DOLO, Cinema Italia
Giovedì 15 dicembre 2016 – ore 10.00 spettacolo per le scuole, ore 15.00 ingresso libero.
La scheda a cura di Mondonovo Cultura
Descrizione
La commedia, una tra le migliori di Shakespeare, è stata scritta in occasione di una festa di nozze. La storia
procede per quattro vicende parallele, confluenti ad una felice conclusione: una storia di nozze principesche,
uno spericolato groviglio di equivoci fra quattro innamorati confusi nei loro reciproci sentimenti per opera di
magia, un contrasto fra esseri fantastici sovrani degli elfi e delle fate, un canovaccio da commedia dell’arte
che introduce nell’opera il motivo del teatro nel teatro. Temi favolistici, situazioni da romanzo cavalleresco,
cerimoniale cortese, incantesimi e metamorfosi d’ogni genere, concorrono a farne un fiabesco arazzo
rinascimentale, la cui immaginosa sontuosità ha la vita, la grazia e la freschezza di una volante fiaba.
Perché il tango?
Che ha a che fare il tango con Shakespeare? Si sono date e si continuano a dare molte definizioni di questo
ballo, ma nessuna riesce a chiuderne le molteplici caratteristiche in un aforisma. Il più famoso di tutti resta
quello che lo definisce “un pensiero triste che si balla”, ma il tango è energia vitale, è il suono dell’anima.
Esso ci parla della vita di tutti i giorni, ma anche dei nostri sogni e, nella prevalente malinconia che lo
pervade, ci suggerisce tuttavia che si tratta del gioco di due anime che stanno insieme “per sempre” nello
spazio di una canzone. Chi, più di Shakespeare, ci ha parlato d’amore, di seduzione, di inganni, di gelosie, in
una parola dei nostri sogni?
1
La Trama
Ad Atene fervono i preparativi del matrimonio tra Teseo ed Ippolita, regina delle Amazzoni. Al cospetto di
Teseo si presenta Egeo, padre di Ermia, con i due pretendenti della figlia per chiedere il suo giudizio: Ermia
rifiuta di sposare Demetrio, perché innamorata di Lisandro che ricambia i suoi sentimenti. Sebbene i due
ragazzi siano pari per ricchezze, lignaggio e reputazione, Egeo preferisce Demetrio e le suppliche della figlia
non lo toccano, anzi, nel caso non consentisse alle nozze, la farà diventare sacerdotessa di Diana. Anche
Teseo è dello stesso avviso: la giovane deve rispettare l'autorità paterna. Finita l'udienza i due innamorati
decidono di scappare dalla città la sera stessa, attraversando il bosco, per potersi sposare una volta lontani.
Ermia si confida con l'amica Elena, innamorata inutilmente da tempo di Demetrio. La fuga dei due giovani
aiuterebbe quindi anche l'amica. Elena però durante una discussione con Demetrio in un momento di collera
si lascia sfuggire dei progetti di fuga dei due amanti. Così Demetrio si lancia al loro inseguimento, seguito a
sua volta da Elena. Il bosco però è un regno di fate pieno di mistero e insidie e qui si intrecceranno le storie
di altri personaggi. Oberon, re degli elfi, ingaggia il folletto Puck, chiamato anche Hobgoblin, o Robin
Goodfellow, affinché lo aiuti: egli desidera un servitore di sua moglie, la regina Titania, per sé, e chiede al
folletto di procurarsi del succo di viola del pensiero e spremerlo sugli occhi della moglie addormentata,
cosicché la regina si invaghisca della prima persona che vedrà al risveglio e dimenticandosi del resto, gli
ceda il suo servitore senza protestare. Oltre a questa incombenza Oberon gli chiede di versare il medesimo
succo negli occhi di Demetrio per aiutare Elena dopo aver assistito ad un dialogo tra i due. Per errore Puck
spreme il succo sugli occhi di Lisandro che al risveglio vede Elena (che vaga nel bosco dopo essere stata
congedata in malo modo da Demetrio) e se ne innamora perdutamente, con grande disappunto di Ermia.
Nel bosco ci sono anche alcuni artigiani della città, che provano uno spettacolo teatrale con cui allietare le
nozze di Teseo e Ippolita. Uno di loro, Bottom, ha indosso come costume una testa d'asino. Puck ha anche il
tempo di fargli uno scherzo: Bottom, non può più levarsi il costume di dosso e anzi la sua testa è diventata
quella di un asino. Lui non capisce cosa succede e anche i suoi compagni fuggono via terrorizzati. Sarà
proprio Bottom la prima persona di cui si innamorerà Titania al suo risveglio, a causa dell'effetto della viola
del pensiero. A questo punto Titania incontra Oberon, che realizza il suo scopo, per poi scioglierla
dall'incantesimo. Puck quindi mette a posto le cose, compresa la testa del povero Bottom. Oberon inoltre, si
accorge dell'errore di Puck, e gli ordina di dare il succo a Demetrio. Così ora sia Lisandro che Demetrio
vogliono sposare Elena, accapigliandosi tra loro e cercando di affibbiare Ermia l'uno all'altro. Alla fine
Oberon ordina a Puckdi risistemare tutto tra gli innamorati una volta per tutte. Oberon fa scendere una
nebbia fatata sul bosco tale che i quattro ragazzi si perdono di nuovo e si addormentano. Puck può così
utilizzare la viola del pensiero per far sì che Lisandro ami di nuovo Ermia. Sicché tutto è accomodato:
Oberon e Titania sono riconciliati, e i quattro giovani sono due coppie. Questi vengono trovati addormentati
al limitare del bosco il giorno dopo da Ippolita e Teseo il quale dopo aver ascoltato i loro racconti decide che
anche i quattro giovani si sposino quel giorno insieme a lui ed Ippolita. anche Egeo, sopraggiunto dopo aver
cercato la figlia tutta la notte, può solo acconsentire, dato che ormai Demetrio ama Elena. La notizia degli
imminenti tre matrimoni manda in agitazione il villaggio, compresi i lavoratori ateniesi che stavano provando
la commedia nel bosco, i quali però sono senza il personaggio principale della loro commedia: Piramo, che
doveva essere interpretato da Bottom, che loro avevano abbandonato nel bosco con la testa d'asino: il
morale è a terra. Fortunatamente il protagonista entra in scena proprio in questo momento di sconforto di
ritorno dal bosco, e incita i compagni a prepararsi per lo spettacolo. Al palazzo, Teseo, nonostante gli
avvertimenti del cerimoniere, sceglie proprio il loro spettacolo (Piramo e Tisbe), in quanto sostiene che un
qualcosa offerto con così buona volontà non possa essere rifiutato. Inoltre ha la sensazione che la
rappresentazione sarà divertente a dispetto della trama e sicuramente interessante. A questo punto parte lo
spettacolo nello spettacolo: gli artigiani mettono in scena una goffa versione della tragedia, generando una
comica atmosfera ("sento il volto della mia Tisbe..." "vedo il suono della tua voce.."), nella quale è compreso
anche un personaggio nel ruolo del leone (causa dell'equivoco che porta i due innamorati alla morte), uno
nel chiaro di luna e un altro nella parte del muro (con relativo squarcio attraverso cui i due amanti si parlano).
Degna di nota la performance dell'artigiano Francis Flute, che interpreta (in maniera del tutto singolare) il
ruolo di Tisbe. La tragedia diventa una farsa in cui tutti ridono fino alle lacrime. Gli artigiani vengono anche
ricompensati da Teseo, divertito dallo spettacolo.
Alcune Considerazioni sul testo
Il ‘Sogno di una notte di mezza estate’ fu scritto con tutta probabilità tra il 1595 e il 1596.
E’ una delle prime commedie di Shakespeare, certamente una delle più popolari e forse la più difficile da
comprendere. Il tema principale della commedia - fiaba è ancora una volta l'amore romantico, che viene qui
quasi sbeffeggiato, deriso, senza che per questo motivo perda di significato. L’espediente offerto dal liquido
del fiore che, versato sugli occhi di una persona che dorme la farà innamorare della prima persona vista al
suo risveglio, esemplifica come l'innamoramento nasconda le qualità fisiche e morali della persona
amata, per rivelarle dopo, una volta svanito l'incanto. Altro tema portante è quello del matrimonio; sono in
tanti, tra gli studiosi di Shakespeare, a credere che questa commedia sia stata scritta come leggero
intrattenimento da rappresentare durante un matrimonio di qualche mecenate o nobile. Peculiarità del testo
è di essere estremamente originale rispetto al resto della produzione del bardo. La maggior parte della
critica è concorde nel ritenere che Shakespeare non avesse raggiunto il culmine della sua maturità artistica
quando compose il ‘Sogno’, che rimane comunque un capolavoro assoluto, ancora oggi tra le commedie più
2
rappresentate nel mondo. Qui si fondono le vicende degli umani e degli dei; questi ultimi partecipano alle
vicende in maniera silenziosa, talora divertendosi, talora soffrendo per essi. Si può affermare che il teatro
greco e quello moderno si incontrino in questo testo. Come nel teatro greco, infatti, le vicende sono mosse
dagli dei, ma come nel teatro moderno anche il carattere dei personaggi ha un peso determinante. Inoltre, a
differenza di quanto avviene nel teatro greco, in cui uomini e dei parlano, litigano, si amano e generano figli,
nel ‘Sogno’ gli umani non hanno nessuna consapevolezza diretta dell'influenza degli dei, non possono
interagire né immaginare i motivi per cui le cose succedano. In realtà, quelli che nel teatro greco sono Dei, in
Shakespeare si comportano come ‘spiriti’ e in opere successive quali ‘Amleto’, ‘Giulio Cesare’, ‘La tempesta’,
si manifesteranno ancora più apertamente, mostrando le loro ombre e i loro poteri agli uomini. Tra la
partecipazione invisibile degli spiriti e la manifestazione agli uomini (si pensi al padre di Amleto e a come
interagisce con suo figlio) vi e' il mondo dei sogni, in cui normalmente il confronto tra uomini e spiriti, tra vita
e morte, avviene. Da questa idea trae vita l'aforisma Shakespeariano per eccellenza:
‘siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni,
e la nostra vita è circondata dal sonno’
Aforisma che condensa il significato della ‘Tempesta’ e forse dell'intera scrittura di Shakespeare. Una volta
che l'avventura sui sentieri della terra è terminata, la vita prosegue sotto forma di spirito. E se tutto questo
può spaventare il lettore, si può sempre seguire l'invito che Puck rivolge ai lettori, nel monologo conclusivo
della commedia, a rifugiarsi nel mondo del sogno:
Atto V - Scena I – Conclusione
Puck:
“Se l'ombre nostre v'han dato offesa,
Voi fate conto v'abbian colto
Queste visioni così a sorpresa,
Mentr'erravate in preda al sonno;
In lieve sonno sopiti, ed era
Ogni visione vaga chimera.
Non ci dovete rimproverare
Se vana e sciocca sembrò la storia;
Ne andrà dissolta ogni memoria,
Come di nebbia se il sole appare;
Se ci accordate vostra clemenza,
Gentile pubblico, faremo ammenda.
E com'e' vero ch'io son folletto
Onesto e semplice,
sincero e schietto,
Se pure ho colpe, non mai ho avuta
Lingua di serpe falsa e forcuta;
Pago l'ammenda senza ritardo,
O mi direte che son bugiardo.
Ora vi auguro sogni felici,
Se sia ben vero che siamo amici,
E ad applauso tutti vi esorto,
Poiché ho promesso che ad ogni torto
A voi causato per inesperienza,
Gentile pubblico, faremo ammenda".
Biografia di William Shakespeare ‘in pillole’
Nasce a Stratford-upon-Avon, nel Warwickshire, il 23 aprile 1564 da una famiglia di ceto medio. La sua
conoscenza del greco, del latino e della retorica lascia supporre che abbia frequentato la scuola pubblica di
Stratford. A diciotto anni sposa Anne Hathaway, una ragazza maggiore di lui di otto anni, dalla quale avrà tre
figli: una bimba e due gemelli. Dal 1585 (anno di battesimo dei gemelli) al 1592 si hanno scarse notizie di
Shakespeare. Si sa però che si trasferì a Londra per lavorare nel teatro, dato che dal 1592 il nome del Bardo
compare su diversi documenti che ne attestano la fama (e l’invidia dei colleghi).
Il 1592 è un anno importante tanto nella storia di Londra che nella vita di Shakespeare perché è in
quest’anno che scoppia l’epidemia di peste nella capitale, fatto che costringerà i teatri a chiudere per quasi
due anni permettendo allo scrittore di inserirsi nell’ambiente di Corte e di farsi conoscere anche come poeta.
Alla riapertura dei teatri nel 1594, Shakespeare si unisce alla compagnia dei Lord Chamberlain’s Men che
fonderà, nel 1599, il Globe, il teatro simbolo dell’epoca elisabettiana, nel quale è ancora oggi possibile
assistere a rappresentazioni di opere shakespeariane. Il vero riconoscimento per William Shakespeare e la
sua compagnia giunge però nel 1603 quando, alla morte di Elisabetta I, il re Giacomo I ‘adotta’ i
Chamberlain’s Men che diventano così i King’s Men, fatto che consacra la compagnia e lo stesso
Shakespeare al successo. Nel 1613 lo scrittore aveva guadagnato abbastanza da riuscire a ritirarsi nella
città natale dove morirà tre anni più tardi, il 23 aprile 1616, esattamente 52 anni dopo la nascita.
3