La Crimea: dalle origini a oggi

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La Crimea: dalle origini a
oggi
La Penisola di Crimea, un suggestivo promontorio bagnato dal
Mar Nero e dal Mar d’Azov è oggi teatro di scontri in seguito
alla svolta filo-occidentale che intrapreso l’Ucraina, dalla
quale essa dipende, non condivisa dalla sua popolazione a
maggioranza Russa. La Crimea è, fino dai tempi più remoti,
contesa da svariate potenze rivali e meta di numerose
immigrazioni a causa della sua collocazione strategica e della
fertilità del suo territorio.
Già colonizzata dagli antichi
greci intorno al VII secolo a.C. che provenivano in
maggioranza dalle “poleis” della Doride e della Ionide , era
conosciuta con il nome di Tauride e fu occupata da Mitridate
IV re del Ponto nel I secolo a.C. Finì nelle mani dell’impero
Romano grazie ad accordi fra il figlio di Mitridate, Farnace e
il generale romano Gneo Pompeo. Dopo la caduta dell’impero
Romano, per tutto il periodo del medioevo, passò dai Bizantini
ai Bulgari con le repubbliche marinare di Venezia prima e
Genova poi che cercavano di assicurarsi i porti strategici di
Sebastoboli, dove fu costruita la celebre fortezza, e di
Caffa, Soldaia, Cembalo e Tana. Ha lasciato un segno
indelebile sia culturale e religioso anche il breve dominio
dai parte dei Russi di Kiev, uno dei tanti regni russi
unificati alla fine 1400 da Ivan IV il terribile, primo Zar di
tutte le Russie, che corrisponde al territorio che in tempi
moderni ha preso il nome di Ucraina. Alla fine del Medioevo,
dopo una breve parentesi di occupazione dei Tartari
(provenienti dalla Mongolia) guidati dal potente imperatore
Tamerlano seguito da un notevole flusso migratorio di costoro,
diventando la maggioranza della popolazione della penisola, vi
fu la definitiva annessione all’impero Turco Ottomano (di
stirpe affine ai Tatari). Un dominio durato circa 3 secoli nei
quali vennero
smantellati gli ultimi presidi veneziani e
genovesi e il popolo, già cristiano ortodosso fu convertito in
gran parte all’islam. Dal 1735 vi furono numerosi conflitti
fra impero ottomano e impero russo che culminarono nel
passaggio della Crimea all’impero Russo nel 1787 anche se i
turchi ottomani non si arresero all’idea di perdere il
territorio. Questo motivo fu il casus belli della nota guerra
di Crimea combattuta dal 1853 al 1856. La guerra che portò
alla quasi completa devastazione della penisola, era stata
mossa dai francesi e dagli inglesi contro la Russia,
appoggiata dall’Austria, con il pretesto di difendere il
traballante impero ottomano, ma con la reale ragione di
contrastare il monopolio Russo nella regione e assicurandosi
così basi commerciali nel Mar Nero. Quest’ impresa militare
vide la partecipazione di 18.000 soldati Sabaudi a fianco
degli Anglo-francesi, inviati dal primo ministro conte di
Cavour per guadagnarsi l’alleanza delle suddette potenze in
prospettiva dell’unificazione Italiana.
I miliziani
piemontesi contribuirono alla vittoria finale degli AngloTurco-Francesi, dopo le sanguinose battaglie della Cernaia,
del mar d’Azov e della presa di Sebastopoli. La vittoria fu
importante dal punto vista storico perché sancì la fine della
Santa Alleanza e dell’ordine imposto nel Congresso di Vienna
del 1815; i Russi anche se mantennero il possesso della
penisola persero prestigio internazionale e e dovette
concedere una serie di capitolazioni commerciali. In seguito a
questa battaglia, molti tartari lasciarono la penisola
soppiantati da popolazioni di origine Russa e di religione
cristiano-ortodossa ed inoltre vi fu anche una massiccia
immigrazione di mariani italiani, intorno alle 3000 unità,
soprattutto provenienti dalla Puglia che si stabilirono
soprattutto nella città di Kerch. Nel 1917, periodo in cui la
Russia fu sconvolta dalla rivoluzione bolscevica di ottobre e
la successiva guerra civile fra i Comunisti Bolscevichi e i
Bianchi anticomunisti e filo-occidentali, la Crimea rimase una
roccaforte delle truppe bianche che furono definitivamente
sconfitte. Nel 1922 la Crimea divenne parte della repubblica
socialista Russa nell’ambito dell’Unione delle Repubbliche
Socialiste Sovietiche; gli italiani che vi risiedevano si
dimezzarono e quelli che rimasero si riunirono nelle fattorie
collettivizzate (Kolkhoz) sovraintese da esuli Italiani
fuggiti dalla dittatura Fascista. Davanti all’incalzante
avanzata dell’esercito tedesco che conquistò Sebastopoli nel
1942, e preso dal timore che potessero collaborare con
l’invasore, il Leader Russo Stalin provvide alla
russificazione forzata deportando il resto della popolazione
italiana e le altre minoranze turche e bulgare, in vagoni
piombati verso Oriente. Numerosi furono gli Italiani che non
sopravvissero alle dure condizioni di viaggio.
Proprio
nella città di Jalta, forse non per caso poco lontana da
Sebastopoli, in una Crimea appena liberata e nuovamente
devastata dall’invasione tedesca, si tenne la Conferenza
omonima fra lo stesso Stalin e i rappresentanti dei governi
Anglo-americani, Roosvelt e Churchill che decisero le sorti
del Mondo fino al 1991. Il successore di Stalin, Nikita
Kruscev trasferì, nel 1954, la Crimea dalla repubblica
socialista popolare Russa alla repubblica socialista popolare
Ucraina, sempre nel contesto dell’Unione Sovietica per onorare
il trecentesimo anniversario dei trattati tra cosacchi ucraini
e russi. In concomitanza alla dissoluzione dell’Unione
Sovietica del 1992, la Crimea scelse di rimanere con l’Ucraina
ma con lo status di repubblica autonoma con capitale
Sinferopoli. In questi giorni dopo il rovesciamento del
governo filorusso del presidente ucraino Viktor Janukovich da
parte di una minoranza legata all’ex premier Julia Timoshenko
e fortemente appoggiata dagli Stati Uniti e dall’Unione
Europea, la maggioranza russa della Penisola ha dichiarato la
propria volontà di riunirsi alla Federazione Russa contrastata
dalla minoranza Tartara. In conclusione è fondamentale
ricordare che la Conferenza di Jalta del 1945 fu riunita in
nome dell’autodeterminazione dei popoli; e tuttavia avvenne
esattamente l’opposto ossia la spartizione in sfere di
influenza fra le Superpotenze. Probabilmente la storia si sta
ripetendo nei giorni odierni.
Andrea F.
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