LE COMPONENTI DELL`OSSERVAZIONE

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LE COMPONENTI DELL'OSSERVAZIONE
Il comportamentismo
L'epistemologia genetica.
L'approccio psicoanalitico
Gli attori
L'osservatore
I soggetti
LE COMPONENTI DELL'OSSERVAZIONE
In questo capitolo si vuole evidenziare come il contesto dell'osservazione, il ruolo
dell'osservatore e dell'osservato e il risultato dell'osservazione possono variare a seconda
del modello teorico di riferimento. Abbiamo visto nel capitolo precedente, come in un
processo osservativo possano essere diversi la situazione (naturale, atrificiale), le
procedure di osservazione (diretta, indiretta), l'osservatore (neutrale, partecipe), i
soggetti osservati (spontanei, guidati, indotti); e come la scelta delle diverse modalità
venga suggerita dai modelli teorici di riferimento.Questi possono essere ampi oppure
ristretti ad uno specifico aspetto di un problema. Alcuni modelli identificano
l'adeguatezza dei risultati con l'utilizzo esclusivo dell'ambiente asettico ed impersonale
del laboratorio, altri intendono la validità dei risultati come un portato naturale dei
metodi che richiedono la partecipazione più o meno attiva da parte dell'osservatore al
comportamento che si vuole analizzare soprattutto in un ambiente per quanto possibile
naturale.
Oltre al modello etologico già discusso, prenderemo in considerazione il
comportamentismo,
la
psicoanalisi
e
l'epistemologia
genetica.
IL COMPORTAMENTISMO
Il metodo privilegiato di osservazione della teoria behaviourista è la pura
sperimentazione di laboratorio (situazione artificiale), nelle condizioni più impersonali e
distaccate possibili, perfettamente in linea con il paradigma S-R Skinneriamo.
L'osservatore è dunque puramente registrante ed il soggetto di osservazione indotto a
dare una risposta non tanto dall'osservatore quanto dallo stimolo da quest'ultimo
somministrato. Le modalità di raccolta dei dati sono indirette. Un semplice tipico
metodo di questa corrente è quello basato sull'uso contrapposto di due gruppi di soggetti
per quanto possibili simili ad uno dei quali (gruppo sperimentale) viene somministrato,
dopo un certo periodo di training in un particolare compito di cui si vuole valutare la
validità operativa, un dato stimolo a cui seguirà logicamente una risposta (post-test).
All'altro gruppo (gruppo di controllo) invece viene somministrato lo stesso stimolo pur
non essendo stato in precedenza sottoposto volutamente al periodo di training. C'è da
aggiungere che, antecedentemente al periodo di training a cui sono stati sottoposti i
soggetti del primo gruppo, entrambi i gruppi hanno di solito affrontato una fase di pretest in modo da poter valutare la similarità delle caratteristiche possedute da tutti i
soggetti (procedura controllata formale).La differenza riscontrabile nelle risposte date
dai soggetti appartenenti ai due gruppi fornirà di conseguenza un'indicazione precisa
sulla bontà del training ricevuto dai soggetti del primo gruppo.
L'EPISTEMOLOGIA GENETICA
Si basa prevalentemente sulla teoria piagetiana e in particolare sul metodo dell'intervista
con i bambini ideato da Jean Piaget (1896-1980). Piaget, pur non usando l'osservazione
diretta come avveniva per Darwin e altri, si interessò all'evoluzione del pensiero. Con
Piaget possiamo ritenere che si passi ad un'osservazione di tipo indiretto dello sviluppo
infantile che sarà prevalente in buona parte delle ricerche sullo sviluppo. Al pari
dell'intuizione di M.Klein (1952) sull'importanza del gioco come rivelatore di particolari
comportamenti nei primi anni di vita del bambino, Piaget ha abbandonato ben presto la
metodologia dell'intervista per far uso sia di una quasi sperimentazione (cioè l'utilizzo di
scatoline, funicelle ed altri oggetti più appropriati a far luce sulle modalità sensomotorie
di conoscenza del bambino fino ai due anni di età), sia del metodo critico che indaga il
pensiero logico infantile attraverso l'uso e l'organizzazione spaziale di oggetti da parte
del bambino osservato.
Il metodo clinico e critico di Piaget usato fin dal 1920 per studiare il pensiero infantile, è
stato da lui inventato ispirandosi sia al metodo clinico usato in psichiatria, sia al metodo
sperimentale, sia alla semplice osservazione o all'osservazione quasi sperimentale. Nelle
sue prime ricerche compiute negli anni 1921-1932, lo scopo di Piaget è stato quello di
comprendere il meccanismo psicologico del pensiero logico infantile, del ragionamento
causale, nonchè di analizzare i criteri usati a varie età per valutare come buone o cattive
varie azioni e l'elaborazione progressiva di nozioni concernenti la giustizia, le regole e la
responsabilità. A tal fine lo studioso ha messo a punto un metodo di colloquio libero per
esplorare quali siano le credenze e le idee spontanee del bambino in rapporto alle
problematiche che si era proposto di esaminare. Questo tipo di colloquio, chiamato
clinico da Piaget partiva da un problema determinato posto al bambino. La traccia del
colloquio non era prestabilita ma si basava sulle prime risposte fornite dal bambino per
orientarsi in seguito verso l'approfondimento di questo o quell'altro aspetto della risposta
data. Ma il linguaggio non è adatto a rivelare le strutture del pensiero logico infantile
poichè non si può col solo linguaggio comprendere le strutture di totalità peculiari alle
strutture logiche senza cercarne le origini nelle operazioni concrete. Per questo Piaget
introdusse una modificazione nella pratica del metodo clinico, passando da un metodo
completamente verbale ad un metodo metà verbale e metà concreto, cioè manipolatorio.
Questo metodo misto consiste comunque nel conversare liberamente con il soggetto,
anzichè limitarsi a domande fisse, standardizzate come nei test, ma si sforza di introdurre
domande e discussioni solo dopo o nel corso di manipolazioni di oggetti (perline,
portauova, pupazzi, palline, e così via) atti a provocare determinate azioni da parte del
soggetto.
Il bambino così anzichè riflettere in astratto, agisce prima e non parla che delle proprie
azioni; si evitano così equivoci e incomprensioni da parte del bambino riguardo a
richieste verbali dell'adulto.
Questo nuovo metodo è definito critico perchè chiede sempre al bambino di giustificare
le sue azioni ed interpretazioni, ma in un contesto più definito e destinato a rivelare un
comportamento logico preciso. Inoltre è critico perchè non ci si contenta di registrare
puramente e semplicemente la risposta del bambino, ma si contesta la risposta data , si
propongono punti di vista differenti e si mettono in questione le affermazioni del
soggetto osservato. Così facendo si cerca di saggiare la solidità delle sue convinzioni e si
tenta di cogliere la sua attvità logica profonda.
La straordinaria fecondità della ricerca e della teorizzazione di Piaget che va dal 1930 al
1965 è segnata dall'affinamento del metodo di studio e dal fatto che le ricerche sono state
effettuate nel contesto di un modello logico sempre più elaborato. Da questo periodo in
poi il metodo Piagetiano acquista due direzioni: da un lato sarà metodo di scoperta,
dall'altro sarà strumento di diagnosi per l'esame dello sviluppo operatorio. Questo
metodo ha bisogno di intervistatori esperti nella tecnica dialogica, e altrettanto esperti
nell'osservaizone diretta perchè si deve conoscere come il bambino si muove nel
rapporto con i coetanei e come spontaneamente organizza le sue esperienze nel mondo
circostante.(Merete Amann Gainotti 1995)
L'intervistatore non deve correre il rischio di provocare le risposte infantili e deve saper
comprendere quando un bambino dà una risposta purchessia perchè stanco, o quando
inventa una spiegazione di cui non è realmente convinto.
L'intervista piagetiana comunque rientra tra i metodi indiretti di osservazione, avviene
attraverso una procedura informale, contempla un osservatore partecipante e un soggetto
da quest'ultimo guidato. Per limitare gli errori insiti nel metodo critico dell'intervista,
vista l'estrema flessibilità del metodo, Matilde Panier Bagat (1995) suggerisce di far
svolgere l'intervista ad un laureando ben istruito sulla teoria piagetiana e
sull'osservazione, ma insieme a due altri laureandi e al docente i quali hanno il compito
di assistere all'intervista per riscontrare e rilevare eventuali errori dell'intervistatore. I tre
osservatori devono far credere di essere intenti in altre occupazioni e di non interessarsi
assolutamente dell'intervista che si va svolgendo. In seguito si fanno notare gli errori
all'intervistatore che viene aiutato dai colleghi e dal docente a correggerli; questo
training viene ripetuto fino a quando non si registrano più errori nel protocollo. Solo
dopo, il laureando può cominciare lo studio quasi sperimentale vero e proprio con il
metodo
dell'intervista
critica
piagetiana.
L'APPROCCIO PSICOANALITICO
In questo paragrafo non si intende riportare il pensiero dell'intera teoria psicoanalitica,
ma semplicemente cogliere al suo interno alcune peculiarità che sono alla base
dell'osservazione diretta.
L'osservazione usata nella psicoanalisi classica nel metodo delle associazioni libere e nel
transfert è di tipo diretto e non partecipante. Nel primo caso si richiede che il paziente
riferisca verbalmente il suo corrente flusso di pensiero. Il paziente si rilassa di solito su
un divano, in una stanza tranquilla. L'analista si siede vicino al paziente, ma fuori dalla
sua vista; quindi lo istruisce a riferire ogni pensiero per quanto banale possa sembrare,
senza omettere o censurare alcunché. Infatti secondo la teoria pscoanalitica, pensieri e
sentimenti sono organizzati intorno a forti pulsioni o conflitti, e poichè ogni evento
psicologico ha un significato, ogni frase detta dal paziente può indicare un problema
inconscio. Se ad esempio, il paziente parla del proprio padre defunto, e poi
improvvisamente cambia argomento e parla di un viaggio che sta pensando di fare, si
può inferire che egli abbia dei problemi relativi alla morte del padre. E così, anche la
distorsione di un ricordo fornisce al terapeuta delle indicazioni sulla sua
personalità.(Miller P. 1987) Il terapeuta deve elicitare pensieri rimossi ed inferire
correttamente le connessioni fra frasi durante le sessioni di associazioni libere. Si
comprende così che, per far questo, il terapeuta non deve intervenire nel flusso verbale
del paziente, ma lasciarlo parlare analizzando secondo la teoria pscoanalitica il
significato delle associazioni libere. Ciò non evita comunque che si sviluppi un tipo
particolare di relazione tra paziente e analista che sfocia nel transfert. Il paziente cioè
può vedere nell'analista una reincarnazione di una persona importante della sua infanzia,
del suo passato e trasferisce perciò su di lui sentimenti e reazioni che certamente erano
destinati a quel modello. A seconda dei sentimenti nutriti verso il modello, il paziente
avrà sentimenti positivi o negativi o entrambi. Il paziente si sforza di piacere all'analista,
come farebbe con un genitore, ma talvolta gli si rivolge con rabbia . Il paziente agisce
queste interazioni dell'infanzia invece che darne un resoconto verbale che potrebbe
essere poco accurato. Sta all'analista dedurre anche da queste particolari situazioni dati
utili per l'esame del paziente cercando di risolverne i sintomi nevrotici attraverso la
catarsi (uscire dal proprio sistema). Anche in questo caso l'osservatore deve rimanere il
più oggettivo e obiettivo possibile senza intervenire nelle reazioni del paziente. Ma come
si può intuire facilmente è estremamente difficile rimanere neutrali, indifferenti quando
una persona trasferisce sull'analista sentimenti forti come rancore rabbia o amore nutriti
verso una persona del passato! Anzi bisogna stare attenti a che l'analista non sviluppi un
transfert verso il paziente a sua volta (contro transfert). Comunque l'analista nella
situazione ideale (nessun transfert dell'analista) ascolta le comunicazioni del paziente
ponendosi in una condizione di attenzione liberamente fluttuante per comprendere ed
interpretare la natura dei sentimenti trasferiti su di lui dal paziente.
Non mancano comunque esempi di osservazione partecipante nel campo della
pscoanalisi. Ad esempio nell'ambito della psicoanalisi infantile la Malher (1975) per
indagare le origini delle psicosi infantili, osservò coppie di madri con i loro bambini sia
tramite l'osservazione partecipante, sia dietro specchi unidirezionali, prevedendo anche
colloqui con i genitori e registrazioni filmate. In questo caso può infatti sembrare
opportuno familiarizzare con la rete parentale per comprendere meglio i rapporti che
intercorrono tra i membri della famiglia, e per comprendere l'evoluzione emotiva, ma ci
si dovrà comunque astenere da qualsiasi consiglio o critica nei confronti di tutti i
componenti della famiglia, assumendo un equilibrio tra neutralità e partecipazione.
Nonostante l'osservatore si debba adeguare alle esigenze domestiche degli osservati egli
deve nello stesso tempo opporsi a qualsiasi tentativo di coinvolgimento
nell'organizzazione familiare. In generale comunque nella psicoanalisi infantile, le
correnti che hanno influenzato la metodica osservativa sono riferibili principalmente ad
Anna Freud e a Esther Bick. Secondo la Freud i dati che si acquisiscono attraverso
l'osservazione possono servire come elementi di confronto ed integrazione con i dati
ricavati dalla ricostruzione che avviene nel setting (contesto) analitico. L'ampliamento
delle possibilità di conoscenza dello sviluppo del bambino attraverso l'osservazione, fa
considerare la situazione analitica tra paziente e analista non più come esclusiva. I primi
dati emersi nella relazione analitica freudiana hanno permesso di rilevare, mediante la
libera associazione, l'interpretazione dei sogni e del transfert, le fasi dello sviluppo
libidico e del complesso di Edipo. Ma l'area che rimane impossibile da indagare con il
metodo della ricostruzione analitica riguarda lo stadio preverbale.
Infatti la psicoanalisi, basando la sua elaborazione attraverso la verbalizzaizone del
paziente, non può portare in analisi dei contenuti legati alla fase preverbale. Anna Freud
(1965) afferma che l'osservazione diretta fornisce all'analista materiale importante che
riguarda il rapporto madre-bambino e l'influsso dei fattori ambientali nel primo anno di
vita.
Un altro fattore che può essere maggiormente indagato con l'osservazione diretta
piuttosto che nella situazione analitica, sono le varie forme di angoscia di separazione
che si evidenziano negli istituti, negli ospedali, e negli asilo nido. La Freud infatti, ha
avuto la possibilità di osservare, durante il secondo conflitto mondiale, i bambini
ospedalizzati di un sobborgo di Londra. L'avvenuta separazione dalla madre e dai
genitori in genere, i traumi bellici, il contatto con personale distaccato, hanno rivelato
alla psicoanalista viennese i profondi effetti sulla psiche infantile delle vicende esterne
traumatiche. la complementarietà dell'osservazione e del metodo analitico può essere
applicata allo studio di settori dello sviluppo quali il grado di maturazione dell'Io e le sue
funzioni, i meccanismi di difesa e le fasi dello sviluppo.
La seconda corrente che negli studi psicoanalitici infantili ha adottato l'osservazione
diretta e quella che fa capo a Esther Bick. L'autrice in un'articolo ormai classico del
1964, teorizza la metodologia dell'osservazione infantile. La Bick riprende e valorizza la
fondam,entale importanza del contesto emotivo nella situazione osservativa. In
psicoanalisi l'importanza dell'osservazione diretta è strettamente collegata alla necessità
di una completa partecipazione emotiva dell'osservatore. Susan Isaacs (1952) indica tre
principi metodologici per collegare la tecnica psicoanalitica con l'osservazione diretta:
1) l'osservazione deve essere focalizzata verso ogni minimo particolare o dettaglio;
2) l'osservazione del comportamento deve essere effettuata nell'ambiente o contesto in
cui si manifesta, comprendendo gli aspetti emotivi e sociali;
3) l'osservazione deve considerare la continuità genetica di un comportamento, ossia
considerarlo parte di una serie di comportamenti in evoluzione. L'osservazione infantile
secondo la Bick (1964), deve far parte integrante della formazione dello psicoterapeuta.
Le motivazioni principali si riferiscono al fatto che l'osservazione:
1) Facilita la comprensione sia dell'esperienza infantile precoce dei bambini, sia del loro
comportamento non verbale e ludico.
2) Consente una migliore comprensione dei resoconti materni sulla storia del proprio
figlio.
3) Consente di comprendere come nasce e si sviluppa la relazione primaria osservando
dalla nascita e nella famiglia lo sviluppo infantile. Il metodo osservativo psicoanalitico
rinuncia all'uso di un ambiente artificiale e standardizzato, preferendo utilizzare come
setting ambienti quotidiani e naturali , come può essere per esempio, il luogo di
abitazione del bambino.
Questo metodo mostra un' attenzione estrema alla possibilità di non precludersi alcunchè
del comportamento del bambino evitando quindi di sottoporre quest'ultimo alla
somministrazione di uno stimolo ben preciso per ottenere una risposta altrettanto precisa,
a differenza della semplificazione arbitraria del mondo infantile operata dal paradigma
S-R. Al contrario dell'osservazione carta-matita, l'osservazione psicoanalitica opera un
divieto nel prendere appunti durante lo svolgimento della seduta. La relazione scritta
deve essere, infatti, svolta successivamente e il suo contenuto viene discusso all'interno
di un piccolo gruppo di colleghi.
L'osservazione della coppia madre bambino si svolge settimanalmente nel loro ambiente
naturale e ogni visita alla famiglia ha la durata di un ora. Il giorno e l'ora devono essere
mantenuti regolarmente per tutta la durate dell'osservaizone. L'osservatore, come nel
setting analitico, deve utilizzare l'attenzione in maniera libera e fluttuante, senza operare
alcun tipo di selezione o di critica del materiale che emerge. Se è necessaria una
opportuna familiarizzazione con la rete parentale, si dovrà assumere un equilibrio tra
neutralità e partecipazione.
L'attenzione di chi osserva infine, deve essere focalizzata non solo al materiale puro di
osservazione ma anche ai propri atteggiamenti consci ed inconsci. Quest'ultima
riflessione mette in risalto una differenza fondamentale che esiste con l'osservazione
etologica. Infatti quest'ultima basa le sue osservazioni solo sulla registrazione di
comportamenti e non sulla contemporanea rilevazione delle emozioni, siano esse consce
o
inconsce,
provate
dall'osservatore.
GLI ATTORI
Esaminate in linea generale alcune teorie di riferimento cui fanno capo i diversi tipi di
ricerca utilizzati, è ora il momento di passare ad analizzare il ruolo dell'osservatore e le
problematiche ad esso legate.
L'osservatore
E' necessario sottolineare subito l'importanza delle qualità minime che deve avere un
buono osservatore: si evidenzia spesso che l'intelligenza è uno dei requisiti utili a capire
il rapporto causa-effetto del fenomeno che viene osservato; un altro è l'intuizione,
parametro che caratterizza la consapevolezza di sè, quindi la comprensione delle
tendenze personali che possono inficiare il giudizio; unita a quest'ultimo è la complessità
che definisce i limiti della comprensione dell'altrui personalità; l'esperienza è un
requisito importante che comprende in se l'età dell'osservatore e le sue precedenti
esperienze sociali. Indagando più a fondo rileviamo anche l'importanza della similarità
tra osservatore ed osservati e l'intelligenza sociale, cioè l'abilità a valutare
compiutamente gli altri al fine di rendere più efficace la predizione del loro
comportamento. L'altra faccia della medaglia di questi due ultimi parametri è però il
necessairo distacco che rende l'osservatore poco influenzabile dall'esterno.
Purtroppo anche se tutte queste qualità possono rendere adeguato il giudizio
dell'osservatore, questo giudizio in certi casi può alterarsi con il passare del tempo. In
particolare il fattore tempo di osservazione influenza considerevolmente il giudizio
dell'osservatore; è chiaro che prolungandosi il tempo dell'osservazione, aumentano i
rischi derivanti dal progressivo affaticamento, dall'alterazione della concentrazione, della
memoria e della motivazione. Altro fattore è la reattività dello stesso osservatore quando
è consapevole di essere osservato a sua volta. Ad esempio, quando questi sa di non
essere osservato da un superiore la sua produttività tende a ridursi. E' auspicabile per
l'osservatore un training di addestramento all'osservazione. Per la problematica legata
alla sua reattività e per una maggiore obiettività, si rende necessaria la presenza di più
osservatori (di solito 2). Esiste quindi la possibilità che il giudizio di due osservatori
possa essere dissimile. Un fattore che può influire sulla correttezza dell'osservazione è
dato dal fatto che c'è una tendenza intrinseca all'osservatore a veder confermata
nell'osservazione le proprie aspettative spingendosi ad osservare ciò che vuole
effettivamente osservare pilotando la ricerca in una direzione desiderata e forzando i dati
a sua disposizione mediante commenti tesi ad evidenziare i risultati che si era prefisso di
trovare all'inizio della ricerca. Ora , la differenza valutativa fra osservatori indipendenti
viene valutata dalla presenza-assenza di accordi e disaccordi e la sua esplicitazione è
utile a differenziare gli errori casuali da quelli sistematici. Mentre i primi possono
ridurre le differenze intrinseche in ciò che vedono diversi osservatori, poichè essendo
incrollabili non dipendono da loro, i secondo invece riflettono la soggettività del singolo
osservatore, sia a livello di dinamiche intrapersonali che di incomprensione del compito
di codificazione (Bellacicco).
La possibilità di errore rimane poichè è possibile che sbaglino contemporaneamente
entrambi gli osservatori. Per ridurre al minimo ogni fonte di errore è necessario
semplificare le procedure dell'osservazione. E' auspicabile che il numero dei soggetti da
osservare non sia troppo elevato per l'osservatore, il quale deve tenere ben presenti le
finalità dell'osservazione e deve prendere in considerazione attentamente le variazioni di
comportamenti osservati; infine deve dedicare una estrema attenzione alla codifica dei
dati, sia riguardo al numero delle categorie utilizzate che all'uso delle definizioni che
accompagnano questa codifica. Ultimo e non meno interessante aspetto legato alla figura
dell'osservatore è il fatto che la capacità di osservare con sempre maggiore esattezza il
fenomeno in esame aumenta con la familiarizzazione al compito assegnatogli. Se
all'inizio l'osservatore appare insicuro, titubante ed impacciato, non conoscendo tutte le
implicazioni dell'osservazione, con il trascorrere del tempo esso tenderà a migliorare la
sua abilità. Le prime codificazioni saranno quindi più imprecise ed approssimative
mentre le ultime saranno più ricche di dettagli. La reattività dei soggetti osservati inoltre,
può essere influenzata notevolmente dall'atteggiamento del soggetto osservante che, a
sua volta può dimostrarsi un altro elemento di disturbo sui risultati dell'indagine.
L'osservazione sperimentale, invece, tipica delle teorie comportamentiste, lavorando
nell'ambiente strutturato del laboratorio ed adottando il famoso paradigma S-R, sceglierà
di osservare gruppi di soggetti omogenei, per esempio per l'età, per il sesso o per
l'ambiente sociale, dando più stimoli che possono provocare comportamenti diversi.
Come si evince da ciò è perciò usuale per i teorici behavioristi adottare un disegno
trasversale contrapponendo prevalentemente gruppi selezionati di soggetti.
La selezione dei soggetti è soprattutto un'esigenza riscontrabile nell'osservazione
sperimentale tipica del comportamentismo, per la quale non si possono mettere a
confronto due gruppi di soggetti dalle caratteristiche differenti. Per evitare inconvenienti
che possano inquinare i rusultati si deve fare in modo di omogenizzare i due o più gruppi
da esaminare nel corso dell'osservazione, rendendoli equivalenti sotto ogni punto di vista
per minimizzare così gli errori casuali. I sistemi più usati per eliminare gli errori sono la
casualizzazione e l'appaiamento.
Altro fattore di cui bisogna tener conto esaminando dei soggetti sia in condizioni
rigidamente controllate (sperimentazione), sia in quelle opposte (osservazione
psicoanalitica e naturalistica) riguarda la reattività dei soggetti. La presenza di un
osservatore può influenzare più o meno profondamente il loro comportamento. Infatti, la
presenza di due o più persone crea una relazione e quest'ultima a sua volta determina il
clima interattivo nel gruppo; a sua volta l'aggiunta di altre persone a questa precedente
ralazione modifica il comportamento del gruppo preso nel suo insieme oppure solo
quello di alcuni suoi componenti. Inoltre, tale presenza può dar luogo o a manifestazioni
di rifiuto, timidizza, spavento, o al contrario, ad eccessiva familiarità ed
accondiscendenza, specie se il/i soggetto/i comprendono gli obiettivi dell'osservatore.
Naturalmente la reattività dei soggetti osservati varia in funzione delle loro
caratteristiche individuali (ad esempio i bambini piccoli sono di solito meno reattivi
degli adolescenti o degli adulti), e in funzione delle spiegazioni fornite dall'osservatore
circa la sua presenza in un particolare contesto (scuola, casa, ospedale, ecc.). In generale,
quanto più le spiegazioni sono chiare e precise tanto meno i soggetti risultano reattivi;
tuttavia è anche utile in alcuni casi nascondere ai soggetti (soprattutto se adulti) il reale
obiettivo dell'osservazione, ad esempio, in una ricerca sull'interazione madre-bambino si
può comunicare alla madre che si è interessati al comportamento del bambino mentre in
realtà si registra anche il comportamento materno. In alcuni casi è utile prevedere
l'utilizzo come osservatori di persone già presenti in quel particolare contesto (ad
esempio insegnanti, medici) addestrandole adeguatamente (Camaioni 1990).
Una lunghezza eccessiva dell'osservazione specialmente nelle ricerche di tipo
longitudinale può implicare il rischio di cambiamento dei soggetti per cause ambientali,
sociali, fisiche. In tal caso è necessario che il gruppo preso in esame sia piuttosto ampio
per ridurre al minimo il rischio di impossibilità di generalizzare i risultati. Inoltre, se si
ha il sospetto che la storia e la maturazione abbiano influenzato i risultati bisogna
utilizzare un gruppo di controllo che venga sottoposto solo alle verifiche pre-test e posttest, senza adottare procedure adatte al raggiungimento di un dato risultato. Se anche il
gruppo di controllo evidenzia un cambiamento piuttosto accentuato come il gruppo
sperimentale possiamo attribuire quest'ultimo proprio all'influenza delle variabili
ambientali e non a quelle sperimentali messe in atto dallo sperimentatore.
Come abbiamo accennato e per concludere, l'osservatore assume un ruolo diverso a
seconda della teoria di riferimento a cui fa capo: se nella metodologia comportamentista
gli viene delegato il compito di registrare il più oggettivamente possibile la risposta di
gruppi di soggetti ad uno stimolo più o meno complesso somministrato in laboratorio,
cioè senza alcuna partecipazione alla relazione con l'osservato; nella psicoanalisi invece
l'osservatore deve conservare un'attenzione fluttuante per osservare in tutti i suoi risvolti
la relazione che si instaura ad esempio tra la madre ed il bambino, differenziandosi
quindi dall'osservatore comportamentista per una maggiore partecipazione al fenomeno
che sta osservando ed ai personaggi che stanno agendo davanti ai suoi occhi. Una cosa
analoga succede nel contesto dell'osservazione in epistemologia genetica, dove il focus
dell'indagine si sposta questa volta sul bambino che si sviluppa cognitivamente e
l'osservatore assume anche il ruolo propositivo di colui che fornisce gli strumenti
necessari (macchinine, ecc) affinchè il bambino manifesti le sue conquiste cognitive.
Nell'etologia invece la neutralità diventa lo strumento principe nelle mani
dell'osservatore per esplicitare la funzionalità di un dato comportamento espresso da un
soggetto nel contesto evoluzionistico e quindi adottivo della specie umana.
I soggetti
La scelta dei soggetti avviene in perfetto accordo con la teoria di riferimento; ad esempio
in uno studio basato sulla teoria piagetiana che sonda i cambiamenti cognitivi che
avvengono nel bambino con il trascorrere dell'età, si opterà per un'osservazione di tipo
trasversale, di diversi gruppi di bambini uguali per quanto riguarda le variabili
strettamente collegate all'aspetto cognitivo che si vuole studiare, ma di età diverse.
Uno studio psicoanalitico si curerà particolarmente del rapporto osservatore-soggetto; in
una ricerca etologica l'osservazione sarà orientata sui soggetti nel loro ambiente naturale,
in modo da rilevare, per quanto è possibile fin dai primi anni di vita, il valore adattivo di
dati comportamenti in un dato contesto ambientale.
IL PRODOTTO DELL'OSSERVAZIONE
L'obiettivo naturale di tutto il processo di osservazione è la raccolta dei dati. Per far ciò è
però necessario determinare in anticipo quale deve essere la categorizzazione
dell'osservazione, le modalità di raccolta dei dati, i sistemi di codifica dei dati.
Bisogna dire che, anche se nell'esecuzione di una ricerca osservativa le procedure di
codifica si applicano dopo le procedure di comportamento e registrazione dei dati, dal
punto di vista concettuale la scelta di un sistema di codifica è il primo compito che il
ricercatore deve affrontare. Le categorie o dimensioni individuate come criteriali per
l'analisi del comportamento osservato rappresentano infatti le lenti attraverso cui il
ricercatore vede il mondo. Comunque sia il ricercatore comincerà col porsi una o alcune
domande sufficientemente specificate e articolate in relazione a ciò che si vuole
indagare.
Un rischio potenzialmente presente nelle ricerche osservative è infatti quello di registrare
molto o troppo del comportamento osservato, con la conseguenza di ottenere archivi di
dati ampi e farroginosi, difficilmente analizzabili in forma dettagliata e completa.
Una volta formulate le domande a cui si desidera fornire una risposta, il ricercatore deve
scegliere tra diversi livelli di analisi.
Una prima scelta riguarda l'ampiezza delle categorie, cui ci si riferisce di norma con la
dimensione molecolare molare.
Per comportamento molare si intende un comportamento indicativo dello sviluppo o del
grado di maturità del soggetto. Esempio di attività molari sono leggere un libro,
intraprendere un viaggio, attività cioè che si protraggono nel tempo e che sono
caratterizzate da una struttura finalistica (Camaioni 1990).
Per comportamento molecolare s'intende invece, un comportamento caratterizzato da
immediatezza e quindi privo di riflessività; pochi secondi bastano perchè la sequenza si
apra e si chiuda. Sono comportamenti molecolari un sorriso, un colpo di tosse, bere un
bicchiere d'acqua. Si possono quindi individuare categorie ristrette e specifiche
(molecolari) o piuttosto ampie e globali (molari). La scelta tra categorie molecolari e
molari va fatta ovviamente in funzione del quesito teorico da cui prende le mosse la
ricerca.
Le categorie basate su caratteri fisici corrispondono più frequentemente a categorie
molecolari o microcategorie, mentre le categorie che descrivono contenuti psicologici o
stati mentali tendono ad avere un'ampiezza molare piuttosto che molecolare. Diversi
livelli di analisi e quindi differenti sistemi di codifica possono essere utilizzati all'interno
della stessa ricerca opportunamente integrati e coordinati tra loro. Ad esempio , è
possibile analizzare gli stati emotivi chiedendo ad osservatori addestrati di descrivere
diverse emozioni e al tempo stesso chiedendo loro di annotare i movimentii facciali che
caratterizzano ciascuno stato emotivo (Camaioni 1990). Il primo sistema di codifica si
situa a livello molare e comporta una descrizione di tipo psicologico; il secondo sistema
ha un carattere estremamente molecolare e fisico. Un'ultima scelta riguarda le
caratteristiche di esaustività ed esclusività del sistema di codifica. Il sistema si
considera esaustivo quando le categorie di cui è composto esauriscono le possibili
manifestazioni del comportamento preso in esame, e non esastivo quando considera
soltanto alcune manifestazioni di una o più dimensioni comportamentali.
Per quanto riguarda l'esclusività essa richiede che le categorie del sistema non presentino
sovrapposizioni o intersezioni, di modo che sia possibile codificare ciascun
comportamento sulla base di una sola categoria. Un sistema che soddisfi i requisiti di
esaustività ed esclusività richiederà una previa analisi concettuale del proprio oggetto di
studio; si eviterà di non trovare nessuno dei comportamenti previsti, e si eviterà di
codificare lo stesso comportamento in due o più categorie diverse del sistema.
Tuttavia, se si considera che un comportamento può essere codificato diversamente
poichè il suo significato può variare a seconda degli altri comportamenti che lo
precedono o che lo seguono, è opportuno tener presente, nella costruzione di un sistema
di codifica che si può rendere un sistema esaustivo qualora questi non lo fosse già,
aggiungendo tante nuove categorie quanti sono i casi di concorrenza di categorie diverse
che sono state riscontrate.
Contemporanemente allo schema di codifica con la scelta delle categorie
comportamentali da tenere in considerazione prima di effettuare la ricerca si dovranno
decidere le modalità di raccolta dei dati e gli intervalli di tempo dentro ai quali segnalare
i comportamenti
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