Sessione VI

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Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
Sessione VI
ORTIVE
COORDINATORE
M. L. GULLINO
Dipartimento di Valorizzazione e Protezione delle Risorse Agroforestali
Università degli Studi di Torino
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Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
Organismi patogeni di qualità delle ortive
1
Cariddi C., F.Casulli 1, D. Gallitelli1, G. Lima2
Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata,
Università degli Studi di Bari
2
Dipartimento di Scienze Animali, Vegetali e dell'Ambiente, Università degli Studi del Molise,
Campobasso
1
PREMESSA
1. Batteri
1.1. Picchiettatura batterica del pomodoro
1.2. Cancro batterico del pomodoro
2. Funghi
2.1. Oomiceti
2.1.1 Peronospora della lattuga
2.1.2. Peronospora delle cucurbitacee
2.1.3. Peronospora del peperone
2.1.4. Peronospora del pomodoro e della patata
2.1.5. Marciume zonato del pomodoro
2.1.6. Marciume dei semenzai
2.2. Ascomiceti
2.2.1. Oidio delle cucurbitacee
2.2.2. Oidio delle cucurbitacee
2.2.3. Oidio delle solanacee
2.2.4. Muffa grigia
2.2.4. Sclerotinia
2.3. Basidiomiceti
2.3.1. Mal vinato dell’asparago
2.3.2. Rizottoniosi
2.3.3. Mal dello sclerozio
2.4. Deuteromiceti
2.4.1. Alternariosi
2.4.2. Cladosporiosi
2.4.3. Fusariosi
2.4.4. Radice suberosa del pomodoro
2.4.5. Tracheoverticilliosi
3. Virus
3.1. Virus del mosaico dell’erba medica
3.2. Virus del mosaico del cetriolo su cucurbitacee
3.2. Virus del mosaico del cetriolo su peperone
3. 3. Virus del mosaico del cetriolo su pomodoro
3.4. Virus del mosaico della lattuga su lattuga, indivia e scarola
3.5. VirusY della Patata su peperone
3.6. VirusY della Patata su pomodoro
3.6. Virus della maculatura zonata del geranio su pomodoro
3.7. Virus dell’avvizzimento maculato del pomodoro su lattughe, cicoria e carciofo
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3.8. Virus dell’avvizzimento maculato del pomodoro su melanzana
3.9. Virus dell’avvizzimento maculato del pomodoro su peperone
3.10. Virus dell’avvizzimento maculato del pomodoro su pomodoro
3.11. Virus dell’accartocciamento fogliare giallo del pomodoro
3.11. Virus del mosaico 2 dell’anguria
3.12. Virus del mosaico dello zucchino
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PREMESSA
Il D.M. del 14/4/1997 (Recepimento delle Direttive della Commissione n. 93/61/CEE del
2 luglio 1993 e n. 93/62/CEE del 5 luglio 1993, relative alle norme tecniche sulla
commercializzazione delle piantine di ortaggi e dei materiali di moltiplicazione di ortaggi, ad
eccezione delle sementi precisa all’art. 5 i requisiti fitosanitari che tali
materiali devono
possedere:
Il materiale deve essere, almeno all’esame visivo, privo di organismi nocivi o malattie
pregiudizievoli alla qualità, nonché di loro sintomi che limitino la possibilità di utilizzarlo
come materiale di moltiplicazione e come piantina ortiva; in particolare deve essere privo
degli organismi o delle malattie elencati nell’allegato II del presente decreto per quanto
concerne i generi e le specie considerati.
Considerate le diverse possibili interpretazioni che possono essere date alla definizione di
“requisiti fitosanitari” di cui all’art. 5 e l’elenco dei patogeni fungini di “qualità” riportato
nell’allegato II del D.M. del 14/4/1997 per le ortive, sulla base della rilevanza economica dei
patogeni trasmissibili attraverso il materiale di propagazione, nonché dei dati disponibili in
letteratura e dell’esperienza maturata nell’ambito del Progetto POM A32, è stato integrato
l’elenco di cui all’allegato II e, per alcuni patogeni, sono state precisate le specie.
Per ciascun patogeno è stata realizzata una scheda riportante le informazioni circa
l’inquadramento sistematico, le piante ospiti, la distribuzione geografica, le modalità di
diffusione, la sintomatologia indotta sulle piante, la modalità di diagnosi e i principi su cui si
basa la lotta. Inoltre, si è ritenuto utile indicare anche quegli aspetti che nel processo produttivo
possono creare le condizioni per una possibile infezione (punti critici), gli obblighi che vivaisti e
Servizio fitosanitario devono rispettare e, infine, alcuni consigli pratici rivolti agli agricoltori.
Infine, sono state anche approntate le schede di patogeni fungini non contemplati
nell’allegato II del suddetto decreto riscontrati rinvenuti con frequenza negli ambienti di
diffusione del vivaismo orticolo in Molise e Puglia.
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1. BATTERI
C.Cariddi
Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata
Università degli Studi di Bari
1.1. Picchiettatura batterica del pomodoro (Tav. I)
Inquadramento tassonomico
Famiglia
Genere
Specie
Pseudomonadaceae
Pseudomonas
Pseudomonas syringae pv. tomato
Distribuzione geografica: ubiquitario
Modalità di diffusione
Il batterio sopravvive per lungo tempo sui semi contaminati e solo per 2-3 anni sui residui
di vegetazione infetta. Sopravvive anche nella rizosfera di piante coltivate (frumento,
barbabietola da zucchero) e spontanee (Brassica campestris, B. nigra e Stellaria media) e come
epifita sia sulle foglie di numerose piante infestanti (Amaranthus retroflexus, Solanum nigrum,
Chenopodium album, Portulaca oleracea) che del pomodoro. Da qui il batterio in presenza di
temperature comprese fra 13 e 25 °C e con umidità superiore all’80% può avviare il processo
infettivo penetrando attraverso gli stomi e microlesioni. La diffusione del patogeno
nell’ambiente di coltivazione avviene ad opera degli insetti, della pioggia, del vento e degli
attrezzi di coltivazione.
Piante ospiti: Pomodoro
Sintomatologia
Piccole macchie (1-2 mm di diametro) necrotiche con alone clorotico sulle foglie,
macchie necrotiche allungate sul fusto, macchie necrotiche (1-2 mm di diametro) con alone
idropico sui frutti verdi e con alone clorotico sui frutti maturi (Tavola I).
Diagnosi
Isolamento su Agar-Nutritivo-Saccarosio (colonie levaniformi dopo 48 ore a 25°C) o su
Agar-King-B (colonie molto fluorescenti dopo 48 ore a 25°C); saggio LOPAT, alcuni saggi
biochimici, nutrizionali e fisiologici differenziali consigliati per l’identificazione delle patovar di
Pseudomonas syringae e saggio sierologico (ELISA o immunofluorescenza indiretta). Saggi di
conferma: analisi degli acidi grassi cellulari o PCR.
Lotta
Impiego di seme sano o risanato, evitare l’irrigazione per aspersione, allontanamento dei
residui di vegetazione infetti, rotazioni colturali di almeno tre anni, trattamenti con composti
rameici sia in vivaio che in campo alla comparsa dei primi sintomi. Evitare trattamenti con
composti rameici durante il periodo di piena fioritura.
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Punti critici
Per i vivaisti: utilizzare seme di cui sia garantita la sanità accertata mediante analisi di
laboratorio.
Per gli agricoltori: evitare l’impiego di piantine di origine dubbia o che presentano sintomi
assimilabili a quelli della “picchiettatura batterica”.
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TAVOLA I
2
3
4
Fig. 1. “Picchiettatura batterica” del pomodoro: macchie necrotiche con alone
clorotico su foglie di piantine in vivaio
Fig. 2. “Picchiettatura batterica” del pomodoro: foglie accartocciate su piante adulte
Fig. 3. “Picchiettatura batterica” del pomodoro: sintomi su fusto
Fig. 4. “Picchiettatura batterica” del pomodoro: sintomi su frutti
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1.2. Cancro batterico del pomodoro (Tav. II e III)
Inquadramento tassonomico
Famiglia
Genere
Specie
non classificata
Clavibacter
Clavibacter michiganensis subsp. michiganensis
(Batterio da quarantena)
Distribuzione geografica: presente in tutte le aree di coltivazione del pomodoro.
Modalità di diffusione
Il batterio sopravvive per diversi anni nei semi, mentre nel terreno e nei residui infetti della
vegetazione, sia di pomodoro che di piante infestanti (Solanum nigrum), interrati sopravvive solo
fino a 2-3 anni. Dai semi, in condizioni di alta umidità, colonizza i vasi xilematici delle piante e,
successivamente, i tessuti parenchimatici adiacenti il floema e l’epidermide fino a formare i cancri.
Dai tessuti conduttori raggiunge le strutture fiorali e, attraverso il micropilo, colonizza l’embrione.
Le ferite su foglie, fusto e frutto, provocate da grandine, vento, pioggia ed insetti, oltre alle
operazioni colturali (cimatura, legatura) contribuiscono alla diffusione della malattia. Condizioni
ottimali per lo sviluppo della malattia sono temperature sui 26-28 °C ed alti tenori di umidità
Piante ospiti: Pomodoro
Sintomatologia
Avvizzimenti unilaterali delle foglie e delle fogliole e incurvamento a doccia verso l’alto,
imbrunimento delle tracce fogliari a “ferro di cavallo”, striature di colore bruno-chiaro sul fusto che
in seguito evolvono in cancri, imbrunimento dei tessuti vascolari e scollamento della corteccia,
presenza di zone cave del midollo soprattutto in prossimità dei cancri. Si possono manifestare
infezioni localizzate sul frutto sotto forma di pustole nerastre circondate da un alone biancastro
(macchie ad “occhio di uccello”) (Tavole II e III).
Diagnosi
Isolamento su substrato selettivo CNS (colonie gialle, fluide, lucenti e convesse di 2-4 mm
di diametro dopo 5-6 giorni a 25 °C) oppure su NBY (colonie leggermente giallastre, lucenti,
convesse a margine intero di 2-3 mm di diametro dopo 4 giorni a 25 °C), saggi biochimici e
nutrizionali e saggio sierologico (ELISA o immunofluorescenza indiretta). Saggi di conferma:
analisi degli acidi grassi cellulari o PCR.
Lotta
Impiego di seme sano o risanato, allontanamento dei residui colturali infetti, rotazioni
colturali di almeno tre anni, trattamenti con composti rameici per prevenire le infezioni secondarie.
Punti critici
Per i vivaisti: utilizzare semi di cui sia garantita la sanità mediante saggi di laboratorio.
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TAVOLA II
2
3
Fig. 1. “Cancro batterico” del pomodoro: cancri su fusto
Fig. 2. “Cancro batterico” del pomodoro: sintomi su foglie
Fig. 3. “Cancro batterico” del pomodoro: imbrunimenti vascolari
Fig. 4. “Cancro batterico” del pomodoro: tracce fogliari
4
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TAVOLA III
Fig. 1. “Cancro batterico” del pomodoro: necrosi e cavità del midollo
Fig. 2. “Cancro batterico” del pomodoro: sintomi su frutto maturo
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2. FUNGHI
1
F.Casulli 1, G. Lima2
Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata,
Università degli Studi di Bari
2
Dipartimento di Scienze Animali, Vegetali e dell'Ambiente, Università degli Studi del Molise, Campobasso
2.1. Oomiceti
2.1.1 Peronospora della lattuga
Inquadramento tassonomico
Regno
Phylum
Classe
Ordine
Famiglia
Specie
Chromista
Oomycota
Oomycetes
Peronosporales
Peronosporaceae
Bremia lactucae Regel
Distribuzione geografica: In tutte le aree ove sono presenti gli ospiti
Ospiti: Lattuga, Cicoria, Carciofo, Cardo, Composite spontanee e coltivate
Modalità di diffusione
Gli sporangio-conidi (o conidiangi), trasportati da schizzi di acqua e dal vento, diffondono
la malattia. Essi germinano bene a 15-20°C, dando origine al micelio e, solo eccezionalmente, a
zoospore. La malattia appare soprattutto sulle foglie più vecchie e vicino al terreno. Il fungo, per
superare periodi avversi, può formare oospore nel mesofillo fogliare o nei tessuti attaccati.
Sintomatologia
Sulle foglie si notano macchie angolose, singole o confluenti, dapprima clorotiche, poi
brune ed infine necrotiche, recanti una abbondante efflorescenza biancastra nella pagina inferiore
(rami sporangiofori) (Tav. 7 A).
Diagnosi
Sintomi sugli ospiti. Rami sporangiofori divisi più volte dicotomicamente e terminanti con
rigonfiamenti vescicolari recanti 2-8 sterigmi portanti, ciascuno, uno sporangio-conidio ovoidale,
ialino, di 17-20 µm di diametro.
Lotta
Evitare le condizioni di elevata umidità. Varietà resistenti. Distruzione dei residui colturali.
Fungicidi consigliati: Prodotti a base di Propamocarb, Clortalonil, Metalaxil, Cymoxanil,
Benalaxyl, Oxadixil, Dimethomorf, Phosetil Al, Azoxystrobin.
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2.1.2. Peronospora dele cucurbitacee
Inquadramento tassonomico
Regno
Phylum
Classe
Ordine
Famiglia
Specie
Chromista
Oomycota
Oomycetes
Peronosporales
Peronosporaceae
Pseudoperonospora cubensis (Berck. et Kurt.) Rostow
Distribuzione geografica: Area di coltivazione delle Cucurbitaceae
Ospiti: Cucurbitaceae, soprattutto melone e cetriolo
Modalità di diffusione
Gli sporangi, trasportati da schizzi d’acqua o dal vento, diffondono la malattia in forma
epidemica. Essi germinano per zoospore (planoconidi) le quali, per la loro mobilità, necessitano di
un velo d’acqua sulla superficie fogliare. Questo e una temperatura di 16-22°C, sono le condizioni
ottimali per lo sviluppo della malattia. Per superare condizioni avverse, nei tessuti invasi dal fungo
si differenziano, seppure in scarsa misura, le oospore.
Sintomatologia
Sulle foglie determina macchie angolose, singole o confluenti, dapprima traslucide e
oleose-clorotiche e poi brune (Tav. 2 A), ricoperte nella pagina inferiore di una muffetta grigioviolacea (rami sporangiofori portanti gli zoosporangi) (Tav. 2 B). I teneri germogli, le foglie o le
parti attaccate, rapidamente disseccano e si lacerano.
Diagnosi
Sintomi sull’ospite. Rami sporangiofori divisi più volte dicotomicamente e terminanti con
uno sterigma portante uno zoosporangio ovoidale (10-25 x 22-26 µm) (Tav.2 C)
Lotta
Evitare le condizioni di elevata umidità. Varietà resistenti. Distruzione dei residui colturali.
Fungicidi consigliati: Propamocarb, Clortalonil, Cymoxanil, Fenilammidi (metalaxil,
benalaxyl, oxadixil), Dimethomorf, Fosetil Al, Azoxystrobin.
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2.1.3. Peronospora del peperone
Inquadramento tassonomico
Regno
Phylum
Classe
Ordine
Famiglia
Specie
Chromista
Oomycota
Oomycetes
Pythiales
Pythiaceae
Phytophthora capsici Leonian
Distribuzione geografica: aree umide con coltivazioni intensive
Ospiti: fungo alquanto polifago e parassita di numerose piante erbacee ed arboree.
Modalità di diffusione
Il fungo attacca tutti gli organi verdi della pianta (in particolare i frutti e il colletto) in tutti
gli stadi vegetativi della coltura. La malattia si manifesta soprattutto nelle zone temperato calde
(optimum 28°C) e molto umide. Sui tessuti delle piante ammalate, in presenza di elevata umidità,
fuoriescono gli sporangiofori portanti gli zoosporangi. Questi trasportati dal vento o dall’acqua,
possono provocare nuove infezioni, liberando le zoospore mobili o germinando direttamente (oltre
i 20°C). Il fungo raramente forma clamidospore ma produce oospore che sopravvivono nel terreno
anche per molti anni.
Sintomatologia
Sul peperone causa imbrunimenti e marciume delle radici, della zona del colletto e alla base
del fusto (Tav. 1 E) con conseguente graduale avvizzimento e morte delle piante. Sui frutti ancora
verdi, invece, forma macchie idropiche di colore brunastro o grigio verdastro che, partendo
dall’apice stilare o zona calicina, si allargano rapidamente sino ad interessare tutta la bacca
provocando un marciume molle con decomposizione dei tessuti interni.
Diagnosi
Micelio molto toruloso. Sporangiofori ramificati irregolarmente portanti sporangi di forma
variabile, papillati, caduchi, assottigliati alla base e con un lungo pedicello. Essi sono portati,
sull’ifa sporangiofora, a forma di ombrella. Raramente forma clamidospore.
Lotta
Evitare i ristagni idrici e le condizioni di elevata umidità. Distruzione dei residui colturali.
Solarizzazione. Rotazioni. Fumigazioni.
Fungicidi consigliati: Rame, Etilenbis-ditiocarbammati, Propamocarb, Cimoxanil,
Clortalonil, Fenilammidi (metalaxil, benalaxil, oxadixil), Fosetil Al, Strobilurine.
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2.1.4. Peronospora del pomodoro e della patata
Inquadramento tassonomico
Regno
Phylum
Classe
Ordine
Famiglia
Specie
Chromista
Oomycota
Oomycetes
Pythiales
Pythiaceae
Phytophthora infestans (Mont.) de Bary
Distribuzione geografica: Area di coltivazione delle Solanaceae
Ospiti: Patata, Pomodoro, Melanzana e altre Solanaceae
Modalità di diffusione
Il fungo attacca tutti gli organi verdi della pianta in tutti gli stadi vegetativi della coltura e la
malattia si manifesta soprattutto nelle zone fresche (optimum 15-25°C) e molto umide.
Dagli stomi, le lenticelle o dalle lesioni degli organi attaccati, fuoriescono ife aeree portanti gli
zoosporangi. Questi trasportati dal vento o dall’acqua, possono provocare nuove infezioni,
liberando le zoospore mobili o germinando direttamente per micelio (oltre i 18°C). In condizioni
particolari, nei tessuti infetti si formano le oospore.
Sintomatologia
Sulle foglie compaiono macchie irregolari, verde grigiastro, che poi diventano brune con
alone clorotico. Sui frutti e sui tuberi si formano macchie leggermente depresse e asciutte a
contorni ben definiti. Dalla foglia, il fungo può passare al picciolo e allo stelo provocando
l’avvizzimento e la morte delle parti distali. Nella pagina inferiore, le foglie si ricoprono di una
efflorescenza biancastra costituita dai rami sporangiofori fuoriuscenti dagli stomi. In condizioni di
elevata umidità, tale muffetta si forma anche sugli altri organi attaccati (piccioli, steli, frutti) (Tav.
1 A, B, C). In genere, gli organi colpiti emanano uno sgradevole odore di pesce fradicio.
Diagnosi
Sporangiofori costituiti da segmenti claviformi (Tav. 1 D) attenuati verso la parte distale del
ramo e sporangi ialini, limoniformi (22-32 x 16-24 µm) e muniti di papilla apicale
Lotta
Evitare i ristagni idrici e le condizioni di elevata umidità, distruggere i residui colturali.
Fungicidi consigliati: Rame, Etilenbis-ditiocarbammati, Propamocarb, Cimoxanil, Clortalonil,
Diclofluanide, Fenilammidi (metalaxil, benalaxil, oxadixil), Dimethomorf, Fosetil Al, Strubilurine.
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2.1.5. Marciume zonato del pomodoro
Inquadramento tassonomico
Regno
Phylum
Classe
Ordine
Famiglia
Specie
Chromista
Oomycota
Oomycetes
Pythiales
Pythiaceae
Phytophthora nicotianae Breda de Haan. (= P. parasitica Dastur)
Distribuzione geografica: aree umide con coltivazione intensiva
Ospiti: fungo alquanto polifago e parassita di numerose piante erbacee ed arboree.
Modalità di diffusione
Il fungo attacca tutti gli organi verdi della pianta (in particolare i frutti e il colletto) in tutti
gli stadi vegetativi della coltura. La malattia si manifesta soprattutto nelle zone temperato-calde
(optimum 17-28°C) e molto umide. Dagli organi attaccati, in presenza di elevata umidità,
fuoriescono ife aeree portanti gli zoosporangi. Questi trasportati dal vento o dall’acqua, possono
provocare nuove infezioni, liberando le zoospore mobili. Il fungo forma numerose clamidospore ed
oospore e può sopravvivere nel terreno per molti anni.
Sintomatologia
Sul pomodoro causa imbrunimenti e marciume nella zona del colletto (Tav. 1 F) con
conseguente graduale avvizzimento e morte delle piante o, nei casi meno gravi, l’emissione di
nuove radici avventizie. Sui frutti ancora verdi, invece, forma macchie idropiche di colore
brunastro o grigio verdastro, ad andatura concentrica e localizzate soprattutto all’apice stilare. I
frutti colpiti vanno soggetti ad un marciume molle con decomposizione dei tessuti interni.
Diagnosi
Micelio leggermente toruloso. Sporangiofori lunghi, irregolari portanti un singolo sporangio
(o 2-4 in simpodio) piriforme (36 x 26 µm) papillato, non caduco con un corto pedicello (5µm).
Abbondanti clamidospore terminali o intercalari di circa 28µm di diam.
Lotta
Evitare i ristagni idrici e le condizioni di elevata umidità, distruggere i residui colturali.
Rotazioni.
Fungicidi consigliati: Prodotti a base di Rame, Etilenbis-ditiocarbammati, Propamocarb,
Cimoxanil,
Clortalonil,
Diclofluanide, Fenilammidi (metalaxil, benalaxil, oxadixil),
Dimethomorf, Fosetil Al, Strobilurine.
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2.1.6. Marciume dei semenzai
Inquadramento tassonomico
Regno
Phylum
Classe
Ordine
Famiglia
Specie
Chromista
Oomycota
Oomycetes
Pythiales
Pythiaceae
Pythium spp.
Distribuzione geografica: aree umide con coltivazione intensiva
Ospiti: fungo molto polifago, prevalentemente di piante erbacee o allo stato erbaceo.
Modalità di diffusione
Il fungo vive normalmente nel terreno e per la sua azione patogenica si avvantaggia di
condizioni di elevata umidità e di temperatura intorno ai 25°C. Le sedi preferenziali di attacco del
fungo sono la zona del colletto o il punto di inserzione del picciolo o la zona di contatto dei frutti
con il terreno. Nel suo ciclo biologico, ha una fase di moltiplicazione costituita da ife molto esili
portanti zoosporangi o conidiangi globosi (10-35 µm) che a maturità liberano zoospore mobili, ed
una fase riproduttiva rappresentata dalle oospore. Il fungo permane nel terreno allo stato
saprofitario o come oospora o clamidospora.
Sintomatologia
Moria dei semenzai con strozzatura del fusto nella zona del colletto e marcescenza delle
radici, deperimento, allettamento e morte delle piantine. La malattia in genere si espande a macchia
d’olio. Sugli organi attaccati, si nota la presenza di una muffetta sericea e biancastra (Tav. 4 D) che
si espande molto rapidamente, mentre i tessuti imbruniscono e marciscono.
Diagnosi
Sintomi della malattia. Micelio esile ialino, cenocitico con formazione di clamidospore,
oospore (12-17 µm) e ife sporangiofore con zoosporangi sferici (14-36 µm), cilindrici o lobati.
Questi germinano formando un tubulo più o meno lungo con una vescicola effimera entro cui si
formano e sostano le zoospore.
Lotta
Evitare i ristagni idrici e l’eccesso di umidità, ricorrere alla pacciamatura, fare
concimazioni equilibrate, evitare le semine fitte o trapianti molo ravvicinati.
Fungicidi consigliati: Prodotti a base di Rame, Etilenbis-ditiocarbammati, Anilazina, Propamocarb,
Cymoxanil, Clortalonil, Fenilammidi, Fosetil Al, Strobilurine.
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2.2. Ascomiceti
2.2.1. Oidio delle cucurbitacee (questa malattia può essere dovuta anche a Sphaerotheca fusca
= S. fuliginea (si veda scheda successiva)
Inquadramento tassonomico
Regno
Phylum
Ordine
Famiglia
Specie
Fungi
Ascomycota
Erysiphales
Erysiphaceae
Erysiphe cichoracearum DC ex Mecat (an. = Oidium asteris-punicei Pek)
Distribuzione geografica: area di coltivazione delle Cucurbitacee e delle Composite sia in pieno
campo che in serra.
Ospiti: Cucurbitaceae, Compositae (lattuga, girasole, zinnia, astro, dalia)
Modalità di diffusione
Il fungo, a sviluppo superficiale, è favorito da bassa U.R. temperatura mite (28°C) e
luminosità ridotta. Pertanto le infezioni sono più gravi in estate e nelle regioni aride, in annate a
scarsa piovosità, su piante lussureggianti o in piantagioni ad elevata intensità e comunque in
condizioni di serra. Il fungo sopravvive come micelio o formando cleistoteci (molto rari) sui residui
colturali o su piante ponte coltivate e spontanee.
Sintomatologia
Sulle foglie e sugli steli compaiono plagule bianche rotondeggianti costituite dall’ammasso
micelico, dai conidiofori e dai conidi. Tali plagule spesso confluiscono a formare un unico feltro
micelico bianco-cinereo. Le foglie attaccate dapprima diventano clorotiche, poi necrotizzano ed
infine si può avere filloptosi con conseguenze negative sulla produzione in termini qualitativi e
quantitativi
Diagnosi
Osservazioni dei sintomi sulle foglie: micelio superficiale con ife dritte e fini (4-8 µm). I
cleistoteci (85-160 µm) hanno numerosi fulcri micelioidi (Ø = 0,5-4 µm) nella parte bassa e
contengono 5-25 aschi aventi ciascuno 2 ascospore. I conidi non hanno corpi fibrosinici e sono
portati in lunghe catene. Essi germinano apicalmente con un tubulo semplice e portano molti
appressori lobati.
Lotta
Varietà resistenti. Prodotti a base di Azoxistrobin, IBS, Quinoxifen.
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2.2.2. Oidio delle cucurbitacee
Inquadramento tassonomico
Regno
Phylum
Ordine
Famiglia
Specie
Fungi
Ascomycota
Erysiphales
Erysiphaceae
Sphaerotheca fusca (S. fuliginea) (Schlecht. ex Fr.) Poll. (an = Oidium
citrulli Yen et Wang)
Distribuzione geografica: area di coltivazione delle Cucurbitacee sia in serra che in pieno campo
Ospiti: Cucurbitaceae, Solanaceae, Asteraceae
Modalità di diffusione
Il fungo, a sviluppo superficiale, è favorito da bassa U.R., temperatura mite (28°C) e
luminosità ridotta. Pertanto le infezioni sono più gravi in estate e nelle regioni aride, in annate a
scarsa piovosità, su piante lussureggianti o in piantagioni ad elevata intensità e comunque in
condizioni di serra. I conidi possono germinare anche con U.R. al di sotto del 20%. Il fungo
sopravvive come micelio o formando cleistoteci (molto rari) sui residui colturali o su piante ponte
coltivate e non.
Sintomatologia
Sulle foglie e sugli steli compaiono plagule bianche, rotondeggianti, costituite dall’ammasso
micelico, dai conidiofori e dai conidi (Tav. 3 A). Tali plagule spesso confluiscono a formare un
unico feltro micelico bianco-cinereo. Le foglie attaccate dapprima diventano clorotiche, poi
necrotizzano e, infine, si può avere filloptosi con conseguenze negative sulla produzione in termini
qualitativi e quantitativi.
Diagnosi
Osservazioni dei sintomi sulle foglie: micelio superficiale con ife spesse (5-10 µm) e di
color bruno. I cleistoteci (70-100 µm) hanno un solo asco con 6-8 ascospore. Essi inoltre hanno
pochi e grossolani fulcri micelioidi. I conidi presentano corpi fibrosinici, germinano lateralmente e
producono un tubulo corto, tozzo e biforcuto ( Tav. 3 B).
Lotta
Varietà resistenti. Prodotti a base di Azoxistrobin, IBS, Quinoxifen
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2.2.3. Oidio delle solanacee
Inquadramento tassonomico
Regno
Phylum
Ordine
Famiglia
Specie
Fungi
Ascomycota
Erysiphales
Erysiphaceae
Leveillula taurica (Lév.) G.Arnaud an. = Oidiopsis taurica (Lév.) Salmon
Distribuzione geografica: area di coltivazione degli ospiti sia in serra che in pieno campo.
Ospiti: Solanaceae, Asteraceae, alcune Cucurbitaceae
Modalità di diffusione
Si manifesta soprattutto a fine ciclo e su piante vecchie. Attacca e si sviluppa ottimamente a
20-25°C e in presenza di elevata U.R. Il fungo supera i periodi avversi come micelio o formando
cleistoteci (molto rari) sui residui colturali o su piante ponte coltivate e non (Sonchus oleraceus,
Gossypium hirsutum, Physalis spp.) Il micelio è emiendofita e colonizza il mesofillo
intercellularmente immettendo austori nelle cellule
Sintomatologia
Sulla pagina inferiore delle foglie si nota una efflorescenza biancastra-giallina costituita
dall’insieme dei conidiofori e conidi del fungo (Tav. 2 F). Sulla corrispondente superficie della
pagina superiore compare una macchia clorotica che successivamente necrotizza (Tav. 2 D, E). I
conidiofori, generalmente semplici, fuoriescono in numero di 2-3 dagli stomi della pagina inferiore
portanti ciascuno 2-3 conidi cilindrici di cui il primo mitriforme.
Diagnosi
Osservazioni dei sintomi sulle foglie: micelio endofitico. I cleistoteci (140-250 µm) hanno
circa 20 aschi con 2 ascospore. Inoltre essi hanno numerosi, ma molto corti, fulcri micelioidi. I
conidi presentano uno spiccato dimorfismo, germinano apicalmente con un tubulo semplice e
appuntito. Gli appressori sono assenti o coralloidi.
Lotta
Impiego di varietà resistenti. Fungicidi consigliati: Prodotti a base di Azoxistrobin, IBS,
Quinoxifen
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2.2.4. Muffa grigia
Inquadramento tassonomico
Regno
Phylum
Ordine
Famiglia
Specie
Fungi
Ascomycota
Helotiales
Sclerotiniaceae
Botrytis cinerea Pers. ex Fr. [tel. = Botryotinia fuckeliana
Whetzel]
(De Bary)
Distribuzione geografica: presente ovunque.
Ospiti: è un fungo estremamente polifago
Modalità di diffusione
Il fungo può vivere come saprofita o parassita attaccando in particolare gli organi teneri.
Esplica la sua massima attività a 21-25°C e in condizioni di elevata umidità e si diffonde per mezzo
dei conidi. I residui fiorali e parti di pianta senescenti possono costituire importanti sorgenti di
inoculo. Le infezioni sono favorite da ferite e lesioni di vario tipo. In condizioni avverse può
formare sclerozi che si conservano vitali per molti anni. Al ristabilirsi delle condizioni favorevoli,
essi germinano ricoprendosi di conidiofori e conidi o, solo in condizioni di laboratorio,
differenziano gli apoteci.
Sintomatologia
Il fungo causa estese lesioni necrotiche o il marciume molle degli organi attaccati che si
ricoprono di una abbondante muffa grigia (fruttificazione conidica). Su tali organi, spesso si può
osservare anche la presenza di numerosi sclerozi neri. Gli attacchi del fungo spesso comportano
la morte della pianta o il disseccamento degli organi o della vegetazione sovrastante il sito di
infezione (Tav. 3 C, D, E, F).
Diagnosi
Sintomi sugli ospiti. Micelio polinucleato robusto, ialino, o leggermente grigio. Conidiofori
lunghi, scuri, con cellula basale globosa, ramificati ortogonalmente nella regione terminale e
portanti su fini denticolazioni, numerosi conidi lisci, ovoidali, non settati, di 11 x 11-15 µm.
Produzione di sclerozi neri irregolarmente appiattiti di 1-5 mm di lunghezza.
Lotta
Allontanamento di tutti i residui colturali, pulizia ed arieggiamento delle serre o del vivaio,
evitare le condizioni di elevata umidità.
Fungicidi consigliati: Prodotti a base di Iprodione, Procimidone, Pirimetanil, Ciprodinil,
Diclofluanide, Fludioxonil, Thiram,, Dicloran, Tebuconazole.
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2.2.4. Sclerotinia
Inquadramento tassonomico
Regno
Phylum
Ordine
Famiglia
Specie
Fungi
Ascomycota
Helotiales
Sclerotiniaceae
Sclerotinia sclerotiorum (Lib.) de Bary
Distribuzione geografica: area di coltivazione degli ortaggi.
Ospiti
Polifago: attacca oltre 106 specie tra fiori, ortaggi e piante industriali
Modalità di diffusione
Sui e nei tessuti infetti il fungo forma numerosi sclerozi alquanto grandi (2-20 x 3-7 mm) e
irregolari spessi e duri che possono sopravvivere sino a 8-10 anni. In condizioni ottimali, essi
germinano dando origine al micelio oppure formano uno o più apoteci tappezzati da aschi
contenenti 8 ascospore ciascuno. Queste, tramite il vento, permettono la diffusione a lunga distanza
del patogeno e facilitano l’evoluzione della specie.
Sintomatologia
Il fungo attacca tutti gli organi della pianta ma, in particolare, la zona del colletto causando
marciume dei tessuti e conseguente appassimento, avvizzimento e morte dell’ospite. Sugli organi
attaccati si nota un abbondante micelio bianco e presenza di numerosi sclerozi irregolari neri (Tav.
4 E, F).
Diagnosi
Sintomi sull’ospite. Isolamento e allevamento su substrati artificiali (AA, PDA) ove ben
presto si formano gli sclerozi come descritto al punto precedente.
Lotta
Rotazioni, eliminazione di tutti i residui colturali, solarizzazione, fumigazione.
Fungicidi consigliati: Prodotti a base di Dicloran, Iprodione, Procimidone, Ciprodinil, Fludioxonil.
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2.3. Basidiomiceti
2.3.1. Mal vinato dell’asparago
Inquadramento tassonomico
Regno
Phylum
Classe
Sottoclasse
Ordine
Famiglia
Specie
Fungi
Basidiomycota
Basidiomycetes
Holobasidiomycetidae
Auriculariales
Auriculariaceae
Helicobasidium brebisonii (Desm.) Donk (= H. purpureum
Rhizoctonia violacea Tul.)
Pat.) (sin.=
Distribuzione geografica:
Ospiti: Asparago e numerose altre piante erbacee
Modalità di diffusione
Questo fungo tellurico può riprodursi indefinitamente nella forma miceliale. È molto attivo
a 25-30°C e quando nel suolo vi è una elevata umidità, un pH acido e presenza di sostanza organica.
Sopravvive sui residui colturali e si conserva per molto tempo per mezzo dei corpi miliari e degli
pseudosclerozi.
Sintomatologia
Le piante attaccate ingialliscono, deperiscono e muoiono e le “zampe” vanno incontro ad un
rapido processo di marcescenza e decomposizione. La malattia si allarga a macchia d’olio creando
ampie chiazze (Tav. 7 B). I sintomi tipici si possono rilevare sulle radici e sui rizomi ove il fungo
forma un feltro rosso vinato frammisto a cordoni micelici e corpi miliari più scuri di 0,3-0,5 mm e
talvolta, sui tessuti in decomposizione, differenzia anche degli pseudosclerozi (Tav. 7 C).
Diagnosi
Micelio di colore violaceo con cellule a barilotto e presenza di aggregati micelici (corpi
miliari). Basidi curvi di 4-5 µm con 3 setti e portanti basidiospore ialine arcuate ed ellissoidali (9-12
x 5-8 µm).
Lotta
Disinfezione del terreno. Fungicidi consigliati: prodotti a base di Tolchlofos-metile
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2.3.2. Rizottoniosi
Inquadramento tassonomico
Regno
Phylum
Classe
Sottoclasse
Ordine
Famiglia
Specie
Fungi
Basidiomycota
Basidiomycetes
Holobasidiomycetidae
Ceratobasidiales
Ceratobasidiaceae
Rhizoctonia solani Kühn tel = Thanathephorus cucumeris (Frank) Donk
Ospiti
Fungo molto polifago
Modalità di diffusione
Il fungo è normalmente presente nel terreno come micelio attivo o come pseudosclerozi.
L’elevata umidità e una temperatura superiore ai 21°C sono le condizioni ottimali di sviluppo. Può
attaccare tutti gli organi della pianta in tutti gli stati vegetativi ma le maggiori infezioni si hanno
nella zona del colletto.
Sintomatologia
Il fungo a “micelio sterile” causa imbrunimenti e marciumi radicali, basali o del fusto e
moria delle piante. Sugli organi attaccati si possono formare croste nere o manicotti feltrosi biancogrigiastri (Tav. 4 C). In condizioni molto favorevoli può attaccare anche le parti aeree con necrosi
dei germogli. Sulle bacche di pomodoro in prossimità del terreno, provoca macchie dapprima
brunastre poi bruno-scuro, depresse, di 1-2 cm, con anellatura concentrica, tendenti a fessurarsi al
centro.
Diagnosi
Micelio olivaceo-bruno, robusto, a rapido sviluppo, con ramificazioni per lo più
perpendicolari prodotte in prossimità del setto distale e con restringimenti basali. Le cellule ifali
sono multinucleate e a botticella. Forma pseudosclerozi crostiformi di 1 mm di Ø. I basidi sono
unicellulari e portati generalmente a grappoli su semplici substrati di ife intrecciate. I basidi
presentano 4 sterigmi portanti spore ovate ripetitive
Lotta
Evitare i ristagni idrici e le condizioni di elevata umidità, distruggere i residui colturali,
utilizzare seme conciato.
Fungicidi consigliati: prodotti a base di Tolchlofos metile.
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2.3.3. Mal dello sclerozio
Inquadramento tassonomico
Regno
Phylum
Classe
Sottoclasse
Ordine
Famiglia
Specie
Fungi
Basidiomycota
Basidiomycetes
Holobasidiomycetidae
Stereales
Corticiaceae
Sclerotium rolfsii Curzi. (tel. = Athelia (Corticium) rolfsii (Curzi) Tu et
Kimbrough
Ospiti
Fungo molto polifago (attacca oltre 200 specie) prevalentemente su piante erbacee
Modalità di diffusione
Il fungo può comportarsi da parassita, a livello delle radici e del colletto delle piante, o da
saprofita sui residui colturali. Molto dannoso nei climi temperato caldi (optimum 25-30°C) e umidi
durante l’estate. Si diffonde mediante le basidiospore ma soprattutto attraverso le ife e gli sclerozi.
Sintomatologia
Sull’apparato radicale e al colletto causa necrosi a cui segue un marciume molle e comparsa
di una abbondante vegetazione fungina bianco sericea che si espande a ventaglio assumendo una
consistenza feltrosa. Nella massa micelica compaiono numerosi piccoli sclerozi per lo più sferici
(0,5-1 mm di diametro), dapprima color bianco giallastro e poi marrone o bruno-scuro (Tav. 4 A,
B). Le piante attaccate deperiscono più o meno rapidamente e poi muoiono.
Diagnosi
Sintomi sugli ospiti. Isolamento e allevamento su substrati artificiali (AA, PDA) ove ben
presto si formano gli sclerozi come descritto al punto precedente.
Lotta
Rotazioni, eliminazione dei residui colturali, solarizzazione.
Fungicidi consigliati: Prodotti a base di Thiram, IBS, Tolclofos-methil.
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2.4. Deuteromiceti
2.4.1. Alternariosi
Inquadramento tassonomico
Nuova classificazione: Funghi Mitosporici
Vecchia classificazione:
Regno
Fungi
Phylum
Deuteromycota
Sottodiv.
Deuteromycotina
Classe
Hyphomycetes
Ordine
Hyphales
Famiglia
Dematiaceae
Specie
Alternaria solani Sorauer
Distribuzione geografica: area di coltivazione del pomodoro
Ospiti: Solanaceae (patata, pomodoro), Brassica spp.
Modalità di diffusione
La malattia può manifestarsi in ogni stadio di sviluppo della pianta in condizioni di elevata
umidità e temperatura compresa fra i 18 e 25°C. La diffusione è favorita dall’alternanza di periodi
umidi e asciutti. All’inizio attacca le piantine in vivaio e, successivamente, le piante in serra o in
pieno campo. Il fungo attacca sia il fusto che le foglie ed i frutti e si perpetua nel terreno, sui
residui colturali e sui semi.
Sintomatologia
In vivaio si possono osservare tacche necrotiche sia sulle foglioline cotiledonari che sulle
foglie vere. Al colletto, il fungo forma lesioni necrotiche che possono interessare l’intera
circonferenza con conseguenti strozzature, deperimento e morte della pianta (Tav. 5 A, B). Sulle
foglie, compaiono macchie necrotiche irregolari, zonate concentricamente il cui diametro può
superare il centimetro. Sui frutti, soprattutto in prossimità del peduncolo, si formano macchie
depresse, zonate e ricoperte da una efflorescenza fuliginosa.
Diagnosi
Sintomi sulle piante. Conidi singoli, bruno-olivacei con 9-10 setti trasversali e rari setti
longitudinali e terminanti con un lungo rostro (Tav. 5 C). Sui normali substrati colturali il fungo
difficilmente sporifica. Per questo si usa il metodo di Shahin Shepard (Phytopathology, 69, 618620).
Lotta
Allontanamento dei residui colturali, pulizia e arieggiamento del vivaio, evitare le
condizioni di elevata umidità.
Fungicidi consigliati: Prodotti a base di Clortalonil, Ziram, Tiram, Anilazina, Diclofluanide,
Iprodione, Azoxistrobin.
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2.4.2. Cladosporiosi
Inquadramento tassonomico
Nuova classificazione: Funghi Mitosporici
Vecchia classificazione:
Regno
Fungi
Phylum
Deuteromycota
Sottodiv.
Deuteromycotina
Classe
Hyphomycetes
Ordine
Hyphales
Famiglia
Dematiaceae
Specie
Cladosporium fulvum Cooke (=Fulvia fulva (Cooke) Ciferri) tel =
Mycovellosiella fulva (Cooke) Von Arx
Distribuzione geografica: area di coltivazione del pomodoro
Ospiti: Pomodoro ed altre Solanaceae
Modalità di diffusione
Questo fungo è dannoso soprattutto sulle piante allevate in serra in presenza di elevata U.R.
ed una temperatura di 20-25°C. Il fungo si perpetua a mezzo delle fruttificazioni conidiche libere o
presenti sui residui colturali o sui semi.
Sintomatologia
Sulle foglie forma macchie irregolari ricoperte nella pagina inferiore di una muffa di colore
olivaceo-scuro, costituita dai conidiofori e dai conidi del fungo. Esso attacca principalmente le
foglie e, specialmente in campo, si presenta su quelle più vecchie (Tav. 5 D). Le foglie infette
tendono ad accartocciarsi ed a seccare. Sui frutti possono essere presenti macchie rotondeggianti
bruno-nerastre.
Diagnosi
Conidiofori eretti, tozzi, flessuosi, più o meno ramosi, recanti conidi di forma e dimensione
assai varia: ovoidali o piriformi o tendenzialmente cilindrici o ellittici, normalmente bicellulari,
misuranti da 6 a 26 µm.
Lotta
Seme sano, arieggiamento degli ambienti di coltivazione, riduzione dell’umidità relativa.
Fungicidi consigliati: Prodotti a base di Clortalonil, Ziram, Tiram, Diclofluanide, IBS,
Benzimidazolici.
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2.4.3. Fusariosi
Inquadramento tassonomico
Nuova classificazione: Funghi Mitosporici
Vecchia classificazione:
Regno
Fungi
Phylum
Deuteromycota
Sottodiv.
Deuteromycotina
Classe
Hyphomycetes
Ordine
Hyphales
Famiglia
Tuberculariaceae
Specie
Fusarium spp.
Ospiti
Fungi molto polifagi. Attaccano sia specie erbacee che arboree
Modalità di diffusione
Il genere Fusarium comprende numerose specie (oltre 50) all’interno delle quali possiamo
avere ‘formae speciales’ (f.sp.) e razze o patotipi. Le specie più importanti sono: F. solani, F.
oxysporum, F. moniliforme, F. roseum. Possono attaccare gli ospiti durante tutto il loro ciclo
vegetativo e in tutte le loro parti. Oltre ai macroconidi falciformi portati in sporodochi, formano
microconidi e clamidospore. Alcune specie hanno anche la forma teleomorfa in rapporto
metagenetico con il genere Gibberella e Nectria (Hypocreales). Oltre che da parassiti, possono
comportarsi anche da saprofiti e sopravvivere a lungo nel terreno o sui residui colturali. Le loro
infezioni sono favorite dalla presenza di nematodi, insetti terricoli, ferite di vario genere e da uno
stato di stress delle piante.
Sintomatologia
I Fusaria, in genere, colpiscono le piante al piede determinando marciumi radicali, del
colletto o della base del fusto, causando allettamento e morte delle piante. Inoltre possono
addentrarsi nei tessuti vascolari determinando tracheomicosi con conseguente ingiallimento e
necrosi delle foglie, appassimento e avvizzimento parziale o totale dell’ospite e, infine, la morte
della pianta (Tav. 6 A, B, C). Sezionando i fusti delle piante infette si notano i caratteristici
imbrunimenti dei tessuti vascolari.
Diagnosi
Ispezioni visive. Isolamenti su substrati selettivi (Nelson P.E. et al., Fusarium species: an
illustrated manual for identification. Pennsylvania State Univ. Press, 193 pp) e allevamento su AA,
PDA e CLA.
Lotta
Impiego di varietà resistenti, seme sano o conciato, rotazioni, disinfezione del terreno.
Fungicidi consigliati: Benzimidazolici, Procloraz, Triazolici.
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2.4.4. Radice suberosa del pomodoro
Inquadramento tassonomico
Nuova classificazione: Funghi Mitosporici
Vecchia classificazione:
Regno
Fungi
Phylum
Deuteromycota
Sottodiv.
Deuteromycotina
Classe
Coelomycetes
Ordine
Sphaeropsidales
Famiglia
Sphaeropsidaceae
Specie
Pyrenochaeta lycopersici Schneider et Gerlach
Ospiti: Pomodoro ed altre Solanaceae
Modalità di diffusione
Il fungo si conserva nel terreno come micelio sterile sui residui colturali o per mezzo delle
clamidospore. Sui tessuti attaccati, oltre al micelio, si possono riscontrare picnidi e microsclerozi.
La malattia, detta “radice suberosa”, è frequente soprattutto sulle coltivazioni in serra e ove si
praticano coltivazioni intensive. Le esigenze termiche variano dai 15 ai 28°C.
Sintomatologia
Il fungo provoca un processo di proliferazione e di suberificazione dei tessuti radicali, e
talvolta del colletto, con successive fessurazioni longitudinali a carico dei tessuti corticali che si
presentano ingrossati, rugosi e scuri. Le radici secondarie per lo più risultano disfatte. Le piante si
presentano deperite, talvolta appassite e con uno scarso sviluppo dell’apparato radicale. Se
rincalzate, le piante reagiscono all’infezione con l’emissione di radici avventizie nella zona al di
sopra del colletto.
Diagnosi
Il fungo differenzia picnidi globosi, bruno-scuro, ostiolati, di 150-300 µm di ø e con 3-12
robuste setole scure. Nei picnidi si trovano numerosi conidi (fialoconidi) ialini unicellulari 4,5-8 x
1,5-2 µm.
Lotta: rotazioni, innesto su varietà resistenti, disinfezione del terreno.
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2.4.5. Tracheoverticilliosi
Inquadramento tassonomico
Nuova classificazione: Funghi Mitosporici
Vecchia classificazione:
Regno
Fungi
Phylum
Deuteromycota
Sottodiv.
Deuteromycotina
Classe
Hyphomycetes
Ordine
Hyphales
Famiglia
Mucedinaceae
Specie
Verticillium dahliae Kleb.
Verticillium albo-atrum Reinke et Berth.
Ospiti: Solanaceae, Cucurbitaceae e numerose specie di piante erbacee ed arboree (polifagi)
Modalità di diffusione
La diffusione di questi patogeni avviene a mezzo dei conidi traspostati dal vento, dall’acqua
o da altri vettori. Le infezioni avvengono attraverso le radici e sono favorite dalla presenza di
ferite. Una volta giunto nei vasi xilematici, il fungo può diffondersi sfruttando la corrente
ascensionale della linfa. Sulle colture ortive e nell’ambiente meridionale, la specie più frequente e
dannosa è il V. dahliae che forma numerosi microsclerozi capaci di sopravvivere a lungo nel
terreno. I due funghi si perpetuano in forma parassitaria, su diverse piante spontanee, o
permangono nel terreno, anche per lungo tempo e a notevole profondità, allo stato saprofitario o sui
residui colturali.
Sintomatologia
Piante con foglie giallastre, appassite che successivamente imbruniscono e muoiono (Tav. 6
D). Le piante si presentano debilitate con frutti piccoli e con maturazione anticipata. Sezionando il
fusto, si notano i tipici imbrunimenti vascolari color marrone o bruno nerastro (Tav. 6 E).
Diagnosi
Conidiofori eretti, settati, ialini con ramificazioni disposte a verticilli (fialidi) (Tav. 6 F).
Queste producono, per gemmazione, i conidi ovoidali, ialini, conglobati in una goccia di materiale
mucoso. V. dahliae predilige temperature alquanto elevate (25-30°C) ed è caratterizzato dalla
formazione di numerosi microsclerozi neri, ovoidali e da ife ialine, mentre V. albo-atrum presenta
ife scure e assenza di microsclerozi e predilige temperature sui 20-25°C.
Lotta: impiego di varietà tolleranti o resistenti, innesto, disinfezione del terreno.
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TAVOLA IV
1. Bremia lactucae su pagina inferiore di foglia di lattuga
B. Asparagiaia distrutta da H. brebisonii
C. Radici di asparago attaccate da Helicobasidium brebisonii
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TAVOLA V
A. Piantine di pomodoro attaccate da Phytophthora infestans
B. Pianta di pomodoro attaccata da Phytophthora infestans
C. Bacche di pomodoro attaccate da Phvtophthora infestans
D. Ramo sporangioforo di Phytophthora infestans
E. Piante di peperone attaccate da Phvtophthora capsici
F. Piante di pomodoro attaccate da Phytophthora nicotianae
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TAVOLA VI
A.
B.
C.
D.
E.
F.
Piantina di anguria attaccata da Sclerotium rolfsii
Sclerotium rolfsii allevato in piastra su P.D.A.
Rhizoctonia solani su pomodoro
Micelio sericeo di Pythium sp.alla base di piantine di pomodoro
Sclerozi di Sclerotinia sclerotiorum su lattuga.
Marciume basale da Sclerotinia sclerotiorum su carosello
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TAVOLA VII
A.
B.
C.
D.
E.
F.
Sphaerotheca fusca su foglie di zucchino
Conidio di Sphaerotheca fusca in germinazione
Piantine di cetriolo distrutte da Botrvtis cinerea.
Botrytis cinerea su pianta di pomodoro
Inizio di infezione di Botrytis cinerea su fusto di pomodoro
Grave infezione di Botrytis cinerea su fusto di pomodoro
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TAVOLA VIII
A.Foglia di cetriolo (pagina superiore) attaccata da Pseudoperonospora cubensis
B.Foglia di cetriolo (pagina inferiore) attaccata da Pseudoperonospora cubensis
C.Rami sporangiofori di Pseudoperonospora cubensis
D.Sintomi di Leveillula taurica su foglie di pomodoro
E.Piante di peperone attaccate da Leveillula taurica
F.Pagina inferiore di foglia di peperone con fruttificazioni conidiche di
Leveillula taurica
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TAVOLA IX
A.
B.
C.
D.
Lesione iniziale di Alternaria solani su piantina di pomodoro
Gravi attacchi di Alternaria solani alla base di piante di pomodoro
Conidi di Alternaria solani
Macchie da Cladosporium fulvum su foglie di pomodoro
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TAVOLA X
A.
B.
C.
D.
E.
F.
Pianta di melone con marciume basale da Fusarium oxysporum
Piante di pomodoro affette da tracheofusariosi
Grave attacco di Fusarium oxysporum su coltivazione di cetriolo in serra.
Pianta di melanzana affetta da tracheoverticilliosi.
Fusti di pomodoro con, in sezione, evidenti imbrunimenti da Verticillium dahliae
Ramo conidioforo di Verticillium dahliae
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3. VIRUS
D. Gallitelli
Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata
Università degli Studi di Bari
3.1. Virus del mosaico dell’erba medica
Inquadramento tassonomico
Famiglia
Genere
Specie
Bromoviridae
Alfamovirus
Alfalfa mosaic virus (AMV)
Distribuzione geografica: ubiquitario
Malattia/avversità: Giallume necrotico del pomodoro
Modalità di diffusione
AMV è trasmesso da circa 20 specie di afidi (in particolare da Myzus persicae) (forme attere
ed alate) in modo non persistente, cioè con punture di saggio anche della durata di pochi secondi.
Le forme alate diffondono il virus sulle distanze medio-lunghe, mentre le forme attere sono
coinvolte nella diffusione all’interno della coltura. AMV si trasmette per seme in: erba medica
(10%), peperone (1-5%) e forse in altre specie coltivate.
Piante ospiti
Si valuta che AMV possa infettare circa 400 specie fra piante coltivate, ornamentali e
spontanee, appartenenti a non meno di 50 famiglie botaniche. Fra le specie coltivate, oltre al
pomodoro, AMV infetta peperone, melanzana, fagiolo, patata, lattuga, indivia, sedano, basilico e
menta. Fra le arboree AMV è stato rinvenuto su vite Sono, inoltre, da segnalare: Amaranthus sp.,
Calendula officinalis, Capsella bursa-pastoris, Cynanchum acutum, Chenopodium album,
Diplotaxis erucoides, Echium vulgare, Hedysarum coronarium, Lippia citriodora, Malva
parviflora, Pelargonium zonale, Portulaca oleracea, Senecium sp., Sonchus oleraceus, Stellaria
media, Urospermum picroides, Solanum nigrum, Trifolium sp., Viburnum tinus (Tavola XI, fig. 5).
Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici
La malattia è caratterizzata dalla comparsa di aree clorotiche e maculature di un bel giallo
vivace sulle quali spiccano minuscole aree necrotiche (Tavola XI , fig. 1) che, confluendo, possono
arrivare ad interessare porzioni consistenti del lembo fogliare (Tavola XI , fig.2). Nelle infezioni
precoci la necrosi può arrivare ad interessare le nervature ed il picciolo delle fogliole. I frutti restano
piccoli, malformati e ben presto vanno incontro a necrosi (Tavola XI , fig. 3).
I ceppi di AMV non necrotici inducono semplicemente mosaico caratterizzato da aree di giallo più
o meno vivace (Tavola XI , fig. 4) che, in alcuni casi possono interessare l’intero lembo fogliare.
Sintomi simili sono indotti su peperone. Sia su pomodoro, sia su peperone sono frequenti le
infezioni miste con CMV, PVY, TSWV.
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
Diagnosi
La sintomatologia non è da sola sufficiente per una corretta diagnosi anche a causa delle
frequenti infezioni miste. In laboratorio può essere impiegata tanto l’ ELISA quanto l’ibridazione
molecolare e la PCR. Il virus è relativamente stabile nei tessuti delle piante infette per cui i
campioni possono essere conservati a + 4°C anche per un paio di settimane. È consigliabile non
congelare i tessuti.
Lotta
La lotta é essenzialmente preventiva e basata sul controllo dei vettori con appropriati
interventi fitoiatrici. Per la peculiarità delle modalità di trasmissione, l’uso degli insetticidi non
consente di prevenire l’infezione (l’afide é in grado di trasmettere il virus prima di essere ucciso)
ma é utile per diminuire la possibilità di diffusione del virus all’interno della coltura.
Prima della messa a dimora della coltura in pieno campo é consigliabile eliminare anche le piante
spontanee presenti ai bordi del campo, in quanto probabili ospiti del virus e di colonie di afidi che
possono trasmetterlo alla coltura appena messa a dimora.
Punti critici
Per i vivaisti: AMV è elencato tra i patogeni di qualita’ del DM. del 14/04/97.
Non sembra che il virus si trasmetta attraverso il seme di pomodoro mentre è accertata la
trasmissibilità attraverso il seme di peperone e di leguminose. È necessario proteggere le
aperture delle serre con reti a maglia non inferiore a 14/10, che dovranno essere mantenute
anche durante le ore più calde del giorno.
Le porte d’ingresso alla serra devono essere protette da un vestibolo a due porte che permetta
l’isolamento dell’ambiente interno da quello esterno.
Il vivaista deve assicurare che durante tutto il processo produttivo non vi sia presenza di piante
spontanee sia all’interno della serra, sia nelle immediate vicinanze della struttura. A causa
della elevata polifagia di AMV è sconsigliata la consociazione di specie ortive diverse nella
stessa serra. Per lo stesso motivo deve essere assolutamente vietata la consociazione fra specie
orticole ed ornamentali.
Per gli agricoltori: è raccomandato l’acquisto di piantine solo da vivai accreditati. Prima di
procedere all’acquisto delle piantine, verificare la corrispondenza delle strutture vivaistiche e
del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie all’accreditamento, vigenti nella
regione, con particolare attenzione alla presenza di reti anti-afidi a protezione delle aperture
ed all’assenza di consociazione fra specie orticole diverse e di piante spontanee all’interno o
nelle immediate vicinanze della struttura. È consigliato sottoporre a saggio un campione delle
piantine acquistate prima di porle a dimora. Le colture praticate in pieno campo sono più a
rischio di quelle in ambiente protetto.
Obblighi
Per i vivaisti: attenersi alle misure imposte dall’accreditamento.
Consigli pratici
Per gli agricoltori: curare la eliminazione delle specie spontanee dalle aree immediatamente
adiacenti la coltura. Evitare stress idrici (eccesso o carenza d’acqua). Evitare l’irrigazione per
aspersione (a pioggia) propendendo per quella a goccia su colture pacciamate. Non eccedere
con le concimazioni azotate.
per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico
randomizzato prelevando almeno 1 campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
campione per ogni lotto di piantine. Conservare i campioni a +4°C in busta di plastica chiusa.
Evitare il congelamento.
3.2. Virus del mosaico del cetriolo su cucurbitacee
Inquadramento tassonomico
Famiglia
Genere
Specie
Bromoviridae
Cucumovirus
Cucumber mosaic virus (CMV)
Malattia/Avversità: mosaico e malformazioni
Distribuzione geografica: ubiquitario
Modalità di diffusione
CMV è trasmesso da circa 75 specie di afidi (forme attere ed alate) in modo non persistente,
cioé con punture di saggio anche della durata di pochi secondi. Le forme alate diffondono il virus
sulle distanze medio-lunghe, mentre le forme attere sono coinvolte nella diffusione all’interno della
coltura. L’efficienza nel trasmettere il virus può variare, anche notevolmente, a seconda della specie
di afide e dell’ospite interessati.
In alcune specie spontanee (Amaranthus spp., Echynocistis spp. e Stellaria media, per esempio) il
virus si trasmette attraverso il seme. E’ riportata trasmissione in semi di alcune cucurbitacee.
Piante ospiti
Si valuta che CMV possa infettare oltre 800 specie di ospiti fra piante coltivate e spontanee,
incluse alcune specie arboree (agrumi, olivo, vite), appartenenti a non meno di 70 famiglie
botaniche. Fra le ortive coltivate, oltre che in melone, zucchino, carosello e anguria, infezioni di
CMV sono riportate in pomodoro, peperone, melanzana, cucurbitacee, sedano, prezzemolo,
leguminose, cicoria e carciofo. Ospti importanti al mantenimento del virus in Italia meridionale
sono: Antirrhinum majus, Borrago officinalis, Calamintha nepeta, Carduus sp., Calendula
officinalis, Capsella burs-pastoris, Centaurea duriaei, Cichorium intybus, Chrysanthemum
coronarium, Cirsium sp., Convolvulus sp., Daucus carota, Diplotaxis erucoides, Diplotaxis
tenuifolia, Echium vulgare, Eupatorium cannabinum, Erigeron canadensis, Erodium malachoides,
Foeniculum piperitum, Inula graveolens, Lamium sp. Malva sp., Mentha palustris, M. piperita,
Mercurialis annua, Pallenis spinosa, Papaver rhoeas, Picris hieracioides Portulaca oleracea,
Primula palinuri, Ranunculus spp, Raphanus raphanistrum, Reichardia picroides, Satureja juliana,
Smilax aspera, Solanum nigrum, Sonchus oleraceus, S. campfelii, Smyrnium sp., Stellaria media,
Trifolium sp.
Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici
Sulle specie di questa famiglia, sono spesso presenti infezioni miste di CMV, ZYMV e
WMV-2 che complicano notevolmente il quadro sintomatologico. Sono attaccati preferenzialmente
zucchino, melone e carosello. Le foglie mostrano superficie molto ridotta ed interessata da mosaico.
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
I frutti possono essere butterati, a forma di clava e presentare resistenza al taglio. Le perdite di
produzione sono elevatissime, specie nelle colture praticate sotto serra.
Diagnosi
Oltre che su base sintomatologica la diagnosi di CMV può essere effettuata sia per via
sierologica (ELISA), sia per via molecolare (ibridazione molecolare, PCR). Il virus è relativamente
stabile nei tessuti delle piante infette, per cui i campioni possono essere agevolmente conservati a +
4°C, anche per alcune settimane. È consigliabile non congelare i tessuti.
Lotta
La lotta è essenzialmente preventiva e basata sul controllo dei vettori con appropriati
interventi fitoiatrici. Per la peculiarità delle modalità di trasmissione, l’uso degli insetticidi non
consente di prevenire l’infezione (l’afide è in grado di trasmettere il virus prima di essere ucciso)
ma è utile per diminuire la possibilità di diffusione del virus all’interno della coltura.
Prima della messa a dimora della coltura in pieno campo è consigliabile eliminare anche le piante
spontanee presenti ai bordi del campo, in quanto probabili ospiti del virus e di colonie di afidi che
possono trasmetterlo alla coltura appena messa a dimora. È consigliato l’uso di tessuto-non-tessuto
(veli di polipropilene) sulle colture in campo, dalla semina o dalla posa a dimora dei semenzali, sino
alla raccolta dei primi frutti. Se il momento in cui il velo è rimosso coincide con un’altra presenza
di afidi vettori viruliferi è possibile che intervengano infezioni tardive che, però, hanno poca
incidenza negativa sulla produzione.
Punti critici
Per i vivaisti: CMV è elencato tra i patogeni di qualità del D.M. del 14/04/97.
È necessario proteggere le aperture delle serre con reti a maglia non inferiore a 14 /10, che
dovranno essere mantenute anche durante le ore più calde del giorno.
Le porte d’ingresso alla serra devono essere protette da un vestibolo a due porte che permetta
l’isolamento dell’ambiente interno da quello esterno. È consigliato sottoporre a saggio un
campione di seme.
Il vivaista deve assicurare che durante tutto il processo produttivo non vi sia presenza di piante
spontanee sia all’interno della serra, sia nelle immediate vicinanze della struttura. A causa
della elevata polifagia di CMV e’ sconsigliata la consociazione di specie ortive diverse nella
stessa serra. Per lo stesso motivo deve essere assolutamente vietata la consociazione fra specie
orticole ed ornamentali.
Per gli agricoltori: prima di procedere all’acquisto delle piantine, verificare la corrispondenza
delle strutture vivaistiche e del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie
all’accreditamento, vigenti nella regione, con particolare attenzione alla presenza di reti antiafidi a protezione delle aperture ed all’assenza di piante spontanee all’interno della struttura.
È consigliato sottoporre a saggio un campione delle piantine acquistate prima di porle a
dimora. Le colture praticate in pieno campo sono più a rischio di quelle in ambente protetto.
Obblighi
Per i vivaisti: attenersi alle misure imposte dall’accreditamento.
Consigli pratici
Per gli agricoltori: curare la eliminazione delle specie spontanee dalle aree immediatamente
adiacenti la coltura. evitare di trapiantare in pieno campo coltivazioni tardive vicino a colture
già infettate, onde evitare infezioni molto precoci. Evitare l’irrigazione per aspersione (a
pioggia) propendendo per quella a goccia su colture pacciamate. Non eccedere con le
concimazioni azotate.
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico
randomizzato prelevando almeno 1 campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1
campione per ogni lotto di piantine.
Conservare i campioni a +4°C in busta di plastica chiusa. Evitare il congelamento.
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
3.2. Virus del mosaico del cetriolo su peperone
Inquadramento tassonomico
Famiglia
Genere
Specie
Bromoviridae
Cucumovirus
Cucumber mosaic virus (CMV)
Malattia/Avversità:vari quadri sintomatologici
Distribuzione geografica: ubiquitario
Modalità di diffusione
CMV è trasmesso da circa 75 specie di afidi (forme attere ed alate) in modo non persistente,
cioè con punture di saggio anche della durata di pochi secondi. Le forme alate diffondono il virus
sulle distanze medio-lunghe, mentre le forme attere sono coinvolte nella diffusione all’interno della
coltura. L’efficienza nel trasmettere il virus può variare anche notevolmente, a seconda della specie
di afide e dell’ospite interessati.
In alcune specie spontanee (Amaranthus spp., Echynocistis spp. e Stellaria media, per esempio) il
virus si trasmette attraverso il seme. Non é riportata trasmissione in semi di peperone.
Piante ospiti
Si valuta che CMV possa infettare oltre 800 specie di ospiti fra piante coltivate e spontanee,
incluse alcune specie arboree (agrumi, olivo, vite), appartenenti a non meno di 70 famiglie
botaniche. Fra le ortive coltivate, oltre che in peperone, infezioni di CMV sono riportate in
pomodoro, melanzana, cucurbitacee, sedano, prezzemolo, leguminose, cicoria carciofo ed alcune
crucifere. In queste ultime, l’infezione di CMV è spesso associata a quella di altri virus specifici per
le crucifere. Ospti importanti al mantenimento del virus in Italia meridionale sono: Antirrhinum
majus, Borrago officinalis, Calamintha nepeta, Carduus sp., Calendula officinalis, Capsella burspastoris, Centaurea duriaei, Cichorium intybus, Chrysanthemum coronarium, Cirsium sp.,
Convolvulus sp., Daucus carota, Diplotaxis erucoides, Diplotaxis tenuifolia, Echium vulgare,
Eupatorium cannabinum, Erigeron canadensis, Erodium malachoides, Foeniculum piperitum, Inula
graveolens, Lamium sp. Malva sp., Mentha palustris, M. piperita, Mercurialis annua, Pallenis
spinosa, Papaver rhoeas, Picris hieracioides Portulaca oleracea, Primula palinuri, Ranunculus
spp, Raphanus raphanistrum, Reichardia picroides, Satureja juliana, Smilax aspera, Solanum
nigrum, Sonchus oleraceus, S. campfelii, Smyrnium sp., Stellaria media, Trifolium sp.
Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici
Sulla vegetazione giovane sono visibili ingiallimenti , restringimenti della superficie fogliare
e accorciamento degli internodi. Sulle foglie più vecchie ed ingiallite compaiono caratteristici anelli
di colore verde che poi evolvono in necrosi (Tavola XII, fig. 1). I frutti si presentano alterati nella
forma e nel colore, sono visibili anelli di colore verde su bacche rosse o gialle e di colore giallo su
bacche verdi (Tavola XII, fig. 2). L'alterazione diventa economicamente molto importante quando,
sui frutti, sono presenti incisioni piccole ma profonde e necrotiche. Le perdite di prodotto possono
essere molto elevate, specie nelle colture sotto serra. Frequenti sono le infezioni miste con PVY
(Tavola XII, figg. 3, 4), AMV e TSWV
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Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
Diagnosi
Oltre che su base sintomatologica la diagnosi di CMV può essere effettuata sia per via
sierologica (ELISA), sia per via molecolare (ibridazione molecolare, PCR). Il virus è relativamente
stabile nei tessuti delle piante infette per cui i campioni possono essere agevolmente conservati a +
4°C anche per alcune settimane. È consigliabile non congelare i tessuti.
Lotta
La lotta è essenzialmente preventiva e basata sul controllo dei vettori con appropriati
interventi fitoiatrici. Per la peculiarità delle modalità di trasmissione, l’uso degli insetticidi non
consente di prevenire l’infezione (l’afide è in grado di trasmettere il virus prima di essere ucciso)
ma é utile per diminuire la possibilità di diffusione del virus all’interno della coltura.
Prima della messa a dimora della coltura in pieno campo è consigliabile eliminare anche le piante
spontanee presenti ai bordi del campo, in quanto probabili ospiti del virus e di colonie di afidi che
possono trasmetterlo alla coltura appena messa a dimora.
Punti critici
Per i vivaisti: CMV é elencato tra i patogeni di qualità del DM. del 14/04/97.
Per quanto noto al momento, non sembra che il virus si trasmetta attraverso il seme di
pomodoro. È necessario proteggere le aperture delle serre con reti a maglia non inferiore a 14/
10, che dovranno essere mantenute anche durante le ore più calde del giorno.
Le porte d’ingresso alla serra devono essere protette da un vestibolo a due porte che permetta
l’isolamento dell’ambiente interno da quello esterno.
Il vivaista deve assicurare che durante tutto il processo produttivo non vi sia presenza di piante
spontanee sia all’interno della serra, sia nelle immediate vicinanze della struttura. A causa
della elevata polifagia di CMV è sconsigliata la consociazione di specie ortive diverse nella
stessa serra. Per lo stesso motivo deve essere assolutamente vietata la consociazione fra specie
orticole ed ornamentali.
Per gli agricoltori: prima di procedere all’acquisto delle piantine, verificare la corrispondenza
delle strutture vivaistiche e del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie
all’accreditamento, vigenti nella regione, con particolare attenzione alla presenza di reti antiafidi a protezione delle aperture ed all’assenza di piante spontanee all’interno della struttura.
È consigliato sottoporre a saggio un campione delle piantine acquistate prima di porle a
dimora. Le colture praticate in pieno campo sono più a rischio di quelle in ambente protetto.
Obblighi
Per i vivaisti: attenersi alle misure imposte dall’accreditamento.
Consigli pratici
Per gli agricoltori: curare la eliminazione delle specie spontanee dalle aree immediatamente
adiacenti la coltura. Evitare stress idrici (eccesso o carenza d’acqua). Evitare l’irrigazione per
aspersione (a pioggia) propendendo per quella a goccia su colture pacciamate. Non eccedere
con le concimazioni azotate.
Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico
randomizzato prelevando almeno 1 campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1
campione per ogni lotto di piantine. Conservare i campioni a +4°C in busta di plastica chiusa.
Evitare il congelamento.
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3. 3. Virus del mosaico del cetriolo su pomodoro
Inquadramento tassonomico
Famiglia
Genere
Specie
Bromoviridae
Cucumovirus
Cucumber mosaic virus (CMV)
Malattia/Avversità:
Malformazioni fogliari
Necrosi letale
Necrosi interna dei frutti
Nanismo apicale
Distribuzione geografica: ubiquitario
Modalità di diffusione
CMV è trasmesso da circa 75 specie di afidi (forme attere ed alate) in modo non persistente,
cioè con punture di saggio, anche della durata di pochi secondi. Le forme alate diffondono il virus
sulle distanze medio-lunghe, mentre le forme attere sono coinvolte nella diffusione all’interno della
coltura. L’efficienza nel trasmettere il virus può variare anche notevolmente, a seconda della specie
di afide e dell’ospite interessati.
In alcune specie spontanee come Amaranthus spp., Echynocistis spp. e Stellaria media il virus si
trasmette attraverso il seme. Non è riportata trasmissione in semi di pomodoro.
Piante ospiti
Si valuta che CMV possa infettare oltre 800 specie di ospiti fra piante coltivate e spontanee,
incluse alcune specie arboree (agrumi, olivo, vite), appartenenti a non meno di 70 famiglie
botaniche. Fra le ortive coltivate, oltre che in pomodoro, infezioni di CMV sono riportate in
peperone, melanzana, cucurbitacee, sedano, prezzemolo, leguminose, cicoria carciofo ed alcune
crucifere. In queste ultime, l’infezione di CMV è spesso associata a quella di altri virus specifici per
le crucifere. Ospti importanti al mantenimento del virus in Italia meridionale sono: Antirrhinum
majus, Borrago officinalis, Calamintha nepeta, Carduus sp., Calendula officinalis, Capsella burspastoris, Centaurea duriaei, Cichorium intybus, Chrysanthemum coronarium, Cirsium sp.,
Convolvulus sp., Daucus carota, Diplotaxis erucoides, Diplotaxis tenuifolia, Echium vulgare,
Eupatorium cannabinum, Erigeron canadensis, Erodium malachoides, Foeniculum piperitum, Inula
graveolens, Lamium sp. Malva sp., Mentha palustris, M. piperita, Mercurialis annua, Pallenis
spinosa, Papaver rhoeas, Picris hieracioides Portulaca oleracea, Primula palinuri, Ranunculus
spp, Raphanus raphanistrum, Reichardia picroides, Satureja juliana, Smilax aspera, Solanum
nigrum, Sonchus oleraceus, S. campfelii, Smyrnium sp., Stellaria media, Trifolium sp.
Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici
Malformazioni fogliari: in genere l’infezione di CMV induce riduzione di taglia e
malformazioni su foglie e frutti. Sulle foglie le malformazioni portano alla drastica
diminuzione della superficie delle fogliole, che spesso sono ridotte alla sola nervatura centrale
(filimorfismo o nematofillia) (Tavola XIII, fig. 1). Frequente è anche l’aumento del numero
di fogliole per singola foglia che porta ad un sintomo noto come foglia di felce.
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Necrosi letale: ceppi di CMV necrogenici inducono striature necrotiche che interessano
longitudinalmente picciolo fogliare e fusto (Tavola XIII, figg. 2,3). Le fogliole presentano
clorosi internervale che poi evolve in necrosi. I frutti presentano butterature più o meno
approfondite e spesso confluenti che, con l’approssimarsi della maturazione, evolvono in
necrosi (Tavola XIII, fig. 4). L’andamento dei fenomeni necrotici é basipeto e si conclude con
il disseccamento della pianta (Tavola XIII, fig. 5). L’intero processo, si conclude nell’arco di
tre-quattro settimane dalla prima comparsa dei sintomi.
Necrosi interna dei frutti: la malattia consiste nella comparsa di tessuti necrotizzati all’interno
dei frutti. La necrosi parte dai tessuti vicini all’attaccatura del pedicello e si propaga nel
mesocarpo senza interessare la columella (Tavola XIII, fig. 6). Questo andamento del sintomo
consente di differenziare la necrosi interna dei frutti ad eziologia infettiva da quella ad
eziologia fisiologica. In quest’ultimo caso, infatti, la necrosi interessa la zona equatoriale del
frutto senza coinvolgere i tessuti immediatamente vicini al pedicello. Le foglie possono
presentare malformazione o risultare integre a seconda del ceppo di CMV coinvolto
nell’infezione.
Nanismo apicale: la pianta colpita presenta marcata riduzione degli internodi della porzione
più giovane del fusto. Di conseguenza la vegetazione appare affastellata senza possibilità di
distinguere le singole foglie (Tavola XIII, fig. 7). Il sintomo può essere confuso con quello
attribuibile ad errate applicazioni di ormoni o di diserbanti a base di ormoni.
In tutti i casi è possibile la presenza d’infezioni miste con PVY, AMV, TSWV.
Diagnosi
Oltre che su base sintomatologica la diagnosi di CMV può essere effettuata sia per via
sierologica (ELISA), sia per via molecolare (ibridazione molecolare, PCR). Il virus è relativamente
stabile nei tessuti delle piante infette per cui i campioni possono essere agevolmente conservati a +
4°C, anche per alcune settimane. È consigliabile non congelare i tessuti.
Lotta
La lotta è essenzialmente preventiva e basata sul controllo dei vettori con appropriati
interventi fitoiatrici. Per la peculiarità delle modalità di trasmissione, l’uso degli insetticidi non
consente di prevenire l’infezione (l’afide é in grado di trasmettere il virus prima di essere ucciso)
ma è utile per diminuire la possibilità di diffusione del virus all’interno della coltura.
Prima della messa a dimora della coltura in pieno campo è consigliabile eliminare anche le piante
spontanee presenti ai bordi del campo, in quanto probabili ospiti del virus e di colonie di afidi che
possono trasmetterlo alla coltura appena messa a dimora.
Punti critici
Per i vivaisti: CMV è elencato tra i patogeni di qualità del DM. del 14/04/97. Per quanto noto
al momento, non sembra che il virus si trasmetta attraverso il seme di pomodoro. È invece
necessario proteggere le aperture delle serre con reti a maglia non inferiore a 14 /10, che
dovranno essere mantenute anche durante le ore più calde del giorno. Le porte d’ingresso alla
serra devono essere protette da un vestibolo a due porte che permetta l’isolamento
dell’ambiente interno da quello esterno. Il vivaista deve assicurare che durante tutto il
processo produttivo non vi sia presenza di piante spontanee sia all’interno della serra, sia nelle
immediate vicinanze della struttura. A causa della elevata polifagia di CMV è sconsigliata la
consociazione di specie ortive diverse nella stessa serra. Per lo stesso motivo deve essere
assolutamente vietata la consociazione fra specie orticole ed ornamentali.
Per gli agricoltori: è raccomandato l’acquisto di piantine solo da vivai in grado di garantire lo
stato fitosanitario della loro produzione. Prima di procedere all’acquisto delle piantine è
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
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opportuno verificare la corrispondenza delle strutture vivaistiche, del processo produttivo e
dei controlli effettuati agli schemi suggeriti a garanzia del mantenimento “in sanità” del
materiale di propagazione con particolare attenzione all’eventuale consociazione con specie
ornamentali ed alla presenza di vegetazione spontanea all’intero o nelle immediate vicinanze
della struttura. È consigliato sottoporre a saggio un campione delle piantine acquistate prima
di porle a dimora.
Obblighi:
Per i vivaisti: attenersi alle misure imposte dall’accreditamento.
Consigli pratici:
Per gli agricoltori: curare la eliminazione delle specie spontanee dalle aree immediatamente
adiacenti la coltura. Evitare stress idrici (eccesso o carenza d’acqua). Evitare l’irrigazione per
aspersione (a pioggia) propendendo per quella a goccia su colture pacciamate. Non eccedere
con le concimazioni azotate.
Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico
randomizzato prelevando almeno 1 campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1
campione per ogni lotto di piantine. Conservare i campioni a +4°C in busta di plastica chiusa.
Evitare il congelamento.
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
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3.4. Virus del mosaico della lattuga su lattuga, indivia e scarola
Inquadramento tassonomico
Famiglia
Genere
Specie
Potyviridae
Potyvirus
Lettuce mosaic virus. (LeMV)
Malattia/Avversità: mosaico della lattuga.
Distribuzione geografica: ubiquitario.
Modalità di diffusione
LeMV è trasmesso in modo non persistente (cioè con punture di saggio anche della durata di
pochi secondi) da numerose specie di afidi. Le forme alate diffondono il virus sulle distanze mediolunghe, mentre le forme attere sono importanti nella diffusione all’interno della coltura.
LeMV è trasmissibile nel seme di lattuga con frequenza variabile dall’1 al 40%. Piante nate da seme
infetto costituiscono importanti focolai d’inoculo dai quali il virus è trasmesso al resto della coltura.
L’infezione può interessare anche il 100% delle piante. Oltre alla lattuga, il virus infetta altre
composite appartenenti ai generi Senecio e Sonchus nelle quali è anche frequente la trasmissione
attraverso il seme.
Piante ospiti: infezioni di LeMV sono segnalate in lattuga indivia, scarola.
Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici
La presenza di mosaico più o meno accentuato dipende dalla cultivar interessata. Il sintomo
più grave consiste nella marcata riduzione della parte centrale del cespo che presenta fogliole,
piccole e distorte (Tavola XIV, fig. 6). Tale manifestazione è particolarmente grave se le piante si
sviluppano da seme infetto. Sono frequenti le infezioni miste con CMV.
Diagnosi
L’osservazione dei sintomi non è, da sola, sufficiente per una corretta diagnosi. La diagnosi
sierologica mediante ELISA è possibile impiegando corredi commerciali. Sono disponibili reagenti
molecolari specifici (ribosonde e primers per PCR). Il virus è stabile nei tessuti infetti che possono
essere conservati a +4°C in buste chiuse di plastica per un paio di settimane.
È sconsigliato il congelamento.
Lotta
La lotta è essenzialmente preventiva e basata sul controllo dei vettori con appropriati
interventi fitoiatrici. Per la peculiarità delle modalità di trasmissione, l’uso degli insetticidi non
consente di prevenire l’infezione (l’afide è in grado di trasmettere il virus prima di essere ucciso)
ma è utile per diminuire la possibilità di diffusione del virus all’interno della coltura. È
fondamentale partire da seme sano che non è facilmente reperibile in commercio.
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
Punti critici
Per i vivaisti: LeMV è elencato fra i patogeni di qualità del D.M. del 14/04/97. In lattuga è
frequente la trasmissione per seme. È consigliato sottoporre a saggio un campione di seme. È
necessario proteggere le aperture delle serre con reti a maglia non inferiore a 14/10, che
dovranno essere mantenute anche durante le ore più calde del giorno. Le porte d’ingresso alla
serra devono essere protette da un vestibolo a due porte che permetta l’isolamento
dell’ambiente interno da quello esterno. Il vivaista deve assicurare che durante tutto il
processo produttivo non vi sia presenza di piante spontanee sia all’interno della serra, sia nelle
immediate vicinanze della struttura.
Per gli agricoltori: prima di procedere all’acquisto delle piantine, gli agricoltori sono invitati
ad a verificare la corrispondenza delle strutture vivaistiche e del processo produttivo nei
confronti delle misure necessarie all’accreditamento, vigenti nella regione, con particolare
attenzione alla presenza di reti anti-afidi a protezione delle aperture ed all’assenza di
consociazioni con altre ortive e di piante spontanee all’interno della struttura. È consigliato
sottoporre a saggio un campione delle piantine acquistate prima di porle a dimora. Sono a
rischio tanto le colture praticate sotto serra quanto quelle attuate in pieno campo
Obblighi
Per i vivaisti: attenersi alle misure imposte dall’accreditamento.
Consigli pratici
Per gli agricoltori: evitare di trapiantare in pieno campo coltivazioni tardive vicino a colture
già infettate da LeMV, onde evitare infezioni molto precoci. Non eccedere con le
concimazioni azotate.
Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico
randomizzato prelevando almeno 1 campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1
campione per ogni lotto di piantine. Conservare i campioni a +4°C in busta di plastica chiusa.
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
3.5. Virus Y della Patata su peperone
Inquadramento tassonomico
Famiglia
Genere
Specie
Potyviridae
Potyvirus
Potato virus Y (PVY)
Malattia/Avversità: nessuna denominazione particolare
Distribuzione geografica: ubiquitario.
Modalità di diffusione
PVY è trasmesso in modo non persistente (cioè con punture di saggio anche della durata di
pochi secondi) da circa trenta specie di afidi ed in particolare da Aphis gossypii, A. spiraecola, A.
fabae, Macrosiphum solanifolii, M. pisi e Myzus persicae. Le forme alate diffondono il virus sulle
distanze medio-lunghe, mentre le forme attere sono importanti nella diffusione all’interno della
coltura.
Sono segnalati ceppi diversi di PVY denominati PVY0 (ceppi comuni e più diffusi), PVYN ( ceppi
della necrosi nervale del tabacco), PVYC (ceppi della striatura punteggiata della patata) e PVY NTN
(ceppi della necrosi interna del tubero di patata). In linea generale i ceppi sono piuttosto
specializzati ma nei nostri ambienti la patata costituisce il focolaio d’inoculo per ceppi patogeni per
il pomodoro. Non è mai stata riscontrata trasmissione attraverso il seme di pomodoro.
Piante ospiti
Infezioni di PVY sono segnalate in peperone, pomodoro, patata e cicoria. Almeno nei nostri
ambienti, la melanzana sembra poco suscettibile la virus. Fra le specie spontanee PVY è stato
isolato da Calendula officinalis, Chenopodium sp., Convolvulus sp., Cirsium sp., Diplotaxis
erucoides, Malva sp. Papaver rhoeas, Portulaca oleracea, Solanum nigrum, S. dulcamara, Sonchus
oleraceus.
Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici:
Il peperone è forse l’ospite più suscettibile all’infezione di PVY ed i danni economici sono
spesso ingenti, specie per le colture in ambiente protestto. La sintomatologia varia a seconda del
ceppo coinvolto. I ceppi non necrogenici inducono mosaico leggero, maculature internervali, bande
verdi perinervali e ingiallimenti fogliari. La taglia della pianta risulta tanto più ridotta quanto più
precoce è stata l’infezione. I ceppi necrogenici possono indurre necrosi sulle nervature delle foglie,
sul fusto e sulle bacche (Tavola XII, figg. 3, 4). Frequenti sono le infezioni miste con AMV, CMV
(Tavola XII, figg. 3, 4), TSWV.
Diagnosi
La sintomatologia, non è da sola sufficiente per una corretta diagnosi, a causa della
frequente presenza di infezioni miste con AMV, CMV, TSWV
La diagnosi sierologica (ELISA) è altamente attendibile. Sono disponibili reagenti molecolari
specifici (ribosonde e primers per PCR). Il virus è stabile nei tessuti infetti che possono essere
conservati a +4°C in buste chiuse di plastica per un paio di settimane.
È sconsigliato il congelamento.
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
Lotta
La lotta è essenzialmente preventiva e basata sul controllo dei vettori con appropriati
interventi fitoiatrici. Per la peculiarità delle modalità di trasmissione, l’uso degli insetticidi non
consente di prevenire l’infezione (l’afide è in grado di trasmettere il virus prima di essere ucciso)
ma è utile per diminuire la possibilità di diffusione del virus all’interno della coltura.
È consigliata l’eliminazione delle specie spontanee ospiti del virus, almeno una settimana prima del
trapianto
Punti critici
Per i vivaisti: PVY è elencato fra i patogeni di qualità del D.M. del 14/04/97. Per quanto noto
al momento, non sembra che il virus si trasmetta attraverso il seme di pomodoro. È necessario
proteggere le aperture delle serre con reti a maglia non inferiore a 14 - 10, che dovranno
essere mantenute anche durante le ore più calde del giorno. Le porte d’ingresso alla serra
devono essere protette da un vestibolo a due porte che permetta l’isolamento dell’ambiente
interno da quello esterno. Il vivaista deve assicurare che durante tutto il processo produttivo
non vi sia presenza di piante spontanee sia all’interno della serra, sia nelle immediate
vicinanze della struttura. È sconsigliata la consociazione di specie ortive diverse nella stessa
serra.
Per gli agricoltori: prima di procedere all’acquisto delle piantine, gli agricoltori sono invitati
ad a verificare la corrispondenza delle strutture vivaistiche e del processo produttivo nei
confronti delle misure necessarie all’accreditamento, vigenti nella regione, con particolare
attenzione alla presenza di reti anti-afidi a protezione delle aperture ed all’assenza di
consociazioni con altre ortive e di piante spontanee all’interno della struttura. È consigliato
sottoporre a saggio un campione delle piantine acquistate prima di porle a dimora. Sono a
rischio tanto le colture praticate sotto serra quanto quelle attuate in pieno campo
Obblighi
Per i vivaisti: attenersi alle misure imposte dall’accreditamento.
Consigli pratici
Per gli agricoltori: evitare di trapiantare in pieno campo coltivazioni tardive vicino a colture di
patata onde evitare infezioni molto precoci. Evitare l’irrigazione per aspersione (a pioggia)
propendendo per quella a goccia su colture pacciamate. Non eccedere con le concimazioni
azotate.
Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico
randomizzato prelevando almeno 1 campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1
campione per ogni lotto di piantine. Conservare i campioni a +4°C in busta di plastica chiusa.
Evitare il congelamento.
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
3.6. Virus Y della Patata su pomodoro
Inquadramento tassonomico
Famiglia
Genere
Specie
Potyviridae
Potyvirus
Potato virus Y (PVY)
Malattia/Avversità: nessuna denominazione particolare
Distribuzione geografica: ubiquitario.
Modalità di diffusione
PVY è trasmesso in modo non persistente (cioè con punture di saggio anche della durata di
pochi secondi) da circa trenta specie di afidi ed in particolare da Aphis gossypii, A. spiraecola, A.
fabae, Macrosiphum solanifolii, M. pisi e Myzus persicae. Le forme alate diffondono il virus sulle
distanze medio-lunghe, mentre le forme attere sono importanti nella diffusione all’interno della
coltura.
Sono segnalati ceppi diversi di PVY denominati PVY0 (ceppi comuni e più diffusi), PVYN ( ceppi
della necrosi nervale del tabacco), PVYC (ceppi della striatura punteggiata della patata) e PVY NTN
(ceppi della necrosi interna del tubero di patata). In linea generale i ceppi sono piuttosto
specializzati ma nei nostri ambienti la patata costituisce il focolaio d’inoculo per ceppi patogeni per
il pomodoro. Non è mai stata riscontrata trasmissione attraverso il seme di pomodoro.
Piante ospiti
Infezioni di PVY sono segnalate in pomodoro, patata, peperone e cicoria. Almeno nei nostri
ambienti, la melanzana sembra poco suscettibile al virus. Fra le specie spontanee PVY è stato
isolato da Calendula officinalis, Chenopodium sp., Convolvulus sp., Cirsium sp., Dilotaxis
erucoides, Malva sp. Papaver rhoeas, Portulaca oleracea, Solanum nigrum, S. dulcamara, Sonchus
oleraceus.
Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici
Il pomodoro è frequentemente infettato da PVY ma gli effetti negativi sulla produzione sono
generalmente modesti. Un sintomo caratteristico è rappresentato da macule giallo vivace
chiaramente visibili sulle bacche giunte a maturazione (Tavola XV, fig. 2). Di recente sono stati
individuati ceppi capaci di indurre necrosi color rosso cuoio sulle fogliole (Tavola XV, fig.1),
tuttavia la necrosi non interessa i piccioli ed il fusto. Frequenti sono le infezioni miste con AMV,
CMV, TSWV.
Diagnosi
La sintomatologia, non è da sola sufficiente per una corretta diagnosi, a causa della
frequente presenza di infezioni miste con AMV, CMV, TSWV
La diagnosi sierologica (ELISA) è altamente attendibile. Sono disponibili reagenti molecolari
specifici (ribosonde e primers per PCR). Il virus è stabile nei tessuti infetti che possono essere
conservati a +4°C in buste chiuse di plastica per un paio di settimane.
È sconsigliato il congelamento.
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
Lotta
La lotta è essenzialmente preventiva e basata sul controllo dei vettori con appropriati
interventi fitoiatrici. Per la peculiarità delle modalità di trasmissione, l’uso degli insetticidi non
consente di prevenire l’infezione (l’afide è in grado di trasmettere il virus prima di essere ucciso)
ma è utile per diminuire la possibilità di diffusione del virus all’interno della coltura.
È consigliata l’eliminazione delle specie spontanee ospiti del virus almeno una settimana prima del
trapianto
Punti critici
Per i vivaisti: PVY è elencato fra i patogeni di qualità del D.M. del 14/04/97.Per quanto noto
al momento, non sembra che il virus si trasmetta attraverso il seme di pomodoro. È necessario
proteggere le aperture delle serre con reti a maglia non inferiore a 14 - 10, che dovranno
essere mantenute anche durante le ore più calde del giorno. Le porte d’ingresso alla serra
devono essere protette da un vestibolo a due porte che permetta l’isolamento dell’ambiente
interno da quello esterno. Il vivaista deve assicurare che durante tutto il processo produttivo
non vi sia presenza di piante spontanee sia all’interno della serra, sia nelle immediate
vicinanze della struttura. È sconsigliata la consociazione di specie ortive diverse nella stessa
serra.
Per gli agricoltori: prima di procedere all’acquisto delle piantine, gli agricoltori sono invitati
ad a verificare la corrispondenza delle strutture vivaistiche e del processo produttivo nei
confronti delle misure necessarie all’accreditamento, vigenti nella regione, con particolare
attenzione alla presenza di reti anti-afidi a protezione delle aperture ed all’assenza di
consociazioni con altre ortive e di piante spontanee all’interno della struttura. È consigliato
sottoporre a saggio un campione delle piantine acquistate prima di porle a dimora. Sono a
rischio tanto le colture praticate sotto serra quanto quelle attuate in pieno campo
Obblighi:
Per i vivaisti: attenersi alle misure imposte dall’accreditamento.
Consigli pratici
Per gli agricoltori: evitare di trapiantare in pieno campo coltivazioni tardive vicino a colture
di patata onde evitare infezioni molto precoci. Evitare l’irrigazione per aspersione (a pioggia)
propendendo per quella a goccia su colture pacciamate. Non eccedere con le concimazioni
azotate.
Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico
randomizzato prelevando almeno 1 campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1
campione per ogni lotto di piantine. Conservare i campioni a +4°C in busta di plastica e
chiusa. Evitare il congelamento.
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
3.6. Virus della maculatura zonata del geranio su pomodoro
Inquadramento tassonomico
Famiglia
Genere
Specie
Bromoviridae
non definito
Pelargonium zonate spot virus (PZSV)
Malattia/Avversità: anulatura concentrica
Distribuzione geografica: segnalato in varie regioni italiane, in Spagna e in Fracia
Modalità di diffusione
Il virus è trasmesso in natura in maniera aspecifica da tripidi, mediante il trasporto passivo
di granelli di polline contaminati in superficie da particelle virali che aderiscono all' addome
dell'insetto (Tavola XVI, fig. 5) quando esso visita i fiori di piante infette (per esempio Diplotaxis
erucoides). Su pomodoro il virus penetra attraverso le lesioni provocate casualmente sulla
superficie fogliare dagli insetti vettori (Tavola XVI, fig. 6) che in primavera abbandonano le piante
di Diplotaxis, ormai senescenti, per trasferirsi sulle colture di pomodoro da poco trapiantate. Queste
infezioni avvengono, infatti, nei primi 15-20 giorni dal trapianto in pieno campo e interessano in
modo particolare i filari più prossimi a strade interpoderali, canali irrigui e zone incolte dove si
ritrova la Diplotaxis. Le infezioni di PZSV su Diplotaxis sono asintomatiche ma la percentuale di
piante naturalmente infette può raggiungere il 40%. La trasmissione per seme, assente nel
pomodoro, non è trascurabile nei semi di Diplotaxis, dove può arrivare fino al 10%, assicurando
così, in natura, la sopravvivenza del virus. In alcuni casi la Diplotaxis può essere interessata da
mosaici e malformazioni fogliari, dovuti però alla presenza contemporanea, oltre che di PZSV
anche del virus del mosaico della rapa (TuMV).
Piante ospiti
In natura PZSV ha un numero limitato di ospiti. Oltre al pomodoro da industria e da mensa,
il virus infetta pelargonio carciofo e le piante spontanee D. erucoides,Chrysanthemum segetum,
Capsella bursa pastoris, Picris ecioides e Sonchus oleraceus.
Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici
Sulle foglie apicali delle piante colpite si notano maculature anulari necrotiche di colore
bruno (Tavola XVI, fig. 2), mentre su quelle medio basse le macchie sono di dimensioni più grandi
e prevalentemente clorotiche (Tavola XVI, fig.1). Nel complesso l'intera pianta presenta un aspetto
rachitico e cespuglioso. Maculature clorotiche di forma ovoidale si notano, a volte, anche sui fusti. I
frutti sono spesso piccoli, malformati, con caratteristiche maculature concentriche (Tavola XVI,
fig.3) ed infossature con aspetto idropico che talora sfociano in necrosi (Tavola XVI, fig. 4).
Diagnosi
La peculiarità dei sintomi, soprattutto di quelli che interessano i frutti, rende attendibile la
diagnosi su base sintomatologica. Sono disponibili corredi commerciali per la diagnosi su base
sierologica (ELISA). È inoltre possibile la diagnosi mediante ibridazione molecolare con ribosonde
marcate con digossigenina. Poiché il virus è poco stabile alle temperature elevate, i campioni
devono essere conservati a +4°C ed analizzati entro una settimana dalla raccolta. È sconsigliato il
congelamento dei campioni.
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
Lotta
Utile appare l'eliminazione della fonte primaria d'infezione (D .erucoides e le altre specie
spontanee suscettibili) prima del trapianto della coltura e la lotta ai tripidi con appropriati interventi
fitoiatrici.
Punti critici
Per i vivaisti: PZSV non è citato fra i patogeni di qualità del D.M. del 14.4.97 ma la gravità
della malattia indotta su pomodoro ed il crescente numero di ritrovamenti ne consiglierebbe
l’inclusione. Il vivaista deve assicurare che durante tutto il processo produttivo non vi sia
presenza di piante spontanee sia all’interno, sia nelle immediate vicinanze della serra. Poiché
non è ancora noto se PZSV possa infettare altre specie ornamentali oltre al geranio, è
sconsigliata la consociazione del pomodoro con specie ornamentali. Il monitoraggio delle
popolazioni di tripidi deve essere continuo e può essere realizzato con l’uso di trappole
adesive di colore azzurro poste all’altezza della chioma della coltura, almeno una ogni 100 m2
e con maggiore frequenza in prossimità delle aperture della serra. L’impiego di insetticidi è
senza dubbio consigliabile anche se i tripidi acquisiscono rapidamente elevati livelli di
resistenza contro alcune delle molecole oggi in uso. Per questi motivi sono raccomandati cicli
di 3 interventi a distanza di 3-5 giorni impiegando un solo principio attivo per ciclo.
L’impiego di principi attivi diversi, in miscela, favorisce l’insorgenza di popolazioni di tripidi
resistenti.
Per gli agricoltori: è raccomandato l’acquisto di piantine solo da vivai accreditati. Prima di
procedere all’acquisto delle piantine è opportuno verificare la corrispondenza delle strutture
vivaistiche e del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie all’accreditamento
vigenti nella regione, con particolare attenzione all’eventuale consociazione con specie
ornamentali ed alla presenza di vegetazione spontanea all’intero o nelle immediate vicinanze
della struttura. È consigliato sottoporre a saggio un campione delle piantine acquistate prima
di porle a dimora.
Obblighi
Per i vivaisti: attenersi alle misure imposte dall’accreditamento
Consigli pratici
Per gli agricoltori: prima del trapianto in campo (una settimana circa), è opportuno eliminare
le erbe infestanti che colonizzano le strade interpoderali, canali d'irrigazione e piccole aree
incolte. Alla prima comparsa di tripidi conviene intervenire con trattamenti insetticidi
impiegandoli secondo le modalità specificate in precedenza.
Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico
randomizzato prelevando almeno 1campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1
campione per ogni lotto di piantine. È fondamentale conservare i campioni a +4°C in busta di
plastica chiusa. Evitare il congelamento.
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
3.7. Virus dell’avvizzimento maculato del pomodoro su lattughe, cicoria e carciofo
Gruppo tassonomico di appartenenza
Famiglia
Genere
Specie
Bunyaviridae
Tospovirus
Tomato spotted wilt virus (TSWV)
Malattia/Avversità: vari quadri sintomatologici
Distribuzione geografica: ubiquitario
Modalità di diffusione
Il più efficiente vettore di TSWV è ritenuto il tripide Frankliniella occidentalis. Oltre che da
F. occidentalis, TSWV viene veicolato da almeno altre sette specie di tripidi tra cui Thrips tabaci
che, nelle condizioni dell’Italia meridionale, trasmette il virus durante i mesi autunno-invernali. Nel
caso di F. occidentalis le uova deposte nelle foglie e nei petali schiudono in 2-14 giorni, a seconda
della temperatura, e le neanidi di prima età iniziano immediatamente l’alimentazione sulla stessa
pianta dalla quale, se infetta, possono già acquisire il virus. Il virus acquisito si moltiplica e si
mantiene nell’insetto fino allo stadio di adulto quando, in coincidenza della ripresa della fase di
alimentazione possono trasmettere il virus ad altre piante. Dall’ovideposizione allo stadio adulto
possono trascorrere da 8 a 44 giorni, rispettivamente in condizioni di bassa ed alta temperatura e gli
individui adulti possono continuare a trasmettere il virus per tutta la durata della loro vita; in media
35-40 giorni. Non sono riportati casi di trasmissione alle successive generazioni di individui
viruliferi. Le infezioni su carciofo rappresentano importanti focolai d’inoculo per tutto il periodo di
permanenza (2-3 anni) della pianta infetta in campo e, almeno nelle condizioni dell’Italia
meridionale, le seguenti specie spontanee sembrano rivestire un ruolo importante
nell’epidemiologia di TSWV: Capsella bursa-pastoris, Papaver rhoeas, Calendula officinalis,
Convolvulus spp., Diplotaxis erucoides, Fumaria officinalis, Malva spp., Oxalis acetosella,
Portulaca oleracea, Ranunculus sp., Senecium sp., Solanum nigrum, Sonchus oleraceus, Stellaria
media, Veronica sp.
Piante ospiti
TSWV, è un tipico esempio di virus polifago capace di infettare oltre 1050 vegetali,
appartenenti a 45 famiglie botaniche comprendenti colture di rilevante importanza economica come
peperone, lattuga, pomodoro, melanzana, patata, tabacco, cicoria e carciofo.
Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici
Indipendentemente dalla specie vegetale e dal sistema colturale (protetto o in pieno campo)
il fenotipo delle infezioni da TSWV è generalmente necrotico.
Su lattuga, indivia e cicoria, la necrosi inizia spesso sulle foglie più giovani, con maculature
clorotiche o giallastre su cui spiccano piccolissime punteggiature che, confluendo, finiscono con l’
interessare porzioni consistenti della lamina fogliare (Tavola XIV, figg 4, 5). In genere la necrosi si
estende alla parte centrale della pianta e spesso si conclude con la morte dell’ospite.
Su carciofo l’infezione di TSWV può indurre nanismo, clorosi e distorsione delle foglie (Tavola
XIV, fig. 1). In corrispondenza della zona interessata dalla distorsione è possibile vedere, per
trasparenza, che il fine reticolo delle nervature è completamente necrotizzato (Tavola XIV, fig. 3). I
capolini presentano pezzatura ridotta e brattee interessate da tacche necrotiche più o meno depresse
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
(Tavola XIV, fig. 2). Su carciofo sono frequenti infezioni miste di TSWV con i seguenti virus:
latente del carciofo (ALV), latente italiano del carciofo (AILV), avvizzimento maculato del carciofo
(AMCV), CMV
Diagnosi
La diagnosi, anche a causa delle frequenti infezioni miste, richiede sempre conferma con
tecniche di laboratorio. La diagnosi sierologica mediante ELISA è senza dubbio quella impiegata
più comunemente ma i risultati possono non sempre risultare attendibili. Frequenti sono i casi di
risultati negativi, anche in presenza di sintomi inequivocabili sulla vegetazione e visualizzazione al
microscopio elettronico delle particelle virali nei tessuti infetti. Difficoltà analoghe possono essere
incontrate con tecniche molecolari (ibridazione molecolare con ribosonde marcate con
digossigenina e PCR con primers specifici). La diagnosi precoce su infezioni recenti presenta
sempre maggiore affidabilità di quella su tessuti vegetali con infezione in stadio avanzato. I
campioni devono essere conservati a +4°C ed analizzati entro una settimana dalla raccolta. È
fortemente sconsigliato il congelamento.
Lotta
In particolare in coltura protetta, il monitoraggio delle popolazioni di tripidi deve essere
continuo. L’uso di trappole adesive di colore azzurro consente una buona stima della consistenza
della popolazione del vettore purché il riconoscimento delle catture sia affidato a personale
specializzato. Le trappole devono essere poste all’altezza della chioma della coltura, almeno una
ogni 100 m2 e con maggiore frequenza in prossimità delle aperture della serra.
In aggiunta alle trappole adesive cromotropiche possono essere impiegate piante spia che
consentono il monitoraggio dei tripidi viruliferi senza ulteriori analisi. Varietà di Petunia x hybrida
‘Summer Madness’, ‘Super Magic Coral’ e ‘Red Cloud’ sono eccellenti indicatrici e ad esse
possono essere affiancate varietà di fava a taglia bassa come la ‘Aguadulce’. L’attrazione delle
piante spia può essere migliorata dotando il tutore di strisce cromotropiche azzurre, non adesive.
L’infezione sulle piante spia si evidenzia con la comparsa di lesioni necrotiche a contorni scuri
intorno alla cicatrice di alimentazione lasciata dal tripide L’impiego delle piante spia è
particolarmente utile per stabilire se nella serra siano rimasti tripidi viruliferi dalla coltura
precedente, prima di introdurne una nuova. In presenza di infezioni conclamate è consigliato
attendere dai 35 ai 40 giorni prima di mettere a dimora la nuova coltura. In questo periodo il terreno
và ovviamente tenuto sgombro da vegetazione spontanea e ricacci della coltura precedente.
L’impiego di insetticidi è senza dubbio consigliabile anche se diverse popolazioni di F.
occidentalis hanno già acquisito elevati livelli di resistenza contro alcune delle molecole oggi in
uso. Per questi motivi sono raccomandati cicli di 3 interventi a distanza di 3-5 giorni impiegando un
solo principio attivo per ciclo. L’impiego di principi attivi diversi, in miscela, favorisce l’insorgenza
di popolazioni di tripidi resistenti.
Punti critici
Per i vivaisti: il vivaista deve assicurare che durante tutto il processo produttivo non vi sia
presenza di piante spontanee sia all’interno, sia nelle immediate vicinanze della serra. Deve
essere evitata la consociazione delle composite con altre ortive e con specie ornamentali. Il
monitoraggio delle popolazioni di tripidi deve essere continuo e può essere realizzato con
l’uso di trappole adesive di colore azzurro e/o con piante spia così come specificato in
precedenza. L’impiego di insetticidi è raccomandato sulla base di cicli di 3 interventi a
distanza di 3-5 giorni impiegando un solo principio attivo per ciclo.
Per gli agricoltori: è raccomandato l’acquisto di piantine solo da vivai accreditati. Prima di
procedere all’acquisto delle piantine è opportuno verificare la corrispondenza delle strutture
vivaistiche e del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie all’accreditamento
vigenti nella regione, con particolare attenzione all’eventuale consociazione con specie
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
ornamentali ed alla presenza di vegetazione spontanea all’intero o nelle immediate vicinanze
della struttura. È consigliato prelevare un campione delle piantine acquistate da sottoporre a
saggio prima del trapianto.
Obblighi
Per i vivaisti: TSWV è un patogeno da quarantena, pertanto, durante tutto il processo
produttivo è obbligatorio attenersi alle misure relative
Consigli pratici
Per gli agricoltori: è di fondamentale importanza rispettare un vuoto di coltivazione di 35-40
giorni tra la fine di una coltura e la messa a dimora della successiva così come citato in
precedenza. Alla prima comparsa di tripidi conviene intervenire con trattamenti insetticidi
impiegandoli secondo le modalità specificate in precedenza.
Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico
randomizzato prelevando almeno 1 campione ogni 100.000 piantin e, comunque, almeno 1
campione per ogni lotto di piantine. E’ fondamentale conservare i campioni a +4°C in busta
di plastica chiusa ed effettuare l’analisi entro una settimana dal prelievo. Evitare il
congelamento.
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
3.8. Virus dell’avvizzimento maculato del pomodoro su Melanzana
Gruppo tassonomico di appartenenza
Famiglia
Genere
Specie
Bunyaviridae
Tospovirus
Tomato spotted wilt virus (TSWV)
Malattia/Avversità: vari quadri sintomatologici
Distribuzione geografica: ubiquitario
Modalità di diffusione
Il più efficiente vettore di TSWV è ritenuto il tripide Frankliniella occidentalis. Oltre che da
F. occidentalis, TSWV viene veicolato da almeno altre sette specie di tripidi tra cui Thrips tabaci
che, nelle condizioni dell’italia meridionale, trasmette il virus durante i mesi autunno-invernali. Nel
caso di F. occidentalis le uova deposte nelle foglie e nei petali schiudono in 2-14 giorni, a seconda
della temperatura, e le neanidi di prima età iniziano immediatamente l’alimentazione sulla stessa
pianta dalla quale, se infetta, possono già acquisire il virus. Il virus acquisito si moltiplica e si
mantiene nell’insetto fino allo stadio di adulto quando, in coincidenza della ripresa della fase di
alimentazione possono trasmettere il virus ad altre piante. Dall’ovideposizione allo stadio adulto
possono trascorrere da 8 a 44 giorni, rispettivamente in condizioni di bassa ed alta temperatura e gli
individui adulti possono continuare a trasmettere il virus per tutta la durata della loro vita; in media
35-40 giorni. Non sono riportati casi di trasmissione alle successive generazioni di individui
viruliferi. Le infezioni su carciofo rappresentano importanti focolai d’inoculo per tutto il periodo di
permanenza (2-3 anni) della pianta infetta in campo e, almeno nelle condizioni dell’Italia
meridionale, le seguenti specie spontanee sembrano rivestire un ruolo importante
nell’epidemiologia di TSWV: Capsella bursa-pastoris, Papaver rhoeas, Calendula officinalis,
Convolvulus spp., Diplotaxis erucoides, Fumaria officinalis, Malva spp., Oxalis acetosella,
Portulaca oleracea, Ranunculus sp., Senecium sp., Solanum nigrum, Sonchus oleraceus, Stellaria
media, Veronica sp.
Piante ospiti
TSWV, è un tipico esempio di virus polifago capace di infettare oltre 1050 vegetali
appartenenti a 45 famiglie botaniche comprendenti colture di rilevante importanza economica come
peperone, lattuga, pomodoro, melanzana, patata, tabacco, cicoria e carciofo.
Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici
Indipendentemente dalla specie vegetale e dal sistema colturale (protetto o in pieno campo)
il fenotipo delle infezioni da TSWV è generalmente necrotico. La necrosi inizia, spesso sulle foglie
più giovani, sotto forma di piccolissime punteggiature che, confluendo, finiscono con l’ interessare
porzioni consistenti della lamina fogliare. Come per il pomodoro, anche in questa specie possono
comparire sintomi riconducibili alla bronzatura. Il successivo estendersi della necrosi al picciolo
fogliare ed al fusto dipende dall’età della pianta al momento dell’infezione. Nel caso di infezioni
precoci questa è l’evoluzione più frequente della malattia che si conclude con la morte dell’ospite.
Nel caso di infezioni tardive, la necrosi resta invece confinata alle sole fogliole. Le bacche
presentano caratteristiche butterature ed anulature concentriche e necrotiche (Tavola XVII, fig. 8).
Estese aree necrotiche possono essere presenti all’interno delle bacche.
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
Diagnosi
In presenza di frutti la diagnosi è anche possibile sulla sola base sintomatologica. La
diagnosi sierologica mediante ELISA è senza dubbio quella impiegata più comunemente ma i
risultati possono non sempre risultare attendibili. Frequenti sono i casi di risultati negativi anche in
presenza di sintomi inequivocabili sulla vegetazione e visualizzazione al microscopio elettronico
delle particelle virali nei tessuti infetti. Difficoltà analoghe possono essere incontrate con tecniche
molecolari ibridazione molecolare con ribosonde marcate con digossigenina e PCR con primers
specifici). La diagnosi precoce su infezioni recenti presenta sempre maggiore affidabilità di quella
su tessuti vegetali con infezione in stadio avanzato. I campioni devono essere conservati a +4°C ed
analizzati entro una settimana dalla raccolta. È fortemente sconsigliato il congelamento dei
campioni.
Lotta
In particolare in coltura protetta, il monitoraggio delle popolazioni di tripidi deve essere
continuo. L’uso di trappole adesive di colore azzurro consente una buona stima della consistenza
della popolazione del vettore purché il riconoscimento sia affidato a personale specializzato. Le
trappole devono essere poste all’altezza della chioma della coltura, almeno una ogni 100 m2 e con
maggiore frequenza in prossimità delle aperture della serra.
In aggiunta alle trappole adesive cromotropiche possono essere impiegate piante spia che
consentono il monitoraggio dei tripidi viruliferi senza ulteriori analisi. Varietà di Petunia x hybrida
‘Summer Madness’, ‘Super Magic Coral’ e ‘Red Cloud’ sono eccellenti indicatrici e ad esse
possono essere affiancate varietà di fava a taglia bassa come la ‘Aguadulce’ (Fig.6). L’attrazione
delle piante spia può essere migliorata dotando il tutore di strisce cromotropiche azzurre, non
adesive. L’infezione sulle piante spia si evidenzia con la comparsa di lesioni necrotiche a contorni
scuri intorno alla cicatrice di alimentazione lasciata dal tripide L’impiego delle piante spia è
particolarmente utile per stabilire se nella serra siano rimasti tripidi viruliferi dalla coltura
precedente, prima di introdurne una nuova. In presenza di infezioni conclamate è consigliato
attendere dai 35 ai 40 giorni prima di mettere a dimora la nuova coltura. In questo periodo il terreno
và ovviamente tenuto sgombro da vegetazione spontanea e ricacci della coltura precedente.
L’impiego di insetticidi è senza dubbio consigliabile anche se diverse popolazioni di F. occidentalis
hanno già acquisito elevati livelli di resistenza contro alcune delle molecole oggi in uso. Per questi
motivi sono raccomandati cicli di 3 interventi a distanza di 3-5 giorni impiegando un solo principio
attivo per ciclo. L’impiego di principi attivi diversi, in miscela, favorisce l’insorgenza di
popolazioni di tripidi resistenti.
Punti critici
Per i vivaisti: il vivaista deve assicurare che durante tutto il processo produttivo non vi sia
presenza di piante spontanee sia all’interno, sia nelle immediate vicinanze della serra. Deve
essere evitata la consociazione del pomodoro con specie ornamentali. Il monitoraggio delle
popolazioni di tripidi deve essere continuo e può essere realizzato con l’uso di trappole
adesive di colore azzurro e/o con piante spia così come specificato in precedenza. L’impiego
di insetticidi è raccomandato sulla base di cicli di 3 interventi a distanza di 3-5 giorni
impiegando un solo principio attivo per ciclo.
Per gli agricoltori: è raccomandato l’acquisto di piantine solo da vivai accreditati. Prima di
procedere all’acquisto delle piantine è opportuno verificare la corrispondenza delle strutture
vivaistiche e del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie all’accreditamento
vigenti nella regione, con particolare attenzione all’eventuale consociazione con specie
ornamentali ed alla presenza di vegetazione spontanea all’intero o nelle immediate vicinanze
della struttura. È consigliato prelevare un campione delle piantine acquistate da sottoporre a
saggio prima del trapianto.
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
Obblighi
Per i vivaisti: TSWV è un patogeno da quarantena, pertanto, durante tutto il processo
produttivo è obbligatorio attenersi alle misure relative
Consigli pratici
Per gli agricoltori: è di fondamentale importanza rispettare un vuoto di coltivazione di 35-40
giorni tra la fine di una coltura e la messa a dimora della successiva così come citato in
precedenza. Alla prima comparsa di tripidi conviene intervenire con trattamenti insetticidi
impiegandoli secondo le modalità specificate in precedenza.
Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico
randomizzato prelevando almeno 1 campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1
campione per ogni lotto di piantine. È fondamentale conservare i campioni a +4°C in busta di
plastica chiusa ed effettuare l’analisi entro una settimana dal prelievo. Evitare il
congelamento.
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
3.9. Virus dell’avvizzimento maculato del pomodoro su peperone
Inquadramento tassonomico
Famiglia
Genere
Specie
Bunyaviridae
Tospovirus
Tomato spotted wilt virus (TSWV)
Malattia/Avversità: vari quadri sintomatologici
Distribuzione geografica: ubiquitario
Modalità di diffusione
Il più efficiente vettore di TSWV è ritenuto il tripide Frankliniella occidentalis. Oltre che da
F. occidentalis, TSWV viene veicolato da almeno altre sette specie di tripidi tra cui Thrips tabaci
che, nelle condizioni dell’italia meridionale, trasmette il virus durante i mesi autunno-invernali. Nel
caso di F. occidentalis le uova deposte nelle foglie e nei petali schiudono in 2-14 giorni, a seconda
della temperatura, e le neanidi di prima età iniziano immediatamente l’alimentazione sulla stessa
pianta dalla quale, se infetta, possono già acquisire il virus. Il virus acquisito si moltiplica e si
mantiene nell’insetto fino allo stadio di adulto quando, in coincidenza della ripresa della fase di
alimentazione possono trasmettere il virus ad altre piante. Dall’ovideposizione allo stadio adulto
possono trascorrere da 8 a 44 giorni, rispettivamente in condizioni di bassa ed alta temperatura e gli
individui adulti possono continuare a trasmettere il virus per tutta la durata della loro vita; in media
35-40 giorni. Non sono riportati casi di trasmissione alle successive generazioni di individui
viruliferi. Le infezioni su carciofo rappresentano importanti focolai d’inoculo per tutto il periodo di
permanenza (2-3 anni) della pianta infetta in campo e, almeno nelle condizioni dell’Italia
meridionale, le seguenti specie spontanee sembrano rivestire un ruolo importante
nell’epidemiologia di TSWV: Capsella bursa-pastoris, Papaver rhoeas, Calendula officinalis,
Convolvulus spp., Diplotaxis erucoides, Fumaria officinalis, Malva spp., Oxalis acetosella,
Portulaca oleracea, Ranunculus sp., Senecium sp., Solanum nigrum, Sonchus oleraceus, Stellaria
media, Veronica sp.
Piante ospiti
TSWV, è un tipico esempio di virus polifago capace di infettare oltre 1050 vegetali
appartenenti a 45 famiglie botaniche comprendenti colture di rilevante importanza economica come
peperone, lattuga, pomodoro, melanzana, patata, tabacco, cicoria e carciofo.
Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici
Indipendentemente dalla specie vegetale e dal sistema colturale (protetto o in pieno campo)
il fenotipo delle infezioni da TSWV è generalmente necrotico. La necrosi inizia, spesso sulle foglie
più giovani, sotto forma di piccolissime punteggiature che, confluendo, finiscono con l’ interessare
porzioni consistenti della lamina fogliare (Tavola XII, fig. 5). Il successivo estendersi della necrosi
al picciolo fogliare ed al fusto dipende dall’età della pianta al momento dell’infezione. Nel caso di
infezioni precoci questa è l’evoluzione più frequente della malattia che si conclude con la morte
dell’ospite. Nel caso di infezioni tardive, la necrosi resta invece confinata alle sole fogliole. Le
bacche presentano caratteristiche anulature necrotiche depresse (Tavola XII, fig. 6). Sono frequenti
le infezioni miste con CMV e PVY
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
Diagnosi
La diagnosi, anche se in alcuni casi possibile su base sintomatologica, richiede però quasi
sempre conferma con tecniche di laboratorio. La diagnosi sierologica mediante ELISA è senza
dubbio quella impiegata più comunemente ma i risultati possono non sempre risultare attendibili.
Frequenti sono i casi di risultati negativi anche in presenza di sintomi inequivocabili sulla
vegetazione e visualizzazione al microscopio elettronico delle particelle virali nei tessuti infetti.
Difficoltà analoghe possono essere incontrate con tecniche molecolari ibridazione molecolare con
ribosonde marcate con digossigenina e PCR con primers specifici). La diagnosi precoce su infezioni
recenti presenta sempre maggiore affidabilità di quella su tessuti vegetali con infezione in stadio
avanzato. I campioni devono essere conservati a +4°C ed analizzati entro una settimana dalla
raccolta. E’ sconsigliato il congelamento dei campioni.
Lotta
In particolare in coltura protetta, il monitoraggio delle popolazioni di tripidi deve essere
continuo. L’uso di trappole adesive di colore azzurro consente una buona stima della consistenza
della popolazione del vettore purché il riconoscimento sia affidato a personale specializzato. Le
trappole devono essere poste all’altezza della chioma della coltura, almeno una ogni 100 m2 e con
maggiore frequenza in prossimità delle aperture della serra.
In aggiunta alle trappole adesive cromotropiche possono essere impiegate piante spia che
consentono il monitoraggio dei tripidi viruliferi senza ulteriori analisi. Varietà di Petunia x hybrida
‘Summer Madness’, ‘Super Magic Coral’ e ‘Red Cloud’ sono eccellenti indicatrici e ad esse
possono essere affiancate varietà di fava a taglia bassa come la ‘Aguadulce’ (Fig.6). L’attrazione
delle piante spia può essere migliorata dotando il tutore di strisce cromotropiche azzurre, non
adesive. L’infezione sulle piante spia si evidenzia con la comparsa di lesioni necrotiche a contorni
scuri intorno alla cicatrice di alimentazione lasciata dal tripide L’impiego delle piante spia è
particolarmente utile per stabilire se nella serra siano rimasti tripidi viruliferi dalla coltura
precedente, prima di introdurne una nuova. In presenza di infezioni conclamate è consigliato
attendere dai 35 ai 40 giorni prima di mettere a dimora la nuova coltura. In questo periodo il terreno
và ovviamente tenuto sgombro da vegetazione spontanea e ricacci della coltura precedente.
L’impiego di insetticidi è senza dubbio consigliabile anche se diverse popolazioni di F. occidentalis
hanno già acquisito elevati livelli di resistenza contro alcune delle molecole oggi in uso. Per questi
motivi sono raccomandati cicli di 3 interventi a distanza di 3-5 giorni impiegando un solo principio
attivo per ciclo. L’impiego di principi attivi diversi, in miscela, favorisce l’insorgenza di
popolazioni di tripidi resistenti.
Punti critici
Per i vivaisti: Il vivaista deve assicurare che durante tutto il processo produttivo non vi sia
presenza di piante spontanee sia all’interno, sia nelle immediate vicinanze della serra. Deve
essere evitata la consociazione del pomodoro con specie ornamentali. Il monitoraggio delle
popolazioni di tripidi deve essere continuo e può essere realizzato con l’uso di trappole
adesive di colore azzurro e/o con piante spia così come specificato in precedenza. L’impiego
di insetticidi è raccomandato sulla base di cicli di 3 interventi a distanza di 3-5 giorni
impiegando un solo principio attivo per ciclo.
Per gli agricoltori: è raccomandato l’acquisto di piantine solo da vivai accreditati. Prima di
procedere all’acquisto, delle piantine è opportuno verificare la corrispondenza delle strutture
vivaistiche e del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie all’accreditamento
vigenti nella regione, con particolare attenzione all’eventuale consociazione con specie
ornamentali ed alla presenza di vegetazione spontanea all’intero o nelle immediate vicinanze
della struttura. È consigliato prelevare un campione delle piantine acquistate da sottoporre a
saggio prima del trapianto.
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
Obblighi
Per i vivaisti: TSWV è un patogeno da quarantena, pertanto, durante tutto il processo
produttivo è obbligatorio attenersi alle misure relative
Consigli pratici
Per gli agricoltori: è di fondamentale importanza rispettare un vuoto di coltivazione di 35-40
giorni tra la fine di una coltura e la messa a dimora della successiva, così come citato in
precedenza. Alla prima comparsa di tripidi conviene intervenire con trattamenti insetticidi
impiegandoli secondo le modalità specificate in precedenza.
Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico
randomizzato prelevando almeno 1campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1
campione per ogni lotto di piantine. È fondamentale conservare i campioni a +4°C in busta di
plastica chiusa ed effettuare l’analisi entro una settimana dal prelievo. Evitare il
congelamento.
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
3.10. Virus dell’avvizzimento maculato del pomodoro su Pomodoro
Inquadramento tassonomico
Famiglia
Genere
Specie
Bunyaviridae
Tospovirus
Tomato spotted wilt virus (TSWV)
Malattia/Avversità: Bronzatura
Distribuzione geografica: ubiquitario
Modalità di diffusione
Il più efficiente vettore di TSWV è ritenuto il tripide Frankliniella occidentalis. Oltre che da
F. occidentalis, TSWV viene veicolato da almeno altre sette specie di tripidi tra cui Thrips tabaci
che, nelle condizioni dell’Italia meridionale, trasmette il virus durante i mesi autunno-invernali. Nel
caso di F. occidentalis le uova deposte nelle foglie e nei petali schiudono in 2-14 giorni, a seconda
della temperatura, e le neanidi di prima età iniziano immediatamente l’alimentazione sulla stessa
pianta dalla quale, se infetta, possono già acquisire il virus. Il virus acquisito si moltiplica e si
mantiene nell’insetto fino allo stadio di adulto (Tavola XVII, fig. 6) quando, in coincidenza della
ripresa della fase di alimentazione possono trasmettere il virus ad altre piante. Dall’ovideposizione
allo stadio adulto possono trascorrere da 8 a 44 giorni, rispettivamente in condizioni di bassa ed alta
temperatura e gli individui adulti possono continuare a trasmettere il virus per tutta la durata della
loro vita; in media 35-40 giorni. Non sono riportati casi di trasmissione alle successive generazioni
di individui viruliferi. Le infezioni su carciofo rappresentano importanti focolai d’inoculo per tutto
il periodo di permanenza (2-3 anni) della pianta infetta in campo e, almeno nelle condizioni
dell’Italia meridionale, le seguenti specie spontanee sembrano rivestire un ruolo importante
nell’epidemiologia di TSWV: Capsella bursa-pastoris, Papaver rhoeas, Calendula officinalis,
Convolvulus spp., Diplotaxis erucoides, Fumaria officinalis, Malva spp., Oxalis acetosella,
Portulaca oleracea, Ranunculus sp., Senecium sp., Solanum nigrum, Sonchus oleraceus, Stellaria
media, Veronica sp.
Piante ospiti
TSWV, è un tipico esempio di virus polifago capace di infettare oltre 1050 vegetali
appartenenti a 45 famiglie botaniche comprendenti colture di rilevante importanza economica come
peperone, lattuga, pomodoro, melanzana, patata, tabacco, cicoria e carciofo.
Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici
Indipendentemente dalla specie vegetale e dal sistema colturale (protetto o in pieno campo)
il fenotipo delle infezioni da TSWV è generalmente necrotico. La necrosi inizia, spesso sulle foglie
più giovani, sotto forma di piccolissime punteggiature (Tavola XVII, fig. 1) che, confluendo,
finiscono con l’ interessare porzioni consistenti della lamina fogliare dando origine ad una
colorazione caratteristica denominata “bronzatura” (Tavola XVII, fig. 2). Il successivo estendersi
della necrosi al picciolo fogliare ed al fusto dipende dall’età della pianta al momento dell’infezione.
Nel caso di infezioni precoci questa è l’evoluzione più frequente della malattia che si conclude con
la morte dell’ospite. Nel caso di infezioni tardive, la necrosi resta invece confinata alle sole fogliole.
Le bacche presentano caratteristiche anulature necrotiche depresse, di consistenza suberosa e
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
fessurazioni più o meno accentuate (Tavola XVII, figg. 3, 4, 5). Sono frequenti le infezioni miste
con CMV, PVY e AMV
Diagnosi
La diagnosi, anche se in alcuni casi possibile su base sintomatologica, richiede però quasi
sempre conferma con tecniche di laboratorio. La diagnosi sierologica mediante ELISA è senza
dubbio quella impiegata più comunemente ma i risultati possono non sempre risultare attendibili.
Frequenti sono i casi di risultati negativi anche in presenza di sintomi inequivocabili sulla
vegetazione e visualizzazione al microscopio elettronico delle particelle virali nei tessuti infetti.
Difficoltà analoghe possono essere incontrate con tecniche molecolari ibridazione molecolare con
ribosonde marcate con digossigenina e PCR con primers specifici). La diagnosi precoce su infezioni
recenti presenta sempre maggiore affidabilità di quella su tessuti vegetali con infezione in stadio
avanzato. I campioni devono essere conservati a +4°C ed analizzati entro una settimana dalla
raccolta. È fortemente sconsigliato il congelamento dei campioni.
Lotta
In particolare in coltura protetta, il monitoraggio delle popolazioni di tripidi deve essere
continuo. L’uso di trappole adesive di colore azzurro consente una buona stima della consistenza
della popolazione del vettore purché il riconoscimento sia affidato a personale specializzato. Le
trappole devono essere poste all’altezza della chioma della coltura, almeno una ogni 100 m2 e con
maggiore frequenza in prossimità delle aperture della serra.
In aggiunta alle trappole adesive cromotropiche possono essere impiegate piante spia che
consentono il monitoraggio dei tripidi viruliferi senza ulteriori analisi. Varietà di Petunia x hybrida
‘Summer Madness’, ‘Super Magic Coral’ e ‘Red Cloud’ sono eccellenti indicatrici e ad esse
possono essere affiancate varietà di fava a taglia bassa come la ‘Aguadulce’ (Fig.6). L’attrazione
delle piante spia può essere migliorata dotando il tutore di strisce cromotropiche azzurre, non
adesive. L’infezione sulle piante spia si evidenzia con la comparsa di lesioni necrotiche a contorni
scuri (Tavola XVII, fig. 7) intorno alla cicatrice di alimentazione lasciata dal tripide L’impiego
delle piante spia è particolarmente utile per stabilire se nella serra siano rimasti tripidi viruliferi
dalla coltura precedente, prima di introdurne una nuova. In presenza di infezioni conclamate è
consigliato attendere dai 35 ai 40 giorni prima di mettere a dimora la nuova coltura. In questo
periodo il terreno và ovviamente tenuto sgombro da vegetazione spontanea e ricacci della coltura
precedente.
L’impiego di insetticidi è senza dubbio consigliabile anche se diverse popolazioni di F. occidentalis
hanno già acquisito elevati livelli di resistenza contro alcune delle molecole oggi in uso. Per questi
motivi sono raccomandati cicli di 3 interventi a distanza di 3-5 giorni impiegando un solo principio
attivo per ciclo. L’impiego di principi attivi diversi, in miscela, favorisce l’insorgenza di
popolazioni di tripidi resistenti.
Punti critici
Per i vivaisti: il vivaista deve assicurare che durante tutto il processo produttivo non vi sia
presenza di piante spontanee sia all’interno, sia nelle immediate vicinanze della serra. Deve
essere evitata la consociazione del pomodoro con specie ornamentali. Il monitoraggio delle
popolazioni di tripidi deve essere continuo e può essere realizzato con l’uso di trappole
adesive di colore azzurro e/o con piante spia così come specificato in precedenza. L’impiego
di insetticidi è raccomandato sulla base di cicli di 3 interventi a distanza di 3-5 giorni
impiegando un solo principio attivo per ciclo.
Per gli agricoltori: è raccomandato l’acquisto di piantine solo da vivai accreditati. Prima di
procedere all’acquisto delle piantine è opportuno verificare la corrispondenza delle strutture
vivaistiche e del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie all’accreditamento
vigenti nella regione, con particolare attenzione all’eventuale consociazione con specie
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
ornamentali ed alla presenza di vegetazione spontanea all’intero o nelle immediate vicinanze
della struttura. È consigliato prelevare un campione delle piantine acquistate da sottoporre a
saggio prima del trapianto.
Obblighi
Per i vivaisti: TSWV è un patogeno da quarantena, pertanto, durante tutto il processo
produttivo è obbligatorio attenersi alle misure relative
Consigli pratici
Per gli agricoltori: è di fondamentale importanza rispettare un vuoto di coltivazione di 35-40
giorni tra la fine di una coltura e la messa a dimora della successiva così come citato in
precedenza. Alla prima comparsa di tripidi conviene intervenire con trattamenti insetticidi
impiegandoli secondo le modalità specificate in precedenza.
Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico
randomizzato prelevando almeno 1campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1
campione per ogni lotto di piantine. È fondamentale conservare i campioni a +4°C in busta di
plastica chiusa ed effettuare l’analisi entro una settimana dal prelievo. Evitare il
congelamento.
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
3.11. Virus dell’accartocciamento fogliare giallo del pomodoro
Inquadramento tassonomico
Famiglia
Genere
Specie
Geminiviridae
Begomovirus
Tomato yellow leaf curl virus (TYLCV)
Malattia/Avversità: Accartocciamento fogliare giallo.
Distribuzione geografica: Prevalentemente nelle zone a clima temperato.
Modalità di diffusione
TYLCV è trasmesso in modo persistente propagativo dall’aleurodide Bemisia tabaci.
Individui di B. tabaci viruliferi possono trasmettere il virus fino alla terza generazione della
progenie. Non è riportata trasmissione nel seme di pomodoro.
Fra le solanacee coltivate, TYLCV è stato isolato solo da pomodoro, mentre fra le specie spontanee,
importante sembra il ruolo di Solanum nigrum. Diversa è la situazione per il vettore che ha una
vasta gamma di ospiti tra cui Chenopodium album, Amaranthus retroflexus, Euphorbia
pulcherrima, Cucumis sativus, Ipomoea purpurea, Verbena spp. Solanum nigrum, Aster spp,
Conyza albida, C. canadensis, Gerbera jamesonii, Inula viscosa, Sonchus asper e S. oleraceus. A
differenza di TYLCV, il ciclo biologico di B. tabaci non é legato al pomodoro anche se il suo
svernamento può essere agevolato da colture della solanacea in ambienti protetti. Indagini recenti
hanno individuato popolazioni di B. tabaci che usano il pomodoro non solo come fonte alimentare
ma anche per riprodursi.
Negli ambienti italiani B. tabaci è presente quasi esclusivamente in serra fino agli inizi di giugno
per poi trasferirsi anche in pieno campo sino alla fine di settembre.
Piante ospiti: oltre il pomodoro, TYLCV infetta S. nigrum.
Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici
Le piante infettate precocemente appaiono di taglia ridotta con i germogli apicali ad ascellari
eretti (Tavola XVIII, fig. 3). Le foglie presentano fogliole accartocciate, piccole e coriacee con il
lembo più o meno marcatamente ingiallito (Tavola XVIII, figg. 1, 2, 4). Le fogliole che si
sviluppano nei primi stadi dell’infezione appaiono arrotolate verso la parte inferiore della nervatura
mediana mentre quelle che si sviluppano in un secondo momento presentano margini rivolti verso
l’alto e caratterizzati da vistosi ingiallimenti. Nel complesso la sintomatologia può ricordare quella
indotta su pomodoro da un fitoplasma ma in quest’ultimo caso la malattia è caratterizzata
dall’assenza di fiori, che sono trasformati in appendici verdi, spesso fuse fra loro e di consistenza
carnosa, e dai margini delle fogliole che sono interessati da sfumature di colore violaceo
Diagnosi
La diagnosi di TYLCV non presenta particolari difficoltà, soprattutto se condotta per via
molecolare. Quella sierologica, ancorché possibile, é di più difficile applicazione per la scarsa
disponibilità di antisieri specifici. Nei tessuti infetti il virus presenta notevole stabilità per cui i
campioni possono essere conservati a + 4°C per alcune settimane. La necessità di ricorrere alla
diagnosi molecolare sconsiglia il congelamento dei campioni.
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
Lotta
La difesa contro TYLCV presenta notevoli difficoltà per la polifagia del suo vettore
naturale. Inoltre, le popolazioni di B. tabaci acquisiscono rapidamente resistenza agli insetticidi.
TYLCV figura nell’elenco dei patogeni di qualità per il pomodoro ( DM. 14/04/97 ) e pertanto deve
essere assente dalle produzioni vivaistiche.
Punti critici
Per i vivaisti: proteggere tutte le aperture della serra con reti a maglia 14 - 10 o superiore, e
dotare la parte d’accesso di un vestibolo a due porte. Evitare consociazioni del pomodoro con
altre specie vegetali in modo particolare con quelle ornamentali che possono ospitare
popolazioni virulifere del vettore. Eliminare le specie spontanee presenti all’interno o nelle
immediate vicinanze della serra. È consigliato l’impiego di trappole cromotropiche adesive di
colore giallo (almeno una ogni 100 m2 di serra ) (Tavola XVIII, fig. 5). Per il corretto
riconoscimento degli aleurodidi catturati sarà bene rivolgersi a personale specializzato. La
distinzione fra B. tabaci e Trialeurodes vaporariorum non è agevole (T. vaporariorum è
molto frequente nelle serre ed in tutte le aree di coltivazioni del pomodoro ma non é vettore
di TYLCV ).
Per gli agricoltori: acquistare le piantine solo da vivai accreditati. Prima di procedere
all’acquisto delle piantine, gli agricoltori sono invitati ad a verificare la corrispondenza delle
strutture vivaistiche e del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie
all’accreditamento, vigenti nella regione, con particolare attenzione alla presenza di reti antiafidi a protezione delle aperture ed all’assenza di consociazioni con altre ortive e di piante
spontanee all’interno della struttura. È consigliato sottoporre a saggio un campione delle
piantine acquistate prima di porle a dimora. Sono particolarmente a rischio le colture praticate
sotto serra
Obblighi
Per i vivaisti: assicurare le condizioni richieste dall’accreditamento. Si ricorda che B. tabaci è
un parassita da quarantena e, pertanto, non ne è consentita la presenza in strutture vivaistiche.
Consigli pratici
Per gli agricoltori: i campi e soprattutto le serre in cui sono state accertate infezioni sono da
considerarsi a rischio anche per le successive coltivazioni di pomodoro. È necessario
effettuare un buon controllo della flora infestante con particolare attenzione alle piante di S.
nigrum. Rispettare un intervallo di coltivazione di almeno quindici giorni tra due colture
successive di pomodoro. Durante tale periodo il terreno dovrà essere tenuto sgombro da
infestanti e da ricacci della coltura precedente. In pieno campo è opportuno anticipare i
trapianti primaverili, cioè in concomitanza con bassa presenza di popolazioni di B. tabaci.
Per il Servizio Fitosanitario Regionale: nei vivai accreditati accertare l’impiego di reti a
protezione delle aperture e la presenza di vestibolo a due porte in corrispondenza delle vie di
accesso alla serra. È ecessario accertare se vi sia presenza di B.tabaci. Prelevare i campioni
con metodo sistematico randomizzato raccogliendo un campione ogni 100.000 piante ed
almeno un campione per ogni lotto di piante. Conservare i campioni a + 4°C in buste di
plastica chiuse. Si consiglia l’ indagine molecolare
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
3.11. Virus del mosaico 2 dell’anguria
Inquadramento tassonomico
Famiglia
Genere
Specie
Potyviridae
Potyvirus
Watermelon mosaic virus 2 (WMV-2)
Malattia/Avversità: Mosaico delle cucurbitacee
Distribuzione geografica: ubiquitario
Modalità di diffusione
In natura WMV-2 è trasmesso in maniera non persistente da circa 40 specie di afidi tra i
quali i più efficienti come vettori sono Aphis gossypii, A. citricola, Macrosiphum euphorbiae e
Myzus persicae. Il virus viene acquisito con brevi suzioni dalle piante infette, coltivate o spontanee,
presenti ai bordi dei campi o nelle zone incolte e trasmesso in pochi secondi a quelle sane. Oltre
alle cucurbitacee e ad altre specie coltivate come le leguminose tra cui l'erba medica ed il pisello,
WMV-2 infetta anche specie ornamentali e spontanee come Senecio sp, Capsella bursa-pastoris,
Malva, le quali ne assicurano la sopravvivenza in campo. Esse, pertanto, hanno un ruolo importante
nel ciclo eco-epidemiologico del virus. Non è riportata trasmissione di WMV-2 attraverso il seme
delle cucurbitacee coltivate.
Piante ospiti
Fra le specie d’interesse agrario WMV-2 infetta anguria, zucca, zucchino, melone e cetriolo.
Fra la flora spontanea il virus infetta Senecio sp, Capsella bursa-pastoris e Malva.
Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici
Su anguria, zucca, zucchino, melone e cetriolo, le infezioni di WMV-2 si manifestano già
nelle prime fasi di sviluppo della pianta e poco tempo dopo la colonizzazione di esse da parte di
afidi vettori. I sintomi indotti sulle diverse specie ortive suscettibili sono assai simili. In particolare,
sulle giovani foglie si osservano mosaici diffusi, scolorazioni perinervali, riduzioni del lembo più o
meno estese e malformazioni di vario grado (Tavola XIX, figg. 1, 4). Sintomi di malformazioni,
distorsioni e rottura di colore, sono presenti anche sui frutti di alcuni ospiti quali zucchino e anguria
che possono anche presentare resistenza al taglio (Tavola XIX, figg. 2, 5). Spesso i sintomi indotti
da WMV-2, vengono aggravati da infezioni miste con CMV, e ZYMV. La gravità del quadro
sintomatologico sulle cucurbitacee nelle infezioni miste di CMV e WMV-2 è molto evidente verso
la fine del ciclo colturale. La perdita della produzione a livello dei frutti è considerevole. Le
infezioni di WMV-2 su leguminose sono infrequenti ma non hanno rilevanza economica. I sintomi
consistono in mosaicature fogliari facilmente confondibili con quelle indotte dai potyvirus, agenti
del mosaico comune (BCMV) e giallo (BYMV) del fagiolo.
Diagnosi
A causa delle frequente presenza d’infezioni miste con CMV e ZYMV la sola osservazione
dei sintomi non è sufficiente per una corretta diagnosi. La diagnosi sierologica è poco attendibile
per la correlazione con ZYMV. Sono disponibili reagenti molecolari specifici (ribosonde e primers
per PCR).
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
I campioni devono essere conservati a +4°C ed analizzati entro una settimana dalla raccolta. È
sconsigliato il congelamento dei campioni.
Lotta
Come per tutti i fitovirus trasmessi in modo non-persistente, anche per WMV-2 non esiste
al momento un efficace metodo di lotta. L'uso di cultivar resistenti o tolleranti insieme alla corretta
applicazione di norme preventive, come per esempio l'eliminazione delle fonti d'inoculo naturali e
gli interventi aficidi rimangono tuttora valide per contenere, in parte, la gravità delle infezioni. Per
la peculiarità delle modalità di trasmissione, l’uso degli insetticidi non consente di prevenire
l’infezione (l’afide è in grado di trasmettere il virus prima di essere ucciso) ma é utile per diminuire
la possibilità di diffusione del virus all’interno della coltura.
È consigliato l’uso di tessuto-non-tessuto (veli di polipropilene) sulle colture in campo, dalla semina
o dalla posa a dimora dei semenzali, sino alla raccolta dei primi frutti. Se il momento in cui il velo é
rimosso coincide con un’altra presenza di afidi vettori viruliferi è possibile che intervengano
infezioni tardive che, però, hanno poca incidenza negativa sulla produzione.
Punti critici
Per i vivaisti: WMV-2 risulta fra i patogeni di qualità elencati nel D.M del 14.4.97. Il vivaista
deve assicurare che durante tutto il processo produttivo non vi sia presenza di piante
spontanee sia all’interno, sia nelle immediate vicinanze della serra. È necessario proteggere le
aperture delle serre con reti a maglia non inferiore a 14/10, che dovranno essere mantenute
anche durante le ore più calde del giorno. Le porte d’ingresso alla serra devono essere protette
da un vestibolo a due porte che permetta l’isolamento dell’ambiente interno da quello esterno.
Deve essere evitata la consociazione di cucurbitacee con altre specie ortive.
Per gli agricoltori: è raccomandato l’acquisto di piantine solo da vivai accreditati. Prima di
procedere all’acquisto delle piantine, verificare la corrispondenza delle strutture vivaistiche e
del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie all’accreditamento, vigenti nella
regione, con particolare attenzione alla presenza di reti anti-afidi a protezione delle aperture
ed all’assenza di consociazione fra specie orticole diverse e di piante spontanee all’interno o
nelle immediate vicinanze della struttura. È consigliato sottoporre a saggio un campione delle
piantine acquistate prima di porle a dimora. Le colture praticate in pieno campo sono più a
rischio di quelle in ambente protetto.
Obblighi
Per i vivaisti: attenersi alle misure imposte dall’accreditamento.
Consigli pratici
Per gli agricoltori: evitare di trapiantare in pieno campo coltivazioni tardive vicino a colture
già infettate daWMV-2, onde evitare infezioni molto precoci. Non eccedere con le
concimazioni azotate.
Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico
randomizzato prelevando almeno 1 campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1
campione per ogni lotto di piantine. È fondamentale conservare i campioni a +4°C in busta di
plastica chiusa ed effettuare l’analisi entro una settimana dal prelievo.
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3.12. Virus del mosaico dello zucchino.
Inquadramento tassonomico
Famiglia
Genere
Specie
Potyviridae
Potyvirus
Zucchini yellow mosaic virus (ZYMV)
Malattia/Avversità: Mosaico giallo delle cucurbitacee.
Distribuzione geografica: ubiquitario nelle zone di coltivazione delle cucurbitacee
Modalità di diffusione
ZYMV è trasmesso in modo non persistente (cioè con punture di saggio anche della durata
di pochi secondi) da numerose specie di afidi ed in particolare da Aphis citricola, A.gossypii,
Macrosiphum euphorbiae e Myzus persicae. Le forme alate diffondono il virus sulle distanze
medio-lunghe, mentre le forme attere sono importanti nella diffusione all’interno della coltura.
ZYMV è trasmissibile nel seme di zucchino ma con frequenza di molto inferiore all’ 1%. Non sono
note altre specie, al di fuori delle cucurbitacee coltivate, in cui il virus possa sopravvivere.
Non vi sono segnalazioni di ZYMV sulle uniche Cucurbitacee spontanee presenti in Italia, Bryonia
cretica e Ecballium elaterium.
Piante ospiti: infezioni di ZYMV sono segnalate in zucchino, melone, anguria e cetriolo.
Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici
Zucchino: schiarimento delle nervature delle foglie giovani che, nelle fasi più tardive, viene
gradualmente sostituito da mosaico caratterizzato da “tessere” di un bel giallo vivace (Tavola XIX,
fig. 6). In aggiunta alle alterazioni cromatiche le foglie possono presentare laciniature più o meno
approfondite nel lembo. I sintomi più caratteristici sono quelli presenti sui frutti che mostrano
vistose deformazioni e bollosità (Tavola XIX, fig. 7).
Melone: schiarimento delle nervature delle foglie, accompagnato da mosaico e bollosità. Sui
frutti sono visibili mosaico, suberosità e spaccature della buccia. Alcuni ceppi inducono striatura
necrotica sui fusti di varietà che possiedono il gene Fn (Tavola XIX, fig. 3).
Anguria e Cetriolo:sulle foglie sono osservabili schiarimento nervale e mosaico di intensità
variabile. I frutti presentano pezzatura inferiore alla norma.
Diagnosi
La sintomatologia, ancorché caratteristica, non é da sola sufficiente per una corretta
diagnosi, a causa della frequente presenza di infezioni miste con CMV e WMV-2.
La diagnosi sierologica è poco attendibile per la correlazione con WMV-2. Sono disponibili
reagenti molecolari specifici (ribosonde e primers per PCR). Il virus è stabile nei tessuti infetti che
possono essere conservati a +4°C in buste chiuse di plastica per un paio di settimane.
È sconsigliato il congelamento.
Lotta
La lotta è essenzialmente preventiva e basata sul controllo dei vettori con appropriati
interventi fitoiatrici. Per la peculiarità delle modalità di trasmissione, l’uso degli insetticidi non
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consente di prevenire l’infezione (l’afide è in grado di trasmettere il virus prima di essere ucciso)
ma è utile per diminuire la possibilità di diffusione del virus all’interno della coltura.
È consigliato l’uso di tessuto-non-tessuto (veli di polipropilene) sulle colture in campo, dalla semina
o dalla posa a dimora dei semenzali, sino alla raccolta dei primi frutti. Se il momento in cui il velo é
rimosso coincide con un’altra presenza di afidi vettori viruliferi è possibile che intervengano
infezioni tardive che, però, hanno poca incidenza negativa sulla produzione.
Punti critici
Per i vivaisti: ZYMV é elencato fra i patogeni di qualità del D.M. del 14/04/97. In zucchino è
possibile la trasmissione per seme, anche se in misura di gran lunga inferiore all’1%. E’
consigliato sottoporre a saggio un campione di seme. È necessario proteggere le aperture
delle serre con reti a maglia non inferiore a 14 - 10, che dovranno essere mantenute anche
durante le ore più calde del giorno. Le porte d’ingresso alla serra devono essere protette da un
vestibolo a due porte che permetta l’isolamento dell’ambiente interno da quello esterno.
Per gli agricoltori: prima di procedere all’acquisto delle piantine, gli agricoltori sono invitati
ad a verificare la corrispondenza delle strutture vivaistiche e del processo produttivo nei
confronti delle misure necessarie all’accreditamento, vigenti nella regione, con particolare
attenzione alla presenza di reti anti-afidi a protezione delle aperture ed all’assenza di
consociazioni con altre ortive e di piante spontanee all’interno della struttura. È consigliato
sottoporre a saggio un campione delle piantine acquistate prima di porle a dimora. Sono a
rischio tanto le colture praticate sotto serra quanto quelle attuate in pieno campo
Obblighi
Per i vivaisti: attenersi alle misure imposte dall’accreditamento.
Consigli pratici
Per gli agricoltori: evitare di trapiantare in pieno campo coltivazioni tardive vicino a colture
già infettate da ZYMV, onde evitare infezioni molto precoci. Evitare l’irrigazione per
aspersione (a pioggia) propendendo per quella a goccia su colture pacciamate. Non eccedere
con le concimazioni azotate.
Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico
randomizzato almeno 1 campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1 campione per
ogni lotto di piantine. Conservare i campioni a +4°C in busta di plastica e chiusa.
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TAVOLA XI
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TAVOLA XII
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TAVOLA XIII
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TAVOLA XIV
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TAVOLA XV
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TAVOLA XVI
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TAVOLA XVII
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TAVOLA XVIII
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TAVOLA XIX
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Presentazione dei poster riguardanti la messa a punto e validazione di
protocolli di monitoraggio, di campionamento, di diagnosi,
produzione e standardizzazione di reagenti per corredi diagnostici
D. Gallitelli,
Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata
Università degli Studi di Bari
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Principali malattie fungine in vivai di piante ortive in Puglia e Molise
1
Casulli F., M.A. Gatto1, Lima G. 2, F. De Curtis2, A.M. Spina2, A.M. Celetti2
1
Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata
Università degli Studi di Bari
2
Dipartimento di Scienze Animali, Vegetali e dell'Ambiente
Università degli Studi del Molise, Campobasso
INTRODUZIONE
Il vivaismo orticolo sta assumendo un’importanza socio-economica sempre maggiore nelle
regioni meridionali fra cui anche in Puglia e in Molise. Tuttavia, il materiale di propagazione delle
piante orticole è spesso minacciato da diversi patogeni che, soprattutto in ambiente confinato,
trovano condizioni molto favorevoli al loro sviluppo. Tra i patogeni, diversi
funghi si
avvantaggiano delle condizioni di umidità e temperatura che si riscontrano in serra, anche nelle
stagioni intermedie,
e sono spesso in grado di compromettere la commercializzazione delle
piantine.
Nel corso di tre anni di attività, svolta nell’ambito del progetto POMA32, sono stati effettuati
numerosi sopralluoghi per monitorare le principali malattie fungine in vivai orticoli rappresentativi
della Puglia e del Molise. Vengono qui riportati i principali risultati ottenuti.
MATERIALI E METODI
A partire dal 1999 sono stati effettuati sopralluoghi in alcuni vivai scelti tra quelli dislocati
nelle principali aree orticole della Puglia e del Molise (Tab. 1). Periodicamente (circa due volte al
mese), in questi vivai sono state effettuate visite per ispezionare le piantine in serra e raccogliere
campioni da analizzare in laboratorio.
Tabella 1. Principali vivai orticoli sottoposti a monitoraggio periodico dal 1999 al
2001 in Puglia e Molise.
Vivaio
Località
Principali colture praticate
Catamo
Torchiarolo (Brindisi)
Pomodoro, melone, lattuga, Brassicacee
Nappi
Stornara (Foggia)
Solanacee, Brassicacee, Cucurbitacee
Ortoplant
Giovinazzo (Bari)
Pomodoro, lattuga, cicoria
Perrone
Leverano (Lecce)
Solanacee, Cucurbitcee, Brassicacee
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COTEB
Larino (Campobasso)
Solanacee, Cucurbitacee,
lattuga, finocchio, cipolla
Brassicacee,
Il monitoraggio ha riguardato soprattutto Solanaceae (pomodoro, peperone e melanzana) e
Cucurbitaceae (cetriolo, zucchino, melone), ossia le colture di maggiore interesse economico e
pertanto maggiormente presenti in vivaio. Tuttavia, non sono state tralasciate altre colture come le
Brassicaceae, il finocchio, la cipolla e diverse specie di lattughe.
In vivaio, dopo accurate ispezioni visive, sono stati prelevati campioni di piantine con sintomi
specifici o sospetti di malattia. Inoltre, si è proceduto anche al prelievo di campioni rappresentativi
di piantine apparentemente sane da sottoporre a successiva diagnosi di laboratorio. Per i prelievi di
quest’ultime, in alcuni vivai, è stato adottato un modello di campionamento sistematico,
calcolando la dimensione del campione su base statistica e prelevando le piantine di ciascun
campione secondo uno schema prestabilito a forma di W (Fig. 1) (Lima et al., 2001; Digiaro et al.,
2001).
Figura 1. Schema di campionamento a doppia V adottato durante il campionamento
sistematico di piante ortive in vivaio da sottoporre a diagnosi massale.
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L’identificazione di patogeni fungini della parte aerea delle piante è stata realizzata su base
sintomatologica e nei casi dubbi anche mediante osservazione microscopica delle fruttificazioni
fungine differenziate sull’ospite (per esempio rami sporangiofori presenti sulla pagina inferiore
delle foglie attaccate da Bremia lactucae o Phytophthora infestans). In alcuni casi, come ad
esempio per Botrytis cinerea, è stato necessario allestire camere umide per favorire la fuoriuscita
delle fruttificazioni fungine dai tessuti vegetali colpiti. In altri casi particolari, come per Alternaria
solani la procedura diagnostica è stata più complessa e merita qualche approfondimento, anche in
relazione ai gravi danni prodotti da questo fungo in seguito ad insoliti attacchi al colletto delle
piantine. Questo fungo, infatti, sui normali substrati colturali, pur sviluppandosi con le tipiche
colonie all'inizio bruno-olivaceo e poi scure non ha prodotto i tipici conidi. Per una rapida e
abbondante sporificazione del patogeno, è stato necessario utilizzare il metodo di Shahin e Shepard
(1979). Cubetti di PDA (patata-destrosio-agar) di 4 mm di lato, invasi dal micelio del fungo, dopo
2-3 gg di crescita su PDA a 25°C e al buio e sono stati trasferiti in piastre Petri contenenti un
substrato costituito da 20 g di saccarosio, 30 g di carbonato di calcio e 20 g di agar per litro di
acqua distillata. Le piastre sono state mantenute a 18-20°C e sottoposte a 16 ore di luce UV,
alternate a buio. Già dopo 24 ore, il fungo cominciava a produrre una enorme quantità dei tipici
conidi solitari, olivacei, claviformi, con 9-11 setti trasversali e nessuno o pochi setti longitudinali,
terminanti con un lungo becco che talvolta presentava 1-2 ramificazioni (Fig. 2). Talvolta per una
diagnosi alquanto veloce ma altrettanto valida, invece dei cubetti di PDA con micelio del fungo,
sul substrato Shahin e Shepard stati posti, dopo opportuna sterilizzazione superficiale, direttamente
pezzettini di tessuto dell'ospite con sospetta infezione.
Fig. 2. Conidi di Alternaria solani
Per la diagnosi di altri patogeni fungini del colletto e dell’apparato radicale (ad es. Phytophtora
spp., Pythium spp., Rhizoctonia spp., Sclerotinia spp., etc.) oltre all’osservazione dei sintomi, non
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sempre specifici, si è fatto ricorso a isolamenti su substrati colturali comuni o selettivi e a kit
ELISA di laboratorio e di campo.
RISULTATI
Su pomodoro, la malattia più ricorrente nel periodo considerato è stata l'alternariosi causata
da Alternaria solani Sorauer. I primi sintomi appaiono sulle foglioline cotiledonari con piccole
macchie dapprima clorotiche e poi bruno-nerastro che si estendono soprattutto lungo le nervature
sino a raggiungere il picciolo fogliare e, da questo, il fusticino. Su di esso, e nel punto di attacco
dei cotiledoni infetti, si notano macchie necrotiche nere che si estendono e si approfondiscono
sempre più sino a circoscrivere ed a formare una specie di collaretto nero intorno al fusto (Fig. 3).
Fig. 3. Infezione di Alternaria solani su
fusticino di pomodoro
Questa necrosi del colletto si accentua allo stadio vegetativo di seconda-terza foglia ossia
quando la vegetazione tende a chiudersi e a ricoprire tutta la vaschetta alveolata creando il
microclima ideale per lo sviluppo del fungo. Talvolta è proprio la vegetazione sovrastante che
maschera e rende poco visibile, ad un occhio poco esperto, i sintomi della malattia che spesso
sfuggono anche al personale addetto al trapianto in campo. Qui, dopo alcuni giorni dal trapianto, la
malattia appare in tutta la sua gravità perché le piantine non crescono o arrestano il loro sviluppo,
avvizziscono e il più delle volte soccombono. Spesso le piante cercano di reagire emettendo
numerose radici avventizie dalla zona di fusto immediatamente sopra la parte infetta e ciò può
portare ad una loro ripresa se viene eseguita una precoce rincalzatura e se le condizioni pedoclimatiche divengono sfavorevoli al patogeno. La malattia si è manifestata soprattutto su alcune
varietà i cui semi non risultavano opportunamente conciati
ed i cui tegumenti seminali
rimanevano attaccati alle foglioline cotiledonali che venivano portati in superficie durante la
germinazione (Fig. 4).
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Fig. 4. Tegumenti seminali di pomodoro
trattenuti dalle foglioline cotiledonari
Un altro patogeno fungino alquanto frequente specie sulle piantine di pomodoro e nelle serre
meno ventilate e pertanto con maggiore condensa, è stato la Phytophthora infestans (Mont.) de
Bary. Il fungo è comparso ogni anno in diversi vivai soprattutto quando si sono avuti abbassamenti
termici e giornate alquanto nuvolose ed umide come p. es. si è verificato nel corso del 2001 nella
2a e 3a decade di aprile. La pericolosità di questo fungo oltre che alla gravità delle infezioni, è
dovuta alla sua rapida comparsa e diffusione in modo epidemico nelle serre. Sulle giovani
foglioline e sui teneri fusticini il fungo si sviluppa molto rapidamente provocando macchie
brunastre e marciume dei tessuti infetti che portano al ripiegamento degli organi attaccati (Fig. 5).
Questi, in condizioni di elevata umidità, si rivestono di una muffetta biancastra costituita dai
numerosi rami sporangiofori e sporangi del fungo.
Fig. 5. Attacco di Phytophthora infestans
su piantine di pomodoro
Un fungo fitopatogeno alquanto frequente in tutti i vivai è stato Botrytis cinerea. Questo
fungo polifago, che spesso svolge anche vita saprofitaria, può attaccare tutti gli organi della pianta
causando estese lesioni necrotiche o il marciume molle degli organi infetti i quali si ricoprono di
una abbondante muffa grigia (fruttificazione conidica). In taluni casi, gli attacchi del fungo
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comportano la morte della pianta o il disseccamento degli organi o della vegetazione sovrastante il
sito di infezione. Sebbene le infezioni siano favorite da ferite o lesioni di vario tipo, in vivaio,
cotiledoni, foglie o parti di piante senescenti
o attaccate da altri patogeni (p.es Bremia,
Peronospora, ecc.) possono costituire importanti sorgenti di inoculo. In diversi casi, le prime
infezioni sono partite da necrosi marginali dei cotiledoni o delle foglie (Fig. 6) causate da stress
idrici, sbalzi termici, fitotossicità di alcuni prodotti, eccesso di concimazione, ecc. La malattia, che
spesso ha un andamento di tipo epidemico, è favorita, oltre che da una scarsa ventilazione ed
elevata umidità nelle serre, anche dal particolare microclima che spesso si crea tra piantine
seminate molto fitte e che hanno raggiunto un certo sviluppo. In condizioni avverse il fungo può
formare microsclerozi che, nel terreno o sui residui colturali infetti o sulle strutture della serra,
possono conservarsi vitali per molti anni.
Fig. 6. Necrosi marginali da stress idrico su
piantine di cetriolo
In alcune serre, e in alcuni periodi più freschi ed umidi dell'anno, sono stati osservati gravi
attacchi di Bremia lactucae Regel su piantine di lattuga. Il fungo forma macchie angolose, singole
o confluenti dapprima clorotiche, poi brune ed infine necrotiche recanti, nella pagina inferiore, una
abbondante efflorescenza biancastra (Fig. 7) costituita dai rami sporangiofori. La malattia spesso è
passata inosservata perché i primi sintomi appaiono sulle foglioline basali più vecchie e vicino al
terriccio. Anche questo patogeno se non viene subito individuato ed adeguatamente controllato,
può esplodere in forma epidemica e causare seri danni alle piantine in allevamento in tutta la serra.
Fig. 7. Foglia di lattuga infetta da Bremia
lactucae
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In qualche vivaio, interi lotti di piantine di brassicacee sono stati attaccati da Peronospora
brassicae Gaümann già nelle prime fasi di sviluppo. Le infezioni, infatti, hanno interessato
inizialmente le foglie cotiledonali e poi le successive foglioline basali che ingiallivano,
necrotizzavano e poi cadevano. Questo fungo, in casi di gravi attacchi che in genere si hanno nei
periodi più freschi e in ambienti ad elevata umidità e scarsa ventilazione, può interessare anche le
foglioline centrali per cui le piantine possono defogliarsi e talvolta morire. Nella pagina inferiore
delle parti di foglia infetta, si osserva una muffetta bianco-grigiastra costituita da numerosi rami
sporangiofori ramificati dicotomicamente e portanti sporangio-conidi.
Nel periodo considerato, non sono stati riscontrati casi di malattie tracheomicotiche in vivaio
e ciò è spiegabile sia in quanto è difficile che si verifichino sintomi precoci da tracheomicosi già
allo stadio di plantula sia per la presenza di geni di resistenza a questi patogeni nelle varietà più
diffuse di alcune specie ortive (ad es. pomodoro). Solo nel corso del 1999 è stato osservato un caso
alquanto grave originato da una partita di seme di una varietà locale di cetriolo (mezzo lungo di
Polignano) infetta da Fusarium oxysporum f. sp. melonis (Leach et Currence) Sn. et Hans non
opportunamente conciata.
Comunque, la malattia è esplosa in tutta la sua gravità (frequenza e
intensità) dal momento in cui le piante sono entrate in produzione e soprattutto dopo che queste
hanno subito stress idrici o termici. Le piante vengono attaccate principalmente al piede e sono
soggette a marciumi radicali, del colletto e della base del fusto, con allettamento e morte. Il fungo
può addentrarsi nei tessuti vascolari determinando avvizzimento parziale o totale dell'ospite e,
anche in questo caso, la sua morte. Sezionando i fusti delle piante infette si notano i caratteristici
imbrunimenti dei tessuti vascolari. Le infezioni sono favorite da ferite di vario tipo e, come innanzi
detto, da uno stato di stress delle piante. Oltre che da parassita, il fungo può comportarsi da
saprofita e sopravvivere a lungo nel terreno o sui residui colturali.
CONCLUSIONI
I problemi fitopatologici riscontrati negli ultimi tre anni nei vivai orticoli pugliesi e
molisani, sono stati vari ma non gravi. In particolare i vivai accreditati con idonee strutture, che
dispongono di adeguata assistenza tecnica, rispettano i protocolli di produzione e osservano gli
accorgimenti richiesti nei punti critici, difficilmente hanno avuto gravi problemi fitopatologici.
Le malattie più frequenti sono state quelle riguardanti la parte aerea e causate da patogeni fungini
policiclici i cui numerosi propaguli vengono diffusi prevalentemente dal vento (Phytophthora,
Botrytis, Peronospore, agenti di mal bianco, ecc.). La difesa contro questi patogeni, caratterizzati
da frequente sviluppo epidemico, più che su interventi di tipo terapeutico, deve essere messa in
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atto con accorgimenti preventivi orientati soprattutto ad impedirne l’arrivo e la diffusione
dell’inoculo in serra.
Per lo sviluppo di alcuni patogeni che attaccano la parte aerea (ad es. Alternaria solani e
Phytophthora infestans) oltre che la concentrazione dell'inoculo, è molto importante la durata della
bagnatura fogliare, l'età delle piante e il sistema di allevamento (Lyimo et al., 1998; Vloutoglou e
Kalogerakis, 2000)
Talvolta le malattie non si trovano mai singole ma associate fra loro come per es. Bremia o
Peronospora con Botrytis. Per il controllo di questi e altri patogeni fungini, oltre che allevare le
piantine in idonee e moderne strutture produttive, è opportuno allontanare tutti i residui colturali,
curare la pulizia e l'arieggiamento delle serre, utilizzare seme sano, evitare le condizioni di elevata
umidità, innalzare la temperatura, effettuare concimazioni bilanciate e razionali, non eccedere con
le
irrigazioni e comunque seguire tutte quelle pratiche di buona conduzione del processo
produttivo. È ovvio che, quando necessario ed opportuno, bisogna intervenire anche con
appropriati mezzi chimici.
Infine, per una più razionale prevenzione e risoluzione dei problemi fitopatologici nel settore
orticolo e vivaistico, è auspicabile in futuro una maggiore collaborazione tra ditte sementiere,
vivaisti, ricercatori, tecnici ed imprenditori agricoli per un loro mutuo proficuo interesse.
BIBLIOGRAFIA
Digiaro M., F. Nigro E G. Lima. 2001. Mappe fitopatologiche ed applicazione delle “norme
di qualità”. In: Atti Incontro Divulgativo Progetto POM A32 I risultati di due anni di
attività: Mappe dei Patogeni pregiudizievoli alla qualità delle specie ortofrutticole;
Protocolli dei punti critici nel processo produttivo dei materiali di categoria C.A.C. –
Termoli (CB), 1-2 marzo (in corso di stampa).
Lima G., F. De Curtis, A.M. Spina, V. De Cicco. 2001. Distribuzione dei funghi delle ortive
in Molise. In: Atti Incontro Divulgativo Progetto POM A32 I risultati di due anni di
attività: Mappe dei Patogeni pregiudizievoli alla qualità delle specie ortofrutticole;
Protocolli dei punti critici nel processo produttivo dei materiali di categoria C.A.C. –
Termoli (CB), 1-2 marzo (in corso di stampa).
Lyimo H.F.J., T.D.M. Tiluhongelwa, A.P. Maerere E P. Njau. 1998. The effect of mulching
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Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
Diagnosi massale delle malattie fungine delle piante ortive in vivaio
Lima G1., F. De Curtis1, A.M. Spina1, S. Pengue1, V. De Cicco1 Casulli F.2, M.A. Gatto2
1
Dipartimento di Scienze Animali, Vegetali e dell'Ambiente, Università degli Studi del Molise, Campobasso
2
Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata, Università degli Studi di Bari
INTRODUZIONE
Nelle aree ove si praticano coltivazioni orticole intensive e dove frequenti sono anche gli scambi
commerciali, diversi agenti patogeni possono facilmente diffondersi attraverso semi, terriccio e
materiale vegetale di propagazione contaminati o infetti. In particolare, nel settore delle produzioni
vivaistiche vi è un’esigenza sempre maggiore da parte di tecnici, vivaisti ed agricoltori, di disporre
di materiale dotato di sufficienti requisiti sanitari secondo quanto stabilito da alcuni regolamenti
nazionali ed europei in materia di tutela della qualità. Infatti, l’uso di materiale di propagazione
sano e la tempestiva eliminazione di quello eventualmente infetto o contaminato, possono
ragionevolmente contenere la diffusione di patogeni pregiudizievoli la qualità dei vegetali. A tal
fine è necessario disporre di metodologie diagnostiche idonee alla individuazione dei patogeni nei
tessuti dell’ospite in una fase in cui non sono ancora visibili i sintomi della malattia.
In questi ultimi anni la diagnosi fitopatologica sta mostrando un crescente interesse sia per il
progressivo spostamento delle strategie di protezione dei vegetali dalla fase terapica a quella
preventiva sia grazie agli ottimi risultati ottenuti dalle tecnologie diagnostiche in campo umano,
veterinario e ambientale. Ai fini applicativi, gli strumenti di diagnosi devono possedere i pregi
della versatilità e semplicità d’uso - tali da ridurne i costi per le applicazioni massali e facilitare
l’introduzione anche in laboratori non dotati di attrezzature sofisticate - nonché un’elevata
sensibilità e specificità che permettano di individuare patogeni fungini presenti in limitate
concentrazioni nei tessuti delle piante.
Per il buon esito della diagnosi, oltre alla conoscenza specifica del patogeno che si vuole
cercare e ai metodi diagnostici più idonei, è fondamentale mettere in atto un corretto programma di
campionamento (Saldarelli et al., 1996). Per questo, nell’ambito del progetto pom a32 anche tale
argomento è stato oggetto di specifiche indagini (Lima et al., 2001; Digiaro et al., 2001) .
METODI DIAGNOSTICI DISPONIBILI PER LA DIAGNOSI DELLE MALATTIE FUNGINE
Le metodologie attualmente adottabili per la diagnosi delle malattie fungine delle piante ortive
sono molteplici e spesso fra loro complementari. Per tale accertamento, oltre all’attendibilità dei
dati acquisibili, è importante la rapidità con cui si possono ottenere le relative risposte. I metodi
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Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
disponibili per l’identificazione dei funghi fitopatogeni, sono di seguito riportati secondo un ordine
di complessità crescente.
1) Diagnosi diretta o deduttiva (rilievo ed esame dei sintomi)
Queste indagini sono valide per quelle malattie dovute a patogeni fungini, come Alternaria spp.,
Botrytis spp., oidi, ruggini, peronospore, responsabili di malattie fogliari e i cui sintomi sono quasi
sempre specifici (Fig. 1). Il solo esame dei sintomi e/o di alcune strutture fungine (micelio, conidi,
conidiofori, sori, sclerozi, corpi fruttiferi, etc.) presenti all’interno e/o all’esterno degli organi
attaccati può consentire il riconoscimento degli agenti patogeni delle malattie più comuni.Ciò può
non essere sufficiente per osservatori inesperti o nel caso di malattie prive di sintomi specifici. In tal
caso, il materiale con sospette infezioni può essere posto in camera umida per favorire la fuoriuscita
del patogeno dai tessuti di foglie, fusti, frutti o radici infetti. Successivamente, attraverso
osservazioni microscopiche delle strutture fungine tipiche di alcuni patogeni si può giungere ad una
diagnosi precisa. Nei casi in cui il metodo della camera umida non porta a risultati concreti si rende
necessario procedere all’isolamento del patogeno su opportuni terreni colturali (ved. Par. 2).
Importante è anche l’osservazione della distribuzione della malattia sulla pianta (se sistemica,
locale, settoriale, radicale, ecc.) Nonché nei singoli lotti o appezzamenti del vivaio (diffusione e
progressione localizzata o generalizzata).
Fig. 1. Esempio di sintomatologia
specifica: mal bianco (oidio) su
foglie di cucurbitacea.
La diagnosi diretta o deduttiva se da una parte presenta il vantaggio di essere rapida e idonea per
la diagnosi massale, dall’altro ha lo svantaggio di fornire i risultati quando la malattia è già in atto e
talvolta in uno stadio avanzato.
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2) Isolamento del patogeno su terreni colturali comuni, semiselettivi e selettivi
Per i funghi che causano malattie con sintomi non specifici (ad es., alcuni agenti di
marciumi radicali, del colletto e di tracheomicosi) si può ricorrere al loro isolamento su idonei
terreni colturali che favoriscono la crescita del patogeno e la differenziazione di sue strutture
vegetative e riproduttive. Prima di effettuare gli isolamenti, però, è bene procedere ad un accurato
lavaggio delle piantine o di loro parti e ad eventuale sterilizzazione superficiale. Dopo un periodo di
incubazione di alcuni giorni le colonie fungine isolate verranno sottoposte ad osservazioni
macroscopiche (colore, forma delle colonie, etc.) e microscopiche. Queste ultime risulteranno
efficaci quando il patogeno avrà prodotto elementi morfologici tipici (conidi, rami conidiofori, corpi
fruttiferi, strutture di conservazione, ecc.) (Fig. 2) che consentiranno di giungere ad una diagnosi
precisa.
Fig. 2 Fruttificazioni conidiche di
Fusarium sp.
Terreni colturali selettivi e semiselettivi, in grado cioè di far sviluppare in coltura solo un
determinato patogeno o un gruppo ristretto di patogeni (Fig. 3), sono disponibili per alcuni funghi
terricoli, come ad esempio Phytophthora e Pythium spp. (Jeffers e Martin, 1986), Fusarium
oxysporum (Komada, 1975), Rhizoctonia spp. (Migheli et al., 1990), ecc.
Fig. 3.
Colonie di Phytophthora
nicotianae da radichette infette poste su
idoneo substrato selettivo.
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L’isolamento in coltura del patogeno, anche se molto accurato, richiede tuttavia tempi spesso
lunghi che, nei casi più gravi, ritardando il responso diagnostico, potrebbe compromettere
seriamente la coltivazione.
3) Metodi sierologici
La sierodiagnosi, ossia l’impiego in vitro di anticorpi per scopi diagnostici, nata per
l’identificazione e classificazione di virus e batteri, ultimamente si sta diffondendo anche nel campo
delle malattie fungine. Essa consiste nella capacità degli anticorpi prodotti dal sistema immunitario
di organismi animali di reagire in vitro e in maniera specifica con gli stessi antigeni che ne hanno
stimolato la formazione.
Tra i diversi metodi di diagnosi, la sierodiagnosi è vantaggiosa per il basso costo, il poco
spazio necessario, la rapidità e semplicità di esecuzione, l’assenza si rischi biologici, la buona
sensibilità e la possibilità di utilizzarla per diagnosi massale. Fra gli svantaggi si possono ricordare
la specificità non sempre completa, la difficoltà, in certi casi, di produrre antisieri di buona qualità e
la necessità di decidere ancora prima di effettuare la prova quale patogeno cercare e, quindi, quale
anticorpo scegliere; la sensibilità, infine, in alcuni casi è inferiore a quella di altri metodi.
Esistono diverse tecniche di sierodiagnosi. Tra queste l’ELISA (enzyme-linked immunosorbent
assay) è quella più nota e utilizzata. Si tratta di una tecnica sensibile grazie alla quale è possibile
analizzare un numero elevato di campioni, quantificando gli antigeni in essi presenti. Attualmente le
ampie possibilità d’impiego e la validità della tecnica ELISA sono dimostrate dalla velocità con cui
si allunga l’elenco dei kit diagnostici presenti in commercio per l’individuazione e/o
l’identificazione di funghi fitopatogeni, anche se più basso di quello dei batteri e, soprattutto dei
virus (Lorito et al., 2001). Alcuni di questi kit consentono di effettuare diagnosi in tempi rapidi,
anche in campo, e di determinare quantitativamente il patogeno. Oltre agli anticorpi specifici per la
rilevazione, vengono forniti controlli positivi e negativi e tutto l’occorrente per trattare i campioni
vegetali da analizzare (tamponi di estrazioni, liquidi di lavaggio, ecc.).
Nell’ambito del progetto POM A32 sono stati sperimentati kit ELISA di laboratorio (tipo
“Agriscreen”, Adgen) (Fig. 4) e kit ELISA di campo (tipo “Alert”, Adgen - risposta diagnostica
dopo appena 10-15 minuti) (Fig. 5) per la diagnosi dei seguenti patogeni fungini: Phytophthora
spp., Pythium spp, Sclerotinia e Rhizoctonia spp.
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Fig. 4. Kit ELISA tipo “Agriscreen” per
la diagnosi di Phytophthora capsici.
Fig. 5. Kit ELISA tipo “Alert” per la
diagnosi rapida di Pythium spp.
4) Metodi basati sul rilevamento degli acidi nucleici (DNA e/o RNA)
Questi metodi comprendono essenzialmente la tecnica PCR (amplificazione del DNA
dell’organismo oggetto di diagnosi e sua identificazione mediante elettroforesi) e quella della
ibridazione molecolare (ibridazione di porzioni complementari specifiche di acido nucleico
dell’organismo bersaglio). Le due tecniche, anche se accomunate dal fatto di lavorare entrambe sul
genoma, permettendo il rilevamento della presenza del patogeno, si diversificano in quanto la prima
favorisce l’amplificazione in vitro di un segmento di DNA che si trova fra due regioni a sequenza
nota, la seconda, invece, si basa sull’interazione tra due molecole di DNA o RNA a singola elica tra
loro complementari, che porta alla formazione di un ibrido a doppia elica.
Questi metodi presentano il vantaggio di essere molto sensibili ma non sembrano ancora
adattabili per l’impiego nella diagnosi massale in quanto richiedono personale altamente qualificato
e apparecchiature sofisticate.
Nel progetto POM A32 si è tentato di mettere a punto metodologie molecolari nel caso di
funghi responsabili di gravi malattie vascolari, come ad esempio da Verticillium spp., la cui
diagnosi deve essere necessariamente rapida, precisa e precoce trattandosi di malattie ad esito quasi
sempre letale (Fig. 6).
.
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Fig. 6.
Diagnosi molecolare di
Verticillium dahliae, mediante PCR con
primer specifici, in piantine di pomodoro
“Red Setter” artificialmente inoculate. (B=
bianco; F= Fusarium oxysporum; S=
Sclerotinia sclerotiorum; M= DNA
Marker; V1= V. dahliae isolato 1; V2= V.
dahliae isolato 2.
103 pb
CONCLUSIONI
La disponibilità di metodi diagnostici accurati ed economici per la diagnosi delle malattie
fungine delle piante ortive in vivaio è di fondamentale importanza per la produzione di materiale di
propagazione di qualità come previsto dalle recenti normative in materia di certificazione (DD.MM.
del 14 aprile 1997). Per la diagnosi di queste malattie sono disponibili metodi tradizionali, come le
osservazioni visive dei sintomi e l’isolamento in coltura del patogeno, e metodi più innovativi come
quelli sierologici e quelli basati sull’analisi degli acidi nucleici. Oltre al metodo diagnostico, ai fini
del buon esito della diagnosi, sono necessari sia l’approfondita conoscenza dei differenti patogeni
sia l’adozione di idonee metodologie di campionamento.
Come risultato dalla sperimentazione condotta nell’ambito del progetto POM A32, per la
diagnosi dei patogeni fungini delle ortive, la scelta del o dei metodi da utilizzare dovrà essere
stabilita non solo in funzione del tipo di fungo ma anche in funzione della parte di pianta attaccata:
Per malattie dell’apparato radicale e del colletto è più opportuno utilizzare osservazioni
visive, isolamento del patogeno e ove disponibili, substrati selettivi e metodi sierologici. In
particolare, alcuni substrati selettivi sperimentati per l’isolamento specifico di Phytophthora
spp e Pythium spp, sono in grado di fornire buoni risultati. Circa la diagnosi sierologica,
risultati proponibili per l’applicazione nella pratica diagnostica sono stati forniti da kit
ELISA di laboratorio per Pythium spp e Rhizoctonia spp;
Per malattie della parte epigea (causate da: Alternaria solani, Botrytis cinerea, Bremia
lactucae,
Cladosporium
fulvum,
Leveillula
taurica,
Phytophthora
infestans,
Pseudoperonospora cubensins e Sphaerotheca fuliginea), soprattutto di quelle caratterizzate
da sintomatologia specifica, le ispezioni visive potrebbero risultare sufficienti, anche se il
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responso diagnostico potrebbe essere tardivo. Nei casi di sintomatologia non specifica,
l’allestimento di camere umide e/o il ricorso a terreni colturali può ritenersi necessario per
confermare la presenza del sospetto patogeno;
per alcune malattie dovute a patogeni vascolari (ad es. Verticillium spp), per i quali è
particolarmente richiesta la tempestività e l’accuratezza della diagnosi risultano utili metodi
molecolari (impiego di primer e sonde ad acidi nucleici).
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Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
Diagnosi di fitovirus in produzioni vivaistiche di piantine di ortive mediante ibridazione
molecolare e proposta per l’approntamento di un corredo commerciale.
Mariella Finetti Sialer, Donato Gallitelli
Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata, Università degli Studi, e Centro di Studio
del CNR sui Virus e le Virosi delle Colture Mediterranee, Bari
Riassunto
È proposto un metodo per la diagnosi di fitovirus in produzioni vivaistiche di piantine di
pomodoro basato sull’ibridazione molecolare su estratti grezzi di tessuto vegetale con ribosonde
marcate con digossigenina. Per la messa a punto del metodo sono stati utilizzati come modello il
virus del mosaico dell’erba medica (AMV), il virus del mosaico del cetriolo (CMV), il virus dell’
avvizzimento maculato del pomodoro (TSWV), il virus Y della patata (PVY), il virus
dell’accartocciamento fogliare giallo del pomodoro (TYLCV), il virus del mosaico del pomodoro
(ToMV) ed il virus della maculatura zonata del geranio (PZSV). II campioni sono stati raccolti con
metodo sistematico randomizzato, macerati in soluzione alcalina in rapporto di 1 a 6 (peso/volume)
ed applicati su membrana di Nylon in aliquote di 5 µl per essere sottoposti ad ibridazione. In
reazioni di ibridazione separate le sonde hanno evidenziato un limite di sensibilità di circa 17 µg di
tessuto infetto, e quando adoperate in miscela, esse hanno mantenuto inalterata la specificità, anche
se il limite di sensibilità è risultato leggermente inferiore (circa 21 µg di tessuto vegetale). Nel
complesso la procedura permette l’analisi di 400-500 campioni al giorno e l’ottenimento dei
risultati entro tre giorni dal prelievo del campione. La stabilità delle ribosonde a +4°C e dei
campioni applicati su membrana per oltre un anno consente di proporre la formulazione di un
corredo commerciale per la diagnosi di fitovirus in produzioni vivaistiche di ortive.
INTRODUZIONE
Tra le possibili strategie di lotta ai fitovirus la prevenzione garantisce le migliori probabilità
di successo, soprattutto se accompagnata a diagnosi precoce su materiale vegetale asintomatico. Per
queste finalità, l’ibridazione molecolare in fase mista in cui una delle due molecole, di solito la
molecola bersaglio, è immobilizzata su un supporto solido e l’altra, di solito la sonda, è mantenuta
in soluzione è stata applicata con successo in diverse circostanze. Tra i vari “formati” proposti,
quello noto come dot blot è particolarmente adatto alla diagnosi di tipo massale, in quanto consente
il rilevamento di sequenze virali specifiche in estratti grezzi di tessuto vegetale. L’utilizzazione del
Nylon, in sostituzione della più friabile nitrocellulosa, permette che le membrane possano essere
preparate in campo o in laboratori decentrati e poi inviate ad un laboratorio adeguatamente
attrezzato per effettuare l'ibridazione. Infine l’uso di marcatori non radioattivi (freddi) come la
Digossigenina (DIG) ha consentito non solo di superare le enormi difficoltà connesse con l’uso e lo
smaltimento dei radioisotopi ma anche di prolungare il periodo entro il quale la sonda può essere
utilizzata; si è passati, infatti, dalle due-tre settimane del 32P ai dodici mesi e più della DIG. Queste
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caratteristiche possono consentire la proposizione dei reagenti per ibridazione molecolare anche in
corredi commerciali
Un altro aspetto da non sottovalutare nella diagnosi di tipo massale è quello relativo al
tempo necessario per l’esecuzione del saggio ed alla possibilità di ripeterlo, anche quando il
campione non è più disponibile. Nel caso dell’ELISA, per esempio, è consigliabile usare un solo
antisiero o anticorpo monoclonale per volta; miscele di antisieri, ancorché possibili, riducono
notevolmente la sensibilità del saggio ed il ricorso al congelamento del campione per consentirne la
ripetizione può compromettere la delicata struttura dell’antigene che ne permette il riconoscimento.
Nel caso di procedure diagnostiche che non hanno particolari limiti di tempo come quelle applicate
al materiale di moltiplicazione di essenze arboree, l’ELISA può essere il metodo più consigliabile,
anche per l’ampia offerta di corredi commerciali. Diversa è la condizione delle produzioni
vivaistiche di piantine di ortive dove le procedure diagnostiche possono anche riguardare migliaia
di campioni, ed i risultati devono essere comunicati, entro pochi giorni. Può essere questo il caso
dell’applicazione del D.M. del 14.4.97 che impone, tra l’altro, questo tipo di controlli finalizzati ad
accertare l’assenza o il livello minore possibile di patogeni che compromettano la qualità della
produzione vivaistica. Il periodo di tempo intercorrente fra lo stadio fenologico della piantina,
ritenuto più idoneo per il prelievo dei campioni, ed il momento della commercializzazione è, di
solito, limitato ad un paio di settimane.
In questa sede è descritta l’utilizzazione di un sistema d’ibridazione molecolare multipla per
la diagnosi precoce di fitovirus del pomodoro, considerati economicamente più rilevanti, ed al
tempo stesso è proposta una tipologia di corredo commerciale adatta a questo tipo di analisi.
MATERIALI E METODI
Fitovirus utilizzati
Sono stati utilizzati i seguenti fitovirus: mosaico dell’erba medica (AMV), mosaico del
cetriolo (CMV), avvizzimento maculato del pomodoro (TSWV), Y della patata (PVY),
accartocciamento fogliare giallo del pomodoro (TYLCV), mosaico del pomodoro (ToMV) e
maculatura zonata del geranio (PZSV). I virus sono stati allevati su semenzali di pomodoro
‘Rutgers’ mantenuti in serra termocondizionata.
Sintesi delle ribosonde.
Le ribosonde specifiche per i virus oggetto di questo studio sono state ottenute mediante
trascrizione in vitro di frammenti di cDNA del genoma virale clonati in opportuni vettori di
trascrizione. La trascrizione è stata eseguita con il DIG RNA Labeling kit (Roche) impiegando
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DIG-UTP come marcatore. Dopo la sintesi le ribosonde sono state conservate separatamente, o in
miscela, nelle seguenti condizioni:
1) a + 4°C come precipitato essiccato sotto vuoto,
2) a –20°C in etanolo
3) a –70°C in etanolo
Per l’uso, le sonde sono state risospese in TE (10 mM Tris-HCl, 1 mM EDTA, pH 7.4)
contenente 0.5% SDS e conservate a –70°C
Modalità di campionamento
I campioni sono stati prelevati da piantine di pomodoro allevate in vivaio allo stadio di 2-4
foglie vere e, comunque, da una a due settimane prima della commercializzazione. Ai fini del
numero di campioni da prelevare sono stati considerati due livelli di accertamento dello stato
fitosanitario, certificazione e requisiti minimi in applicazione del D.M. del 14.4.97. Per la
certificazione, ogni campione di lavoro era costituito da 24 subcampioni di tessuto fogliare raccolti
con metodo sistematico randomizzato (Barnett, 1986) e cioè in corrispondenza di punti fissi,
localizzati a distanza costante gli uni dagli altri lungo una traccia a forma di W. La traccia era
costituita da filo elastico e copriva all’incirca 2 m2 di semenzali corrispondenti a 2400 piantine. Per
gli accertamenti ai fini del D.M. del 14.4.97 è stato seguito lo stesso sistema di campionamento ma i
24 subcampioni sono stati prelevati da lotti di circa 100.000 piantine. In ogni caso è stato prelevato
almeno un campione per ogni lotto di piante, anche se di consistenza inferiore a 100.000, dove per
lotto si è inteso un gruppo di piante della stessa età, derivanti dallo stesso lotto di seme ed allevate
nella stessa serra. Limitatamente alle sole procedure di certificazione, la stima della probabilità di
erroneo accertamento (PEA) è stata effettuata con la formula di Clayton e Slack (1988), ipotizzando
una distribuzione uniforme dell’infezione.
Trattamento dei campioni
Il rapporto ottimale tra tessuto vegetale e volume della soluzione di estrazione è stato
determinato sulla base del peso medio di 100 campioni di lavoro, prelevati in vivaio, che è stato
stimato in circa 1.2 g. Questo dato è stato preso in considerazione per la preparazione di un
campione di lavoro sperimentale, su cui determinare il limite di sensibilità del metodo. A tal fine è
stata riprodotta la condizione più sfavorevole, in cui uno solo dei 24 subcampioni fosse infetto,
miscelando 50 mg di tessuto vegetale, prelevato da una pianta di pomodoro infetta da uno dei virus
in studio, con 1.15 mg di tessuto vegetale prelevato da piante sane. Per la diagnosi multipla, sono
state miscelate aliquote di 50 mg di tessuto infetto, prelevate per ciascuno dei virus in studio, ed il
campione portato a 1.2 g con tessuto prelevato da piante sane. Il campione di lavoro così costituito è
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stato triturato con una semplice pressa a rulli in presenza di 6 volumi di una soluzione 50 mM
NaOH, contenente 2.5 mM EDTA, e l’estratto applicato in aliquote di 5 µl su membrane di Nylon
(Hybond N+, Amersham Pharmacia) pre-imbibite con la stessa soluzione NaOH-EDTA. Per i saggi
di routine sono stati applicati circa 200 campioni su una membrana standard di 20 x 10 cm e per
ogni campione sono state preparate almeno 8 repliche. I controlli positivi e negativi erano
rappresentati, rispettivamente, da preparati di DNA plasmidico contenete il frammento utilizzato
per la trascrizione della sonda ed estratti grezzi ottenuti da piante di pomodoro sane. Dopo
l’applicazione dei campioni, le membrane sono state esposte all’UV per 5 minuti e conservate a
temperature ambiente avvolte in carta Whatman 3MM e foglio di alluminio, in attesa di essere
utilizzate.
Condizioni d’ibridazione
Le membrane sono state sottoposte a pre-ibridazione ibridazione e lavaggio così come
descritto da Gallitelli e Saldarelli (1996). Ciascuna ribosonda è stata impiegata, da sola o in miscela,
alla concentrazione di 100 ng/ml. I segnali d’ibridazione sono stati rivelati con il DIG luminescent
detection kit (Roche, Germany) seguendo le istruzioni del produttore. Dopo il trattamento, le
membrane sono state esposte contro pellicola per radiografia una prima volta per un minimo di
un’ora e successivamente per ulteriori 16 ore.
RISULTATI
Ribosonde
Da ogni singola reazione di trascrizione sono stati ottenuti, in media, 10 µg di sonda per µg
di plasmide linearizzato; una quantità sufficiente all’ibridazione di 3 membrane da 200 campioni
ciascuna. Il sistema di conservazione più pratico, anche ai fini della proposizione di un corredo
commerciale, è risultato quello sotto forma di sedimento essiccato conservato a +4°C. Dopo oltre
un anno di conservazione sia separatamente, sia in miscela non sono state osservate riduzioni
nell’attività, nella sensibilità e nella specificità. Tuttavia, dopo la risospensione in TE le sonde sono
state mantenute a –70°C ed utilizzate entro il mese successivo. Analoghi risultati sono stati ottenuti
con le sonde conservate in etanolo a –70°C ma non con quelle conservate a –20°C. In quest’ultimo
caso, infatti, alcune sonde sono apparse parzialmente degradate.
Campionamento e trattamento dei campioni
Secondo lo schema di campionamento adoperato ai fini della certificazione, da ogni lotto di
100.000 piantine sono stati raccolti, in media, 43 campioni di lavoro corrispondenti a circa 1032
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piantine effettivamente sottoposte a saggio. In queste condizioni il valore di PEA oscilla tra il 35 e
lo 0.03% a seconda che la frequenza d’infezione sia dello 0.1 o dell’ 1%, rispettivamente. Dopo la
raccolta, i campioni sono stati conservati a +4°C per un periodo variabile da una a tre settimane.
Anche se i tessuti vegetali non mostravano evidenti segni di deterioramento la diagnosi di TSWV
con questo metodo è risultata attendibile solo entro la prima settimana di conservazione. Dopo tale
periodo il rilevamento del virus è risultato aleatorio, anche impiegando campioni vegetali senza
evidenti segni di deterioramento.
Il rapporto ottimale tra tessuto vegetale e volume della soluzione di estrazione è risultato di
1 a 6. Con rapporto di 1 a 3, l’eccessiva presenza di residui vegetali sulla membrana ha spesso
generato segnali aspecifici, mentre un rapporto di 1 a 9 o 1 a 12 ha ridotto l’intensità del segnale di
alcuni virus. Nel caso di campioni di lavoro di 1.2 g macerati in 15 ml di miscela di estrazione è
stato stimato che un peso di circa 400 µg di tessuto vegetale corrispondesse ai 5 µl di estratto
(macchia) applicati sulla membrana. Usando le ribosonde in reazioni d’ibridazione separate e
considerando il caso più sfavorevole in cui una sola delle 24 piante costituenti il subcampione fosse
infetta, il limite di sensibilità è risultato di circa 17 µg di tessuto infetto per macchia. Utilizzando le
sonde in miscela il limite di sensibilità è risultato compreso tra 17 e 21 µg per macchia ma ciascuna
ribosonda ha mantenuto la propria specificità. Infine il ricorso alla doppia esposizione contro lastra
per radiografia ha consentito la riduzione di possibili falsi negativi anche se nel 90% dei casi il
segnale era già chiaramente visibile dopo un’ora di esposizione. Non sono state osservate riduzioni
d’intensità del segnale in membrane sottoposte ad ibridazione a distanza di oltre un anno dalla
preparazione. Nei saggi di routine durante lo svolgimento dell’attività vivaistica, l’impiego di
quattro operatori, due dedicati al prelievo ed il trasporto dei campioni al laboratorio e due
all’esecuzione dei saggi, ha permesso il trattamento di 400-500 campioni al giorno e la
comunicazione dei risultati al vivaista entro il terzo giorno lavorativo dalla data del prelievo. In
queste condizioni è stato stimato un costo di 5.000 lire per campione di lavoro, pari a circa 2 lire per
piantina certificata.
Il metodo di campionamento e di analisi messo a punto ha consentito il rilevamento di
infezioni virali (TSWV e ToMV) sia durante i saggi previsti ai fini della certificazione sia di quelli
previsti in ottemperanza al D.M. del 14.4.97 e cioè prelevando un campione di lavoro ogni 100.000
piantine. Il metodo è stato anche applicato all’accertamento dello stato sanitario delle produzioni
vivaistiche delle piantine di lattuga consentendo il rilevamento di TSWV e del virus del mosaico
della lattuga (LeMV). Infezioni consistenti (fino al 70%) di LeMV sono state rilevate in semi di
lattuga, sottoponendo all’ibridazione molecolare piantine allo stadio cotiledonare, ottenute da semi
posti a germinare su substrato sterile.
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Proposta di un corredo commerciale
La possibilità di conservare le ribosonde a +4°C, sotto forma di precipitato essiccato, ne
permetterebbe l’inclusione in un corredo commerciale e per evitare il ricorso alla conservazione a –
70°C dopo la risospensione in TE, le sonde potrebbero essere fornite in aliquote necessarie
all’bridazione di una membrana “standard” di 10 per 20 cm, utile all’analisi di circa 200 campioni.
Inoltre la stabilità degli estratti dopo l’applicazione su membrana suggerisce che il corredo potrebbe
includere un set di membrane preimbibite con la soluzione di NaOH-EDTA e già contenenti nella
prima fila estratti da succo di pianta sana e nell’ultima praparati dello stesso DNA plasmidico
utilizzato per la sintesi delle ribosonde, da servire come controllo positivo. Questa disposizione
consentirebbe l’utilizzo anche di singole porzioni della membrana, a seconda delle esigenze del
saggio.
DISCUSSIONE
Nel proporre un metodo di analisi per la diagnosi di fitovirus in produzioni vivaistiche di
piantine di pomodoro ci si è trovati di fonte a tre problemi: 1) la scelta di un sistema di
campionamento adatto, 2) la determinazione del numero di campioni da raccogliere 3) la scelta di
una strategia di analisi che permettesse riduzione di tempo e di costi.
Al fine di limitare l’errore dovuto a decisioni arbitrarie introdotte dall’operatore durante le
fasi di campionamento come ad esempio la raccolta preferenziale di campioni rispetto ad altri meno
accessibili, si è optato per un sistema di campionamento sistematico randomizzato. In linea di
principio, la scelta di un sistema di campionamento completamente randomizzato in cui ciascuna
pianta ha la stessa probabilità di essere sottoposta a campionamento sarebbe stata la soluzione
ideale ma questo, anche in considerazione della disposizione delle piante nelle strutture vivaistiche
per la produzione di piantine di ortive avrebbe potuto indurre l’operatore ad effettuare scelte
arbitrarie. Inoltre, così come puntualizzato da Barnett (1986) anche il campionamento sistematico
ha una forma di randomizzazzione perché il primo campione da raccogliere è scelto a caso e solo i
campioni successivi sono raccolti in modo sistematico, seguendo uno schema specifico. Tra i vari
schemi di campionamento proposti da Barnett (1986) quello a forma di W sembra il più adatto per
coprire ampie superfici senza amplificare gli effetti dei bordi che, in particolare nelle condizioni di
serra, potrebbero risultare prevalenti. È noto, infatti che in una serra le piante sono sottoposte a
differenti condizioni di illuminazione, temperatura ed umidità nonché esposte alle infezioni di
patogeni provenienti dall’esterno a seconda della posizione (centrale, lungo i bordi esterni, lungo i
corridoi di camminamento) che esse occupano nella serra.
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Il problema della dimensione del campione e della frequenza del campionamento è un altro aspetto
essenziale che si concretizza nella possibilità che piantine infette possano sfuggire al rilevamento.
D’altro canto il campionamento deve rappresentare nella maniera più fedele possibile la
popolazione pur restando entro costi e mole di lavoro accessibili. I virus presi in considerazione
sono prevalentemente trasmessi da insetti (afidi, tripidi, aleurodidi) ed in qualche caso anche
attraverso il seme il che permette di ipotizzare una distribuzione più o meno uniforme delle
infezioni e di giustificare il ricorso alla formula di Clayton e Slack (1988) per la stima della
probabilità di erroneo accertamento. Và inoltre precisato che l’uso di questa formula è proposto
congiuntamente ad un sistema di campionamento che, come si è detto in precdenza, tende a
minimizzare l’effetto dei bordi. Come si è visto, la probabilità di erroneo accertamento varia
moltissimo a seconda della percentuale d’infezione considerata ma nel caso di piantine a semina
molto fitta (pomodoro, per esempio) e di prelievo meccanico del campione, ciascun subcampione
potrebbe essere costituito da tessuto prelevato da 3-4 piante contigue, il che farebbe aumentare
proporzionalmente il numero delle piante effettivamente sottoposte a saggio, riducendo anche la
possibilità di errore. A questo punto ci sarebbe da chiedersi quale possa essere l’effetto del rilascio
deliberato in campo di piantine con percentuali d’infezione dello 0.1% o dell’1% nei confronti di
eventuali danni alla coltura. Il riferimento più immediato và fatto alle modalità di trasmissione del
virus. E’ intuitivo che virus trasmessi da insetti hanno maggiore probabilità di diffusione all’interno
della coltura di altre entità trasmesse, per esempio da funghi o nematodi. Nel caso di CMV, un virus
caratterizzato da notevole virulenza e trasmesso da diverse specie di afidi con elevata efficienza, è
stato stimato che utilizzando l'1% piante infette nell'impianto della coltura, si può facilmente
arrivare al 20% di perdite di produzione. Nelle nostre condizioni sperimentali un’infezione dell’1%
consente una probabilità d’errore solo dello 0.03% e cioè decisamente trascurabile. Tuttavia
considerata la impossibilità di estendere questo esempio ad altri sistemi virus-ospite sarebbe
opportuno dedicare studi specifici al problema delle soglie.
Il ricorso alla diagnosi multipla ha consentito di ridurre sensibilmente costi e tempi di
esecuzione senza abbassare il limite di sensibilità o la specificità del saggio. Poiché tutti i virus
presi in considerazione in questo caso figurano nell’elenco dei patogeni di qualità allegato al D.M.
del 14.4.97 e TSWV è addirittura un patogeno da quarantena, l’identificazione del virus
eventualmente risultato presente in un lotto di piantine non sembra strettamente necessaria. Se per
finalità epidemiologiche se ne ritenesse opportuna l’identificazione, questa potrebbe essere
effettuata anche in un secondo momento, adoperando le repliche delle membrane in reazioni
d’ibridazione separate.
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Infine le caratteristiche dei reagenti impiegati in questa sede ne suggeriscono la proposizione come
componenti di un corredo commerciale per la diagnosi di fitovirus del pomodoro. Sebbene non
siano state condotte prove specifiche non sembra azzardato ritenere che analoghe procedure
possano essere applicate anche ad altre produzioni vivaistiche di piantine di ortive con risultati, in
termini di sensibilità ed affidabilità, comparabili a quelli ottenuti nel caso del pomodoro.
Ringraziamenti
Il presente lavoro è stato realizzato con il contributo finanziario della Cominità Europea-Ministero
per le Politiche Agricole e Forestali, nell’ambito del Programma Operativo Multiregionale (POM)
“Attività di sostegno ai servizi di sviluppo per l’agricolatura”, Misura 2, progetto A32;
BIBLIOGRAFIA
Barnett, O. 1986. Surveying for plant viruses: design and consideration. Pages 147-166, in:
Introduction to plant disease epidemiology. Eds. Campbell CL & Madden LV, Wiley
Interscience, NY.
Clayton, M.K., and Slack, S.A. 1988. Sample size determination in zero tolerance circumstances
and the implications of stepwise sampling: bacterial ring rot as a special case. Am Pot J. 65:
711-723.
Gallitelli D. and Saldarelli P. 1996. Molecular identification of phytopathogenic viruses. In:
methods in Molecular Biology 50, Species Diagnostics Protocols: PCR and other Nucleic
Acid methods (J.P. Clapp Ed.) Humana Press, N.J., 57
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Il virus del mosaico del pepino
Tomassoli L. e B. Faraglia
Istituto sperimentale per la Patologia Vegetale, Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, Roma
Nome del patogeno: Pepino mosaic virus - tomato type (PepMV)
virus del mosaico del pepino - ceppo del pomodoro
Genere: Potexvirus
PREMESSA
Il virus del mosaico del pepino è comparso sulla scena europea (Regno Unito e Paesi Bassi)
nel gennaio del 1999 come nuovo patogeno del pomodoro in coltura protetta (Vlugt et al., 2000). La
Commissione Europea, sollecitata dai due paesi membri, ha costituito un “Gruppo di lavoro sul
PepMV” che, attraverso indagini scientifiche, avesse il compito di quantificare il rischio
fitosanitario di questo virus per il territorio europeo (Tomassoli, 2001) e verificare l’opportunità di
un suo inserimento tra gli organismi da “quarantena“ o tra quelli considerati “pregiudizievoli per la
qualità”.
Al momento, il PepMV è soggetto a norme fitosanitarie transitorie tendenti a impedirne la
introduzione e la propagazione nella Comunità (Decisione della Commissione 2001/536/CE). La
comparsa del PepMV in Italia (Roggero et al., 2001) ha suggerito l’opportunità di predisporre una
specifica scheda avente lo scopo di illustrare le principali proprietà di questo patogeno emergente e
rendere note misure di profilassi per la prevenzione ed eradicazione di questo virus.
OSPITI
Il pomodoro (Lycopersycon esculentum), in coltura protetta, è l’unico ospite naturale di
questo nuovo ceppo europeo. Infatti, il ceppo originale, isolato da pepino (Solanum muricatum),
non causa alterazioni sintomatologiche su pomodoro (Jones et al., 1980).
Altre solanaceae (melanzana, patata, tabacco) sono risultate suscettibili al PepMV ceppo pomodoro
ma solo in prove di infezioni artificiali.
SINTOMATOLOGIA
I sintomi si osservano fin dalle prime fasi di coltivazione e sono particolarmente evidenti nei
mesi autunnali ed invernali, quando la intensità luminosa è minore e le temperature più basse.
Sintomi tipici del PepMV sono:
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-
riduzione di sviluppo dell’apice vegetativo associato, a volte, a incisioni più accentuate del
lembo fogliare (foglia ad ortica); distorsione e filimorfismo confondibili con alterazioni di
natura ormonale;
-
maculature clorotiche, gialle o necrotiche sulle foglie, in prevalenza quelle basali;
-
striature imbrunite lungo il fusto e sullo stelo fiorale dove spesso si osserva aborto dei fiori;
-
decolorazione e maturazione irregolare dei frutti; imbrunimento del calice dei frutti.
La comparsa dei sintomi è repentina e la diffusione della malattia è molto rapida sia
all’interno della serra che ambienti limitrofi.
DANNI
La valutazione del rischio fitosanitario e la quantificazione dei danni causati dal PepMV sul
pomodoro da serra sono ancora oggetto di studio in quanto, nei Paesi colpiti, la malattia si è
manifestata con diversa incidenza sul territorio, in termini di aree produttive e numero di aziende
colpite, e con diversa gravità, in termini di danni quantitativi e qualitativi alla produzione.
EPIDEMIOLOGIA
Il PepMV si trasmette per contatto attraverso strumenti di lavoro, scarpe, indumenti, mani,
sfregamento tra piante vicine, innesto. Il virus è caratterizzato da estrema longevità favorita da un
ambiente secco e temperature miti. Studi recenti hanno indicato che il virus può persistere per
periodi più o meno lunghi a seconda della matrice considerata. In particolare:
Residui secchi di pianta
90 giorni
Radici
21-28 giorni
Sostanza organica nel terreno (residui di coltivazione)
21 giorni
Indumenti contaminati
14 fiorni
Superficie della serra contaminata con succo di foglie infette 2-4 giorni
La diffusione del virus all’interno della serra è favorita dall’azione degli insetti impollinatori
mentre sembra che l’acqua di percolazione sia ininfluente nella contaminazione delle piante sane.
Ancora non è chiaro il ruolo che il seme svolge nella diffusione del PepMV. E’ noto, infatti,
che i Potexvirus non si trasmettono per questa via. Alcune ricerche hanno, invece accertato la
presenza, anche se in bassa percentuale nei tegumenti di questo virus. Il seme, pertanto,
rappresenterebbe la più probabile via di diffusione del virus a lunga distanza e la principale fonte di
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infezione all’interno di una serra. In attesa di meglio definire questo importante aspetto
epidemiologico, sono in corso studi atti ad individuare un protocollo di trattamento acido del seme
che consenta l’inattivazione del PepMV garantendo le condizioni di sanità per le sementi in
commercio.
DIAGNOSI
La diagnosi è essenzialmente di tipo sierologico. La tecnica ELISA, o il più rapido pocket
test, consentono una rapida identificazione del PepMV.
Per le fasi operative si rimanda alle istruzioni specifiche dei kit commerciali (Csl Pocket
Test; Adegen; AGDIA; Bioreba; DSMZ; LOEWE; PRI.).
LOTTA
Attualmente non esistono norme comunitarie che regolamentano la eradicazione di focolai
di infezione. Differenti Paesi della UE hanno predisposto specifiche direttive. Anche in Italia è in
fase di definizione un protocollo indicante le differenti misure da intraprendere per prevenire la
introduzione del PepMV nelle aree di produzione del pomodoro e contenerne la diffusione in caso
di infezione accertata.
Qui di seguito sono elencate le principali azioni da intraprendere:
Prevenzione
Seme: utilizzare solo semente pulita ed esente da residui di polpa. È comunque consigliato un
trattamento acido per l’inattivazione del virus. Il protocollo suggerito prevede:
•
lavaggio in fosfato trisodico 1%
•
lavaggio in ipoclorito di sodio 0,5% per 30 min
•
ripetuti lavaggi in acqua corrente.
per 45 min
Giovani piantine in vivaio: eseguire controlli settimanali per l’individuazione precoce di alterazioni
morfologiche delle piantine Il personale deve osservare le seguenti misure igieniche:
•
indossare indumenti, scarpe e guanti monouso o disinfettati;
•
disinfettare tutti gli strumenti di lavoro (fosfato trisodico 10% per 30 min);
•
utilizzare personale
produttivi.
addetto solo all’attività del semenzale e non ad altri cicli
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In caso di un vivaio trovato, in un precedente ciclo produttivo, contaminato da PepMV, è necessario
confermare, con idonee analisi di laboratorio, l’assenza di infezione prima di procedere alla
commercializzazione delle giovani piantine.
Coltura in atto: eseguire controlli settimanali per il rilevamento precoce di sintomi sospetti. In caso
di azienda già colpita da PepMV effettuare periodicamente anche controlli sierologici. Devono
essere osservate le seguenti misure igieniche:
•
lavorare nella serra sempre nella stessa direzione;
•
utilizzare strumenti di lavoro disinfettati (fosfato trisodico 10% per 30 min);
•
eliminare le infestanti che potrebbero fungere da pericoloso serbatoio di infezione
(specie botaniche sperimentalmente identificate suscettibili a PepMV: Solanum
dulcamara, S. nigrum)
Eradicazione
Coltura in atto: una volta identificato il PepMV all’interno della serra:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
contrassegnare la fila contenete le piante infette;
eliminare le piante infette mettendole in buste chiuse;
rimuovere, lungo la fila, almeno 20 piante prima e dopo le piante infette e metterle in
buste chiuse;
rimuovere le piante delle file limitrofe se vicine o se si è verificato contatto durante
le pratiche colturali;
bruciare il materiale infetto raccolto nelle buste;
rimuovere, se possibile, il terreno di coltura (rizosfera) limitatamente alle piante
infette (residui di radici infette);
rimuovere sempre i detriti di coltura e bruciarli;
utilizzare indumenti, stivali, guanti monouso per ogni singola serra dell’azienda e
buttarli in appositi bidoni all’uscita di ognuna;
assegnare ad ogni operatore un numero definito e ristretto di serre;
eseguire all’interno della serra i lavori con piccoli strumenti e guanti da immergere,
passando da pianta a pianta, in latte scremato contenente almeno 3,5% di frazione
proteica;
lavorare per ultima la serra colpita e, all’interno della serra, la zona dove sono state
identificate le piante infette;
informare ogni lavoratore sui sintomi da monitorare all’interno delle serre e sulle
operazioni da adottare per la prevenzione;
evitare il consumo alimentare di frutti di pomodoro all’interno della serra;
non assegnare i lavoratori addetti alle pratiche colturali all’imballaggio;
le cassette, i carrelli, ruote comprese, usati per la raccolta e l’imballaggio devono
essere disinfettati;
impedire l’ingresso a visitatori.
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Dopo la coltura:
•
rimuovere tutti i residui colturali disponendoli direttamente in contenitori da
bruciare;
•
non portare mai materiale vegetativo residuo o qualsiasi materiale di coltivazione
all’esterno della serra colpita;
•
lavare l’intera struttura con potenti getti di acqua a pressione o acqua calda o acqua
con detergenti;
•
disinfettare la struttura con disinfettanti ad azione antivirale;
•
disinfettare tutte le attrezzature e arnesi da lavoro utilizzati all’interno della serra;
•
sostituire o disinfettare il sistema d’irrigazione;
•
lasciare la serra incolta per almeno tre settimane per garantire la perdita di infettività
del virus presente nei residui eventualmente rimasti in serra;
•
impiantare una coltura non suscettibile al PepMV.
Norme fitosanitarie
Decisione Commissione delle Comunità Europee del 6 luglio 2001 (2001/536/CE)
BIBLIOGRAFIA
Jones R.A.C., Koening R. and Leseman D.E. 1980. Annals of Applied Biology, 94, 61-68.
Roggero P., Masenga V., Lenzi R., Coghe F., Ena S., Winter S. 2001. New Disease Reports, 3
Tomassoli L., 2001. L’Informatore Agrario, 6, 65- 66
Van der Vlugt R.A.A., Stijer CCMM, Verhoeven J., Leseman D.E. 2000. Plant Disease, 84, 103.
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Protocolli per gli accertamenti sanitari degli organismi patogeni di
“qualità” delle ortive
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I. BATTERI
C. Cariddi
Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata
Università degli Studi di Bari
Protocollo per l’accertamento sanitario di piantine di pomodoro per Pseudomonas syringae
pv. Tomato
Per l’accertamento sanitario delle piantine di pomodoro in vivaio per la specie batterica
Pseudomonas syringae pv. tomato, agente della “picchiettatura batterica”, si ritiene sufficiente il
rilievo visivo avendo l’accortezza di ispezionare con particolare attenzione le zone del vivaio dove
maggiore è il ristagno di umidità. Nelle condizioni di serra, infatti, se è presente l’inoculo del
batterio, quasi certamente si avranno infezioni palesi.
Nei casi dubbi, l’accertamento di laboratorio va effettuato secondo il seguente protocollo:
1. Isolamento in coltura
Prelevare alcune (5-6) lesioni necrotiche sospette presenti sulle foglie con un poco di tessuto
sano circostante, triturarle in mortaio in poche gocce (circa 0,5 ml) di tampone fosfato sterile a pH 7
o di soluzione fisiologica sterile e lasciarle macerare per 10-15 minuti. Strisciare la sospensione tal
quale o diluita 1:10 in capsule Petri contenenti Agar-Nutritivo-Saccarosio (ANS) al 5% di
saccarosio e metterle a incubare a 25 °C per 48 ore. Dopo incubazione, osservare le capsule allo
stereomicroscopio a luce trasmessa e scegliere alcune delle colonie singole cupuliformi, di colore
bianco perla, mucidi e a margine intero (del tipo dei produttori di levano).
2. Saggio di fluorescenza
Trasferire le colonie scelte, in capsule Petri contenenti Agar-King-B e, dopo incubazione per
24-48 ore, osservare a luce ultravioletta (365 nm) e scegliere le colonie fluorescenti.
3. Saggio di ipersensibilità su tabacco
Trasferire le colonie fluorescenti in provette contenenti Agar-Nutritivo e, dopo incubazione
per 24-48 ore, preparare da ciascuna di esse una sospensione di concentrazione pari a 106 – 107
u.f.c. e infiltrarla, mediante siringa sterile da 1 ml, nel tessuto compreso nello spazio internervale di
foglie di giovani piante di tabacco cv. Sansum, Xanthy o Wite Burley. Dopo incubazione per 12-18
ore a temperatura ambiente, se le aree di tessuto infiltrato sono divenute idropiche la reazione è da
ritenersi positiva.
4. Saggio di ossidasi
Gli isolati positivi al saggio di ipersensibilità su tabacco vengono allevati per 24-48 ore in
provette di Agar-Nutritivo e con un’ansa di platino prelevata una porzione di colonia e strisciata su
un dischetto di carta da filtro precedentemente imbevuta con alcune gocce di una soluzione all’1%
di NNN,N tetramethyl fenilendiamina diidrocloridrata. La reazione è da considerarsi positiva se lo
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striscio si colora di viola intenso dopo 10 secndi, debolmente positiva se la colorazione compare tra
10 e 20 secondi, negativa se lo striscio rimane incolore.
5. Saggio di utilizzazione di DL lattato, Eritritolo e D(-)-tartrato
Preparare tre aliquote di substrato minimo C di Dye modificato (senza estratto di lievito e
senza indicatore di pH), sterilizzare a 121 °C per 15 minuti, lasciare raffreddare fino a circa 50 °C e
aggiungere a ciascuna di esse, mediante filtrazione con filtri di 0,22 µ, la soluzione di uno dei tre
suddetti composti organici fino a raggiungere una concentrazione nel substrato pari allo 0,1% e
versare in capsule Petri. Preparare una sospensione batterica non molto concentrata e inoculare
ciascun substrato contenente uno dei composti e il substrato minimo senza l’aggiunta di alcun
composto mediante inoculazione a placche facendo uso di uno stecchino sterile. Incubare a 25 °C
per 3-5 giorni e rilevare il tasso di crescita delle colonie nelle capsule contenenti il substrato minimo
addizionato con ciascuno dei composti rispetto a quello delle capsule contenenti solo il substrato
minimo.
Gli isolati che su ANS producono colonie del tipo dei produttori di levano, che producono
pigmenti fluorescenti su Agar-King-B, che inducono ipersensibilità su foglie di tabacco, che sono
ossidasi negativi e utilizzano il D (-) tartrato e non utilizzano invece l’eritritolo e il DL lattato sono
identificabili come P. syringae pv. tomato.
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Allegato 1
COMPOSIZIONE DEI SUBSTRATI DI COLTURA
Agar-Nutritivo
Brodo nutritivo
Agar
Acqua distillata
8 g
15 g
1L
Agar Nutritivo Saccarosio (ANS)
Brodo nutritivo
Saccarosio
Agar
Acqua distillata
8 g
50 g
15 g
1L
Agar-King-B
Proteose peptone
Glicerolo
K2HPO4
Mg SO4 x 7 H2O
Agar
Acqua distillata
20 g
10 g
1,5 g
1,5 g
15 g
1 L
Substrato C di Dye modificato
NH4H2PO4
K2HPO4
MgSO4 x 7H2O
NaCl
Agar nobile
Acqua distillata
pH = 7,2
0,5 g
0,5 g
0,2 g
5 g
12 g
1 L
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II. VIRUS
Protocollo di laboratorio per la diagnosi di fitovirus delle ortive mediante ibridazione
molecolare con sonde nucleiche marcate con digossigenina
Donato Gallitelli
Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata
Università degli Studi di Bari
1. Sintesi e conservazione delle sonde nucleiche marcate con digossigenina.
Le sonde nucleiche specifiche per i virus di cui si intende effettuare la diagnosi possono
essere ottenute mediante trascrizione in vitro di frammenti clonati in opportuni vettori di
trascrizione utilizzando il DIG RNA Labeling kit (Roche)secondo le istruzione della Ditta
produttrice.
Dopo la sintesi le sonde possono essere conservate in uno dei seguenti modi:
a + 4°C come precipitato essiccato sotto vuoto,
a –20°C in etanolo
a –70°C in etanolo
Nel caso di conservazione in etanolo, il tubo va centrifugato a 13000-14000 gpm per 15 minuti,
l’etanolo scartato ed il precipitato essiccato sotto vuoto
Per l’uso, il precipitato deve essere risospeso in 60 microlitri di TE (10 mM Tris-HCl, 1 mM
EDTA, pH 7.4) contenente 0.5% SDS, e conservata a –70°C
2. Campionamento
Il campionamento (prelievo dei campioni da sottoporre a saggio) dovrà essere effettuato da
personale competente.
Il campionamento dovrà essere effettuato da ogni singolo lotto omogeneo, preferibilmente
nei 7-10 giorni antecedenti la data prevista per la commercializzazione delle piantine.
Il prelievo dei campioni dovrà avvenire in modo sistematico randomizzato, cioè seguendo
una direttrice a doppia V (W) e prelevando i campioni ad intervalli regolari sulla stessa direttrice.
La direttrice può essere realizzata con un elastico teso tra due assicelle di circa 1 metro. Il ricorso
all’elastico più che allo spago consente di adattare il sistema a bancali di diversa larghezza.
Per le malattie virali si possono usare metodi non distruttivi prelevando foglie o parti di esse,
a mano o con appositi raccoglitori telescopici.
3. Numero di campioni da prelevare o esaminare
Per rilevare, in modo attendibile, la presenza di malattie su lotti di semi o per rilevare sulle
piantine malattie distribuite in modo randomizzato, si seguirà quanto suggerito dai metodi statistici
(distribuzione di Poisson, distribuzione binomiale, PEA) in cui il numero di campioni da prelevare
o esaminare sarà proporzionale al grado di tolleranza che si intende fissare. In genere per fini
certificativi dovrebbero essere raccolti non meno di 12 subcampioni per m2 di serra. I subcampioni
vanno raccolti nella stessa bustina di plastica (10x15 cm) e costituiscono 1 campione di lavoro. Ai
fini dei controlli nei vivai accreditati può essere raccolto almeno un campione ogni 100.000 piantine
e, comunque, almeno un campione per ogni lotto di piantine.
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4. Indicazioni da riportare
Su ciascun campione bisogna riportare a) il luogo e la data di prelevamento, b) il nome del
vivaio o dell’azienda, c) la specie prelevata con il nome della varietà e il numero di lotto, d) l’età
delle piantine o la data di semina, e) eventuali annotazioni sui trattamenti effettuati .
5. Conservazione dei campioni
Ciascun campione di lavoro sarà posto in un sacchetto di plastica nuovo e inviato entro
poche ore dal prelievo al laboratorio diagnostico accreditato. Se conservato, il campione deve
essere mantenuto a temperatura compresa tra 4 e 10°C, al buio ed utilizzato entro due o tre giorni
dal prelievo.
6.Procedura di ibridazione
6.1. Approntamento delle membrane
Usando una matita morbida, dividere un rettangolo di 10 x 20 cm di membrana di Nylon
(Amersham Hybond N+ o equivalente) in quadratini di 1 cm di lato. Disegnare un numero
sufficiente di quadrati in base al numero dei campioni da applicare e dei controlli negativi (succo
di pianta sana) e positivi (preparati dei plasmidi che contengono il frammento che sarà impiegato
come sonda nucleica. Preparare in questo modo un numero di membrane almeno pari al numero di
virus che si intendono ricercare.
Inbibire le membrane preparate con una soluzione di 50 mM NaOH, 2.5 mM EDTA e far
asciugare completamente a temperatura ambiente. In queste condizioni le membrane possono
essere conservate all’asciutto anche per un mese.
6.2. Preparazione dei campioni
Su un foglio di carta approntare uno schema che riproduca esattamente i quadratini della
membrana ed indicare in corrispondenza di ciascuno di essi il numero del campione che vi si
intende collocare.
Il campione di lavoro dovrebbe pesare circa 1-1,2 gr e dovrebbe già trovarsi nella bustina
di plastica usata per raccoglierlo. Aggiungere 6 ml di una soluzione 50 mM Naoh, 2.5 mM EDTA
(preparata fresca) e triturare facendo passare la bustina in una pressa a rulli (va bene anche una
comune macchina per stendere la pasta) per 2 volte facendo attenzione a non rompere la bustina.
Accertarsi che il campione sia uniformemente macerato, prelevare 5 microlitri della
frazione liquida cercando di evitare frammenti grossolani di tessuto, e depositarli in
corrispondenza di un quadratino della membrana secondo l’ordine predisposto Questa operazione
va ripetuta su tante membrane differenti per quante sono le repliche dello stesso campione che si
intende predisporre
Applicare succo di pianta sano e DNA plasmidico (circa 200 nanogrammi) come controlli.
Quando si è completata l’applicazione di tutti i campioni, esporre la membrana per 5 minuti agli
UV. A questo punto la membrana può essere usata immediatamente o conservata per diversi mesi
a temperatura ambiente fra 2 fogli di carta Whatman (3MM).
6.3. Ibridazione e rivelazione degli ibridi
Inserire la membrana nel tubo del fornetto per ibridazione e aggiungere 150 microlitri di
miscela di ibridazione (per esempio DIG easy Hyb ganules della Roche o equivalente) preparata
secondo le indicazioni della Ditta produttrice.
Preibridare a 55°C in rotazione per almeno 2 ore.
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
Aggiungere 100 nanogrammi di sonda marcata con digossigenina per ogni ml di soluzione
(nel caso di ibridazione con sonde multiple la concentrazione di ognuna delle sonde deve essere di
100 nanogrammi per ml di soluzione).
Ibridare a 55°C in rotazione per tutta la notte.
Dopo l’ibridazione, eliminare la soluzione di ibridazione, prendere la membrana con una
pinzetta e metterla in un contenitore adatto. Eliminare la sonda non appaiata lavando con 250 ml
di 0.1xSSC (20X SSC = 3 M NaCl, 300 mM Na3citrato), 0.1% SDS a 65°C per 30 minuti.
Ripetere i lavaggi per 3 volte. Digerire il residuo di sonda non appaiata incubando per 30 minuti
a temperatura ambiente in 2xSSC contenente 1 microgrammo/microlitro di RNAsi A in un
contenitore utilizzato solo a questo scopo. Al termine, lavare la membrana con 2xSSC.
Rivelare l’ibrido con il DIG luminescent detection kit della Roche seguendo le istruzioni
della Ditta produttrice.
Al termine, assorbire l’eccesso di substrato con due fogli di carta Whatman 3MM. Non
asciugare completamente la membrana e porla fra 2 fogli di acetato (vanno benissimo fogli lucidi
per lavagna luminosa) eliminare eventuali bolle d’aria facendo ruotare sul filtro una pipetta, e
chiudere il tutto in una cassetta autoradiografica.
Mettere la cassetta a 37°C per 10 minuti per attivare la fosfatasi alcalina. Esporre, quindi, la
membrana contro una lastra autoradiografica(X-ray) a temperatura ambiente per 60 minuti in una
cassetta autoradiografica.
Sviluppare la lastra (di solito, conviene riesporre la membrana per tutta la notte)
Appoggiare la lastra sulla membrana per individuare i campioni infetti.
Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche”
Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001
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