Scarica presentazione PDF "Le catene muscolari – parte

annuncio pubblicitario
IL TRONCO
LE CATENE RETTE DEL TRONCO
La flessione e l’estensione del tronco dipendono dalle catene rette e avvengono in
rapporto a due importanti assi miotensivi: uno anteriore e uno posteriore.
L’asse anteriore unisce D1 al sacro prendendo relé: - sullo sterno - sul pube - sul coccige.
Intercalati tra queste strutture ossee troviamo i muscoli intercostali medi, grandi retti e
perineali. Questa catena anteriore (Fig. 1.2) forma un potente pilastro verticale di fronte
all’asse rachideo, che a sua volta forma l’asse posteriore. Quest’ultimo è formato dalla
colonna vertebrale, dai dischi e dai muscoli paravertebrali con funzione soprattutto di
appoggio (Fig. 1.3). L’asse posteriore, con i suoi muscoli corti, è come una molla di
richiamo, equilibra e modera l’azione dell’asse anteriore.
Fig 1.2 – Catena di flessione
(da Busquet vol. I°)
Fig. 1.3 – Catena di estensione
(da Busquet vol. I°)
Funzioni delle catene rette : l’arrotolamento e il raddrizzamento
I muscoli grandi retti sollevano il pube, ma abbassano anche lo sterno in direzione
dell’ombelico. Proprio questa zona dell’ombelico sembra essere una zona privilegiata di
forze. Il perineo, con tutte le sue fibre longitudinali agisce come un prolungamento dei
grandi retti, verticalizzando il sacro. Lo stiramento durante un lavoro passivo, può
sollecitare solo alcune fibre, invece durante un lavoro attivo, il perineo ha ogni fibra che
lavora in modo sinergico.
Fig. 1.4 – Apertura iliaca (da Busquet vol. I°)
Al momento dell’arrotolamento (Fig. 1.4):
- con le sue fibre antero-posteriori, il
perineo avvicina il coccige al pube.
- con le sue fibre trasversali invece,
avvicina gli ischi inducendo
contemporaneamente
l’apertura
delle
ali iliache.
Questa
apertura
delle
ali
iliache
si
unisce
alla
verticalizzazione
del
sacro
nell’arrotolamento e favorisce il comfort della massa viscerale allargando il diametro
laterale del bacino, inoltre al momento dell’arrotolamento l’aumento della pressione intraaddominale, provoca un’espansione laterale della parte bassa del torace parallela a quella
del bacino. In pratica nell’azione di arrotolamento, la catena di flessione avvolge il tronco,
lo ripiega su se stesso concentrandone il volume, mentre con la catena di estensione il
tronco trova il suo equilibrio, agendo come una forza che immagazzina l’energia che poi
libererà nel raddrizzamento.
Proprio quest’ultimo movimento d’estensione, è più globale di quello di arrotolamento, la
sua azione è più stabile ma meno fine, perciò ogni aspetto della flessione, trova in esso il
suo antagonismo.
Complementi delle catene rette
Fino ad ora abbiamo trattato solo le catene rette che interessano il tronco, però il cingolo
scapolare, il rachide cervicale e gli arti superiori possono innestarsi su tutto questo
sistema retto del tronco, per accompagnarlo o rinforzarlo.
A) Il cingolo scapolare
Rappresenta una vera e propria potenza a livello delle apofisi coracoidi da dove partono i
piccoli pettorali che uniscono la 3° - 4°- 5° costola. Il triangolare dello sterno che si trova
nella parte profonda di queste costole, assicura la continuità delle forze fino allo sterno,
raggiungendo cosi la catena retta anteriore. Si tratta come si vede (Fig. 1.5) di un
collegamento delle linee di forza miotensive.
Fig. 1.5 – Complementi della catena retta (da Busquet vol. I°)
A partire dai grandi retti e dallo sterno, si hanno delle “bretelle” vere e proprie che
uniscono il cingolo scapolare con la sua parte esterna, favorendo l’arrotolamento.
Affinché queste trasmettano forze efficaci, bisogna che l’apofisi coracoide sia fissata
relativamente indietro. Questa “bretella” complementare parte dalla catena di flessione
per raggiungere la catena di estensione. Se il punto fisso si trova a livello della catena di
flessione, questa lavora nel senso dell’arrotolamento; se invece si trova a livello della
catena di estensione, lavorerà nel senso del raddrizzamento.
B) Il rachide cervicale e la testa
Nella Fig. 1.6 si mette in evidenza la diramazione di questo sistema cervicale al di sopra
del piccolo pettorale (3° - 4° - 5° costola), con gli scaleni (1° e 2° costola) e con lo sterno
mastoideo sulla clavicola.
C) L’arto superiore
Unità funzionale che con il grande pettorale, grande rotondo e romboide può completare
l’arrotolamento (punto fisso anteriore) e il raddrizzamento (punto fisso posteriore).
Fig. 1.6 – Diramazione del sistema cervicale (da Busquet vol. I°)
Cedimento delle curve
Tutte queste catene muscolari agiscono nei movimenti semplici di flessione – estensione e
col tempo possono solo comprimerci, infatti se la catena anteriore perde di lunghezza,
favorisce un atteggiamento di flessione, viceversa se la catena posteriore si tende troppo,
favorisce un atteggiamento in estensione.
La somma di queste due tendenze consiste nell’aumento delle curve con iperlordosi,
ipercifosi e perdita di statura per il soggetto (Fig. 1.7)
Le lordosi s’instaurano perché tale atteggiamento favorisce per la colonna cervicale, la
retrazione dei muscoli cervicali indietro e degli scaleni in avanti; per la colonna lombare
invece si ha una retrazione della massa comune indietro e degli psoas in avanti, con la
conseguenza che sia gli archi lombari che i cervicali si trovano sotto tensione.
Fig. 1.7– Cedimento delle curve (da Busquet vol. I°)
Spesso si sente dire la frase: “soffri di dolori alla colonna, allora bisogna che rinforzi i
muscoli”! In realtà se andiamo ad esaminare queste persone, vedremo come hanno i
muscoli paravertebrali contratti che non smettono mai di lavorare. Il muscolo in questa
situazione è contratto costantemente e si fibrotizza ed atrofizza per evolvere in strutture
che possano rispondere meglio a questo costante lavoro a cui sono sottoposte, cioè a
strutture fibrose. Ecco allora che per poter trattare questi muscoli occorre rimuovere le
cause che generano tali tensioni. Poi solo in un secondo momento, si potrà ridare la
lunghezza propria alle catene muscolari.
Non bisogna dimenticare che per il muscolo è importante conservare non solo la capacità
di contrazione ma anche quella di allungamento, poiché proprio l’alternanza delle due
azioni, conferisce volume e qualità al muscolo.
Come terzo obiettivo infine, si dovrà restituire ritmo alla muscolatura paravertebrale, per
fargli conservare la propriocettività sia in funzione della statica che della dinamica: fase
questa che non va mai trascurata. E’ vero che le semplici posture in stiramento
permettono di ritrovare un buon equilibrio muscolare, ma è importante che proprio i
muscoli profondi ritrovino la loro vocazione vera.
Come si dice che “le mani del pianista non sono fatte per spostare il pianoforte”, allo
stesso modo “i muscoli paravertebrali non sono fatti per spostare la colonna”! Servono
invece a correggere in modo costante e a riequilibrare gli spostamenti vertebrali.
Questi muscoli devono essere distesi quando quelli del piano medio e superficiale,
eseguono i movimenti. Lo scopo dei paravertebrali è quello di correggere i movimenti e
l’equilibrio, in pratica hanno un ruolo qualitativo e non quantitativo e il rinforzo muscolare
non è per loro.
In passato è stato messo in risalto la relazione di frequenza fra le note acute e la colonna
cervicale e la testa e le note basse con il bacino e il sacro. Relazione che esiste anche tra
la colonna vertebrale e la voce. Infatti affinché i suoni possano esprimersi, è necessario
che la zona corrispondente del corpo possa entrare in risonanza ed è il corpo stesso che
rappresenta la cassa di risonanza, con le tensioni che interferiscono sulla voce e sull’udito.
Trattando infatti queste tensioni, si possono ristabilire le migliori condizioni sia di fonazione
che di audizione. Come a voler dire che “il sistema di raddrizzamento alla fine é un
sistema di cedimento”. In pratica dovremo saper gestire nel migliore dei modi queste forze
gravitazionali di compressione. Se osserviamo l’uomo, vediamo che esso può adottare la
stazione eretta, basta vedere come sono le persone che portano un peso sulla testa: la
loro andatura è molto nobile: sembrano avere notevoli risorse di auto-accrescimento.
Infatti il nostro corpo oltre ad avere un sistema anti-gravitazionale, ha anche un sistema
cosiddetto di autoaccrescimento.
SISTEMA ANTIGRAVITAZIONALE E DI AUTOACCRESCIMENTO
Per l’uomo è possibile lottare contro la gravità restando in equilibrio. Ma questo equilibrio
del corpo è basato su uno squilibrio: infatti notiamo che (Fig. 1.8) :
1) la linea di gravità cade davanti ai malleoli
2) che il peso della testa è in fuori nei confronti di questa linea
3) che i risultato di questo squilibrio anteriore alto e basso è soprattutto il
delle fasce posteriori: legamento cervicale posteriore + aponeurosi
tensionamento
dorsale + aponeurosi
lombare.
Fig. 1.8 – Equilibrio del corpo e fasce posteriori (da Busquet vol. I°)
Questi tre elementi formano la catena statica posteriore che ha la particolarità di non
essere confusa con quella che è la catena di estensione, la quale è muscolare e
formata dai muscoli paravertebrali dei piani profondi e medi.
La catena statica posteriore possiede la qualità non solo di economia ma anche di
propriocettività per generare il riequilibrio con le informazioni che invia ai paravertebrali. E
siccome l’uomo è costruito su uno squilibrio anteriore, è normale che i fattori statici siano
soprattutto localizzati indietro per opporvisi.
La statica in sintesi dipende da quattro fattori (Fig. 1.9):
I) lo scheletro (catena ossea)
II) le fasce
III) la pressione intratoracica
IV) la pressione intra-addominale
Fig. 1.9 – Fattori della statica (da Busquet vol. I°)
Relazione tra fasce e pressioni interne come principale fattore della
statica
Le fasce sono presenti in tutto il corpo e hanno un ruolo che viene messo poco in
evidenza: quello di formare l’involucro del nostro corpo.
I muscoli benché rivestano un parte importante per la funzione statica hanno solo un ruolo
secondario perché non sono fatti per un’azione costante, gli farebbe disperdere troppa
energia, si contrarrebbero senza rispettare né la legge di economia né quella del comfort
di cui abbiamo detto prima.
Possiamo averne la prova se togliamo ad un soggetto questo appoggio confortevole ed
economico facendolo dimagrire velocemente. Si sgonfierebbe il contenente, cioè le fasce,
rispetto al contenuto i muscoli, che in quel caso dovranno assumere la funzione statica
costante che è venuta a mancare.
Il dimagrimento troppo veloce, porterà come conseguenza contratture paravertebrali (per
via del muscolo troppo sollecitato), tendiniti (l’inserzione si adatterà male alla continua
tensione) e grande stanchezza (per fuga di energie attraverso la via del muscolo).
In un secondo momento, le fasce andranno incontro a retrazione, adattandosi al
contenuto, con il corpo che ritroverà i suoi appoggi a livello del suo involucro periferico. E’
allora che i muscoli potranno allentare il loro sforzo e la sintomatologia scomparirà.
I muscoli spinali sono dei correttori, dei guardiani dell’equilibrio, agiscono a balzi,
provocando oscillazioni antero-posteriori e circolari. Scegliendo la posizione di relativo
squilibrio in avanti, il corpo mantiene in stato di allerta le catene muscolari posteriori.
Il nostro corpo è instabile (oscillazioni della linea di gravità) e le sue memorie centrali:
cervelletto, orecchio interno, cervello hanno una funzione essenziale.
Sistema di autoaccrescimento
L’accrescimento è unito alla cancellazione delle due curve cervicale e lombare e ad un
raddrizzamento della colonna dorsale. Più si adatta la posizione eretta, più le fasce sono
verticalmente sollecitate.
Si riscontra un avvicinamento della linea anteriore e di quella posteriore del corpo alla
linea di gravità (che poi è la risultante).
Ciò che si guadagna nell’avvicinamento viene recuperato in un piano verticale, ma il tutto
determina anche una diminuzione della stabilità, quindi una maggiore sollecitazione delle
fasce posteriori. E’ partendo da questo tensionamento del legamento cervicale,
dell’aponevrosi dorsale e di quella lombare che si organizza il sistema di autoaccrescimento. (Fig. 1.10)
Fig. 1.10 – Sistema di autoaccrescimento (da Busquet vol. I°)
Il piano fasciale posteriore messo in tensione può diventare un punto fermo per i muscoli
che vi si inseriscono, il cranio il torace e il bacino diventano zone di relativa fissità.
Il Sistema anti-gravitazionale (S.A.G.) ha il compito di assumere il peso mantenendo
contemporaneamente il corpo in equilibrio. Sistema basato sulla relazione:
Gravità – Pressioni interne – Fasce – Reazione
Il S.A.G.
comprende lo scheletro, le fasce (capsula, legamento, tendine, guaina,
aponeurosi) e i muscoli monoarticolari (per l’equilibrio); esso recupera l’energia della
gravità per aumentare la sua qualità di molla delle strutture e diventa un sistema di autoaccrescimento quando recluta i muscoli per cercare di eliminare le curve.
Relazione tra arrotolamento, raddrizzamento e accrescimento
Durante l’arrotolamento o il raddrizzamento, flessori ed estensori lavorano insieme, in
concentrico e in eccentrico. Se lavorano in concentrico insieme, creano uno stato di
tensione tra loro che si annulla dal punto di vista dinamico. Inoltre servono da appoggio ai
sistemi crociati che vedremo in seguito.
Le due lordosi, cervicale e lombare servono sia per i movimenti del tronco che per la
mobilità di braccia e gambe. Il tono di base del sistema di auto-accrescimento forma
l’elemento che permette all’uomo di reagire alla gravità (sistema anti-gravitazionale). I
diversi tipi morfologici si disegnano in funzione dell’uso delle catene rette anteriori,
posteriori, crociate e della capacità del soggetto di allungarsi.
L’uso dei diversi sistemi è modulato in modo differente in funzione della sua capacità
mentale, per rispettare il suo comfort e il suo equilibrio, dovendo trovare un adattamento
che gli permetta di essere il più economico possibile.
Le catene rette hanno una “vocazione strutturante”, quelle crociate “di movimento” e il
sistema anti-gravitazionale è il cosiddetto “distributore di energia”.
LE CATENE CROCIATE
Quando abbiamo parlato di catene di arrotolamento e di raddrizzamento abbiamo
osservato l’organizzazione del corpo su un piano sagittale. Le catene crociate di cui
parleremo qui di seguito assicurano il movimento di torsione e sono rivolte verso il
movimento rispetto alle catene rette rivolte invece alla statica.
E’ bene ricordare però che questi due sistemi non sono antagonisti, ma complementari. Il
sistema crociato ha bisogno della stabilità del sistema retto e questo da parte sua ha
bisogno del crociato per poter consolidare la propria statica quando è minacciata. E’
indispensabile comprendere questo punto per seguire l’organizzazione del corpo umano.
Proprio a livello del tronco, le catene crociate generano movimenti di torsione cioé una
spalla va verso l’anca opposta. La catena crociata anteriore organizza una torsione
anteriore, mentre quella posteriore una torsione posteriore. Esse sono costruite iniziando
da due piani muscolari che collegano la metà sinistra del tronco alla metà destra e queste
fibre oblique hanno delle sommità: la spalla e l’anca opposta, come si vede nella Fig. 1.11.
Fig. 1.11 – Catena crociata (da Busquet vol. I°)
L’asse di questo movimento invece è obliquo e va dalla testa omerale a quella femorale
opposta passando per l’ombelico. La torsione si organizza a livello e intorno a L3 (Fig.
1.12). Si può notare anche che:
1) L3 é la piattaforma attorno alla quale si organizzano la flessione e l’estensione e la
vertebra attorno alla quale si organizza la torsione.
2) l’ombelico a livello addominale (stesso livello di L3), è il centro di convergenza
forze di arrotolamento
3) l’ombelico è anche il centro di convergenza delle forze di torsione anteriori
4) la spinosa di L3 è il centro di convergenza delle forze di torsione posteriori.
delle
Questi quattro punti dimostrano che la torsione si organizza all’apice della curva lombare a
livello e intorno a L3, col centro di torsione che si trova sulla linea che collega l’ombelico a
L3 a piombo della linea di gravità: corpo di L3.
Fig. 1.12 – Centro di torsione (da Busquet vol. I°)
Le catene crociate anteriori (CCA) (Fig. 1.13)
Comprendono 2 strati: 1 superficiale ed 1 profondo, che si ricollegano sulla linea
mediana anteriore e posteriore. Inoltre le fibre di questi strati sono in continuità di direzione
e di piano. Ci sono 2 catene crociate anteriori:
- una che va dall’emi-bacino S al torace D: CCA SINISTRA
- una che va dall’emi-bacino D al torace S: CCA DESTRA
Fig. 1.13 – Catene crociate (da Busquet vol. I°)
La CCA SINISTRA è cosi costituita da 2 piani:
Il piano profondo è costituito dal piccolo obliquo con inserzioni in: - spinosa di L5 - ala
iliaca - arcata crurale - 12° 11° 10° costola - appendice xifoide, linea alba, pube.
Le fibre del piano superficiale sono invece in continuità di direzione con i muscoli dello
strato profondo. E’ costituito da: il grande obliquo con inserzioni: - linea alba – pube –
arcata crurale – ala iliaca – 7 ultime costole, completato indietro dal quadrato dei lombi:
fibre ilio-lombari (Fig 1.13), completato al di sopra dagli intercostali superficiali e dal piccolo
dentato postero-superiore. La linea alba assieme allo sterno assicura continuità a questi 2
piani superficiali e profondi.
Le catene crociate posteriori (CCP)
Ci sono 2 catene crociate posteriori (Fig. 1.14):
-
una che va dall’emi-bacino S al torace D: CCP SINISTRA
-
una che va dall’emi-bacino D al torace S: CCP DESTRA
Fig. 1.14 – Catene crociate posteriori (da Busquet vol. I°)
Vediamo qui invece come è tracciata la catena CCP DESTRA:
Troviamo: - le fibre ileo-lombari del quadrato dei lombi a destra; - la porzione ileo-lombare
della massa comune a destra; - gli intercostali destri e sinistri corrispondenti; - le fibre
costo-lombari del quadrato dei lombi a sinistra; - il piccolo dentato postero-inferiore a
sinistra.
Catene crociate, equilibrio e diaframma
Il movimento che è scatenato dal sistema crociato tende a conservare l’equilibrio del corpo
quando si muove. Si verifica uno spostamento crociato della massa. Per esempio quando
la spalla destra va in avanti e in basso, quella destra va indietro e in alto. Tale
spostamento crociato si ritrova tra gli arti superiori e inferiori. Questi movimenti di torsione
poggiano sui sistemi retti e a livello della colonna sono controllati dai muscoli monoarticolari, con funzione soprattutto propriocettiva come il traverso spinoso. Analizziamo il
ruolo del diaframma nella relazione torsione ed equilibrio. (Fig. 1.15). Il movimento di
torsione è un avvitamento delle strutture che perdono in altezza per unire movimento e
stabilità. Il diaframma infatti è un muscolo sensibile ad ogni movimento:
-
i suoi pilastri posteriori si trovano soprattutto in relazione con le catene di estensione;
-
la sua foglia anteriore è in relazione privilegiata con le catene di flessione per mezzo dei
grandi retti;
-
le foglie laterali invece lo sono con le catene crociate.
Fig. 1.15 – Diaframma (da Busquet vol. I°)
Il diaframma possiamo dire che controlla il movimento di torsione nei confronti della linea
di gravità e del suo appoggio addominale. Esso rappresenta il muscolo chiave della vita,
funziona in modo continuo ma intermittente, è molto allenato e da questo si può dedurre
che non sarà mai spontaneamente debole.
Se infatti per ipotesi, nella respirazione la sua azione non fosse sufficiente, è perché più di
cosi non può fare e la soluzione non è ottenibile con la rieducazione, ma bensì con la
liberazione delle strutture del diaframma e di quelle a distanza che gli impediscono di
funzionare. Possiamo affermare che il diaframma è il catalizzatore delle funzioni parietali e
viscerali, occorre liberarlo, ottenendo al tempo stesso un rilassamento della parte
emozionale del soggetto.
La CCA SINISTRA è cosi costituita da 2 piani:
Il piano profondo è costituito dal piccolo obliquo con inserzioni in: - spinosa di L5 - ala iliaca - arcata crurale
- 12° 11° 10° costola - appendice xifoide, linea alba, pube.
Le fibre del piano superficiale sono invece in continuità di direzione con i muscoli dello strato profondo. E’
costituito da: il grande obliquo con inserzioni: - linea alba – pube – arcata crurale – ala iliaca – 7 ultime
costole, completato indietro dal quadrato dei lombi: fibre ilio-lombari (Fig 1.13), completato al di sopra
dagli intercostali superficiali e dal piccolo dentato postero-superiore. La linea alba assieme allo sterno
assicura continuità a questi 2 piani superficiali e profondi.
Le catene crociate posteriori (CCP)
Ci sono 2 catene crociate posteriori (Fig. 1.14):
-
una che va dall’emi-bacino S al torace D: CCP SINISTRA
-
una che va dall’emi-bacino D al torace S: CCP DESTRA
Fig. 1.14 – Catene crociate posteriori (da Busquet vol. I°)
Vediamo qui invece come è tracciata la catena CCP DESTRA:
Troviamo: - le fibre ileo-lombari del quadrato dei lombi a destra; - la porzione ileo-lombare della massa
comune a destra; - gli intercostali destri e sinistri corrispondenti; - le fibre costo-lombari del quadrato dei
lombi a sinistra; - il piccolo dentato postero-inferiore a sinistra.
Catene crociate, equilibrio e diaframma
Il movimento che è scatenato dal sistema crociato tende a conservare l’equilibrio del corpo quando si
muove. Si verifica uno spostamento crociato della massa. Per esempio quando la spalla destra va in avanti e
in basso, quella destra va indietro e in alto. Tale spostamento crociato si ritrova tra gli arti superiori e
inferiori. Questi movimenti di torsione poggiano sui sistemi retti e a livello della colonna sono controllati dai
muscoli mono-articolari, con funzione soprattutto propriocettiva come il traverso spinoso. Analizziamo il
ruolo del diaframma nella relazione torsione ed equilibrio. (Fig. 1.15). Il movimento di torsione è un
avvitamento delle strutture che perdono in altezza per unire movimento e stabilità. Il diaframma infatti è
un muscolo sensibile ad ogni movimento:
-
i suoi pilastri posteriori si trovano soprattutto in relazione con le catene di estensione;
retti;
la sua foglia anteriore è in relazione privilegiata con le catene di flessione per mezzo dei grandi
-
le foglie laterali invece lo sono con le catene crociate.
Fig. 1.15 – Diaframma (da Busquet vol. I°)
Il diaframma possiamo dire che controlla il movimento di torsione nei confronti della linea di gravità e del
suo appoggio addominale. Esso rappresenta il muscolo chiave della vita, funziona in modo continuo ma
intermittente, è molto allenato e da questo si può dedurre che non sarà mai spontaneamente debole.
Se infatti per ipotesi, nella respirazione la sua azione non fosse sufficiente, è perché più di cosi non può fare
e la soluzione non è ottenibile con la rieducazione, ma bensì con la liberazione delle strutture del
diaframma e di quelle a distanza che gli impediscono di funzionare. Possiamo affermare che il diaframma è
il catalizzatore delle funzioni parietali e viscerali, occorre liberarlo, ottenendo al tempo stesso un
rilassamento della parte emozionale del soggetto.
Scarica