Influenza aviaria H5N1 e avifauna selvatica a cura di

Influenza aviaria H5N1 e avifauna selvatica
a cura di Marco Gustin e Patrizia Rossi
LIPU-BirdLife Italia
1. Premessa
Secondo la nuova definizione adottata dalla UE e dall’OIE (Ufficio Internazionale delle Epizozie),
l’Influenza Aviarie, viene definita come “l’infezione che colpisce i polli causata da qualsiasi virus
dell’influenza di tipo A che ha un indice di patogenicità intravenosa in polli di 6 settimane maggiore
di 1.2 o qualsiasi virus dell’influenza di tipo A appartenente ai sottotipi H5 e H7”. 1
Negli ultimi anni si è assistito ad un notevole aumento dei casi di presenza negli uccelli che
coinvolgono i virus ad alta patogenicità H5 e H7 e questo fenomeno, anche se non completamente
compreso, potrebbe essere legato alle aree con elevata densità di pollame nelle quali le misure di
biosicurezza sono piuttosto difficili da attuare e da mantenere. 2
A partire da Gennaio 2004 per arrivare agli inizi del 2005, sono già stati registrati 34 decessi che
coinvolgono la popolazione umana, provocati da questo virus.
L’epidemia è una crisi di importanza globale e richiede una grande attenzione da parte della
comunità internazionale, considerando che il virus è tuttora in circolazione in Asia e non si prevede
una sua eliminazione in tempi brevi. In generale, da parte di tutti i Paesi ci dovrebbe essere un
maggiore impegno in termini di sorveglianza e di misure di controllo dal momento che, nonostante
la diffusione all’interno delle popolazioni umane sia estremamente limitata e il rischi di contagio per
l’Europa occidentale sia piuttosto basso, è invece piuttosto verosimile che il virus dell’influenza
aviaria e quello dell’influenza umana possano infettare lo stesso individuo con riassortimento dei
due virus. Come conseguenza si avrebbe l’insorgere di un virus con geni interni originati da virus
umano, e ciò faciliterebbe la trasmissione nell’uomo, ma anche la nascita di un virus con
emoagglutinina proveniente da influenza aviare. Inevitabilmente questi cambiamenti sarebbero in
grado di provocare una nuova pandemia.
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2. Relazione tra avifauna selvatica e influenza aviaria
Al momento, le informazioni esistenti sulla relazione tra avifauna selvatica e influenza aviaria sono
le seguenti:
1. il virus letale H5N1 è comparso nel pollame allevato nel sud-est asiatico;
2. pur essendo possibile che gli uccelli selvatici siano vettori del virus, difficilmente ciò
potrà costituire un pericolo per l’Italia, perché le zone infette distano molte migliaia di
chilometri e il virus, negli uccelli selvatici, non sopravvive se non per pochi giorni. Al
contrario ci sono forti evidenze che i movimenti di animali (trasporto) domestici siano i
principali responsabili della sua diffusione;
3. è stato dimostrato che gli uccelli selvatici sono stati infettati in via secondaria dagli
uccelli domestici (pollame), in particolare le anatre selvatiche che risultano molto
sensibili al contatto con il virus;
4. gli uccelli che seguono rotte di migrazione differenti possono condividere medesime
aree di sosta e di nidificazione. L’ampiezza dei contatti fra le diverse popolazioni e,
quindi la possibilità di trasmissione della malattia, non sono note;
5. in Siberia sono stati individuati uccelli selvatici (Anatidi, ossia oche, cigni e anatre)
infettati dal virus; è noto che è bassa la probabilità che gli uccelli selvatici che si trovano
nelle zone infette dell’Asia migrino oltre il Tibet (in particolare in agosto quando stanno
effettuando la muta); quindi difficilmente i casi di infezione nel pollame rinvenuti in
Siberia sono stati trasmessi dalle popolazione selvatiche;
6. recentemente, nella provincia di Kovsgol, Mongolia, il virus è stato individuato in uccelli
migratori che apparentemente non hanno avuto contatto con gli uccelli domestici. Come
frequentemente accade nelle epidemie che colpiscono gli uccelli selvatici, il contagio si
è rapidamente annullato. Su una popolazione totale di 6.500 uccelli acquatici, il virus ha
provocato solo 100 vittime, e successivi test su 139 uccelli non hanno riscontrato alcun
virus nella popolazione sopravvissuta.
7. non vi è nessuna prova scientifica che il virus sia trasmissibile dagli uccelli selvatici
all’uomo;
8. effettuare degli abbattimenti sulla fauna selvatica per controllare il virus è del tutto
irrazionale: ciò permetterebbe infatti un ulteriore diffusione del virus che si
diffonderebbe più facilmente ed ampiamente. Per questo motivo le autorità federali di
Mosca hanno vietato a scopo precauzionale la caccia ai volatili nelle sette regioni russe
(cinque in Siberia, una sugli Urali e una, la Calmucchia, a est della Russia europea) in
cui si sono registrati casi di influenza avaria nelle ultime settimane.
COSA FARE IN CONCRETO PER DIMINUIRE IL RISCHIO DI INFLUENZA AVIARIA IN ITALIA
LIPU/BirdLife Italia propone di:
1. aumentare i controlli e gli standard sanitari sulle specie domestiche e le categorie a rischio
per ridurre la probabilità di contatto tra animali domestici e uomo con gli animali selvatici.
Misure da applicare ovunque sono: controlli rigorosi sul trasporto, gli spostamenti e la
commercializzazione del pollame, abbattimento del pollame infetto; rafforzamento del
monitoraggio della malattia. Per i Paesi nei quali non si è ancora manifestata l’infezione
sarebbe necessario bandire le importazioni di pollame, uccelli selvatici, animali da
compagnia e prodotti avicoli (penne, carne, ecc.) provenienti dalle regioni colpite dal virus;
2. aumentare i controlli sulle importazioni di animali esotici e di animali domestici provenienti
dall’estero. L'Italia, infatti, e' tra i primi cinque Paesi europei per le importazioni di uccelli
vivi;
3. rafforzare il contrasto al commercio illegale di fauna selvatica. Oltre un milione di uccelli è
stato importato illegalmente in Italia negli ultimi dieci anni. Sono animali che hanno le più
diverse provenienze e che finiscono nelle case degli italiani, frequentemente senza essere
stati sottoposti a controlli sanitari. Le zoonosi, ovvero la presenza di malattie infettive degli
animali che possono contagiare l'uomo, sta registrando tassi di crescita sempre piu' alti (es.
malattie come la Sars, la Clamydia psittacidi, proveniente da diverse specie di uccelli e
pericolosa per l'uomo, la salmonella, la tubercolosi);
4. aumentare i controlli sanitari dei carnieri dei cacciatori provenienti dai paesi dell’Europa
orientale;
5. avviare un monitoraggio sulle popolazione selvatiche di Anatidi (specie che potrebbero
arrivare dalla zone infette) per verificare la presenza del virus;
6. applicare una moratoria sulla caccia agli Anseriformi in Italia nel caso in cui, grazie al
monitoraggio di cui al punto precedente, si dovessero individuare casi di infezioni
nell’avifauna selvatica per tutelare la cittadinanza e il pollame dal rischio di infezione da
parte di cacciatori che vengono a contatto con soggetti colpiti dal virus;
7. aumentare le conoscenze sulle rotte migratorie degli Anseriformi, consultando l’INFS
(Istituto Nazionale Fauna Selvatica) che custodisce la banca italiana sulla migrazione, i cui
contenuti potranno contribuire a chiarire le possibili connessioni tra gli uccelli migratori, le
aree geografiche interessate alla presenza del virus e l’Italia;
8. limitare l’accesso della gente alle zone infettate e le possibilità di contatto con animali
infetti.
Note
1 - Il virus dell’influenza aviaria appartiene al genere Orthomyxovirus, famiglia Orthomixoviridae ed
è un virus a RNA monocatenario provvisto di envelope.
I virus dell’influenza si possono suddividere in tre tipi: A, B, C. e i virus dell’influenza aviaria sono
tutti classificati come di tipo A. Questi sono ulteriormente suddivisibili in 15 sottotipi sulla base
dell’antigene emoagglutinante (HA). Inoltre si conoscono 9 sottotipi di neuraminidasi differenti da
un punto di vista antigenico. Per quel che riguarda la patogenicità i virus dell’influenza vengono
classificati in virus ad alta patogenicità (H5 e H7), e in virus a bassa patogenicità determinati da
ceppi appartenenti a tutti i sottotipi di emoagglutinina conosciuti (H1-H15).
2 - Inoltre, si è fatta poi sempre più concreta la possibilità che virus influenzali di tipo aviare
possano essere trasmessi anche all’uomo. A partire dal 1997 infatti ad Hong Kong è stato
documentato il primo caso in cui un virus influenzale aviaria (ceppo H5N1) è stato trasmesso
direttamente dai volatili all’uomo e durante questo episodio ben 6 persone, su 18 ospedalizzate,
sono decedute.
Nel Febbraio 2003 un nuovo focolaio d’ influenza aviaria, sostenuto da H5N1, sempre ad Hong
Kong, ha causato la morte di una persona che aveva viaggiato nell’entroterra cinese e sempre lo
stesso anno in Olanda il virus aviaria di tipo H7N7 è stato isolato nel personale addetto al settore
avicolo e nelle loro famiglie provocando anche la morte di un veterinario addetto alle operazioni di
polizia sanitaria. A partire poi dal Dicembre 2003 si è verificato un nuovo allarme nel sud-est
asiatico che ha portato all’isolamento del virus influenzale aviaria H5N1 e che si è dimostrato
particolarmente preoccupante per i risvolti di sanità pubblica.
3 - "Riteniamo che il rischio di trasmissione dell'epidemia da parte degli uccelli migratori sia molto
basso", ha affermato il portavoce della Commissione Ue, Philip Tod. "C'è già
un sistema di
sorveglianza che potrebbe essere rafforzato, ma non ci aspettiamo che gli Stati membri seguano
l'Olanda". Quattro associazioni animaliste hanno invece chiesto nei giorni scorsi alla Ue di bloccare
le importazioni di uccelli selvatici, affermando che gli animali esotici (come i pappagalli) possono
incrementare i rischi di una diffusione del virus dei polli. Dal 12 agosto scorso, l'Unione europea ha
chiuso le frontiere a tutti i prodotti e i tipi di pollame provenienti dalla Russia e dal Kazakhstan,
comprese le piume e gli uccelli da voliera. Nei giorni scorsi il ministro russo dell'Agricoltura,
Aleksiei Gordeiev, ha affermato che l'epidemia è stata circoscritta e localizzata. Nelle ultime 24
ore, stando ai dati delle autorità di Mosca, il cosiddetto virus dei polli (H5N1) ha ucciso in tutta la
Russia solo altri 10 volatili domestici. Dal 21 luglio scorso l'infezione ha causato in totale la morte
di 11.725 polli, mentre altri 130.000 sono stati abbattuti a scopo precauzionale. Fonti governative
russe hanno inoltre ribadito di nuovo oggi che al momento non si segnala in Russia alcun caso di
contagio umano, al contrario di quanto avvenuto in passato in Paesi dell'estremo oriente asiatico.
"Il rischio comunque c'è e l'Unione europea resta vigilante", ha affermato Tod. "Al momento
riteniamo che il blocco delle importazioni rappresenti la più importante misura di salvaguardia e
garantisca una protezione sufficiente", ha aggiunto il portavoce. Da Roma, il ministro della sanità
Francesco Storace ha assicurato che l'Italia è "avanti" in Europa nella strategia relativa alle misure
di prevenzione in vista di un eventuale arrivo del virus. "Noi siamo già a buon punto con i farmaci -
ha detto il ministro al Tg2 - e abbiamo sottoscritto contratti con grandi aziende per la
sperimentazione di nuovi vaccini, siamo cioè avanti rispetto a molti altri paesi d'Europa". Il colosso
farmaceutico svizzero Roche ha annunciato oggi di avere donato scorte sufficienti di un suo
antivirale alla Wto, l'Organizzazione mondiale del commercio, per trattare almeno tre milioni di
persone, nel caso l'influenza si trasferisse dal pollame agli uomini.
1 settembre 2005
LIPU-BirdLife Italia
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