Corso di Geologia Regionale PRESENTAZIONE DEL CORSO Prof.ssa Serafina Carbone Programma di Geologia Regionale Laurea Magistrale in Scienze Geologiche-Classe LM74 Prof. Serafina Carbone L’obiettivo del corso di Geologia Regionale per gli studenti del biennio è quello di fornire gli elementi tettono-stratigrafici atti alla ricostruzione paleogeografica e strutturale dell’Appennino meridionale e della Sicilia nel contesto del Mediterraneo centrale. La trattazione dei vari argomenti viene inquadrata nel più ampio contesto della Tettonica delle Placche. L’insegnamento consiste in un corso di 54 ore di lezioni frontali da svolgersi in aula, e di alcune escursioni sul terreno sotto la guida del docente, con oggetto il riconoscimento delle successioni tettono-stratigrafiche e l’assetto strutturale dei vari settori che compongono l’orogene Appenninico-Maghrebide. n. 6 crediti (5 F + 1 L) 1 – ELEMENTI DI TETTONICA DELLE PLACCHE E ASSOCIAZIONI PETROTETTONICHE 1.1. - Margini continentali passivi. 1.2. - Margini continentali divergenti: Dorsali Oceaniche. Crosta oceanica e Ofioliti. 1.3. - Margini continentali convergenti: Intervallo Arco-Fossa, Bacino di Avanarco, Arco Magmatico, Bacini di Retroarco. 1.4. - Associazioni strutturali e Stili tettonici in Sicilia e in Appennino meridionale. 2 - I principali domini strutturali e caratteristiche crostali nel Mediterraneo Centrale: - domini di avampaese (Blocco Apulo - Bacino Ionico - Blocco Pelagiano), - domini orogenici (Sistema a Thrust Esterno – Catena Appenninico-Maghrebide – Catena KabiloCalabride), - Bacino Tirrenico, - Blocco Sardo-Corso. 3 - Rapporti avampaese ibleo, avanfossa Gela-Catania e domini orogenici. Falda di Gela. Evoluzione geodinamica: tempi e modalità delle deformazioni. 4 - Unità tettono-stratigrafiche - Unità Iblee, - Unità bacinali derivanti dalle coperture del Paleobacino ionico (Ionidi): Unità di M.Judica, - Unità Imeresi, Unità Sicane, Unità Lercara. Successioni stratigrafiche e tempi di deformazione. - Unità Panormidi: successioni stratigrafiche di margine e di piattaforma carbonatica s.s. ed età dei ricoprimenti. - Unità bacinali alpino-tetidee (Unità Sicilidi): Unità di M.Soro, U. di Troina-Tusa, e loro coperture flyschoidi (Flysch di Troina e di Reitano). - Unità derivanti dalla delaminazione del margine europeo: Unità Calabridi (U. epimetamorfiche, U. di Mandanici, U. dell’Aspromonte), Coperture terrigene (Flysch di Capo d’Orlando, Calcareniti di Floresta) ed Unità Antisicilidi. - Coperture terrigene “tardo-orogeniche” del Miocene medio-superiore e del Pliocene inferiore (Trubi). Depositi pliocenici e quaternari di avanfossa, di bacini-satellite e del margine tirrenico. 5 - Evoluzione geodinamica del sistema orogenico: fasi orogeniche (eo-alpina, balearica e tirrenica). Riconoscimento macroscopico di successioni litologiche riferite alle diverse unità tettono-stratigrafiche analizzate nel contesto regionale. Lettura ed interpretazione di carte geologiche: Riconoscimento e lettura degli stili strutturali osservabili nella cartografia geologica a varie scale. Età delle strutture e tempi della deformazione Attività didattiche integrative extra l’orario di lezioni: 30 ore di Escursioni Geologiche su vari settori del Territorio Isolano Testi consigliati: Trattasi di pubblicazioni, Guide regionali e dispense messi a disposizione dal docente. 1. FINETTI I., LENTINI F., CARBONE S., DEL BEN A., DI STEFANO A., GUARNIERI P., PIPAN M. & PRIZZON A. (2005) – Crustal tectonostratigraphy and geodynamics of the southern Apennines from CROP and other integrating geophysical-geological data. In: CROP Deep Seismic exploration of the Mediterranean Region Cap. 15 (I.R. Finetti Ed.), Spec. Vol. Elsevier, chapter 12, 225-262. 2. FINETTI I., LENTINI F., CARBONE S., DEL BEN A., DI STEFANO A., FORLIN E., GUARNIERI P., PIPAN M. & PRIZZON A. (2005) – Geological outlaine of Sicily and lithospheric tectono-dinamics of its Tyrrhenian Margin from new CROP seismic data. In: CROP Deep Seismic exploration of the Mediterranean Region (I.R. Finetti Ed.), Spec. Vol. Elsevier, chapter 15, 319-376. 3. LENTINI F., CARBONE S. & GUARNIERI P. (2006) – Collisional and post-collisional tectonics of the Apenninic-Maghrebian Orogen (Southern Italy). In: Y. DILEK & S. PAVLIDES (Eds.), “Post-collisional Tectonics and Magmatism in the Eastern Mediterranean Region”. Geological Society of America, Special Paper 409, 57-81. doi: 10.1130/2006.2409(04). 4. CARBONE S. & LENTINI F. (2011) - Guida all’escursione del Corso di Geologia 2 e Laboratorio di Geologia 2: Madonie – Monti Sicani. Dipartimento di Scienze Geologiche, 22 pp., 31 Maggio-1 Giugno 2011. 5. CARBONE S. (2011) - Guida all’escursione del Corso di Geologia 2 e Laboratorio di Geologia 2: Falda di Gela – Monti Iblei. Dipartimento di Scienze Geologiche, 19 pp., 23 Giugno 2011. Il materiale cartografico geologico e i campioni di rocce sono messi a disposizione dalla Struttura Didattica Appunti e dispense del docente saranno messi a disposizione durante il Corso. Orario di ricevimento: Lunedì, h. 15-17 Costituzione interna della Terra Comparazione tra Costituzione e Reologia della Terra Divisioni Reologiche dell’interno della Terra Rappresentazione schematica degli strati composizionali e reologici della Terra . Gli strati reologici, procedendo dall’esterno verso l’interno della Terra sono: litosfera, astenosfera e mesosfera. Il limite tra la litosfera e l’astenosfera corrisponde alla parte superiore della zona a bassa velocità (LVZ). Il limite tra l’astenosfera e la mesosfera è poco noto ed è qui rappresentato da una linea tratteggiata. Da un punto di vista composizionale il limite più importante è dato dalla Moho che separa la crosta (continentale ed oceanica) dal mantello. Crosta e mantello superiore costituiscono la litosfera. Divisioni Reologiche dell’interno della Terra LITOSFERA : Guscio esterno della Terra spesso 80 - 150 Km. Il suo limite inferiore è mal definito soprattutto al di sotto dei continenti. La velocità di propagazione delle Onde Vs e Vp subisce un aumento con la profondità secondo una curva a “gradino” in corrispondenza delle superfici di Conrad e di Moho, rispettivamente all’interno della crosta e della parte alta del mantello superiore. ASTENOSFERA : Regione meno rigida della soprastante subisce deformazioni per flusso di materia. Il limite inferiore è mal definito, ma non più profondo di 350±30 Km. Il limite superiore coincide con la zona a bassa velocità (LVZ) caratterizzato da una caduta di Vp e Vs con un più significativo abbassamento di Vs, ed è indicativa della presenza di parti fuse (~3%) nella zona a bassa velocità. MESOSFERA : Costituisce la restante parte del mantello, fino al nucleo. NUCLEO : I suoi limiti sono definiti su base composizionale. Divisioni Reologiche dell’interno della Terra Zona di bassa velocità (L.V.Z.) E’ una zona di rallentamento delle onde sismiche. Come esempio: Vp può passare da 8,1 a 7.8 Km/s e Vs da 4.6 a 4.4 Km/s. Questa zona si incontra a profondità diverse ed ha spessore differente nelle varie regioni della Terra. In genere si estende da una profondità di 50 – 100 Km ad una di 150 – 250 Km: è più vicina alla superficie terrestre in corrispondenza delle dorsali oceaniche e delle aree di grandi fratture continentali; non è evidente sotto diversi scudi continentali. Si ritiene che il rallentamento della velocità delle onde sia causato da fusione parziale del materiale del mantello a causa dell’abbassamento del punto di fusione dei materiali per la presenza (~0,1%) di H₂O e di CO₂. Tettonica delle Placche: Margini Divergenti 2 1 3 Formazione degli oceani Tettonica delle Placche: Margini Convergenti 2 1 3 Formazione delle catene montuose Deriva dei Continenti Ricostruzione, secondo Wegener, delle varie posizioni dei continenti dal Carbonifero al Quaternario (da Wegener, 1924). Placche Litosferiche Rappresentazione schematica delle sei zolle principali in cui è suddivisa la Litosfera. Ciascuna zolla è limitata da linee continue e da doppie linee indicanti dorsali medio oceaniche in attiva espansione (secondo le direzioni indicate dalle frecce) che costituiscono dei margini divergenti. I terremoti sono concentrati in alcune aree ben definite corrispondenti ai margini delle zolle crostali: le linee continue indicano aree in cui si verificano soprattutto terremoti superficiali (margini convergenti). I punti in rosso zone in cui si osservano soprattutto terremoti intermedi, ed i punti neri zone di attività sismica profonda. Placche Litosferiche L’interazione fra zolle può essere di tre tipi: Possono divergere rispetto alle dorsali medio – oceaniche Possono collidere in corrispondenza dei margini dei continenti , caso in cui si verifica la subduzione di una delle due zolle; Possono scorrere lateralmente , nel qual caso l’attrito origina delle faglie trasformi. I terremoti si verificano di solito in corrispondenza dei limiti fra zolle, soprattutto nelle zone di subduzione. Placche Litosferiche: Velocità di espansione e di convergenza Numer i:Velocità relativa in cm /anno Margini convergenti Margini divergenti e/o trasformi Il moto delle zolle fornisce valide prove dell’esistenza della convenzione del mantello. Margini Continentali Se i continenti sono blocchi che reagiscono passivamente alla convenzione astenosferica, allora tutti gli attuali margini continentali devono essere gli orli delle fratture in corrispondenza delle quali si separano gli originari supercontinenti. Tali margini si formano o come margini distensivi o come margini trasformi. Sulla base delle attuali conoscenze geologiche e geofisiche si possono schematizzare tre differenti modelli di margini continentali: 1) Margine continentale passivo, o di distensione, o di tipo Atlantico; 2) Margine continentale trasforme, corrispondente a bruschi rigetti o deviazioni nella spaccatura iniziale, in corrispondenza della quale si attuerà poi la separazione continentale; 3) Margine continentale attivo, detto anche di tipo Pacifico, soggetto prevalentemente a sforzi compressivi ; I margini passivi e trasformi circondano i bacini oceanici in espansione (Atlantico); essi sono tettonicamente inattivi (no terremoti) e la sedimentazione avviene essenzialmente indisturbata. I margini di tipo compressivo invece sono tettonicamente attivi e si trovano in quegli oceani, come il Pacifico, che si stanno contraendo. I margini attivi fanno parte di quei complessi strutturali della crosta che vanno sotto il nome di SISTEMI ARCO –FOSSA. Placche Litosferiche Le associazioni litologiche tipiche della dinamica delle placche sono tre e sono quelle che si formano in corrispondenza dei: margini divergenti e convergenti delle placche o lungo i margini continentali passivi. C: Margini convergenti D: Margini divergenti e Relativa dorsale oceanica Schema dei rapporti fra litosfera ed astenosfera Placche Litosferiche a) L’associazione petrotettonica tipica dei margini divergenti è la crosta oceancia cui possono aggiungersi sedimenti pelagici (radiolariti, calcari micritici), torbiditi e lave da hot spot. Queste rocce affiorano quando la litosfera oceanica viene obdotta, sotto forma di scaglie. L’erosione, che segue il sollevamento isostatico, li fa poi apparire nelle catene montuose come entità tettoniche separate (ofioliti). b) Le associazioni tipiche dei margini convergenti sono quelli dei sistemi arco – fossa (mèlanges, scisti blu, fasce metamorfiche appaiate, vulcanismo andesitico, ecc). c) Associazione petrotettonica sedimentaria (red beds, evaporiti, carbonati) si depone lungo i margini continentali passivi (asismici). Margini Passivi e Margini Divergenti Margini continentali passivi Inarcamento Stadi evolutivi Golfo proto-oceanico Sviluppo del prisma sedimentario Oceanico Metamorfismo: Associazioni petrotettoniche Margini continentali divergenti Ubicazione : Dorsali oceaniche Associazioni petrotettoniche Magmatismo Crosta Oceanica e Ofioliti : es.regionali Metamorfismo di fondo oceanico Associazione petrotettonica Margini Continentali Passivi: Subsidenza A. Subsidenza tettonica. Subsidenza da sforzi tensionali : è la risposta della litosfera a sforzi tensionali , accompagnati da faglie listriche nella crosta superiore fragile, e combinati con deformazioni duttili nella crosta inferiore e nel mantello superiore. E’ il classico meccanismo che produce graben e rift valleys. B. Subsidenza da carico. Appesantimento gravitativo mediante sedimenti e/o acqua: essa non può superare 2 – 3 volte la profondità iniziale dell’acqua, per cui questo meccanismo non può spiegare da solo i grandi spessori delle successioni sedimentarie continentali o di acqua bassa. Il ruolo principale del carico è quello di amplificare la subsidenza causata da altri meccanismi primari. Margini Continentali Passivi: Subsidenza C. Subsidenza termica. a)Subsidenza isostatica da raffreddamento : questo meccanismo è applicabile soprattutto ai margini continentali passivi e all’interno dei cratoni. Ad un iniziale sollevamento della litosfera causato da espansione termica, consegue un assottigliamento crostale dovuto a erosione superficiale; il successivo raffreddamento produce una contrazione termica; cioè subsidenza. L’intero processo si svolge con un’attenuazione esponenziale del tasso di subsidenza in funzione del tempo, secondo il classico modello di Sclater. Margini Continentali Passivi: Subsidenza b) Subsidenza per aumento di «densità («oceanizzazione»): si attua come risposta ad un aumento di densità della crosta inferiore a causa o dell’intrusione di ingenti volumi di corpi basici o ultrabasicio di un evento termico che produce metamorfismo con passaggio a facies granulititche ed eclogitiche. Evoluzione di un margine Continentale Passivo e Associazioni Petrotettoniche STADIO DI INARCAMENTO INIZIALE: formazione della rift valley Vulcanesimo peralcalino SOLLEVAMENTO E APERTURA (rifting) ESPANSIONE (spreading) STADIO DI GOLFO PROTOOCEANICO: Assottigliamento continentale e completa separazione dell’originario continente STADIO OCEANICO: Subsidenza termica dei due blocchi iniziali DERIVA DEI MARGINI (drifting) Evoluzione di un margine Continentale Passivo e Associazioni Petrotettoniche 1°STADIO: sedimentazione di tipo continentale (red beds: conglomerati di conoide pedemontana e arenarie fluviali). Drenaggio delle acque meteoriche centrifugo rispetto all’arco. Vulcanesimo peralcalino. SOLLEVAMENTO E APERTURA (rifting) ESPANSIONE (spreading) 2°STADIO: la forte subsidenza in corrispondenza della fossa centrale provoca il drenaggio centripeto delle acque rispetto alla fossa. Deposizioni di estese e potenti sequenze evaporitiche e superate le condizioni di restrizione della circolazione delle acque, nuovi cicli sedimentari di tipo carbonatico. Vulcanesimo da alcalino a tholeiitico. 3°STADIO: formazione di nuova crosta oceanica e sedimentazione pelagica. Vulcanesimo alcalino ( Na); tholeiitico. DERIVA DEI MARGINI (drifting) Il prisma sedimentario che si forma giace su crosta continentale – transizionale e oceanica, coprendo quindi ambienti geotettonici diversi. Margini Passivi e Associazione Petrotettonica I margini passivi sono caratterizzati da potenti successioni di depositi clastici e carbonatici, prevalentemente da mare basso, costituenti prismi sedimentari. Il prisma di sediementi ricopre una litosfera continentale, segmentato in zone di horst e graben, e tende a progradare sulla litosfera oceanica appena formata. Margini Passivi e Associazione Petrotettonica La successione sedimentaria può raggiungere anche 14 Km di spessore e accumularsi durante la fase iniziale di apertura e dopo la fase di rottura continentale e la formazione di litosfera oceanica (fase di deriva). Le due fasi sono separate da una discordanza «break up unconformity». • I sedimenti di deriva posso essere sia carbonatici che clastici ma spesso sono rappresentati da ambedue le litologie. • I sedimenti di apertura sono clastici ed evaporiti (le evaporiti possono depositarsi sia nella fase di apertura sia come parte basale della successione di deriva). L’ingente spessore dei sedimenti dei margini passivi, implica che tali margini continentali siano sottoposti, dopo la fase di rottura e di separazione, ad una intensa subsidenza. Log statigrafici delle unità del Plateau Ibleo Stratigraphic logs of the Hyblean foreland sequences. Log statigrafico della Piattaforma Saccense Stratigraphic logs of the Sciacca foreland sequences. Evoluzione del cuneo deposizionale di un margine Continentale Passivo Basain evolution from a early rift stage and proto – gulf to b initial oceanic phase and c, d, e several stages on passive continental margin. Note increase in shelf width (including coastal basin) and sediment thickness, as well as onset of slope and continental rise deposition. Not to scale (crustal thicknesses seduced), tectonic and Yarborough 1976). Log statigrafici delle unità della Piattaforma Panormide Stratigraphic logs of the Panormide units. The succession of the M. Quacella unit is characterized by a gap in the Jurassic – Cretaceous interval and probably suffered deep erosion, as demostrated by the clasts resedimented in the Imerese sequence.This is why this unit is thought to have been originally located on the edge of the platform. The Mesozoic platforms are topped by siliciclastics grading upward into the Numidian Flysch. Margine Passivo Divergente Comparazione petrotettonica in margini passivi maturi (tipo ATLANTICO – A) e immaturi (tipo MAR ROSSO – B). Generalized cross-section across the western Atlantic (after Dewey and Bird, 1970). Margine Passivo Divergente Comparazione petrotettonica in margini passivi maturi (tipo ATLANTICO – A) e immaturi (tipo MAR ROSSO – B). Schematic cross-section in central Red Sea (after Geunnoe and Thisse, 1982) Margini Passivi maturi Sezione schematica attraverso l’Atlantico occidenatale (Dewey & Bird, 1970) I margini passivi dell’Atlantico derivano da un rifting intercontinentale che ha prodotto lateralmente due successioni equivalenti. Tali margini sono caratterizzati da 3 elementi fisiografico – tettonici: • Shelf • Rise • Abyssal Plain Margini Passivi maturi Sezione schematica attraverso l’Atlantico occidenatale (Dewey & Bird, 1970) La sequenza di Shelf (8 – 18 Km di sedimenti Mesozoici e Terziari) è rappresentato da una potente successione carbonatica e clastica (fase di post breaking) giacente su evaporiti cui seguono red bed e fasi alluvionali della fase iniziale di rift (early rift stage). Margini Passivi maturi Sezione schematica attraverso l’Atlantico occidenatale (Dewey & Bird, 1970) • La sequenza di Rise è caratterizzata da sedimenti pelagici che fanno transizione a sedimenti torbiditici (lo sequenza giace ora su crosta transizionale ora su crosta oceanica). Margini Passivi maturi Sezione schematica attraverso l’Atlantico occidenatale (Dewey & Bird, 1970) • La sequenza di Piana Abissale è caratterizzata da calcari micritici e sedimenti silicei poggianti esclusivamente su crosta oceanica. Margini Passivi immaturi Mar Rosso Centrale Schematic cross – section in central Red Sea (after Geunnoc and Thisse, 1982 Il Mar Rosso rappresenta il migliore esempio di bacino giovane o immaturo associato con la fase iniziale di spreading oceanico e formazione precoce di un rise oceanico. Margini Passivi immaturi La fase di pre rift è caratterizzata da emissioni di basalti olivinici alcalini sui margini etiopico e arabico (Eocene sup. – Oligocene) La fase di rift è caratterizzata da evaporiti, fasi alluvionali e vulcaniti (Miocene sup – Pliocene medio) La fase oceanica è iniziata 4 Ma fa con la formazione di crosta oceanica lungo l’asse del rift e depositi marini,oozes (Plio – Quaternari) Velocità di espansione dei margini Divergenti Mac-Donald, 1982 Profili Batimetrici ad alta risoluzione di dorsali oceaniche a velocità di espansione alta, intermedia e bassa. EPR, Rialzo del Pacifico Orientale; MAR, Dorsale Medio-Atlantica. Le V indicano le zone neovulcaniche, le F le zone di fessurazione, le P le faglie attive. Metamorfismo nei margini passivi Nei margini continentali passivi non vi è disturbo del normale regime P–T In questi “ambienti tettonici” il fattore metamorfico più importante è rappresentato dalla ricristallizzazione dovuta all’aumento di P e T per il progressivo seppellimento. Pressione: aumenta con la profondità ad un tasso di circa 30 Mpa/Km;ciò è dovuto in gran parte al carico litostatico, ma in alcune regioni anche a forze tettoniche. Temperatura: aumenta con un valore medio di circa 25°C/Km (gradiente geotermico). L’aumento della P con la profondità determina un rapido incremento della incomprimibilità, della rigidità e della densità nei primi 5 Km più alti, via via che i pori e le fratture vengono chiusi. Da questo momento in poi l’aumento di questi parametri con la Pressione è bilanciato dalla diminuzione dell’espansione termica, a sua volta legata all’aumento di Temperatura. La zoneografia metamorfica risultante è funzione della composizione sialica della crosta continentale del margine passivo. Comparazione tra Crosta Oceanica e Crosta Continentale Andamento della Moho della Penisola Italiana Andamento della Moho in corrispondenza della penisola e mari italiani e delle Alpi. Le linee uniscono i punti di ugual profondità (in Km sotto il livello del mare) della discontinuità (da Giese e Morelli in: Autori Vari, “Structural Model of Italy”). Velocità di raffreddamento della Placca Oceanica Le dorsali oceaniche segnano il limite di divergenza delle placche. Magma e Mantello risalgono tra le placche che si separano dando origine a nuova litosfera oceanica. Sezione schematica di un fondo oceanico attraverso una dorsale in espansione. L’associazione petrotettonica tipica dei margini divergenti è la crosta oceanica, avente uno spessore medio di 6 – 7 Km, sotto uno spessore medio di acqua di 4,5 Km, e si compone di 3 strati principali (ulteriormente suddivisibili in sub-strati) denominati: S₁ : Strato sedimentario; S₂ : Basamento o strato vulcanico; S₃ : Strato oceanico Petrologia e struttura di velocità della Crosta Oceanica Composizione Struttura di velocità delle onde P Struttura della crosta oceanica: • Velocità media delle onde P • Spessore medio Composizione della Crosta Oceanica STRATO 1 Sedimentary successions developing during sea – floor spreading and subsidence of oceanic crust (after Berger and Winterer 1974) Strato oceanico 1: Man mano che la crosta oceanica si espande lateralmente riceve vari tipi di sedimenti in rapporto alla distanza dalla dorsale ed alla profondità della CCD. I materiali alla superficie dello strato 1, abbondantemente campionati con carotaggi e perforazioni, comprendono depositi non consolidati di sedimenti terrigeni trasportati negli oceani profondi dalle correnti di torbida e depositi pelagici (argille brune con zeoliti, fanghi organogeni calcarei e silicei e noduli di manganese) frequentemente ridistribuiti ad opera di correnti di fondo (isobatiti o contourites) e che sono regolate per la maggior parte da anomalie di temperatura e salinità nelle masse d’acqua. Lo strato 1 è spesso in media 0,4 Km. Si ispessisce progressivamente via via che si allontana dalle dorsali oceaniche, dove è sottile o assente. Composizione della Crosta Oceanica Strato oceanico 2: Ha spessore variabile da 1,0 a 2,5 Km. Ugualmente variabile è la sua velocità sismica nell’ambito 3.5 – 6.2 Km s¯¹. quest’ambito sembra attribuibile o a sedimenti consolidati o a materiale igneo effusivo. Campionature e ….delle creste delle dorsali oceaniche, libere da sedimento, e il fatto che le rocce sono altamente magnetiche, provano in modo inconfutabile l’origine ignea dello strato 2. Sezione trasversale schematica della struttura della crosta e del mantello superiore sotto la regione di cresta di una dorsale medio -oceanica. La forma della camera magmatica è basata sul modello di riflessione sismica di Detrick et al. (1987) (secondo Bott. 1982a) I basalti hanno composizione olivin – tholeitica con Plagioclasio Ca e sono poveri di Na ed elementi imcopatibili. Stato oceanico 3: è il componente principale della crosta oceanica e ne costituisce la base intrusiva o plutonica a predominanza di Gabbro. Composizione della Crosta Oceanica I modelli della stratigrafia delle placche (plate stratigraphy) richiedono che il sedimento a contatto con il fondo oceanico appena formato sia, attualmente, il fango carbonatico pelagico; questo perché le dorsali medio – oceaniche, profonde 2.500 – 2.700 m, si trovano ben al di sopra della CCD. A diretto contatto con la crosta basaltica non ci sono i carbonati pelagici, ma i cosiddetti active ridge sediments, depositi metalliferi ferro – manganesiferi di color rosso, bruno o nero, cui si associano altri metalli quali Cu, Pb, Zn, Ni, Co, V, Cd, U, Hg, i quali sono generalmente interpretati come il prodotto di esalazioni idrotermali sottomarine nei pressi della cresta della dorsale. Dorsali Oceaniche: Circolazione idrotermale e matallogenesi Secondo il modello proposto da Bonatti, l’acqua marina penetra nelle fratture di neoformazione a una certa distanza dalla dorsale e reagisce con i sottostanti basalti caldi (e intrusi da diabasi) estraendo Ca²⁺, Fe²⁺, Ma²⁺ e S. Ritornando in superficie in sorgenti idrotermali l’acqua depone solfuri, ossidi e idrossidi di Fe e Mn. La successione stratigrafica che ne risulta è determinata dall’espansione della crosta oceanica e dalla sua progressiva subsidenza mano a mano che si allontana dalla zona calda della dorsale. Durante questa subsidenza, la crosta attraversa i vari livelli della massa oceanica che controllano tipo, quantità, preservazione o dissoluzione dei sedimenti pelagici. Circolazione idrotermale e matallogenesi, sulla cresta delle dorsali oceaniche (Bonatti, 1975) Velocità di espansione delle Dorsali Oceaniche Su dorsali in espansione, che tipicamente si innalzano fino a circa 2.700 m dalla superficie marina, i sedimenti direttamente al di sopra dei basalti tendono ad essere frequentemente caratterizzati da smectite derivata dall’alterazione chimica dei basalti. Essi sono tipicamente arricchiti in metalli, in particolare ferro e manganese. C’è una diffusa litificazione sottomarina ad opera di calcite magnesiaca, localmente ristagno dio acqua e processi di rideposizione che danno origine a torbidi pelagiche. La distribuzione areale dei sedimenti pertanto varia a seconda che la dorsale sia del tipo a rapida o a lenta espansione. Da Jenkyns, 1978 Velocità di espansione delle Dorsali Oceaniche I sedimenti silicei dei bacini oceanici sono composti quasi intermente da resti di diatomee planctoniche, silicoflagellati e radiolari, che secernono scheletri silicei costituiti da silice opalina relativamente solubile. Le più alte concentrazioni si hanno nella zona peri – antartica, dove i sedimenti sono abbondantemente diatomacei, mentre scheletri di radiolari predominano nel Pacifico equatoriale. In certi regimi emipelagici, dove c’è risalita di acque ricche in nutrienti, vi possono essere concentrazioni di sedimenti fosfatici. Log stratigrafici delle Unità Ionidi Margini Divergenti e serie magmatiche Dorsali oceaniche e isole oceaniche Le diverse serie magmatiche dipendono dalla natura della sorgente solida dalla cui fusione parziale i diversi magmi primari si formano. Comunemente la sorgente solida è localizzata nel mantello terrestre, dove la roccia dominante è una periodotite. L’energia termica necessaria per la fusione parziale può derivare da diversi processi. Il più frequente e importante è rappresentato dalla risalita di materiale profondo, trasportato verso l’alto dalle correnti convettive del mantello o dalle “piume” (decomposizione adiabatica). Margini Divergenti e serie magmatiche Dorsali oceaniche e isole oceaniche • Dorsale oceanica (MORB) : risalita di magmi tholeiitici abissali fino a basalti alluminosi (più raramente basalti transizionali, rare peridotiti – serpentiniti); • Isole oceaniche (OIB): (intraplacche) magmi tholeiitici e magmi di serie alcalisodica (raramente sodico – potassica). Metamorfismo di fondo Oceanico Sezione trasversale schematica della struttura della crosta e del mantello superiore sotto la regione di cresta di una dorsale medio – oceanica. Il metamorfismo di fondo oceanico si sviluppa in prossimità delle dorsali oceaniche per effetto dell’alto flusso di colore ivi esistente e dell’interazione acqua – roccia sul fondo oceanico. Modello schematico del metamorfismo idrotermale della crosta oceanica in corrispondenza di un centro di espansione. Metamorfismo di fondo Oceanico Questo tipo di metamorfismo è dovuto a circolazione idrotermale di acqua di mare entro la crosta oceanica ad opera di flusso convettivo. La circolazione modifica la chimica della crosta oceanica e di conseguenza condiziona la reazione chimica tra litosfera e astenosfera nel tempo geologico, grazie al riciclo di litosfera che si ha nelle zone di subduzione. Il metamorfismo idroternale delle lave a cuscino e di altri prodotti effusivi da origine ad associazioni di facies di bassa temperatura (<230°C) e a scisti verdi. La distribuzione dell’alterazione è molto irregolare e controllata dalla fessurazione localizzata dalle rocce effusive. Il metamorfismo di alta temperatura è diffuso all’interno del complesso di dicchi tabulari e produce associazioni tipiche delle facies ad actinolite. Le temperature metamorfiche più alte si raggiungono alla base del complesso tabulare di dicchi e nella parte superiore della sezione a gabbri. Il metamorfismo di alta temperatura si ha soltanto in prossimità del centro di espansione. Serie Metamorfiche dei fondi Oceanici Schematizzazione dei processi più importanti legati alla circolazione termoconvettiva dell’acqua nelle rocce dei fondi oceanici. Gli effetti più importanti collegati alle varie fasi della circolazione convettiva dell’acqua marina in seno alle rocce sono: 1) Modificazioni compositive dei basalti e delle plutoniti sottostanti (aumento di H₂O, CO₂, Mg, Fe₂O₃/FeO); 2) Idratazione del vetro dei basalti, con sostituzione da parte di minerali argillosi (smectite, montmorilloniti); 3) Formazione di depositi selciferi, ad opera di SiO₂ liberata da reazioni di trasformazione dei basalti (i depositi selciferi sono una componente caratteristica delle sequenze ofiolitiche); Serie Metamorfiche dei fondi Oceanici Schematizzazione dei processi più importanti legati alla circolazione termoconvettiva dell’acqua nelle rocce dei fondi oceanici. 4) Cristallizzazione di calcite e di solfuti; 5) Serpentinizzazione delle rocce peridotitiche; 6) Concentrazioni anomale di V, Mn, Fe, Co, Ni, Cu, Zn, Ag, Au nei sedimenti soprastanti 7) Cristallizzazione di associazioni mineralogiche tipiche della facies zeolitica, e in profondità anche della facies degli scisti verdi. Serie Metamorfiche dei fondi Oceanici Questo tipo di metamorfismo ha una importante componente METASOMATICA, ma le trasformazioni allochimiche non interessano omogeneamente tutto il corpo roccioso, ma solo le parti che hanno potuto subire l’interazione chimico – fisica con l’acqua oceanica. Poiché la dorsale si espande in continuazione, la litosfera oceanica si allontana lateralmente dalla sorgente di calore e subisce un Metamorfismo retrogrado. Associazioni Petrotettoniche: Margine Divergente Modello della plate stratigraphy (stratigrafia delle placche). Man mano che la crosta oceanica si espande lateralmente riceve vari tipi di sedimenti in rapporto alla distanza dalla dorsale e alla profondità. CCD = profondità do cpmpensazione dei carboanti; 1 = sedimenti siliceo – argillosi (fanghi a Radiolari, argillosa); 2= sedimenti carbonatici (melma a Globigerine e altri organismi planctonici) , 3= sedimenti ferro – manganesifori, associati al vulcanesimo della dorsale. Associazioni Petrotettoniche: Margine Divergente Risulta dunque che molte sequenze ofiolitiche del passato sono troppo sottili rispetto alla crosta oceanica degli attuali fondi oceanici. Si sa dagli studi geofisici che lo spessore della litosfera aumenta con l’età, cioè con la distanza dalla zona di espansione. Quindi una crosta sottile (2 – 3 Km) è da aspettarsi in um mare di modeste dimensioni (400 – 500 Km) e giovane (30 – 40 Ma), quali potrebbero essere un piccolo oceano o un bacino marginale retroarco. È certo che la vicinanza dei bacini marginali agli archi insulari ad alle zone di subduzione li colloca in una posizione assai favorevole per essere incorporati nelle catene montuose. Se nelle aree di subduzione pre – cenozoiche sono esistiti dei bacini marginali, ci si dovrebbe aspettare di trovare le loro testimonianze nelle zone orogeniche. Naturalmente non c’è ragione di ritenere che tutte le sequenze ofiolitiche si siano formate in bacini marginali, ma l’ipotesi può spiegare il troppo esiguo spessore di molte ofioliti, come ad esempio quelle della regione mediterranea e della California. Le ofioliti di Oman, della Nuova Guinea e di Terranova potrebbero invece rappresentare fondi oceanici di più ampie proporzioni. Ofioliti e Crosta Oceanica Sequenza ofiolitica Crosta oceanica Una sequenza ofiolitica è un frammento di crosta oceanica trasferita su terraferma dal processo dell’obduzione. Queste si trovano di solito in catene montuose di collisione e il fatto che siano associate a sedimenti di mare profondo, basalti, gabbri e rocce ultrabasiche ci fa ritenere cha abbiano avuto origine come la litosfera oceanica. Ofioliti e Crosta Oceanica Analogie e Diversità Chimico - fisiche Somiglianza della composizione chimica; Grado di metamorfismo equivalente ai gradienti dei Centri di espansione; Minerali metallici simili; Sedimenti formati in acque profonde; Struttura di velocità sismiche. Spessori generalmente troppo esigui rispetto alla crosta oceanica. Ofioliti e Crosta Oceanica: Analogie Fisico-Chimiche Da Keazey & Frederick (1994) Confronto tra struttura crostale oceanica e i complessi ofiolitici di: A – OMAN; B – TERRANOVA (CANADA); C – CIPRO. Il confronto tra struttura di velocità della litosfera oceanica con le velocità sismiche misurate in campioni provenienti dal complesso ofiolitico di Bay of Islands, evidenzia che le stratigrafie di velocità ottenute sono identiche. Ofioliti e Crosta Oceanica: Analogie Fisico-Chimiche Una sequenza ofiolitica tipica è un frammento di un’antica litosfera oceanica trasferita su terraferma da vari processi tettonici. Essa comprende crosta oceanica e parte del mantello sottostante, separati dalla Moho. Comparazione di vari complessi ofiolitici con la crosta oceanica media. Dun. = dunite , Trond. Trondhjenite (da Coleman, 1971). Ofioliti e Crosta Oceanica: Analogie Fisico-Chimiche Una sequenza ofiolitica esposta in affioramento nell’Isola d’Elba. In alto la sezione geologica rilevata lungo il tracciato indicato nella carta a sinistra. Sul lato destro è rappresentata la colonna stratigrafica relativa alla stessa sezione. I contatti tra serpentiniti, gabbri e basalti sono di natura tettonica. (da T. J. Barrett, “Ofioliti”, v. 7, n.l, 1982). Margini Convergenti & Margini Trasformi Margini Convergenti : Classi : Margini di subduzione e Margini collisionali Fossa: morfologia Associazione petrotettonica Associazione Zona di subduzione: Prisma di accrezione petrotettonica Sistema Arco – fossa Intervallo Arco – fossa: Bacino di Avanarco Collocazione e associazione petrotettonica Arco Magmatico: Attività vulcanica e plutonica Associazione petrotettonica Bacini marginali o di retroarco: Collocazione Metamorfismo dei Margini Convergenti : Associazioni petrotettoniche Margini Trasformi Collocazione Associazioni petrotettoniche Associazione petrotettonica Margini Convergenti e Associazioni Petrotettoniche Magmatismo e metamorfismo in una zona di subduzione. I margini convergenti sono i luoghi dove si attuano le tettogenesi e l’orogenesi. Le masse rocciose delle catene montuose comprendono le varie associazioni petrotettoniche, ma mentre quella del sistema arco – fossa è indigena (si forma cioè nella stessa zona in cui si attua il raccorciamento crostale), le altre invece vi sono state portate. La giustapposizione di associazioni petrotettoniche originariamente separate può avvenire mediante consumazione dei bacini oceanici intermedi. Quindi, nell’ambito di una catena montuosa, la distribuzione geografica della varie associazioni petrotettoniche non riflette necessariamente la loro posizione relativa al tempo in cui si formarono. Margini Convergenti Margini tra due zolle i cui movimenti relativi sono orientati normalmente alla loro direzione e convergono verso la loro interfaccia. Sono state distinte due classi: 1. Margini di subduzione; 2. Margini collisionali Cross – sections through 3 types of orogen associated with subduction, A. Intra – oceanic type; B, Continent – ocean type; C, continent – continent collision (after Scholl, von Huene et al., 1980). Margini Convergenti Cross – sections through 3 types of orogen associated with subduction, A. Intra – oceanic type; B, Continent – ocean type; C, continent – continent collision (after Scholl, von Huene et al., 1980). 1) Margini di subduzione: la zolla subdotta è costituita da litosfera oceanica (subduzione di tipo B; Marianne e Ande) 1a) margine di tipo Marianne: ambedue le zolle sono costituite da litosfera oceanica. E’ caratterizzato da una fossa oceanica profonda e da un arco vulcanico. 1b) margine di tipo Ande: la zolla soprastante consiste di litosfera continentale, quella in subduzione è oceanica. È caratterizzato da una fossa e da un arco magmatico continentale. Margini Convergenti Cross – sections through 3 types of orogen associated with subduction, A. Intra – oceanic type; B, Continent – ocean type; C, continent – continent collision (after Scholl, von Huene et al., 1980). 2) Margini collisionali: in essi è invece la litosfera continentale ad essere subdotta (subduzione di tipo A) (margini di tipo Alpino-Himalayano e di tipo Taiwan) 2a) margini di tipo Alpino – Himalayano: ambedue le zolle sono di litosfera continentale. La “subduzione” è ostacolata dalle proprietà di galleggiamento delle stesse zolle. L’area collisionale è caratterizzata da estrema deformazione, sviluppo di catene montuose e da sovrascorrimenti. 2b) margini di tipo Taiwan: la zolla sovrastante è costituita da litosfera oceanica mentre quella in sottoscorrimento è rappresentata da litosfera continentale; la tendenza alla subduzione della litosfera continentale è contrastata dalle forze di galleggiamento ed il sistema si caratterizza per la formazione di una zona di notevole raccorciamento. Margini Convergenti Sezione schematica attraverso un sistema arco – fossa con presenza di bacino marginale (da vari Autori). I sistemi arco – fossa sono la tipica espressione geologica della subduzione, fenomeno per cui le placche convergono ed una di esse sprofonda nell’astenosfera. Margini Convergenti Sezione schematica attraverso un sistema arco – fossa con presenza di bacino marginale (da vari Autori). I sistemi arco – fossa comprendono cinque elementi morfotettonici principali: 1) La fossa (trench): pavimentata da crosta oceanica; 2) La zona di subduzione: situata sotto la parte interna della fossa; 3) L’intervallo arco – fossa: che fa raccordo tra la zona di subduzione e l’arco magmatico ed in cui si sviluppa un bacino sedimentario (fore – arc basin); Margini Convergenti Sezione schematica attraverso un sistema arco – fossa con presenza di bacino marginale (da vari Autori). 4) L’arco magmatico s.s. : che può essere diviso da bacini intra – arco; 5) L’area retroarco (back-arc area): in cui può esistere un bacino marginale o bacino retroarco o più bacini interarco, variamente attivi, separati da archi magmatici fossili (remnant arcs). L’area di retroarco può essere impostata sia su crosta oceanica che su crosta continentale. Margini Convergenti La sedimentazione nei vari elementi del sistema è contemporanea con vulcanesimo ed il plutonismo dell’arco magmatico e col metamorfismo della relativa fredda zona di subduzione e delle calde radici dell’arco. Anche l’attività tettonica è singenetica con la sedimentazione. Margini Convergenti: sistema arco - fossa 1) Fossa Oceanica (trench): morfologia e associazione petrotettonica Le fosse oceaniche (trench) sono la manifestazione del sottoscorrimento di litosfera oceanica e si formano sul lato verso mare degli archi insulari e delle catene montuose di tipo andino. Costituiscono le più grandi depressioni lineari della superficie terrestre e sono eccezionali per profondità e continuità. • Le fosse, generalmente larghe 50 – 100 Km, hanno forma a «V» asimmetrica in sezione, con lato più ripido sul lato opposto all’oceano sottoscorrente. Sono associate a enormi anomalie negative di gravità dovute allo spostamento verso il basso della litosfera, per cui il materiale del mantello viene sostituito da acqua marina e da sedimenti di bassa densità. Margini Convergenti: sistema arco - fossa Il sedimento può venire deformato dal sottoscorrimento formando il prisma di accrezione. Le fosse del Pacifico occidentale fiancheggiano archi insulari intraoceanici e sono prive di forti accumuli sedimentari, quelle del pacifico orientale bordano direttamente il continente americano e contengono una sequenza sedimentaria potente costituita da due unità: Quella superiore è un corpo sedimentario cuneiforme costituito da torbiditi terrigene che si assottigliano progressivamente verso l’oceano. Quella inferiore è invece costituita da sedimenti emipelagici che passano lateralmente a pelagiti tipiche. Margini Convergenti: sistema arco - fossa 2) Zona di subduzione: prisma di accrezione Associazioni petrotettoniche Il prisma di accrezione si forma sulla parte interna di una fossa oceanica e si sviluppa quando le torbiditi che riempiono la fossa (flysch), e talvolta anche i sedimenti pelagici e la crosta oceanica, vengono raschiati via dalla placca oceanica discendente ad opera del bordo trainante della placca sovrascorrente, cui vanno ad aggiungersi. Pertanto, la struttura interna del prisma accrezionale è costituita da una serie di piani di accavallamento listrici, disposti ad embrici e immergenti verso l’arco. La geometria è data da una serie di pacchi di strati a forma di cuneo, all’interno dei quali si sviluppano pieghe complesse vergenti verso la fossa. Margini Convergenti: sistema arco - fossa Via via che la subduzione continua, i cunei di accavallamento, o embrici, più antichi vengono gradualmente spostati verso l’alto e fatti ruotare in direzione dell’arco dai nuovi cunei che si aggiungono alla base del prisma. I cunei più vecchi, di conseguenza, assumono col tempo una inclinazione più pronunciata. Questo meccanismo concorda con osservazioni fatte su antichi complessi di subduzione, in cui l’età dei sedimenti e il grado metamorfico di subduzione dalla fossa verso l’arco e le principali faglie di accavallamento immergono verso l’arco. Le rocce più antiche, di alto grado, sono strutturalmente più elevate (possono essersi formate a profondità anche di 30 Km) e possono trovarsi accostate a rocce molto più recenti e di grado metamorfico più basso. Margini Convergenti: Prisma di accrezione Prisma di accrezione del Shimanto Belt, SE Giappone Margini Convergenti: Prisma di accrezione I materiali che vanno a costituire la zona di subduzione comprendono non solo le torbiditi “indigene” della fossa, ma anche torbiditi e pelagiti (argille e radiolariti) depositatesi originariamente su estese aree del fondo ocenico, estranee al sistema arco – fossa in cui sono incorporate. Il materiale che costituisce il prisma accrezionale è ritenuto un complesso di mèlange comprendente frammenti ofiolitici. Margini Convergenti 3) Bacino di avanarco (fore – arc basin). Collocazione e associazioni petrotettoniche. b) Stadio incipiente di formazione del bacino di avanarco c) Bacino di avanarco completo Sequenza idealizzata dell’evoluzione del prisma d’accrezione. Margini Convergenti: Bacini pensili 3) Bacino di avanarco (fore – arc basin). Collocazione e associazioni petrotettoniche. Sequenza idealizzata dell’evoluzione del prisma d’accrezione. d) Sezione schematica, con esagerazione verticale, di un cuneo accrezionale. Le aree in giallo indicano i sedimenti deposti in bacini di scarpata, o pensili, e successivamente deformati. Margini Convergenti 3) Bacino di avanarco (fore – arc basin). Collocazione e associazioni petrotettoniche. Durante la deformazione del prisma accrezionale si può formare un bacino di avanarco tra la fossa e l’arco insulare, in un avvallamento prodottosi perché il sedimento non riesce a bilanciare lo sviluppo del bacino. Il bacino di avanarco copre gli “embrici” più antichi del cuneo di accrezione; inoltre sopra i cunei si possono formare sacche di sedimento: bacini pensili. L’associazione litologica dei bacini di avanarco è caratterizzata da sedimenti terrigeni silicoclastici (flysch) con addizzionamenti di abbondante frazione vulcanologica calcalcalina (andesiti). Margini Convergenti 4) Arco magmatico. Attività vulcanica e plutonica. a – fase iniziale dello sviluppo di un arco insulare b – fase più tardiva Dove la litosfera oceanica in subduzione raggiunge una profondità >80 Km, l’attività vulcanica e plutonica forma in superficie un arco insulare a una distanza di 150 – 200 dall’asse della fossa. Gli archi insulari relativamente giovani hanno una struttura semplice e giacciono su una crosta di meno di 20 Km di spessore (arco Tonga – Kermadec, Nuove Ebridi, Aleutine, Piccole Antille). Margini Convergenti 4) Arco magmatico. Attività vulcanica e plutonica. Gli archi insulari maturi, più antichi, sono più complessi in quanto si sono accresciuti su generazioni precedenti di prodotti del margine della placca subducente. La crosta sottostante è in genere più spessa, da 20 a 35 Km (archi del Giappone e dell’Indonesia). Negli archi insulari maturi si trovano rocce plutoniche che rappresentano i residui di camere magmatiche cristallizzatesi in profondità. In genere hanno composizione granodioritica e presentano variazioni simili alle rocce vulcaniche. Margini Convergenti Arco magmatico. Associazioni petrotettoniche Nell’ambiente di arco insulare si rinvengono tre serie di rocce vulcaniche: 1) La serie tholeiitica a basso contenuto in K, dominata da lave basaltiche associate a quantità minori di andesiti basaltiche e andesiti. Questa serie caratterizza gli archi recenti, ed è stata interpretata come prodotto della cristallizzazione frazionata di un magma primario olivin – tholeiitico con origine a livelli relativamente poco profondi (80 – 120 Km); 2) La serie calcalcalina, dominata da andesiti ricche in K. Negli orogeni di tipo andino sono più abbondanti daciti e rioliti; 3) La serie alcalina, che comprende i sottogruppi dei: basalti alcalini e delle lave shoshonitiche. Margini Convergenti Arco magmatico. Associazioni petrotettoniche Margine di tipo Marianne Margine di tipo Andino Margini di subduzione Le serie 2 e 3 si trovano in archi più maturi e si pensa derivino da margini generati a profondità sempre maggiori. Log stratigrafici: Unità Tetidee Margini Convergenti 5) Bacini marginali o di retroarco. Collocazione e associazioni petrotettoniche. Schema morfologico generale di una zona di subduzione oceanica. I bacini di retroarco (back – arc basin) sono piccoli bacini oceanici che si trovano sul lato interno di un arco insulare, e sono delimitati, sul lato opposto all’arco, da una dorsale di retroarco (arco residuo). Margini Convergenti 5) Bacini marginali o di retroarco. Collocazione e associazioni petrotettoniche. La crosta sotto i bacini marginali ha composizione analoga a quella dei bacini oceanici, anche se talvolta lo strato 1 è più spesso di quanto ci si aspetterebbe in un bacino piccolo e chiuso. Associazione petrotettonica: il fatto che la crosta sottostante i bacini marginali sia di natura oceanica implica che venga generata in maniera analoga a quella delle dorsali aceaniche. Metamorfismo nei Margini Convergenti Le anomali condizioni termiche e di pressione associate alle zone di subduzione danno origine a sequenze particolari di rocce metamorfiche la cui disposizione dipende dalla direzione del sottoscorrimento. Modello per interpretare margini di placca convergenti, applicato al Giappone Sud – occidentale MTL, Linea Tettonica Mediana (ridisegnato da Barber 1982, con permesso di riproduzione della Geologists Association). Metamorfismo nei Margini Convergenti La discesa rapida di litosfera oceanica relativamente fredda nelle fosse oceaniche fino a profondità di circa 30 Km ha come risultato un gradiente geometrico eccezionalmente basso, di circa 10°C km¯¹. Le alte pressioni e basse temperature di questo ambiente danno origine a un complesso metamorfico caratterizzato dalla presenza di glaucofane e giadeite, indicative della facies a scisti blu quasi ovunque associati a sequenze ofiolitiche (Ernst, 1973). La risalita di magmi generata dalla fusione del mantello indotta dalla perdita d’acqua da origine a gradienti geotermici eccezionalmente alti, da oltre 25°C km¯¹ fino a circa 50°C km¯¹. Metamorfismo nei Margini Convergenti Si forma quindi un secondo complesso metamorfico associato al vulcanesimo di superficie, caratterizzato da minerali come l’andalusite che si generano ad alte temperature e basse pressioni. Le zone di subduzione contengono fasce metamorfiche appaiate (Miyashiro, 1972): una esterna di alta pressione e bassa temperatura, sul lato verso l’oceano, e una fascia parallela di bassa pressione e alta temperatura di età analoga associata all’arco insulare, a una distanza tipica di 100 – 250 km dall’altra. Margini convergenti : sistema Arco – Fossa Metamorfismo Modello tettonico generalizzato di un sistema arco – fossa. Si noti l’inflessione delle isoterme in corrispondenza della zona di subduzione ed il loro inarcamento in corrispondenza dell’arco magmatico Calcolo teorico della struttura termica in corrispondenza di un margine convergente, tenendo in conto il riscaldamento da attrito; Il grisè indica la zona di transizione olivina – spinello. Margini convergenti : sistema Arco – Fossa Metamorfismo ANDAMENTO DELLE ISOTERME NEI SISTEMI ARCO – FOSSA Modello tettonico generalizzato di un sistema arco – fossa. Si noti l’inflessione delle isoterme in corrispondenza della zona di subduzione ed il loro inarcamento in corrispondenza dell’arco magmatico Calcolo teorico della struttura termica in corrispondenza di un margine convergente, tenendo in conto il riscaldamento da attrito; Il grisè indica la zona di transizione olivina – spinello. Un calcolo teorico della struttura termica in una zona di subduzione mostra che in corrispondenza della fossa e del Piano di Benioff esiste una stretta fascia caratterizzata da condizioni di BT e AP. Il margine continentale invece presenta moderata P e AT. Margini convergenti : sistema Arco – Fossa Metamorfismo Modello tettonico generalizzato di un sistema arco – fossa. Si noti l’inflessione delle isoterme in corrispondenza della zona di subduzione ed il loro inarcamento in corrispondenza dell’arco magmatico Calcolo teorico della struttura termica in corrispondenza di un margine convergente, tenendo in conto il riscaldamento da attrito; Il grisè indica la zona di transizione olivina – spinello. Le isoterme si innalzano sensibilmente in corrispondenza del margine continentale dove esiste alto flusso di calore ed attività magmatica calco – alcalina. Dove invece le placche convergono le isoterme si abbassano nella placca subdotta poiché essa è ralativamente fredda in rapporto al substrato astenosferico in cui discende. Mentre l’incremento di P che accompagna la subduzione è istantaneo, la T invece aumenta molto lentamente in relazione allo sprofondamento della placca, poiché le rocce sono buoni isolanti. I margini continentali attivi sono sede di metamorfismo intenso e diffuso che avviene anche a notevole profondità. Distribuzione delle isoterme nei Margini Convergenti Distribuzione della temperatura in una zona di collisione con subduzione, ad uno stadio relativamente precoce del recupero delle isoterme. Andamento delle isoterme in una zona di collisione con subduzione di crosta oceanica, in uno stadio nel quale il recupero delle isoterme (cioè il riscaldamento delle porzioni subdotte) è in atto, ma in stadio non avanzato. Poiché il processo di subduzione è molto più veloce del recupero delle isoterme, la placca in subduzione rimane fredda per un tempo significativamente lungo, ed i suoi complessi rocciosi possono subire metamorfismo di seppellimento. Margini Covergenti: Facies metamorfiche In questo ambiente i basalti oceanici si trovano in condizioni anidre: possono quindi subire metamorfismo eclogitico. In corrispondenza della placca soprastante si ha innalzamento ed infittimento delle isoterme, per cui si raggiungono temperature elevate già nella crosta medio – superiore con metamorfismo regionale di vario gradiente termico fino a parziale fusione dei materiali pelitico – arenitici saturi d’acqua. Distribuzione delle facies metamorfiche in una zona di collisione con subduzione, ad uno stadio relativamente precoce del recupero delle isoterme. 1 : facies delle zeoliti; 2 e 3 : facies degli scisti verdi, rispettivamente di bassa ed alta temperatura; 4 : facies delle anfiboliti; 5 : facies delle granuliti; 6 : facies delle eclogiti; 7 : facies degli scisti blu (tratta de Ernst, 1976). Margini collisionali: Associazioni petrotettoniche metamorfiche Metamorfismo di bassa pressione Metamorfismo di profondità Un modello di tettonica a placche applicato alla zona orogenetica caledonica della Scozia. Secondo Dewey 1971. Margini collisionali: Associazioni petrotettoniche metamorfiche Metamorfismo di bassa pressione Metamorfismo di profondità In molte catene montuose, le rocce soggette a metamorfismo formano una coppia di zone metamorfiche con caratteristiche contrastanti. Una coppia è composta di una fascia metamorfica di alta P (scisti e glaucofane), associata a rocce basiche e ultrabasiche (ofioliti), e di una fascia metamorfica di bassa P (con andalusite), accompagnata da rocce granitiche, andesitiche e/o riolitiche. Un modello di tettonica a placche applicato alla zona orogenetica caledonica della Scozia. Secondo Dewey 1971. Margini collisionali: Associazioni petrotettoniche metamorfiche Metamorfismo di bassa pressione Metamorfismo di profondità Un modello di tettonica a placche applicato alla zona orogenetica caledonica della Scozia. Secondo Dewey 1971. Le fasce metamorfiche appaiate sono evidenti e ben sviluppate nelle regioni circumpacifiche; esse corrono parallele e quella di alta P sta dalla parte oceanica mentre quella di bassa P è situata verso il continente. Il loro metamorfismo è all’incirca della stessa età. Le facies metamorfiche a glaucofane, i cosiddetti scisti blu, testimoniano la presenza di antiche zone di subduzione, la facies a sillimanite e andalusite rappresentano le radici degli archi magmatici. Serie metamorfiche in margini collisionali 1 Metamorfismo di alto gradiente di pressione: Si sviluppa lungo le fasce collisionali in seno alla placca subdotta. Serie metamorfiche in margini collisionali 1 2 Se la distanza tra fossa e arco insulare è maggiore, supponendo una distribuzione regolare delle geoisoterme, vi è possibilità di sviluppo del metamorfismo regionale di tipo barrowiano o di pressione intermedia. 2 Metamorfismo in facies eclogitica: Collocazione simile a 1, ma si verificherebbe in assenza e scarsità d’acqua su rocce di composizione basaltica. Metamorfismo di alto e intermedio gradiente termico: In porzioni di placche continentali interessate da flusso di calore molto alto(margini al di sotto dei quali c’è subduzione). La differenza tra i due valori dipende dalle specifiche condizioni locali.