GESTIONE ODONTOIATRICA DEL PAZIENTE EPATOPATICO

Acta Medica Mediterranea, 2005, 21: 149
GESTIONE ODONTOIATRICA DEL PAZIENTE EPATOPATICO
ANTONELLA TERRAZZINI - NICOLÒ BONACASA
Ospedale Cervello - Palermo - U.O. Odontoiatria - (Direttore Dott. Nicolò Bonacasa)
[Oral management in patients with liver disease]
RIASSUNTO
SUMMARY
Spesso i pazienti epatopatici (cirrotici, epatitici, trapiantati) presentano manifestazioni extraepatiche della malattia e
tra queste, quelle orali presentano interesse specifico per l’odontoiatra.
Le eventuali procedure, specie se di tipo chirurgico, è
bene vengano effettuate in ambiente ospedaliero dove esistono
le condizioni idonee al loro specifico trattamento eventualmente in accordo con gli ematologi.
Liver disease presents a number of concerns for the deli very of medical and dental care. We try to identify ways of
caring effectively for patients with hepatic dysfunctions, such
as hepatitis, cirrhosis, liver transplantation.
Oral surgery procedures should be managed in hospital
departments, where access to haematological assessment and
appropriate surgical and dental care is readily available.
Parole chiave: malattia epatica, epatite, cirrosi, emorragia
Key words: liver disease, hepatitis, cirrhosis, bleeding
Introduzione
di IgM anti HAV indica un’infezione in atto o
comunque recente, mentre la presenza di IgG anti
HAV indica un’infezione pregressa.
Dal 1995 è disponibile un vaccino immunogenico ed è inoltre possibile un’immunizzazione passiva tramite immunoglobuline che conferisce protezione immediata subito dopo un’esposizione. Il
rischio di contrarre infezione per il personale sanitario è basso e l’immunoprofilassi passiva non è
raccomandata, quanto piuttosto la vaccinazione.
L’epatite A è una malattia autolimitante solitamente
benigna, solo il 10-15% dei pazienti richiede un
ricovero ospedaliero.
Nell’approccio al paziente con documentata
malattia epatica, la corretta valutazione del problema clinico, in relazione ai risvolti di interesse odontoiatrico, permette al clinico di orientarsi sulle possibilità diagnostiche e terapeutiche. Non esiste
un’unica ed esauriente classificazione delle malattie
epatiche, il che spiega le numerose definizioni dei
disturbi epatici. Di seguito saranno esaminate le
patologie epatiche che più frequentemente coinvolgono il clinico odontoiatra.
Epatiti
Epatite virale A
Il virus dell’epatite A (HAV) è un RNA virus,
molto simile ai picornavirus. La diffusione di questa forma di epatite avviene principalmente per via
oro-fecale, sebbene si ritenga probabile che il sangue sia in grado di trasmettere la malattia durante la
fase viremica. La diffusione dell’epatite A p u o ’
avvenire principalmente tramite cibi contaminati
(acqua o latte), in seguito a viaggi in paesi dove la
patologia è endemica, per l’ingestione di frutti di
mare provenienti da acque contaminate e non ben
cotti. Per la diagnosi è necessario rilevare la presenza di anticorpi anti HAV nel siero: un titolo elevato
Epatite virale B
La rilevanza clinica di questo tipo di epatite è
senz’altro superiore a quella del tipo A in quanto
può determinare epatite cronica. Il virus è un DNA
virus in cui il principale componente proteico dell’involucro è l’antigene di superficie (HBsAg).
Una delle caratteristiche di questa forma di
epatite è la produzione a livello epatico di notevoli
quantità di antigeni che vengono rilasciati in circolo
e tra questi l’HBsAg è il più importante marker di
infezione da HBV.
Le modalità di trasmissione possono essere:
• parenterale, per emotrasfusioni (più frequenti in passato), per puntura accidentale con aghi
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A. Terrazzini - N. Bonacasa
infetti da parte del personale sanitario, per scambio
di aghi o rasoi o altri oggetti potenzialmente infetti
ad es. tra tossicodipendenti;
• non parenterale, e tra queste la più diffusa è
quella da madre a figlio nel periodo perinatale.
Particelle virali infettanti sono state isolate nella
saliva, nello sperma, nelle urine, nelle feci e in altri
fluidi corporei ma non è ancora chiara la modalità
di infezione correlata a questi fluidi. La trasmissione tramite saliva è importante per gli operatori sanitari, in modo particolare per i dentisti. Si calcola
che questi corrano il rischio di contrarre l’infezione
da tre a cinque volte più della popolazione comune.
Allo scopo di debellare la malattia è divenuta
obbligatoria la vaccinazione di tutti i bambini.
Epatite virale C
L’ H C V è un RNA-virus a catena singola
responsabile della maggior parte dei casi di epatopatia cronica non alcolica, evenienza che si verifica
in almeno il 50% dei casi di infezione. La più
comune modalità di trasmissione è l’esposizione
parenterale a sangue infetto tramite ad esempio trasfusioni o scambio di siringhe tra tossicodipendenti.
Le procedure di screening hanno notevolmente
ridotto il rischio di infezione post-trasfusionale. Va
osservato che in una notevole percentuale di casi
non è possibile identificare alcun fattore di rischio
noto. Il rischio di trasmissione al personale sanitario è da considerare basso ma non va trascurato, in
particolare le esposizioni ripetute come nel caso dei
dentisti comportano una seria riflessione per il
rischio di infezione crociata nello studio odontoiatrico, benché non esista alcun caso documentato di
paziente infettato dall’odontoiatra.
L’infezione rimane asintomatica in circa il
75% de casi, le complicazioni extraepatiche come i
casi di epatite fulminante sono rari. Anche nei casi
di infezione da HCV clinicamente silenti, si verificano delle alterazioni istologiche a livello epatico.
L’infezione cronica da HCV è ritenuta la causa
principale di epatite cronica nei paesi occidentali.
E’ noto, peraltro, che non tutti i casi di epatite C
progrediscono verso la cirrosi o l’epatocarcinoma.
Solo una percentuale che varia dal 5 al 20% va
incontro ad una cirrosi nei primi 20 anni di infezione e alcuni soggetti rimangono asintomatici e senza
segni di danno epatico per lunghi periodi.
La terapia attuale si basa essenzialmente su
somministrazione di interferone alfa e ribavirina,
prescrivibili solo in Centri specializzati.
Epatite da virus delta
L’HDV è un RNA virus difettivo che necessita
dell’HBsAg come proteina strutturale del proprio
involucro ed è quindi presente solo in pazienti con
associata infezione da HBV. Il decorso dell’epatite
acuta è severo e l’evoluzione in epatite cronica attiva e in cirrosi estremamente probabile, come il
rischio di epatite fulminante. La trasmissione
avviene in particolare tra tossicodipendenti per via
endovenosa, emofiliaci, politrasfusi o per via sessuale. La vaccinazione contro HBV protegge automaticamente da infezione da virus delta.
Cirrosi epatica
La cirrosi è una lesione diffusa, caratterizzata
da una distorsione dell’architettura istologica del
fegato, dovuta alla deposizione di tessuto collagene
e allo sviluppo di noduli di rigenerazione epatocitaria. Solitamente si sviluppa in seguito ad un danno
epatico cronico con distruzione degli epatociti.
Le manifestazioni cliniche della cirrosi sono in
genere il risultato sia dell’ipertensione portale sia
della deviazione del flusso ematico portale oltre gli
epatociti funzionanti. A livello orale sono frequenti
manifestazioni parodontali con gengivorragie come
conseguenza dell’ipoprotrombinemia e lingua
arrossata, in caso di deficit vitaminici.
Molteplici sono i problemi che l’odontoiatra è
chiamato ad affrontare nella gestione di un paziente
epatopatico, sia per ciò che concerne l’approccio
diagnostico, dato che molte sono le manifestazioni
orali in corso di malattie epatiche, sia per le soluzioni terapeutiche prospettabili.
Di seguito ci occuperemo dell’esame di alcune
tra le problematiche di più frequente riscontro in
ambiente odontoiatrico.
Emorragia post-estrattiva in corso di epatopatia
E’ questo senz’altro uno dei principali problemi che l’odontoiatra è chiamato ad affrontare nel
trattamento dei pazienti con malattie epatiche. Qui
riveste un’importanza fondamentale l’anamnesi,
eventualmente facendo riferimento al medico
curante. Malattie come le epatiti, la cirrosi, l’epatocarcinoma o altre che distruggono il tessuto epatico,
provocano una diminuzione dei fattori della coagulazione necessari all’emostasi.
Inoltre, l’ittero ostruttivo da colestasi impedisce l’assorbimento della vitamina K e interferisce
Gestione odontoiatrica del paziente epatopatico
con la produzione dei fattori vitamina K-dipendenti
e le proteine C ed S. La malattia epatica, se abbastanza severa, si manifesterà con un elevato tempo
di protrombina, ma la correlazione tra questo e il
sanguinamento orale non è stata stabilita.
Questi i principali fattori da analizzare prima
di intraprendere manovre chirurgiche in pazienti
epatopatici:
• anamnesi con particolare interesse per la
classificazione funzionale di un’eventuale cirrosi
epatica già nota (indice di Child-Pugh);
• indagini di laboratorio comprendenti emocromo completo, AP con INR, PTT, tests di funzionalità epatica residua (Bilirubinemia totale e frazionata, albuminemia, AP);
• terapia farmacologica oculata;
• minimo trauma durante le manovre chirurgiche;
• utilizzo di prodotti a base di acido tranexamico e fibrina riassorbibile nel post-operatorio;
• sutura emostatica sempre ove possibile;
• ospedalizzazione dei pazienti con parametri
ematici alterati;
• somministrazione di concentrati piastrinici
e/o plasma fresco nei casi di piastrinopenie severe o
di parametri coagulativi particolarmente alterati;
• osservazione postoperatoria del paziente per
un periodo superiore alla norma;
• eventuale consulto con ematologi ed epatologi.
Presso la nostra struttura, in sostituzione della
somministrazione di piastrine per via sistemica, si è
fatto ricorso all’utilizzo di concentrato piastrinico
(in quantità inferiori ad una somministrazione
parenterale) direttamente negli alveoli in tempi
immediatamente successivi all’estrazione, inserendo
contestualmente fibrina riassorbibile e suturando la
ferita.
In presenza di minimo trauma ai tessuti molli,
nessuna emorragia post-estrattiva si è verificata.
Lichen planus orale in HCV
In corso di infezione da HCV sono descritte in
circa il 38% dei pazienti manifestazioni orali
extraepatiche tra cui quella di più frequente riscontro in odontoiatria è il Lichen Planus. Il ruolo patogenetico dell’HCV nello sviluppo del LP non è ben
definito. Napoli e Coll. riportano un caso di una
paziente in cui le lesioni da LP si manifestarono
prima della diagnosi stessa di epatite cronica C,
dunque prima della terapia antivirale con interferone alfa, escludendo pertanto qualunque ruolo di
quest’ultimo nella patogenesi di LP.
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Uno studio (Pilli M. e Coll.) ha mostrato che
nella patogenesi del Lichen Planus orale associato
ad infezione da HCV un ruolo fondamentale è rivestito dalle risposte delle cellule T HCV specifiche.
Il danno cellulare orale può essere il risultato di una
aggressione immunitaria diretta delle cellule epiteliali che esprimono antigeni HCV o può essere
sostenuto da citochine locali favorevoli a mantenere
reazioni autoimmuni.
Infezioni orali parodontali e cirrosi
Le condizioni di igiene orale e lo stato di salute parodontale dei pazienti cirrotici appaiono statisticamente di livello inferiore rispetto alla popolazione normale e ciò sia in relazione alle manifestazioni orali correlate ad HCV, sia a causa di una
maggiore trascuratezza conseguente all’aggravarsi
della malattia.
Borowsky e Al. riportano un caso di un
paziente affetto da cirrosi epatica alcolica in cui i
denti erano responsabili di numerosi episodi settici;
l’emocultura dimostrò la presenza di Klebsiella
pneumoniae nei siti dei denti estratti. Benché si tratti di un organismo patogeno insolito per il cavo
orale, il caso dimostra che i denti possono essere
una fonte di serie infezioni sistemiche, soprattutto
in pazienti a rischio come i cirrotici.
Problemi orali in pazienti trapiantati epatici
Le patologie epatiche suscettibili di trattamento
con trapianto ortotopico sono in prevalenza le cirrosi
epatiche in fase clinica avanzata e le epatiti acute
fulminanti con rapida evoluzione in insufficienza
epatica acuta (farmaci, sostanze tossiche, funghi).
La necessità di una terapia immunosoppressiva permanente espone i trapiantati ad un elevato rischio di
infezioni, che costituisce la principale causa di mortalità soprattutto nel primo anno dopo il trapianto.
Le infezioni più frequenti sono di origine batterica,
virale (cytomegalovirus) e micotiche.
Le manifestazioni a livello orale si associano a
scarsa igiene e comprendono: micosi causata da
Candida Albicans, infezione da Herpes virus, cheiliti angolari (in pazienti portatori di protesi), leucoplachie. Possono altresì spesso manifestarsi lesioni
alla lingua soprattutto sotto forma di lingua fissurata, atrofica, villosa o a carta geografica. In queste
lesioni linguali sono implicati diversi fattori eziologici, compresa la somministrazione di farmaci quali
i corticosteroidi o anche abitudini come la scarsa
igiene orale, il fumo, l’alcool.
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Altri effetti collaterali della terapia immunosoppressiva sono l’aumento di volume gengivale e
la xerostomia, causati da ciclosporina e calcio-antagonisti. La gestione dei problemi odontoiatrici si
basa soprattutto sulla loro prevenzione non avendo
a disposizione che palliativi e terapie locali. E’ dunque importante istruire e motivare il paziente ad
una corretta igiene orale domiciliare e professionale, ricorrendo eventualmente all’uso locale di clorexidina o fluoro e con l’eliminazione di fumo e
alcol e introducendo una dieta opportuna. Per evitare l’aumento di volume gengivale è possibile valutare la sostituzione della cyclosporina con un altro
immuno-soppressore come il tacrolimus.
Somministrazione di farmaci ad epatopazienti
Data l’importanza del fegato nel metabolismo
di molti farmaci, sono richieste sia grande cautela
nella scelta e nella posologia dei farmaci da somministrare ad epatopazienti sia massima attenzione ai
segni precoci di tossicità. Il farmaco analgesico più
tollerato e con minori effetti tossici sul fegato è il
paracetamolo. La dose terapeutica non dovrebbe
superare 1 grammo, 4 volte al dì per periodi brevi,
in pazienti ben compensati. Nei pazienti con cirrosi
scompensata o con epatopatia etilica il dosaggio
deve essere ridotto. La somministrazione di FANS
espone i cirrotici, specie quelli con ascite, alla possibilità di complicanze di tipo sia emorragico che
renale e va perciò evitata.
Tra gli antibiotici, l’amoxicillina, la ticarcillina e la carbenicillina sono eliminate prevalentemente a livello renale e sono dunque ben tollerate
dai pazienti epatopatici. Anche le cefalosporine di
prima, seconda e terza generazione possono essere
somministrate ai dosaggi abituali, mentre la piperacillina e la mezlocillina dovrebbero essere utilizzate
a dosi dimezzate. Il dosaggio del metronidazolo
andrebbe ridotto al 50%, mentre l’impiego di tetracicline è decisamente sconsigliato.
Gli anestetici locali devono essere somministrati con cautela nei pazienti con malattia epatica.
Gli esteri (come la procaina) sono idrolizzati sia nel
plasma che nel fegato dalla colinesterasi. Gli amidi,
di contro, sono metabolizzati solo dal fegato.
Blocchi anestetici locali e regionali non sono controindicati, purchè la coagulopatia non sia severa e
non si vada incontro ad un sovradosaggio.
Benché il metabolismo degli amidi sia prolungato in pazienti con malattia epatica, bisogna osservare che la maggior parte dei problemi associati
agli anestetici locali è relativa sia ad una involonta-
A. Terrazzini - N. Bonacasa
ria, accidentale, iniezione intravascolare, sia ad un
sovradosaggio, sia ancora ad una reazione all’adrenalina dell’anestetico.
Conclusioni
I pazienti affetti da malattie epatiche che
necessitino di trattamenti odontoiatrici di tipo conservativo o altre procedure non invasive, possono
essere trattati anche ambulatoriamente. Nei casi di
trattamenti chirurgici anche di modesta entità è
bene che l’operatore si attenga alle norme che
inquadrano questa particolare categoria di pazienti
a rischio. E’ sempre di fondamentale importanza la
stretta collaborazione tra il chirurgo orale e l’ematologo, ferma restando l’importanza dell’uso di
emostatici topici, che rappresentano un presidio
indifferibile per allontanare il rischio di sanguinamento anche a distanza di tempo dall’intervento.
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