Studi sui distretti industriali
Il Polo fiorentino della pelle
Servizio Studi e Ricerche
Luglio 2008
Il polo fiorentino della pelle
Indice
Executive summary
3
1. Analisi strutturale
7
1.1 Collocazione ed estensione del distretto
7
1.2 La storia del sistema locale
7
1.3 Il distretto secondo i dati di Censimento e della
Camera di commercio
8
1.4 I prodotti e l’organizzazione della filiera distrettuale
13
1.5 L’articolazione strategica e gli attori distrettuali
15
2. Gli scambi commerciali
29
3. Crescita e redditività secondo i bilanci aziendali
33
4. Lo scenario competitivo
37
4.1 Il nuovo contesto competitivo
37
4.2 Punti di forza e di debolezza del sistema distrettuale
39
4.3 Sfide e strategie evolutive
40
Casi aziendali
Colzi srl
16
Sapaf snc
16
Gucci Group
18
Braccialini srl
20
Nannini spa
22
Salvatore Ferragamo spa
41
Pelletteria Il Ponte spa
43
Bibliografia e sitografia
47
A cura di: Cristina De Michele, Giovanni Foresti e Stefania Trenti
Database management: Giovanna Bocchioli
Realizzato in collaborazione con il TEDIS – Venice International University
Un ringraziamento per i dati forniti da Antonella Innocenti dell’Ufficio
statistica e studi della Camera di commercio di Firenze.
Si ringraziano tutti i colleghi che hanno letto una versione precedente di questo
lavoro e, in particolare, i colleghi che operano nel distretto, Stefano Veracini
(Centro Imprese di Firenze) e Alfonso Tedesco (Centro Corporate Firenze).
Studi sui distretti industriali
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Il polo fiorentino della pelle
Executive summary
Il polo fiorentino della pelletteria di alta qualità, ormai considerato un vero e
proprio distretto del lusso, si estende nella provincia di Firenze in un’area che va
da Scandicci, Lastra a Signa e Impruneta fino, a sud, a Pontassieve e in generale
alla Val di Sieve.
La produzione del distretto è principalmente rappresentata da articoli di pelletteria
quali borse (33%), portafogli (15,3%), cinture (2,4%) ed altri articoli in pelle
(valigie, sacche da viaggio, borsoni, borse da lavoro), collocabili nella fascia
prezzo/qualità alta (fino al segmento del lusso) o medio-alta. Secondo i dati di
censimento Istat, nel 2001 un quarto degli addetti della pelletteria italiana
trovava impiego nel polo. Nel distretto sono presenti anche imprese specializzate
nel comparto calzaturiero.
Il polo fiorentino si distingue per le tradizionali competenze artigianali di
lavorazione, unite alla qualità dei materiali, alla cura dei dettagli, alla creatività e
alla ricerca stilistica. Il sistema locale è caratterizzato da competenze tacite che
consentono di realizzare un prodotto di alta qualità conosciuto in tutto il mondo.
L’alta qualità del prodotto finale è garantita anche dal legame con il vicino
distretto di S. Croce sull’Arno che, oltre ad offrire pelli di qualità e differenziate
per tipologia e lavorazione, anticipa, con l’ausilio di team interni di tecnici e la
collaborazione di stilisti e modellisti, le tendenze della moda, seguendo il cliente
sin dalla fase creativa e proponendo campionari nuovi e “personalizzati” per le
imprese del Polo fiorentino.
Nell’ambito distrettuale coesistono sia grandi griffe (Gucci, Ferragamo, Prada,
Lvmh, etc.) che agiscono come soggetti leader e global player nel Sistema moda,
sia piccole e medie imprese locali dotate di un proprio marchio. Queste
ultime si caratterizzano per una vocazione spiccatamente artigianale, detengono
un know how indispensabile per le imprese del settore e mostrano un’elevata
propensione agli investimenti e all’aggregazione in strutture consortili.
Nell’area è presente inoltre un fitto reticolo di piccole imprese, collocate nelle
diverse fasi produttive, che si inserisce nella rete di fornitura delle imprese finali.
Accanto a queste lavorano fornitori specializzati di componenti ed accessori e
rivenditori di macchinari per la pelletteria, oltre ad aziende che offrono servizi di
consulenza per lo stile e l’organizzazione degli stabilimenti nei settori della
pelletteria e calzaturiero.
Le aziende leader sono sia di origine endogena al distretto (ad esempio Gucci,
Ferragamo, The Bridge), che provenienti dall’esterno (Lvmh, Mariella Burani
Fashion Group, Prada etc.). Nel primo caso le imprese emergono dalla storia del
distretto come attori di spicco, andando ad occupare gradualmente il ruolo di
interfaccia tra il sistema locale ed i mercati di sbocco; nel secondo caso si assiste
all’entrata di imprese già di grandi dimensioni ed operanti su scala
transnazionale. Le imprese leader affiancano il prodotto tradizionale di pelletteria,
la borsa, a vari accessori in pelle e, in alcuni casi, estendono la propria offerta in
altri comparti del Sistema moda (es. Gucci), seguendo una strategia di brand
extension comune a molte grandi griffe della moda.
Il polo è caratterizzato da una forte vocazione all’export rivolto prevalentemente
ai paesi dell’Europa (Svizzera, Francia, Regno Unito in primis), agli Stati Uniti e al
Giappone. Il nucleo delle grandi imprese che opera nel settore del lusso risulta
altamente internazionalizzato, mentre le imprese prive di marchio proprio e ancora
di più quelle della subfornitura dei grandi player incontrano delle difficoltà nei loro
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Studi sui distretti industriali
processi di internazionalizzazione commerciale. L’internazionalizzazione
produttiva è invece contenuta, per via della qualità dei prodotti trattati che può
essere messa a repentaglio spostando all’estero la produzione, ma anche per la
presenza di numerose microimprese cinesi che possono assicurare un costo del
lavoro relativamente contenuto per le fasi del ciclo produttivo a più basso valore
aggiunto.
I forti cambiamenti intervenuti nello scenario internazionale, la crescente apertura
dei mercati e la concorrenza internazionale hanno messo a dura prova le imprese
del polo fiorentino della pelle.
L’evoluzione di esportazioni, fatturato e redditività consentono di osservare come,
tuttavia, gli attori distrettuali abbiano saputo trovare rapidamente le “giuste
contromisure” all’inasprimento del contesto competitivo. In questo il distretto
è stato anche favorito dall’evoluzione degli stili di consumo, che ha stimolato la
domanda di pelletteria in pelle di lusso, divenuta nel tempo uno strumento
imprescindibile per personalizzare e “qualificare” il proprio look a costi
relativamente accessibili e con acquisti anche saltuari, affiancandoli a capi di
abbigliamento e/o calzature anche di qualità non elevata.
Tra il 2003 e il 2007 il distretto ha, infatti, conosciuto una notevole espansione
sui mercati esteri, che è stata accompagnata da un ampliamento dell’avanzo
commerciale, nonostante l’aumento sostenuto delle importazioni. Anche il
fatturato complessivo desumibile dai bilanci aziendali, dopo un 2002 difficile, è
tornato a crescere a ritmi sostenuti. A differenza di quanto avvenuto al di fuori del
distretto, l’aumento del fatturato è stato accompagnato da un rafforzamento
delle condizioni reddituali, spinte verso l’alto dal miglioramento dei già elevati
margini unitari (a indicazione dell’alta qualità delle produzioni realizzate nel
territorio fiorentino). Le imprese dislocate nel resto d’Italia, invece, non sono
riuscite ad innalzare il proprio mark-up e, conseguentemente, il Roi, mostrando
un “defict reddituale” rispetto agli operatori del polo di Firenze. I dati di bilancio
sono quindi indicativi dei buoni livelli di competitività raggiunti dalle imprese
fiorentine, che sono riuscite a conquistare nuove quote di mercato, innalzando
ulteriormente la propria (già alta) redditività industriale.
La reattività delle imprese del distretto è dipesa e dipende da molti fattori, che
vanno dalla ricchezza e “qualità” del tessuto produttivo, alla presenza in loco delle
grandi griffe.
Il tessuto produttivo locale ha consentito alle imprese più dinamiche del
distretto di riorganizzarsi in strutture più snelle, a rete, mantenendo al proprio
interno le fasi a maggior valore aggiunto ed affidando all’esterno, nella maggior
parte dei casi sempre nel territorio fiorentino, le fasi di trasformazione del
prodotto.
La vitalità del polo distrettuale è stata garantita anche dal fermento di iniziative
promosse da una serie di attori locali, istituzionali e privati, a sostegno del
distretto (iniziative consortili di promozione dei prodotti distrettuali e di supporto
all’innovazione delle imprese, certificazioni etiche e di qualità per la filiera della
pelletteria, azioni di marketing territoriale, attività di formazione etc.).
Anche le grandi griffe internazionali hanno contribuito a trainare l’economia
locale nei periodi di crisi, favorendo la circolazione di nuove competenze
produttive e il presidio delle fasi a valle di commercializzazione e distribuzione del
prodotto. L’insediamento di grandi player della moda ha, tuttavia, prodotto anche
alcuni effetti negativi come, ad esempio, un rapporto di forte dipendenza delle
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Il polo fiorentino della pelle
imprese più piccole terziste e una gerarchizzazione dei rapporti di fornitura, con
una conseguente perdita di contatto con il mercato finale per molte imprese locali.
Nella situazione attuale, le principali sfide per le aziende del lusso operanti nei
mercati finali sono collegate alla capacità delle imprese, da un lato, di potenziare i
rapporti con il sistema produttivo locale e, dall’altro lato, di inserirsi nelle reti
globali del valore, sviluppando relazioni internazionali nelle fasi a valle e
operando come player del più generale Sistema moda, grazie all’immagine
acquisita e alla diversificazione dei prodotti e dei marchi in portafoglio.
Le aziende del distretto di medie dimensioni con marchi propri dovranno sempre
più prendere coscienza dell’importanza di migliorare le politiche di marchio e di
comunicazione, al fine di trasmettere il valore aggiunto offerto e accrescere la
differenziazione rispetto ai competitor internazionali. Lo stesso discorso vale per
le piccole imprese che operano in un regime produttivo misto, a marchio proprio e
conto terzi: anch’esse dovranno in prospettiva puntare su innovazione
tecnologica, politiche di marchio e sviluppo della rete distributiva, mantenendo, in
tal modo, il contatto con il mercato finale.
Più complessa è la situazione per i fornitori, subfornitori e terzisti locali. Sono
questi soggetti ad aver sofferto maggiormente negli ultimi anni, così come è
evidente anche dal calo, a partire dal 2003, del numero di imprese individuali e
società di persone attive nella pelletteria nella provincia di Firenze.
Le imprese leader possono in tal senso avere un ruolo attivo, traendone
vantaggio, per contribuire a sostenere e rilanciare la competitività di questi attori
e, quindi, a ben vedere, del sistema distrettuale. E’ necessario che queste
sappiano valorizzare le competenze “tipiche” della rete distrettuale, anche
tenendo sotto controllo il fenomeno della diffusione di imprenditorialità cinese a
basso costo, “irregolare” e non “integrata” nel tessuto distrettuale. La presenza di
un network di fornitura in grado di garantire l’alta qualità delle lavorazioni a tutti i
livelli (e certificate made in Itay) offre, infatti, vantaggi alle aziende leader in
termini di credibilità ed immagine, consolidando la loro competitività.
Anche il tessuto produttivo locale di piccole imprese fornitrici e terziste dovrà,
però, cercare di rafforzarsi e riqualificarsi, proponendosi sempre più come
“partner” strategico per il committente, approfondendo le proprie capacità
progettuali e ponendosi su un piano di collaborazione con i clienti. Ciò significa
saper coniugare le conoscenze tacite e il know how di alto profilo del contesto
distrettuale con i nuovi saperi “assimilati” attraverso il rapporto con imprese
leader. La confluenza di queste diverse competenze “distintive” e l’interazione
con altri settori complementari di supporto (fornitori di macchinari, tecnologie,
consulenza, ecc.) aumentano la competitività delle piccole imprese accrescendo
la loro importanza e centralità per le aziende leader.
A questo fine, la rete di fornitura non potrà fare a meno di innovare i processi
produttivi, attraverso investimenti tecnologici ed informatici. Spazi di innovazione
sono possibili sia con riferimento alla progettazione, sia alle fasi di preparazione e
di taglio.
Gli operatori del settore più avveduti sono consapevoli della necessità di
introdurre innovazioni di processo, avanzamenti tecnologici e informatici e di
dotarsi di nuovi macchinari da gestire creando forme di cooperazione
orizzontale tra reti di piccole imprese (ricorrendo a formule consortili come, ad
esempio, l’iniziativa del Consorzio Centopercento italiano).
5
Studi sui distretti industriali
In questo contesto è necessario che la piccola imprenditoria distrettuale superi le
barriere culturali e psicologiche che si frappongono all’utilizzo di strumentazioni
tecnologiche più evolute e all’automazione di alcune fasi del processo
produttivo, che potrebbero, invece, coesistere con fasi di lavorazione manuale
ad alto valore aggiunto. L’automazione di alcune fasi non andrebbe a detrimento
dell’artigianalità del prodotto e potrebbe contribuire a razionalizzare e velocizzare
il processo produttivo migliorando il servizio al cliente.
Il fattore competenze rappresenterà in futuro la discriminante fondamentale per
l’autonomia e la solidità delle aziende. Si tratta da un lato di salvaguardare le
competenze tacite proprie del distretto e, dall’altro, di promuovere l’innovazione
dei tradizionali modelli imprenditoriali. La formazione e la creazione di nuove
figure professionali assumono in questo un ruolo rilevante, per arricchire le
imprese e far sì che queste siano in grado di affrontare le nuove sfide poste
dall’attuale contesto competitivo. Chiave di volta è l’implementazione di politiche
formative con una maggiore articolazione delle attività di formazione già avviate
in ambito distrettuale.
Riveste quindi ’importanza decisiva un’azione collettiva che veda coinvolti i
protagonisti del polo produttivo (imprese, società consortili, associazioni di
categoria), ma anche istituzioni e strutture universitarie locali. E’ necessaria infatti
un’azione sinergica dei vari attori distrettuali, pubblici e privati, per sostenere lo
sviluppo del tessuto produttivo locale attraverso interventi volti a favorire lo
sviluppo di risorse “di sistema” e tesi a rafforzare alcune funzioni strategiche
per le imprese (per es. formazione, servizi per l’innovazione tecnologica,
organizzativa, di prodotto ecc.). Un ruolo importante per la creazione di un
efficiente mercato dei servizi alle Pmi può essere svolto da enti camerali,
associazioni imprenditoriali e società consortili con funzione di erogazione di
servizi.
6
Il polo fiorentino della pelle
1. Analisi strutturale
1.1 Collocazione ed estensione del distretto
Il polo fiorentino della pelletteria di alta qualità, ormai considerato un vero e
proprio distretto del lusso, si estende nella provincia di Firenze in un’area che va
da Scandicci, Lastra a Signa e Impruneta fino, a sud, a Pontassieve e in generale
alla Val di Sieve (CCIAA di Firenze, 2005).
Sulla base della delibera del Consiglio Regionale n. 69 del 21/02/2000, si è
provveduto alla identificazione di Sistemi Produttivi Locali Manifatturieri e dei
Distretti industriali per la Regione Toscana. In particolare, sulla base di tale
classificazione è possibile ricondurre all’interno del Polo fiorentino della pelle i
Sistemi Economici Locali che presentano una marcata specializzazione nei
settori pelle, cuoio e calzature, ovvero:
-
il S.E.L. 9.2 Area Fiorentina – Quadrante Val di Sieve comprendete i comuni
di Dicomano, Londa, Pelago, Pontassieve, Rufina e San Godenzo;
-
il S.E.L. 9.3 Area Fiorentina – Quadrante Centrale, comprendente i Comuni di
Bagno a Ripoli, Calenzano, Campi Bisenzio, Fiesole, Firenze, Lastra a Signa,
Scandicci, Sesto Fiorentino e Signa.
1.2 La storia del sistema locale
La nascita delle prime imprese nel distretto è fatta risalire alla seconda metà
dell’Ottocento; pioniere di questo processo è Guccio Gucci, che decide poi negli
anni Venti di aprire un laboratorio specializzato nella pelletteria, articoli da
viaggio e da selleria, insieme con un negozio a Firenze (Batazzi, Bortolotti,
Simoni, 2005). Le lavorazioni si mantengono su scala prettamente artigianale. Si
eseguono all’interno dei laboratori tutte le fasi del processo produttivo (taglio,
scarnitura, montaggio e cucitura), realizzando un prodotto di qualità. L’artigiano
lavora su ordinazione, progettando e realizzando prodotti “su misura”,
personalizzati. Vengono acquisite importanti competenze nel trattamento di
materiali particolari, come le pelli di coccodrillo e di lucertola.
È il periodo tra gli anni Cinquanta e Sessanta che vede la costituzione di un
vero polo della pelletteria. A partire dagli anni Cinquanta, infatti, i piccoli laboratori
iniziano a mutare, passando da impresa artigianale ad industriale, allungano il
canale per arrivare al cliente finale, rivolgendosi, molto spesso, non più al
consumatore finale bensì ad un’altra impresa committente, con un proprio
marchio, una propria catena distributiva o un negozio. L’idea di prodotto cambia
passando da personalizzato a lotto, come anche il processo produttivo che
diviene più articolato, introducendo la fase di progettazione e prototipizzazione
del prodotto. Si passa così alla nascita di spin-off per la realizzazione di una
maggiore specializzazione per fasi, alla gestione di ingenti quantitativi meno
personalizzati da produrre nel minor tempo possibile e realizzando economie di
scala. In questi anni iniziano, pian piano, a delinearsi le esternalizzazioni di
alcune fasi del processo produttivo, in particolare per le lavorazioni a domicilio: le
imprese affidano all’esterno, nella maggior parte dei casi ai familiari dell’operaio
di banco, la realizzazione di alcune componenti, ad esempio le fodere, le tracolle
e le maniglie. Successivamente il fenomeno dell’esternalizzazione investe anche
altre fasi del processo produttivo, quali il montaggio. Il tipo di relazione tra
committente e produttore è diretto, ma può prevedere ulteriori passaggi per fasi
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Studi sui distretti industriali
specifiche del ciclo. Si può verificare anche una sorta di rapporto di
collaborazione per la realizzazione del design.
La massima espansione del distretto si ha tra gli anni Settanta e Novanta, con
una forte crescita del numero di imprese e di addetti occupati. Nel corso degli
anni settanta il processo di esternalizzazione si consolida con la comparsa di
nuove figure a fianco dell’azienda che commercializza il prodotto finito. Molti
marchi stranieri iniziano ad interessarsi al sistema locale sviluppando reti
produttive, con ricadute positive sul territorio. Da un lato i processi produttivi
rimangono pressoché gli stessi, dall’altro lato si registra una crescente dinamicità
delle imprese nelle fasi di ricerca, progettazione e marketing.
Agli inizi degli anni novanta il distretto attraversa una fase di crisi che investe
alcune realtà aziendali e viene avvertita la necessità di snellire le strutture
organizzative anche per la crescente globalizzazione dei mercati. Si delineano
strutture a rete che consentono di gestire meglio le diverse fasi del ciclo
produttivo. Le aziende puntano al costante potenziamento del valore aggiunto dei
prodotti; fattori di competitività per la pelletteria di lusso sono sempre più
rappresentati dal marchio, dalla qualità e design di prodotto, dall’organizzazione
interna e dallo sviluppo di reti di fornitura, logistica e controllo della rete
distributiva (Batazzi, Bortolotti, Simoni, 2005).
Le evoluzioni degli ultimi anni possono essere ricondotte al consolidamento di
vari attori leader e alla gerarchizzazione del sistema produttivo locale (§ 1.5). Si
sta delineando però una nuova fase di “controllo diretto della produzione esterna
o ricorso selettivo all’esterno” da parte delle imprese leader distrettuali. Alcune di
esse per far fronte alla crescente complessità del mercato iniziano a “presidiare
direttamente alcune attività (prima svolte ricorrendo a licenze esterne o a rapporti
di subfornitura tradizionali) attraverso l’acquisto di unità produttive esterne (per
esempio l’acquisizione di calzaturifici da parte di Gucci e Prada o l’acquisizione di
alcune pelletterie da parte di note griffe italiane o straniere) o impostando
politiche di fornitura più selettive, nelle quali si sviluppano rapporti collaborativi e
di interazione reciproca solo con alcuni fornitori. In quest’ultimo caso, il ricorso
all’esterno non significa necessariamente ‘ricorso al sistema locale’, in quanto per
molti servizi ritenuti critici e per particolari produzioni ci si rivolge sempre più a
un’offerta nazionale o internazionale” (Irpet, 2004).
1.3 Il distretto secondo i dati di Censimento e della Camera di
commercio
1.3.1 La struttura produttiva e dimensionale
L’analisi delle dimensioni del polo fiorentino della pelle prende in esame i dati
relativi al codice Ateco 19, preparazione e concia del cuoio, fabbricazioni di
articoli da viaggio, borse, marocchineria, selleria e calzature. L’analisi considera il
distretto nel suo complesso e i due sistemi produttivi locali che ne fanno parte (il
S.E.L. 9.2 Area Fiorentina – Quadrante Val di Sieve e il S.E.L. 9.3 Area
Fiorentina – Quadrante Centrale), specializzati nelle lavorazioni della pelle, del
cuoio e nella produzione di calzature.
Complessivamente (Tab. 1.1), il distretto fiorentino al 2001 comprende 2.266
unità locali, per 11.008 addetti e una dimensione media per unità locale di 4,9
addetti. Il polo fiorentino assorbe il 32% delle unità locali toscane appartenenti al
settore in esame, raccogliendo il 21,5% degli addetti del settore sempre a livello
regionale. Sui dati nazionali, il polo pesa per il 9,4% in termini di unità locali e per
8
Il polo fiorentino della pelle
il 5,3% in termini di addetti. Analizzando i dati Istat per S.E.L., si nota come il
Quadrante Centrale (area di Scandicci) costituisca l’89,4% (2.026) dell’insieme
delle unità locali del distretto, raccogliendo l’83,3% (9.175) degli addetti del polo.
Analizzando il peso percentuale sia in termini di unità locali sia di addetti per le
due aree del polo, si evidenzia come a differenziare particolarmente i due
Quadranti sia la dimensione media di impresa: il Quadrante Centrale presenta
una media di 4,5 addetti per unità locale contro i 7,6 del Quadrante Val di Sieve.
La dimensione media del distretto (4,9 addetti per unità locale) risulta essere in
linea con la media del Quadrante Centrale, visto il peso percentuale elevato di
tale S.E.L.. La dimensione media nella Regione e in Italia è più elevata e pari
rispettivamente a 7,2 e 8,52 addetti per unità locale.
Tab. 1.1 – POLO FIORENTINO DELLA PELLE: unità locali, addetti e dimensioni medie (a)
Area
1991
Unita' Locali
1996
2001
VALORI ASSOLUTI
Addetti
1991
1996
2001
Dimensioni Medie
1991
1996
2001
S.E.L. 9.2 Area Fiorentina –
Quadrante Val di Sieve
Dicomano
Londa
Pelago
Pontassieve
Rufina
San Godenzo
18
8
66
114
54
5
22
11
58
99
57
4
19
11
51
100
53
6
102
32
313
789
300
11
192
50
292
846
370
18
192
76
251
877
420
17
5,67
4,00
4,74
6,92
5,56
2,20
8,73
4,55
5,03
8,55
6,49
4,50
10,11
6,91
4,92
8,77
7,92
2,83
Subtotale area
265
251
240
1.547
1.768
1.833
5,84
7,04
7,64
S.E.L. 9.3 Area Fiorentina –
Quadrante Centrale
Bagno a Ripoli
Calenzano
Campi Bisenzio
Fiesole
Firenze
Lastra a Signa
Scandicci
Sesto Fiorentino
Signa
72
39
200
14
628
141
266
67
87
77
41
115
14
636
111
284
162
76
58
38
128
9
735
106
308
574
70
654
464
553
40
2.978
893
2.153
595
505
764
275
367
51
2.792
1.010
2.879
1.132
420
641
215
329
33
2.299
800
2.964
1.670
224
9,08
11,90
2,77
2,86
4,74
6,33
8,09
8,88
5,80
9,92
6,71
3,19
3,64
4,39
9,10
10,14
6,99
5,53
11,05
5,66
2,57
3,67
3,13
7,55
9,62
2,91
3,20
1.514
1.516
2.026
8.835
9.690
9.175
5,84
6,39
4,53
Totale aree
% quadrante Val di Sieve / totale aree
% quadrante Centrale / totale aree
% totale aree / Toscana
% totale aree / Italia
1.779
14,9%
85,1%
24,7%
6,5%
1.767
14,2%
85,8%
26,0%
6,9%
2.266
10,6%
89,4%
32,0%
9,4%
10.382
14,9%
85,1%
19,8%
4,3%
11.458
15,4%
84,6%
21,0%
5,0%
11.008
16,7%
83,3%
21,5%
5,3%
5,84
6,48
4,86
Toscana
% Italia
7.195
26,1%
6.798
26,7%
7.087
29,3%
52.442
21,5%
54.640
23,7%
51.318
24,9%
7,29
8,04
7,24
Italia
27.570
25.451
24.195
243.542
230.543
206.035
8,83
9,06
8,52
91/'01
VALORI %
Addetti
91/'96
96/'01
91/'01
Dimensioni Medie
91/'96
96/'01
91/'01
Subtotale area
Area
S.E.L. 9.2 Area Fiorentina –
Quadrante Val di Sieve
S.E.L. 9.3 Area Fiorentina –
Quadrante Centrale
Unita' Locali
91/'96
96/'01
-5,3%
-4,4%
-9,4%
14,3%
3,7%
18,5%
20,7%
8,4%
30,8%
0,1%
33,6%
33,8%
9,7%
-5,3%
3,8%
9,5%
-29,1%
-22,4%
Totale aree
-0,7%
28,2%
27,4%
10,4%
-3,9%
6,0%
11,1%
-25,1%
-16,8%
Toscana
-5,5%
4,3%
-1,5%
4,2%
-6,1%
-2,1%
10,3%
-9,9%
-0,7%
Italia
-7,7%
-4,9%
-12,2%
-5,3%
-10,6%
-15,4%
2,5%
-6,0%
-3,6%
(a) I dati fanno riferimento al codice Ateco 19. ovvero alla preparazione e concia del cuoio, fabbricazioni di articoli da
viaggio, borse, marocchineria, selleria e calzature.
Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati Censimenti Istat 1991, 1996 e 2001
9
Studi sui distretti industriali
Relativamente all’evoluzione del distretto, il trend vissuto dal polo fiorentino
presenta valori antitetici rispetto all’andamento del settore sia a livello regionale
sia nazionale. Analizzando le variazioni nel decennio 1991–2001 relative alla
numerosità di unità locali, il settore a livello regionale e nazionale vede un
ridimensionamento rispettivamente del 1,5% e del 12,2%, mentre il polo fiorentino
segna un +27,4%, concentrando tale crescita nella seconda metà del decennio
esaminato. Analoghe considerazioni possono essere fatte relativamente
all’andamento del numero di addetti: il distretto fiorentino presenta una variazione
positiva del 6% contro un ridimensionamento del 2,1% per il settore regionale e
del 15,4% nazionale. In questo caso, la crescita del numero di addetti si
concentra nella prima metà del decennio, segnando un +10,4%, ridimensionato
nella seconda metà da un –3,9%.
Scomponendo l’analisi dei trend distrettuali nel decennio ’91 – ’01 per area locale,
il Quadrante Val di Sieve segna un calo del 9,4% relativamente al numero di unità
locali e al contrario un +18,5% per il numero di addetti, segno di una
ristrutturazione dell’area che si è anche tradotta in una crescita delle dimensioni
medie; il Quadrante Centrale vede invece un aumento sia del numero di unità
locali sia degli addetti, nonostante la variazione del +33,8% per le prime sia molto
superiore al +3,8% per gli addetti. Le diverse dinamiche registrate per le due aree
locali portano a cambiamenti diversi nelle dimensioni medie che crescono nel
Quadrante Val di Sieve e scendono nel Quadrante Centrale.
Analizzando la distribuzione di unità locali e addetti per classi di addetti (Tab.
1.2) emerge come la maggioranza delle unità locali si concentri nelle classi
inferiori ai 15 addetti; una quota significativa è inoltre costituita da micro-imprese,
con meno di 10 addetti; tra il 1991 e il 2001 è, inoltre, possibile notare una
crescita elevata del numero delle unità locali unipersonali e con solo due addetti.
Nel complesso, quindi, hanno un peso elevato le imprese di piccole dimensioni
(meno di 50 addetti), che nel 2001 rappresentano il 99,4% dell’intera popolazione
di imprese del polo (Tab. 1.3); in esse viene occupato l’84,2% degli addetti del
distretto. Esistono 11 unità locali di medie dimensioni (pari allo 0,49% del totale),
dove trova impiego l’8% degli occupati del distretto. Nel tempo le unità locali di
grandi dimensioni (con almeno 250 addetti) sono passate da 1 a 2, assorbendo
una quota di occupati contenuta ma crescente (dal 3,5% del 1991 al 7,7% del
2001).
Tab. 1.2 - POLO FIORENTINO DELLA PELLE – unità locali e addetti per dimensioni aziendali
Classe Addetti
0
1
2
3--5
6--9
10--15
16--19
20--49
50--99
100--199
200--249
250--499
Unita' Locali
1991
1996
412
458
394
274
454
437
244
271
158
183
46
56
60
75
7
10
3
1
1
2
2001
837
543
396
212
163
43
59
9
2
2
VALORI ASSOLUTI
Addetti
1991
1996
2001
412
458
837
788
548
1.086
1.716
1.687
1.468
1.761
1.954
1.525
1.892
2.209
1.910
796
982
738
1.697
2.123
1.708
461
657
606
500
160
278
359
680
852
Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati Censimenti Istat 1991, 1996 e 2001
10
Dimensioni Medie
1991
1996
2001
1,00
1,00
1,00
2,00
2,00
2,00
3,78
3,86
3,71
7,22
7,21
7,19
11,97
12,07
11,72
17,30
17,54
17,16
28,28
28,31
28,95
65,86
65,70
67,33
166,67
160,00
139,00
359,00
340,00
426,00
Il polo fiorentino della pelle
Tab. 1.3 – POLO FIORENTINO DELLA PELLE: unità locali e
addetti per classi dimensionali
VALORI ASSOLUTI
Classe Addetti
0-49
50-249
250 e più
Unita' Locali
1991
1996
1.768
1.754
10
11
1
2
Addetti
1996
9.961
817
680
2001
9.272
884
852
Classe Addetti
0-49
50-249
250 e più
Unita' Locali
1991
1996
99,38%
99,26%
0,56%
0,62%
0,06%
0,11%
1991
87,29%
9,26%
3,46%
Addetti
1996
86,93%
7,13%
5,93%
2001
84,23%
8,03%
7,74%
VARIAZIONI %
Unita' Locali
91/'96
96/'01
91/'01
91/'96
-0,79%
28,45%
27,43%
9,92%
10,00%
0,00%
10,00%
-14,98%
100,00%
0,00%
100,00%
89,42%
Addetti
96/'01
-6,92%
8,20%
25,29%
91/'01
2,32%
-8,01%
137,33%
2001
2.253
11
2
1991
9.062
961
359
COMPOSIZIONE %
Classe Addetti
0-49
50-249
250 e più
2001
99,43%
0,49%
0,09%
Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati Censimenti Istat 1991, 1996 e 2001
1.3.2 La rilevanza del Polo fiorentino della pelle
Sempre i dati di Censimento consentono di capire la rilevanza assunta in ambito
italiano dal Polo fiorentino della pelle nelle produzioni in cui è specializzato. A
questo proposito la Tabella 1.4 mostra chiaramente come il distretto rivesta
un’importanza primaria nella pelletteria (classificata con il codice Ateco 192).
Tab. 1.4 – I numeri del Polo fiorentino della pelle, 2001
A. Unità locali
Polo fiorentino della pelle
classi di addetti
0-49
50-249
almeno 250
Provincia di Firenze
Totale
0-49
50-249
almeno 250
Italia
Totale
0-49
50-249
almeno 250
Totale
191
17
0
0
17
167
3
0
170
2.746
89
3
192
2.094
7
1
2.102
2.518
10
1
2.529
7.350
40
3
7.393
193
142
4
1
147
632
13
1
646
13.576
365
23
13.964
2.253
11
2
2.266
3.317
26
2
3.345
23.672
494
29
24.195
Totale
0-49
Totale
0-49
50-249
7.866
961
Totale
2.838
B. Addetti
Polo fiorentino della pelle
classi di addetti
0-49
50-249
almeno 250
Provincia di Firenze
50-249
almeno 250
Italia
almeno 250
Totale
191
40
0
0
40
1.124
171
0
1.295
22.886
31.713
192
8.147
569
404
9.120
10.400
917
404
11.721
31.343
3.626
1.465
36.434
193
1.085
315
448
1.848
5.650
939
448
7.037
98.198
30.103
9.587
137.888
Totale
9.272
884
852
11.008
17.174
2.027
852
20.053
152.427
41.595
12.013
206.035
C. Composizione % e rilevanza del Polo fiorentino in termini di addetti
Composizione % degli addetti del distretto
0-49
191
0,4%
0,0%
0,0%
0,4%
3,6%
0,0%
192
74,0%
5,2%
3,7%
82,8%
78,3%
62,1%
193
Totale
50-249
Addetti distretto in % addetti prov. di Firenze
classi di addetti
almeno 250
Totale
0-49
50-249
almeno 250
Addetti distretto in % addetti italiani
Totale
0-49
50-249
-
3,1%
0,2%
0,0%
almeno 250
0,0%
Totale
0,1%
100,0%
77,8%
26,0%
15,7%
27,6%
25,0%
9,9%
2,9%
4,1%
16,8%
19,2%
33,5%
100,0%
26,3%
1,1%
1,0%
4,7%
1,3%
84,2%
8,0%
7,7%
100,0%
54,0%
43,6%
100,0%
54,9%
6,1%
2,1%
7,1%
5,3%
Note: 191: concia; 192: pelletteria; 193: calzature.
Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati Censimento 2001
11
Studi sui distretti industriali
Questo comparto, infatti, assorbe l’83% degli occupati del Polo; solo lo 0,4% degli
addetti trova impiego nella concia, mentre il 16,8% lavora nel comparto
calzaturiero.
L’importanza della pelletteria è confermata dal fatto che un quarto degli addetti
italiani del comparto trova impiego nel Polo. Poco rilevanti, anche in ambito
nazionale, sono, invece, le altre attività della filiera della pelle (concia e
calzature).
1.3.3 Le imprese attive tra il 2001 e il 2007
I dati relativi all’evoluzione del numero di imprese attive nella pelletteria nella
provincia di Firenze forniscono indicazioni circa la trasformazione della struttura
dimensionale delle imprese del Polo fiorentino, consentendo di aggiornare,
seppure parzialmente, i dati di censimento. Dalla Figura 1.1 è evidente come tra il
2002 e il 2007 si sia assistito ad un calo significativo nel numero di imprese
individuali e di società di persone, che è stato accompagnato da graduale
aumento nel numero di società di capitale. Si è, dunque, innalzato il ruolo delle
aziende più strutturate, anche se gran parte degli attori distrettuali continua ad
essere di dimensioni aziendali contenute.
a
Fig. 1.1 – Imprese attive nella pelletteria
nella provincia di Firenze
800
2.300
Società di capitale
700
Società di persone
2.200
600
Imprese individuali (s.d.)
2.100
500
2.000
400
1.900
300
1.800
200
1.700
100
2000
a
2001
2002
2003
2004
2005
2006
1.600
2007
Ateco 19.2. Fonte: Stock View, Camera di commercio di Firenze
1.3.4 La struttura per “età” del tessuto produttivo
Analizzando la struttura per età delle imprese si rileva un’età piuttosto giovane
delle imprese, con una bassa percentuale di aziende sorte nel periodo anteriore
agli anni ’70 (circa il 10%) e una parte consistente di aziende, sia nella pelletteria
che nel calzaturiero, fondate negli anni ‘80 e ‘90 (circa il 30% per entrambi i
decenni). Dopo il 1996, anno di punta nella creazione di imprese, poche imprese
nascono nell’area ed è irrisoria la quota di aziende fondate nei primi anni del
2000 1. E’ probabile che l’avvio di nuove attività imprenditoriali negli anni ’80 e ’90
sia connesso alle scelte strategiche delle grandi imprese della moda localizzate
sul territorio oppure insediatesi successivamente: infatti a partire dalla fine degli
anni ‘80, a causa dell’inasprimento della concorrenza sui mercati internazionali
1
Batazzi, Bortolotti, Simoni (2005) su dati Irpet.
12
Il polo fiorentino della pelle
comincia a delinearsi la tendenza, da parte delle imprese leader, ad
esternalizzare parte o tutto il ciclo produttivo creando una rete di rapporti di
fornitura e subfornitura con altre imprese specializzate in particolari fasi del
processo produttivo.
1.4 I prodotti e l’organizzazione della filiera distrettuale
Il prodotto del distretto è rappresentato da articoli in pelletteria quali borse (33%
della produzione), portafogli (15,3%), cinture (2,4%) ed altri accessori, ma anche
calzature ed altri articoli in pelle (valigie, sacche da viaggio, borsoni, borse da
lavoro), collocabili nella fascia prezzo/qualità alta (fino al segmento del lusso) o
medio-alta (Batazzi, Bortolotti, Simoni, 2005). La rilevanza del polo la si evince
analizzando la composizione percentuale degli addetti nella pelletteria italiana: l’area
distrettuale fiorentina, come si è visto, occupa il 25% degli addetti del comparto a
livello nazionale (Tab. 1.4). Caratteristica fondamentale del prodotto distrettuale è la
componente di artigianalità manifatturiera.
Per quanto riguarda il ciclo produttivo, possono essere identificate una serie di fasi
che portano alla realizzazione del prodotto finito (Tab. 1.5). La prima fase rappresenta
lo sviluppo del prodotto, attraverso lo studio del design e la sua progettazione; in
questa fase solo le imprese leader e una parte delle piccole imprese in conto proprio
utilizzano le postazioni CAD. Il sistema CAD consente di ridurre i costi ed i tempi di
progettazione. Si procede, in alcuni casi, alla realizzazione del modello in cartone,
oppure si invia il modello via mail ai fustellifici, per la realizzazione delle fustelle.
Successivamente si passa alla creazione dei campioni e all’apporto di eventuali
modifiche e, infine, alla predisposizione della produzione: inizialmente si procede al
taglio dei pellami. Tale fase, che nella maggior parte dei casi è realizzata
internamente, assume una rilevanza strategica per alcune aziende del distretto;
alcune si avvalgono di attrezzature tradizionali a controllo manuale, come trance a
colonna (il più diffuso tra le aziende del distretto), a bandiera (generalmente per
nappa o vitello), con pressa, con rotativa, con lama verticale, a ponte o manuali. Sia la
trancia a ponte che quella a bandiera richiedono l’applicazione delle fustelle e l’utilizzo
del macchinario per il taglio e una piastra per la pressione sulle fustelle. Altre
effettuano il taglio manuale, salvo l’impiego di fustelle, soprattutto per il pellame
pregiato o per la realizzazione dei campioni. Il sistema di taglio laser, invece, non è
diffuso all’interno del distretto, anche se, alcune aziende lo utilizzano per le fasi iniziali
di prototipizzazione e campionatura. Tale tecnologia consiste in un movimento di una
sorgente laser su perimetri delineati dai sistemi CAD. Le aziende più innovative
utilizzano il taglio a getto d’acqua; il tessuto viene tagliato da un getto d’acqua lanciato
ad una velocità più veloce del suono. Questo meccanismo consente di velocizzare la
fase e di aumentare la precisione nel taglio. Vengono preparati, nel frattempo, anche i
componenti, attraverso la spaccatura, scarnitura, timbratura, pressatura, verniciatura,
tingitura e molatura. Questa fase viene eseguita con l’ausilio di macchinari tradizionali,
anche se vengono usate, soprattutto da parte delle aziende leader, le scarnitici
elettroniche e le presse automatiche. La fase di assemblaggio e montaggio dei
componenti prevede l’incollaggio attraverso il posizionamento del pellame sui vassoi,
il trasporto a mano dei vassoi fino alla macchina, l’incollaggio dei pezzi e infine il
trasporto di questi sul banco da lavoro per l’accoppiatura. Per la fase di incollaggio in
alcune aziende viene dedicata un’isola di lavoro che utilizza la tecnologia a spruzzo,
basata sul sistema di controllo numerico; ciò ha consentito l’eliminazione dei mastici a
rullo e, quindi, la velocizzazione di fase. Si utilizzano, inoltre, colle ad acqua che
consentono di ottenere un ottimo livello di precisione e un minore impatto ambientale.
13
Studi sui distretti industriali
Si realizza poi, la pressatura, la cucitura, l’applicazione degli accessori, la
rovesciatura, la tingitura del lattice e la pulitura. Le aziende che hanno parzialmente
mantenuto questa fase al proprio interno hanno introdotto, accanto alle cucitrici
tradizionali, le macchine da cucire a colonna, a braccio ed elettroniche che
permettono di realizzare i particolari specifici del prodotto come il ricamo del logo o
altri decori. Si passa poi alla fase di rifinizione del prodotto, attraverso la timbratura,
molatura applicazione del lattice, ricottura della vernice e pulitura. Viene
successivamente eseguito il controllo, realizzato sia internamente all’azienda che dal
committente, per finire con il confezionamento e l’imballaggio del prodotto.
Tab. 1.5 - Schema relativo alle fasi del ciclo produttivo della pelletteria decentrate
DESIGN,
Postazioni CAD presenti in: Gucci, Il Ponte,
BMB, Pibra, SAPAF, Lo Sperone
PROGETTAZIONE
MODELLO IN CARTONE
(Eventuale)
Invio del modello tramite e-mail ai fustellifici,
senza la necessità di realizzarlo in cartone
SVILUPPO FUSTELLE
CAMPIONATURA
TAGLIO
(manuale, con fustella, a colonna, a bandiera, con
pressa, con rotativa, lama verticale, con laser……)
PREPARAZIONE COMPONENTI
(spaccatura, scarnitura, timbratura, pressatura,
verniciatura, molatura, …..)
ASSEMBLAGGIO/MONTAGGIO COMPONENTI
(incollaggio, pressatura, cucitura, applicazione
accessori, rovesciatura, tingitura, applicazione lattice,
molatura, pulitura, …)
RIFINIZIONE
(timbratura, molatura, tingitura, applicazione lattice,
ricottura vernice, pulitura, ….)
CONTROLLO
ISPEZIONE
CONFEZIONAMENTO
IMBALLAGGIO
PRODOTTO
FINITO
Fonte: Batazzi, Bortolotti, Simoni (2005).
14
In prevalenza tradizionale con trance a colonna, a
bandiera o a ponte. Manuale con la sola fustella:
Vergnani,BMB per pellami pregiati, Arte della Pelle,
Nieri Argenti, SAPAF e Stadium (solo per realizzare i
campioni).
Sistemi di taglio laser: BMB (solo per i campioni), Il
Ponte (al fine di un controllo diretto)
Impiego di macchinario sostanzialmente di livello
tradizionale. Si segnala l’utilizzo di scarnitrici
elettroniche e presse automatiche: BMB, Gucci,
SAPAF, Arte della Pelle.
Per l’operazione di cucitura, ricorso a macchine da
cucire elettroniche da parte della maggior parte delle
imprese escluso Stadium, Vergnani e Pibra.
Per gli incollaggi impiego di un sistema di
automazione a CNC da parte di SAPAF.
Macchine pneumatiche per la timbratura (fornitori
partner di Gucci). Forni per l’essiccazione rapida:
Gucci e fornitori partner
Il polo fiorentino della pelle
1.5 L’articolazione strategica e gli attori distrettuali
Nel sistema locale operano imprese leader di grandi dimensioni (Gucci,
Ferragamo, Prada, Fendi, etc.) presenti sui mercati finali con prodotti conosciuti
in tutto il mondo, grazie alla qualità, design e attenzione ai dettagli, ed altre
imprese, sempre finali, con marchi meno conosciuti e dalle dimensioni minori. È
poi presente una fitta rete di piccole e medie imprese artigiane, collocate nelle
diverse fasi produttive, spesso fornitrici delle imprese finali.
Tab. 1.6 – Le maggiori imprese del distretto, 2006
Dipendenti
Fatturato (mln €)
Gruppi
GUCCI LOGISTICA SPA
484
413,2
GUCCI
SALVATORE FERRAGAMO ITALIA SPA
684
348,4
FERRAGAMO
LUXURY GOODS ITALIA SPA
455
185,1
GUCCI
GUCCIO GUCCI SPA
536
90,4
GUCCI
IL PONTE PELLETTERIA SPA
46
45,1
BRACCIALINI SRL
138
40,9
CELINE PRODUCTION SRL
n.d.
40,2
LVMH
PIGINI SRL
112
27,7
GUCCI
TIGER FLEX SRL
134
26,6
GUCCI
CHRISTIAN DIOR
MARIELLA BURANI
MARDI SPA
61
23,1
NANNINI SPA
55
17,1
DADOROSA SRL
26
16,8
MARIELLA BURANI
ZEFER SPA
10
16,6
ZEGNA e FERRAGAMO
A.B. FLORENCE SRL
45
14,9
PAOLETTI SRL
54
14,4
B.M.B. SRL
n.d.
14,2
WINGS SRL
89
14,0
TACCETTI SRL
62
11,0
IL BISONTE INDUSTRIALE SRL
40
9,2
GORDON SRL
34
8,8
REGAIN 1957 SRL
62
8,6
GUCCI
GUCCI
Nota: si veda il riquadro sul gruppo Gucci (par. 1.5.1) per la descrizione dell’attività
svolta dalle diverse imprese del gruppo.
Fonte: elab. Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali
Accanto a queste lavorano infine fornitori specializzati di componenti ed
accessori (cinghie, cerniere, etc.) e rivenditori di macchinari per la pelletteria,
che offrono anche servizi di assistenza. Sono presenti anche aziende che offrono
servizi di consulenza per lo stile e l’organizzazione degli stabilimenti nei settori
della pelletteria e calzaturiero.
15
Studi sui distretti industriali
Colzi srl: fornitura di macchinari per il settore della pelletteria e assistenza
L’azienda nasce a Scandicci nel 1941 specializzandosi nella vendita ed assistenza di
macchinari per la pelletteria. In particolare vengono commercializzati macchinari per la
produzione di borse, cinture e piccola pelletteria. La prossimità spaziale con le aziende
appartenenti al comparto della pelletteria ha permesso a Colzi di seguire le evoluzioni del
settore e di adeguarsi alle esigenze produttive di queste ultime, sia in termini di crescita
quantitativa, sia in termini di rinnovamento tecnologico delle macchine da taglio, cucitura e
montaggio. Negli anni l’azienda è divenuta punto di riferimento per i grandi stilisti fiorentini,
annoverando fra i propri clienti griffe della borsetteria e della piccola pelletteria.
Attualmente l’azienda si occupa di:
•
Commercializzazione di macchinari, quali trance per il taglio delle pelli, macchine da
cucire classiche o a colonna, per la lavorazione dei bordi e la ripiegatura, per la
scartatura e la lucidatura, per il taglio e il rifilo, per la scarnitura, per l’incollaggio,
presse e placcatrici, coloratrici, timbratrici, spaccatrici e forni. Accanto a questi
distribuisce anche ricambi, accessori, collanti e colori.
•
Consulenza pre-vendita e assistenza tecnica post vendita.
•
Assistenza meccanica ed elettronica.
Il portafoglio prodotti della Colzi comprende un’ampia gamma di marchi tra cui Atom, Bibo,
Bimac, Camoga, Durkopp Adler AG, Fenice, Fortuna Spezialmaschinen GmbH, Intercom,
Juki, Omac, Comelz, Sm, Galli e OverMec.
La Colzi dispone al proprio interno di un’officina dove si effettuano riparazioni e che offre
anche una serie di servizi quali: rettifica piani, pulizia di macchinari, revisioni generali,
creazioni pezzi a misura, stecche e cerniere in genere.
Nell’ambito delle imprese finali esistono sia grandi griffe che agiscono come
global player nel sistema moda, che piccole e medie imprese locali con marchio
conosciuto. Queste ultime si caratterizzano per una vocazione spiccatamente
artigianale, detengono un know how indispensabile per le imprese del comparto,
una forte propensione agli investimenti (anche per far fronte all’esigenze dei
propri committenti) e all’aggregazione in strutture consortili. Operano in conto
proprio, o più frequentemente, in un sistema misto a marchio proprio e conto
terzi. Ad esempio la Nieri Argenti Sas di Scandicci produce borse da donna,
cartelle ed articoli di piccola pelletteria a marchio proprio, così come la Pelletteria
Il Ponte Spa di Scandicci che produce borse e cartelle con il marchio “The
Bridge”; aziende come BMB srl di Scandicci, la Pibra Sas di Firenze e la Sapaf
Snc di Scandicci producono invece sia in conto proprio che in conto terzi.
Sapaf snc: produzione per conto terzi, anche con marchio proprio
L’azienda nasce a Firenze nel 1954 ad opera di Silvano Calistri e della moglie Valdivia per
la produzione di borse e accessori in pelle di alta qualità. Successivamente sposteranno la
loro sede a Scandicci dove tuttora l’azienda ha la propria sede amministrativa e produttiva.
Negli anni ’50 e ’60 la produzione inizia con la realizzazione di prodotti unici e in serie
limitate, in particolare borse da sera impreziosite da ricami pregiati e decori in oro.
La filosofia aziendale si basa sui criteri dell’unicità e dell’eccellenza qualitativa delle
collezioni proposte che spaziano dalla pelletteria femminile, 'core business' dell'azienda,
ad una selezionata linea da uomo, quali articoli da viaggio e da lavoro, comprendendo
anche piccola pelletteria e accessori.
Negli anni ’70 e ’80 l’azienda comincia a rivolgere l’attenzione ai mercati internazionali, in
particolare Stati Uniti e Giappone, dove alcune prestigiose catene di negozi iniziano ad
16
Il polo fiorentino della pelle
esporre il prodotto Sapaf (tra cui Bloomingdales a New York).
A partire dagli anni ’90, per far fronte alla crisi congiunturale del settore, l’azienda decide di
produrre su commissione per grandi marchi. Questa scelta strategica ha avuto in seguito
ricadute positive per l’azienda in termini di rafforzamento del know how tecnico e di
acquisizione di nuove competenze organizzative.
Attualmente l’azienda lavora su commissione per rinomate griffe internazionali, produce
piccole collezioni per Private Labels e realizza una propria linea a marchio “Sapaf 1954”.
Accanto ai membri della famiglia nell’azienda opera anche un team di esperti professionisti
costituito da operai specializzati, modellisti, designer e consulenti. L’azienda fin dagli inizi
del 2000 ha provveduto a informatizzare il processo produttivo, avvalendosi della
tecnologia CAD/CAM per il reparto modelleria e dotandosi di un centro di taglio totalmente
automatizzato. Ha inaugurato di recente anche un servizio di personalizzazione del
prodotto su specifiche richieste del cliente.
Sapaf fin dagli esordi ha puntato sull'alta qualità dei materiali, la cura nei dettagli, i decori
preziosi e soprattutto la lavorazione che è stata certificata come esclusivamente made in
Italy.
L’azienda, che ha ottenuto nel 2004 la certificazione di qualità ISO 9001, è stata una delle
prime imprese a conseguire la certificazione per la responsabilità sociale SA 8000 (2003).
Attualmente l’azienda è gestita dalla seconda e terza generazione con Andrea Calistri
(entrato nell’azienda nel 1976). Proprio per iniziativa di Andrea Calistri ha preso avvio una
nuova strategia commerciale che ha coinvolto una decina di aziende toscane del settore e
ha condotto alla fondazione, nel 1997, del Consorzio Centopercento Italiano. Il
Consorzio è nato con lo scopo di sostenere e promuovere nel mondo il prodotto
interamente italiano certificandone l’origine e la qualità tramite un sigillo di garanzia
olografico apposto all’interno dei manufatti. Attualmente fanno parte del Consorzio una
sessantina di aziende del settore e figurano in qualità di soci sostenitori Carismi e il
comune di Pontassieve.
La Sapaf comunica la propria offerta partecipando alle principali manifestazioni fieristiche e
ad eventi espositivi di livello internazionale organizzati dal Consorzio Centopercento
Italiano (Mosca, New York, Londra) e attraverso l’esposizione presso lo showroom
aziendale che ha sede a Scandicci.
Lo storico marchio fiorentino valica i confini nazionali con le inaugurazioni di due
showroom a Mosca e a New York previste nel corso del 2008. In Russia lo showroom
Sapaf sarà situato nel centro di Mosca,
a due passi dalla Piazza
Rossa.
Contemporaneamente, a seguito di un accordo di rappresentanza con il mercato Usa,
'Sapaf 1954' approda anche a New York dove già dai primi mesi del 2008 l’azienda sarà
impegnata nel lancio della prossima collezione invernale rivolta ad un target americano
mirato e selezionato.
Le piccole imprese che operano esclusivamente (o prevalentemente) in conto
proprio a volte hanno difficoltà nel posizionarsi sui mercati internazionali, a
presidiare le fasi a valle e, di conseguenza, a reagire tempestivamente alle
evoluzioni del mercato.
1.5.1 Le imprese leader
Sono le grandi imprese leader del lusso a guidare i processi di sviluppo del
distretto e che hanno saputo, oltre che sviluppare relazioni importanti con il
contesto locale, gestire reti lunghe a livello internazionale, soprattutto per le fasi a
valle della catena del valore. Attualmente le imprese con un marchio proprio
presidiano le fasi più strategiche sia a monte che a valle (progettazione,
comunicazione e distribuzione), delegando la produzione alle altre imprese nella
17
Studi sui distretti industriali
maggior parte dei casi localizzate nel sistema locale. Queste imprese affiancano
il prodotto tradizionale di pelletteria (borse) a vari accessori in pelle e, in alcuni
casi, estendono la propria offerta in altri comparti del Sistema moda (es. Gucci);
promuovono inoltre l’adozione di nuove tecnologie nelle fasi produttive, il sistema
CAD-CAM per la realizzazione del modelli e sistemi innovativi di taglio come
quello ad acqua e laser.
Gucci Group: leadership internazionale nel Sistema moda
La nascita dell’azienda risale al 1921 quando Guccio Gucci, dopo un’esperienza lavorativa
a Londra, apre a Firenze un negozio ed un laboratorio specializzato nella produzione di
borse, valigie e piccola pelletteria di lusso, di gusto prettamente britannico, affidata alla
maestria degli artigiani toscani. Nel corso degli anni ’30 e ’40 il marchio inizia ad affermarsi
a livello nazionale con una gamma di prodotti che comprende borse, bauli, guanti, scarpe
e cinture e vengono aperte boutique nelle principali città italiane.
Nel 1953 muore il fondatore e le redini dell’azienda passano ai figli Aldo, Vasco, Ugo e
Rodolfo. La società comincia l’espansione internazionale inaugurando negozi prestigiosi a
New York, Londra, Parigi, Palm Beach e Beverly Hills. In questo periodo Gucci diversifica
ulteriormente il brand avviando la produzione di foulard, cravatte di seta e abbigliamento in
pelle caratterizzata sempre da dettagli decorativi tratti dal mondo dell’equitazione e
divenuti poi simboli riconosciuti di Gucci.
Alla fine degli anni ’60 nasce il celebre logo della doppia “G” intrecciata che inizia a fare la
sua comparsa su cinture, borse e accessori; il mocassino da uomo con il dettaglio del
morsetto entra nella collezione permanente dell’Istituto del costume del Metropolitan
Museum of Art di New York.
Negli anni ’70 prosegue l’espansione commerciale internazionale puntando ai mercati
dell’Estremo Oriente con l’apertura di nuovi punti vendita a Hong Kong e Tokyo.
Nell'82 la Gucci si trasforma in società per azioni: la guida passa al figlio di Rodolfo,
Maurizio, che detiene il 50% delle azioni aziendali. Nell'89 la finanziaria araba Investcorp
acquista il 50% delle azioni di proprietà di Aldo e dei suoi discendenti, mentre Maurizio
mantiene il restante 50% e la presidenza dell'azienda fino al 1993, anno in cui cede a
Investcorp tutto il suo pacchetto azionario. La società opera una riorganizzazione della
struttura manageriale e avvia una svolta radicale nel business e nel prodotto. A gestire il
rilancio della griffe sono Domenico De Sole e Tom Ford. Il primo, già responsabile di Gucci
America dall'84, viene nominato nel 1995 presidente e CEO del gruppo. Tom Ford, stilista
di origine statunitense, nel 1994 viene nominato direttore creativo dell'intera produzione,
ridisegna l'identità della griffe e, grazie a un rivoluzionario mix di tradizione e innovazione,
Gucci ritrova la sua notorietà internazionale. Il brand si conferma così leader nel settore
della pelletteria, puntando anche sulle collezioni di abbigliamento uomo-donna.
Un passaggio decisivo è quello della quotazione nel 1995, con il collocamento dell'intero
capitale azionario sulle piazze finanziarie di New York e Amsterdam (Gucci Group NV).
Nel 1999 LVMH acquista il 34% delle azioni del gruppo e nel marzo dello stesso anno
Gucci pone in essere un’alleanza strategica con Pinaut-Pringtemps-Redoute (PPR),
azienda leader nel retail e nel mercato dei beni di lusso, per la creazione di un polo
multimarca nell'industria mondiale del lusso. In questi anni Gucci, sull’onda della crescita
economica internazionale e del boom del lusso, avvia una campagna acquisti di griffe
rinomate, diventando un’azienda multi-brand e spaziando, quindi, dalla pelletteria
all’abbigliamento, dalla gioielleria alla profumeria e ai cosmetici.
Dal 2004 il Gruppo PPR assume il controllo di Gucci Group NV. De Sole e Ford lasciano la
società e Robert Polet viene nominato Presidente e CEO del Gruppo. Attualmente la
direzione creativa è affidata a Frida Giannini, stilista italiana che segna un nuovo percorso
di sviluppo della griffe.
Il Gruppo, composto da società presenti in numerosi segmenti del mercato del lusso,
18
Il polo fiorentino della pelle
presenta un portafoglio prodotti molto variegato: abbigliamento, calzature, borse, cinture,
foulard, cravatte, occhiali, gioielli, orologi, profumi. Al fine di ottimizzare la gestione di una
realtà così complessa è stata adottata una struttura divisionale articolata in sei aree di
prodotto: abbigliamento, calzature, borse e accessori, profumi, orologi, gioielli.
Attualmente operano, nei diversi settori, le seguenti società acquisite a partire dal 1999:
-
Alexander Mc Queen: produce abbigliamento pret à porter uomo/donna, calzature,
borse, occhiali da sole (prodotti e distribuiti dal Gruppo Safilo) e profumi. L’azienda
possiede propri punti vendita a Milano, New York e Londra e una rete di grossisti in
Europa, America e Asia.
-
Balenciaga: azienda fondata da Christobal Balenciaga nel 1918 in Spagna,
commercializza abbigliamento pret à porter per donna e uomo, calzature, profumi e
accessori.
-
Bottega Veneta: azienda italiana specializzata nella realizzazione di abbigliamento
uomo/donna, propone anche articoli da viaggio e complementi d’arredo in pelle,
accessori, gioielleria. Il brand si posiziona nel segmento del super lusso e si
caratterizza per una forte strategia espansiva del retail negli ultimi anni (Giappone e
paesi asiatici, Medio oriente, Stati Uniti, Europa dell’Est).
-
Stella Mc Cartney: società in joint venture con il Gruppo per la realizzazione di
abbigliamento da donna pret à porter, calzature e accessori. Per il 2008 è previsto il
lancio della prima collezione di lingerie in collaborazione con Bendon, tra i leader
mondiali dell’intimo griffato. Di recente ha firmato un accordo di licenza con Luxottica
per la produzione di occhiali da sole.
-
Yves Saint Laurent: produzione di articoli di alta moda, quali abbigliamento uomo e
donna, accessori, calzature, occhiali e prodotti di bellezza.
-
Sergio Rossi: calzature uomo/donna e accessori in pelle.
Inoltre nei settori profumeria orologeria e gioielleria:
-
YSL Beautè: specializzata nella realizzazione di fragranze per Yves Saint Laurent,
Roger&Gallet, Oscar de la Renta, Boucheron e altri brand del gruppo.
-
Gucci Group Watches (Bedat & co, Boucheron, Gucci, Yves Saint Laurent).
-
Boucheron: marchio storico della gioielleria propone anche articoli di profumeria e
orologi.
Fanno parte del Gruppo le società operative per la gestione del marchio (Guccio Gucci
spa), per la produzione (Gucci Logistica spa) e per il controllo della rete distributiva in Italia
(Luxury Goods Italia spa). Il Gruppo controlla anche due concerie, Caravel Pelli Pregiate e
Blutonic, situate nel distretto di Santa Croce sull’Arno e quattro calzaturifici dislocati
nell’area fiorentina: Pigini, Tiger Flex, Paoletti e Regain 1957.
Considerando il mercato di riferimento, il 42,1% del fatturato è realizzato in Europa, il
20% in America del Nord, il 17% in Asia, il 16,3% in Giappone e il restante 4,6% nel resto
dei mercati di sbocco.
Il modello produttivo è fortemente decentralizzato: le fasi di ideazione, design e sviluppo
del prodotto vengono realizzate all’interno dell’azienda per tutti i brand del gruppo: le fasi
successive del ciclo produttivo vengono in parte o del tutto esternalizzate in base ai
prodotti. Per quanto riguarda la filiera della pelletteria (core business dell’azienda) la
produzione è affidata in outsourcing a fornitori localizzati in Toscana nell’area fiorentina,
dove si è costituita, nel tempo, una rete gerarchizzata di subfornitura a vari livelli (fornitori
partners di primo livello che lavorano in esclusiva, fornitori integrati e fornitori di mercato).
Indipendentemente dal tipo di fornitore il committente impone a tutti i metodi di lavoro, le
specifiche dei prodotti e delle lavorazioni.
Con riferimento al sistema di distribuzione, il gruppo propone i suoi prodotti attraverso
un’articolata rete di punti vendita diretti (circa 450 i monomarca in tutto il mondo) ai quali si
affiancano franchisee autorizzati rigidamente selezionati, department store di fascia alta,
19
Studi sui distretti industriali
punti vendita multimarca, negozi duty free. I punti vendita sono situati nelle maggiori città
del mondo (tra cui Londra, New York, Tokyo, Parigi, Hong Kong, Bombay, Singapore,
Dubai, Seul, Taipei, Osaka, Kuwait City, Edimburgh, Istanbul, Bangkok, Atene). Nel 2006 è
stato inaugurato a Tokyo un megastore di 8 piani interamente dedicato ai prodotti Gucci e
recentemente il Gruppo ha aperto il primo monomarca in India a Bombay e uno dei più
grandi flagship store al mondo sulla Fifth Evenue a New York.
Il Gruppo ha investito molte risorse per mantenere e ampliare le posizioni di mercato
razionalizzando il processo logistico: ha costituito, infatti, a partire dal 2003, un polo
logistico in Svizzera, zona considerata nevralgica per la posizione geografica e quindi la
vicinanza ai principali mercati di sbocco aziendali.
Gucci considera il tessuto produttivo locale una risorsa strategica per il proprio modello di
business “decentralizzato”: le elevate competenze artigiane sedimentate nel tempo e il
vantaggio di immagine acquisito a livello internazionale sono i fattori su cui si focalizzano
le strategie competitive del Gruppo.
I leader sono sia di origine endogena al distretto (ad esempio Gucci, Ferragamo,
The Bridge), che provenienti dall’esterno (LVMH, Mariella Burani Fashion Group,
etc.). Nel primo caso le imprese emergono dalla storia del distretto come attori di
spicco, andando ad occupare gradualmente il ruolo di interfaccia tra il sistema
locale ed i mercati di sbocco; nel secondo caso si assiste all’entrata di imprese
già di grandi dimensioni ed operanti su scala transnazionale (CCIAA di Firenze,
2005).
Accanto ad alcune note griffe di origine locale si sono, infatti, successivamente
insediati nell’area altri rinomati marchi della moda, sia attraverso acquisizioni di
medie aziende locali (è il caso del gruppo LVMH con Pucci oppure di Mariella
Burani Fashion Group con Braccialini e Dadorosa/Gherardini), che aprendo propri
impianti di produzione (Tods, D&G), o ricorrendo ad accordi contrattuali con
imprese locali quali fornitori principali delle loro produzioni di pelletteria (come nel
caso di Burberrys o Donna Karan).
Prada, altra nota griffe che opera nel settore delle calzature, degli articoli di
pelletteria e dell’abbigliamento di lusso, beneficia anch’essa delle competenze
artigianali presenti nell’area fiorentina e aretina, dove il gruppo ha insediato
alcune unità produttive e logistiche intorno a cui gravitano importanti commesse
di lavoro.
Braccialini srl: il brand del “lusso accessibile”
L’azienda nasce nel 1954 come laboratorio artigianale di pelletteria ad opera di Roberto e
Carla Braccialini. Nel decennio successivo si impone per il suo originale stile creativo e la
realizzazione delle prime borse in paglia con rifiniture in pelle e ornamenti con fiori e ricami
a colori vivaci; negli anni la creatività della maison sperimenta anche altri materiali pregiati
oltre alla pelle come velluto, broccato, sete etc.. Negli anni ’80 conosce una nuova fase di
espansione non solo in Italia ma anche in Germania, Giappone e Stati Uniti. Dall’ottobre
del 2000 la Braccialini è entrata a far parte di Mariella Burani Fashion Group, un vero e
proprio polo del lusso. Braccialini è controllata direttamente dalla holding Antichi Pellettieri
spa, divisione pelletteria di Mbfg. Nel corso del 2007 Braccialini ha acquisito l’azienda
Dadorosa, con sede a Firenze, che detiene la licenza mondiale per la produzione e
distribuzione di tutte le categorie merceologiche del famoso marchio fiorentino
“Gherardini”. L’acquisizione di Dadorosa per Braccialini risponde all’obiettivo di focalizzarsi
“su segmenti a più alta crescita come borse e accessori e nei mercati emergenti tra cui
l’Estremo Oriente dove il marchio Gheradini è particolarmente apprezzato”.
Molto ampia la gamma dell’offerta di Braccialini che comprende borse, piccola pelletteria,
scarpe, accessori, cinture, bigiotteria e inoltre profumi, occhiali, ombrelli, foulard, collezioni
20
Il polo fiorentino della pelle
intimo e linea mare.
La produzione si articola in marchi propri (Braccialini, Tua by Braccialini e Gherardini) e
in licenza (tra cui Mariella Burani, Vivienne Westwood, Looney Tunes - Warner Bros,
Amazon Life). Borse e accessori vengono studiati all’interno dell’azienda da un team di
designer e modellisti coordinati da Carla Braccialini e dal figlio Massimo, mentre per le
produzioni su licenza la maison si avvale anche degli stilisti delle case licenzianti.
L’azienda persegue una strategia di brand extension che l’ha portata negli ultimi anni a
siglare una serie di accordi di licenza per diversificare il portafoglio prodotti. Tra questi
figurano gli accordi stipulati con la vicentina Facco Corporation per la realizzazione della
linea Braccialini Jewellery, oltre alle licenze per gli ombrelli con Aqueodesign, gli occhiali
con Vecellio, i foulard, il beachwear e l’underwear con l’azienda tessile comasca Frangi e i
profumi con Schiapparelli Pikenz. Inoltre, per potenziare la propria presenza anche nel
settore delle calzature, Braccialini ha recentemente siglato un accordo con Andrea Pfister
(anch’essa di Antichi Pellettieri) per la produzione e distribuzione di calzature a partire
dalla stagione invernale 2008-2009.
Il 65% della produzione è destinato all’export: Europa, Estremo e Medio Oriente sono i
principali mercati di sbocco (“sui mercati esteri è da evidenziare il buon andamento
soprattutto nei paesi dell’area europea in particolare Russia e paesi limitrofi”, Relazione al
bilancio d’esercizio 2006).
Per quanto riguarda la politica distributiva negli ultimi anni Braccialini ha potenziato, in
Italia e all’estero, i canali di vendita diretta con l’apertura di negozi monomarca (sono
attualmente 25 tra cui Milano, Firenze, Treviso, Riccione, Parigi, Tokyo, Shanghai, Dubai e
Mosca) e implementato la rete di punti vendita in franchising. La strategia distributiva della
griffe prevede l’incremento della presenza commerciale nei mercati più promettenti
attraverso l’apertura di altri negozi, sia in gestione diretta che in franchising, in Grecia,
Russia, Turchia, Qatar, Kuwait, Dubai.
Come si è visto, oltre a Braccialini, anche un altro marchio storico della pelletteria
fiorentina, Gherardini, è entrato recentemente nell’orbita di un grande player della moda
(Mariella Burani Fashion Group). La Gherardini, azienda fondata nel 1885, è riuscita ad
affermarsi grazie al carattere innovativo delle sue creazioni unito alla ricercatezza e alla
cura dei dettagli. Fin dagli anni ’50 la griffe si caratterizza per la proposta di articoli di
pelletteria (borse, valigie e portafogli) e anche di una linea di impermeabili, ombrelli,
cravatte e foulard. Nel 2000 l’azienda, acquisita in precedenza da una società giapponese,
torna in mani italiane con Dadorosa che rilancia il marchio e potenzia la rete commerciale.
In Italia Dadorosa gestisce negozi monomarca Gherardini a Milano, Firenze e Roma e
inoltre vanta anche una presenza di rilievo sul mercato giapponese con tre boutique e una
quarantina di corner. Il principale mercato di sbocco della griffe è il Giappone seguito dal
mercato italiano.
Nel distretto è presente anche un altro importante gruppo del lusso d’oltralpe,
Christian Dior che, tramite Christian Dior Italia, detiene una partecipazione del
50% nella Mardi spa, azienda di Scandicci attiva nella produzione e vendita di
articoli di pelletteria. La società risulta fornitrice in esclusiva di Christian Dior
Couture.
Nell’ambito delle piccole e medie imprese locali compare anche la Nannini spa,
nota azienda di pelletteria toscana che si caratterizza per l’adozione di strategie
differenti rispetto al contesto distrettuale. Diversamente da altre aziende del polo
fiorentino, la Nannini non ha mantenuto un forte radicamento con il tessuto
artigiano locale allargando invece la propria rete di fornitura su scala più ampia.
21
Studi sui distretti industriali
Nannini spa: una rete di fornitura extradistrettuale
Fondata a Firenze da Virgilio Nannini nel 1945 e tuttora gestita dalla famiglia Nannini,
l’azienda si è evoluta nel tempo diversificando la gamma dell’offerta e passando da
un’originale produzione artigiana di borse a una più vasta proposta di prodotti quali
accessori, calzature, sciarpe, guanti, orologi e occhiali. All’ampliamento dell’offerta si è
affiancata, a partire dagli anni ’90, una strategia di internazionalizzazione commerciale
oltre che un rafforzamento della presenza diretta sul mercato finale con aperture di store
monomarca (tra cui Milano, Firenze, Roma, Merano, Parigi, Bruxelles, Tokyo), showroom e
corner dedicati in Italia, Europa e paesi asiatici.
Per quanto riguarda il processo produttivo il brand ha scelto di affidare la produzione a
una rete di subfornitura, mantenendo all’interno dell’azienda solo le fasi a maggior
valore aggiunto: analisi dei mercati, progettazione e prototipia, controllo qualità, gestione
della rete distributiva e logistica.
La produzione di articoli di pelletteria è affidata a terzisti localizzati nel napoletano, in
Toscana e in Romania, mentre per la realizzazione delle calzature l’azienda si rivolge a
terzisti localizzati esclusivamente nel Sud Italia. La rete di subfornitura toscana ha
progressivamente perso rilevanza per l’azienda a causa dell’alto costo della manodopera e
del posizionamento di mercato dell’azienda (fascia medio-alta e non di lusso).
Per la fornitura di materie prime l’azienda si avvale di aziende italiane situate in prevalenza
in Toscana e nel Veneto. Attualmente la Nannini, destina il 78% della produzione al
mercato interno, il 17% al mercato europeo e il 5% resto al mercato extra Ue. Il core
business aziendale è rappresentato dalle borse da donna e dalla piccola pelletteria seguito
dalle calzature e dagli accessori.
Nell’area fiorentina il comparto delle calzature è presente con poche aziende di
rilievo che, nella maggior parte dei casi, fanno parte del circuito dei luxury brand.
Appartiene ai gruppi Zegna e Ferragamo l’azienda Zefer di Sesto Fiorentino, la
cui produzione è indirizzata alle società del Gruppo Zegna. Le aziende Pigini srl
e Paoletti srl (Gruppo Gucci) operano rispettivamente in qualità di produttori di
calzature femminili e maschili destinate in prevalenza ai marchi del Gruppo.
1.5.2. La rete di subfornitura locale
Come si evince anche dai dati di censimento (cfr. par. 1.3) nell’area prevalgono
imprese di dimensione medio-piccola, oltre ad una miriade di micro-imprese che
gravitano attorno alle aziende leader e strutturate secondo un’organizzazione
verticale. Il sistema locale negli ultimi anni ha acquisito una struttura piramidale,
sempre più marcatamente gerarchica, con ai vertici le grandi e medie leader del
distretto che si concentrano nelle fasi pre e post-manifatturiere a maggior valore
aggiunto, esternalizzando invece le altre fasi del processo produttivo a piccole
imprese, che costituiscono la rete di subfornitura locale.
La complessità dei rapporti di fornitura locale tra imprese leader e sistemi di Pmi
toscani è stata dettagliatamente analizzata in un’indagine effettuata dall’Irpet 2
che individua cinque tipologie di imprese in base alla loro posizione nella filiera
2
22
Irpet (2004). Lo studio si prefigge di indagare i mutamenti indotti dalla presenza di aziende
leader di settore nel tessuto produttivo di Pmi del sistema moda in Toscana, analizzando, in
particolare, i settori della pelletteria e delle calzature dell’area fiorentina, Val di Sieve e
Valdarno Aretino dove sono localizzate numerose e rinomate griffe internazionali della moda.
Gli esiti della localizzazione di imprese leader e global player dipendono da diversi fattori,
dettagliatamente analizzati nello studio, quali le caratteristiche delle imprese leader e dei
cluster di Pmi, nonché dal tipo di relazione che essi sviluppano fra loro.
Il polo fiorentino della pelle
produttiva (fornitore di 1° o di 2° livello a seconda che l’impresa si relazioni
direttamente o indirettamente con l’azienda leader) e alla natura delle relazioni
attivate con il leader (partner o non partner).
La tabella 1.17 tratta dallo studio dell’Irpet esemplifica un quadro molto variegato
di tipologie di Pmi locali 3.
Nel primo caso le imprese eseguono semplici lavorazioni per le imprese di fase
e sono in genere microimprese che si collocano nelle fasi terminali del sistema
produttivo. Le imprese di fase, dirette fornitrici di imprese partner o miste,
presidiano una o più fasi di lavorazione maggiormente complesse rispetto alle
precedenti.
Tab. 1.7 - Classificazione Teorica dei Fornitori
Tipo di Attori
Tipo di
lavorazione/prodotto
svolta/o
(oggetto dello scambio)
Tipologia di clienti
1. Subfornitore
“semplice”
- Esegue lavorazioni semplici,
ovvero fa parti di un prodotto
- Non fa progettazioni in quanto il
committente impone loro il
modello e le specifiche di
lavorazione
- Il committente impone i fornitori
di materie prime e/o fornisce le
materie prime
2. Subfornitore “di
fase”
- Svolge lavorazioni più
complesse o addirittura fornisce
un prodotto finito
- Decide quali metodi di lavoro
utilizzare
- E’ un’impresa con maggiori
capacità tecniche
3. Subfornitore
“partner”
- Esegue prevalentemente
prodotti finiti
- Svolge attività di progettazione
(o meglio co-progettazione)
- E’ un’impresa con più elevate
capacità tecniche e gestionali
- Esclusivi o “satelliti”
(lavorano con un leader)
- Non esclusivi (lavorano
con due o più leader)
4. Subfornitore
“misto”
- Come subfornitori n° 2 o n° 3
- Impresa leader ( 1 o più)
- Mercato finale
5. Impresa
indipendente
- Esegue un prodotto finito
- Produce per il magazzino o make
to order (non su commessa)
Subfornitori “di fase”
Subfornitori “partner” o
“misti”.
Fonte: elaborazioni da Irpet 2004
Queste due categorie sono quelle più diffuse nel sistema locale esaminato e
anche quelle maggiormente soggette alle oscillazioni degli ordinativi. Esse
presentano un modesto grado di autonomia e limitata propensione ad innovare,
basando la loro competitività essenzialmente sulla capacità di operare
rispettando le specifiche e i tempi stabiliti dal committente. Queste imprese
lavorano esclusivamente, o quasi, in conto terzi e soffrono spesso di rapporti di
3
Per quanto riguarda le Pmi l’indagine condotta dall’Irpet riguarda un campione di imprese
con almeno 5 addetti, tralasciando le imprese di piccolissima dimensione.
23
Studi sui distretti industriali
dipendenza da uno o pochi committenti. Sono ben dimensionate ed in grado
anche di gestire l’intero ciclo produttivo. Non svolgono attività di progettazione
come invece accade per le imprese “partner”, direttamente collegate alle
imprese leader distrettuali e che costituiscono la loro catena di fornitura diretta.
La tipologia dei fornitori “misti” comprende quelli che vendono sia in
subfornitura, sia direttamente sul mercato finale; gran parte di queste imprese si
trova nella categoria partner.
La categoria delle imprese “indipendenti” comprende tutte le imprese che non
vendono per conto terzi, ma direttamente sul mercato finale (con o senza marchio
proprio) e realizzano tutte le fasi del processo di produzione, dalla progettazione
alla promozione/vendita.
Lo studio sintetizza i progressivi mutamenti indotti dalla presenza di imprese
leader nell’organizzazione della produzione del sistema locale a partire dagli anni
’80. Nel nuovo scenario competitivo, soprattutto nel settore moda di alta qualità in
cui si collocano le produzioni toscane, hanno assunto sempre maggior rilevanza i
contenuti immateriali connessi al prodotto (immagine del prodotto, marchio,
innovazione, marketing, distribuzione, ecc.) ed è emersa quindi la difficoltà per i
sistemi di piccole imprese locali di presidiare il mercato finale perché sprovvisti di
strumenti competitivi adeguati.
Questo ha progressivamente indotto molte piccole imprese ad abbandonare la
produzione conto proprio, trovando più vantaggioso diventare contoterzisti di
imprese leader presenti sul territorio e focalizzare quindi l’attività su competenze
di maggior interesse per i committenti. Molte grandi firme della moda hanno
potuto così attingere a un serbatoio comune di conoscenze accumulate nel
tempo in grado di “rispondere efficacemente a input provenienti simultaneamente
da più direzioni”.
Secondo l’indagine dell’Irpet, nell’area considerata almeno il 65% delle piccole
imprese di pelletteria e calzature opera direttamente o indirettamente per aziende
leader. Ciononostante, nell’area distrettuale si è mantenuto un “substrato
sistemico comune”, ossia un serbatoio locale di competenze tecnico-produttive
costituito “da imprese indipendenti e miste (e dalle loro reti di fornitura) e da un
insieme di piccole imprese degli anelli più bassi della catena di subfornitura che,
pur lavorando indirettamente con leader di settore, non sono gerarchicamente
controllate da questi ultimi”. Il sistema di relazioni delle imprese leader, anche se
è di tipo gerarchico, “non estende (salvo eccezioni limitate) direttamente il
controllo oltre il primo livello di fornitura”. Inoltre le imprese che lavorano
indirettamente per le aziende leader spesso si caratterizzano per rapporti di
pluricommittenza.
Il rapporto con le aziende leader, se da un lato ha generato un impoverimento dal
punto di vista dell’autonomia e delle capacità progettuali delle piccole imprese,
d’altro canto, ha prodotto anche ricadute positive nel sistema di Pmi, come, ad
esempio, un aumento dei rapporti di fornitura a monte, un arricchimento di alcune
competenze produttive e una crescita per quanto attiene le dimensioni aziendali
(volume d’affari, dimensione degli impianti e numero dei dipendenti). In
conclusione lo studio osserva che la presenza di imprese leader “ha contribuito a
far crescere le singole imprese appartenenti ai loro indotti ed ha concorso ad
intensificare il reticolo di rapporti fra piccole imprese proprio laddove questi erano
più densi”.
24
Il polo fiorentino della pelle
1.5.3 Ruolo dell’imprenditoria straniera nel contesto locale
Da alcuni anni nell’area del polo fiorentino (e in generale nel comparto tessile e
della pelletteria in Toscana e in alcune regioni del Centro-Nord) si assiste ad un
fenomeno che ha raggiunto dimensioni significative e di cui occorre tener conto
per un’analisi puntuale del sistema economico locale.
Si tratta della progressiva espansione dell’imprenditoria extra-comunitaria, cinese
in particolare, che ha assunto un ruolo sempre più rilevante nello sviluppo della
micro-imprenditorialità e del sistema produttivo locale.
Nel settore pelletteria sono progressivamente aumentate le micro-imprese con
titolarità e manodopera di origine cinese. “Con riferimento al comparto PCC [pelle
cuoio calzature] emerge con forza la concentrazione territoriale nella provincia di
Firenze, in cui [nel 2005] hanno sede oltre il 62% delle ditte individuali cinesi del
PCC presenti sul territorio nazionale” 4.
Secondo le statistiche elaborate dalla Camera di Commercio di Firenze 5,
nell’ambito della filiera della pelle (codice ateco 19) della provincia di Firenze, nel
quarto trimestre del 2007 su un totale di 2.376 imprese individuali attive, 1.457
avevano un capo d’azienda di nazionalità cinese.
La scelta da parte delle imprese locali (in genere contoterziste) di affidare fasi
produttive a subfornitori cinesi risponde all’esigenza di contenere i costi di
produzione per difendere i propri livelli di competitività. La comunità economica
cinese nel corso degli anni è riuscita a inserirsi nelle reti di subfornitura locale
basandosi su leve competitive quali il basso costo delle lavorazioni, la flessibilità
produttiva, la velocità delle consegne. Tutto ciò è avvenuto sfruttando le risorse
interne della comunità: stretta coesione, massima dedizione al lavoro, capacità
organizzativa, impiego se necessario del lavoro di tutti i membri della famiglia,
frequente coincidenza del luogo di lavoro con l’abitazione, ma anche ricorso a
lavoro irregolare e clandestino. La subfornitura cinese si colloca prevalentemente
negli ultimi anelli della catena produttiva.
Nella scelta di localizzazione la comunità cinese dei comparti tessile e pelletteria
tende a privilegiare i contesti in cui vi è una spiccata specializzazione produttiva,
insediandosi in sistemi produttivi di tipo distrettuale (in Toscana nelle province di
Firenze e Prato, in Emilia Romagna a Carpi, in Veneto nelle zone di Treviso e
Verona), dove i processi produttivi sono maggiormente flessibili e le strutture
risultano essere meno verticalizzate.
1.5.4 Attori istituzionali
Nel corso degli anni una serie di attori istituzionali ha promosso e finanziato
progetti finalizzati al mantenimento della competitività del distretto.
Non mancano in questo contesto anche diverse iniziative di operatori del settore
per valorizzare l’eccellenza qualitativa delle produzioni manifatturiere del polo
fiorentino.
Proprio per iniziativa di alcuni imprenditori della pelletteria fiorentina, è stato
creato nel 1997 il Consorzio Centopercento italiano 6, con lo scopo di
4
5
6
Nella provincia di Firenze le ditte individuali cinesi si concentrano nei comuni di Sesto
Fiorentino (708 unità) e di Firenze (445 unità), Spinner (2006).
CCIAA di Firenze, Banca Dati Stock View, 4°trim 2007.
Si veda il caso aziendale Sapaf pp.16-17.
25
Studi sui distretti industriali
sostenere il marchio e la pelletteria italiana in tutto il mondo, certificando il
prodotto interamente realizzato in Italia in tutte le fasi di lavorazione. Il Consorzio
si prefigge il coordinamento di imprese per la tutela e la promozione dei singoli
produttori di pelletteria, calzature, abbigliamento in pelle e accessoristica
totalmente realizzati in Italia. Nell’ottica di promuovere il più qualificato artigianato
italiano, il Consorzio ha realizzato nel 2006 I-Place, l'outlet del Made in Italy,
struttura messa a disposizione delle imprese del settore come vetrina espositiva
B2B e anche come punto vendita B2C nel cuore del distretto della pelletteria del
lusso. Promotore di forum, workshop ed eventi espositivi, il Consorzio ha preso
parte a diversi progetti in collaborazione con la Regione Toscana.
Dal 2000 la Regione ha dato avvio a un programma (Fabbrica Ethica) per
promuovere la cultura della responsabilità sociale delle imprese e facilitare la
certificazione delle imprese toscane con lo standard etico SA 8000. Nell’ambito
del progetto è stata ideata la Commissione Etica Regionale (Cer) composta
dagli attori istituzionali locali (sistema camerale, associazioni imprenditoriali,
università, enti locali, associazioni non profit, sindacati).
Il gruppo di lavoro della Cer ha promosso in seguito il progetto “Fabbrica EthicaLaboratorio sulla filiera della pelletteria - Felafip” 7, per la cui realizzazione è stata
attivata una collaborazione con il Consorzio Centopercento italiano e che vede
coinvolti diversi soggetti sia pubblici che privati: circa 800 imprese di pelletteria,
associazioni imprenditoriali, comuni e province, associazioni sindacali. Obiettivo
principale del progetto è “la creazione e la diffusione di una cultura della
responsabilità sociale e dei diritti nei territori e nelle aree produttive coinvolte dal
progetto, con particolare attenzione ai sistemi di certificazione integrata della
filiera pelletteria secondo gli standard SA 8000 e ISO 9001 integrata alla
responsabilità ambientale”. Nell’ambito del progetto Felafip è stato messo a punto
e presentato recentemente il disciplinare per la filiera della pelletteria del lusso a
garanzia della qualità totale. Il documento si propone di regolamentare l’intero
settore della pelletteria Made in Italy.
La Regione Toscana, sempre avvalendosi della collaborazione del Consorzio
Centopercento italiano, ha finanziato inoltre un progetto, Inno.Pro.Moda, che si
inserisce in una strategia volta a garantire la “tracciabilità di filiera”, tramite la
certificazione di tutte le fasi di lavorazione di distretto. Le Facoltà di ingegneria e
architettura delle Università di Pisa e Firenze sono partner attive dell’iniziativa
finanziata anche dall’Unione europea e dal Ministero dell’economia e delle
finanze. Inno.pro.moda si pone come obiettivo il trasferimento tecnologico nel
settore della pelletteria nel distretto di Scandicci attraverso l'utilizzo di soluzioni Ict
a supporto della progettazione, del controllo della produzione e del servizio al
cliente finale, ottenendo in tal modo un miglioramento dell’intera catena produttiva
del valore. Tramite un dispositivo elettronico inserito all’interno degli articoli, tutti i
soggetti della filiera saranno in grado di risalire, utilizzando un palmare, a chi ha
prodotto e con quali modalità un determinato oggetto. Il sistema offre quindi uno
strumento efficace anche per la lotta alla contraffazione.
Impegnata nel trasferimento tecnologico è anche Firenze Tecnologia, azienda
speciale che la CCIAA di Firenze ha costituito nel 2001 come struttura di servizio
dedicata a promuovere l’innovazione tecnologica e organizzativa nelle piccole e
medie imprese del sistema economico fiorentino. Nell’ottica di miglioramento
dell’organizzazione produttiva e dei flussi informativi aziendali, Firenze
7
26
Il protocollo d’intesa per la nascita del progetto Felafip è stato siglato nel 2005.
Il polo fiorentino della pelle
Tecnologia, in collaborazione con la CCAIA di Firenze e il Consorzio
Centopercento italiano, ha sviluppato una metodologia e realizzato un software
per il calcolo dei tempi di produzione e della redditività degli articoli (project bag).
Nel 2005 la Provincia di Firenze ha siglato un accordo con la Regione Toscana
per la creazione di un “Laboratorio per l’innovazione nella moda” (progetto Stanze
della Moda), iniziativa volta a promuovere il territorio fiorentino veicolando, grazie
all’appeal e ai valori che esso esprime, un’efficace azione di marketing,
innovazione e promozione delle imprese locali e del sistema moda nel suo
complesso. Peculiarità del Laboratorio è un forte radicamento con il mondo
imprenditoriale e con le agenzie tecniche e formative coinvolte nel progetto che
hanno dato luogo a una partnership pubblico-privata di alto profilo (tra i principali
partner figurano: strutture universitarie, enti specialistici di promozione, enti
camerali, istituti formativi specialistici). Nell’ambito del progetto è prevista anche
un’attività di monitoraggio economico e di proposta gestionale per le imprese
fiorentine del settore moda e l’organizzazione periodica di convegni e workshop.
Agli inizi del 2006 è diventata operativa la Fondazione del polo del lusso di
Firenze con lo scopo di ottimizzare le risorse e far confluire all’interno di “un’unica
cabina di regia” le politiche pubbliche e private di sostegno finanziario al polo
fiorentino. Hanno preso parte al progetto diversi attori locali fra cui il Consorzio
Centopercento italiano, Cna Firenze, Confartigianato, Assindustria Firenze,
Polimoda e Gucci.
Nel corso degli anni si è cercato anche di ampliare l’offerta formativa attraverso la
creazione di alcuni istituti professionali realizzati anche con il supporto delle
amministrazioni comunali e delle associazioni imprenditoriali locali.
Uno dei primi è Polimoda, Istituto internazionale fashion design & marketing, che
organizza corsi specialistici di alta qualificazione nei settori stilismo, produzione,
commercializzazione e marketing, finalizzati a creare una stretta collaborazione
tra mondo accademico e realtà produttiva, fornendo anche un confronto con il
panorama internazionale. Sorto nel 1986 da un'iniziativa ideata e finanziata dai
Comuni di Firenze e Prato e dalle associazioni imprenditoriali, in collaborazione
con il Fashion Institute of Technology della State University di New York,
Polimoda è membro dell'IFFTI (International Foundation of Fashion Technology
Institutes) e offre corsi di formazione professionale in collaborazione con la
Regione Toscana, le Province di Firenze e Prato e con i contributi dell'Unione
Europea. L’attuale presidente dell’Istituto è Ferruccio Ferragamo.
Nel 2006 è stata creata a Scandicci l’Alta scuola di pelletteria, un istituto
professionale che mira a rispondere alle richieste di artigianalità specializzata da
parte delle aziende locali. Promotori dell’iniziativa sono Assindustria,
Confartigianato e Cna di Firenze; la scuola è gestita dall'Associazione San
Colombano, attualmente costituita dal Consorzio Centopercento Italiano, Cna di
Firenze, Comune di Pontassieve, Comune di Scandicci, Confartigianato,
Confindustria, Polimoda e gruppo Gucci. I corsi sono rivolti sia alla formazione
che all’aggiornamento di coloro che operano già nel settore al fine di mantenere
alti i livelli qualitativi della manifattura locale.
Il Comune di Pontassieve, insieme alla Provincia di Firenze e al Comune di
Scandicci, ha sottoscritto recentemente un accordo per la costituzione di una
succursale della scuola a Pontassieve, con l’intento di unire e sviluppare la filiera
che dall’area di Scandicci arriva al Valdarno.
27
Studi sui distretti industriali
In base ad un accordo stipulato tra Comune di Scandicci, Università e Provincia
di Firenze è prevista l’istituzione dell’Università della moda a Scandicci che avrà
come sede la prestigiosa Villa di Castelpulci attualmente in restauro. Nel
frattempo, ha preso avvio il corso universitario di Progettazione della moda della
Facoltà di Architettura la cui attività didattica viene svolta temporaneamente in
una sede provvisoria, in attesa dei lavori di restauro della Villa.
28
Il polo fiorentino della pelle
2. Gli scambi commerciali
Il polo fiorentino della pelletteria è una realtà nella quale operano grandi player
della moda conosciuti in tutto il mondo. L’inserimento in tale contesto ha
comportato per le aziende locali una forte vocazione all’export. Si calcola che il
90% dei ricavi del polo derivi da esportazioni.
È proprio il nucleo delle grandi imprese che operano nel settore del lusso a
mostrare un’elevata propensione all’export, mentre le altre imprese finali con
proprio marchio e ancora di più quelle della subfornitura dei grandi player
incontrano difficoltà nell’affacciarsi sui mercati esteri.
L’analisi dei dati di commercio estero si concentrerà sulla pelletteria (Ateco 192),
che, come si è visto, rappresenta il principale comparto di specializzazione del
distretto. Per questo comparto l’andamento delle esportazioni provinciali, visto
l’elevato peso degli occupati del distretto sul totale degli addetti provinciali,
rappresenta una buona approssimazione dell’evoluzione delle esportazioni di
pelletteria del distretto. Un discorso diverso vale, invece, per la concia e le
calzature, dato il peso contenuto di queste produzioni nel distretto e sul totale
provinciale. Nel caso del settore calzaturiero, ad esempio, solo una fetta delle
esportazioni della provincia di Firenze è attivata dal polo, visto che solo un quarto
circa degli addetti provinciali del settore trovano impiego nel distretto in esame.
Parte delle esportazioni provinciali proviene, infatti, dal distretto di Santa Croce
sull’Arno, che comprende, oltre ai comuni di Bientina, Castelfranco di Sotto,
Montopoli Val d’Arno, San Miniato, Santa Croce sull’Arno e Santa Maria a Monte
in provincia di Pisa, anche il comune di Fucecchio in provincia di Firenze 8.
La Figura 2.1 evidenzia come a livello provinciale sia stata proprio la pelletteria il
comparto più dinamico sui mercati esteri, soprattutto negli anni Duemila. In
particolare, le vendite estere di pelletteria, dopo aver oscillato tra 400 e 600 milioni
di euro nel periodo 1996-2002, hanno successivamente assunto un trend
decisamente crescente, portandosi in pochi anni sopra il miliardo di euro.
Fig. 2.1 – Polo fiorentino della pelle: evoluzione del commercio estero
(milioni di euro correnti, salvo diversa indicazione)
1.050
900
750
Concia (191)
Pelletteria (192)
Calzature (193)
600
450
300
150
0
1991
1993
1995
1997
1999
2001
2003
2005
2007
Nota: i dati del 2007 sono provvisori. Fonte: elab. Intesa Sanpaolo su dati Istat
8
Il 20% degli addetti calzaturieri della provincia di Firenze lavora in unità locali di Fucecchio.
29
Studi sui distretti industriali
Le esportazioni di pelletteria del distretto hanno mostrato un andamento analogo
alla media del Resto d’Italia (Fig. 2.2): l’incidenza delle esportazioni dell’area sul
totale italiano è pertanto oscillata tra il 30,5% del 1999 e il 38% del 2004.
Fig. 2.2 – Pelletteria: evoluzione del commercio estero a confronto (elaborazioni su dati a prezzi correnti)
B. Importazioni (milioni di euro)
A. Esportazioni (1991 = 100, salvo diversa indicazione)
500
50%
400
40%
1.400
Polo fiorentino della pelle
1.200
Resto d'Italia
1.000
300
30%
800
200
20%
600
400
10%
Nota: i dati si riferiscono al codice Ateco 192 (Articoli da viaggio, borse, marocchineria e selleria). I dati del 2007 sono provvisori.
Fonte: elab. Intesa Sanpaolo su dati Istat
Fig. 2.3 – Polo fiorentino della pelle: evoluzione del commercio estero
(milioni di euro correnti, salvo diversa indicazione)
1.050
900
750
import
export
600
450
300
150
0
1991
1993
1995
1997
1999
2001
2003
2005
2007
50%
1.000
saldo commerciale
800
import in % export (s.d.)
40%
600
30%
400
20%
200
10%
0%
0
1991 1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005 2007
Nota: i dati si riferiscono al codice Ateco 192. I dati del 2007 sono provvisori.
Fonte: elab. Intesa Sanpaolo su dati Istat
30
2007
2005
2003
2001
1999
1997
1995
1993
0
1991
0%
200
2007
2005
2003
2001
1999
1995
1993
1991
0
1997
Resto d'Italia
Polo fiorentino della pelle
Polo fiorentino in % Italia (s.d.)
100
Il polo fiorentino della pelle
Dai flussi di interscambio commerciale emerge come dal 2003 al 2007
l’espansione sui mercati esteri del distretto si sia tradotta in un ampliamento
dell’avanzo commerciale del comparto fiorentino della pelletteria (Fig. 2.3),
nonostante l’aumento sostenuto delle importazioni, la cui incidenza sulle
esportazioni nel triennio 2005-’07 si è portata sopra il 20%.
Gran parte dell’aumento dei flussi di import è spiegato dalla rapida crescita dei
beni provenienti dalla Cina (Tab. 2.1) e sembra indicare che il distretto inizia ad
essere interessato da fenomeni di internazionalizzazione produttiva (come, ad
esempio, l’outsourcing della produzione o i rapporti con subfornitori cinesi).
L’internazionalizzazione produttiva è tuttavia ancora minima, viste le
caratteristiche qualitative dei prodotti trattati e l’esigenza di ricercare aree
detentrici di abilità produttive già consolidate. Sul grado di esternalizzazione
produttiva al di fuori del territorio distrettuale potrebbe aver inciso anche la
presenza in loco di numerose microimprese cinesi, che, come si è visto, negli
ultimi anni hanno avuto un notevole sviluppo e possono assicurare un costo del
lavoro relativamente contenuto per le fasi del ciclo produttivo a più basso valore
aggiunto.
Tab. 2.1 - Polo fiorentino della pelle: principali mercati di approvvigionamento (dati a prezzi correnti)
1991
1995
1996
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
Milioni di euro
Totale, di cui:
14,0
26,0
26,1
43,2
66,6
76,7
77,2
98,6
131,4
164,5
210,8
235,9
Cina
5,8
10,7
10,6
24,2
43,8
49,5
45,9
50,0
70,7
92,4
127,6
155,8
Svizzera
0,1
0,1
0,4
0,5
0,6
1,9
2,7
22,8
34,9
44,1
51,2
44,0
Romania
0,0
0,3
0,3
1,8
4,0
7,3
8,1
6,5
4,2
2,4
2,3
7,7
Francia
0,6
0,9
1,2
3,7
3,8
2,6
4,3
5,6
4,5
5,6
6,4
7,4
Rep. di Moldova
0,0
0,2
0,2
0,1
0,1
0,1
0,0
0,3
2,0
2,9
4,1
5,4
Regno Unito
1,2
0,4
0,6
1,5
0,6
1,0
1,3
1,0
1,6
1,3
2,1
3,3
India
0,8
0,6
0,3
0,8
1,2
1,4
2,6
1,7
2,0
3,3
2,5
2,6
100,0%
in % del valore totale delle importazioni di pelletteria della provincia di Firenze
Totale, di cui:
Cina
Svizzera
100,0%
100,0%
100,0%
100,0%
100,0%
100,0%
100,0%
100,0%
100,0%
100,0%
100,0%
41,5%
41,1%
40,7%
55,9%
65,8%
64,5%
59,5%
50,7%
53,8%
56,2%
60,6%
66,1%
0,7%
0,4%
1,5%
1,1%
0,9%
2,5%
3,5%
23,1%
26,6%
26,8%
24,3%
18,6%
3,3%
Romania
0,0%
1,2%
1,0%
4,1%
6,1%
9,5%
10,4%
6,6%
3,2%
1,5%
1,1%
Francia
4,5%
3,6%
4,5%
8,6%
5,7%
3,3%
5,6%
5,7%
3,4%
3,4%
3,1%
3,1%
Rep. di Moldova
0,0%
0,8%
0,6%
0,2%
0,2%
0,1%
0,0%
0,3%
1,5%
1,7%
2,0%
2,3%
Regno Unito
8,8%
1,5%
2,3%
3,4%
1,0%
1,3%
1,7%
1,0%
1,2%
0,8%
1,0%
1,4%
India
5,9%
2,3%
1,1%
2,0%
1,8%
1,8%
3,3%
1,7%
1,5%
2,0%
1,2%
1,1%
Nota: i dati si riferiscono al codice Ateco 192. I dati del 2007 sono provvisori.
Fonte: elab. Intesa Sanpaolo su dati Istat.
A partire dal 2003 sono cresciute anche le importazioni di pelletteria dalla
Svizzera, dove, come si è visto, il gruppo Gucci ha costituito un polo logistico. Ciò
spiega anche l’importanza della Svizzera come mercato di sbocco, che svolge
una funzione di transito per la successiva redistribuzione e, a partire dal 1999, ha
conosciuto un’espansione notevole, che si è ulteriormente intensificata a partire
dal 2003, arrivando ad assorbire quasi il 45% delle esportazioni del distretto nel
triennio 2004-’06 (Tab. 2.2).
Il distretto a partire dal 2003 ha conosciuto un’espansione quasi generalizzata nei
suoi principali sbocchi commerciali: dalla Francia (che con una quota del 15% è
31
Studi sui distretti industriali
la seconda destinazione geografica del distretto, anche grazie alla scelta di molte
case di moda francesi di produrre nel polo fiorentino) al Regno Unito, che tra il
2003 e il 2007 hanno raddoppiato le importazioni dal Polo fiorentino; dagli Stati
Uniti alla Germania, dove, invece, altri distretti della moda italiana negli ultimi
anni hanno incontrato notevoli difficoltà, subendo arretramenti non trascurabili. Le
imprese dell’area hanno anche fatto il loro ingresso sul mercato russo, che,
comunque, assorbe ancora una quota contenuta dell’export complessivo. Il
Giappone è l’unico mercato in cui il distretto non è riuscito ad innalzare la propria
quota di mercato.
Un esame di lungo periodo delle esportazioni consente di osservare come nel
tempo la composizione geografica delle esportazioni del distretto abbia subito
una profonda trasformazione. Se, infatti, i primi sbocchi commerciali oggi sono
nell’ordine Svizzera, seguita, a grande distanza, da Francia e Regno Unito, nella
prima metà degli anni Novanta erano rappresentati da Stati Uniti e Giappone,
dove, tra il 1996 e il 1999, il distretto ha subito un significativo ridimensionamento
delle esportazioni.
Tab. 2.2 - Polo fiorentino della pelle: principali mercati di sbocco (dati a prezzi correnti)
1991
1995
1996
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
Milioni di euro
Totale, di cui:
231,4
486,4
593,5
391,7
536,5
616,1
528,7
603,2
761,4
777,7
937,6
1.014,8
Svizzera
12,9
23,1
21,3
98,1
160,9
195,8
166,0
237,5
341,0
337,3
416,6
395,5
Francia
28,2
59,3
67,4
54,6
69,8
87,7
77,7
74,7
88,3
92,4
118,7
153,0
Regno Unito
14,3
28,7
35,4
25,8
33,9
44,6
43,8
46,3
52,9
55,8
63,8
102,0
Stati Uniti
62,3
127,0
143,8
70,2
92,8
97,6
70,7
73,5
88,5
76,5
82,1
91,7
Giappone
39,2
84,6
103,5
40,6
48,0
54,7
51,4
54,8
64,1
61,3
68,1
55,6
Germania
35,5
22,1
39,6
37,1
26,1
32,8
34,8
25,8
25,1
24,5
25,5
31,8
Spagna
2,7
5,2
5,7
5,8
6,5
6,7
9,2
10,4
10,7
10,1
16,1
21,2
Corea del Sud
1,3
11,5
34,1
14,6
20,8
23,1
11,1
10,7
9,1
12,7
17,7
17,4
17,3
Hong Kong
15,6
33,4
47,1
9,0
13,4
14,7
17,3
15,3
20,3
24,6
19,8
Federazione russa
0,0
0,2
0,5
0,2
0,6
0,9
1,2
1,5
2,4
3,4
5,8
11,0
Grecia
1,4
1,8
2,5
3,0
3,7
2,9
3,3
3,2
4,7
5,1
8,2
10,0
438,6%
in % del valore totale delle esportazioni di pelletteria della provincia di Firenze
Totale, di cui:
100,0%
210,2%
256,5%
169,3%
231,8%
266,3%
228,5%
260,7%
329,1%
336,1%
405,2%
Svizzera
5,6%
4,8%
3,6%
25,0%
30,0%
31,8%
31,4%
39,4%
44,8%
43,4%
44,4%
39,0%
Francia
12,2%
12,2%
11,4%
13,9%
13,0%
14,2%
14,7%
12,4%
11,6%
11,9%
12,7%
15,1%
10,1%
Regno Unito
6,2%
5,9%
6,0%
6,6%
6,3%
7,2%
8,3%
7,7%
6,9%
7,2%
6,8%
Stati Uniti
26,9%
26,1%
24,2%
17,9%
17,3%
15,8%
13,4%
12,2%
11,6%
9,8%
8,8%
9,0%
Giappone
16,9%
17,4%
17,4%
10,4%
8,9%
8,9%
9,7%
9,1%
8,4%
7,9%
7,3%
5,5%
Germania
9,5%
8,1%
6,2%
6,7%
6,1%
5,7%
4,9%
4,2%
3,2%
3,3%
3,4%
3,5%
Spagna
1,1%
1,1%
1,0%
1,5%
1,2%
1,1%
1,7%
1,7%
1,4%
1,3%
1,7%
2,1%
Corea del Sud
0,6%
2,4%
5,7%
3,7%
3,9%
3,8%
2,1%
1,8%
1,2%
1,6%
1,9%
1,7%
Hong Kong
6,7%
6,9%
7,9%
2,3%
2,5%
2,4%
3,3%
2,5%
2,7%
3,2%
2,1%
1,7%
Federazione russa
0,0%
0,0%
0,1%
0,1%
0,1%
0,2%
0,2%
0,3%
0,3%
0,4%
0,6%
1,1%
Grecia
0,6%
0,4%
0,4%
0,8%
0,7%
0,5%
0,6%
0,5%
0,6%
0,7%
0,9%
1,0%
Nota: i dati si riferiscono al codice Ateco 192. I dati del 2007 sono provvisori.
Fonte: elab. Intesa Sanpaolo su dati Istat
32
Il polo fiorentino della pelle
3. Crescita e
aziendali
redditività
secondo
i
bilanci
I dati di bilancio consentono di completare lo studio delle caratteristiche strutturali
e dell’evoluzione del distretto. In questo capitolo, sulla base dei bilanci aziendali,
si analizzerà il Polo fiorentino della pelle, confrontandolo con le imprese italiane
specializzate nella pelletteria dislocate al di fuori del distretto.
L’analisi prende in esame 76 imprese del Polo 9 e 256 imprese italiane della
pelletteria e consente di far ulteriore luce su alcune caratteristiche del distretto
(Tab. 3.1), già richiamate in altre parti di questo rapporto. Spicca l’importanza del
costo del lavoro, la cui incidenza sul fatturato è superiore a quella osservata al
di fuori del distretto e può essere spiegata dall’elevata specializzazione e
professionalità della forza lavoro, che realizza ancora in maniera artigianale molte
fasi del processo produttivo. Anche la voce costi per servizi e godimento di
beni di terzi (che include il costo per lavorazioni presso terzi) ha un’importanza
maggiore nel distretto: ciò sembra riconducibile alla notevole divisione del ciclo
produttivo all’interno del territorio, che dà vita a fenomeni di esternalizzazione
produttiva di parte del processo produttivo ai terzisti locali e contribuisce ad
innalzare il grado di rotazione del capitale investito, garantendo alle imprese
del Polo una maggiore efficienza produttiva. Efficienza produttiva che, insieme ad
un mark up superiore al resto d’Italia (garantito molto verosimilmente dall’alta
qualità delle produzioni), spinge verso l’alto la redditività della gestione
industriale (misurata dal Roi), che, in termini mediani, nel biennio 2005-’06 si è
spinta oltre il 20%, un valore doppio rispetto a quanto osservato nella pelletteria
al di fuori del Polo.
Emergono quindi chiaramente alcune caratteristiche chiave del distretto:
importanza del capitale umano, divisione del processo produttivo con i terzisti
locali, qualità della produzione. Non si rilevano invece significative differenze in
termini di investimenti in immobilizzazioni immateriali, la cui incidenza nel
Polo è simile a quella osservata nel resto d’Italia. Ciò, oltre a dipendere dalla
mancanza di corrispondenza tra gli sforzi in innovazione e branding e la posta
contabile sopra citata, riflette anche il focus sull’attività produttiva di gran parte
delle aziende del distretto, che poco investono in R&S formale (maggiori sono
invece gli “investimenti” –in termini soprattutto di ore lavoro- volti ad ottenere
innovazioni incrementali che però non vengono registrati nello stato patrimoniale,
ma sono riportati direttamente nel conto economico tra le voci di costo), Ict e
marketing.
L’analisi dell’evoluzione di fatturato, rotazione del capitale investito e redditività
consente di completare il quadro. L’andamento del fatturato non presenta
significative differenze con quello osservato al di fuori del distretto e, vista anche
l’elevata propensione all’export del distretto fiorentino, segue da vicino la
dinamica delle esportazioni (cap. 2). Dopo un 2002 difficile, il fatturato del
distretto torna a crescere a ritmi sostenuti nel periodo successivo (Figg. 3.1 e
3.2). A differenza di quanto avvenuto al di fuori del distretto, alla crescita del
fatturato si accompagna un rafforzamento delle condizioni reddituali, spinte
verso l’alto dal miglioramento dei margini unitari. Le imprese dislocate nel resto
d’Italia, invece, non sono riuscite ad innalzare il proprio mark-up e,
9
L’analisi si concentra sulle imprese di medie e grandi dimensioni e non considera le
numerose imprese di subfornitura e i terzisti, di cui non si ha la disponibilità dei bilanci
aziendali.
33
Studi sui distretti industriali
conseguentemente, il Roi, mostrando un “defict reddituale” rispetto agli operatori
del Polo fiorentino.
Tab. 3.1 – Bilanci della Pelletteria a confronto
a
Pelletteria del Polo fiorentino della pelle
Oss.
25° perc.
Mediana
75° perc.
Risultati della gestione industriale (in % fatturato)
- Acquisti netti
76
11,1%
35,5%
47,1%
- Costi per servizi e godimento beni di terzi
76
30,7%
41,4%
54,0%
76
18,0%
25,3%
33,5%
76
9,0%
14,4%
19,2%
Valore aggiunto
b
Costo del lavoro
Margine operativo lordo (Mol)
76
6,0%
9,1%
14,6%
Ammortamenti imm. materiali
76
0,6%
0,9%
1,5%
Margine operativo netto (Mon)
76
4,4%
7,2%
12,5%
Tasso di rotazione del capitale investito
76
1,9
2,8
4,3
Mon in % del fatturato
76
4,4%
7,2%
12,5%
Roi (Mon in % Capitale investito)
76
7,2%
21,4%
47,3%
Roi e componenti
Immob. materiali nette in % fatturato
76
1,9%
3,4%
10,9%
Immob. Immateriali in % fatturato
76
0,1%
0,6%
1,7%
Leva Finanziaria c
76
0,9%
48,4%
223,7%
Costo medio passività finanziarie d
60
3,9%
7,5%
11,7%
Resto d'Italia
Oss.
25° perc.
Mediana
75° perc.
256
38,6%
47,8%
57,8%
Risultati della gestione industriale (in % fatturato)
- Acquisti netti
- Costi per servizi e godimento beni di terzi
256
24,2%
30,3%
40,8%
Valore aggiunto b
256
14,8%
20,4%
27,3%
Costo del lavoro
256
8,3%
12,5%
17,8%
Margine operativo lordo (Mol)
256
3,9%
6,7%
10,8%
Ammortamenti imm. materiali
256
0,6%
1,0%
1,8%
Margine operativo netto (Mon)
256
2,8%
5,0%
8,8%
Roi e componenti
Tasso di rotazione del capitale investito
256
1,4
2,0
2,7
Mon in % del fatturato
256
2,8%
5,0%
8,8%
Roi (Mon in % Capitale investito)
256
4,9%
9,7%
19,4%
Immob. materiali nette in % fatturato
256
2,3%
4,7%
13,0%
Immob. Immateriali in % fatturato
256
0,1%
0,6%
2,5%
256
17,0%
125,0%
474,3%
222
4,5%
6,6%
9,8%
Leva Finanziaria c
Costo medio passività finanziarie
d
a
b
Le statistiche descrittive sono calcolate su dati medi del periodo 2005-‘06. Grado di integrazione
c
d
verticale. Debiti finanziari in % del Patrimonio netto. Oneri finanziari in % dei debiti finanziari
Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali
34
Il polo fiorentino della pelle
I dati di bilancio sono indicativi dei buoni livelli di competitività raggiunti dalle
imprese fiorentine, che sono riuscite a conquistare nuove quote di mercato,
innalzando ulteriormente la propria (già alta) redditività industriale.
Fig. 3.1 – Performance delle imprese di pelletteria a confronto
A – Var. % fatturato tra il ‘01 e il ‘06
B – Grado di rotazione del capitale investito
(valori mediani)
(fatturato su capitale investito; valori mediani)
4
Distretto
2006
Resto d'Italia
3
2005
2
2004
1
2003
Distretto
2002
0
Resto d'Italia
-10%
-5%
0%
5%
10%
2002
2004
2005
2006
15%
C – Mon in % del fatturato
D – Roi
(valori mediani)
(valori mediani)
8%
24%
Distretto
7%
2003
21%
Distretto
Resto d'Italia
Resto d'Italia
18%
15%
6%
12%
5%
9%
6%
4%
3%
3%
0%
2002
2003
2004
2005
2006
2002
2003
2004
2005
2006
Nota: il campione comprende imprese specializzate in tutte e tre le specializzazioni produttive del distretto: concia, pelletteria e calzature.
Fonte: elab. Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali
35
Studi sui distretti industriali
Fig. 3.2 - Polo fiorentino: dispersione delle performance di crescita e redditività
A – Mol in % del fatturato nel 2004 e variazione del fatturato tra il 2003 e il 2004
25%
20%
Mol in % del fatturato nel 2003
15%
10%
5%
0%
-70%
-60%
-50%
-40%
-30%
-20%
-10%
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
-5%
-10%
-15%
-20%
-25%
Tasso di crescita del fatturato tra il 2001 e il 2003
B – Mol in % del fatturato nel 2005 e variazione del fatturato tra il 2004 e il 2005
25%
20%
Mol in % del fatturato nel 2005
15%
10%
5%
0%
-70%
-60%
-50%
-40%
-30%
-20%
-10%
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
-5%
-10%
-15%
-20%
-25%
Tasso di crescita del fatturato tra il 2003 e il 2005
Nota: la dimensione del cerchio indica l’importanza dell’impresa in termini di fatturato nel 2003.
C – Mol in % del fatturato nel 2006 e variazione del fatturato tra il 2005 e il 2006
25%
20%
Mol in % del fatturato nel 2006
15%
10%
5%
0%
-70%
-60%
-50%
-40%
-30%
-20%
-10%
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
-5%
-10%
-15%
-20%
-25%
Tasso di crescita del fatturato tra il 2005 e il 2006
Nota: la dimensione del cerchio indica l’importanza dell’impresa in termini di fatturato nel 2005.
Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali
36
Il polo fiorentino della pelle
4. Lo scenario competitivo
4.1 Il nuovo contesto competitivo
La pelletteria è un comparto del Sistema moda e, per tali ragioni, è sottoposto a
fattori di scenario identificabili nelle forti pressioni competitive derivanti sia da
paesi di recente industrializzazione per le fasce più basse di produzione, sia da
competitor “più evoluti” per le fasce alte di mercato. Negli ultimi anni il settore
della pelle italiano, tradizionalmente vocato all’export, è stato, infatti, sottoposto
ad una forte concorrenza della Cina che ha saputo affermarsi sui mercati
mondiali, concentrandosi sulle fasce più basse della produzione, realizzate
soprattutto con prodotti succedanei (Fig. 4.1).
Fig. 4.1 – Concorrenti sui mercati esteri: i principali esportatori mondiali
A – Pelletteria in pelle
1
B – Pelletteria in succedaneo
(quote di mercato in dollari correnti)
(quote di mercato in dollari correnti)
Singapore
Thailandia
2005-2006
Olanda
2005-2006
Spagna
2002-2004
Stati Uniti
2002-2004
Regno Unito
1999-2001
Regno Unito
1999-2001
Olanda
1996-1998
Svizzera
Stati Uniti
Spagna
Vietnam
Germania
Germania
India
1996-1998
Belgio
Cina
Italia
Francia
Francia
Italia
Cina
0%
1
2
10%
20%
30%
40%
0%
Codici del Sistema Armonizzato: 420211, 420221, 420231, 420291 e 420330.
2
10% 20% 30% 40% 50% 60%
Codici del Sistema Armonizzato: 420212,
420219, 420222, 420229, 420232, 420239, 420292, 420299. Note: i dati sono al netto delle re-export.
Fonte: Unctad
La pelletteria ha conosciuto un profondo processo di internazionalizzazione che
ha visto la crescente attenzione da parte delle grandi case di moda, attirate dalla
possibilità di differenziare con relativa facilità la propria offerta (minori stagionalità
e necessità di assortimento), in un settore complementare e vicino a quelli
dell’abbigliamento e delle calzature. L’ingresso nella pelletteria delle grandi griffe
del lusso ha sicuramente contribuito allo sviluppo del settore, che è stato tra i più
dinamici all’interno del Sistema moda. I prodotti di pelletteria sono sempre più
uno strumento imprescindibile per personalizzare e “qualificare” il proprio look”, a
costi relativamente accessibili e con acquisti anche saltuari, affiancandoli a capi
di abbigliamento e/o calzature anche di qualità non elevata.
Nel tempo si è dunque assistito ad un’evoluzione degli stili di consumo, che ha
stimolato la domanda di pelletteria di lusso, che, insieme a quella dell’occhiale
(anch’esso “griffato”, “accessibile” e sempre più accessorio della moda e meno
prodotto con funzione correttiva e di protezione dal sole), ha registrato uno
37
Studi sui distretti industriali
sviluppo di gran lunga superiore a quello osservato in altri comparti del Sistema
moda, come l’abbigliamento o le calzature.
Si è, inoltre, assistito allo sviluppo di nuovi mercati di sbocco nei paesi
emergenti, dove l’espansione economica ha portato alla formazione di classi di
reddito con un potere d’acquisto elevato e interessate ai prodotti di qualità elevata
e, nello specifico, ai beni del Sistema moda pensati e lavorati in Italia.
In questo nuovo contesto competitivo i produttori italiani di pelletteria in pelle,
che si concentrano nel distretto fiorentino, e quelli specializzati nella pelletteria
realizzata con prodotti succedanei (con superficie esterna di materie plastiche o
di materie tessili; con superficie esterna di fibra vulcanizzata o di cartone oppure
ricoperte totalmente o prevalentemente di queste materie o di carta) hanno
registrato andamenti divergenti. I primi hanno mostrato buoni livelli di
competitività, mantenendo la loro leadership internazionale (Fig. 4.1A): la quota
di mercato italiana, infatti, dopo il calo di fine anni Novanta a favore della Francia
(spiegabile, almeno in parte, dai legami produttivi e/o commerciali tra le maison
francesi e le imprese italiane), nel biennio 2005-’06 si è riportata vicino al 30%,
distanziando i produttori francesi e, soprattutto, quelli cinesi e indiani. In
particolare, la quota cinese negli ultimi quindici anni è aumentata solo lievemente,
mentre quella indiana non ha mostrato variazioni significative.
Le imprese italiane di pelletteria realizzata con prodotti succedanei hanno,
invece, sperimentato un calo significativo della propria presenza sui mercati
esteri, penalizzate dall’affermazione dei produttori dislocati in Cina, che, grazie
all’indiscussa leadership conseguita in questo comparto, nel biennio 2005-’06 ha
toccato una quota di mercato superiore al 50% (Fig. 4.1B).
Il nuovo contesto competitivo ha avuto riflessi significativi sulla struttura
produttiva della pelletteria italiana: da un lato, infatti, si è assistito alla costante
crescita dei volumi importati (Fig. 4.2), concentrati nella fascia bassa con valori
unitari contenuti (come, ad esempio, gli articoli da viaggio e la borsetteria non in
pelle, realizzati con prodotti succedanei), che hanno messo sotto pressione i
contoterzisti e i piccoli produttori italiani specializzati nelle produzioni di bassa
qualità; dall’altro lato, le imprese italiane si sono ulteriormente focalizzate sulle
produzioni di qualità più elevata (solo il 27% circa delle esportazioni italiane
riguarda pelletteria realizzata con prodotti succedanei), così come è anche
evidente dai dati di commercio estero, che evidenziano prezzi “unitari” delle
esportazioni in crescita e di gran lunga più elevati rispetto a quelli delle
importazioni.
Fig. 4.2 – Importazioni ed esportazioni italiane di Pelletteria
A – Import ed export
(milioni di €)
2.500
Import
Export
150.000
120.000
Export
90.000
1.000
60.000
500
30.000
0
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007
1
0
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007
Codici di Nomenclatura combinata: 4202 e 420330. Fonte: Istat.
38
Import
Import
2.000
1.500
C – Euro per chilogrammo
80
180.000
3.500
3.000
B – Import ed export
(tonnellate)
1
60
Export
40
20
0
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007
Il polo fiorentino della pelle
I forti cambiamenti intervenuti nel contesto competitivo internazionale (con
l’ingresso delle griffe e di nuovi competitor) e la crescente apertura dei mercati
hanno, quindi, avuto effetti diversi sul tessuto produttivo italiano. Se, infatti, in
generale la pelletteria italiana in pelle ha conosciuto un aumento di fatturato,
trainato dalle ottime performance conseguite sui mercati esteri dalle imprese ben
posizionate qualitativamente, dotate di un marchio e di un canale distributivo
efficiente, molte aziende di piccola dimensione hanno vissuto un periodo di crisi,
vedendo calare l’export e l’occupazione a causa dell’aspra concorrenza sui costi.
Il mutamento dello scenario internazionale ha avuto riflessi anche sulle relazioni
tra imprese. Si registra, infatti, una tendenza di molte realtà italiane al
decentramento e delocalizzazione del processo produttivo a livello nazionale ed
internazionale, insieme a strategie di estensione del marchio e ad alleanze
strategiche che portano le aziende a spingersi su settori diversi. Anche le imprese
del distretto hanno sentito l’esigenza di riorganizzarsi in strutture più snelle, a
rete, mantenendo al proprio interno le fasi a maggior valore aggiunto ed affidando
all’esterno, nella maggior parte dei casi sempre nel territorio fiorentino, le fasi di
trasformazione del prodotto. Ciò è stato possibile grazie alla scomponibilità del
ciclo produttivo, favorito dalla rilevanza del lavoro manuale e artigianale.
4.2 Punti di forza e di debolezza del sistema distrettuale
Il polo fiorentino della pelle è caratterizzato dalla presenza di imprese che sono
state in grado di imporre la propria presenza nel contesto internazionale, grazie
ad un’attenta promozione del prodotto e del marchio. Accanto a queste troviamo
imprese che, nonostante le contenute dimensioni, sono riuscite ad essere
presenti sul mercato con un proprio marchio (Tab. 4.1).
4.2.1 I punti di forza
Tradizione e competenze artigianali di lavorazione, unite alla qualità dei materiali,
alla cura dei dettagli, alla creatività e alla ricerca stilistica sono i principali punti di
forza del prodotto fiorentino. Il sistema locale è caratterizzato da competenze
tacite che consentono di realizzare un prodotto di alta qualità conosciuto in tutto il
mondo. Molte aziende, in particolare, svolgono ancora a livello completamente
artigianale molte fasi del processo produttivo, tra cui la lavorazione delle pelli,
necessaria per individuare le imperfezioni del tessuto.
L’alta qualità del prodotto finale è garantita anche dal legame con il vicino
distretto di S. Croce sull’Arno che oltre ad offrire pelli di qualità e differenziate
per tipologia (pelli bovine, ma anche pelli ovine, equine, suine, di rettili, cavallino,
toro) e lavorazione (come il finto rettile ovvero pellami stampati coccodrillo,
lucertola, pitone etc., ma anche finto intreccio, stampe geometriche e di varie
fantasie personalizzate, pelle trasparente) anticipa, con l’ausilio di team interni di
tecnici e la collaborazione di stilisti e modellisti, le tendenze della moda,
seguendo il cliente sin dalla fase creativa e proponendo campionari nuovi e
“personalizzati” per le imprese del Polo fiorentino.
La presenza di grandi griffe internazionali ha avuto degli effetti positivi sul
sistema locale: ha, infatti, trainato l’economia locale nei periodi di crisi e favorito
la circolazione di nuove competenze produttive, così come ha permesso di
presidiare le fasi a valle di commercializzazione e distribuzione del prodotto.
39
Studi sui distretti industriali
Un ulteriore punto di forza per il sistema distrettuale è la compresenza nel
territorio di attori complementari della filiera, quali i fornitori di macchine per il
settore o società di consulenza, che supportano le imprese del distretto offrendo
servizi e prodotti indispensabili alla competitività del sistema locale.
4.2.2 I punti di debolezza
La presenza di imprese in grado di trainare l’economia locale ha determinato
effetti positivi sull’indotto locale, ma ha anche prodotto una gerarchizzazione dei
rapporti di fornitura, che si è tradotta in una forte dipendenza delle imprese
terziste più piccole, che, oltre a sperimentare una progressiva perdita di capacità
negoziale nei confronti dei committenti, hanno perso il contatto con il mercato
finale.
Anche l’adozione delle tecnologie sembra derivare, nella maggior parte dei casi,
dalle strette relazioni che le imprese più piccole hanno con le leader; è quindi
dovuta alle crescenti esigenze che le committenti hanno e dalla necessità di
comunicare in maniera coerente con queste. In generale, rimane basso il livello di
investimento in tecnologia e nel rinnovo di macchinari e manca nel distretto un
vero processo di apprendimento tecnologico localizzato, che viene invece
filtrato dalle imprese leader ai propri fornitori. Proprio per la sua eccessiva
parcellizzazione, il sistema ha quindi difficoltà ad innovarsi dal punto di vista
tecnologico (Firenze Tecnologia).
Il forte legame tra imprese terziste e case madri non accresce le competenze
strategiche delle prime a causa del rapporto di verticalizzazione in cui l’azienda
leader si organizza. Molto spesso i terzisti risultano relegati al ruolo di produzione
perché non hanno saputo sviluppare proprie competenze. Non è presente un
rapporto di complementarietà tra le imprese leader e quelle più piccole, volto alla
condivisione delle conoscenze; esiste una sorta di cooperazione verticale, mentre
quella orizzontale è pressoché assente (Batazzi, Bortolotti, Simoni, 2005).
Si registra, poi, una scarsa sinergia con altri settori che potrebbero fornire degli
elementi nuovi per rilanciare la competitività del settore, grazie all’utilizzo di
materiali nuovi o nuove metodologie produttive.
Un ulteriore punto di debolezza è rappresentato dall’assenza di politiche di
marchio da parte delle aziende più piccole del distretto, anche operanti sui
mercati finali; molte di esse non posseggono un proprio marchio e non
presidiano, di conseguenza, la distribuzione e il mercato finale. Questo porta alla
difficoltà nel capire le esigenze della clientela.
Il sistema locale, infine, è caratterizzato da una “imprenditorialità diffusa, ma
limitata”, dove la popolazione di piccole imprese rimane ancorata alle
competenze trasmesse nel contesto distrettuale, a causa del basso livello di
scolarizzazione, dell’assenza di relazioni stabili con il mondo universitario e il
mondo della ricerca e della scarsa diffusione delle tecnologie nel processo
produttivo (Batazzi, Bortolotti, Simoni, 2005).
4.3 Sfide e strategie evolutive
Il fermento di iniziative da parte degli attori locali è una testimonianza della vitalità
del distretto che, nel suo complesso, ha mantenuto la propria competitività anche
in periodi di difficoltà per il settore, grazie al substrato di competenze distrettuali
di alto profilo che ha incentivato l’insediamento di grandi firme della moda.
40
Il polo fiorentino della pelle
Nella situazione attuale le principali sfide per le aziende del lusso operanti nei
mercati finali sono collegate alla capacità delle imprese, da un lato, di accrescere
e sviluppare i rapporti con il sistema produttivo locale e, dall’altro lato, di adattarsi
alla globalizzazione dei mercati e di inserirsi nelle reti globali del valore,
sviluppando relazioni internazionali nelle fasi a valle. Importante è poi agire come
player del più generale Sistema moda, sfruttando l’immagine acquisita ed i
marchi-ombrello per diversificare l’offerta.
Salvatore Ferragamo spa: qualità dei prodotti e controllo della distribuzione
L’azienda viene fondata da Salvatore Ferragamo nel 1927, dopo aver avviato, negli Stati
Uniti, nel 1923, un laboratorio per la realizzazione di calzature da donna, molto apprezzate
anche dalle stelle del cinema dell’epoca. Torna in Italia per poter usufruire di manodopera
artigianale specializzata in grado di soddisfare le numerose ordinazioni e sceglie di
impiantare la propria attività a Firenze, simbolo nel mondo dell’eccellenza italiana, dell’arte
e della creatività artigianale. I suoi prodotti sono inizialmente rivolti al mercato americano,
ma dopo la crisi del ’29, inizia a spostare la sua attenzione sul mercato interno. Quando
arrivano i tempi difficili Ferragamo non si scoraggia: l’autarchia lo spinge ad utilizzare
materiali innovativi come il sughero, il legno, i fili metallici, la rafia, il feltro e le resine
sintetiche in sostituzione del cuoio e dell’acciaio. Realizza in questo periodo alcune delle
creazioni più popolari e imitate: le zeppe di sughero solide e leggere. Nel 1938 acquista il
palazzo Spini Feroni, prestigioso edificio duecentesco nel centro di Firenze, ancora oggi
sede dell’azienda e del Museo Salvatore Ferragamo. I successi professionali si
susseguono e la creazione del sandalo invisibile con tomaia in fili di nylon gli vale nel 1947
il “Neiman Marcus Award”, l’Oscar della moda.
Nel secondo dopoguerra riapre ai mercati esteri e rinnova il suo legame con il cinema.
Dalla fine degli anni ‘50 prende avvio la meccanizzazione della produzione per quanto
riguarda alcune fasi meno elaborate del processo produttivo che viene peraltro realizzato
manualmente sotto il controllo delle maestranze artigiane. Dopo la morte del fondatore, la
guida dell’azienda passa alla moglie Wanda e alla figlia Fiamma, la quale diventa
responsabile della creazione, produzione e vendita delle scarpe da donna e di tutto il
settore pelletteria. Sotto la direzione di Fiamma Ferragamo, l’azienda conosce un notevole
ampliamento produttivo, riuscendo comunque a rimanere fedele ai principi tecnico-stilistici
ereditati dal fondatore. Le sue originali creazioni (tra cui la scarpa “Vara” con il fiocco in
gros grain) hanno ottenuto importanti riconoscimenti internazionali.
Nel 2006 la direzione, dopo anni di gestione familiare (con Ferruccio Ferragamo), è stata
affidata a Michele Norsa, attuale amministratore delegato, mentre Ferruccio Ferragamo
ha assunto le funzioni di presidente del Gruppo. Nonostante il cambiamento nella gestione
operativa la famiglia mantiene il controllo del gruppo. Wanda Ferragamo è infatti
presidente onorario della Capogruppo Salvatore Ferragamo Italia (SFI) a sua volta
controllata dalla Ferragamo Finanziaria, Holding di famiglia, di cui la signora Ferragamo
resta Presidente.
Il gruppo presenta un’elevata propensione all’export: nel 2006 il 92% del fatturato è stato
realizzato sui mercati esteri. In testa gli Stati Uniti ed il Giappone (rispettivamente 30% e
23% circa del giro d'affari globale), seguiti da Far East (23%), Europa (21%) e America
Latina (3%). Il mercato cinese sta assumendo sempre maggior importanza e rappresenta
ormai il terzo mercato di sbocco per il gruppo fiorentino, che dispone di una rete di 25 punti
vendita in 18 città cinesi. Calzature e pelletteria rappresentano circa il 60% del giro d'affari
globale, seguiti dall’abbigliamento, dagli altri accessori e dai profumi (etichette Ferragamo
e Ungaro).
Negli anni più recenti le principali evoluzioni strategiche sono riconducibili a:
Ampliamento della gamma produttiva ed ingresso nel più ampio Sistema moda. Il core
business dell’azienda è focalizzato ancora sulla produzione di calzature per uomo e donna
41
Studi sui distretti industriali
di alta qualità, ma seguendo la filosofia della brand extension comune a molte grandi griffe
della moda, l’azienda propone anche borse, abbigliamento pret-à-porter uomo e donna,
accessori in seta (foulards), occhiali da sole e da vista per uomo e donna e profumi. La
prima linea di occhiali nasce nel 1998 grazie ad un accordo di licenza con Luxottica. Le
fasi di ideazione, design, scelta dei colori e del materiale sono realizzati da Ferragamo,
mentre la produzione è affidata a Luxottica.
Nell’ottica di diversificazione dell’offerta si inserisce, dopo il lancio di occhiali e profumi, la
linea di orologi: la Salvatore Ferragamo ha firmato nel 2007 un accordo di licenza con
l’azienda americana Timex per la produzione e distribuzione di una linea di orologi di alta
gamma a marchio Ferragamo. Il Gruppo Timex è rinomato per i suoi orologi innovativi e di
grande precisione ma con prezzi accessibili.
Creazione di un gruppo, con la capogruppo Salvatore Ferragamo Italia spa. Il Gruppo è
costituito da una trentina di società partecipate/controllate che gestiscono le reti di vendita
nelle varie aree di sbocco commerciale (area Europa, area America, area Oriente).
Recentemente è stata acquisita una partecipazione nella ZeFer spa, società in joint
venture paritetica al 50% con il Gruppo Zegna, che svolge attività di produzione di articoli
di pelletteria a marchio Zegna, distribuiti dalle società del gruppo medesimo.
Partnership produttive. L'intera attività produttiva è gestita in Italia direttamente dalla
casa madre, capofila dell'intera filiera, attraverso partnership con aziende selezionate
molte delle quali lavorano da anni in esclusiva per il Gruppo (unica eccezione gli occhiali
prodotti da Luxottica). I prodotti, prima di essere commercializzati, vengono sottoposti al
controllo qualità da parte della casa madre Salvatore Ferragamo Italia.
“Il legame con il territorio è considerato strategico dall’azienda: il core business, costituito
da scarpe borse e pelletteria viene pensato disegnato e prodotto a Firenze, all’interno del
distretto toscano del lusso”.
Sviluppo della rete distributiva ed internazionalizzazione commerciale. Dagli anni ’90
l’azienda ha investito sulla propria rete distributiva, sul suo sviluppo, controllo ed
evoluzione, al fine di garantire un forte presidio del mercato finale ed una corretta
comunicazione dell’immagine del marchio. Il retail è il canale privilegiato di Ferragamo.
L’azienda possiede circa 450 punti vendita personalizzati in più di 50 paesi nel mondo di
cui oltre 200 di proprietà. Le aperture del gruppo procedono a un ritmo di 15-20 negozi
l’anno. Negli ultimi due anni infatti sono stati inaugurati nuovi punti vendita diretti in tutto il
mondo (tra i principali: Marbella, Barcellona, Amburgo, Atlantic City, Dallas, Orlando,
Buenos Aires, Bangkok) e oltre cento corner in 65 aeroporti internazionali in Italia,
America, Estremo Oriente e Oceania. Vi è stata inoltre l’apertura di uno shop in shop
all’interno de La Rinascente a Milano.
La recente costituzione di una joint venture con DFL Group, gruppo indiano leader nel
settore Real Estate, risponde all’obiettivo di sviluppare il brand anche sul mercato indiano,
con la realizzazione di boutique di lusso nelle principali città.
La strategia perseguita dall’azienda è quella di una continua espansione senza
aggregazioni e di uno sviluppo all’estero, ma senza ricorrere a delocalizzazioni produttive.
La Salvatore Ferragamo ha deciso di muoversi come gruppo indipendente invece di
perseguire una politica multibrand e di focalizzarsi sulla valorizzazione del proprio marchio,
mirando alla sua diffusione a livello internazionale.
L’azienda è, infine, interessata a una politica di diversificazione strategica delle attività,
come per esempio nel settore alberghiero e nautico, sempre rivolte a un segmento alto di
clientela e coerenti con lo stile Ferragamo.
Tra gli obiettivi dell’attuale AD, Michele Norsa, rientra anche la quotazione in borsa entro il
prossimo anno.
42
Il polo fiorentino della pelle
Le aziende del distretto di medie dimensioni che hanno in portafoglio dei marchi
propri dovranno sempre più prendere coscienza dell’importanza di migliorare le
politiche di marchio e di comunicazione, al fine di rendere maggiormente
riconoscibile la propria offerta. Solo in questo modo sarà possibile trasmettere al
consumatore il valore aggiunto offerto e accrescere la differenziazione rispetto ai
competitors internazionali.
Pelletteria Il Ponte spa - The Bridge: sviluppo delle politiche di marchio
La Pelletteria Il Ponte nasce per iniziativa di alcuni artigiani di Scandicci che nel 1969
costituiscono una società di fatto operante come azienda contoterzista specializzata nella
produzione di articoli di pelletteria. E’ una piccola realtà artigianale che nel corso degli anni
si contraddistingue per l’alta qualità dei prodotti, garantita dall’esecuzione interamente
artigianale delle lavorazioni e dall’utilizzo di pellame conciato al vegetale.
Successivamente l’azienda decide di commercializzare direttamente il prodotto e questo
conduce nel 1975 alla nascita del marchio The Bridge; un momento di svolta per l’azienda
che decide di offrire prodotti dal rapporto prezzo/qualità medio alto nei quali l’alto livello
della materie prime e delle lavorazioni e la qualità del servizio diventano fattori
determinanti di differenziazione rispetto ai competitori. La proposta di cartelle da lavoro e
borse da donna con il marchio The Bridge riscuote successo e l’azienda negli anni si
trasforma in una realtà industriale che produce pelletteria di alta qualità diventando, nel
1981, una società per azioni per poi approdare nel 1999 alla costituzione del gruppo “The
Bridge” (la cui proprietà e gestione è distribuita in maniera paritaria fra i quattro soci
fondatori).
Del gruppo fa parte “Il Ponte Finanziaria spa”, società capogruppo che assolve funzioni di
gestione del marchio e dei servizi commerciali e amministrativi e l’impresa manifatturiera
“Pelletteria Il Ponte spa” da essa controllata. Nel corso del 2007 è stata creata una nuova
società “Il Ponte TBW” per la promozione del marchio “The Bridge Wayfarer” che
caratterizza una linea di prodotti più innovativi.
Oggi The Bridge è una realtà aziendale consolidata che produce una vasta gamma di
articoli, suddivisi in linee diversificate per materiali e forme, dedicate al viaggio, al tempo
libero e al lavoro. I suoi mercati di riferimento sono l’Italia e l’Europa. L’offerta, che si è
ulteriormente ampliata negli ultimi anni, comprende cartelle e borse professionali, borse da
viaggio, borse da donna, articoli di pelletteria, capi di abbigliamento e inoltre calzature e
linee accessorie (quali guanti, ombrelli, foulard). Da qualche anno The Bridge non si
occupa più direttamente della realizzazione delle calzature e degli accessori che vengono
commercializzati su licenza dall’azienda.
L’azienda propone la propria offerta in Italia e all’estero tramite una fitta rete di agenzie di
rappresentanza, corner collocati nei punti vendita di primari clienti, shop in shop e
showroom. Nell’ottica di razionalizzazione dell’attività distributiva l’azienda ha iniziato a
rivedere la rete di vendita in Italia con la creazione di punti vendita a gestione diretta
(Relazione al bilancio d’esercizio 2006).
Per quanto riguarda l’organizzazione del processo produttivo l’azienda ha deciso di dotarsi
di una struttura snella non producendo internamente, ma avvalendosi di una fitta rete di
aziende terziste dislocate prevalentemente in Toscana nell’area fiorentina e di subfornitori
situati nelle regioni del centro sud e nell’area dei paesi dell’Est europeo (ex
Cecoslovacchia). L’azienda detiene anche una partecipazione (49%) nella società “Il
Ponte3T” che ha sede nella repubblica Moldova (Relazione di bilancio 2006).
All’interno delle diverse isole produttive (circa una settantina) viene mantenuta la tradizione
della lavorazione artigianale, unitamente all’impiego di materie prime e accessori
predisposti dall’azienda.
L’azienda svolge al proprio interno le funzioni di progettazione (affidata all’Ufficio stile),
amministrative e commerciali, oltre al coordinamento della attività logistiche. La funzione di
43
Studi sui distretti industriali
ricerca e sviluppo è affidata soprattutto a consulenti esterni, ma l’innovazione qui è meno
incisiva che altrove per la tipologia di prodotti che propone The Bridge, modelli classici
intramontabili che non risentono della volubilità della moda.
Per l’approvvigionamento del pellame l’azienda si avvale della collaborazione della
conceria Il Gabbiano, localizzata nel vicino distretto di Santa Croce, che aveva
sperimentato l’intero processo di trattamento della pelle completamente al vegetale nei
primi anni di attività della pelletteria diventandone unico fornitore. La fattiva collaborazione,
ormai trentennale, tra le due aziende ha contribuito a mantenere costante nel tempo la
qualità del pellame utilizzato e ad accrescere la notorietà del marchio.
Il vantaggio competitivo dell’azienda fin dalle origini è basato sulle caratteristiche del
prodotto: produzione artigianale elevata e alta qualità della pelle conciata al vegetale,
senza impiego di sostanze chimiche. “Nel corso della lavorazione della pelle vengono
infatti utilizzati, fra gli altri prodotti, tannini vegetali, estratto di quebraco e di mimosa; tutte
sostanze naturali e biodegradabili, che danno alla pelle un aspetto piacevole per la vista e
per il tatto. Per la tintura inoltre si usano solo tamponi di lana passati a mano che esaltano
la naturalezza del cuoio e che danno sfumature uniche rendendo ogni prodotto diverso
dall’altro. La lucidatura infine segue la tradizione toscana ed è effettuata coi rulli d'ambra”.
La competenza degli artigiani pellettieri e l’immagine del territorio fiorentino vengono
considerati dall’azienda come leve competitive e fattori imprescindibili del successo del
marchio The Bridge nel corso degli anni.
Nei suoi trent’anni di attività l’azienda ha sempre investito risorse nel settore marketing e
comunicazione. Recentemente The Bridge ha assunto al proprio interno “la direzione
creativa delle campagne promozionali, con lo scopo di rafforzare il concetto di marchio e
infondere in esso il valore, la personalità e la filosofia dell’azienda”.
La strategia perseguita negli ultimi anni è stata quella di consolidare la fascia di prodotto
classico intramontabile “The Bridge” e, nel contempo, diversificare la produzione con
l’introduzione di prodotti più fashion, sperimentando la realizzazione di articoli in tessuto o
altro materiale sempre di qualità medio-alta.
A tale scopo nel 2001 è stato creato anche il brand The Bridge Wayfarer, che
contraddistingue un vasto assortimento di articoli da viaggio professionali e per il tempo
libero e si rivolge ad un target aperto alle innovazioni, utilizzando la chiave dei materiali
tecnologici e del design. A servizio del brand, è stata creata successivamente nel 2007 la
una nuova società, “Il Ponte TBW”, sempre con sede a Scandicci e showroom a Milano.
“Proprio nella diversa natura del brand rispetto a The Bridge e nella necessità di farlo
crescere in maniera autonoma da quest'ultimo risiedono le motivazioni della nascita di
questa nuova società”. L’azienda ha effettuato anche consistenti investimenti per la
realizzazione di una rete informatica e utilizza un sistema software intergrato per la
gestione aziendale.
Un discorso analogo vale per le piccole imprese che operano in un regime
produttivo misto, a marchio proprio e conto terzi; anch’esse dovranno puntare su
innovazione tecnologica, politiche di marchio e sviluppo della rete distributiva,
mantenendo, in tal modo, il contatto con il mercato finale.
Sul fronte distributivo, l‘implementazione di punti vendita retail può
rappresentare una strategia da seguire, in una logica di migliore interpretazione
delle tendenze della moda e comunicazione più diretta dell’offerta. Questa linea
strategica può risultare efficace sia per consolidare la posizione su mercati maturi
che per affermarsi su nuovi mercati di sbocco.
Andando alle prospettive per la rete di fornitura, sembra fondamentale in futuro
andare a migliorare le capacità di innovazione dei processi, attraverso
investimenti tecnologici ed informatici (CCIAA di Firenze, 2005). Spazi di
44
Il polo fiorentino della pelle
innovazione sono possibili sia con riferimento alla progettazione, che alle fasi di
preparazione (Firenze Tecnologia).
Gli operatori del settore più avveduti sono consapevoli della necessità di
introdurre innovazioni di processo, avanzamenti tecnologici e informatici e di
dotarsi di nuovi macchinari da gestire creando forme di cooperazione
orizzontale tra reti di piccole imprese (ricorrendo a formule consortili come, ad
esempio, l’iniziativa del Consorzio Centopercento italiano).
Riveste però un’importanza decisiva un’azione collettiva che veda coinvolti i
protagonisti del polo produttivo (imprese, società consortili, associazioni di
categoria), ma anche istituzioni e strutture universitarie locali. E’ necessaria infatti
un’azione sinergica dei vari attori distrettuali, pubblici e privati, per sostenere lo
sviluppo del tessuto produttivo locale attraverso interventi volti a favorire lo
sviluppo di risorse “di sistema” e tesi a rafforzare alcune funzioni strategiche
per le imprese (per es. formazione, servizi per l’innovazione tecnologica,
organizzativa, di prodotto ecc.). Un ruolo importante per la creazione di un
efficiente mercato dei servizi alle Pmi può essere svolto da enti camerali,
associazioni imprenditoriali e società consortili con funzione di erogazione di
servizi. L’eterogeneità dei soggetti coinvolti richiede, peraltro, anche un’attività di
coordinamento onde evitare dispersioni e ottimizzare le risorse.
Tab. 4.1 Le strategie aziendali di alcune imprese che operano nel Polo
Gucci Group
Ferragamo
Braccialini
Pelletteria Il
Ponte
Nannini
Sapaf
Sì
Sì
Sì
Sì
No
No
Gruppo Ppr
Famiglia
Ferragamo
Gruppo Mbfg
4 soci fondatori
Famiglia
Nannini
Azienda
familiare
Qualità di prodotto
Alta
Alta
Alta
Alta
Medio-alta
Alta
Differenziazione produttiva
Alta
Alta
Alta
Medio-alta
Media
Media
Innovazione di prodotto
Alta
Alta
Alta
Media
Media
Alta
Esternalizzazione produttiva
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
No
Internazionalizzazione
produttiva
Sì
No
No
Sì
Sì
No
Alta
Alta
Medio-alta
Medio-alta
Media
Bassa
Punti vendita in Italia
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
No
Punti vendita all’estero
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
No
Strategie aziendali
Gruppo
Struttura proprietaria
Presenza nella fase distributiva
Importanza marchio
Alta
Alta
Alta
Alta
Media
Alta
Politica multibrand
Sì
No
Sì
No
No
No
Licenze
Sì
Sì
Sì
Sì
No
No
Leadership
Sì
Sì
Sì
di nicchia
No
No
In questo contesto è necessario che la piccola imprenditoria distrettuale superi le
barriere culturali e psicologiche che si frappongono all’utilizzo di strumentazioni
tecnologiche più evolute e all’automazione di alcune fasi del processo produttivo, che
potrebbero, invece, coesistere con fasi di lavorazione manuale ad alto valore
aggiunto. L’automazione di alcune fasi non andrebbe a detrimento dell’artigianalità del
prodotto e potrebbe contribuire a razionalizzare e velocizzare il processo produttivo
migliorando il servizio al cliente.
45
Studi sui distretti industriali
Chiave di volta è l’implementazione di politiche formative con una maggiore
articolazione delle attività formative già avviate in ambito distrettuale.
Il fattore competenze rappresenterà in futuro la discriminante fondamentale per
l’autonomia e la solidità delle aziende. Si tratta da un lato di salvaguardare le
competenze tacite proprie del distretto e, dall’altro, di promuovere l’innovazione dei
tradizionali modelli imprenditoriali. La formazione e la creazione di nuove figure
professionali assumono in questo un ruolo rilevante, per arricchire le imprese operanti
e far sì che queste siano in grado di affrontare le nuove sfide dell’attuale contesto
competitivo.
La complessità dei rapporti di rete in questo contesto richiede un ruolo attivo da
parte delle imprese leader per sostenere la competitività del sistema distrettuale
traendone vantaggio.
Esse devono saper valorizzare le competenze “tipiche” della rete distrettuale,
per salvaguardare quel carattere di eccellenza produttiva che ha dato prestigio e fama
alle aziende del polo fiorentino contribuendo ad affermare il nostro made in Italy nel
mondo. La presenza di un network di fornitura in grado di garantire l’alta qualità delle
lavorazioni a tutti i livelli (e certificate made in Itay) offre, infatti, vantaggi alle aziende
leader in termini di credibilità ed immagine, consolidando la loro competitività. Per
evitare di disperdere questo ricco patrimonio di conoscenze è necessario che le
imprese leader non perdano di vista e “controllino” il fenomeno della diffusione di
imprenditorialità cinese a basso costo, ma “irregolare” e non “integrata” nel tessuto
distrettuale.
Anche il tessuto produttivo locale di piccole imprese fornitrici e terziste dovrà, però,
cercare di rafforzarsi se non riqualificarsi, proponendosi sempre più come “aziende
partner” e strategiche per il committente, approfondendo le proprie capacità
progettuali e ponendosi su un piano di collaborazione con i clienti. Ciò significa saper
coniugare le conoscenze tacite e il know how di alto profilo del contesto distrettuale
con le nuove competenze “assimilate” attraverso il rapporto con imprese leader. La
confluenza di queste diverse competenze “distintive” e l’interazione con altri settori
complementari di supporto (fornitori di macchinari, tecnologie, consulenza, ecc.)
aumentano la competitività delle piccole imprese accrescendo la loro importanza e
centralità per le aziende leader.
Tab. 4.2 - L’analisi Swot del Polo fiorentino della pelle
Punti di forza
- Qualità dei materiali garantita dalla vicinanza
del distretto della concia di S. Croce sull’Arno
- Competenze tacite distrettuali
- Qualità delle lavorazioni
- Creatività e ricerca stilistica
- Presenza grandi griffe internazionali
- Attori complementari alla filiera (fornitori di
macchine e servizi)
- Sostegno delle istituzioni locali
Opportunità
- Forte attrazione dei nuovi mercati emergenti
per il made in Italy (prodotti e lifestyle)
- Innovazione dei processi produttivi
- Cooperazione orizzontale fra Pmi
- Creazione di nuove figure professionali, con
spiccata manualità, ma anche in grado di
utilizzare strumentazioni informatiche
- Divenire partner strategici delle griffe
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Punti di debolezza
- Gerarchizzazione dei rapporti fornitura
- Eccessiva dipendenza delle imprese terziste
da aziende leader
- Scarsa innovazione tecnologica del sistema
locale di Pmi
- Basso livello di scolarizzazione nelle Pmi
- Assenza di politiche di marchio delle Pmi
- Difficoltà presidio mercato finale per le piccole
imprese
Minacce
- Concorrenza delle economie emergenti (Cina
in primis)
- Progressiva perdita del patrimonio di
competenze e mancanza di personale
qualificato (cucitrici di macchina, prototipisti,
modellisti, ecc.), con conseguente:
• crisi di immagine e credibilità del territorio
• abbandono del territorio delle griffe
Il polo fiorentino della pelle
Bibliografia e sitografia
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della pelle. Un’indagine sulla domanda d’innovazione nelle imprese del settore
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CCIAA di Firenze (2005), Arti e Mercature, n.1 gennaio-giugno, Firenze
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www.docup.toscana.it
www.fi.camcom.it/ftp/A&Mweb/Home-0.htm
www.gucci.com
www.salvatoreferragamo.it
www.sapaf54.it/
www.thebridge.it
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Studi sui distretti industriali
Le pubblicazioni sui Distretti del Servizio Studi e Ricerche
Studi sui distretti industriali
Monografie sui principali distretti industriali italiani
ƒ Il distretto del mobile della Brianza, Marzo 2003
ƒ Il distretto del mobile del Livenza e Quartiere del Piave, Agosto 2003
ƒ Il distretto della calzatura sportiva di Montebelluna, Agosto 2003
ƒ Il distretto del tessile–abbigliamento di Schio-Thiene-Valdagno, Settembre 2003
ƒ Il distretto delle piastrelle di Sassuolo, Dicembre 2003
ƒ Il distretto della calzetteria di Castel Goffredo, Gennaio 2004
ƒ Il distretto dei metalli di Lumezzane, Febbraio 2004
ƒ Il distretto del tessile–abbigliamento di Prato, Marzo 2004
ƒ Il distretto del mobile di Pesaro, Giugno 2004
ƒ Il distretto dell’occhialeria di Belluno, Settembre 2004
ƒ Il distretto della concia di Arzignano, Settembre 2004
ƒ Il distretto delle calzature di Fermo, Febbraio 2005
ƒ Il distretto tessile di Biella, Marzo 2005
ƒ Il distretto della sedia di Manzano, Maggio 2005
ƒ Il distretto serico di Como, Agosto 2005
ƒ Il distretto della calzetteria di Castel Goffredo (aggiornamento), Novembre 2005
ƒ Il distretto dei prodotti in pelle e cuoio di Santa Croce sull’Arno, Dicembre 2005
ƒ Il distretto della concia di Arzignano (aggiornamento), Aprile 2006
ƒ Il distretto del mobile imbottito della Murgia, Giugno 2006
ƒ I distretti italiani del mobile, Maggio 2007
ƒ Il distretto conciario di Solofra, Giugno 2007
ƒ Il distretto dei prodotti in pelle e cuoio di S.Croce sull’Arno (aggiorn.), Settembre 2007
ƒ Il distretto della calzatura del Brenta, Ottobre 2007
ƒ Il distretto della calzatura Veronese, Dicembre 2007
ƒ Il polo fiorentino della pelle, Luglio 2008
Monitor dei distretti
Trimestrale di congiuntura e previsioni sui principali distretti industriali italiani
ƒ Ultimo numero: Luglio 2008
APPENDICE
CERTIFICAZIONE DEGLI ANALISTI
Gli analisti finanziari che hanno redatto il presente documento e il cui nome e ruolo sono riportati nella presente pubblicazione
certificano che le opinioni, previsioni o stime contenute nel documento stesso sono il risultato di un autonomo e soggettivo
apprezzamento dei dati, degli elementi e delle informazioni acquisite e che nessuna parte del proprio compenso è stata, è o
sarà, direttamente o indirettamente, collegata alla strategia di investimento raccomandata o proposta in questo documento.
IMPORTANTI COMUNICAZIONI
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