10. La rappresentazione della superficie terrestre

Capitolo 3. IL
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10. La rappresentazione
della superficie terrestre
La cartografia
Fin dai tempi remoti l’uomo ha sentito la necessità di rappresentare su una
superficie ridotta l’ambiente circostante. I documenti più antichi a noi pervenuti provengono dai Babilonesi e dagli Egizi (III millennio a.C.) e hanno come oggetto piani di città e mappe di appezzamenti agricoli.
Furono tuttavia i filosofi greci che cominciarono a inquadrare in termini
matematici e geometrici, sia pure su base elementare, il problema della rappresentazione della superficie terrestre: ad Anassimandro di Mileto (VI sec.
a.C.) è attribuita la prima mappa del mondo allora conosciuto; la Terra era ancora concepita come piatta e da un disegno in cui essa appare di forma oblunga derivarono i termini di latitudine e longitudine.
Ben presto, i pensatori greci arrivarono a postulare la sfericità della Terra ed
Eratostene (II sec. d.C.) giunse a calcolare le dimensioni del pianeta e introdusse un reticolato arbitrario, tracciando i meridiani e i paralleli passanti per
alcuni punti principali.
Il merito di avere posto su solide basi scientifiche la rappresentazione astratta
del globo terrestre spetta tuttavia all’astronomo e geografo Claudio Tolomeo (II
sec. d.C.), il cui nome, come sappiamo, è legato al modello eliocentrico dell’Universo. Oltre che importante astronomo, Tolomeo fu anche un grande geografo, considerato il fondatore della geografia matematica e della cartografia:
di lui ci sono giunte varie carte geografiche del mondo allora conosciuto (fig.
1), ritenute valide ancora al tempo di Colombo.
La cartografia è una vera e propria scienza, che fornisce le nozioni e le tecniche necessarie per ottenere una rappresentazione ridotta dell’intera superficie terrestre o di sue singole parti.
L’unico modello che consente di rappresentare la sfera terrestre in modo fedele è
il globo, denominato impropriamente anche “mappamondo” (fig. 2): tuttavia è evidente la scarsa praticità di questo oggetto rispetto a una “carta”.
Si pone allora un problema: come si può rappresentare su un piano una superficie che è sferica? Come vedremo, per affrontare questo problema si deve ricorrere a criteri rigorosamente matematici stabiliti dalla geometria proiettiva.
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Fig. 1.
Illustrazione tratta da un’edizione del Liber Geographiae di
Claudio Tolomeo realizzata a Venezia nel 1511.
Fig. 2.
Globo realizzato a Venezia alla fine del Seicento.
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Le carte geografiche: generalità
Una carta geografica è una rappresentazione su un piano di una parte o di
tutta la superficie terrestre che ha le seguenti caratteristiche:
- è approssimata;
- è ridotta;
- è simbolica.
Fig. 3.
Lo schema evidenzia l’impossibilità
di trasferire su un piano una superficie
sferica come quella della Terra
senza praticare dei tagli
e quindi senza causare deformazioni.
l’approssimazione delle Carte geografiChe
Immaginate di prendere la buccia intera di mezza arancia, simile a una semisfera, e cercate di distenderla sul piano di un tavolo premendola dall’alto: inevitabilmente si aprirà in alcuni punti e formerà delle pieghe in altri, in una parola si deformerà.
Allo stesso modo, se cercate di avvolgere una palla con un foglio di carta,
questo si ripiegherà in più punti su se stesso.
Di fatto è impossibile trasferire una superficie curva, che è tridimensionale,
su un piano, che è bidimensionale, senza deformarla (fig. 3). Per questo si dice
che una carta geografica è approssimata.
3
Da qui la necessità di ricorrere alle proiezioni geografiche, cioè alla costruzione
“in piano” del reticolato geografico per mezzo di leggi geometriche e matematiche
che permettano di limitare le inevitabili deformazioni e nello stesso tempo di poterle calcolare. Una proiezione può avere tre caratteristiche di base. Può essere
equidistante, equivalente o isogona; in corrispondenza si ottengono:
• carte equidistanti, in cui si mantiene invariato, almeno in alcune parti, il rapporto tra le distanze rappresentate e quelle effettive; ne sono esempi le carte
turistiche e quelle utilizzate per la rappresentazione di itinerari;
• carte equivalenti, in cui si mantiene invariato il rapporto tra le aree rappresentate e quelle effettive; ne sono esempi le carte politiche ed economiche;
• carte isogone (o conformi) in cui si mantengono inalterati gli angoli tra i paralleli e i meridiani, per cui le superfici rappresentate conservano la loro forma reale (sono cioè “conformi”); sono utilizzate soprattutto per la navigazione, poiché riproducono fedelmente, rispetto alle coordinate geografiche, il
profilo dei continenti, la forma delle isole e gli angoli di rotta.
Nessuna carta può possedere contemporaneamente le tre caratteristiche prima
specificate (ciò si verifica unicamente per i globi): solo una caratteristica può essere rispettata a scapito delle altre due; per questo, nella realizzazione di una carta,
si sceglie la caratteristica più adatta all’uso cui essa è destinata.
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Le proiezioni geografiche
Le proiezioni possono essere divise in due categorie principali: pure, basate esclusivamente sui principi geometrici e
convenzionali, basate su procedure non geometriche.
Le proiezioni pure sono distinte in:
■ proiezioni prospettiche, che si ottengono immaginando di
proiettare i punti della superficie terrestre su un piano tangente (a uno dei Poli, all’Equatore o a un altro punto), partendo da un certo “punto di vista”, detto centro di proiezione; ne sono esempi le proiezioni centrografiche, stereografiche e ortografiche (fig. 4);
■ proiezioni di sviluppo, che si ottengono immaginando di
proiettare i punti della superficie terrestre su una superfi-
cie curva, quella di un cilindro (fig. 5) o di un cono, che
poi viene sviluppata in un piano.
Esistono proiezioni di sviluppo modificate, nelle quali
sono introdotte opportune correzioni; tra queste rientra
una delle proiezioni geografiche più comuni, quella
conforme di mercatore, una proiezione cilindrica modificata in cui i paralleli, procedendo verso i Poli, anziché infittirsi, come nella proiezione cilindrica vera, sono sempre più distanziati (fig. 6); questo tipo di carta
comporta notevoli deformazioni delle regioni polari,
che risultano molto ingrandite, ma ha il vantaggio di
essere isogona e quindi adatta per la navigazione marittima.
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Fig. 4.
Esempi di proiezioni prospettiche
pure. La proiezione avviene su
una superficie tangente in un
punto alla superficie terrestre.
Le differenze tra una proiezione
e l’altra dipendono dalla posizione
del centro di proiezione (“punto
di vista”). La più usata è
l’ortografica polare, utile per
rappresentare le calotte polari.
Fig. 5.
La proiezione cilindrica vera si può
ottenere sviluppando sul piano la
superficie laterale di un cilindro tangente
il globo terrestre. In essa i meridiani sono
rappresentati da rette parallele
equidistanti fra loro e ortogonali
all’Equatore, mentre i paralleli sono un
insieme di rette che si vanno avvicinando
sempre più a mano a mano che ci si
sposta in direzione dei Poli. Questa
proiezione è equivalente in
corrispondenza dell’Equatore, risultando
però fortemente schiacciata ai Poli.
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Fig. 6.
La proiezione conforme di Mercatore.
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Le proiezioni convenzionali sono costruite in base a regole matematiche (non geometriche) che consentono di soddisfare certe esigenze di rappresentazione.
La più nota è la proiezione trasversa di mercatore (derivata
da quella cilindrica modificata), nota anche come proiezione
conforme di Gauss, che è alla base del sistema UTM (Universal Transverse Mercator) utilizzato a livello internazionale e
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adottato per la costruzione della Carta Topografica d’Italia.
Va anche segnalata la carta del mondo elaborata dal cartografo tedesco contemporaneo Arno Peters, nota come carta
di peters, basata su una proiezione che permette di rappresentare in modo reale le superfici dei continenti (fig. 7).
Il suo difetto principale consiste nella deformazione verticale delle regioni situate in prossimità dell’Equatore.
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Fig. 7.
Rappresentazione ottenuta con la proiezione
di Peters. I contorni dei continenti appaiono
allungati, ma le loro aree risultano nella
proporzione reale.
la sCala di riduzione
Una carta geografica è, come detto, una rappresentazione ridotta della realtà; l’entità della riduzione apportata rispetto alle dimensioni reali è detta
scala di riduzione o semplicemente scala.
La scala esprime il rapporto tra la distanza di due punti sulla carta e la distanza tra gli stessi punti misurata sulla superficie terrestre; può essere numerica o grafica (fig. 8).
La scala numerica è data dalla frazione in cui il numeratore è l’unità e il
denominatore è un numero che indica quante volte va moltiplicata una distanza misurata sulla carta per ottenere la corrispondente distanza reale.
Per esempio, una scala 1 : 25 000 (si legge “uno a venticinquemila”) sta a
significare che 1 cm misurato sulla carta corrisponde a 25 000 cm, cioè a 250
m, sul terreno; una scala 1: 100 000 significa che 1 cm sulla carta corrisponde
a 100 000 cm sul terreno cioè a 1 km. Le carte dette “a grande scala” hanno
il denominatore piccolo, le carte “a piccola scala” hanno il denominatore
grande.
Spesso la scala numerica è abbinata a una scala grafica, di più immediata
lettura: essa consiste in una specie di “righello” di riferimento, suddiviso in
segmenti bianchi e neri (di solito lunghi 1 cm), sul quale sono riportati i valori delle distanze reali corrispondenti.
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Fig. 8.
La scala esprime il rapporto
di riduzione delle distanze
rappresentate in carta:
viene riportata sulla carta
in modo numerico o grafico.
la rappresentazione simboliCa
Non si può disegnare sulla carta tutto ciò che esiste in un territorio. Bisogna scegliere che cosa raffigurare sulla base degli obiettivi per i quali la carta
viene redatta e trovare simboli adeguati: convenzionalmente, si usano cerchietti neri per rappresentare le città, linee rosse o gialle per le strade, azzurre per i corsi d’acqua, i laghi e i mari. I simboli utilizzati in una carta geografica sono riportati sulla carta in un riquadro apposito, la legenda, una guida per utilizzare tutte le informazioni in essa contenute.
Per rappresentare le forme del rilievo si utilizzano differenti tecniche, tra
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Fig. 9.
Rappresentazione del rilievo di un’isola,
di cui in alto è tracciato il profilo
altimetrico. L’isola è tagliata da piani
paralleli equidistanti 100 m, che
individuano sei curve di livello
o isoipse, rappresentate nella figura
in basso.
cui il ricorso al tratteggio che crea effetti
di ombra e luce, atti a evidenziare l’andamento del terreno, o l’uso di tinte altimetriche differenti o di diversa gradazione
(in genere si usano i toni del marrone per
descrivere le montagne, il giallo per le
colline, il verde per le pianure).
Tuttavia, il metodo più preciso, anche se
di “lettura” non così immediata, consiste
nel tracciare curve di livello o isoipse, linee ideali che congiungono i punti che si
trovano alla stessa altitudine rispetto al
livello medio del mare (fig. 9); la differenza di altitudine tra ogni due isoipse successive è costante ed è chiamata equidistanza (può essere di 25 m, 50 m, 75 m
ecc. secondo la scala della carta).
L’esame delle isoipse consente di capire
la forma e la pendenza dei versanti montuosi: se le curve di livello sono ravvicinate la pendenza è elevata, se viceversa sono molto distanziate fra loro il pendio è dolce o addirittura pianeggiante. Le isoipse permettono di determinare direttamente l’altitudine di un
punto che si trovi sulla curva o di ricavarla in modo approssimato se il punto
è compreso tra due isoipse.
Punti importanti che non si trovano su un’isoipsa, come le cime dei monti,
sono contrassegnati da un numero che ne rappresenta la quota.
La classificazione delle carte geografiche
Una prima distinzione generale delle carte geografiche l’abbiamo vista nel
paragrafo precedente ed è basata sul metodo di costruzione, cioè sul tipo di
proiezione adottato, che consente di ottenere carte equidistanti, equivalenti o
isogone.
Altri criteri di classificazione delle carte geografiche sono principalmente basati sulla scala di riduzione e sul contenuto.
ClassifiCazione in base alla sCala di riduzione
Secondo questo criterio si individuano i seguenti tipi di carte geografiche.
■ piante e mappe. Hanno una scala molto grande, maggiore di 1:10 000 (cioè
con denominatore sempre inferiore a 10 000). Le piante (fig. 10a) rappresentano la planimetria di centri urbani; le mappe servono a rappresentare i terreni e le proprietà rurali.
■ Carte topografiche. Hanno una scala che varia da 1:10 000 a 1:100 000 (fig.
10b); rappresentano in dettaglio porzioni di territorio ridotte e sono ricche di
particolari e di simboli (come abitazioni, tipi di vegetazione, strade, sentieri).
■ Carte corografiche. Hanno una scala che varia da 1:100 000 a 1:1 000 000
(fig. 10c). Raffigurano intere regioni, Stati o continenti e riportano un certo
numero di dettagli, relativi soprattutto all’orografia, all’idrografia e alle vie
di comunicazione. Sono le più usate nella realizzazione di carte stradali per
uso automobilistico.
■ Carte geografiche. Hanno scala inferiore a 1:1 000 000 (fig. 10d). Servono a rappresentare ampie porzioni di superficie terrestre, da interi Stati a
continenti e riportano solo i particolari più rilevanti (rilievi, fiumi, confini
tra gli Stati).
■ mappamondi e planisferi. Hanno scala molto piccola, non superiore a
1: 30 000 000 e rappresentano l’intera superficie terrestre, divisa in 2 emisferi
nel caso dei mappamondi e in un’unica immagine nel caso dei planisferi.
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a
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Fig. 10.
Rappresentazione cartografica della città di Lecco: si parte dalla pianta e si prosegue con scale via via inferiori.
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ClassifiCazione in base al Contenuto
In base al loro contenuto, cioè al tipo di fenomeno rappresentato, le carte possono
essere raggruppate in:
• carte generali, come, per esempio, le carte fisiche, che rappresentano solo determinati aspetti naturali del territorio (quali fiumi, rilievi e coste) e le carte politiche,
che raffigurano aspetti umani (quali confini politici e amministrativi, città, vie di
comunicazione);
• carte speciali, realizzate per una finalità specifica, come, per esempio, le carte
nautiche e aeronautiche usate nella navigazione marittima e aerea e le carte geologiche, che per mezzo di colori e simboli indicano i diversi tipi di rocce e le loro
età, i giacimenti minerari ecc.
• carte tematiche, raffiguranti la distribuzione geografica di particolari aspetti di tipo fisico, biologico, economico o antropico; ne sono esempi le carte pedologiche
relative alla tipologia dei suoli o al loro uso (fig. 11); le carte geomorfologiche, che
rappresentano le forme del terreno; le carte climatiche che mostrano la distribuzione dei climi sulla superficie terrestre; le carte meteorologiche, che documentano le
variazioni del tempo atmosferico; le carte economiche, che illustrano i caratteri dei
fattori economici (industrie, produzioni agricole, commerci ecc); le carte demografiche, che forniscono indicazioni sulla distribuzione della popolazione.
Un cenno meritano i coremi, in cui l’entità di un certo aspetto o fenomeno viene
visualizzata deformando le superfici dei territori considerati, come nell’esempio della figura 12, che rappresenta il Prodotto Interno Lordo mondiale.
11
Fig.11.
Carta tematica che rappresenta l’utilizzo
del suolo in Europa.
12
Fig.12.
Esempio di corema relativo al Prodotto
Interno Lordo (PIL) mondiale: ciascuna
nazione è raffigurata con un riquadro
proporzionale al valore numerico
del relativo PIL (2007).
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Come si crea una carta geografica
Le carte geografiche sono realizzate sulla base della raccolta di numerosi dati
relativi a un territorio. L’operazione si svolge in due fasi distinte: la triangolazione e il rilevamento topografico.
La triangolazione sfrutta una proprietà geometrica dei triangoli: se si conoscono le misure di un lato e dei due angoli adiacenti, si possono calcolare gli altri due lati.
Si fissano sul terreno alcuni punti (per esempio, la punta di un campanile, la
cima di un monte o altro) visibili tra loro a tre a tre e se ne stabiliscono con precisione le coordinate geografiche e l’altitudine (fig. 13a).
13
a
b
Fig. 13.
a. Se si pone al vertice A uno strumento
atto a misurare gli angoli – per esempio
un teodolite – guardando i punti C e D
si possono determinare gli angoli a e b
che tali direzioni formano con la base
AB; si ripete l’operazione nel vertice B
e si trovano gli angoli c e d:
si hanno così tutti gli elementi
per calcolare le distanze AC, AD, BC,
BD e quindi anche CD.
Sarà questa la nuova base
che servirà a calcolare rispettivamente
le distanze CE, CF, DE e DF,
dopo aver stazionato
con lo strumento nei vertici C e D.
b. La rete geodetica fondamentale
d’Italia. Nei cerchi verdi
sono segnate le otto basi geodetiche.
Quindi si misura la distanza tra due di questi punti (separati
al massimo qualche chilometro) e si riporta tale distanza, in
scala, sulla carta: tale segmento costituisce la base geodetica
che permette di costruire un reticolato di maglie triangolari che
formano la rete di triangolazione o rete geodetica che ricopre il
territorio di una certa regione (fig. 13b).
Il rilevamento topografico del terreno serve a stabilire la posizione, l’altitudine e le distanze relative della maggior parte
dei punti contenuti nei triangoli prima tracciati; inoltre si descrivono le caratteristiche del terreno e la posizione dei principali dettagli visibili (fiumi, ponti, strade, edifici, ecc.).
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b
a
Fig. 14.
a. Fotografia aerea della città di Crotone. b. Come
si effettua una ripresa in aerofotogrammetria.
Questa operazione, un tempo effettuata al suolo, oggi viene condotta ricorrendo a tecniche di aerofotogrammetria e di telerilevamento mediante satelliti artificiali.
L’aerofotogrammetria è basata sulla ripresa fotografica effettuata da velivoli (fig. 14a). Durante il volo (a quota fissa e a velocità
costante), a intervalli di tempo uguali sono scattate fotografie orizzontali al terreno. Si ottiene una serie di immagini (“strisciata”) in
parte sovrapponibili (fig. 14b); ogni particolare risulta così ripreso
da due angolazioni diverse: osservando due fotografie “successive”
con uno speciale apparecchio, lo stereoscopio, si produce una visione tridimensionale della zona interessata che, dopo ulteriori trattamenti, consente di ottenere un disegno preliminare della carta.
b
15
a
Fig. 15.
Telerilevamento.
a. Il satellite con i suoi sensori registra su bande
magnetiche le radiazioni riflesse da una data
superficie; vengono prese in considerazione unità
elementari di superficie, dette pixel, corrispondenti,
solitamente, a quadrati di 80 × 80 m, simili ai riquadri
di una scacchiera. b. Le radiazioni riflesse da ogni
unità sono registrate in diverse bande di frequenza e
trasmesse a terra. c. I computer, nei laboratori delle
stazioni terrestri, elaborano i dati ricevuti
e costruiscono artificialmente le immagini.
c
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Il telerilevamento (in inglese remote sensing) utilizza strumenti montati a
bordo di satelliti artificiali nelle ricerche a scopo geografico, geologico e ambientale.
I satelliti ruotano su orbite polari a 800-900 km di altezza e portano a bordo apparecchiature, dette scanner multispettrali, in grado di rilevare le caratteristiche della superficie terrestre attraverso l’analisi delle radiazioni
emesse dagli oggetti al suolo, nelle bande dell’infrarosso, del visibile e
dell’ultravioletto; gli scanner forniscono immagini simili a quelle televisive
e non fotografie; queste “immagini da satellite” sono trasmesse via radio a
stazioni di ricezione a terra, dove i segnali radio vengono elaborati e trasformati in immagini al computer o in immagini fotografiche (fig. 15 alla pagina precedente).
Si possono in tal modo riprodurre con grande dettaglio e analizzare numerosi aspetti della superficie terrestre, relativi per esempio alle strutture geologiche, alle forme di erosione, alla copertura vegetale, allo stato di inquinamento delle acque, solo per citarne alcuni.
L’impiego di satelliti artificiali, come ovvio, ha dato grande impulso all’attività cartografica.
Quest’ultima va oggi vista nella più ampia concezione di Sistema Informativo Geografico (o GIS, Geographic Informative System) in cui i dati sono
classificati e memorizzati in banche dati che raccolgono linee, superfici, nomi e simboli, per cui si parla di cartografia numerica: per la produzione di
una determinata carta si attingono dalla banca dati le informazioni necessarie
in funzione del tipo di carta richiesto e dell’utente.
Il sistema di posizionamento globale
17
Una delle ricadute del telerilevamento nella nostra esistenza individuale è rappresentata dal sistema gps (Global Positioning System), che ci permette in ogni momento
e dovunque ci troviamo di conoscere la nostra esatta posizione, senza bisogno di ricorrere alla ormai “vetusta” bussola o di consultare mappe.
Attraverso l’utilizzo di satelliti, il sistema GPS è infatti in grado di calcolare con estrema precisione le coordinate terrestri, cioè la latitudine e la longitudine; a tal fine si avvale di una “costellazione” di 24 satelliti orbitanti a circa 20 000 km di altezza che inviano segnali radio (fig. 16): questi, raccolti da un ricevitore GPS, permettono di localizzare il punto in cui ci si trova, tramite una
16
opportuna procedura di triangolazione
dei dati di tre diversi satelliti, con un
margine di errore di pochi metri (di
centimetri nel caso di uso militare).
L’utente può inoltre determinare l’ora, con un’approssimazione al milionesimo di secondo,
nonché la propria velocità, con
l’errore di una frazione di km/h e
può tracciare con sicurezza i propri
spostamenti.
Fig. 17.
I ricevitori GPS “cartografici” soModello portatile
no in grado di proiettare il percordi ricevitore GPS.
so su una planimetria, indicando
strade e altri punti di interesse.
I cosiddetti “navigatori satellitari”, installati a bordo di
molte automobili e disponibili in versione portatile (fig. 17),
sono in grado, impostando il punto di partenza e quello di arrivo, di dare “consigli” sulla strada da compiere.
Fig. 16.
I 24 satelliti su cui si basa il sistema GPS.
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La carta topografica
d’Italia
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La stesura della Carta topografica
d’italia, che fa da base alla cartografia
nazionale, spetta all’Istituto Geografico
Militare Italiano (IGMI), che ha sede a
Firenze.
Si tratta di un documento che, nella sua
forma classica, consiste di 277 carte, dette
fogli, in scala 1:100 000. Tali fogli sono
numerati da 1 a 277 (più altri 8 numerati
a parte, per un totale di 285) (Fig. 18).
Ciascun foglio, che copre un’area di
circa 1500 km2, è suddiviso in 4 quadranti, ingranditi alle dimensioni di un
foglio e quindi con la scala 1: 50 000
(l’area coperta è di circa 375 km2); ogni
quadrante è a sua volta suddiviso in quattro parti, dette tavolette, ingrandite come
i quadranti, pertanto in scala di 1: 25 000,
che coprono un’area di circa 96 km2; le
tavolette possono infine essere suddivise
in sezioni, con scala 1: 10 000.
Attualmente è disponibile, già pubblicata dall’IGMI, una parte della nuova
carta topografica d’Italia, in scala 1:
50 000 che, una volta ultimata, sarà costituita da 652 fogli che coprono, ciascuno,
una superficie di circa 600 km2.
L’IGMI pubblica inoltre anche la Carta
stradale d’Italia (in scala 1: 200 000), la
Carta d’Italia, e alcune carte speciali: aeronautiche, geomagnetiche, archeologiche.
L’Istituto Idrografico della Marina (con
sede a Genova) pubblica carte relative ai
tratti costieri italiani; al Servizio Geologico Nazionale è affidato il compito di
elaborare la Carta geologica d’Italia (alla scala 1:100 000); la Direzione Generale del Catasto ha l’incarico di pubblicare
le mappe catastali, dove viene accuratamente evidenziato il frazionamento delle
proprietà.
Tra gli enti non statali che si occupano
di produzione cartografica, va segnalato
in particolare il Touring Club Italiano
(con sede a Milano): tra le sue pubblicazioni figurano carte stradali e automobilistiche e la Carta della utilizzazione del
suolo d’Italia.
Fig. 18.
Quadro di unione dei fogli
(scala 1 : 100 000) della Carta
Topografica d’Italia.
Per la sua stesura si utilizza
il sistema UTM (Universal
Transverse Mercator).
La superficie terrestre
è suddivisa verticalmente
in 60 fusi (numerati a partire
dall’antimeridiano di Greenwich)
e orizzontalmente in 20 fasce,
identificate da una lettera
maiuscola.
L’intersezione dei fusi
con le fasce è rappresentata
da 1200 maglie trapezoidali
dette zone.
L’Italia ricade
quasi interamente nei fusi 32 e 33
e nelle fasce S e T.
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