazioni Antibiotico Trattamento di prima linea AMOXICILLINA (50 mg/kg/die in 2 o 3 dosi al giorno per 10 giorni) PENICILLINA V In alternativa Faringotonsillite acuta P er faringotonsillite acuta si intende un processo infiammatorio a carico dell’orofaringe e/o delle tonsille, causata nella maggior parte dei casi da virus (rinovirus, coronavirus, adenovirus, virus dell’influenza, virus parainfluenzae, coxsakievirus, herpes virus). Tuttavia circa il 37% delle faringotonsilliti nei bambini >5 anni è causata dallo streptococco β emolitico di gruppo A (SBEA). Gli score basati sui dati clinici risultano di poca utilità nella diagnosi differenziale tra forme batteriche e virali, per la notevole sovrapposizione dei quadri; un punteggio basso (zero o 1) del sistema di McIsaac può invece ragionevolmente escludere la diagnosi di infezione streptococcica, nelle regioni a bassa prevalenza di malattia reumatica. La terapia antibiotica è raccomandata solo nei bambini con diagnosi microbiologicamente documentata di faringite da SBEA. Gli antibiotici indicati sono riportati in Tabella 4. Il paracetamolo o l’ibuprofene possono anche in questo caso essere utilizzati come terapia analgesica.11 Epiglottite AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 108 L’ epiglottite si verifica nella fascia di età compresa tra i 2 e i 7 anni, è una patologia grave, potenzialmente fatale, caratterizzata da esordio brusco con ipertermia, faringodinia e distress respiratorio rapidamente ingravescente; il collo del piccolo paziente risulta iperesteso nel tentativo di mantenere pervie le vie aeree. Lo stridore Bibliografia 1. Zeng L, Zhang L. Systematic review of evidence-based guidelines on medication therapy for upper respiratory tract infection in children with AGREE instrument. PLos One 2014;9(2):e87711. 2. Kronman MP, Zhou C, MangioneSmith R. Bacterial prevalence and antimicrobial prescribing trends for acute respiratory tract infections. Pediatrics 2014;134(4):e956-65. 3. Stenner M, Rudack C. Diseases of the nose and paranasal sinuses in child. GMS Curr Top Otorhinolaryngol Head Neck Surg 2014;13:Doc10. 4. Hauk L. AAP releases guideline on diagnosis and management of acute bacterial sinusitis in children one to 18 years of age. Am Fam Physician 2014;89(8):676-81. PENICILLINA BENZATINA (600.000 UI se <30 kg o 1.200.000 UI se ≥30 kg) in unica dose im CEFALOSPORINE DI 2° GENERAZIONE (cefaclor 40-50 mg/kg/die in 2 dosi o cefuroxima axetil 20–30 mg/kg/die in 2 dosi; cefprozil 15–30 mg/kg in 2 dosi) per 5 giorni in caso di dubbia compliance al trattamento con amoxicillina per 10 giorni. è un reperto tardivo, che indica un’ostruzione respiratoria completa e la tosse abbaiante tipica della croup non è quasi mai presente. Ai fini diagnostici è necessaria la visualizzazione di un’epiglottide ingrandita “rosso ciliegia”: in presenza di una diagnosi probabile o certa di epiglottite si deve procedere alla laringoscopia, mentre in caso di dubbio si può ricorrere ad una radiografia laterale delle vie aeree superiori, che mostrerà il caratteristico “segno del pollice”.12 La sovraglottite può essere causata dall’ H. influenzae, S. pneumoniae, S. aureus e SBEA. Il trattamento prevede il controllo delle vie aeree seguito da terapia antibiotica con cefalosporine, quali il ceftriaxone al dosaggio di 50–75 mg/kg/die e steroidi.13 Nella diagnosi differenziale bisogna sempre tener conto di alcune patologie: la tracheite batterica, il croup difterico (caratterizzato da membrane grigiastre fortemente adese al tessuto sottostante, che vanno incontro a sanguinamento in seguito ad asportazione), il croup da morbillo, l’ inalazione di un corpo estraneo, l’ascesso retrofaringeo o peritonsillare. Infine, in corso di epiglottite il bambino può sviluppare polmonite, linfoadenite cervicale, otite media o raramente meningite 5. Wald ER, Applegate KE, Bordley C et al. Clinical practice guideline for the diagnosis and management of acute bacterial sinusitis in children aged 1 to 18 years. Pediatrics 2013;132(1):e262-80. 6. V. Maglietta. Diagnosi e terapia pediatrica pratica. 10° Edizione. Rozzano: Ambrosiana, 2010. 7. Lieberthal AS, Carroll AE, Chonmaitree T. The diagnosis and management of acute otitis media. Pediatrics 2013;131(3):e964-99. 8. Marchisio P, Principi N, Bellussi L. Otite media acuta: dalla diagnosi alla prevenzione. Linee guida della società italiana di Pediatria. 2010 9. Thomas JP, Berner R, Zahnert T. Acute otitis media ‒ a structured approach. Dtsch Arztebl Int 2014;111(9):151-9. Gli autori dichiarano di non avere nessun conflitto di interesse. . 10. Perrott DA, Piira T, Goodenough B, et al. Efficacy and safety of acetaminophen vs. ibuprofen for treating children’s pain or fever. Arc Pediatr Adolesc Med 2004;158(6):521-6. 11. Chiappini E, Principi N, Mansi N et al for Italian Panel on the Management of Pharyngitis in Children. Management of acute pharyngitis in children: summary of the Italian National Institute of Health guidelines. Clin Ther 2012;34(6):1442-1458. 12. Kilegman, Stanton, St. Geme, Schor, Behrman. Pediatria di Nelson. Edizione italiana a cura di Alberto Giovanni Ugazio. 19° edizione. Milano: Elsevier, 2013. 13. Principi N, Marchisio PG, Esposito S, Pignataro L, Torretta S. Otorinolaringoiatria. In: Principi N, Rubino A, Vierucci A. Pediatria generale e specialistica. Rozzano: Ambrosiana, 2012. Caso clinico Titolo articolo anche lungo ] Reazioni in corso di assunzione di antibiotici: tra infezioni e allergia Francesca Mori1 Carlotta Montagnani2 Chiara Tersigni2 Simona Barni1 Elio Novembre1 Luisa Galli2 1 Unità complessa di Allergologia Clinica – Dipartimento di Scienze della Salute, Università di Firenze 2 Unità complessa di Malattie Infettive – Dipartimento di Scienze della Salute, Università di Firenze, Ospedale Pediatrico Universitario Anna Meyer, Firenze Le reazioni allergiche agli antibiotici si verificano con una certa frequenza in età pediatrica, anche se spesso sono sovrastimate. L e reazioni avverse da farmaci (ADRs) sono un importante problema di salute, in quanto responsabili di circa il 3% di tutte le ammissioni in ospedale ed una percentuale variabile dal 10 al 20% di tutti i pazienti ricoverati sviluppano una reazione avversa ad uno o più dei farmaci assunti.1 Le manifestazioni possono essere molto variabili nella loro espressione clinica, da eruzioni orticarioidi lievi fino a casi mortali, e contribuiscono a rendere difficoltoso l’approccio diagnostico e l’identificazione della 109 Tav o l a r o t o n d a C o n g r e ss o S I P / 3 AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 [ S p e c i a l e Speciale Tavola rotonda Congresso SIP Reazioni in corso di assunzione di antibiotici: tra infezioni e allergia L’abuso di antibiotici in corso di infezioni virali può facilitare l’errata diagnosi di allergia ad antibiotici, con un conseguente ricorso ad antibiotici non di prima linea ed aumento dei costi. molecola responsabile. Un altro fattore confondente che può portare ad una falsa diagnosi di allergia agli antibiotici, soprattutto in età pediatrica, è la frequente comparsa di eruzioni cutanee in corso di infezioni virali. Le caratteristiche dell’eruzione allergica e di quella virale sono spesso sovrapponibili. Basti pensare alle manifestazioni orticarioidi in corso di infezione da virus di EpsteinBarr (EBV) o all’eruzione morbilliforme da trimetoprimsulfametossazolo (TMP/ SMX). Le sospette allergie ad antibiotici manifestate con solo rash maculo-papulare in età pediatrica vengono confermate solo nel 3% dei casi.2 L’abuso di antibiotici in corso di infezioni virali può, pertanto, facilitare l’errata diagnosi di allergia ad antibiotici con un conseguente ricorso ad antibiotici non di prima linea ed aumento dei costi sanitari del 30–40%.3 Caratteristiche delle reazioni AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 110 L’ Accademia Europea di Allergologia4 ha proposto una nuova classificazione delle allergopatie da farmaci. In questa classificazione per “drug hypersensitivity” vengono intese tutte le reazioni avverse ai farmaci, a loro volta distinte in forme allergiche e non allergiche. Le forme allergiche sono classificate in forme IgE mediate e forme non IgE mediate. La reale incidenza delle ADRs in generale e delle forme allergiche in particolare (RAF) non è del tutto accertata. In una recente review, l’incidenza media di ADRs basata su studi prospettici in bambini e adolescenti è risultata essere del 10,9% in bambini ospedalizzati, dell’1,0% in pazienti ambulatoriali, e la percentuale di ospedalizzazioni per ADRs dell’1,8%.5 Studi di comunità hanno evidenziato che frequentemente vi è una sovrastima delle ADRs/allergie nella popolazione pediatrica, con reazioni riportate dai genitori del 2,5–10,2%, comparate con percentuali di reazioni molto inferiori dopo valutazione allergologica.6 I farmaci prescritti e coinvolti nelle ADRs e nelle reazioni da ipersensibilità differiscono tra bambini e adulti.7–9 I beta-lattamici sono la classe di antibiotici più spesso responsabile di ADRs in età pediatrica, seguiti dagli antinfiammatori non steroidei e dagli antibiotici non-beta-lattamici.10–12 Per diversi tipi di farmaci vi sono degli specifici fattori di rischio che vanno tenuti in considerazione sia prima che durante il ciclo terapeutico. Nella Tabella 1 sono riportate alcune situazioni particolari che possono porre il paziente a rischio di sviluppare una reazione avversa, sia che si tratti di una reazione di tipo immunologico che non immunologico. Vi sono anche specifiche condizioni che possono aumentare il rischio di reazioni allergiche agli antibiotici. Non vi sono molti dati relativi ad un ruolo specifico dell’atopia nel favorire le reazioni allergiche a farmaci. Uno studio recente ha evidenziato una possibile correlazione tra la presenza di sensibilizzazione allergica e reazioni allergiche a beta-lattamici, senza però identificarne il meccanismo patogenetico.13 La familiarità per reazioni avverse a farmaci viene spesso addotta come motivo di valutazione allergologica anche in bambini che non hanno presentato reazioni allergiche. Vi sono alcuni studi che hanno correlato la presenza di determinati assetti HLA con un aumentato rischio di reazioni allergiche alle aminopenicilline14 ed altre classi di farmaci15, evidenziando come per alcuni farmaci vi possa essere un ruolo della genetica nel favorire le reazioni avverse a farmaci. Infine in alcune patologie vi è un rischio aumentato di reazioni allergiche agli antibiotici, come accade nei pazienti affetti da fibrosi cistica. Reazioni allergiche a uno o più antibiotici sono, infatti, descritte nel 30% dei pazienti affetti da fibrosi cistica. Piperacillina, ceftazidime e ticarcillina sono i farmaci più spesso coinvolti, con una probabilità di rischio superiore se somministrati per via parenterale rispetto alla via di somministrazione orale. Le ripetute esposizioni agli Tabella 1. Fattori di rischio per le reazioni avverse a farmaci Reazioni non immunologiche Reazioni da ipersensibilità Malattie severe intercorrenti Età adulta Insufficienza renale Infezioni virali concomitanti Epatopatie Reazioni da ipersensibilità precedenti Trattamenti farmacologici multipli Asma Infezioni da Herpes Virus Uso di beta-bloccanti Alcolismo Specifici polimorfismi genetici Lupus Eritematoso Sistemico Speciale Tavola rotonda Congresso SIP Reazioni in corso di assunzione di antibiotici: tra infezioni e allergia Tabella 2. Classificazione delle reazioni allergiche a farmaci secondo Gell e Coombs (modificata) Tipo risposta immune Meccanismo di azione Segni/sintomi Legame del farmaco Tipo cellulare IgE Degranulazione mastociti Orticaria, anafilassi Covalente B / Ig Tipo II IgG e FcR Lisi cellulare FcR dipendente Discrasia ematica Covalente B / Ig Tipo III IgG / C o FcR Deposizione immunocomplessi Vasculite Covalente B / Ig Tipo IV a Th1 (IFN-gamma) Attivazione monociti Eczema Covalente e non covalente T Tipo IV b Th2 (IL4 /IL-5) Flogosi eosinofila Rash maculopapulare o bolloso Covalente e non covalente T Tipo IV c Linfociti TC (perforine e Granzyme B) Killing CD4 o CD8 mediato Rash maculopapulare o bolloso, pustoloso; eczema Covalente e non covalente T Tipo IV d Linfociti T Attivazione e reclutamento neutrofili Rash, pustoloso Covalente e non covalente T Tipo IV c Linfociti TC (perforine e Granzyme B) Killing CD4 o CD8 mediato Rash maculopapulare o bolloso, pustoloso; eczema Covalente e non covalente T Tipo IV d Linfociti T Attivazione e reclutamento neutrofili Rash, pustoloso Covalente e non covalente T Manifestazioni cliniche L e manifestazioni cliniche di allergia agli antibiotici sono molto variabili per quanto riguarda il tipo, la gravità e gli organi coinvolti. Fattori come il farmaco, la natura della malattia da trattare e lo stato immunitario del paziente giocano tutti un ruolo importante nell’espressione clinica delle risposte allergiche. Le reazioni più comuni causate dagli antibiotici sono le eruzioni cutanee maculo-papulari e l’orticaria, ma in alcuni casi si possono avere reazioni francamente anafilattiche (Tabella 3). Le manifestazioni cutanee maculo-papulari tipicamente si verificano entro ore-giorni-settimane dall’esposizione iniziale al farmaco. Tra le manifestazioni ritardate da farmaci betalattamici sono stati descritte anche il rash con eosinofilia e sintomi sistemici (Drug Rash with Eosinohilia and Systemic Symptoms, DRESS), la pustolosi acuta esantematica e la sindrome di StevensJohnson/necrolisi epidermica tossica.18 Alcuni antibiotici, inoltre, causano reazioni d’organo oltre che cutanee: l’associazione di amoxicillina ed acido clavulanico, per esempio, può provocare ittero colestatico. Emolisi e citopenia, dipendenti dalla formazione di anticorpi farmaco Tabella 3. Reazioni allergiche indotte dagli antibiotici Penicilline Orticaria, angioedema, anafilassi, eruzione cutanea maculopapulare, dermatite esfoliativa, eruzione vescicolare, eritema multiforme, Sindrome di Steven-Johnson, necrolisi epidermica tossica, malattia da siero, vasculite, citopenia Cefalosporine Orticaria, angioedema, anafilassi, eruzione cutanea maculopapulare, eritema multiforme, Sindrome di Steven-Johnson, necrolisi epidermica tossica, disfunzione renale, nefropatia tossica, disfunzione epatica, anemia aplastica, anemia emolitica Sulfonamidi Rash maculopapulare, necrolisi epidermica tossica, S. Stevens-Johnson, dermatite esfoliativa, reazioni di fotosensibilità, orticaria, angioedema, anafilassi, malattia da siero, periarterite nodosa, miocardite Macrolidi Orticaria, angioedema, anafilassi, eruzioni cutanee lievi, reazioni di fotosensibilità, sindrome di StevensJohnson, necrolisi epidermica tossica Florochinoloni Orticaria, angioedema, prurito, fotosensibilità, flushing, febbre, brividi, angioedema, reazioni di fotosensibilità, eritema nodoso, anafilassi Vancomicina Rash, dermatite esfoliativa, febbre, anafilassi, eosinofilia, sindrome di Stevens-Johnson, necrolisi epidermica tossica, vasculite Aminoglicosidi Dermatiti da contatto ed esfoliative, orticaria, anafilassi, DRESS Tetracicline Orticaria, angioedema, anafilassi, pericardite, poliartralgia, esacerbazione del lupus eritematoso sistemico, infiltrati polmonari con eosinofilia 111 antibiotici e l’iperresponsività del sistema immunitario sono considerati i due fattori di rischio maggiormente responsabili dell’alta prevalenza di reazioni allergiche in pazienti con questa malattia.16 Il processo di attivazione del sistema immune specifico, che genera memoria immunologica ed attiva i meccanismi effettori umorali e dell’immunità cellulare, inizia con la presentazione dell’antigene ai linfociti T.17 Nel caso di alcune RAF i segnali T-attivatori possono essere generati direttamente dal farmaco o dai suoi metaboliti, bypassando le cellule presentanti l’antigene. Inoltre, durante le infezioni virali sistemiche o nel corso di malattie autoimmuni, si verifica una massiva stimolazione del sistema immune che diviene in grado di provocare una reazione di ipersensibilità, come dimostrato dalla aumentata frequenza di RAF nei pazienti affetti da queste patologie. Una volta avviata la reazione, il sistema immunitario può reagire virtualmente con ognuno dei meccanismi effettori a sua disposizione (Tabella 2). AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 Tipo I Speciale Tavola rotonda Congresso SIP Reazioni in corso di assunzione di antibiotici: tra infezioni e allergia specifici, sono state descritte con l’utilizzo di alti dosaggi di penicillina e cefalosporine.19 Reazioni gravi come l’anafilassi IgE mediata sono rare. Sebbene quest’ultima possa in teoria verificarsi con ogni antibiotico, è ben nota la frequenza solo dell’anafilassi indotta da penicillina (1 ogni 5.000–10.000 cicli di terapia).20 Vi sono in letteratura anche case-reports pediatrici di anafilassi da altri betalattamici.21–22 Il ruolo delle infezioni S ono state descritte molte interazioni tra agenti infettivi e RAF. I virus hanno un duplice ruolo all’interno delle RAF. Da un lato esistono meccanismi immunologici che facilitano l’insorgenza dell’allergia, dall’altro i virus rappresentano la causa più frequente di rash maculopapulare o orticarioide in età pediatrica, indipendentemente dall’utilizzo dei farmaci. Questa evenienza si verifica in particolare nelle reazioni non immediate (>un’ora dalla assunzione del farmaco). Un esempio della interazione fra farmaco e sistema immune è rappresentato dall’associazione tra reazioni allergiche gravi ai farmaci, soprattutto la drug-induced hypersensitivity syndrome Tabella 4. Algoritmo diagnostico per i rash cutaneicon caratteristiche atipiche Primavera-estate Infezione Autunno–inverno Farmaco Vescicolare Infezione Maculo-papulare Farmaco Petecchiale Infezione Sì Infezione No Farmaco Estremità, volto, natiche Infezione Altre sedi Farmaco Sistemici Infezione Prurito Farmaco Stagione 112 Pattern AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 e la riattivazione dell’HHV6 ed altri virus herpetici.23 Alcune infezioni, come quelle causate dal virus dell’immunodeficienza umana (HIV) ed EBV, creano le condizioni ideali perché si verifichino RAF. Secondo Pichler, nel corso di alcune infezioni virali si verifica un aumento dell’espressione delle molecole del complesso maggiore di istocompatibilità su diversi tipi di cellule tissutali (come i cheratinociti cutanei), in conseguenza degli elevati livelli circolanti di INF-gamma. I farmaci si legherebbero così in misura maggiore direttamente a tali molecole stimolandone a loro volta l’espressione. I linfociti T tissutali verrebbero così attivati e provocherebbero sintomi allergici.17 Tale risposta associata allo sviluppo di RAF è nota come immunità eterologa. Molti virus erpetici, tra cui HHV6, EBV e CMV, possono partecipare alla genesi di vari tipi di reazioni cutanee da farmaci.23 Il modello dell’immunità eterologa suggerisce che, in un soggetto geneticamente predisposto, una infezione primaria da virus erpetici determini un’attivazione di linfociti T CD8 specifici. Il virus erpetico va incontro a latenza, ma si riattiva periodicamente determinando un continuo stimolo dei linfociti T memory specifici. Quando il paziente viene esposto ad un determinato farmaco, quest’ultimo interagisce con il complesso maggiore di istocompatibilità che Esantema atipico Enantema Localizzazione Sintomi Speciale Tavola rotonda Congresso SIP Reazioni in corso di assunzione di antibiotici: tra infezioni e allergia antigeni del farmaco (questa ultima ipotesi sembra essere avvalorata dal riscontro di depositi di linfociti CD8+ nelle biopsie cutanee).17 L’alterazione immunitaria è però solo transitoria con una normale tolleranza del farmaco una volta risolta l’infezione. Reazioni simili sono state descritte in corso di molte infezioni virali, tra cui picornavirus, bocavirus, coronavir, virus influenzali e parainfluenzali, parvovirus, virus respiratorio sinciziale, cytomegalovirus, HHV6.26 La diagnosi differenziale tra eziologia virale e da farmaci è più difficile quando ci si trova davanti ad un rash con caratteristiche atipiche.27 In questo caso bisogna sospettare maggiormente l’eziologia virale quando il rash è di tipo vescicolare o petecchiale, localizzato alle estremità, sul volto o sui glutei e quando è associato l’enantema (Tabella 4). Un’altra condizione particolare è quella dei pazienti con infezione da HIV, che presentano con maggiore frequenza reazioni avverse agli antibiotici (tra cui in particolare TMP/ SMX, amoxicillina, clindamicina, dapsone) rispetto alla popolazione sana.28 L’ipersensibilità più nota è quella verso TMP/SMX, che si riscontra nel 20–80% dei pazienti affetti da HIV, contro l’1–3% della popolazione generale.29 Il meccanismo di questa aumentata suscettibilità è stato identificato in un difetto dell’enzima glutatione nei pazienti affetti da HIV, che determina una ridotta capacità di clearance dei derivati idrossilaminici dei sulfamidici. Inoltre, le alterazioni immunologiche dei pazienti affetti da HIV, come l’attivazione policlonale dei linfociti B, la gammopatia policlonale e la ridotta funzionalità dei linfociti T-soppressori, determina una eccessiva risposta immunitaria al sulfametossazolo e ai suoi metaboliti.30 Approccio diagnostico C onsiderata l’importanza delle reazioni avverse a farmaci in età pediatrica, vi è uno sforzo costante per migliorare la diagnostica e quindi il profilo di sicurezza.31 Per la diagnosi di RAF sono disponibili pochi test, molti dei quali non ancora standardizzati. Per questo AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 presenta gli antigeni del farmaco ai linfociti T memory preattivati determinando la RAF.24 Il ruolo della risposta mediata dai linfociti-T nella patogenesi delle reazioni allergiche immuno-mediate a farmaci è stato ampiamente descritto. I meccanismi proposti sono essenzialmente tre. Il primo, definito modello aptene-preaptene, suggerisce che il farmaco o il suo metabolita attivo si leghi covalentemente alle proteine endogene generando dei peptidi modificati. Questi peptidi quando vengono presentati al complesso maggiore di istocompatibilità sono riconosciuti come “estranei” dai linfociti T, generando una risposta immunologica. Esempi di reazioni allergiche immuno-mediate generate da questo meccanismo sono il legame della penicillina all’albumina oppure le proteine modificate dal legame con il nitroso sulfametossazolo, metabolita del sulfametossazolo. Il secondo, definito modello dell’interazione farmacologica, prevede che sia il farmaco stesso a legarsi non covalentemente ai TCR o al complesso maggiore di istocompatibilità, attivando direttamente i linfociti T. Il terzo meccanismo, più complesso, chiamato modello “ altered peptide repertoire”, prevede che il farmaco si leghi ad una tasca dell’MHC determinando una variazione conformazionale del sito di legame, facendo sì che i peptidi presentati dal complesso vengano riconosciuti come estranei, determinando una risposta immediata.24 L’associazione infezione-farmaco più nota è senza dubbio la comparsa di rash cutaneo in corso di infezione acuta da EBV dopo somministrazione di aminocilline. Generalmente si manifesta dopo 2–10 giorni dall’inizio della terapia con amoxicillina come un rash eritematoso maculopapulare (95% dei casi) e più raramente orticarioide (5%) non pruriginoso che inizia dalle estremità caudali e si risolve entro una settimana dalla interruzione della terapia antibiotica.25 Il meccanismo d’azione non è del tutto chiarito. L’EBV causa una attivazione policlonale dei linfociti B, aumenta i livelli di immunoglobuline e la percentuale dei linfociti T CD8+. La reazione potrebbe essere determinata dalla formazione di immunocomplessi tra gli anticorpi policlonali ed il farmaco, che andrebbero a depositarsi a livello della cute. Altri autori suggeriscono una possibile reazione dei linfociti CD8+ attivati con gli 113 Una anamnesi ben condotta rimane il cardine di tutto l’iter diagnostico, sia nella fase acuta che in quella di remissione. Speciale Tavola rotonda Congresso SIP Reazioni in corso di assunzione di antibiotici: tra infezioni e allergia Tabella 5. Lista di domande utili per distinguere le reazioni immunomediate da quelle nonimmunomediate La reazione può essere stata determinata da attività farmacologiche note del farmaco? Il foglietto informativo del farmaco fornisce indicazioni sulle reazioni avverse al farmaco non immunomediate (tossicità, effetti collaterali, effetti secondari, interazioni tra farmaci). La reazione è avvenuta alla prima dose? Le reazioni che si verificano con la prima dose non sono immunologicamente mediate se non c’è indicazione di una precedente sensibilizzazione. La sensibilizzazione si può verificare attraverso una precedente esposizione ad un farmaco che contiene determinanti antigenici in comune con il primo. Qual è stata la natura della reazione? Orticaria, angioedema, anafilassi causate da anticorpi farmaci-specifici di tipo IgE richiedono un periodo di sensibilizzazione, pertanto non si verificano alla prima dose. Le reazioni possono anche essere determinate dal rilascio diretto di mediatori mastocitari (meccanismo non immunologico) e per questo motivo talvolta le reazioni si possono verificare anche con la prima dose. Alcuni antibiotici (vancomicina e fluorochinoloni) causano un rilascio diretto di mediatori da parte delle mastcellule, senza produzione di anticorpi IgE specifici. Questo tipo di reazioni può verificarsi di nuovo con ripetute somministrazioni del farmaco. Esantemi maculopapulari sono mediati dalle cellule T. Alcune forme di citopenia, infine, sono immunoindotte attraverso la produzione di anticorpi di tipo IgG o IgM. AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 114 Qual è stato l’intervallo di latenza della reazione? Le reazioni immediate (entro 1 ora) suggeriscono un meccanismo di tipo IgE mediato. L’emolisi indotta da farmaci si può verificare in poco tempo dalla somministrazione del farmaco se esistono IgG farmaco-specifiche preformate. Reazioni ritardate (dopo 1 ora o giorni) suggeriscono un meccanismo farmaco-specifico mediato dalle cellule T. Reazioni di questo tipo comprendono esantemi maculo papulari, bollosi, eczematosi e pustolosi. Tenere comunque conto che questa classificazione è controversa, in quanto non è sempre agevole distinguere con precisione il limite di tempo che distingue le reazioni immediate da quelle ritardate. motivo, una anamnesi ben condotta rimane il cardine di tutto l’iter diagnostico, sia nella fase acuta che in quella di remissione. Dall’interrogazione dettagliata del paziente si possono acquisire dati importanti quali il nome del farmaco o dei farmaci sospetti, la patologia per la quale è stato somministrato, le modalità di assunzione e la durata della terapia, l’intervallo di tempo intercorso fra l’ultima somministrazione e l’esordio dei sintomi, la presenza di altri fattori concomitanti. Deve essere richiesta, inoltre, una accurata descrizione della sintomatologia presentata, l’effetto della sospensione della terapia, la terapia attuata a seguito della reazione, la durata dei sintomi e molte altre informazioni. Nei soggetti con RAF determinate caratteristiche cliniche possono indirizzare da sole verso la diagnosi corretta. Ad esempio è raro che la reazione si verifichi durante il primo ciclo di terapia, perché spesso è necessario un periodo di sensibilizzazione. Tipicamente i pazienti reagiscono a dosi notevolmente inferiori rispetto a quelle considerate terapeutiche e la sintomatologia di solito regredisce con la sospensione del farmaco. Nella Tabella 5 sono riportate alcune domande chiave nella diagnosi differenziale tra le reazioni a farmaci immunomediate e quelle non immunomediate.19 In base ai pochi studi epidemiologici pubblicati, le reazioni allergiche immediate (orticaria angioedema isolata o associata a sintomi a carico di altri organi o anafilassi entro un’ora dall’assunzione del farmaco) sono un evento relativamente frequente in età pediatrica. Quando però questo si verifica, la probabilità che si tratti di una reazione da ipersensibilità è significativa, pertanto il paziente deve essere curato con una diversa classe di antibiotici e deve essere inviato c/o un centro di Allergologia specializzato per un corretto inquadramento diagnostico-terapeutico. È importante in questi casi valutare i pazienti entro i sei mesi, massimo un anno dalla sospetta reazione avversa, perché è noto che nel tempo la sensibilizzazione allergica tende a decadere.32 Molto più spesso il pediatra di libera scelta si troverà a dover gestire reazioni ritardate (esempio manifestazioni cutanee di tipo esantematico o altre manifestazioni cutanee alcune ore dopo l’assunzione del farmaco) che avvengono durante un ciclo di terapia antibiotica prescritta nel sospetto forma infettiva di natura batterica.26 Le eruzioni Tabella 6. Elementi che indirizzano la scelta di comportamento in caso di eruzioni maculo-papulari lievi e tardive insorte durante una terapia antibiotica Continuare la terapia antibiotica in atto Sospendere la terapia antibiotica Sostituire con antibiotico di diversa classe Infezione batterica verosimile Non nota l’eziologia, possibile anche l’eziologia virale Infezione batterica verosimile Reazioni analoghe in più occasioni con farmaci di classi diverse o meglio assenza di precedenti reazioni con lo stesso farmaco Eruzione compatibile con una forma infettiva comune (HHV6) Manifestazioni cutanee persistenti o estese Assenza di prurito cutaneo Eruzione tipica da Amoxicillina-EBV Presenza di prurito cutaneo Primo utilizzo del farmaco Qualunque altro esantema tipico per cui è possibile sospettare fortemente una infezione virale Reazioni precedenti analoghe con lo stesso farmaco o della stessa classe Possibile supporto di esami ematici: indici di flogosi indicativi di infezione batterica in atto Esami ematici non indicativi per una infezione batterica Possibile supporto di esami ematici: indici di flogosi indicativi di infezione batterica in atto Speciale Tavola rotonda Congresso SIP Reazioni in corso di assunzione di antibiotici: tra infezioni e allergia Nel caso in cui un paziente con diagnosi confermata di allergia ad un determinato antibiotico sviluppi una infezione, il medico si trova davanti al problema della scelta terapeutica. esantematiche che si verificano in terza-quarta giornata caso di pazienti con storia di reazione immediata è necesdi terapia antibiotica, anche se possono essere considerate sario seguire la Flow Chart descritta in Figura 1. molto spesso “rash benigni”, pongono il pediatra di fronte Nel caso di reazioni ritardate maculo-papulari è dialla necessità di dover scegliere se continuare o interrombattuto se procedere direttamente al test di provocazione pere la terapia in atto sostituendo o meno l’antibiotico con senza passare attraverso l’esecuzione di test cutanei e test uno di classe diversa o della stessa classe. Nella tabella 6 in vitro che hanno una bassissima sensibilità.19,35,36 sono riassunti gli elementi utili per una scelta razionale. Nei casi di reazioni immediate, di reazioni severe ritardate (DRESS, la pustolosi acuta esantematica, e la sindroOpzioni terapeutiche in pazienti me di Stevens-Johnson/necrolisi epidermica tossica) ed con diagnosi confermata infine nei casi di reazioni cutanee estese per cui il pediatra di allergia ad un antibiotico decide di cambiare classe di antibiotici il paziente deve el caso in cui un paziente con diagnosi conessere inviato ad un centro allergologico per un corretto fermata di allergia ad un determinato antibiotico inquadramento. Il primo passo è quello di raccogliere una sviluppi una infezione, il medico si trova davanti al proanamnesi ben dettagliata. Allo scopo di facilitare questo blema della scelta terapeutica. Esistono tre possibili opcompito e nel tentativo di armonizzare le procedure fra zioni. La prima possibilità , in caso di necessità di terapie i vari ricercatori, l’European Network of Drug Allergy per os, è quella di scegliere antibiotici non correlati (ad (ENDA, gruppo di studio della European Academy of esempio un macrolide in caso di allergia ai betalattamiAllergy and Clinical Immunology, EAACI), ha svilupci). In caso di infezioni gravi, che necessitano di terapie pato uno specifico questionario che può risultare utile a 33 iniettive, (ad esempio, in un paziente con allergia alle questo scopo. Il questionario è disponibile in varie lingue nel sito web dell’EAACI (www.eaaci.org). penicilline che presenta una osteomielite), sarà possibile La diagnosi allergologica consiste nell’esecuzione di optare per la clindamicina, i glicopepidi, il linezolid o test in vivo (Skin prick test e test intradermici) e di test TMP/ SMX e rifampicina.37 Un’altra opzione è scegliere farmaci appartenenti al solito gruppo ma scarsamente in vitro (dosaggio di IgE specifiche e altri test in fase di cross-reattivi. Ad esempio, sempre sperimentazione). Il gold standard nel caso dell’allergia alle penicilline, rimane comunque il test di provoFigura 1. Flow-Chart per la diagnosi allergologica è stata dimostrata una cross-reatticazione per confermare o escludere delle reazioni immediate ad antibiotici vità molto bassa con i carbapenemi la presenza di uno stato di ipered aztreonam.38,39 Infine, quando sensibilità.34 Nel caso di una storia Storia clinica clinica suggestiva e di positività dei non vi sono alternative terapeutiche di reazione immediata test in vivo è possibile confermare ugualmente efficaci, sarà necessario la presenza di ipersensibilità senza ricorrere la desensibilizzazione (ad + Skin Prick Tests ed ID Tests dover procedere al test di provocaesempio nel caso di pazienti affetzione. L’opportunità di eseguire il ti da fibrosi cistica che necessita+ test di provocazione va comunque no trattamento con ceftazifdime e Allergia IgE Specifiche ben ponderata anche in caso di neche risultano allergici a questo fargatività dei test cutanei e in vitro in maco).40 Queste procedure vanno + ovviamente eseguite da personale presenza di reazioni immediate coTest di provocazione esperto in ambiente ospedaliero. me l’anafilassi e di reazioni ritardate gravi come la (SJS, DRESS, TEN, No allergia la pustolosi acuta esantematica). Nel AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 115 N Speciale Tavola rotonda Congresso SIP Reazioni in corso di assunzione di antibiotici: tra infezioni e allergia Conclusioni L e reazioni allergiche agli antibiotici si verificano con una certa frequenza in età pediatrica, anche se spesso sono sovrastimate. Le infezioni delle vie respiratorie possono causare rash tardivi e lievi che vengono confusi con reazioni ai farmaci che vengono utilizzati per curare l’infezione stessa. Il massimo sforzo deve essere fatto per differenziare le eruzioni virali da quelle conseguenti ad una reazione immunologica. Limitare AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 116 Bibliografia 1. Gomes ER, Demoly P. Epidemiology of hypersensitivity drug reactions. Curr Opin Allergy Clin Immunol 2005;5:309-16. 2. Rubio M, Bousquet PJ, Gomes E et al. Results of drug hypersensitivity evaluations in a large group of children and adults. Clin Exp Allergy 2012;42:123-30. 3. MacLaughlin EJ, Saseen JJ, Malone DC. Costs of beta-lactam allergies: selection and costs of antibiotics for patients with a reported beta-lactam allergy. Arch Fam Med 2000;9:722-6. 4. Johansson SGO, Hourihane OB, Bousquet J et al. Position Paper, a revised nomenclature for allergy. An EAACI position statement from the EAACI nomenclature task force. Allergy 2001;56:813-24. 5. Clavenna A, Bonari M. Adverse drug reactions in childwood: a review of prospective studies and safety alerts. Arch Dis Child 2009;94:724-8. 6. Rebelo Gomez E, Fonseca J, Araujo L et al. Drug allergy claims in children: from self-reporting to confirmed diagnosis. Clin Exp Allergy 2008;38:191-8. 7. Star K, Noren GN, Nordin K et al. Suspected adverse drug reactions reported for children worldwide: an exploratory study using VigiBase. Drug Saf 2011;34:415-428. 8. Lieber NS, Ribeiro E. Adverse drug reactions leading children to the emergency department. Rev Bras Epidemiol 2012; 15:265-274. 9. Hawcutt DB, Mainie P, Riordan A et al. Reported paediatric adverse drug reactions in the UK 2000-2009. Br J Clin Pharmacol 2012;73:437-446. 10. Gomes E, Cardoso MF, Praca F, et al. Self-reported drug allergy in a general adult Portuguese population. Clin Exp Allergy 2004;34:1597-1601. 11. Ibanez MD, Garde JM. Allergy in patients under fourteen years of age in Alergologica 2005. J Investig Allergol Clin Immunol 2009;19 Suppl 2:61-68. 12. Gamboa PM. The epidemiology of drug allergy-related consultations in Spanish Allergology services: Alergologica-2005. J Investig Allergol Clin Immunol 2009;19 Suppl 2:45-50. 13. Cornejo-Garcıa JA, Gueant-Rodriguez RM, Torres MJ et al. Biological and genetic determinants of atopy are predictors of immediate-type allergy to betalactams, in Spain. Allergy 2012;67:1181-1185. il più possibile l’utilizzazione errata degli antibiotici in corso di infezioni virali rappresenta quindi un importate strumento per evitare false diagnosi di allergia. Quando si sospetta infine una reazione da ipersensibilità, un corretto approccio diagnostico è essenziale per individuare la migliore opzione terapeutica 14. Romano A, De Santis A, Romito A et al. Delayed hypersensitivity to aminopenicillins is related to major histocompatibility complex genes. Ann Allergy Asthma Immunol 1998;80:533-37. 15. Gueant JL, Gueant-Rodriguez RM, Gastin IA et al. Pharmacogenetic determinants of immediate and delayed reactions of drug hypersensitivity. Curr Pharm Des 2008;14:2770-7. 16. Parmar JS, Nasser S. Antibiotic allergy in cystic fibrosis. Thorax 2005;60:517-20. 17. Pichler W, Yawalkar N, Schmid S, Helbling A. Pathogenesis of drug-induced exanthems. Allergy 2002;57:884-93. 18. Sullivan JR, Shear NH. The drug hypersensitivity syndrome: what is the pathogenesis?. Arch Dermatol 2001;137; 357-64. 19. Gruchalla RS. Drug allergy. J Allergy Clin Immunol 2003;111; S548-59. 20. Rudolph AH, Price EV. Penicillin reactions among patients in venereal disease clinics. A national survey. JAMA 1973;223:499-501. 21. Novembre E, Mori F, Pucci N et al. Cefaclor anaphylaxis in children. Allergy 2009;64:1233-5. 22. Shrestha D, Dhakal AK, Shakya H, Shah SC, Shakya A. A report of near fatal ceftriaxone induced anaphylaxis in a child with review of literature.Nepal Med Coll J 2013;15(1):84-6. 23. Shiohara T, Kano Y. A complex interaction between drug allergy and viral infection. Clin Rev Allergy Immunol 2007;33:124-33. 24. White KD, Chung WH, Hung SI, Mallal S, Phillips EJ. Evolving models of the immunopathogenesis of T cell-mediated drug allergy: The role of host, pathogens, and drug response. J Allergy Clin Immunol 2015;136(2):219-34. 25. Forgie SE, Marrie TJ. Cutaneous eruptions associated with antimicrobials in patients with infectious mononucleosis. Am J Med 2015;128:e1-2. 26. Caubet JC, Kaiser L, Lemaître B, Fellay B, Gervaix A, Eigenmann PA. The role of penicillin in benign skin rashes in childhood: a prospective study based on drug rechallenge. J Allergy Clin Immunol 2011;127:218-22. 27. Drago F, Paolino S, Rebora A, Broccolo F, Drago F, Cardo P, Parodi A. The challenge of diagnosing atypical exanthems: a clinicolaboratory study. J Am Acad Dermatol 2012;67:1282-8. 28. Davis CM, Shearer WT. Diagnosis and . Gli autori dichiarano di non avere nessun conflitto di interesse. management of HIV drug hypersensitivity. J Allergy Clin Immunol 2008;121:826-832. 29. Dziuban EJ, Hughey AB, Stewart DA, Blank DA, Kochelani D, Draper HR, Schutze GE. Stevens-Johnson syndrome and HIV in children in Swaziland. Pediatr Infect Dis J 2013;32:1354-8. 30. Taqi SA, Zaki SA, Nilofer AR, Sami LB. Trimethoprim-sulfamethoxazole-induced Steven Johnson syndrome in an HIV-infected patient. Indian J Pharmacol 2012;44:533-5. 31. Rieder M. New ways to detect adverse drug reactions in pediatrics. Pediatr Clin North Am 2012;59:1071-92. 32. Hershkovich J, Broides A, Kirjner L, Smith H, Gorodischer R. Beta lactam allergy and resensitization in children with suspected beta lactam allergy.Clin Exp Allergy 2009;39(5):726-30. 33. Demoly P, Kropf R, Bircher A et al. Drug hypersensitivity: questionnaire, EAACI interest group on drug hypersensitivity. Allergy 1999;54:999-1003. 34. Novembre E. Allergia agli antibiotici nel bambino. Roma: Edizioni Nuova Cultura, 2014. 35. Caubet JC, Eigenmann PA. Mananging possibile antibiotic allergy in children. Curr Opin Infect Dis 2012;25:279-285. 36. Misirlioglu ED, Toyran M, Capanoglu M, Kaya A, Civelek E, Kocabas CN. Negative predictive value of drug provocation tests in children. Pediatr Allergy Immunol 2014;25(7):685-90. 37. Liu C, Bayer A, Cosgrove SE, Daum RS, Fridkin SK, Gorwitz RJ, Kaplan SL, Karchmer AW, Levine DP, Murray BE, J Rybak M, Talan DA, Chambers HF for Infectious Diseases Society of America. Clinical practice guidelines by the infectious diseases society of america for the treatment of methicillin-resistant Staphylococcus aureus infections in adults and children. Clin Infect Dis 2011;52:e18-55. 38. Atanasković-Marković M, Gaeta F, Medjo B, Viola M, Nestorović B, Romano A. Tolerability of meropenem in children with IgEmediated hypersensitivity to penicillins. Allergy 2008;63:237-40. 39. Patriarca G, Schiavino D, Lombardo C, Altomonte G, De Cinti M, Buonomo A, Nucera E. Tolerability of aztreonam in patients with IgE-mediated hypersensitivity to beta-lactams. Int J Immunopathol Pharmacol 2008;21:375-9. 40. Cernada JR. Desensitization to antibiotics in children. Pediatr Allergy Immunol 2013:24;3-9. Caso clinico Titolo articolo anche lungo ] Uso e abuso degli inibitori di pompa protonica Negli ultimi anni si è registrato un drammatico aumento dell’uso degli IPP nei bambini. N el 2009 un editoriale di Philip E. Putnam empirico. L’editoriale era collegato ad un trial clinico del Cincinnati Children’s Hospital Medicontrollato-randomizzato di Orenstein et al, che non ha cal Center ha focalizzato l’attenzione sul rilevato alcuna differenza di efficacia tra lansoprazolo e drammatico aumento dell’uso degli IPP nei placebo per i sintomi attribuiti alla malattia da Annamaria Staiano bambini.1 Considerando le crescenti evidenze reflusso gastroesofageo (MRGE) nei lattanti Dipartimento di Scienze che questi farmaci offrono scarsi benefici per di età compresa tra 1 e 12 mesi.2 Gli autori Mediche Traslazionali, Sezione di Pediatria – hanno anche riportato eventi avversi gravi, in la maggior parte dei sintomi per i quali sono Università di Napoli particolare infezioni del tratto respiratorio infeprescritti, l’autore ha sottolineato la necessità “Federico II”, Napoli [email protected] riore, che si verificavano nel gruppo trattato con di un serio intervento per limitare il loro uso 117 Tav o l a r o t o n d a C o n g r e ss o S I P / 4 AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 [ Speciale Speciale Tavola rotonda Congresso SIP Uso e abuso degli inibitori di pompa protonica AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 118 Studi clinici controllati randomizzati hanno mostrato che gli IPP e il placebo migliorano in modo simile sintomi quali il pianto e l’irritabilità. lansoprazolo. Risultati simili sono stati segnalati alcuni anni più tardi nei neonati trattati con esomeprazolo. In questo studio la variazione percentuale del numero totale di segni e sintomi correlati alla MRGE non era statisticamente significativa tra i gruppi cha assumevano esomeprazolo e placebo; inoltre, la diminuzione media del numero degli episodi di reflusso non era significativamente differente nei due gruppi; tuttavia, la percentuale del tempo di acidificazione esofagea ed il numero di episodi di reflusso acido superiore a 5 minuti erano diminuiti significativamente nel gruppo trattato con esomeprazolo rispetto al placebo. Infine, in una recentissima review sugli effetti degli IPP sull’irritabilità e pianto inconsolabile nei lattanti, gli autori sono giunti alla conclusione che questi farmaci non offrono sollievo da questi sintomi per i quali sono comunemente prescritti.3 D’altronde, un lavoro di Susan R. Orenstein dell’ University of Pittsburgh School of Medicine ha recentemente ipotizzato che il fattore determinante i sintomi da reflusso nei lattanti sia il volume piuttosto che l’acidità. Nel primo anno di vita, infatti, i bambini ingeriscono un volume enorme di nutrienti in un breve periodo di tempo che li porta a triplicare il loro peso. La distensione gastrica, indotta dall’iperalimentazione e dall’involontaria ingestione di aria, è associata ad un aumento dei rilasciamenti transitori dello sfintere esofageo inferiore, che è considerato uno dei principali meccanismi che contribuiscono al reflusso gastroesofageo (RGE) post-prandiale.4 N onostante tutte queste evidenze, i tassi di prescrizione di IPP in età pediatrica sono aumentati in modo esponenziale nel corso degli ultimi anni. Le linee-guida internazionali pubblicate dal NASPGHAN/ESPGHAN nel 2009 riportavano che nel bambino, così come nell’adulto, i farmaci IPP sono efficaci per il trattamento dei sintomi della MRGE e per la guarigione dell’esofagite erosiva e che gli stessi sono superiori agli antagonisti dei recettori dell’istamina H2 (H2Ras); entrambi si sono dimostrati, inoltre, più efficaci del placebo.5 Le stesse linee-guida riportavano che nessun IPP è stato approvato per i lattanti. Infatti, studi clinici controllati randomizzati hanno mostrato che gli IPP e il placebo migliorano in modo simile sintomi quali il pianto e l’irritabilità, nonostante il riscontro di una soppressione dell’acidità gastrica nel gruppo che assumeva gli IPP. G eneralmente per i lattanti con RGE funzionale sono sufficienti misure conservative come l’educazione dei genitori e le modifiche della composizione, della frequenza e del volume dei pasti. Tuttavia, una survey effettuata nel 2012 dal nostro gruppo sull’approccio da parte dei pediatri europei ai bambini con RGE ha mostrato che solo l’1,8% dei pediatri coinvolti gestiva i bambini nel pieno rispetto delle linee-guida internazionali. La violazione più rilevante delle raccomandazioni delle linee-guida riguardava proprio la prescrizione inappropriata di farmaci acido-soppressivi. La percentuale di pediatri che prescrivevano impropriamente gli IPP nella loro pratica clinica era >60% in tutti i Paesi coinvolti nello studio.6 Con lo scopo di indagare i motivi per cui i pediatri non seguivano le raccomandazioni delle lineeguida internazionali e di valutare l’efficacia di 2 diversi interventi formativi, abbiamo quindi effettuato un altro studio nel quale gli stessi pediatri sono stati sottoposti ad una formazione specifica sulle principali raccomandazioni delle linee-guida e successivamente sorvegliati nella loro pratica clinica per un periodo di 6 mesi. Il principale risultato è stato che il tasso di prescrizioni inappropriate di IPP è sceso drammaticamente in seguito alla formazione. Nello specifico, i lattanti con irritabilità e pianto inconsolabile trattati con IPP sono scesi dal 45,2 al 3,7% e i lattanti con rigurgito/vomito ricorrente non complicato, trattati con IPP in disaccordo con le linee-guida, dal 37,1 al 4,5%.7 Speciale Tavola rotonda Congresso SIP Uso e abuso degli inibitori di pompa protonica 1. Putnam PE. Stop the PPI Express: They Don’t Keep Babies Quiet! J Pediatr 2009;154;514-20. 2. Orenstein SR, Hassall E, FurmagaJablonskaW et al. Multicenter, doubleblind, randomized, placebo-controlled trial assessing efficacy & safety of proton pump inhibitor lansoprazole in infants with symptoms of gastroesophageal reflux disease. J Pediatr 2009;154:514–20. 3. Gieruszczak-Białek D, Konarska Z, Skórka A et al. No effect of proton pump inhibitors on crying and irritability in infants: systematic review of randomized controlled trials. J Pediatr 2015;166:767-70. 4. Orenstein SR. Infant GERD: symptoms, reflux episodes & reflux disease, acid & nonacid refllux--implications for treatment with PPIs. Curr Gastroenterol Rep 2013;15:353 5. Vandenplas Y, Rudolph CD, Di Lorenzo C et al. Pediatric gastroesophageal reflux clinical practice guidelines: joint recommendations of the North American Society for Pediatric Gastroenterology, Hepatology, and Nutrition (NASPGHAN) and the European Society for Pediatric Gastroenterology, Hepatology, and Nutrition (ESPGHAN). North American Society for Pediatric Gastroenterology Hepatology and Nutrition, European Society for Pediatric Gastroenterology Hepatology and Nutrition. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2009; 49:498-554. 6. Quitadamo P, Papadopoulou A, Wenzl T et al. European Pediatricians’ Approach to Children with Gastroesophageal Reflux Symptoms: Survey on the Implementation of 2009 NASPGHANESPGHAN Guidelines. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2014;58:505-9. 7. Quitadamo P, Urbonas V, Papadopoulou A et al. Do pediatricians apply the 2009 NASPGHAN-ESPGHAN guidelines for the diagnosis and management of gastroesophageal reflux after being trained? J Pediatr Gastroenterol Nutr 2014;59:356-9. . 8. Rosen R, Johnston N, Hart K et al. Higher rate of bronchoalveolar lavage culture positivity in children with nonacid reflux and respiratory disorders. J Pediatr 2011;159:504-6. 9. Rosen R, Amirault J, Liu H et al. Changes in gastric and lung microflora with acid suppression: acid suppression and bacterial growth. JAMA Pediatr 2014;168:932-7. 10. Turco R, Martinelli M, Miele E et al. Proton pump inhibitors as a risk factor for paediatric Clostridium difficile infection. Aliment Pharmacol Ther 2010;31:754-9. 11. Pashankar DS, Israel DM. Gastric polyps and nodules in children receiving long-term omeprazole therapy. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2002;35:658–62. 119 Bibliografia N el 2013 Trikha ha mostrato che i bambini con MRGE trattati con IPP hanno un maggiore rischio di allergia alimentare rispetto a quelli con MRGE non trattati. Inoltre, nel 2010, Turco et al hanno osservato che l’uso degli IPP costituisce anche un fattore di rischio per l’infezione da Clostridium difficile. Secondo i loro dati, infatti, una percentuale significativamente più alta (22% vs 5,9%) di bambini che assumono IPP sviluppava l’infezione da Clostridium difficile rispetto ai controlli.10 Per la prima volta all’inizio del 2000 è stato segnalato che la terapia a lungo termine con IPP si può associare alla comparsa di polipi e noduli gastrici nei bambini, anche se in una percentuale molto bassa di pazienti. Considerando tutte queste evidenze disponibili, all’inizio del 2015 il National Institute for Health and Care Excellence (NICE) ha riassunto le sue raccomandazioni per l’utilizzo degli IPP in 2 punti: 1) non prescrivere IPP né H2RAs per trattare il RGE funzionale dei lattanti, che si manifesta con episodi ricorrenti di rigurgito/vomito, in un paziente peraltro sano; 2) proporre il trattamento con IPP solo a lattanti, bambini e adolescenti con esofagite da reflusso documentata endoscopicamente.11 AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 I n relazione ai possibili effetti collaterali che si possono osservare come conseguenza dell’utilizzo degli IPP, uno studio ha mostrato che l’assunzione di tali farmaci modifica le caratteristiche di acidità del reflusso, portando ad un aumento dei reflussi debolmente acidi rispetto a quelli acidi. L’aumentato numero di reflussi debolmente acidi è stato associato ad un maggior rischio di positività colturale del lavaggio broncoalveolare in bambini con disturbi respiratori, promuovendo in tal modo lo sviluppo di possibili infezioni polmonari.8 A conferma di questi risultati, nel 2014 Rosen et al hanno pubblicato su “JAMA” un lavoro sui cambiamenti nella microflora gastrica e polmonare in seguito alla soppressione acida. Essi hanno concluso che l’uso degli IPP provoca una proliferazione di batteri nello stomaco, tra cui principalmente Stapylococcus e Streptococcus ed è inoltre associato ad una maggiore concentrazione di batteri nelle basse vie respiratorie.9 Anche se sono necessari ulteriori studi per determinare se le modifiche nella microflora indotte dagli IPP possono predire possibili rischi infettivi, questi dati sono molto interessanti. RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO 1-DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE FLUIBRON FEBBRE E DOLORE Bambini 100mg/5ml sospensione orale gusto fragola senza zucchero FLUIBRON FEBBRE E DOLORE Bambini 100mg/5ml sospensione orale gusto arancia senza zucchero 2-COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA Ogni ml di sospensione orale contiene: Principio attivo: ibuprofene 20 mg. Eccipienti: sciroppo di maltitolo 753,30 mg Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3-FORMA FARMACEUTICA Sospensione orale. 4-INFORMAZIONI CLINICHE 4.1-Indicazioni terapeutiche Trattamento sintomatico della febbre e del dolore lieve o moderato. 4.2-Posologia e modo di somministrazione La dose giornaliera è strutturata in base al peso ed all’età del paziente. Gli effetti indesiderati possono essere minimizzati con l’uso della dose minima efficace per la durata di trattamento più breve possibile necessaria per controllare i sintomi (vedere paragrafo 4.4). Nei bambini di età compresa tra 3 e 6 mesi limitare la somministrazione a quelli di peso superiore ai 5,6 kg. La somministrazione orale a lattanti e bambini di età compresa fra 3 mesi e 12 anni dovrebbe avvenire mediante siringa dosatrice fornita con il prodotto. La scala graduata presente sul corpo della siringa riporta in evidenza le tacche per i diversi dosaggi; in particolare la tacca da 2,5 ml corrispondente a 50 mg di ibuprofene e la tacca da 5 ml corrispondente a 100 mg di ibuprofene. La dose giornaliera di 20-30 mg/kg di peso corporeo, suddivisa 3 volte al giorno ad intervalli di 6-8 ore, può essere somministrata sulla base dello schema che segue. PESO ETÀ DOSE SINGOLA IN ML 5,6 -7 Kg 7 -10 Kg 10 - 15 Kg 15 - 20 Kg 20 - 28 Kg 28 - 43 Kg 3 - 6 mesi 6 - 12 mesi 1 - 3 anni 4 - 6 anni 7 - 9 anni 10 - 12 anni 2,5 ml 2,5 ml 5 ml 7,5 ml (5 ml + 2,5 ml) 10 ml 15 ml N° MASSIMO DI SOMMINISTRAZONI/ GIORNO 3 nelle 24 ore Nel caso di febbre post-vaccinazione riferirsi al dosaggio sopra indicato, somministrando una dose singola seguita, se necessario, da un’altra dose dopo 6 ore. Non somministrare più di due dosi nelle 24 ore. Consultare il medico se la febbre non diminuisce. Il prodotto è inteso per trattamenti di breve durata. Nel caso l’uso del medicinale sia necessario per più di 3 giorni nei lattanti e bambini di età superiore ai 6 mesi e negli adolescenti, o nel caso di peggioramento della sintomatologia deve essere consultato il medico. Nei lattanti di età compresa tra 3 e 5 mesi deve essere consultato il medico qualora i sintomi persistano per un periodo superiore alle 24 ore o nel caso di peggioramento della sintomatologia. Istruzioni per l’utilizzo della siringa dosatrice: 1 – Svitare il tappo spingendolo verso il basso e girandolo verso sinistra. 2 – Introdurre a fondo la punta della siringa nel foro del sottotappo. 3 – Agitare bene. 4 – Capovolgere il flacone, quindi, tenendo saldamente la siringa, tirare delicatamente lo stantuffo verso il basso facendo defluire la sospensione nella siringa fino alla tacca corrispondente alla dose desiderata. 5 – Rimettere il flacone in posizione verticale e rimuovere la siringa ruotandola delicatamente. 6 – Introdurre la punta della siringa nella bocca del bambino, ed esercitare una lieve pres- sione sullo stantuffo per far defluire la sospensione. Dopo l’uso avvitare il tappo per chiudere il flacone e lavare la siringa con acqua calda. Lasciarla asciugare, tenendola fuori dalla portata e dalla vista dei bambini. 4.3-Controindicazioni • Ipersensibilità all’ibuprofene o ad uno qualsiasi degli eccipienti. • Bambini di età inferiore a 3 mesi o di peso inferiore a 5,6 kg. • Ipersensibilità all’acido acetilsalicilico o ad altri analgesici, antipiretici, antinfiammatori non steroidei (FANS), in particolare quando l’ipersensibilità è associata a poliposi nasale e asma. • Ulcera peptica attiva. • Grave insufficienza renale o epatica. • Severa insufficienza cardiaca. • Storia di emorragia gastrointestinale o perforazione relativa a precedenti trattamenti attivi o storia di emorragia/ulcera peptica ricorrente (due o più episodi distinti di dimostrata ulcerazione o sanguinamento). • Uso concomitante di FANS, compresi gli inibitori specifici della COX-2. • Gravidanza e allattamento (vedere paragrafo 4.6). 4.4-Avvertenze speciali e precauzioni di impiego Dopo tre giorni di trattamento senza risultati apprezzabili consultare il medico. Gli effetti indesiderati possono essere minimizzati con l’uso della più bassa dose efficace per la più breve durata possibile di trattamento che occorre per controllare i sintomi (vedere i paragrafi sottostanti sui rischi gastrointestinali e cardiovascolari). L’uso di FLUIBRON FEBBRE E DOLORE deve essere evitato in concomitanza di FANS, inclusi gli inibitori selettivi della COX-2. Gli analgesici, antipiretici, antinfiammatori non steroidei possono causare reazioni di ipersensibilità, potenzialmente gravi (reazioni anafilattoidi), anche in soggetti non precedentemente esposti a questo tipo di farmaci. Il rischio di reazioni di ipersensibilità dopo assunzione di ibuprofene è maggiore nei soggetti che abbiano presentato tali reazioni dopo l’uso di altri analgesici, antipiretici, antinfiammatori non steroidei e nei soggetti con iperreattività bronchiale (asma), poliposi nasale o precedenti episodi di angioedema (vedere paragrafo 4.2 e paragrafo 4.8 ). Emorragia gastrointestinale, ulcerazione e perforazione: durante il trattamento con tutti i FANS, in qualsiasi momento, con o senza sintomi di preavviso o precedente storia di gravi eventi gastrointestinali, sono state riportate emorragia gastrointestinale, ulcerazione e perforazione, che possono essere fatali. Anziani: i pazienti anziani hanno un aumento della frequenza di reazioni avverse ai FANS, specialmente emorragie e perforazioni gastrointestinali, che possono essere fatali (vedere paragrafo 4.2). Negli anziani e in pazienti con storia di ulcera, soprattutto se complicata da emorragia o perforazione (vedere paragrafo 4.3), il rischio di emorragia gastrointestinale, ulcerazione o perforazione è più alto con dosi aumentate di FANS. Questi pazienti devono iniziare il trattamento con la più bassa dose disponibile. L’uso concomitante di agenti protettori (es. misoprostolo o inibitori di pompa protonica) deve essere considerato per questi pazienti ed anche per pazienti che assumono basse dosi di aspirina o altri farmaci che possono aumentare il rischio di eventi gastrointestinali (vedere paragrafo 4.5). Pazienti con storia di tossicità gastrointestinale, in particolare anziani, devono riferire qualsiasi sintomo gastrointestinale inusuale (soprattutto emorragia gastrointestinale) in particolare nelle fasi iniziali del trattamento. Cautela deve essere prestata ai pazienti che assumono farmaci concomitanti che potrebbero aumentare il rischio di ulcerazione o sanguinamento, come corticosteroidi orali, anticoagulanti come warfarin, inibitori selettivi del reuptake della serotonina o agenti antiaggreganti come l’aspirina (vedere paragrafo 4.5). Quando si verifica emorragia o ulcerazione gastrointestinale in pazienti che assumono FLUIBRON FEBBRE E DOLORE, il trattamento deve essere sospeso. I FANS devono essere somministrati con cautela ai pazienti con una storia di malattia gastrointestinale (colite ulcerosa, morbo di Crohn) poiché tali condizioni possono essere esacerbate (vedere paragrafo 4.8). Gravi reazioni cutanee alcune delle quali fatali, includenti dermatite esfoliativa, sindrome di Stevens-Johnson e necrolisi tossica epidermica, sono state riportate molto raramente in associazione con l’uso dei FANS (vedi paragrafo 4.8). Nelle prime fasi della terapia i pazienti sembrano essere a più alto rischio: l’insorgenza della reazione si verifica nella maggior parte dei casi entro il primo mese di trattamento. FLUIBRON FEBBRE E DOLORE deve essere interrotto alla prima comparsa di rash cutaneo, lesioni della mucosa o qualsiasi altro segno di ipersensibilità. Cautela è richiesta prima di iniziare il trattamento nei pazienti con anamnesi positiva per ipertensione e/o insufficienza cardiaca poiché in associazione al trattamento con i FANS sono stati riscontrati ritenzione di liquidi, ipertensione ed edema. Studi clinici e dati epidemiologici suggeriscono che l’uso di ibuprofene, specialmente ad alti dosaggi (2400 mg/die) e per trattamenti di lunga durata, può essere associato ad un modesto aumento del rischio di eventi trombotici arteriosi (es. infarto del miocardio o ictus). In generale, gli studi epidemiologici non suggeriscono che basse dosi di ibuprofene (es. ≤ 1200 mg/die) siano associati ad un aumento del rischio di infarto del miocardio. I pazienti con ipertensione non controllata, insufficienza cardiaca congestizia, cardiopatia ischemica accertata, malattia arteriosa periferica e/o malattia cerebrovascolare devono essere trattati con ibuprofene soltanto dopo attenta considerazione. Analoghe considerazioni devono essere effettuate prima di iniziare un trattamento di lunga durata in pazienti con fattori di rischio per eventi cardiovascolari (es. ipertensione, iperlipidemia, diabete mellito, fumo). L’uso di ibuprofene, di acido acetilsalicilico o di altri analgesici, antipiretici, antinfiammatori non steroidei, richiede particolare cautela: • in caso di asma: possibile broncocostrizione; • in presenza di difetti della coagulazione: riduzione della coagulabilità; • in presenza di malattie renali, cardiache o di ipertensione: possibile riduzione critica della funzione renale (specialmente nei soggetti con funzione renale o epatica compromessa, insufficienza cardiaca o in trattamento con diuretici), nefrotossicità o ritenzione di fluidi; • in presenza di malattie epatiche: possibile epatotossicità; • reidratare il soggetto prima dell’inizio e nel corso del trattamento in caso di disidratazione (ad esempio per febbre, vomito o diarrea); Nei bambini e negli adolescenti disidratati esiste il rischio di alterazione della funzionalità renale. Le seguenti precauzioni assumono rilevanza nel corso di trattamenti prolungati: • sorvegliare i segni o sintomi di ulcerazioni o sanguinamenti gastrointestinali; • sorvegliare i segni o sintomi di epatotossicità; • sorvegliare i segni o sintomi di nefrotossicità; • se insorgono disturbi visivi (vista offuscata o ridotta, scotomi, alterazione della percezione dei colori): interrompere il trattamento e consultare l’oculista; • se insorgono segni o sintomi di meningite: valutare la rara possibilità che essa sia dovuta all’uso di ibuprofene (meningite asettica; più frequente nei soggetti affetti da lupus eritematoso sistemico o altre collagenopatie). Poiché FLUIBRON FEBBRE E DOLORE contiene maltitolo, i pazienti affetti da rari problemi ereditari di intolleranza al fruttosio non devono assumere questo medicinale. FLUIBRON FEBBRE E DOLORE non contiene zucchero ed è pertanto indicato per quei pazienti che devono controllare l’apporto di zuccheri e calorie. Ogni dose da 2,5 ml di sospensione contiene 4,51 mg (0,20 mmol) di sodio; ciò deve essere tenuto in considerazione nei casi sia raccomandata una dieta povera di sodio. 4.5-Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione Le seguenti interazioni sono comuni all’ibuprofene, all’acido acetilsalicilico e agli altri analgesici, antipiretici, antinfiammatori non steroidei (FANS): • evitare l’uso contemporaneo di due o più analgesici, antipiretici, antinfiammatori non steroidei: aumento del rischio di effetti indesiderati • corticosteroidi: aumento del rischio di ulcerazione o emorragia gastrointestinale (vedere paragrafo 4.4) • antibatterici: possibile aumento del rischio di convulsioni indotte da chinolonici • anticoagulanti: i FANS possono aumentare gli effetti degli anticoagulanti, come il warfarin (vedere paragrafo 4.4) • agenti antiaggreganti e inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRIs): aumento del rischio di emorragie gastrointestinale (vedere paragrafo 4.4) • antidiabetici: possibile aumento dell’effetto delle sulfaniluree • antivirali: ritonavir, possibile aumento della concentrazione dei FANS • ciclosporina: aumentato rischio di nefrotossicità • citotossici: metotressato, riduzione dell’escrezione (aumentato rischio di tossicità) • litio: riduzione dell’escrezione (aumentato rischio di tossicità) • tacrolimus: aumentato rischio di nefrotossicità • uricosurici: probenecid, rallenta l’escrezione dei FANS (aumento delle concentrazioni plasmatiche) • metotrexato: potenziale aumento della concentrazione plasmatica di metotrexato. • Zidovudina: rischio aumentato di emartrosi ed ematomi in emofilici HIV (+) se trattati contemporaneamente con zidovudina e ibuprofene. • diuretici, ACE inibitori e Antagonisti dell’angiotensina II: i FANS possono ridurre l’effetto dei diuretici e di altri farmaci antiipertensivi. In alcuni pazienti con funzione renale compromessa (per esempio pazienti disidratati o pazienti anziani con funzione renale compromessa) la co-somministrazione di un ACE inibitore o di un antagonista dell’angiotensina II e di agenti che inibiscono il sistema della ciclo-ossigenasi può portare a un ulteriore deterioramento della funzione renale, che comprende una possibile insufficienza renale acuta, generalmente reversibile. Queste interazioni devono essere considerate in pazienti che assumono FLUIBRON FEBBRE E DOLORE in concomitanza con ACE inibitori o antagonisti dell’angiotensina II. Quindi, la combinazione deve essere somministrata con cautela, specialmente nei pazienti anziani. I pazienti devono essere adeguatamente idratati e deve essere preso in considerazione il monitoraggio della funzione renale dopo l’inizio della terapia concomitante. Dati sperimentali indicano che l’ibuprofene può inibire gli effetti dell’acido acetilsalicilico a basse dosi sull’aggregazione piastrinica quando i farmaci sono somministrati in concomitanza. Tuttavia, l’esiguità dei dati e le incertezze relative alla loro applicazione alla situazione clinica non permettono di trarre delle conclusioni definitive per l’uso continuativo di ibuprofene; sembra che non vi siano effetti clinicamente rilevanti dall’uso occasionale dell’ibuprofene (vedere paragrafo 5.1). 4.6- Fertilità, gravidanza e allattamento È improbabile che soggetti di età inferiore a 12 anni vadano incontro a gravidanza, o allattino al seno. Peraltro, in tali circostanze bisogna tenere presente le seguenti considerazioni. L’inibizione della sintesi di prostaglandine può interessare negativamente la gravidanza e/o lo sviluppo embrio/fetale. Risultati di studi epidemiologici suggeriscono un aumentato rischio di aborto e di malformazione cardiaca e di gastroschisi dopo l’uso di un inibitore della sintesi di prostaglandine nelle prime fasi della gravidanza. Il rischio assoluto di malformazioni cardiache aumentava da meno dell’1% fino a circa l’1,5%. È stato ritenuto che il rischio aumenta con la dose e la durata della terapia. Negli animali, la somministrazione di inibitori della sintesi di prostaglandine ha mostrato di provocare un aumento della perdita di pre e post-impianto e di mortalità embrione-fetale. Inoltre, un aumento di incidenza di varie malformazioni, inclusa quella cardiovascolare, è stato riportato in animali a cui erano stati somministrati inibitori di sintesi delle prostaglandine durante il periodo organogenetico. Durante il terzo trimestre di gravidanza, tutti gli inibitori della sintesi delle prostaglandine possono esporre il feto a: • tossicità cardiopolmonare (con chiusura prematura del dotto arterioso e ipertensione polmonare); • disfunzione renale che può progredire a insufficienza renale con oligo-idroamnios; la madre e il neonato, alla fine della gravidanza, a: • possibile prolungamento del tempo di sanguinamento, un effetto antiaggregante che può occorrere anche a dosi molto basse; • inibizione delle contrazioni uterine risultanti in ritardo o prolungamento del travaglio. 4.7-Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari Non pertinente, considerata l’età del paziente. 4.8-Effetti indesiderati Gli effetti indesiderati osservati con ibuprofene sono comuni agli altri analgesici, antipiretici, antinfiammatori non steroidei. Reazioni di ipersensibilità Raramente: reazioni anafilattoidi (orticaria con o senza angioedema), dispnea (da ostruzione laringea o da broncospasmo), shock, sindrome caratterizzata da dolore addominale, febbre, brividi, nausea e vomito; broncospasmo (vedere paragrafi 4.3 e 4.4). Patologie gastrointestinali Gli eventi avversi più comunemente osservati sono di natura gastrointestinale. Possono verificarsi ulcere peptiche, perforazione o emorragia gastrointestinale, a volte fatale, in particolare negli anziani (vedere paragrafo 4.4). Dopo somministrazione di FLUIBRON FEBBRE E DOLORE sono stati riportati: nausea, vomito, diarrea, flatulenza, costipazione, dispepsia, dolore addominale, melena, ematemesi, stomatiti ulcerative, esacerbazione di colite e morbo di Crohn (vedere paragrafo 4.4). Meno frequentemente sono state osservate gastriti. Dolore epigastrico, pirosi gastrica. I disturbi gastrici possono essere ridotti assumendo il farmaco a stomaco pieno. Raramente: epatite, ittero, alterazione dei test della funzione epatica, pancreatite, duodenite, esofagite, sindrome epatorenale, necrosi epatica, insufficienza epatica. Patologie del sistema nervoso e degli organi di senso Vertigine, cefalea, irritabilità, tinnito. Raramente: depressione, insonnia, difficoltà di concentrazione, labilità emotiva, sonnolenza, meningite asettica, convulsioni, disturbi uditivi e visivi. Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Raramente: broncospasmo, dispnea, apnea. Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Reazioni bollose includenti sindrome di Stevens-Johnson e necrolisi tossica epidermica (molto raramente). Eruzioni cutanee (anche di tipo maculopapulare), prurito. Raramente: eruzioni vescicolo-bollose, orticaria, eritema multiforme, alopecia, dermatite esfoliativa, dermatite da fotosensibilità. Patologie del sistema emolinfopoietico Molto raramente: neutropenia, agranulocitosi, anemia aplastica, anemia emolitica (possi- bile test di Coombs positivo), piastrinopenia (con o senza porpora), eosinofilia, riduzione di emoglobina ed ematocrito, pancitopenia. Disturbi del metabolismo e della nutrizione Riduzione dell’appetito. Patologie cardiache e vascolari Edema, ipertensione e insufficienza cardiaca sono stati riportati in associazione al trattamento con FANS. Ritenzione di fluidi (generalmente risponde prontamente all’interruzione del trattamento). Molto raramente: accidenti cerebrovascolari, ipotensione, insufficienza cardiaca congestizia in soggetti con funzione cardiaca compromessa, palpitazioni. Studi clinici e dati epidemiologici suggeriscono che l’uso di ibuprofene, specialmente ad alti dosaggi (2400 mg/die) e per trattamenti di lunga durata, può essere associato ad un modesto aumento del rischio di eventi trombotici arteriosi (es. infarto del miocardio o ictus) (vedere paragrafo 4.4). Patologie renali ed urinarie Molto raramente: insufficienza renale acuta nei soggetti con preesistente significativa compromissione della funzione renale, necrosi papillare, necrosi tubulare, glomerulonefrite, alterazione dei test della funzione renale, poliuria, cistite, ematuria. Disturbi del sistema immunitario In pazienti con malattie auto-immuni preesistenti (ad esempio: lupus eritematoso sistemico, malattie del sistema connettivo) sono stati segnalati casi singoli di sintomi di meningite asettica come tensione nucale, cefalea, nausea, vomito, febbre, disorientamento (vedere paragrafo 4.4). Vari Raramente: secchezza degli occhi e della bocca, ulcere gengivali, rinite. “Segnalazione delle reazioni avverse sospette.” La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo “www. agenziafarmaco.gov.it/it/responsabili”. 4.9-Sovradosaggio I sintomi di sovradosaggio si possono manifestare in bambini che abbiano assunto più di 400 mg/kg. L’emivita del farmaco in caso di sovradosaggio è 1.5-3 ore. Sintomi La maggior parte dei pazienti che ingeriscono accidentalmente quantitativi clinicamente rilevanti di FANS sviluppano al più nausea, vomito, dolore epigastrico o raramente diarrea. Sono possibili anche tinnito, cefalea e sanguinamento gastrointestinale. In caso di ingestioni di quantitativi più importanti, si osserva tossicità del sistema nervoso centrale che si manifesta con sonnolenza, occasionalmente eccitazione e disorientamento o coma, convulsioni. Nei casi più seri si può verificare acidosi metabolica, prolungamento del tempo di protrombina (INR). Si possono manifestare anche insufficienza renale e danni epatici. Nei soggetti asmatici si può verificare un’esacerbazione dei sintomi della malattia. Trattamento Non esiste alcun antidoto dell’ibuprofene. Il trattamento è sintomatico e consiste negli idonei interventi di supporto. Mantenimento della pervietà delle vie aeree e monitoraggio di funzione cardiaca e segni vitali. Particolare attenzione è dovuta al controllo della pressione arteriosa, dell’equilibrio acido-base e di eventuali sanguinamenti gastrointestinali. In caso di sovradosaggio acuto lo svuotamento gastrico (vomito o lavanda gastrica) è tanto più efficace quanto più precocemente è attuato; può inoltre essere utile la somministrazione di alcali e l’induzione della diuresi; l’ingestione di carbone attivo può contribuire a ridurre l’assorbimento del farmaco. 5-PROPRIETA’ FARMACOLOGICHE 5.1-Proprietà farmacodinamiche Categoria farmacoterapeutica: farmaci antinfiammatori/antireumatici non steroidei, derivati dell’acido propionico. Codice ATC: M01AE01 Ibuprofene è un analgesico-antiinfiammatorio di sintesi, dotato di spiccata attività antipiretica. Chimicamente è il capostipite dei derivati fenil-propionici. L’attività analgesica è di tipo non narcotico. Ibuprofene è un potente inibitore della sintesi prostaglandinica ed esercita la sua attività inibendone la sintesi perifericamente. Dati sperimentali indicano che l’ibuprofene può inibire gli effetti dell’acido acetilsalicilico a basse dosi sull’aggregazione piastrinica quando i farmaci sono somministrati in concomitanza. In uno studio, dopo la somministrazione di una singola dose di 400 mg di ibuprofene, assunto entro 8 ore prima o dopo 30 minuti dalla somministrazione di acido acetilsalicilico (81 mg), si è verificata una diminuzione dell’effetto dell’acido acetilsalicilico sulla formazione di trombossano e sull’aggregazione piastrinica. Tuttavia, l’esiguità dei dati e le incertezze relative alla loro applicazione alla situazione clinica non permettono di trarre delle conclusioni definitive per l’uso continuativo di ibuprofene; sembra che non vi siano effetti clinicamente rilevanti dall’uso occasionale dell’ibuprofene. 5.2-Proprietà farmacocinetiche Ibuprofene è ben assorbito dopo somministrazione orale ed è distribuito in tutto l’organismo rapidamente. Se assunto a stomaco vuoto, i livelli serici massimi sono raggiunti dopo circa 45 minuti. Quando assunto in concomitanza a cibo, i livelli massimi nel sangue si raggiungono tra un’ora e mezzo e 3 ore. L’ibuprofene si lega in larga misura alle proteine plasmatiche, si distribuisce a livello tissutale e nel liquido sinoviale. L’emivita plasmatica della molecola è di circa due ore. L’ibuprofene è metabolizzato nel fegato in due metaboliti inattivi e questi, unitamente all’ibuprofene immodificato, vengono escreti dal rene sia come tali che coniugati. L’eliminazione dal rene è rapida e completa. L’ibuprofene viene escreto nel latte in concentrazioni molto basse. 5.3-Dati preclinici di sicurezza Non vi sono ulteriori informazioni su dati preclinici oltre a quelle già riportate in altre parti di questo Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (vedere paragrafo 4.6). 6-INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1-Elenco degli eccipienti FLUIBRON FEBBRE E DOLORE Bambini 100mg/5ml sospensione orale gusto fragola senza zucchero Acido citrico monoidrato, sodio citrato, acesulfame di potassio, gomma xantana, sodio benzoato, aroma fragola, sciroppo di maltitolo, glicerina, acqua depurata FLUIBRON FEBBRE E DOLORE Bambini 100mg/5ml sospensione orale gusto arancia senza zucchero Acido citrico monoidrato, sodio citrato, acesulfame di potassio, gomma xantana, sodio benzoato, aroma arancia, sciroppo di maltitolo, glicerina, acqua depurata 6.2-Incompatibilità Non pertinente. 6.3-Periodo di validità FLUIBRON FEBBRE E DOLORE Bambini 100mg/5ml sospensione orale gusto fragola senza zucchero 36 mesi Periodo di validità dopo la prima apertura: 6 mesi. FLUIBRON FEBBRE E DOLORE Bambini 100mg/5ml sospensione orale gusto arancia senza zucchero 36 mesi Periodo di validità dopo la prima apertura: 6 mesi. 6.4-Precauzioni particolari per la conservazione Nessuna particolare. 6.5-Natura e contenuto del contenitore FLUIBRON FEBBRE E DOLORE Bambini 100mg/5ml sospensione orale gusto fragola senza zucchero Flacone color ambra in polietilene tereftalato (PET) con tappo e sottotappo in polietilene con chiusura a prova di bambino. Siringa dosatrice con corpo e stantuffo in polietilene. FLUIBRON FEBBRE E DOLORE Bambini 100mg/5ml sospensione orale gusto arancia senza zucchero Flacone color ambra in polietilene tereftalato (PET) con tappo e sottotappo in polietilene con chiusura a prova di bambino. Siringa dosatrice con corpo e stantuffo in polietilene. 6.6-Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione Nessuna istruzione particolare. 7-TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO Titolare A.I.C.: Chiesi Farmaceutici S.p.A. – Via Palermo, 26/A – 43122 Parma (PR) 8-NUMERO DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO FLUIBRON FEBBRE E DOLORE Bambini 100mg/5ml sospensione orale gusto fragola senza zucchero - flacone da 150 ml con siringa dosatrice: AIC n. 043188010 FLUIBRON FEBBRE E DOLORE Bambini 100mg/5ml sospensione orale gusto arancia senza zucchero - flacone da 150 ml con siringa dosatrice: AIC n. 043188022 9-DATA DI PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE Prima Autorizzazione: 26/08/2014 10-DATA DI REVISIONE DEL TESTO Maggio 2015 [ come s i fa ] Come ricercare l’Helicobacter Pylori: nelle feci, con il breath test o con biopsia? Sono molti i test diagnostici disponibili per documentare l’infezione da HP ed ognuno presenta vantaggi e svantaggi. infezione da Helicobacter pylori (HP) è estremamente diffusa, tanto da interessare quasi il 50% della popolazione mondiale. Nell’adulto l’infezione da HP può associarsi ad ulcera peptica, gastrite cronica (Fig 1), linfoma gastrico e cancro dello stomaco. In età pediatrica però l’incidenza è molto più bassa, variando dal 10% circa in molti Paesi europei e negli Stati Uniti d’America, al 20% in Asia, Sud America e in alcuni Paesi europei. Inoltre le complicanze rilevate nell’adulto sono estremamente rare in età pediatrica; in uno studio multicentrico europeo effettuato su 1233 bambini sintomatici affetti da HP, l’ulcera peptica è stata riscontrata solo Carlo Tolone1 2 nel 5% dei soggetti di età inferiore ai Salvatore Tolone 1 Dipartimento di Pediatria, 12 anni e nel 10% degli adolescenti.1 Seconda Università di Napoli L’infezione viene il più delle volte 2 Dipartimento di Chirurgia, Seconda Università di Napoli contratta in ambito familiare nella AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 L’ 123 Introduzione Come si fa Come ricercare l’Helicobacter Pylori: nelle feci, con il breath test o con biopsia? prima decade di vita e tende a persistere senza un trattamento specifico, anche se sono stati documentati casi di scomparsa “spontanea” dell’HP, probabilmente da attribuire a cicli di antibioticoterapia effettuati nel bambino per altre cause. Da quanto esposto, si può capire per quale motivo l’approccio al paziente con pregressa infezione da HP sia diverso nell’adulto e nel paziente pediatrico. Lo scopo della presente review è di valutare quali sono attualmente i mezzi per diagnosticare correttamente l’infezione da HP e la sua avvenuta eradicazione. · 124 Test invasivI Istopatologia Consente di ottenere informazioni sullo stato della mucosa gastrica Figura 2. HelicobacterPylori. Test diagnostici (presenza e stato di infiammazione, ono molti i test diagnostici metaplasia intestinale, atrofia delle disponibili per documentare l’infezione da HP ed ghiandole, displasia e neoplasia). Viene raccomandata l’eognuno presenta vantaggi e svantaggi, costi diversi e sosecuzione di più biopsie, almeno una sulla grande curvatura prattutto comporta per il piccolo paziente un disagio dell’antro ed una sulla piccola. Una sola biopsia potrebdiverso a seconda che sia un test invasivo o non invasivo. be infatti portare a sottostimare la presenza dell’HP con Ma chi sono i bambini che vanno sottoposti a questi possibile risultato di falsa negatività. La colorazione di test, considerando che la maggior parte di loro, pur con routine con ematossilina-eosina è di solito sufficiente per infezione da HP, sono del tutto asintomatici? Le linee evidenziare nei campioni bioptici l’HP ma talvolta è utile guida dell’ ESPGHAN-NASPGHAN del 20112 sono a affiancare quella con il Giemsa. Nei bambini la coloraziotal proposito del tutto esaurienti. Le principali raccomanne con ematossilina-eosina e con Giemsa insieme hanno dazioni possono essere riassunte in 5 punti: una sensibilità dell’ 82% ed una specificità del 95%. Nella lo scopo principale in presenza di sintomi gastroinsezione istologica l’Helicobacter pylori si presenta come un testinali è quello di diagnosticare la vera causa di bacillo ricurvo (Figura 2) o a forma di spirale nell’epitelio questi, e non solo la presenza di HP; di superficie o nel muco o all’interno delle ghiandole. Molla ricerca dell’HP non è indicata nei dolori addoto raramente possono essere ritrovate nello stomaco altre minali funzionali; specie di Helicobacter, ad esempio l’Helicobacter heilmanii, è indicata se uno dei due genitori è affetto da canma le due specie sono facilmente distinguibili tra di loro. cro gastrico; L’ibridizzazione fluorescente “in situ” è un metodo che è indicata nei bambini con anemia sideropenica consente di testare sulle preparazioni istologiche la resiresistente al trattamento; stenza dell’Helicobacter nei confronti della claritromicina, non è indicata nell’otite media, nelle infezioni antibiotico molto adoperato per la terapia eradicante delrespiratorie alte, nell’allergia l’HP ma attualmente diventato alimentare, nella SIDS, nella spesso inefficace sia nell’adulto Tabella 1. Test diagnostici disponibili per l’infezione da HP porpora trombocitopenia iche nel bambino. Invasivi Non invasivi diopatica, nella bassa statura. 1.Endoscopia 1. Breath Test all’ureasi Il test ideale per la diagnosi della Coltura con biopsia 2. Ricerca dell’antigene a.Istopatologia fecale infezione da HP dovrebbe risponLa ricerca colturale dell’HP dalla b.Test rapido 3. Test sierologici all’ureasi (sangue, urina, saliva) dere ai seguenti requisiti: altamente biopsia gastrica ha un alto grado c. Cultura del batterio affidabile, non invasivo, poco costoso, di sensibilità anche per l’assenza S AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 Figura 1. Gastrite nodulare da HP. di facile interpretazione. Inoltre dovrebbe consentire di discriminare fra una infezione in fase attiva ed una pregressa e fra la semplice infezione e la malattia vera e propria causata dall’HP. Un test però che risponda a tutti questi requisiti oggi non esiste.3 Attualmente i test più utilizzati possono essere suddivisi in 2 gruppi: invasivi e non invasivi, come riportato in Tabella 1. · · · · Come si fa Come ricercare l’Helicobacter Pylori: nelle feci, con il breath test o con biopsia? Lo scopo della presente review è di valutare quali sono attualmente i mezzi per diagnosticare correttamente l’infezione da HP e la sua avvenuta eradicazione. PCR (polimerasi chain reaction) Presso alcuni laboratori è possibile la diagnosi molecolare di infezione da HP mediante PCR. Il DNA genomico del batterio può essere estratto sia da materiale bioptico sia dal succo gastrico, dalla saliva e dalle feci. Il vantaggio di questa metodica sta nella possibilità di effettuarla anche Test non invasivi Tutti questi test sono ovviamente accettati con molto favore dai piccoli pazienti e dai loro genitori, ma pur essendo alcuni di questi dotati di alta sensibilità ed alta specificità, possono solo rilevare la presenza dell’Helicobacter ma non la malattia e tantomeno l’entità di interessamento della mucosa gastrica. Per tale motivo vanno utilizzati soprattutto per valutare l’avvenuta eradicazione dell’HP e, magari, in prima battuta, nel fondato sospetto di infezione da HP. Prima però di intraprendere una qualunque terapia eradicante la diagnosi di malattia da HP dovrà essere confermata da una delle metodiche endoscopiche, precedentemente trattate. Urea Breath test Questo test si basa sulla capacità da parte dell’Helicobacter presente nello stomaco, di scindere l’urea marcata C13 o C14 assorbita per via orale in CO2 e ammoniaca. La CO2 marcata, eliminata attraverso i polmoni, viene misurata nell’aria esalata. Si tratta quindi di un test molto semplice da eseguire, anche se è necessaria la collaborazione da parte del bambino, di solito a partire dai cinque anni di età. L’apparecchiatura ha però un costo abbastanza elevato. La sensibilità e la specificità di questo test si aggirano intorno al 90%. Falsi positivi dovuti ad altri batteri formanti ureasi sono decisamente rari mentre possono esserci più falsi negativi soprattutto se il paziente ha recentemente ingerito antibiotici o inibitori di pompa. Qualche caso di falsa negatività è stato anche riscontrato in presenza di gastrite con interessamento prevalente del corpo gastrico.7 L’affidabilità del test dipende inoltre dalla 125 Test rapido dell’ureasi su biopsia Il test si basa sulla capacità dell’HP di produrre grandi quantità di ureasi catalizzando l’idrolisi dell’urea in ammoniaca ed idrossido di carbonio. È un test rapido, poco costoso ed altamente specifico e non richiede personale esperto; il limite però della metodica consiste nel fatto che molti falsi negativi si possono avere per uso recente di antibiotici, di bismuto e di inibitori di pompa protonica ed è necessario inoltre che ci sia un elevato carico di batteri nella biopsia (non meno di 1000 microrganismi). Nell’adulto la sensibilità del test si riduce notevolmente anche in presenza di ulcera peptica sanguinante; in pediatria la sensibilità del test varia dal 75% al 100% a seconda delle varie casistiche.5 in presenza di pochi batteri, ma, a parte la complessità d’esecuzione, un altro limite è che può mettere in evidenza segmenti di DNA nella mucosa gastrica del batterio già morto per precedenti trattamenti e quindi di fornire risultati falsamente positivi.6 AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 di notevole flora batterica commensale (tranne che nei pazienti con ridotta produzione di acido gastrico). Per evitare l’endoscopia è possibile la raccolta di un campione di succo gastrico per la coltura, ma la sensibilità del metodo è decisamente più bassa rispetto a quella tradizionale (dove si raggiunge una sensibilità del 90% ed una specificità del 100% sia nel bambino che nell’adulto). È necessario però che il campione venga al più presto messo in coltura seguendo tutte le procedure indicate e che venga esaminato da un microbiologo esperto. La coltura permette inoltre di testare la sensibilità dell’HP ai vari antibiotici con evidente vantaggio in termini di terapia; infatti pur non essendo considerato questo un metodo di routine per la diagnosi di HP e non essendo possibile effettuarlo in tutti i laboratori, sta assumendo una maggior diffusione proprio per la crescente resistenza del batterio sia nei confronti della claritromicina che di altri antibiotici.4 Come si fa Come ricercare l’Helicobacter Pylori: nelle feci, con il breath test o con biopsia? correttezza con cui viene eseguito e questo spiega anche perché è preferibile utilizzarlo in bambini di almeno 5–6 anni di età. Ricerca dell’HP nelle feci Esistono molti metodi per ricercare l’antigene dell’Helicobacter nelle feci: test immunoassay con anticorpi monoclonali o policlonali e test immunocromatografici (test rapidi). Rappresenta certamente il metodo più facile da eseguire e meno traumatico per il bambino (non richiede infatti né una particolare conservazione delle feci né alcuna collaborazione da parte del paziente). Una meta-analisi di otto studi8, includendo pazienti adulti e bambini, ha evidenziato una migliore sensibilità del test con anticorpi monoclonali rispetto al policlonale e ai test rapidi. L’età del bambino non influisce sulla variabilità del test mentre può influire una concomitante terapia con inibitori di pompa o la presenza di ulcera sanguinante. La sensibilità e la specificità del test sulle feci si attestano rispettivamente intorno al 90% e al 96% e il test in ELISA con anticorpo monoclonale trova utile impiego sia nella diagnosi iniziale che per valutare l’avvenuta eradicazione. Sierologia L’infezione da HP induce una rapida produzione di anticorpi specifici IgM e più tardi un aumento persistente di IgA ed IgG. Questi anticorpi possono essere rilevati sia nel siero che nelle urine e nella saliva, ma solo nel siero AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 126 Bibliografia 1. Koletzko S, Richy F, Bontems P et al. Prospective multicenter study on antibiotic resistance of Helicobacter Pylori strains obtained from children living in Europe. Gut 2006;55:1711-6. 2. Koletzko S, Jones L.N., Goodman K.J et al. Evidence-based Guidelines From ESPGHAN and NASPGHAN for Helicobacter pylori Infection in Children. JPGN 2011;53:230-243. 3. Crowley E, Bourke B, Hussey S. How to use Helicobacter Pylori testing in paediatric practice. Arch Dis Child Educ Pract Ed 2013;98:18-25. 4. Kato S, Fujimura S. Primary antimicrobial resistance of Helicobacter P. in children during the past 9 years. Pediatr Int 2010;52:187-190. 5. Guarner J, Kalach N, Elitsur Y et al. Helicobacter pylori diagnostic tests in children: review of the literature from 1999 to 2009. Eur J Pediatr 2010;169:15-25. 6. Rimbara E, Sasatsu M, Graham DY. PCR detection of Helicobacter P. in clinical samples. Methods Mol Biol 2013;943:279-287. 7. Capurso G, Carnuccio A, Lahner E et al. Corpus –predominant gastritis as a risk factor for false – negative 13C-urea breath test results. Aliment Pharmacol Ther 2006;24:1453-1460. 8. Gisbert JP, De la Morena F, Abraira V. Accuracy of monoclonal stool antigen test for the diagnosis of H pylori infection: a systematic review and meta –analysis. Am J Gastroenterol 2006;101:1921-30. 9. Gonzales EG, Perez-Perez GI, Maldonado-Garza HG et al. A review of Helicobacter pylori diagnosis, treatment, and methods to detect eradication. Word J Gastroenterol 2014;20(06):1438-1449. 10. Tolone S, Pellino V, Tolone C et al. Evaluation of Helicobacter Pylori eradication in pediatric patients by triple therapy plus Iactoferrin and probiotics compared to triple therapy alone. Ital J Pediatric 2012;38:63. i risultati sono più attendibili. I test in commercio sono molti ma nessuno è particolarmente utile nella pratica clinica per una serie di motivi: innanzi tutto perché le IgG specifiche rimangono positive per molti mesi, qualche volta addirittura anni, dopo la guarigione ed anche perché, soprattutto in età pediatrica, sia la sensibilità che la specificità variano molto a seconda della popolazione considerata. Per tale motivo oggi si ricorre alla sierologia più che altro negli adulti con ulcera sanguinante o che hanno fatto recentemente terapia con antibiotici o inibitori di pompa. Test per valutare l’eradicazione dell’Helicobacter L’eradicazione dell’HP viene oggi valutata con l’Urea Breath test, metodo altamente sensibile e specifico; è opportuno che il test venga praticato non prima di 4–6 settimane di sospensione del trattamento specifico. Il successo terapeutico, soprattutto nei bambini di età inferiore ai 5–6 anni o comunque non complianti, può essere ricercato anche con il test sulle feci le cui caratteristiche sono state precedentemente esposte. Secondo le linee guida europee questi sono gli unici due test non invasivi raccomandati per valutare l’eradicazione dell’HP. Conclusioni I l gold standard per diagnosticare le patologie correlate all’infezione da HP nel bambino è rappresentato dall’esofagogastroduodenoscopia con biopsie. Le linee guida dell’ESPGHAN-NASPGHAN2 raccomandano inoltre che la diagnosi iniziale venga confortata dal reperto istopatologico più il test rapido all’ureasi o il test colturale. Se l’istopatologia e il test rapido all’ureasi sono discordanti tra loro può aiutare a confermare la diagnosi la positività di uno dei due test non invasivi (breath testricerca sulle feci). Se invece la coltura è positiva questa è sufficiente da sola a porre diagnosi di infezione da HP.9 I test non invasivi sono indicati soprattutto per valutare l’avvenuta eradicazione dell’HP e possono essere utili anche per indicare quali bambini sottoporre all’EGDS, pur restando ovviamente la clinica determinante nella decisione di effettuare o meno l’endoscopia.10 Niente terapia specifica dunque prima dell’EGDS e ricerchiamo Helicobacter solo quando è necessario! . Gli autori dichiarano di non avere nessun conflitto di interesse. [ T U TTO SU ] Le cure palliative pediatriche: la nuova medicina per un vecchio problema MENTO. Dati anamnestici e clinici: Giovanni nasce a termine, primogenito, genitori sani, non consanguinei, anamnesi familiare muta. La gravidanza decorre regolarmente a parte oligoidramnios nell’ultima settimana. Il parto è spontaneo, IA 9-10-10. Il piccolo presenta lesioni cutanee ai gomiti, alle ginocchia, alle mani che fanno pensare ad una patogenesi meccanica intrauterina. Nei giorni successivi però le lesioni aumentano notevolmente soprattutto al podice e agli arti con aspetto bolloso seguito da rottura della cute e sanguinamento. Giovanni viene inviato in un centro specialistico, geograficamente lontano dalla residenza, per biopsia cutanea nel sospetto di epidermiolisi bollosa confermata come forma giunzionale all’esame istologico, nella forma grave tipo Herlitz all’indagine molecolare. I genitori scoprono quindi di essere portatori di una patologia estremamente grave, incompatibile con la vita, caratterizzata da decesso nei primi mesi di vita. Diagnosi di inguaribilità: l’equipe di CPP si affianca da subito al centro specialistico, condivide con i genitori la presa in carico, Lucia De Zen1, Luca Manfredini2, Franca Benini3 1 Assistenza domiciliare e cure palliative pediatriche – UO Pediatria, AAS5 Friuli Occidentale, Pordenone 2 Assistenza domiciliare e cure palliative pediatriche – Dipartimento di Ematologia e Oncologia Pediatrica – Istituto G. Gaslini, Genova 3 Centro Regionale Cure Palliative Pediatriche – Azienda Ospedaliera di Padova AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 CASO 1 – MALATTIA RARA INGUARIBILE: GIOVANNI, L’ACCOMPAGNA- 127 La famiglia e il paziente devono essere messi al centro del sistema, che deve evolvere da un modello centrato sull’ospedale e sulla patologia ad un modello centrato sulla persona e sui suoi bisogni. Tutto su Le cure palliative pediatriche: la nuova medicina per un vecchio problema la tipologia di assistenza molto specialistica e peculiare, le medicazioni, la terapia del dolore, la dieta speciale, mantenendo il bambino a domicilio per terapie ev, trasfusioni, tranne nei giorni di ricovero per inevitabili episodi infettivi gravi, garantendo tuttavia la dimissione precoce come chiesto dai familiari. Con i genitori l’equipe CPP concorda giorno dopo giorno, passo dopo passo, la strategia assistenziale, l’invasività o meno delle manovre, l’adeguatezza della terapia antalgica. Si offrono moduli respiro con personale specializzato per permettere ai genitori un tempo libero da dedicare a se stessi e alla coppia. Inoltre, l’equipe CPP si mantiene in stretto contatto con il centro specialistico condividendo la difficoltà della diagnosi e l’inevitabilità della prognosi quoad vitam. Diagnosi di terminalità: si affronta insieme l’avvicinarsi della terminalità, coinvolgendo anche altri familiari (nonni, zii), figure estremamente presenti per sollevare i genitori dal carico assistenziale. Il dolore per la diagnosi di malattia inguaribile è, anche a testimonianza dei genitori, mitigato dalla forza trasmessa nel sentirsi parte di una rete, di una squadra che da subito ha condiviso il vissuto di Giovanni e della famiglia, con la derivante consapevolezza di aver dato la migliore qualità di vita possibile al loro bambino. Progressivamente, tutti insieme, si accompagna il piccolo Giovanni. AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 128 CASO 2 – MALATTIA SCONOSCIUTA: SOFIA, LA PERDITA DELLA GENITORIALITÀ, LA DIFFICILE ASSISTENZA, LA DIFFICILE ACCETTAZIONE DI UNA MANCANZA DI DIAGNOSI. Dati anamnestici e cli- nici: Sofia, secondogenita di genitori sani, non consanguinei, nasce a 28 settimane di gestazione mediante taglio cesareo elettivo per oligoanidramnios: pesa 1,065 kg, IA 3-5, Introduzione L intubata e ventilata, grave quadro di malattia delle membrane ialine con ipertensione polmonare grave secondaria all’ipoplasia polmonare, rimane intubata per 69 giorni, poi NIV con FiO2 elevate (70-80%). Accanto a grave displasia broncopolmonare, si ipotizza una patologia congenita neuro-muscolare per la gravità dello stato neurologico nonostante una relativa stabilità del quadro generale: scarsa motricità spontanea in un quadro di artrogriposi multipla, stato di vigilanza alterato con mimica facciale assente, assenza di suzione e di deglutizione. Viene eseguita biopsia muscolare. Sofia si stabilizza, arriva il referto della biopsia muscolare che mostra un quadro compatibile con malattia d’accumulo di tipo glicogenosico. Diagnosi di inguaribilità: per le modalità precoci di presentazione, le caratteristiche fenotipiche di Sofia (artrogriposi, pterigi multipli, facies caratteristica) e l’assenza di ipoglicemia significativa viene fortemente posto il sospetto diagnostico di glicogenosi tipo IV forma fetale, caratterizzato da morte precoce nelle primissime settimane di vita per insufficienza cardiorespiratoria da accumulo. Viene inviato il materiale all’estero per indagine genetica. L’equipe specialistica accompagna i genitori a prendere coscienza di tale diagnosi e fin da subito i genitori sanno che la loro “piccola è attaccata ad un filo” e che potrebbe morire da un giorno all’altro. Per il momento non è più intubata, è in alti flussi con FiO2 70-80%, alimentata con SNG, in FKT riabilitativa, condizioni generali relativamente stabili. Viene proposto ai genitori un avvicinamento all’ospedale più vicino a casa in grado di accoglierla, con il messaggio di “accompagnare” Sofia nelle settimane che rimarranno vista la grave patologia di base. Questa vicinanza permetterà loro di gestire con più facilità la sorellina, che fino ad ora passava le sue giornate con la mamma in e cure palliative pediatriche (CPP) rappresentano la presa in carico globale del corpo, della mente e dello spirito del bambino affetto da malattia inguaribile e della sua famiglia, curandone aspetti sanitari/assistenziali, psicologici, sociali, economici, religiosi.1 Hanno come obiettivo la qualità di vita del piccolo paziente e della sua famiglia. Nelle cure palliative la Medicina torna ad essere “Medicina della persona”, come lo era in passato, senza perdere la sua acquisita scientificità, recuperando piuttosto la sua dimensione olistica. Il ruolo del palliativista, reinterpretato allo stato attuale, si arricchi- attesa che rientrasse il papà dal lavoro per poi andare a far visita alla sorella. Il tempo dedicato a Sofia appare fin da subito ridotto. Diagnosi di terminalità: Sofia, che ormai ha 3 mesi, necessita tuttavia di assistenza continua da parte del personale e dei genitori, per cui risulta impossibile la permanenza in un reparto di Pediatria e viene trasferita in Neonatologia, seppur vicino a casa. Nel frattempo arriva la risposta molecolare di esclusione della glicogenosi tipo IV. Sofia non ha una diagnosi certa. Nel corso delle settimane la bambina si stabilizza e migliora. Risponde ai suoni, riconosce le voci dei genitori, riduce la frequenza e la gravità delle crisi di apnea, cresce. Diventa via via chiaro che Sofia non è letteralmente “terminale”. È una bambina con una malattia inguaribile, per la quale però non si ha possibilità di previsione della terminalità. A questo punto l’equipe delle CPP incontra la famiglia, fortemente provata dal lungo ricovero, dalla mancanza di diagnosi certa, dalla criticità del quadro clinico, dalla necessità di dedicare poco tempo alla piccola per poter continuare a lavorare e ad accudire l’altra figlia. Appare chiaro che al di là dei problemi sanitari, il primo aspetto da affrontare è il recupero della genitorialità, il permettere di ridiventare famiglia, genitori, sorella. L’equipe CPP si trova ad affrontare con i genitori e tutti gli operatori sanitari coinvolti nella presa in carico dilemmi etici emergenti: se sia giusto lasciare da sola così tanto tempo la piccola; come si potrebbe aiutare Sofia a stare di più con la sua famiglia (domicilio? Hospice pediatrico?); data la mancanza di diagnosi e quindi di una prognosi certa, si mette in discussione l’eventuale indicazione a interventi invasivi tipo posizionamento di gastrostomia o tracheostomia nell’ottica di chiedersi se abbia senso seguire una medicina che lavora con la diagnosi della persona e non con la persona. sce di nuove competenze professionali, legate al progresso della Medicina moderna, associate ad una grande capacità e attitudine a lavorare in gruppo, in rete. Non è infatti più sostenibile né appropriato per un singolo specialista farsi carico e seguire in solitudine bambini estremamente complessi, non certo per incapacità professionali o umane, ma per il grande ed eterogeneo numero di bisogni a cui dare risposta per garantire un approccio globale al malato e alla sua famiglia. Le risposte fornite dalle CPP sono molto complesse, toccano tutti gli ambiti del “sistema salute”, dal domicilio alla residenzialità, dall’ospedale al territorio, con forte interdisciplinarietà e trasversalità tra le varie istitu- Tutto su Le cure palliative pediatriche: la nuova medicina per un vecchio problema Illness Journey Presa in carico Sospetto iniziale Percorso di cura Diagnosi di inguaribilità Dimissione Diagnosi di terminalità Morte Presa carico Progressione della in malattia e dei sintomi Effetti psicologici, sociali, educativi, spirituali, …sulla qualità della vita Impatto sulla famiglia (lavoro, risorse economiche, relazioni, fratelli) Utilizzo di farmaci e presidi medici, ospedale, ambulatorio, domicilio, hospice pediatrico (mesi, anni) Queste ultime si riferiscono alla presa in carico del bambino nel periodo strettamente legato all’evento della morte (settimane, giorni, ore), tipicamente confuse con le cure “palliative” dell’adulto che reclutano quasi esclusivamente pazienti oncologici sulla base della previsione di durata della vita (90–180 giorni). Invece per l’età pediatrica le cure terminali non sono le cure palliative, ma le cure palliative comprendono le cure della terminalità.2 L’errore della definizione di “palliativo” e “terminale” ha comportato in questi anni grande confusione soprattutto per quanto riguarda la determinazione dei criteri di eleggibilità, dei bisogni, delle modalità di offrire risposte adeguate e la necessità di formare e istituire team specialistici dedicati. Il criterio temporale è fallace per il bambino, perché le patologie hanno traiettorie di vita completamente diverse a seconda della tipologia e anche per la stessa patologia a seconda del paziente. Possono durare mesi ma anche anni, con un’eterogeneità nei bisogni che varia al variare dell’età del bambino come fisiologicamente avviene (Figura 1). Anche il paziente in CPP cresce, da neonato diventa bambino, adolescente, giovane adulto con bisogni e problemi estremamente diversi. La letteratura propone quattro categorie diverse3 di bambini con patologie eleggibili alle CPP: bambini con patologie per le quali esiste un trattamento specifico ma che può fallire e in parte fallisce (neoplasie, insufficienza d’organo irreversibile); bambini con patologie in cui la morte precoce è inevitabile ma terapie appropriate possono prolungare e assicurare una buona qualità di vita (fibrosi cistica del pancreas, infezione da HIV ): le cure palliative intervengono in fase di aggravamento quando il paziente presenta bisogni complessi; · · Quali bambini U n’importante e fondamentale distinzione per capire quali siano i bambini eleggibili alle CPP riguarda la definizione di cure palliative e cure terminali. AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 zioni. La malattia grave e la morte di un bambino sono da sempre state percepite come inique e ingiuste, quasi che la dimensione della sofferenza ‒ che è ammessa e riconosciuta come parte integrante dell’esperienza umana ‒ non sia estendibile all’età pediatrica. I bambini purtroppo possono soffrire di malattie inguaribili e, indipendentemente dall’età, sperimentano tutte le problematiche umane, cliniche, psicologiche, etiche e spirituali che una malattia grave e irreversibile e la morte comportano. Oltre a ciò, l’incidenza della malattia inguaribile è andata aumentando in questi ultimi anni in tutti i Paesi Occidentali, così come è aumentata la disabilità. Il progresso medico e tecnologico ha di fatto ridotto la mortalità neonatale e pediatrica ma nello stesso tempo ha aumentato la sopravvivenza di pazienti pediatrici portatori di malattia grave e potenzialmente letale. L’obiettivo di cura non è più la guarigione ma il “massimo di salute” e di “qualità di vita” possibili, pur nella malattia. A questo “vecchio” problema della malattia grave e della morte anche per l’età pediatrica deve ora corrispondere un nuovo approccio determinato da un profondo ripensamento culturale, sociale, etico e sanitario. Le CPP sono in questo senso una nuova Medicina che pone gli operatori di fronte ad una richiesta di nuove competenze e a un nuovo modello di organizzazione dell’assistenza sanitaria e del sistema sanitario stesso per rispondere a bisogni emergenti. 129 Figura 1. Il percorso della malattia (da Oxford Textbook of Palliative Care for Children, 2012). Tutto su Le cure palliative pediatriche: la nuova medicina per un vecchio problema PP O O RT PSI COSOCIALE E S PIR I TU A LE SU Entità delle cure Cure palliative specialistiche · Approccio palliativo Trattamento della malattia Diagnosi con patologie pro· bambini gressive, per le quali il tratta- Morte Figura 2. Il modello ideale di erogazione delle cure ai bambini eleggibili alle CPP. mento è quasi esclusivamente palliativo e può essere esteso anche per molti anni (malattie degenerative metaboliche e neurologiche, patologie cromosomiche e genetiche): le cure palliative intervengono quando il paziente presenta bisogni complessi; bambini con patologie irreversibili ma non progressive, che causano disabilità severa e morte prematura (paralisi cerebrale infantile, disabilità per sequele di danni cerebrali e/o midollari): le cure palliative intervengono quando il paziente presenta bisogni complessi. L’approccio a questi bambini può comportare una coesistenza tra trattamento della malattia e intervento palliativo con una prevalenza ora dell’uno ora dell’altro a seconda della malattia o della fase di malattia (Figura 2). Un altro elemento di criticità conseguente alla difficoltà di definizione dell’eleggibilità alle CPP è la valutazione della numerosità dei pazienti. Stime internazionali recenti concordano sull’incremento della prevalenza, raddoppiata da 16 su 10.000 nel 2007 a 32 su 10.000 da 0 a 18 anni d’età nel 2010.4 In Italia almeno 12.000 bambini con malattie inguaribili sono eleggibili alle CPP.5 AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 130 · Quali bisogni: un nuovo modello di lavoro E da dare ai bisogni che i bambini e le loro famiglie manifestano. I bisogni prioritari dei bambini con malattia inguaribile eleggibile alle CPP e delle loro famiglie sono estremamente diversi e dinamici, in continua evoluzione sia come intensità che come prevalenza, lungo tutto il percorso di malattia. In sintesi, includono: bisogni clinici: misurazione e controllo dei sintomi, in particolar modo il dolore, individualizzazione del piano assistenziale, deresponsabilizzazione e condivisione delle scelte cliniche, organizzative e sociali; bisogni psicologici, del bambino, della famiglie; bisogni sociali: istruzione, gioco, sostegno economico, messa a disposizione di servizi; bisogni spirituali di bambino e famiglia. Per il bambino il bisogno principale è il controllo dei sintomi. I bambini con malattia inguaribile presentano una miscellanea di sintomi, spesso poco trattati, che condiziona in maniera drammaticamente negativa la qualità della vita: circa il 90% presenta una sofferenza globale, più del 70% presenta un dolore che deve essere sempre misurato, trattato e rivalutato. Anche i bisogni psicologici, di comunicazione, di socialità e di spiritualità sono spesso non corrisposti e le risposte delegate in massima parte alle famiglie. La famiglia, d’altro canto, è parte integrante del programma di CPP e come tale esprime bisogni a cui deve essere data risposta. L’intero nucleo familiare (genitori, fratelli ma spesso anche nonni, zii) partecipa attivamente alle cura, ne è responsabile, è chiamato a prendere decisioni difficili, paga in prima persona il prezzo sociale ed economico dell’inguaribilità e spesso, se non sostenuta, perde la propria identità, si disgrega. La famiglia ha importanti bisogni educativi e formativi sui vari aspetti di cura ed assistenza, bisogni psicologici, spirituali ma anche economici e sociali. Si tratta spesso di famiglie isolate, in situazioni economiche difficili per la perdita del lavoro, il costo delle cure e dell’assistenza. L’inguaribilità e la morte di un bambino possono avere effetti devastanti a lungo termine, in particolare per i fratelli e le altre figure fragili (nonni, anziani) della famiglia stessa. Le CPP rispondono anche a questo bisogno, con programmi di gestione ed elaborazione del lutto che non si esauriscono al momento dell’evento drammatico, ma seguono la famiglia nel tempo. Anche l’equipe di CPP ha bisogni specifici, di formazioneabilitazione, ma anche di supervisione. L’impatto emotivo e lo stress sono innegabili in un contesto di cronicità e inguaribilità, possono determinare situazioni di burnout importante. L’equipe ha bisogno di supporto, di sostegno, di condivisione. Fare rete con una chiara suddivisione dei compiti impedisce la fuga di fronte a situazioni difficili sia rogare CPP comporta un profondo cambiamento nel metodo di lavoro, che non si basa più sulla diagnosi di patologia o su protocolli, ma si fonda principalmente sulla soluzione di problemi, su risposte · · · Tutto su Le cure palliative pediatriche: la nuova medicina per un vecchio problema P rendere in carico bambini così complessi e rispondere adeguatamente ai loro bisogni impone l’acquisizione di conoscenze e competenze peculiari e specifiche che richiedono una formazione ad hoc; competenze e conoscenze che si affiancano ai trattamenti della patologia di base in un percorso comune, accompagnando paziente e famiglia anche per molti anni; si rivolgono a bambini estremamente eterogenei spesso con un alto livello di intensità assistenziale; implicano soluzioni, decisioni e scelte che esigono competenze in ambiti diversi e capacità di analisi e di confronto; richiedono abilità comunicative e di lavoro in equipe, capacità di affrontare problematiche etiche e bioetiche e di offrire risposte ponderate e attuali.7 Tutti i professionisti della salute che lavorano con il paziente pediatrico hanno la necessità di acquisire strumenti e competenze in CPP, perché ogni operatore, dal pediatra di libera scelta al medico di Medicina generale, al pediatra ospedaliero, allo specialista, al rianimatore incontrerà e assisterà un bambino con bisogni di cure palliative, sicuramente declinando e contestualizzando l’intervento palliativo in rapporto al ruolo e all’ambito professionale. Si va dall’approccio palliativo ‒ che deve far parte della formazione di base di ogni operatore della salute e che prevede, secondo i principi fondanti di base delle cure palliative, la competenza nel gestire ogni atto o scelta socio-sanitaria anche in caso di patologie relativamente frequenti e meno severe ‒ alle Nuovo modello assistenziale e organizzativo N elle CPP il luogo fondamentale e principale di cura è la casa, la gestione domiciliare rappresenta l’obiettivo assistenziale.8 La scelta della domiciliarità attraverso l’assistenza domiciliare integrata è fortemente voluta dal paziente, perché lo mantiene nella sua realtà familiare e sociale nonostante la malattia riducendo quindi il vissuto di malattia stesso, e dalla famiglia che vede in parte risolti i problemi legati all’attività lavorativa, alla gestione di altri figli che possono condizionare in maniera importante la qualità della vita. Inoltre poter trasferire a domicilio l’assistenza sanitaria favorisce le dimissioni precoci riservando così posti letto a bambini in condizioni cliniche acute e critiche, con indubbi vantaggi sia di tipo organizzativo/ assistenziale sia economico. L’ambito familiare però deve essere adeguato alle esigenze di un paziente in rapida evoluzione di malattia, di elevata complessità e intensità assistenziale, garantendo la medesima qualità rispetto al ricovero ospedaliero. L’assistenza domiciliare pone inoltre problemi legati alla continuità delle cure, alla carenza di formazione e di risorse dedicate. Secondo il report sulle cure palliative domiciliari in Italia pubblicato dall’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari nel 20109 meno dell’1% di queste cure sono rivolte ai minori. Accanto a problematiche di tipo culturale, sicuramente vi sono anche motivazioni tecniche. Organizzare l’assistenza domiciliare nell’ambito di una rete di CPP non è facile. Assistere a domicilio un bambino comporta notevoli variazioni nell’assetto statico del sistema sanitario, ancora fortemente ospedalocentrico. A casa devono essere portate competenze, specializzazioni, supporti tecnici e tecnologici, messi in rete tra tutti gli operatori coinvolti nel piano di cura. È impensabile Nelle CPP il luogo fondamentale e principale di cura è la casa, la gestione domiciliare rappresenta l’obiettivo assistenziale. 131 Nuove competenze CPP generali e alle CPP specialistiche. Quest’ultime prevedono conoscenze, competenze e attitudini specifiche tali da permettere adeguate capacità nella gestione dei bambini eleggibili e delle loro famiglie (limitatamente a un solo tipo di patologia per le CPP generali, rivolto a tutte le patologie eleggibili per le CPP specialistiche) attraverso l’attuazione di risposte assistenziali interdisciplinari, continuative e altamente competenti. AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 sul piano scientifico (rarità delle malattie) sia di relazione. Infine, le Istituzioni si trovano ad affrontare una richiesta assistenziale del tutto nuova e complessa sia per la tipologia di pazienti che per la modalità di risposta ai bisogni. Importante è la messa a disposizione di dati epidemiologici relativi a numerosità e tipologia di pazienti, età, modalità di assistenza e costi, di strumenti indicatori/standard per il monitoraggio della qualità delle cure e della vita dei piccoli pazienti e delle loro famiglie, di sviluppo di progetti di ricerca per la valutazione della best practice nelle CPP. La risposta a bisogni così complessi non è semplice e richiede durante tutto il percorso di malattia l’intervento mutispecialistico e condiviso di servizi e istituzioni diversi, che insieme offrano un punto unico di riferimento.6 AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 132 Tutto su Le cure palliative pediatriche: la nuova medicina per un vecchio problema ritenere che i servizi territoriali siano in grado di rispondere autonomamente a questi bisogni, dal momento che la maggior parte dell’attività e di conseguenza la maggior esperienza e preparazione professionale sono dedicate al paziente adulto/anziano; così come occorre considerare che lo stesso pediatra di famiglia spesso si sente inadeguato per comprensibile mancanza di competenza rispetto ai bisogni specialistici che il piccolo paziente richiede, come alimentazione artificiale, ventilazione assistita, trattamenti specialistici (ad esempio una chemioterapia) proprio per la rarità e la complessità delle patologie. Quando le cure domiciliari non sono idonee o qualitativamente garantite, può essere necessario ricorrere alla residenzialità, in hospice pediatrico e/o in case dedicate a pazienti con patologie specifiche. La residenzialità ha il vantaggio di concentrare l’esperienza per la gestione di casi rari e complessi, garantire bacini d’utenza sufficientemente ampi per avere competenza e risorse dedicate economicamente sostenibili, ma ha lo svantaggio di sradicare il bambino dal suo contesto di vita. Tale modalità assistenziale contrasta con il desiderio del bambino e della famiglia di ritornare nella propria casa e non può essere, in ogni caso, l’unica soluzione nel caso di decorsi di durata molto lunga. Anche per quanto riguarda la gestione in ospedale valgono gli stessi problemi; inoltre, come riportato in letteratura2 e nel Documento tecnico sulle CPP del Ministero della Salute del 2006,10 è confermato come l’ospedale per acuti sia lontano per missione e attitudine, per organizzazione e opportunità offerte, dal luogo ideale da cui fornire cure palliative al bambino, e lo stesso vale per l’hospice dell’adulto. Nessuna soluzione organizzativa, presa singolarmente, è esente da limiti. La risposta assistenziale adeguata a rispondere ai bisogni dei bambini e delle loro famiglie è una combinazione delle varie opzioni, considerandole quasi come moduli organizzativi da utilizzare congiuntamente in una rete assistenziale, privilegiando ora l’una ora l’altra a seconda delle condizioni e delle situazioni specifiche. L’obiettivo è la presa in carico condivisa tra servizi territoriali, pediatra di famiglia, ospedale e palliativisti mediante la creazione di una equipe multispecialistica e multidisciplinare che sia in grado di lavorare in rete garantendo continuità assistenziale, approccio e supporto globali. Lavorare in rete comporta anche lo sviluppo di programmi di comunicazione, trasmissione di dati, che siano scambiabili e disponibili in tempo reale e raggiungano tutti gli operatori coinvolti, nel rispetto della privacy e della sicurezza. Anche in questo ambito le CPP propongono una nuova Medicina, incentivando lo sviluppo di progetti di telemedicina che sfruttino le enormi potenzialità del web e delle tecnologie digitali da mettere al servizio del paziente e degli operatori, con la trasmissione anche di parametri vitali rilevati a domicilio per garantire la sicurezza e la qualità dell’assistenza a casa. La normativa italiana A livello normativo, in questi ultimi anni, sono stati fatti notevoli progressi e molte questioni sono state messe sul tavolo della discussione a livello nazionale: Decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 2006, recante l’adozione del Piano Sanitario Nazionale 20062008 che, all’obiettivo strategico 3.10, evidenzia come “particolare attenzione va posta alle esigenze di cure palliative nell’età neonatale, pediatrica e adolescenziale, tenuto conto della considerevole diversità dei problemi da affrontare rispetto a quelli presentati nell’età adulta e anziana, della grande varietà e frammentazione delle patologie in causa, spesso rare e richiedenti interventi di alta specializzazione e dell’intervallo temporale interessato a tali cure spesso assai lungo e non prevedibile. Per quanto sopra esposto si ritiene indispensabile l’organizzazione di reti di cure palliative dedicate a questa fascia di popolazione, che permettano di garantire la qualità e la specialità degli interventi richiesti unitamente alla globalità e multidimensionalità della presa in carico del bambino e della sua famiglia”. Documento tecnico sulle cure palliative rivolte al neonato, bambino e adolescente, licenziato dal Ministro della Salute nel dicembre 2006, dove vengono definiti gli ambiti e le peculiarità, i modelli assistenziali attualmente proposti in Italia e a livello internazionale, e le risorse necessarie. Documento riguardante “Prestazioni residenziali e semiresidenziali”, approvato in Commissione LEA il 30 maggio 2007, che comprende una parte specifica per l’area pediatrica. Accordo Stato-Regioni, approvato il 27 giugno 2007 in Conferenza Stato-Regioni, sulle cure palliative nell’età neonatale, pediatrica e adolescenziale. L’accordo pone le basi per l’attuazione, su tutto il territorio nazionale, di azioni e programmi atti a garantire ai minori con malattia inguaribile e alle loro famiglie un’assistenza omogenea di cure palliative pediatriche, che, indipendentemente dall’età e dalla malattia, offrano concretezza di risposte, competenza multispecialistica, continuità di cure e di obiettivi, supporto e condivisione. Documento tecnico Accordo Stato-Regioni, approvato il 20/3/2008 in cui vengono definiti i campi di inter- · · · · · Tutto su Le cure palliative pediatriche: la nuova medicina per un vecchio problema · Salute decreta la Istituzione del Master Universitario di lata formazione e qualificazione in “Terapia del Dolore e Cure Palliative Pediatriche per medici pediatri”, con l’obiettivo di formare figure professionali con specifiche competenze in terapia del dolore e CPP Il 25 luglio 2012 la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, sancisce l’accordo relativo alla “Definizione dei requisiti minimi e delle modalità organizzative necessari per l’accreditamento delle strutture di assistenza ai malati in fase terminale e delle unità di Cure Palliative della terapia del dolore”. · Conclusioni L a famiglia e il paziente devono essere messi al centro del sistema che deve evolvere da un modello centrato sull’ospedale e sulla patologia ad un modello centrato sulla persona e sui suoi bisogni. È sicuramente un cambiamento culturale, sociale, professionale ed organizzativo molto importante, ma solo se si saprà cogliere la sfida saremo in grado di rispondere in maniera adeguata ai bisogni emergenti di pazienti così “speciali” . Gli autori dichiarano di non avere nessun conflitto di interesse. Bibliografia 1. World Health Organization. Cancer Pain Relief and Palliative Care in Children, Geneva: WHO-IASP, 1998. 2. European Association of Palliative Care (EAPC) Taskforce. IMPaCCT: standards for paediatric palliative care in Europe. EJPC 2007;14(3):109-114. 3. Goldman A, Hain R, Liben S. Oxford Textbook of Palliative Care for Children. New York: Oxford University Press, 2006. 4. Fraser LK, Miller M, Hain R et al. Rising National prevalence of life-limiting conditions ion children in England. Pediatrics 2012;129(4):e923-e929. 5. Benini F, Ferrante A, Buzzone S, Trapanotto M, Facchini P, Cornaglia Ferraris P. Childhood deaths in Italy. EJPC 2008;15(2):77-81. 6. Himelstein BP, Hilden JM,Boldt AM, Weissman D. Pediatric palliative care. N Engl J Med 2004;350:1752-62. 7. Il Core Curriculum in terapia del dolore e cure palliative pediatriche: il lavoro in equipe. Curriculum del medico, dell’infermiere e dello psicologo. Società Italiana Cure Palliative in collaborazione con Fondazione Maruzza Lefebvre D’Ovidio Onlus. 2014. 8. Liben S, Goldman A. Home care for children with life-threatening illness. J Palliat Care 1998;14(3):33-8. 9. Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari. Le cure palliative domiciliari in Italia. Monitor 2010;26(7). 10. Ministero della Salute, Direzione Generale della programmazione sanitaria, dei livelli di assistenza e dei principi etici di sistema, Commissione per le cure palliative pediatriche. Cure palliative rivolate al neonato, bambino e adolescente. Documento tecnico, 2006. 133 · Il 4 aprile 2012 il Ministero dell’Istruzione dell’Uni· versità e della Ricerca di concerto con il Ministero della AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 vento sanitario e socio-sanitario per un concreto supporto al processo di implementazione delle cure palliative pediatriche in tutte le regioni italiane. Legge 38 del 15 marzo 2010: sancisce il diritto del bambino al controllo del dolore e alle cure palliative. Definisce la specificità pediatrica di operatori, servizi, rete e hospice. Promuove l’istituzione di Centri regionali di terapia del dolore e CP pediatriche che gestiscono e coordinano la rete, a cui pazienti, famiglie e operatori fanno riferimento continuo. Definisce la necessità di una formazione adeguata e una informazione in grado di portare pazienti e famiglie alla richiesta. La legge 38/2010 pone, a vari livelli, delle indicazioni del tutto innovative nell’ambito delle CPP. La prima grande novità è che la legge sancisce il diritto del bambino alla presa in carico, nei casi eleggibili, in CP secondo programmi dedicati e specifici per l’età pediatrica (Art. 1). La legge 38 conferma un principio fondamentale di equità di diritto alla salute e all’assistenza e obbliga le Istituzioni a intraprendere percorsi e strategie atte ad assicurare anche a questa parte di popolazione adeguate risposte nell’ambito delle CPP. Il modello proposto dalla Legge 38 è di un’unica rete specialistica dedicata, con riferimento ad ampi bacini d’utenza, coordinata da un Centro di riferimento regionale; risponde ai bisogni di salute dei minori e delle famiglie e permette di valorizzare le risorse esistenti, di ottimizzare l’utilizzo di competenze, strutture, strumenti e tempi, e contemporaneamente di migliorare e rendere omogenea la risposta assistenziale a questi pazienti. La rete fornisce in maniera congiunta, e in continuità e unicità di riferimento, sia risposte residenziali che domiciliari, risposte in grado di integrarsi e modularsi nei diversi momenti della malattia a seconda delle necessità. La rete si potrà contestualizzare in modo differente nelle singole regioni (risentirà infatti di fattori di contesto quali per esempio della più o meno alta dispersione della popolazione e/o situazioni geografiche particolari), ma dovrà rispondere a criteri di continuità, unicità e qualità assistenziale. Negli artt. 4 e 8 la legge rispettivamente propone una formazione di base per tutti gli operatori della salute, e rimanda agli organi istituzionali competenti il mandato di definire il percorso formativo specialistico per le CP pediatriche. Definisce inoltre la necessità di implementare la conoscenza e le capacità di richiesta della popolazione su dolore e CP, anche pediatriche, attraverso campagne d’informazione specifiche. Piano Sanitario Nazionale 2011–2013: particolare attenzione andrà indirizzata allo specifico sviluppo di una rete assistenziale di CP e terapia del dolore per bambini e ragazzi. L’angolo delle società scientifiche I distanziatori: choosing wisely [ LE Ahmad Kantar1,2 Michele Ghezzi1,2 Michele Miraglia del Giudice1,3 SIMRI – Società Italiana per le Malattie Respiratorie Infantili 2 Centro Pediatrico dell’Asma e della Tosse – Istituti Ospedalieri Bergamaschi, Policlinico San Pietro, Bergamo 3 II Clinica Pediatrica – Seconda Università degli Studi di Napoli 1 AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 134 M S O C IETÀ S C IE N TI F I C H E ] I distanziatori: choosing wisely Nello sviluppo di un pMDI per uno specifico farmaco dovrebbe essere prevista anche la validazione di almeno uno specifico distanziatore. Inoltre, quest’ultimo deve essere appropriato per il tipo di paziente per il quale è previsto l’utilizzo. olti farmaci vengono attualmente somministrati per via aerosolica quali β2 agonisti a breve e lunga durata d’azione, anticolinergici, steroidi inalatori, antibiotici e mucolitici. Altri sono in corso di sperimentazione per via aerosolica tra questi l’insulina, la terapia genica per pazienti affetti da Fibrosi Cistica, vaccini, chemioterapici, nuove formulazioni di antibiotici, farmaci per il dolore e ergotamina per la cefalea.1 Tra i dispositivi disponibili per la somministrazione inalatoria dei farmaci ci sono i nebulizzatori, gli spray predosati pressurizzati (pMDI) utilizzati da soli o con i distanziatori, i breath-actuated-pMDIs che sono pMDI sincronizzati all’ispirazione, i dispositivi a polveri secche (DPI) e i soft mist inhaler. Le linee guida per il trattamento dell’asma (Global Initiative for Asthma – GINA) raccomandano la terapia inalatoria come prima scelta e indicano quale apparecchio va utilizzato in relazione all’età del bambino.2 Le linee guida presentano però inevitabilmente alcune limitazioni, che ne diminuiscono l’impatto sulla pratica clinica quotidiana; non tengono conto della variabilità della risposta individuale né della diversa disponibilità e dei differenti costi nelle varie realtà nel mondo. Inoltre non forniscono suggerimenti in merito alla scelta della camera di espansione, consigliando l’utilizzo di una camera di espansione dotata di maschera facciale adeguata per età del bambino al di sotto dei 3 anni, e con boccaglio al di sopra dei 3 anni. Se la scelta della terapia inalatoria è spesso lineare, meno chiaro è il criterio di scelta tra i tanti modelli di camere di espansione, dotati di proprietà e vantaggi diversi tra loro, ma tutte ugualmente dichiarate “ideali” per la funzione svolta. In questo articolo con il termine “distanziatori” ci riferiremo in termini generici a distanziatori di tutte le tipologie. Distanziatori: la nascita L’ origine dei pMDI è da attribuire a Susie, ragazzina di 13 anni, figlia del direttore dei Laboratori Riker, che nella primavera del 1955 chiese al padre di mettere le sue medicine per l’asma in uno spray.3 A quel tempo si utilizzavano piccolo nebulizzatori portatili attrezzati con una palla di gomma (rubber bulb). La dose non poteva essere prestabilita, non essendo riproducibile. Dall’estate di quello stesso anno iniziarono i primi trial clinici con prototipi di pMDI con i primi risultati positivi e i primi pMDI con isoproterenolo e epinefrina furono immessi sul mercato nel marzo 1956. I pMDI si rivelano imbattibili in quanto convenienti e affidabili: tuttavia pazienti giovani, con problemi neurologici o con ostruzione respiratoria acuta severa non erano in grado di inalare se non a volume corrente; da qui nacque la necessità di prevedere l’uso dei distanziatori. La necessità di sincronizzare la somministrazione e l’inspirazione, più tardi chiamata ‘‘hand–lung coordination’’ (letteralmente coordinazione mano-polmone), fu chiara già dal 1965, quando venne riportato l’utilizzo in modo non corretto degli aerosol da parte dei pazienti nonostante adeguati istruzioni.4 Nei decenni successivi le conseguenze di tecniche non corrette di somministrazione sugli effetti terapeutici divennero evidenti; ad esempio in uno studio il 75% dei pazienti non otteneva il massimo beneficio dalla somministrazione di broncodilatatori5 mentre un L’angolo delle società scientifiche I distanziatori: choosing wisely altro studio riportava come una minoranza non trascumouth”, furono avviate varie sperimentazioni. Le prime rabile di pazienti non era in grado di utilizzare in modo osservazioni furono poste sull’utilità delle valvole e sulla corretto i pMDI, nonostante avessero ricevuto istruzioni tecnica di utilizzo, come ad esempio il ritardo di inalazio6 precise. Un tentativo di risolvere queste difficoltà con ne. Studi condotti in vitro e in vivo circa le dimensioni, i pMDI fu l’introduzione della tecnica ‘‘open-mouth’’, la deposizione delle particelle e la risposta clinica hanno secondo la quale l’aerosol veniva erogato verso la bocca contribuito all’evoluzione dei distanziatori. aperta da una distanza di qualche centimetro, per facilitare la penetrazione dell’aerosol e ridurre l’impatto sul cavo orale.7 Questo metodo migliorò la risposta ai broncodiDistanziatori: piccoli o grandi? latatori e raddoppiò la deposizione del farmaco a livello in dalla loro introduzione fu chiaro che i polmonare, verificata attraverso studi con aerosol radio 8 distanziatori troppo voluminosi erano poco pratici marcati. Per questa ragione la tecnica “open-mouth” fu consigliata, prima della disponibilità dei distanziatori e e che era necessario coniugare un’efficace somministrasuccessivamente, come alternativa agli stessi, in caso di zione del farmaco con la praticità di utilizzo. Corr et al buona coordinazione da parte del paziente.9,10 si concentrarono quindi sulla riduzione delle dimenMentre i benefici clinici dovuti all’introduzione dei sioni dei distanziatori, valutando la frazione respirabile pMDI furono universalmente ricodelle particelle emesse.13 I risultati di questo studio determinarono che nosciuti solo dopo due decadi, lo svi10 cose che il medico un tubo lungo 11 cm e con diameluppo e la diffusione dei distanziatori deve chiedere tro di 3,5 cm garantiva la maggiore fu più rapida. Il pMDI fu dotato di un quando prescrive frazione respirabile (ovvero la quota boccaglio lungo circa 7,6 cm e solo un un distanziatore di particelle erogate con diametro anno più tardi fu brevettato il primo compreso tra 1 e 5 ųm) di farmaco. distanziatore, che non era altro che 1 È un semplice distanziatore o una camera di inalazione Questo fu uno dei primi studi sullo un semplice tubo. Nel 1977, Freigang, con valvole? sviluppo di distanziatori munti di un pediatra canadese, pubblicò una 2 Che tipo di valvole ha: valvole (VHC) di piccolo volume e serie di casi in cui veniva descritta la inspiratorie e/o espiratorie? quindi più graditi dai pazienti. Gli somministrazione di aerosol con be3 Di che materiale è costituito autori di questo studio identificaroclometasone attraverso una bottiglia il distanziatore? no che le particelle emesse ad alta serbatoio (il cui acronimo in inglese è 4 Utilizza un boccaglio o una maschera? velocità impattano sulle pareti del BARB ‘‘Beclomethasone Aerosol by distanziatore, il propellente evapora, Reservoir Bottle”).11 BARB fornì le 5 È presente uno spazio morto? prime evidenze sull’efficacia clinica generando particelle di dimensioni 6 Se è presente una maschera: presenta uno spazio morto dei distanziatori. Una bottiglia di 1,2 idonee per raggiungere i polmoridotto? Ha una buona aderenza al viso del paziente? L fu utilizzata come reservoir, mentre ni. Gli studi sulla deposizione dei una maschera con una valvola a una farmaci non fornirono risultati a 7 Quali sono le dimensioni e le forme del distanziatore? via venne utilizzata come interfaccia. supporto dei distanziatori di volu8 Si adatta all’inserzione del pMDI? Risultati evidenti sul beneficio clinico me ridotto; una review indicò che furono riportati da subito, compresa volumi maggiori (maggiori di 750 9 È semplice la manutenzione? l’assenza di ospedalizzazioni nei 14 mL) erano associati a una maggio10È facilmente trasportabile? casi riportati all’epoca. Il lavoro di re deposizione a livello polmonare Freigang ha dato inizio a una lunga non solo rispetto ai pMDI utilizzati tradizione di distanziatori “fai da te”, senza distanziatore, ma anche riricercati soprattutto per la convenienza economica e più spetto a distanziatori di volume minore.14 Come previsto da Morén il volume maggiore riduceva la perdita sulle recentemente come alternative a basso costo nei Paesi in pareti interne e la forma “a pera” permetteva la decelevia di sviluppo.12 Tra il 1957 e lo sviluppo del primo distanziatore distribuito sul mercato nel 1976, furono depositati razione e l’evaporazione.15 Tuttavia, come sottolineato dagli stessi autori, un buon clinico ‒ a differenza di un diversi brevetti. Dal 1970, con il crescente utilizzo degli ingegnere, il quale avrebbe scelto certamente lo strusteroidi inalatori e vista la consapevolezza delle difficoltà mento più efficiente ‒ deve tener conto anche dei fattori di utilizzo dei pMDI e i buoni risultati della tecnica “open- AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 135 S Caso clinico Titolo articolo anche lungo la poca praticità di questi ultimi, fattore che si è dimoche incidono sulla compliance terapeutica. La facilità strato importante nel ridurre la compliance dei pazienti, di utilizzo e la praticità di questi dispositivi possono rendendo quindi inutile ogni vantaggio nella qualità di incidere maggiormente sull’impatto clinico rispetto ai erogazione del farmaco.19 risultati degli studi in vitro. Un decennio più tardi, la dose inalata attraverso distanziatori cilindrici di diverse lunghezze (5–50 cm) e diametri (3–10cm) fu studiata da Barry e O’Callaghan.16 I distanziatori: le valvole Mentre il diametro del distanziatore correlava positionostante gli evidenti vantaggi, l’uso dei vamente con la frazione di farmaco respirabile, l’effetto distanziatori richiede una coordinazione “handpositivo della lunghezza raggiungeva un plateau a 20 cm, lung” tra l’erogazione e l’inalazione, e la loro efficacia in all’incirca per un volume equivalente di 1 L, oltre il quale pazienti che respirano a volume corrente risulta limitata. incrementi di dimensione portavano poco beneficio. Lo Questo problema può essere superato utilizzando dispazio utile alla decelerazione fu considerato il princistanziatori con una valvola a bassa pale meccanismo attraverso cui un ••• resistenza, VHC. Con l’inalazione la distanziatore aumenta la frazione Un distanziatore valvola si apre, facilitando la coordirespirabile del farmaco. Questo stulungo tra 13 e 20 cm nazione tra erogazione e inalazione. dio evidenziò inoltre che l’emissione dovrebbe fornire Alcuni VHC sono dotati di due valdel farmaco viene determinata dalla lo spazio sufficiente vole separate, inspiratoria ed espiracombinazione tra pMDI e distanper la decelerazione toria, prevenendo così il fenomeno ziatore piuttosto che da un distandelle particelle del “rebreathing”, ovvero impedenziatore “universalmente migliore”. del farmaco. do la respirazione di aria espirata Lo studio di Bisgaard supportò la nel distanziatore. Questa importesi del ‘‘plateau’’ riguardo l’effetto tante distinzione tra distanziatori e della lunghezza del distanziatore; distanziatori muniti di valvola è da attribuire a Dolovich la frazione respirabile corrispondeva a circa il 30% con MB nel 1995,20 anche se l’utilità delle valvole era già distanziatori lunghi più di 13 cm e si riduceva utiliz17 emersa nella decade precedente.21 Il primo distanziazando distanziatori più corti. Questo fenomeno è probabilmente correlato alla velocità delle particelle, che si tore fornito di valvole, brevettato nel 1976 (Nebuhaler, suppone dovrebbe rallentare fino ad essere equivalente Astra Pharmaceuticals) era di largo volume, a forma di al flusso inspiratorio entro una distanza di 10 cm dall’epera e presentava due valvole separate, inspiratoria ed rogatore.18 Considerando il flusso inspiratorio di un espiratoria. Due anni più tardi, Newhouse depositò il bambino, un distanziatore lungo tra 13 e 20 cm dovrebbe brevetto del primo VHC di volume ridotto.21 La valvola era progettata in modo tale che il flusso inspiratorio fornire lo spazio sufficiente per la decelerazione delle deviava un lembo di gomma flessibile, consentendo il particelle del farmaco. Questi risultati presi complessipassaggio dell’aria. I brevetti successivi utilizzarono una vamente indicano come sia il diametro che la lunghezza valvola contenente un singolo taglio, precursore delle incidono sull’output in vitro e la deposizione del farmaco moderne valvole chiamate crosscut. a livello polmonare in vivo. Questi test, condotti con un All’inizio degli anni ’90, l’utilizzo dell’aerosol in latintervallo tra 0 e 2 secondi tra l’erogazione e l’inizio del tanti e bambini piccoli ricevette maggiore attenzione. flusso a velocità costante, non è certo che possano essere rappresentativi dell’utilizzo reale da parte dei pazienti. Il primo VHC per lattanti, modificato con la presenza di una mascherina, fu brevettato nel 1986 da Trudell A dispetto delle conclusioni di alcuni autori, secondo i Medical International (Canada). Questo VHC era doquali distanziatori di volume ridotto (150–200 mL) sono tato di una maschera la cui caratteristica più importante paragonabili a distanziatori più voluminosi, la dose reera la ottima aderenza tra la parete della maschera e la spirabile si è dimostrata positivamente correlabile con il faccia del bambino. Questo dispositivo aveva, grazie a volume del distanziatore fino a circa 1 L, oltre il quale si 16 questa caratteristica, un ridotto spazio morto ed era raggiunge un plateau. Questi risultati sono in linea con quelli di una recente review secondo cui distanziatori di dotato di una valvola a più bassa resistenza rispetto ai volume maggiore incidono sulla qualità dell’erogazione dispositivi progettati per gli adulti. Uno studio clinico in del farmaco. Questi vantaggi vanno bilanciati però con doppio cieco mostrò miglioramenti clinici significativi AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 136 N L’angolo delle società scientifiche I distanziatori: choosing wisely in pazienti pediatrici con asma di età inferiore ai 3 anni al broncodilatatore, anche se veniva considerato irrilesomministrando tramite questo dispositivo salbutamolo vante per la pratica clinica. In un altro studio la frazione rispetto a placebo.22 respirabile di sodio nedocromil si riduceva del 50% con Nel 1992, modelli di respirazione simulanti il pattern un ritardo di 5-10-secondi, e di circa 80% con un ritardo respiratorio dei bambini furono utilizzati per studiare di 20 secondi, rimarcando l’importanza della tecnica di la terapia inalatoria nella popolazione pediatrica. Quesomministrazione anche in presenza del distanziatore.25 Barry e O’Callaghan hanno dimostrato l’impatto di altri sti studi dimostrarono l’importanza di queste valvole a fattori sulla deposizione di farmaco nel distanziatore; in bassa resistenza nei bambini più piccoli che effettuano uno studio del 1993 la riduzione nella quota di sodio crorespirazioni a volume corrente. Un limite dei primi VHC moglicato disponibile dopo un ritardo nell’inalazione fu pediatrici (ad esempio il Babyhaler, Glaxo Wellcome) era contrastata utilizzando un distanziatore trattato in modo rappresentato dal loro ampio spazio morto, inversamente da ridurre la carica elettrostatica.26 Nel complesso quindi proporzionale alla quantità di aerosol somministrata per 16 la letteratura ha documentato come un ritardo di inalazioatto respiratorio. La presenza delle valvole non migliora di per sé l’erogazione della terane per mancata coordinazione incide pia, tuttavia i VHC sono superiori significativamente sulla quantità di Semplificare a distanziatori non muniti di valvole farmaco disponibile per il paziente. l’uso dei distanziatori in situazioni in cui è presente poca Questo ha reso evidente la necessicoordinazione e nei pazienti che retà di una buona coordinazione nella spirano a volume corrente. Per questo tecnica di auto-somministrazione #Familiarizzare con i vari tipi di distanziatori disponibili sono preferibili nelle diverse situaanche utilizzando i distanziatori e su come utilizzarli zioni in cui la respirazione a volume #Dimostrare la tecnica di inalazione ai pazienti corrente è pressoché obbligata come #Dimostrare come si usa nei lattanti, nei bambini piccoli e nei il distanziatore Distanziatori: pazienti con deficit neurologici o con #Spiegare le procedure le cariche elettrostatiche dispnea acuta. La scelta del disposidi manutenzione (pulizia, conservazione, controllo l tema delle cariche elettivo dovrebbe prendere in consideradel funzionamento) trostatiche influenzò lo sviluppo zione anche il tipo di valvole in base #Verificare con dimostrazioni la tecnica utilizzata dal paziente dei distanziatori dopo che O’Calal pattern respiratorio e al volume laghan notò, durante ricerche di corrente del paziente, specialmente #Ripetere i controlli ad ogni visita quando si prescrive terapia laboratorio condotte presso il Royal nei bambini più piccoli. inalatoria Children’s Hospital di Melbourne, in #Assicurarsi che il paziente utilizzi lo stesso dispositivo Australia, negli anni ’80, che l’output per ogni terapia inalatoria del distanziatore veniva influenzaDistanziatori: to dall’operatore. Ulteriori controlli la sedimentazione rivelarono che mentre un assistente li effetti di una cattiva coordinazione utilizzava il distanziatore direttamente, l’altro procedenonostante l’uso del distanziatore furono evidenziati va al lavaggio della camera interna con un incremento per la prima volta nel 1978, quando un ritardo di 5 sec tra significativo dell’output del farmaco. Sospettando che l’erogazione e l’inalazione fu dimostrato incrementare la questa operazione influenzasse la carica elettrostatica 15 quota di farmaco che si deposita nel dispositivo. Anche del distanziatore ulteriori esperimenti furono condotti se ci furono precocemente evidenze che il distanziatore pretrattando il dispositivo con uno spray antistatico. Anon poteva compensare completamente una esecuzione nalogamente fu riscontrato un incremento dell’output dal non corretta, la convinzione che i distanziatori permetdistanziatore, portando alla conclusione che l’interazione tessero la sincronizzazione tra erogazione e inalazione tra il distanziatore e le particelle di aerosol per via delle persistette per oltre un decennio.23 cariche elettrostatiche riducesse la quantità di farmaco Uno studio suggeriva che la risposta alla terbutalina disponibile. Nel 1991, O’Callaghan predispose il primo era immutabile in presenza di un ritardo di 5 secondi tra distanziatore preparato applicando uno strato interno di 24 erogazione e inalazione. Nello stesso studio anche un spray antistatico. Metodiche alternative furono proporitardo di 30 secondi era associato a una risposta ridotta ste, tra cui ricoprire le pareti interne con sostanze quali AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 G 137 I AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 138 Caso clinico Titolo articolo anche lungo il miele o un composto grasso, per esempio la vaselina. Lo stesso gruppo coi lavori successivi dimostrò come utilizzando distanziatori trattati con antistatico la dose disponibile di sodio cromoglicato aumentava del 244%.26 Il primo distanziatore costituito con materiale conduttore, acciaio inox, senza necessità quindi di pretrattamento fu brevettato nel 1994. Rispetto ai dispositivi tradizionali il distanziatore in acciaio inox presentava vantaggi in termini di frazione respirabile.27 L’emivita del farmaco risultò essere doppia rispetto ai distanziatori convenzionali, supportando il concetto che, in assenza di cariche elettrostatiche, anche ritardi di inalazione risultano meno problematici.26 Wildhaber et al lavorarono sui metodi per ridurre la carica elettrostatica, sperimentando l’utilizzo di un tovagliolo per asciugare il dispositivo, il lavaggio con detergenti anionici, cationici, o neutri e ricoprendo le pareti di alluminio.28 Fu la prima dimostrazione dell’importanza di indicare nel manuale d’uso anche come conservare il dispositivo. Il lavaggio con detergente riduceva o eliminava la carica elettrostatica risultando in un aumento dell’erogazione di farmaco. Pierart et al confermarono le ricadute sugli aspetti clinici di questi risultati, fornendo dimostrazione che il lavaggio con detergenti migliora la dose di farmaco disponibile e la dose depositata a livello polmonare, indipendentemente dal tipo di detergente.29 Crebbe così l’importanza di fornire istruzioni sul management dei device per ottenere una buona compliance nella terapia. Fu chiaro che semplificare l’utilizzo dei distanziatori e la loro manutenzione doveva rappresentare un obiettivo da raggiungere per ottenere dispositivi in grado di fornire una dose di farmaco costante. La carica eletttrostatica presente nei distanziatori in plastica infatti riduce la quantità di farmaco somministrato sia negli esperimenti in vitro sia in vivo. L’importanza clinica nel rimuovere le cariche elettrostatiche risulta comunque incerta. Rimuovere le cariche elettrostatiche aumenta la dose disponibile di farmaco, tuttavia molti pazienti non hanno una buona compliance, per questo possono risultare migliori distanziatori privi di cariche elettrostatiche e quindi di particolari manutenzioni. Distanziatori: le maschere L e maschere furono utilizzate nel 1970 come interfaccia tra distanziatori nei bambini più piccoli e rappresentano oggi una componente necessaria in quei pazienti non in grado di attuare le corrette tecniche di inalazione.11 Diversi fattori vanno presi in considerazione per quanto riguarda i bambini più piccoli: innanzitutto respirano preferibilmente con il naso con possibile riduzione della quota di deposizione polmonare del farmaco approssimativamente del 50% e non sono in grado di effettuare pause respiratorie, per cui respirando a volume corrente sembrano produrre risultati clinici equivalenti; inoltre tendono a iperventilare nella maschera.30–32 Nel 2001 fu studiata la relazione tra l’aderenza della maschera al viso in relazione alla quota di farmaco somministrata. Eventuali perdite di aderenza riducevano la quota di farmaco erogata dimezzandola ma un netto miglioramento si osservava quando i genitori venivano istruiti per mantenere una buona aderenza tra la maschera e la faccia del bimbo. In presenza di un distacco tra maschera e viso di 0,5 centimetri la quota di farmaco somministrata risultava quasi nulla.33,34 Studi in vivo comparando i diversi tipi di maschere hanno evidenziato come differenze di design che influenzano l’aderenza possono risultare determinanti sulla quantità di farmaco somministrata. Tuttavia una eccessiva aderenza può risultare “maltollerata” dai bambini e quindi essere associata a una scarsa compliance.35 È stato comunque evidenziato che la capacità di collaborare del paziente è l’elemento più importante nel determinare la dose di farmaco somministrata. Diversi tipi di inalatori sono stati inventati con l’intento di renderli “accettabili” dai più piccoli. Tra questi anche maschere con incorporato un ciuccio come calmante (SootherMask, InspirX, Inc.), disegnato per promuovere la tranquilla accettazione della terapia per inalazione da parte dei bambini. La maschera copriva solo il naso così che la terapia sarebbe stata inalata solo dal naso mentre il bambino è distratto a succhiare il ciuccio. Questo tipo di maschera però non è stata ancora studiata applicandola a un VHC.36 Una buona aderenza della maschera al viso è molto importante per il successo della terapia inalatoria quando si utilizza un distanziatore dotato di maschera. Addestrare i genitori sull’importanza di questo fattore è fondamentale, maschere morbide e flessibili aderiscono meglio al viso minimizzando lo stress per il bambino. Distanziatori: incentivi V ista la difficoltà a utilizzare correttamente e con regolarità il distanziatore in età pediatrica, ci sono stati vari tentativi di introdurre sistemi incorporati nei dispositivi per migliorare la compliance alla terapia inalatoria. Negli anni ’80 sono stati introdotti in commercio distanziatori che generavano un suono in risposta L’angolo delle società scientifiche I distanziatori: choosing wisely a una corretta inalazione o un fischio se l’inalazione era di produrre un miglioramento significativo dal punto troppo rapida e non lenta e profonda. Nei distanziatori di vista clinico nella funzionalità polmonare in bambini dotati di valvole rigide, la deflessione delle valvole è stata di età tra i 5 e i 7 anni, mentre 2 inspirazioni a volume sfruttata per poter contare il numero di respiri a volume corrente attraverso un distanziatore di volume ridotto corrente effettuati dal paziente; con l’introduzione però possono essere sufficienti a inalare tutto il farmaco dal di valvole più leggere questo non è più stato possibile. Nel distanziatore.39 Se un bambino è in grado di utilizzare un boccaglio (generalmente è possibile dopo i 5 anni) 1988, la canadese Trudell Medical International brevettò bisogna incoraggiarne l’utilizzo dal momento che questo uno spray con maschera dotato di una bolla di plastiaumenta la quota di farmaco di dica che rimaneva invariata a riposo sponibile a livello polmonare rispetto e durante la espirazione, mentre si ••• all’utilizzo delle maschere. La “eroripiegava quando il paziente inspiraLo stesso farmaco gazione multipla” per cui il paziente va. Una versione modificata con un erogato tramite pMDI eroga diversi puffs nel distanziatore lembo di silicone che si piega con può fornire prima di inalare, si è dimostrata poco l’inspirazione fu poi distribuita in risultati differenti efficace; 4 erogazioni seguite da una commercio. Nel 1990 un VHC (Opse utilizzato inalazione profonda hanno prodotto tihaler, Healthscan Products Inc.) fu con distanziatori un profilo di deposizione polmonare commercializzato con una valvola differenti. migliore rispetto all’uso del pMDI che limitava l’inspirazione fino al senza distanziatore; tuttavia ne è rimomento dell’erogazione del farmasultata anche una maggiore quota di farmaco residua nel co dal pMDI per migliorare la coordinazione. Feedback distanziatore con una piccola ma significativa riduzione sulla corretta esecuzione della manovra di inalazione da della quota di farmaco depositata a livello polmonare parte di sistemi elettronici potrebbero rappresentare un rispetto alla tecnica contraddistinta da una erogazione modo per migliorare l’aderenza alla terapia. Al momento seguita da una inspirazione profonda, che quindi risulta tuttavia non sono disponibili in commercio distanziatori essere la tecnica raccomandata. dotati di sistemi di controllo elettronici. O’Callaghan et al dimostrarono che la tecnica delle erogazioni multiple riduceva progressivamente la frazione respirabile del sodio cromoglicato, secondo gli autori per Tecnica di inalazione ottimale un aumento nelle collisioni e agglomerazioni di partiiversamente da quanto successo per l’utilizcelle, come supportato dal riscontro di un aumento del zo dei pMDI l’ottimizzazione della tecnica di idiametro mediano aerodinamico di massa.26 L’utilizzo di un distanziatore con bassa carica elettrostatica si è nalazione con pMDI+distanziatore è stata oggetto di dimostrato ridurre l’effetto negativo di una ritardata inaminore attenzione. In uno studio del 1982 si dimostrò lazione ma non l’effetto negativo utilizzando la tecnica come una inspirazione lenta e profonda (30 L/min) sedelle erogazioni multiple, che riduce la quota di farmaco guita da 10 secondi di pausa respiratoria, otteneva una erogata al paziente contribuendo a un possibile fallimento maggiore deposizione di farmaco a livello polmonare terapeutico. rispetto a un breve periodo di pausa respiratoria dopo una inspirazione profonda o rispetto a una pausa respiratoria di 10 secondi dopo una inspirazione più rapida.37 Analogamente, utilizzando un pMDI, una inspirazione Conclusioni profonda fino a raggiungere la capacità vitale seguita da distanziatori solitamente incrementano la una pausa respiratoria di almeno 5 secondi consentiva una quota di farmaco depositato a livello polmonare. maggiore deposizione polmonare di farmaco rispetto a 38 Tuttavia uno specifico distanziatore può comportarsi diinspirazioni a volume corrente. Per questa ragione, nei pazienti collaboranti, una inspirazione profonda seguita versamente con diversi tipi di sostanze farmacologiche. da una pausa respiratoria di almeno 10 secondi rappreAnalogamente, lo stesso farmaco erogato tramite pMDI senta la tecnica raccomandata. Tuttavia, 5 atti a volume può fornire risultati differenti se utilizzato con distancorrente attraverso un distanziatore di volume maggiore ziatori differenti. La distribuzione e quindi la risposta a forma di pera (Nebuhaler) si sono dimostrati in grado farmacologia non può essere supposta come equivalente AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 I 139 D L’angolo delle società scientifiche I distanziatori: choosing wisely se si utilizzano differenti distanziatori o lo stesso distanziatore con diversi pMDI. Nello sviluppo di un pMDI per uno specifico farmaco dovrebbe pertanto essere prevista anche la validazione di almeno uno specifico distanziatore. Inoltre, quest’ultimo deve essere appropriato per il tipo di paziente per il quale è previsto l’utilizzo. Dal momento che la dose di farmaco che raggiunge i polmoni è strettamente connessa all’uso corretto dei distanziatori, chi prescrive farmaci somministrabili tramite pMDI in combinazione con AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 140 Bibliografia 1. Laube BL, Janssens HM, de Jongh FH, Devadason SG, Dhand R, Diot P, Everard ML, Horvath I, Navalesi P, Voshaar T, Chrystyn H. European Respiratory Society; International Society for Aerosols in Medicine.What the pulmonary specialist should know about the new inhalation therapies. Eur Respir J 2011;37:1308-1331. 2. Global Initiative for Asthma (GINA), Global strategy for asthma management and prevention, 2015. http://www.ginasthma.org 3. Thiel CG. From Susie’s question to CFC free: an inventor’s perspective on forty years of MDI development and regulation. In: Dalby RN, Byron PR, Farr SJ(eds). Respiratory Drug Delivery, 5th ed. Buffalo Grove : Interpharm Press, 1996. 4. Saunders KB. Misuse of inhaled bronchodilator agents. Br Med J 1965;1:1037–1038. 5. Oprehek J, Gayrard P, Grimaud CH, Charpin J. Patient error in use of bronchodilator metered aerosols. Br Med J 1976;1:76. 6. Paterson IC, Crompton GK. Use of pressurised aerosols by asthmatic patients. Br Med J 1976;1:76–77. 7. Connolly OK. Methods of using pressurized aerosols. Br Med J 1975;3:21. 8. Dolovich MB, Ruffin RE, Roberts R, Newhouse MT. Optimal delivery of aerosols from metered dose inhalers. Chest 1981;80:911–915. 9. Harper TB, Strunk RC. Techniques of administration of metered dose aerosolized drugs in asthmatic children. Am J Dis Child 1981;135:218–221. 10. Newhouse MT, Dolovich MB. Control of asthma by aerosols. N Engl J Med 1986;315:870–874. 11. Freigang B. New method of beclomethasone administration to children under 4 years of age. Can Med Assoc J 1977;117:1308–1309. 12. Rodriguez-Martinez CE, Sossa M, Lozano JM. Commercial versus home-made spacers in delivering bronchodilator therapy for acute therapy in children. Cochrane Database Syst Rev 200816;(2):CD005536. 13. Corr D, Dolovich M, McCormack D, Ruffin R, Obminski G, Newhouse M. Design and characteristics of a portable breathactuated particle size selective medical aerosol inhaler. J Aerosol Sci 1982;13:1–7. 14. Newman SP, Newhouse MT. Effect of add-on devices for aerosol drug delivery: deposition studies and clinical aspects. J Aerosol Med 1996;9:55–70. 15. Morén F. Drug deposition of pressurized inhalation aerosols. Eur J Respir Dis Suppl 1982;119:51-5. 16. Barry PW, and O’Callaghan C. The optimum size and shape of spacer devices for inhalation therapy. J Aerosol Med 1995;8:303–305. 17. Bisgaard H. Delivery options for inhaled therapy in children under the age of 6 years. J Aerosol Med 1997;10:37–40. 18. Nikander K. Challenges and opportunities in respiratory drug delivery devices. Expert Opin Drug Deliv 2010; 7:1235–1238. 19. Lavorini F, Fontana GA. Targeting drugs to the airways: the role of spacer devices. Expert Opin Drug Deliv 2009;6:91–102. 20. Rau JL. The Inhalation of Drugs: Advantages and Problems. Respir Care 2005;50:367–382. 21. Newman SP, Millar AB, Lennard-Jones TR, Morén F, Clarke SW. Improvement of pressurised aerosol deposition with Nebuhaler spacer device. Thorax 1984;39:935–941. 22. Conner WT, Dolovich MB, Frame RA, Newhouse MT. Reliable il distanziatore deve assicurarsi che i pazienti siano in grado e utilizzino regolarmente in modo corretto i dispositivi. Per questo è importante che i prescrittori conoscano i dispositivi disponibili in commercio, e le diverse tecniche di utilizzo degli stessi, e che siano in grado di valutare la tecnica adoperata dal paziente e che sia quella più appropriata per quello specifico paziente . Gli autori dichiarano di non avere nessun conflitto di interesse. salbutamol administration in 6- to 36-month-old children by means of a metered dose inhaler and aerochamber with mask. Pediatr Pulmonol 1989;6:263–267. 23. Dolovich M, Ruffin R, Corr D, and Newhouse MT. Clinical evaluation of a simple demand inhalation MDI aerosol delivery device. Chest 1983;84;36–41. 24. Newman SP, Woodman G, Morén F, Clarke SW. Bronchodilator therapy with Nebuhaler: how important is the delay between firing the dose and inhaling? Br J Dis Chest 1988;82:262–267. 25. Barry PW, Robertson CF, and O’Callaghan C. Optimum use of a spacer device. Arch Dis Child 1993;69:693–694. 26. O’Callaghan C, Lynch J, Cant M, Robertson C. Improvement in sodium cromoglycate delivery from a spacer device by use of an antistatic lining, immediate inhalation, and avoiding multiple actuations of drug. Thorax 1993;48:603–606. 27. Berg E, Madsen J, and Bisgaard H. In vitro performance of three combinations of spacers and pressurized metered dose inhalers for treatment in children. Eur Respir J 1998;12:472–476. 28. Wildhaber JH, Devadason SG, Hayden MJ, James R, Dufty AP, Fox RA, Summers QA, LeSouëf PN. Electrostatic charge on a plastic spacer device influences the delivery of salbutamol. Eur Respir J 1996;9:1943–1946. 29. Piérart F, Wildhaber JH, Vrancken I, Devadason SG, Le Souëf PN. Washing plastic spacers in household detergent reduces electrostatic charge and greatly improves delivery. Eur Respir J 1999;13:673–678. 30. Chua HL, Collis GG, Newbury AM, Chan K, Bower GD, Sly PD, Le Souef PN. The influence of age on aerosol deposition in children with cystic fibrosis. Eur Respir J 1994;7:2185–2191. 31. Gleeson JGA, and Price J. Nebuhaler technique. Br J Dis Chest 1988; 82:172–174. 32. Agertoft L, and Pedersen S. Influence of spacer device on drug delivery to young children with asthma. Arch Dis Child. 1994; 71:217–220. 33. Amirav I, Newhouse MT. Aerosol therapy with valved holding chambers in young children: importance of facemask seal. Pediatrics 2001; 108;389–394. 34. Esposito-Festen JE, Ates B, van Vliet FJ, Verbraak AF, de Jongste JC, Tiddens HA. Effect of a facemask leak on aerosol delivery from a pMDI-spacer system. J Aerosol Med 2004; 17:1–6. 35. Amirav I, Newhouse MT. Review of optimal characteristics of face-masks for valved-holding chambers (VHCs). Pediatr Pulmonol 2008; 43:268–274. 36. Amirav I, Luder A, Chleechel A, Newhouse MT, Gorenberg M. Lung aerosol deposition in suckling infants. Arch Dis Child 2012; 97:497–501. 37. Newman SP, Pavia D, Garland N, Clarke SW. Effects of various inhalation modes on the deposition of radioactive pressurized aerosols. Eur J Respir Dis Suppl 1982; 119: 57–65. 38. Roller CM, Zhang G, Troedson RG, Leach CL, Le Souëf PN, Devadason SG. Spacer inhalation technique and deposition of extrafine aerosol in asthmatic children. Eur Respir J 2007; 29:299–306. 39. Schultz A, Le Souëf TJ, Venter A, Zhang G, Devadason SG, Le Souëf PN. Aerosol inhalation from spacers and valved holding chambers requires few tidal breaths for children. Pediatrics. 2010; 126:1493-1498. [quiz] Test di autovalutazione 1. In età pediatrica i farmaci più spesso responsabili di reazioni avverse sono: a.antinfiammatori non steroidei; b. antibiotici beta-lattamici; c.macrolidi; d.aminoglicosidi. 2. Quale patologia presenta un rischio aumentato di reazioni allergiche agli antibiotici? a.Celiachia. b.Fibrosi cistica. c.Faringotonsillite. d.Ipotiroidismo. 3. In che percentuale i pediatri seguono le linee guida internazionali nella gestione del Reflusso Gastro-Esofageo? a.< 2%; b.<10%; c.50%; d.>60%. 4. Nei lattanti, i fattori determinanti i sintomi da reflusso gastroesofageo postprandiale sono tutti ECCETTO: a.il volume dei nutrienti ingeriti; b.la distensione gastrica da iperalimentazione; c.l’aumentata acidità gastrica; d.la distensione gastrica da involontaria ingestione di aria. 8. Per valutare l’avvenuta eradicazione dell’HP è necessario: a.ripetere l’EGDS; b.ricercare gli anticorpi specifici nel sangue; c.eseguire l’Urea Breath Test; d.b+c. 9. Le cure palliative pediatriche (CPP) iniziano: 5. In che percentuale le faringotonsilliti nei bambini >5 anni sono causate dallo streptococco β emolitico di gruppo A? a.<5%; b.10%-20%; c.30%-40%; d.>80%. 6. L’ottimizzazione della tecnica di inalazione con pMDI + distanziatore nei pazienti collaboranti prevede: a.inspirazione lenta e profonda, seguita da una pausa respiratoria di almeno 10 secondi; b.pausa respiratoria breve dopo una inspirazione profonda; c.pausa respiratoria di 10 secondi dopo una inspirazione rapida; d.inspirazioni a volume corrente. a.alla diagnosi di terminalità; b.alla diagnosi di in guaribilità; c.nella fase di lutto; d.nella fase di elaborazione del lutto. 10. I bambini eleggibili alle CPP sono: a.bambini in fase terminale; b.bambini affetti da malattie croniche; c.bambini affetti da malattie croniche inguaribili con bisogni complessi; d.bambini oncologici. 7. Se il Breath test per la ricerca dell’Helicobacter Pylori risulta positivo bisogna: a. trattare il bambino con terapia antibiotica direttamente; b.eseguire prima EGDS; c.cercare l’Helicobacter anche nelle feci; d.ripetere il test dopo un mese per conferma. Le risposte esatte saranno pubblicate sul prossimo numero della rivista. Quiz Test di autovalutazione Le risposte del numero precedente 1. In Italia lo Streptococcus pneumoniae mostra: resistenza ai macrolidi nel 40% dei casi. Risposta corretta: B Nei bambini italiani lo Streptococcus pneumoniae mostra una ridotta sensibilità alle penicilline in almeno il 15% dei casi ed ai macrolidi nel 40% dei casi. La percentuale di pneumococchi totalmente resistenti ai β-lattamici è circa il 2%. 2. In caso di acalasia : la diagnosi avviene nella maggior parte dei casi dopo diversi anni dalla comparsa dei sintomi. Risposta corretta: C AreaPediatrica | Vol. 16 | n. 3 | luglio–settembre 2015 142 Il ritardo diagnostico per l’acalasia rappresenta la regola piuttosto che l’eccezione. Alcune casistiche riportano un ritardo medio di 4–6 anni, in altre il ritardo arriva a 10 anni. Questo avviene a causa delle caratteristiche epidemiologiche in quanto è una malattia rara, ma anche per l’estrema eterogeneità e aspecificità dei sintomi. 3. Il MODY-2 (mutazione del gene della Glucochinasi) può comportare i seguenti sintomi ad eccezione di: obesità prevalentemente addominale. Risposta corretta: C Il MODY-2 è un diabete dovuto alla alterazione del “sensore” della beta cellula che comporta un “innesco” della secrezione insulinica a livelli più elevati di glicemia sia a digiuno che dopo pasto. Per tale motivo è un “diabete magro” e non si associa, di solito, ad obesità. 4. Il MODY-3 (mutazione del gene HNF1alfa) può comportare i seguenti sintomi ad eccezione di: insorgenza nei primi anni di vita a addirittura in epoca neonatale. Risposta corretta: C I pazienti che nascono con la mutazione del gene HNF1alfa hanno un patrimonio beta cellulare ridotto: si nasce con un minor numero di beta cellule pancreatiche. Ciò comporta che la secrezione insulinica in risposta alle iperglicemie è sufficiente nelle prime epoche della vita e nell’età di latenza e diviene insufficiente in pubertà quando l’ormone della crescita (GH) crea una relativa insulinoresistenza ed iperglicemia. L’esordio, quindi, avviene in adolescenza o nel giovane adulto. 5. Quante sono le sindromi malformative attualmente descritte? 8000 Risposta corretta: D Sono 8000 anche se solo 1500 di esse hanno una consolidata nosografia, mentre le altre 6500 circa rappresentano casi isolati o familiari sporadici. 6. Quando bisogna pensare ad una sindrome malformativa? Se il bambino presenta: dismorfismi facciali, malformazioni maggiori, problemi di crescita e ritardo psicomotorio Risposta corretta: A Nel concetto di sindrome è insito il concetto di coinvolgimento contemporaneo e/o sequenziale di più organi o apparati, quindi le anomalie isolate o familiari non rappresentano un elemento sufficiente per parlare di sindrome, anche se meritano comunque una valutazione genetica. 7. La “Non Celiac Gluten Sensitivity “ (NCGS) presenta le seguenti caratteristiche ECCETTO: assenza di anticorpi antigliadina di classe G. Risposta corretta: C È stata segnalata la presenza di un alto titolo per anticorpi antigliadina di classe G (AGA-IgG 56,4% in NCGS versus 81% della celiachia). Da segnalare però che gli AGA IgG sono stati dimostrati anche in altre condizioni come le patologie autoimmuni del fegato, la sindrome dell’intestino irritabile, o disordini del tessuto connettivo, oltre che nella popolazione sana (2–8%). 8. Quali sono le attuali raccoman- dazioni dell’American Academy of Pediatrics (AAP) sull’utilizzo del Palivizumab nella prematurità? <29 settimane EG per il primo anno di vita. Risposta corretta: C Le ultime linee guida dell’AAP pubblicate nel 2014 raccomandano la profilassi con Palivizumab nei bambini con EG <29 settimane per il primo anno di vita. In attesa delle nuove raccomandazioni italiane, al momento in Italia la profilassi è suggerita nei bambini <2 anni di età con broncodisplasia e cardiopatia emodinamicamente significativa. Per quanto riguarda i bambini prematuri viene indicata la profilassi nei prematuri di età inferiore ad un anno ed EG <32 settimane in assenza di altri fattori concomitanti o EG tra 33 e 35 settimane in presenza di almeno due fattori di rischio associati. 9. Quale terapia va effettuata nei pazienti affetti da bronchiolite? Terapia di supporto Risposta corretta: A La bronchiolite è una malattia autolimitante ad eziologia virale. La terapia pertanto è sostanzialmente di supporto e si basa su: un’accurata pulizia delle alte vie aeree, supplementazione di ossigeno per valori di SpO2 < 90–92% e terapia reidratante in presenza di segni di disidratazione. 10. Quale dei seguenti meccanismi sembra essere alla base delle sequele a distanza dell’infezione da Virus Respiratorio Sinciziale (VRS)? Shift immunologico Th1-Th2 Risposta corretta: B Numerosi studi dimostrano come l’infezione da VRS sia associata allo shift Th1Th2 e quindi alla successiva iperproduzione locale di citochine del pattern Th2. La persistenza a lungo termine di questo tipo di risposta infiammatoria rappresenta il meccanismo patogenetico alla base dell’insorgenza di wheezing e asma e potrebbe supportare l’ipotesi di risposte inappropriate ad aeroallergeni e dunque dell’aumentato rischio di sensibilizzazione allergica nei pazienti con pregresso VRS. Riassunto delle caratteristiche di prodotto Synagis 100 mg/ml soluzione iniettabile 1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE SYNAGIS 100 mg/ml soluzione iniettabile. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA 1 ml di SYNAGIS contiene 100 mg di palivizumab*. Ciascun flaconcino da 0,5 ml contiene 50 mg di palivizumab. Ciascun flaconcino da 1 ml contiene 100 mg di palivizumab. *Palivizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato ricombinante prodotto da tecnologia DNA nelle cellule ospiti del mieloma del topo. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA Soluzione iniettabile. La soluzione è limpida o leggermente opalescente. 4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche SYNAGIS è indicato nella prevenzione di gravi affezioni del tratto respiratorio inferiore, che richiedono ospedalizzazione, provocate dal virus respiratorio sinciziale (VRS) in bambini ad alto rischio di malattia VRS: • Bambini nati con età gestazionale uguale o inferiore alle 35 settimane e con un’età inferiore ai 6 mesi all’esordio dell’epidemia stagionale da VRS. • Bambini di età inferiore ai 2 anni che sono stati trattati per displasia broncopolmonare negli ultimi 6 mesi. • Bambini di età inferiore ai 2 anni con malattia cardiaca congenita emodinamicamente significativa. 4.2 Posologia e modo di somministrazione Posologia La dose raccomandata di Palivizumab è 15 mg per chilo di peso corporeo, da somministrare una volta al mese durante i periodi in cui si prevede il rischio di VRS nella comunità. Il volume (espresso in ml) di // Palivizumab // deve essere somministrato una volta al mese ad intervalli = [peso del paziente in kg] moltiplicato per 0,15. Quando possibile, la prima dose deve essere somministrata prima dell’inizio della stagione critica. Dosi successive devono essere somministrate una volta al mese durante il periodo di rischio. Non è stata stabilita l’efficacia di palivizumab a dosi diverse da 15 mg per kg, o a dosaggi differenti da una volta al mese durante la stagione del VRS. La maggior parte delle esperienze, inclusi importanti studi clinici di fase III, con palivizumab sono state acquisite con 5 iniezioni durante una stagione (vedere paragrafo 5.1). Dati, seppure limitati, sono disponibili su più di 5 dosi (vedere paragrafi 4.8 e 5.1), pertanto non è stato stabilito il beneficio in termini di protezione al di sopra delle 5 dosi. Per ridurre il rischio di ripetuti ricoveri ospedalieri, nei bambini che assumono palivizumab che sono stati ricoverati per VRS, si raccomanda di continuare la somministrazione di dosi mensili di palivizumab per la durata della stagione del VRS. Per i bambini sottoposti a by-pass cardiaco, si raccomanda di somministrare una iniezione di 15 mg/kg di peso corporeo di palivizumab non appena si sia stabilizzato dopo l’intervento per assicuare adeguati livelli sierici di palivizumab. Dosi successive devono riprendere mensilmente durante la restante stagione VRS per i bambini che continuano ad esser ad alto rischio di infezione VRS (vedere paragrafo 5.2). Modo di somministrazione Palivizumab viene somministrato per via intramuscolare, preferibilmente nella parte anterolaterale della coscia. Il muscolo del gluteo non deve essere usato spesso come sito di iniezione poiché si rischia di danneggiare il nervo sciatico. L’iniezione dev’essere eseguita attraverso la tecnica asettica standard. Le quantità di medicinale superiori ad 1 ml devono essere somministrate in dosi separate. SYNAGIS soluzione iniettabile è una formulazione pronta per l'uso. Per le istruzioni su particolari esigenze di trattamento, vedere paragrafo 6.6. 4.3 Controindicazioni Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1, o verso altri anticorpi monoclonali umanizzati. 4.4 Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego Sono state riportate reazioni allergiche inclusi casi molto rari di anafilassi e shock anafilattico in seguito a somministrazione di palivizumab. In alcuni casi, sono stati riportati decessi (vedere paragrafo 4.8). Devono essere disponibili prodotti medicinali per il trattamento di gravi reazioni di ipersensibilità, inclusa l’anafilassi e lo shock anafilattico, da usarsi immediatamente dopo la somministrazione di palivizumab. L’uso del palivizumab può essere rimandato in presenza di infezioni gravi o moderate o in presenza di affezioni febbrili, a meno che il medico non giudichi il ritardo nella somministrazione del palivizumab come un ulteriore fattore di rischio. Una sindrome febbrile moderata, come per esempio infezione lieve del tratto respiratorio superiore, non comporta solitamente il rinvio della somministrazione del palivizumab. Palivizumab deve essere somministrato con cautela in pazienti con trombocitopenia o altri problemi di coagulazione. L’efficacia del palivizumab quando somministrato a pazienti come secondo ciclo di trattamento nel corso di una nuova stagione epidemica VRS non è stata formalmente valutata in uno studio con questo obiettivo. Il possibile rischio di insorgenza di infezione VRS nella seconda stagione epidemica nella quale i pazienti sono stati trattati con palivizumab non è stato definitivamente escluso con studi atti a valutare questo particolare aspetto. 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme d’interazione Non sono stati condotti studi specifici di interazione con altri medicinali. Negli studi clinici di fase III sull’incidenza di VRS nella popolazione pediatrica nata prematura e con displasia broncopolmonare, i pazienti che ricevevano placebo e i pazienti che ricevevano palivizumab ai quali erano anche stati somministrati vaccini di routine per l’infanzia, vaccino dell’influenza, broncodilatatori o corticosteroidi, hanno presentato una distribuzione simile e non sono stati osservati aumenti delle reazioni avverse tra i pazienti trattati con questi farmaci. Poiché l’anticorpo monoclonale è specifico per il virus respiratorio sinciziale, il palivizumab non dovrebbe interferire con la risposta immunitaria ai vaccini. Palivizumab può interferire con test diagnostici per il VRS a base immunitaria, come con alcuni test basati sull’individuazione dell’antigene. Inoltre, il palivizumab inibisce la replicazione del virus in coltura cellulare e, pertanto, può anche interferire con i test di coltura virale. Palivizumab non interferisce con i test basati sulla reazione della catena della polimerasi a trascrittasi inversa. L’interferenza sui test potrebbe portare a risultati dei test diagnostici al VRS falsi-negativi. Pertanto, i risultati dei test diagnostici, quando ottenuti, devono essere utilizzati in congiunzione con i risultati clinici per guidare le decisioni mediche. 4.6 Fertilità, gravidanza e allattamento Non pertinente. SYNAGIS non è indicato per l’uso negli adulti. Non sono disponibili dati sull’uso in fertilità, gravidanza e durante l’allattamento. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari Non pertinente. 4.8 Effetti indesiderati Sommario del profilo di sicurezza Le reazioni avverse più gravi che si verificano con palivizumab sono l’anafilassi e altre reazioni acute di ipersensibilità. Le reazioni avverse più comuni che si verificano con palivizumab sono febbre, eruzione cutanea e reazioni al sito di iniezione. Tabella delle reazioni avverse Le reazioni avverse sia cliniche che di laboratorio, verificatisi in studi condotti su pazienti pediatrici prematuri e con displasia broncopolmonare ed in pazienti con malattia cardiaca pediatrica congenita, sono elencate secondo la classificazione per sistemi e organi e per frequenza (molto comune ≥1/10; comune ≥1/100 a<1/10; non comune ≥1/1000, <1/100; raro ≥ 1/10000 a <1/1000). Le reazioni avverse identificate tramite sorveglianza post-marketing sono segnalate volontariamente da una popolazione di dimensione incerta; non sempre è possibile stimare in modo attendibile la loro frequenza o stabilire una relazione causale con l'esposizione al palivizumab. La frequenza di queste reazioni avverse (RA), come riportato nella tabella sottostante è stata stimata utilizzando i dati di sicurezza dei due studi clinici di registrazione. L'incidenza di queste reazioni in questi studi non hanno mostrato alcuna differenza tra i gruppi palivizumab e placebo e le reazioni non erano correlate al farmaco. Segnalazioni degli effetti indesiderati negli studi clinici* e post-marketing in pazienti pediatrici MedDRA Classificazione Frequenza RA per sistemi e organi Patologie del sistema Non comune Trombocitopenia# emolinfatico Disturbi del sistema Non nota Anafilassi, shock anafilattico immunitario (in alcuni casi, sono stati riportati decessi.)# Patologie del sistema Non comune Convulsioni# nervoso Patologie respiratorie, Comune Apnea# toraciche e mediastiniche Patologie della cute e del Molto comune Eruzione cutanea tessuto sottocutaneo Non comune Orticaria# Patologie sistemiche e Molto comune Febbre condizioni relative alla sede di somministrazione Comune Reazione al sito di iniezione *Per la descrizione completa dello studio, vedere il Paragrafo 5.1 Studi clinici #RA identificate dalla sorveglianza post-marketing Descrizione delle reazioni avverse selezionate Esperienza postmarketing. Sono state valutate reazioni avverse spontanee gravi post-marketing riportate durante il trattamento con palivizumab tra il 1998 ed il 2002 che hanno coperto quattro stagioni epidemiche VRS. E’ stato ricevuto un totale di 1291 segnalazioni gravi in cui il palivizumab era stato somministrato come indicato e la durata della terapia era nell’arco di una stagione. La comparsa di reazioni avverse è avvenuta dopo la sesta dose o oltre, in solo 22 di queste segnalazioni (15 dopo la sesta dose, 6 dopo la settima ed 1 dopo l’ottava dose). Queste reazioni avverse hanno caratteristiche simili a quelli dopo le iniziali 5 dosi. Il programma di trattamento con palivizumab e le reazioni avverse sono state monitorate in un gruppo di circa 20000 bambini seguiti attraverso un programma di adesione dei pazienti al trattamento, tra il 1998 ed il 2000. Di questo gruppo, 1250 bambini arruolati hanno avuto 6 iniezioni, 183 ne hanno avute 7 e 27 ne hanno avute 8 o 9. Reazioni avverse osservate in pazienti dopo la sesta dose o oltre hanno presentato caratteristiche e frequenza simili a quelle dopo le iniziali 5 dosi. In uno studio osservazionale post-marketing basato su database è stato osservato un piccolo incremento della frequenza di asma tra i pazienti pretermine trattati con palivizumab; tuttavia, la relazione causale è incerta. Segnalazione di sospette reazioni avverse La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite l’Agenzia Italiana del Farmaco, sito web: http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/responsabili. 4.9 Sovradosaggio In studi clinici, tre bambini sono stati sottoposti a dosi superiori a 15 mg/kg. Queste dosi sono state di 20,25 mg/kg, 21,1 mg/kg e 22,27 mg/kg. Non sono state evidenziate conseguenze cliniche in questi soggetti. Dall’esperienza post-marketing, sono stati riportati sovradosaggi con dosi fino a 85 mg/kg e in alcuni casi, le reazioni avverse riportate non erano differenti da quelle osservate con la dose di 15 mg/kg (vedere paragrafo 4.8). In caso di sovradosaggio, si raccomanda di monitorare il paziente per eventuali segni o sintomi di reazioni o effetti avversi e di istituire immediatamente un appropriato trattamento sintomatico. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche Categoria farmacoterapeutica: immunoglobuline siero immune, Immunoglobuline specifiche; codice ATC J06BB16. Il palivizumab è un anticorpo monoclonale IgG1K umanizzato diretto contro un epitopo nel sito antigenico A della proteina di fusione del virus respiratorio sinciziale (VRS). Questo anticorpo monoclonale umanizzato ha una sequenza anticorpale di natura umana (95%) e murina (5%). Ha una potente attività neutralizzante e inibitoria dei meccanismi di fusione nei confronti del VRS sia nei ceppi del sottotipo A che in quelli del sottotipo B. Nei ratti del cotone, concentrazioni sieriche di palivizumab approssimativamente di 30 µg/ml hanno dimostrato di produrre una riduzione della replicazione del VRS del 99% a livello polmonare. Studi in vitro dell’attività antivirale L'attività antivirale di palivizumab è stata valutata in un test di microneutralizzazione in cui concentrazioni crescenti di anticorpo sono state incubate con VRS prima dell'aggiunta delle cellule epiteliali umane HEp-2. Dopo un periodo di incubazione di 4-5 giorni, l'antigene VRS è stato misurato in un saggio immunoenzimatico (ELISA). Il titolo di neutralizzazione (50% concentrazione efficace [EC50]) è espresso come la concentrazione anticorpale in grado di ridurre il rilevamento dell'antigene VRS del 50% rispetto alle cellule infettate con il virus non trattate. Palivizumab mostra valori medi di EC50 pari a 0,65 µg/ml (media [deviazione standard] = 0,75 [0,53] µg/ml, n = 69, intervallo 0,07-2,89 µg/ml) e di 0,28 µg/ml (media [deviazione standard] = 0,35 [0,23] µg/ml, n = 35, intervallo 0,03-0,88 µg/ml), rispettivamente nei VRS A e VRS B isolati clinici. La maggior parte degli isolati clinici VRS testati (n = 96) sono stati prelevati da soggetti negli Stati Uniti. Resistenza Palivizumab si lega ad una regione altamente conservata nel dominio extracellulare della proteina F matura del VRS, indicato come sito antigenico II o sito antigenico A, che comprende gli amminoacidi 262-275. Un'analisi genotipica condotta su 126 isolati clinici da 123 bambini che hanno fallito l'immunoprofilassi, tutti i mutanti VRS che mostravano resistenza al palivizumab (n = 8) hanno evidenziato modifiche di aminoacidi in questa regione della proteina F. Non è stata mostrata nessuna variazione nella sequenza polimorfica o non polimorfica al di fuori del sito antigenico A della proteina F del VRS che renda VRS resistente alla neutralizzazione da palivizumab. In questi 8 isolati clinici VRS è stata identificata almeno una resistenza al palivizumab associata alle sostituzioni amminoacidiche N262D, K272E/Q o S275F/L con una conseguente frequenza di resistenza associata a mutazione del 6,3%. L’analisi dei dati clinici non ha evidenziato un'associazione tra le modifiche della sequenza del sito antigenico A e la gravità della malattia VRS nei bambini che ricevono l’immunoprofilassi con palivizumab e sviluppano la malattia VRS del tratto respiratorio inferiore. L’analisi di 254 isolati clinici VRS raccolti da soggetti naïve all’immunoprofilassi ha riscontrato una resistenza al palivizumab associata a 2 sostituzioni (1 con N262D e 1 con S275F), con una conseguente frequenza di resistenza associata a mutazione dello 0,79%. Immunogenicità Anticorpi anti-palivizumab sono stati riscontrati approssimativamente nell’1% dei pazienti nello studio IMpact-RSV durante la prima fase della terapia. E’ stato un fenomeno transitorio di basso titolo, risolto nonostante l’uso continuato (prima e seconda stagione), e non è stato evidenziato su 55 dei 56 neonati durante la seconda stagione (inclusi 2 con titolazione durante la prima stagione). L’immunogenicità non è stata indagata nello studio sulla malattia cardiaca congenita. Anticorpi verso il palivizumab sono stati valutati in quattro ulteriori studi in 4337 pazienti (bambini nati a 35 settimane di gestazione o meno e 6 mesi di età o meno, o 24 mesi di età o meno con displasia broncopolmonare, o con significativa malattia cardiaca congenita emodinamicamente significativa quando venivano inclusi in questi studi) e sono stati osservati in 0% - 1,5% di pazienti a differenti intervalli degli studi. Non è stata osservata nessuna associazione tra la presenza di anticorpi ed eventi avversi. Pertanto, le risposte immunitarie all’anticorpo anti-farmaco (anti-drug antibody, ADA) sembrano essere non clinicamente rilevanti. Studi clinici con palivizumab liofilizzato In uno studio clinico controllato con placebo nella profilassi del VRS (studio IMpact-RSV) effettuata su 1502 bambini ad alto rischio (1002 SYNAGIS; 500 placebo), 5 dosi mensili di 15 mg/kg hanno ridotto l’incidenza dell’ospedalizzazione legata al VRS del 55% (p=<0,001). La percentuale di ospedalizzazione dovuta a virus respiratorio sinciziale nel gruppo placebo è stata del 10,6%. Su questa base, la riduzione del rischio assoluto è pari al 5,8% che significa che il numero di pazienti da trattare necessario per prevenire una ospedalizzazione è 17. La gravità della infezione da VRS in bambini ospedalizzati, nonostante la profilassi con palivizumab, non ha ridotto percentualmente nè i giorni di degenza in terapia intensiva nè i giorni di respirazione meccanica assistita. Un totale di 222 bambini sono stati arruolati in due studi separati per esaminare la sicurezza del palivizumab quando somministrato per la seconda stagione VRS. Centotre (103) bambini hanno ricevuto mensilmente iniezioni di palivizumab per la prima volta, e 119 bambini hanno ricevuto palivizumab per due stagioni consecutive. Non è stata osservata differenza tra i gruppi per quanto riguarda l’immunogenicità in entrambi gli studi. Comunque, siccome l’efficacia del palivizumab quando somministrato a pazienti come secondo ciclo di trattamento durante l’insorgenza della stagione VRS non è stata formalmente investigata in uno studio condotto con questo obiettivo, è sconosciuta la rilevanza di questi dati in termini di efficacia. In uno studio clinico prospettico in aperto disegnato per la valutazione della farmacocinetica, della sicurezza e dell’immunogenicità dopo la somministrazione di 7 dosi di palivizumab nell’arco di una singola stagione VRS, dati di farmacocinetica hanno indicato che adeguati livelli medi di palivizumab erano stati raggiunti in tutti i 18 bambini reclutati. Livelli anticorpali bassi e transitori di anticorpi anti-palivizumab sono stati osservati in un bambino dopo la seconda dose di palivizumab e tali anticorpi si sono ridotti ad un livello non misurabile alla quinta e settima dose. In uno studio controllato con placebo su 1287 pazienti di età ≤24 mesi con malattia cardiaca congenita emodinamicamente significativa (639 SYNAGIS; 648 placebo) 5 dosi mensili di 15 mg/kg di SYNAGIS hanno ridotto l’incidenza di ospedalizzazione da VRS del 45% (p = 0,003) (studio sulla malattia cardiaca congenita). I gruppi erano equamente bilanciati tra pazienti cianotici e non cianotici. La percentuale di ospedalizzazione da VRS è stata del 9,7% nel gruppo placebo e del 5,3% nel gruppo SYNAGIS. Il secondo obiettivo dello studio sull’efficacia su 100 bambini ha mostrato significative riduzioni nel gruppo SYNAGIS rispetto a quello placebo sul totale dei giorni di ospedalizzazione per VRS (riduzione del 56%, p = 0,003) e sul totale dei giorni di VRS con l’aggiunta di un supplemento di ossigeno (riduzione del 73%, p=0,014). Uno studio osservazionale retrospettivo è stato condotto in bambini con disturbi cardiaci congeniti emodinamicamente significativi (HSCHD) per confrontare il verificarsi di gravi eventi avversi primari (infezione, aritmia e morte) tra coloro che hanno ricevuto la profilassi con SYNAGIS (1009) e coloro che non l’hanno ricevuta (1009) combinati per età, tipo di lesione cardiaca e precedente chirurgia correttiva. L’incidenza di aritmia e di morte è stata simile sia nei bambini che hanno ricevuto la profilassi sia nei bambini che non l’hanno ricevuta. L’incidenza di infezione è stata inferiore nei bambini che hanno ricevuto la profilassi rispetto a quelli che non l’hanno ricevuta. I risultati dello studio indicano che il rischio di grave infezione, grave aritmia o morte nei bambini con disturbi cardiaci congeniti emodinamicamente significativi associati alla profilassi con SYNAGIS non è aumentato rispetto ai bambini che non hanno ricevuto la profilassi. Studi usando palivizumab liquido Sono stati condotti due studi clinici per confrontare direttamente la formulazione liquida e quella liofilizzata di palivizumab. Nel primo studio, tutti i 153 neonati prematuri hanno ricevuto entrambe le formulazioni in sequenze diverse. Nel secondo studio, 211 e 202 neonati prematuri o bambini con una malattia polmonare cronica hanno ricevuto rispettivamente palivizumab liquido e liofilizzato. In due studi supplementari, palivizumab liquido è stato utilizzato come controllo attivo (3918 soggetti pediatrici) per valutare un anticorpo monoclonale in fase di sperimentazione per la profilassi della malattia da VRS grave nei neonati prematuri o in bambini con malattia polmonare cronica o con una malattia cardiaca emodinamicamente significativa (vedere di seguito per ulteriori dettagli su questi due studi). Il tasso globale e lo schema degli eventi avversi, l’analisi della sospensione del trattamento a causa degli eventi avversi, e il numero di decessi riportati in questi studi clinici sono stati coerenti con quelli osservati durante i programmi di sviluppo clinico per la formulazione liofilizzata. Nessun decesso è stato considerato correlato al palivizumab e non sono stati identificati nuovi eventi avversi in questi studi. Neonati pretermine e bambini con Malattia Polmonare Cronica di Prematurità (BPD): in questo studio, condotto in 347 centri nel Nord America, Unione Europea e altri 10 paesi, hanno studiato i pazienti con un’età pari o inferiore a 24 mesi con BPD e pazienti con nascita prematura (inferiore o uguale a 35 settimane di gestazione), che avevano un’età pari o inferiore a 6 mesi all'inizio dello studio. I pazienti con malattia cardiaca congenita emodinamicamente significativa sono stati esclusi da questo studio e sono stati studiati in uno studio separato. In questo studio, i pazienti sono stati randomizzati per ricevere 5 iniezioni mensili di 15 mg/kg di palivizumab liquido (N = 3306), utilizzato come controllo attivo di un anticorpo monoclonale in fase di sperimentazione (N = 3329). La sicurezza e l’efficacia sono state monitorate in questi soggetti per 150 giorni. Il novantotto per cento di tutti i pazienti che hanno ricevuto palivizumab hanno completato lo studio e il 97% ha ricevuto tutte e cinque le iniezioni. L'endpoint primario era l'incidenza di ospedalizzazione da VRS. Ricoveri per VRS si sono verificati in 62 dei 3306 (1,9%) pazienti nel gruppo palivizumab. Il tasso di ospedalizzazione VRS osservato nei pazienti arruolati con una diagnosi di BPD era 28 su 723 (3,9%) e nei pazienti arruolati con una diagnosi di prematurità senza BPD era 34 su 2583 (1,3%). Studio 2 CHD: questo studio, condotto in 162 centri in Nord America, Unione Europea e altri 4 paesi, per oltre due stagioni di VRS, ha studiato i pazienti con un’età pari o inferiore a 24 mesi con CHD emodinamicamente significativa. In questo studio, i pazienti sono stati randomizzati a ricevere 5 iniezioni mensili di 15 mg/kg di palivizumab liquido (N = 612), utilizzato come controllo attivo di un anticorpo monoclonale in fase di sperimentazione (N = 624). I soggetti sono stati stratificati in base alla lesione cardiaca (cianotico vs altro) e la sicurezza e l’efficacia sono state monitorate per 150 giorni. Il novantasette per cento di tutti i pazienti che hanno ricevuto palivizumab hanno completato lo studio e il 95% ha ricevuto tutte e cinque le iniezioni. L'endpoint primario era una sintesi degli eventi avversi ed eventi avversi gravi, e l'endpoint secondario era l'incidenza di ospedalizzazione da VRS. L'incidenza di ospedalizzazione da VRS era di 16 su 612 (2,6%) nel gruppo palivizumab. 5.2. Proprietà farmacocinetiche Formulazione liofilizzata di palivizumab In studi su volontari adulti, il palivizumab ha mostrato un profilo farmacocinetico simile ad un anticorpo umano IgG1 in relazione al volume di distribuzione (in media 57 ml/kg) e all’emivita (in media 18 giorni). In studi di profilassi su popolazioni pediatriche di prematuri con displasia broncopolmonare, l’emivita media di palivizumab è stata di 20 giorni e dosi mensili intramuscolari di 15 mg/kg hanno raggiunto concentrazioni sieriche medie di principio attivo al giorno 30 di circa 40 µg/ml dopo la prima iniezione, circa 60 µg/ml dopo la seconda iniezione, circa 70 µg/ml dopo la terza e la quarta iniezione. In uno studio sulla malattia cardiaca congenita dosi mensili per via intramuscolare di 15 mg/kg hanno raggiunto mediamente in 30 giorni il valore minimo di concentrazioni sieriche di principio attivo che è approssimativamente di 55 µg/ml dopo la prima iniezione e approssimativamente di 90 µg/ml dopo la quarta iniezione. Nello studio sulla malattia cardiaca congenita, dei circa 139 bambini che hanno ricevuto palivizumab, in quelli che avevano subito by-pass cardiopolmonare e per i quali erano disponibili campioni accoppiati di siero, la concentrazione sierica media di palivizumab è stata approssimativamente di 100 µg/ml prima del by-pass cardiaco e diminuita ad approssimativamente 40 µg/ml dopo il by-pass. Formulazione liquida di palivizumab La farmacocinetica e la sicurezza della formulazione liquida di palivizumab e della formulazione liofilizzata, dopo una somministrazione per via intramuscolare di 15 mg/kg, sono stati confrontati in uno studio cross-over di 153 bambini di età inferiore o uguale a 6 mesi con una storia di prematurità (inferiore o pari a 35 settimane di età gestazionale). I risultati di questo studio indicano che le concentrazioni sieriche di palivizumab erano simili tra la formulazione liquida e la formulazione liofilizzata dimostrando la bioequivalenza tra la formulazione liquida e la formulazione liofilizzata. 5.3 Dati preclinici di sicurezza In studi tossicologici monodose condotti su scimmie (dose massima 30 mg/kg), conigli (dose massima 50 mg/kg) e ratti (dose massima 840 mg/kg), non sono stati rilevati dati significativi. Studi eseguiti su roditori non hanno dimostrato un incremento della riproduzione di VRS, o patologie indotte da VRS o la generazione di virus mutanti in presenza di palivizumab nelle condizioni sperimentali adottate. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1 Elenco degli eccipienti Istidina, Glicina, Acqua per preparazioni iniettabili. 6.2 Incompatibilità Questo medicinale non deve essere miscelato con altri medicinali. 6.3 Periodo di validità 3 anni. 6.4 Precauzioni particolari per la conservazione Conservare in frigorifero (2°C - 8°C). Non congelare. Conservare il flaconcino nella confezione esterna per proteggerlo dalla luce. 6.5 Natura e contenuto del contenitore Flaconcini monouso: capacità di 3 ml, trasparente, flaconcino di vetro di tipo I incolore con un tappo di clorobutile e sigillo flip-off contenente 0,5 ml o 1 ml di soluzione iniettabile. Confezione da 1 pezzo. 6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione Non miscelare la formulazione liquida di palivizumab con quella liofilizzata. Non diluire il prodotto. Non agitare il flaconcino. Sia il flaconcino da 0,5 ml che da 1 ml contengono una quota in più che permette il prelievo di 50 mg o di 100 mg, rispettivamente. Per la somministrazione, rimuovere l’aletta di alluminio dal cappuccio del flaconcino e pulire il tappo con etanolo al 70% o equivalente. Inserire l'ago nel flaconcino e prelevare dalla siringa il volume appropriato di soluzione. La soluzione iniettabile di palivizumab non contiene conservanti, è monouso e deve essere somministrata immediatamente dopo aver prelevato la dose nella siringa. Il medicinale non utilizzato e i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO AbbVie Ltd, Maidenhead, SL6 4XE, Regno Unito 8. NUMERO DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO EU/1/99/117/003, EU/1/99/117/004 AIC n. 034529038/E, AIC n. 034529040/E 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE Data della prima autorizzazione: 13 Agosto 1999 Data del rinnovo più recente: 13 Agosto 2009 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO 04/2015 Confezione 100 mg/ml - soluzione iniettabile - flaconcino 0,5 ml Prezzo ex factory (IVA inclusa): €544,86; Prezzo al pubblico (IVA inclusa): €899,24; Confezione 100 mg/ml - soluzione iniettabile - flaconcino 1,0 ml Prezzo ex factory (IVA inclusa): €904,82; Prezzo al pubblico (IVA inclusa): €1493,33; Sconto obbligatorio alle strutture pubbliche sul prezzo Ex Factory come da condizioni negoziali. Classe di Rimborsabilità: A-PT/PHT. Regime di fornitura: RRL (centri ospedalieri o di specialisti- pediatra, neonatologo, cardiologo, pneumologo, infettivologo, cardiochirurgo, allergologo). Informazioni più dettagliate su questo medicinale sono disponibili sul sito web dell’Agenzia europea dei medicinali: http://www.ema.europa.eu Data di deposito presso AIFA 05/08/2015 Aiutiamo i bambini a restare A CASA 100 mg/ml soluzione iniettabile