Effetti e dinamica del vento sulle Palme Valutazioni di stabilità Le

Effetti e dinamica del vento sulle Palme
Valutazioni di stabilità
Le palme sono piante monocotiledoni a portamento arboreo, non sono cioè alberi, questi
appartengono o alla classe di piante dette Dicotiledoni o alla classe di piante chiamate Conifere.
Molte differenze separano le Monocotiledoni arboree dalle Dicotiledoni e Conifere arboree,
quelle che ora ci interessa prendere in esame sono:
- le palme sono prive di ramificazioni salvo rarissimi casi
- il fusto detto stipite per le palme non aumenta nelle dimensioni trasversali con le stesse
procedure del tronco degli alberi. Si suol dire che le palme hanno un fusto il cui diametro non si
accresce nel tempo per il fatto che l’incremento è trascurabile rispetto a quello degli alberi. Ma lo
stipite delle palme, con l’età, aumenta di diametro.
Questo incremento è importante per la risposta alle sollecitazioni meccaniche del vento che sono
le più rilevanti nel compromettere la stabilità delle palme1.
Il vento agisce sulle foglie della corona, sul capitello e sul fusto, e trascurando la pressione
esercitata su quest’ultimo, possiamo ritenere che generi una sola forza risultante F applicata al
baricentro della corona che facciamo coincidere con il cuore della palma (fig. 1). Sono supposti F
e suolo paralleli con lo stipite ad essi perpendicolare. La forza F è funzione della superficie della
pianta che si oppone al vento e della velocità di questo, non è funzione del peso della corona e del
capitello, essa introduce delle sollecitazioni che cercano di flettere la palma.
La corona delle foglie con il capitello sono la porzione più pesante della pianta, dell'ordine di
1000 Kg per una Phoenix dactylifera2 e sino a 2500 Kg per una Phoenix canariensis3. In assenza
di vento tale peso si scarica lungo lo stipite ed ogni sua sezione è sempre e solo sollecitata a
compressione dal peso delle strutture sovrastanti. Con il vento nasce la forza F che tende a far
flettere la palma, a causa della flessibilità dello stipite la parte alta della pianta subisce uno
spostamento d ed il carico P si decentra introducendo delle sollecitazioni di flessione che si
vanno a sommare a quelle prima considerate. Queste sollecitazioni sono funzione di P e della
distanza d che a sua volta dipende dalla elasticità dello stipite e da F (come visto funzione della
superficie della pianta che si oppone al vento e della velocità di questo).
Un incremento importante di P (peso di corona e capitello) si ha con la pioggia e eventualmente
la neve, questi casi aggravano la flessione dovuta al carico decentrato.
Infine se il vento non è costante si introducono oscillazioni ed è possibile che rinforzi e cadute di
vento vadano ad entrare in risonanza con dette oscillazioni causando degli spostamenti d
1
Interessanti notizie al riguardo abbiamo letto recentissimamente per le palme della riviera ligure in Luigi Viacava,
Le Palme negli scritti di Giorgio Gallesio, Accademia dei Georgofili, Firenze 2001, pag. 69-81.
2
In seguito trattasi di Phoenix dactylifera Linnaeus.
3
In seguito trattasi di Phoenix canariensis Hortorum ex Chabaud.
superiori a quelli da vento costante e che decentrano ancor maggiormente il carico ed aumentano
quindi le sollecitazioni.
Valutazioni di stabilità
a) Effetto del vento sulla corona.
Detta S la sezione orizzontale generica dello stipite posta a distanza y dal baricentro della corona
situato ad altezza h da terra, quando a detto baricentro è applicata una forza F4 la sezione S è
soggetta ad un momento flettente:
1)
Mv = Fy;
Il momento tende a far ruotare la sezione stessa secondo la direzione ed il verso della forza
applicata. Le strutture interne della pianta si oppongono a questa rotazione applicando un
momento resistente crescente sino al valore massimo:
2)
Mr = σ rf W;
Ove σrf è la tensione unitaria normale massima resistente di flessione, e W è il modulo resistente
della sezione funzione della sola sua geometria. Per una sezione di forma circolare di raggio r
risulta:
3)
W=
πr 3
4
;
Non si ha collasso se risulta:
4)
σ rf
Mr ≥ Mv ;
πr 3
4
≥ Fy;
Ossia:
5)
r≥3
4Fy
πσ rf
;
0 ≤ y ≤ h;
Scendendo dal baricentro della corona verso la base della pianta y cresce da 0 ad h, supponendo
σrf costante cioè a parità di resistenza, la formula vuole che cresca anche il raggio della sezione
4
La pressione dinamica del vento è proporzionale al quadrato della sua velocità. Un'approssimazione può essere fatta
utilizzando la formula dell'annesso I
dello stipite. In effetti questo cresce man mano che si scende verso la base della pianta ma non in
modo sufficiente. Questa risposta della pianta non basta5.
La tensione unitaria normale massima di flessione σrf, non è costante nello stipite, essa varia
passando dal valore minimo nella sua parte alta ed interna al valore massimo nella parte basale ed
esterna. Essa è direttamente proporzionale alla densità del legno (fig. 2). In altre parole σrf, come
la densità del legno, aumentano radialmente dal centro alla periferia di una sezione ed aumentano
dalla corona alla base della pianta, il massimo si ha nelle sezioni della parte bassa dello stipite ed
alla loro periferia.
L'aumento della densità, con il correlato aumento delle tensioni interne e quindi del carico di
rottura aiuta la pianta nel fornire la risposta d'equilibrio alle sollecitazioni6. Molte specie di palme
portano chiome ad altezze rilevanti con sezioni di stipite ridottissime e senza aumento di raggio
ad esempio nel genere Trachycarpus.7 Le azioni combinate dell'aumento del raggio e
dell'aumento della tensione massima di rottura sono gli atout delle palme per spingersi in alto a
sfidare il vento come mostra la seguente relazione.
6)
r 3σ rf ≥
4Fy
π
0 ≤ y ≤ h;
;
Volendo prendere in considerazione oltre alla variazione assiale della tensione interna di
flessione e quindi della densità anche quella radiale possiamo considerare ai fini meccanici lo
stipite centralmente cavo per un raggio pari alla metà del raggio esterno. Nel solido cavo
risultante possiamo ritenere la densità costante in ciascuna sezione e variabile solamente in senso
assiale ossia crescente dalla corona alla base. La generica sezione resistente non sarà più
costituita da un cerchio (fig 3) bensì da una corona circolare di raggio esterno R e raggio interno
R/2, il modulo resistente della 3) diventa:
4
R
R
−
π
π 1 R4 π 3
2
W=
=
= R;
4
R
4 R 2
8
4
7)
Le altre relazioni si modificano semplicemente ponendo r=R/2.
b) Carico eccentrico.
Con lo scostamento dalla verticale della chioma, per effetto del vento o anche nel caso di una
palma con stipite inclinato, il peso proprio delle strutture della pianta poste superiormente alla
5
Per esempio dalla sezione a 1 metro a quella a 8 metri sotto il baricentro della corona il raggio dovrebbe
raddoppiare.
6
Per Coco nucifera L. ad esempio, è δ=1 al valore minimo e δ=1,25 al valore massimo, su di una pianta alta 20m.
7
In seguito trattasi di Trachicarpus H.A. Wendland. Differenze strutturali dello stipite caratterizzano le palme a
foglia palmata da quelle a foglia pennata.
superficie S porta due sollecitazioni, una forza di compressione assiale P identica alla condizione
di verticalità dello stipite ed una flessione dovuta al momento Pd.
Facendo riferimento alla fig. 1, la sezione S deve essere in grado di reagire:
1) alla forza verticale P che ha un'azione di compressione.
2) al momento flettente Pd.
Sulla sezione con il vento è anche attivo, come abbiamo visto, il momento flettente Fy e quindi il
momento flettente totale sarà: M=Fy+Pd.
Con riferimento alla tavola 1 nella sezione generica S di area A la tensione unitaria normale σ
sarà la somma di tre addendi σ=σ1+σ2+σ3. Il primo addendo σ1 sarà un termine di
compressione o pressione positiva dovuto allo sforzo verticale P agente sull'area A:
8)
σ1 =
P
A
Il secondo addendo sarà generato dallo sforzo di flessione Pd tendente a far ruotare la sezione S.
Nel caso della figura la sezione S tenderà a ruotare in senso orario, la porzione di sezione S a
destra esercita una sollecitazione di compressione a quella sottostante, quella di sinistra una
sollecitazione di trazione. Sarà:
9)
σ2 =
Pd
W
Il terzo addendo sarà generato dallo sforzo di flessione Fy tendente a far ruotare la sezione S
intorno all'asse perpendicolare alla direzione del vento (ed al foglio). S tenderà a ruotare anche in
questo caso in senso orario, la porzione di sezione S a destra esercita una sollecitazione di
compressione a quella sottostante, quella di sinistra una sollecitazione di trazione. Sarà:
10)
σ3 =
Fy
W
Si otterrà in totale:
11)
σ=
P Pd + Fy
+
;
A
W
Per quanto detto il secondo addendo della 11) è dello stesso segno di P/A per la parte di sezione
soggetta a compressione e di segno opposto a P/A per la parte di sezione soggetta a trazione.
Come si può vedere dal grafico di fig. 4. la compressione massima nello stipite è decisamente
superiore alla trazione massima, la porzione di superficie della sezione soggetta a compressione è
maggiore di quella soggetta a trazione e ciò è penalizzante per ogni vegetale, albero o palma che
sia in quanto i legni danno una risposta alla sollecitazione di compressione inferiore a quella a
trazione.
Secondo il “modello a tubi” di Shinozaki una pianta è costituita da un insieme di condotti
tubolari ciascuno dei quali ha il compito di sostenere ed alimentare idraulicamente una unità della
corona, questa semplificazione, che è un'approssimazione di comodo per lo studio delle
dicotiledoni, per le monocotiledoni è molto calzante alla realtà. Un sistema siffatto, costituito da
tubicini verticali collegati fra di essi anche orizzontalmente ha chiaramente maggiore resistenza
alla trazione che a compressione in quanto si comporta come una fascio di legamenti verticali che
a trazione si distendono e a compressione offrono solo una resistenza funzione della distanza alla
quale sono situati i collegamenti orizzontali (fig. 5). Per le palme i collegamenti orizzontali sono
generalmente più fitti nelle specie con corto internodo e a foglia palmata.
Da tale schema qualitativamente si capisce come, verifica numerica a parte, i collassi nelle palme
per effetto del vento siano dovuti a cedimenti di compressione causata contemporaneamente dal
carico statico dovuto al peso proprio più quello di acqua o neve gravante su corona e capitello,
dal carico dinamico di flessione per la forza del vento e dal carico dinamico di flessione generata
per lo scostamento dalla verticale della risultante del peso della corona.
Quantitativamente la verifica di stabilità si può effettuare utilizzando formule del tipo sopra
accennato. Tra le varie difficoltà, a parte la non estrema semplicità del calcolo, c'è la mancanza di
dati relativi ai moduli di resistenza dei legni degli stipiti delle diverse specie di palme a limitare
la possibilità di valutare con sufficiente approssimazione condizioni di stabilità precaria in
situazioni di eventuali avversità metereologiche di normale “anormalità”.
È possibile aggirare le difficoltà. Gli alberi propriamente detti hanno la capacità di aggiornare le
dimensioni trasversali del tronco in funzione delle dimensione della chioma e dell'altezza del
tronco e studi fatti da vari autori sulle caratteristiche meccaniche hanno portato a definire una
relazione che, per tutti i generi e le specie di alberi, lega il raggio del tronco alla base con la sua
altezza:
12)
r = 2kh ;
3
Essendo k una costante che è caratteristica di ogni specie nelle condizioni naturali ottimali di
crescita8.
La 12) informa che in ogni albero vi è un relazione tra il raggio del tronco e la sua altezza per la
salvaguardia della staticità della struttura portante escluso il cedimento di rami (sorta di
autopotatura) o il ribaltamento della pianta per insufficiente ancoraggio al suolo.
8
Il valore di K è compreso tra 1,1 relativo ad alberi "campioni" di resistenza e 0,005 relativo ad alberi che non
riescono a sostenersi e che collassano sotto il proprio peso.
Le palme non hanno rami e possedendo un apparato radicale più efficiente degli alberi quanto ad
ancoraggio al suolo se soddisfano la formula 12) sono da considerare molto più sicure degli
alberi stessi. È quindi possibile determinare con il raggio dello stipite della palma in esame a
quale altezza massima può giungere, una volta noto il valore K della specie in base alla 12).
In altre parole la detta relazione permette di stabilire quale altezza una palma può raggiungere
con il raggio del suo stipite se fosse un albero.
Riportiamo nell'annesso II, la determinazione della speranza di vita delle palme del giardino di
Palazzo Corsini (Accademia Nazionale dei Lincei – Roma) effettuata con tale metodo. La palma
marcata B10 in detto lavoro è collassata il 16 luglio 2001 sotto l'effetto di una burrasca (fig. 06).
Le prove di laboratorio9, effettuate sullo stipite della pianta, una Phoenix dactylifera, hanno
permesso di determinare le sollecitazioni massime ammissibili a flessione ed a compressione10 e
comparare i risultati ottenuti con i due metodi.
Le strozzature nello stipite.
Nel lavoro citato per definire il raggio della sezione dello stipite da introdurre nelle formule
abbiamo dovuto tenere conto dei restringimenti detti "a clessidra". Trascorse disavventure
climatiche nelle dicotiledoni si possono leggere negli spessori degli anelli di accrescimento del
tronco. Nelle sezioni del tronco, le ridotte attività metaboliche dovute a stagioni prolungatamente
rigide si rilevano dai relativi spessori di accrescimento che risultano ridotti in dimensione; nelle
palme le stagioni climaticamente meno fortunate si rilevano lungo lo stipite11, accade così che a
Roma ma anche altrove in Italia è possibile individuare nei restringimenti a clessidra degli stipiti
delle palme le rigidità delle temperature degli anni passati.
Tenendo conto, per esempio, che le Phoenix canariensis si accrescono in altezza a Roma
annualmente di 20 cm è facilmente individuabile l'anno 1985 particolarmente rigido e sopratutto
l'anno 1956. Le dette riduzioni del raggio degli stipiti sono più marcate se la locazione delle
piante è più in alto ed eclatante è il caso delle palme della facoltà di Ingegneria di Colle Oppio
(figg.7-8-9) a Roma.
Anche se si può ritenere che le piante compensino in parte la riduzione del raggio di una zona del
proprio stipite con una locale maggiore densità dei tessuti e quindi con un aumentata resistenza
alla rottura, è chiaro che oltre un certo limite esse non possono andare. Restringimenti dello
stipite diventano, con l'aumentare dell'altezza della palma e quindi dei momenti di flessione,
punti di debolezza strutturale per le sollecitazioni indotte dal vento. Rimane la constatazione che i
collassi sino ad ora da noi inventariati a Roma su palme non compromesse da patologie si sono
verificati esattamente nelle sezioni relative alla crescita anomala, perché stentata, dell'anno 1956.
9
Vedi annesso III a, b, c.
Gli interessati possono richiedere lo sviluppo di tali relazioni al Centro Studi e ricerche per le Palme di Sanremo.
11
Lo stesso effetto si riscontra nei casi di potatura mal eseguita. I due fenomeni sono legati: con l'abbassarsi della
temperatura i liquidi circolanti nei vasi conduttori aumentano di viscosità, con il successivo aumento di temperatura i
liquidi nel fluidificarsi liberano bolle di sostanze gassose che la pianta subito disloca sulle parti più estreme delle
foglie più vecchie destinandole all'insecchimento. Ad ogni successivo sbalzo di temperatura il fenomeno si ripete e
maggiore sarà il numero di foglie o loro porzioni estreme a seccarsi e a non poter fotosintetizzare come avviene in
una massiccia potatura. Conviene lasciare prima dell'inverno il massimo apparato fogliare verde sulle palme per non
costringerle a scaricare su foglie giovani sostanze gassose disseccanti.
10
Riportiamo infine nell'annesso IV un grafico relativo ai venti degli ultimi anni avuti a Sanremo
che permette di valutare uno di quegli eventi metereologici che noi abbiamo chiamato di normale
"anormalità". Tale valutazione è la primaria da fare per poter decidere a quali forze anomale
verificare la resistenza di un albero o palma che sia.
Francesco De Santis
Fig. 1
Schema delle sollecitazioni agenti sulla sezione dello stipite di una palma
per effetto del vento.
Fig. 2
Sezione dello stipite di Phoenix dactylifera.
Fig. 3
Sezione dello stipite di palma, zona a massima densità.
Fig. 4
Schema delle sollecitazioni operanti su una sezione di stipite.
Fig. 5
Schematizzazione del “modello a tubi” di Shinozaki per una palma.
Fig. 6
Stipite di palma abbattuta da una bufera nel mese di luglio 2001 nel
giardino di Villa Corsini, Accademia Nazionale dei Lincei, via della
Lungara, 10 Roma.
Fig. 7
Strozzatura nello stipite di una palma del giardino di Villa Corsini,
Accademia Nazionale dei Lincei, via della Lungara, 10 Roma.
Fig.8
Strozzatura nello stipite di una palma all'ingresso della facoltà di
Ingegneria, Università "La Sapienza", colle Oppio, Roma.
Fig. 9
Strozzatura nello stipite di due palme all'ingresso della facoltà di
Ingegneria, Università "La Sapienza", colle Oppio, Roma.