Intervento agli Stati Generali della città di Milano

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Costruiamo una città più amica
Stralci dell'intervento del cardinale Carlo Maria Martini agli Stati Generali della città
di Milano.
Nuovo Piccolo Teatro Giorgio Strehler, 11
giugno 1998
Una città nasce da diverse contingenze
storiche, economiche, commerciali,
politiche, anche conflittuali. Ma è alla fine
sempre il risultato di un atto di concordia
e di intesa un gruppo di persone che
decide di vivere e lavorare insieme per
scopi e vantaggi comuni.
Ne deduco che il valore fondamentale su
cui si regge una città non è
primariamente la semplice buona volontà
dei cittadini, ma è un valore molto più
sostanziale a cui il mondo classico dà il
nome di "amicizia". Qualcuno si stupirà
per questa denominazione. Ma già
Platone stabiliva un'equivalenza tra
l'amicizia e la concordia (homònoia) che
fa prosperare la città. E Aristotele osa
affermare che "il punto più alto della
giustizia sembra appartenere alla natura
dell'amicizia" (Etica a Nicomaco, VIII,
1.1155a) descrive l'amicizia come quel
bene senza del quale "nessuno
sceglierebbe di vivere, anche se
possedesse tutti gli altri beni" (ib. VIII,
1155a 1-6) e dà a questo bene un
significato politico, affermando che tutte
le comunità sono manifestamente parti di
quella politica e le specie particolari di
amicizia corrispondono alle specie
particolari di comunita" (ib. 1160a 27ss).
Ora l'amicizia si esprime anzitutto verso
la città stessa nel suo insieme, nel suo
considerarla un po' come una persona
vivente. Così si esprimeva il santo
sindaco di Firenze Giorgio La Pira in un
discorso tenuto a Ginevra nel 1954: "Le
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città... hanno un loro volto, hanno per
così dire una loro anima e un loro
destino: non sono cumuli occasionali di
pietra: sono misteriose abitazioni di
uomini e più ancora, in certo modo,
misteriose abitazioni di Dio: Gloria Domini
in te videbitur".
La Pira coglie con lucidità il nesso tra
persona e città fino ad affermare che la
crisi del tempo nostro può essere definita
come sradicamento della persona dal
contatto organico della città. (...)
Non fuggire dalla città
Occorre dunque anzitutto avere amicizia
per la città e una fondamentale prima
manifestazione di questa amicizia è il non
fuggire da essa. Non nel senso fisico,
perché è tonificante fuggire talora verso i
monti, i quali, almeno nei giorni in cui
ilcielo è limpido, fanno parte del
panorama di Milano; ma nel senso di non
rifuggire dai problemi della città vivendovi
quasi per forza. Bisogna invece
prendersene cura, dire "I care". La città
non è il luogo dove abitare il meno
possibile, ma il luogo nel quale imparare
a vivere.
Vi sarebbe qui da interpretare il dato delle
indagini demoscopiche secondo cui un
milanese su due vorrebbe andarsene,
mentre dieci anni fa due milanesi su tre
preferivano restare.
Io voglio interpretare questo dato non
come segno di un disinteresse, che
sarebbe distruttivo, ma come espressione
del desiderio che la città sia più vivibile,
più a misura di persona umana, e come
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determinazione a voler operare in questo
senso
Creare le condizioni per vivere bene.
La terza caratteristica dell'amicizia per la
città e nella città è la determinazione a
creare le condizioni non solo per viverci
bene, nel senso di vivere comodamente,
ma anche di operare per il bene, nel
senso di predisporre le condizioni sociali
e civili necessarie per uno sviluppo
virtuoso. Non possiamo dimenticare che
la nostra città ha vissuto in questi ultimi
anni, grazie alla sua coscienza civile e
all'opera dei suoi Magistrati, una difficile e
non ancora conclusa stagione di lotta alla
corruzione. La città ha addirittura ricevuto
un nuovo nome, un neologismo Tangentopoli - che dice appunto il
carattere strutturale del fenomeno della
corruzione. C'è un inquinamento etico
dell'ambiente che comporta il rischio di
inquinamento della coscienza stessa. In
assenza di condizioni adeguate, la
crescita della coscienza è compromessa.
In presenza di condizioni inadeguate o
nocive, tale crescita è disorientata. È
quindi necessario creare condizioni e
strutture favorevoli all'agire onesto e
legale.
Ecco perché la dottrina cristiana
considera la politica come forma esigente
di carità: perché essa deve contribuire
efficacemente a rimuovere gli ostacoli e a
predisporre tutti i mezzi necessari alla
crescita della coscienza. Ma se, come ho
detto, i valori ideali hanno bisogno della
politica, a sua volta la politica ha bisogno
dei valori ideali. Occorre avere davanti
agli occhi non necessariamente una città
ideale, ma almeno un ideale di città.
Una quarta caratteristica dell'amicizia per
la città sarà dunque quella di guardare
non solo ai mezzi ma anche e anzitutto ai
fini. Viviamo in una società dominata dal
calcolo, dalla programmazione, dalla
previsione. Avvertiamo la complessità
della città. Ma dove c'è calcolo,
programmazione e previsione, dove c'è
complessità c'è decisione, scelta. Ogni
decisione, però, mette in gioco una certa
idea dell'uomo, dei suoi beni e dei suoi
fini. (...)
Due emergenze
A questo proposito vorrei richiamare due
emergenze particolarmente gravi nella
nostra città a cui guardare con occhio
amico: la condizione degli anziani e dei
giovani.
In primo luogo menziono il fortissimo
processo di invecchiamento della
popolazione, processo comune al
territorio nazionale ma che a Milano
assume dimensioni e accentuazioni di
gran lunga superiori. Tale tendenza
configura un'area di intervento
particolarmente cruciale negli anni a
venire, con 1' emergere della cosiddetta
"quarta età".
La condizione anziana è inoltre segnata
da diverse, gravi forme di povertà:
povertà economica, povertà da
insufficienza o inadeguatezza dei servizi
socio-sanitari, povertà relazionale
prodotta da solitudine e accentuata
dall'ambiente metropolitano, povertà da
perdita di autosufficienza.
Non è difficile prevedere come questa
problematica appaia destinata ad
accentuarsi nel prossimo futuro e richieda
il dispiegamento di un notevole impegno
sociale.
Guardare prima di tutto ai fini.
La seconda emergenza: quella giovanile.
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Fra non molti anni a Milano i giovani
saranno la metà degli attuali, da 200mila
a 100mila, con tutti i problemi legati alla
occupazione, alla spinta all'innovazione e
al carico sociale per chi lavora.
Si può parlare anche per Milano di un
rischio giovanile che ha nei fenomeni di
devianza la sua manifestazione più
eclatante.
Nel 1997 la Lombardia contava il più alto
numero di casi di Aids.
Un altro drammatico primato riguarda i
decessi per assunzione di eroina (dati
1995/6); 116 casi.
Il compito di ridisegnare la città deve
ripartire dagli uomini.
Non dimentichiamo che anche la
maggioranza degli stranieri
extracomunitari presenti in città sono
giovani e ragazze che hanno diritto alla
stessa assistenza e allo stesso amore
che tutti gli altri giovani.
E un segnale positivo
giovani generazioni perché si abituino ad
una progettualità a lungo termine. (...)
Concludo: ridisegnare la città non vuol
dire soltanto riscrivere la cornice
estrinseca del nostro vivere quotidiano.
La città fa corpo con l'uomo che la abita.
E la persona umana vive di relazioni e di
amicizie. Appunto in questo senso
1'uomo è la sua città e la città è il luogo
delle sue buone relazioni e delle amicizie.
Per questo Paolo VI scriveva nella
Octogesima adveniens: "Costruire la città
luogo d'esistenza degli uomini e delle loro
dilatate comunità, creare nuovi modi di
contatto e di relazione, intravedere
un'applicazione originale della giustizia
sociale, prendere la responsabilità di
questo avvenire che si annuncia difficile è
un compito al quale i cristiani devono
partecipare". A questo compito la Chiesa
ambrosiana vuole contribuire come amica
della città, facendosi in essa e per essa
nient'altro che voce del Vangelo.
Accanto a queste gravi emergenze vorrei
segnalare un fenomeno di segno positivo
e sempre più importante per la nostra
città. Mentre altre città che vantano una
secolare tradizione universitaria - penso
alla vicina Pavia - conoscono una
preoccupante crisi, Milano vede crescere
il numero dei giovani che la scelgono
come luogo per la loro formazione
universitaria. Di fatto, invece, la nostra
città non si pensa come "universitaria"
mentre questa sua nuova e recente
vocazione potrebbe costituire per essa
una sfida.
Il pericolo oggi per un Paese e in
particolare per una città è quello di
investire culturalmente in modo
monotematico rispondendo a
sollecitazioni indirizzate ad un utilizzo
immediato. Il rischio è quello di inseguire
progetti di breve respiro. La ricerca va
intesa come investimento educativo sulle
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