Studi sui distretti industriali Il Polo fiorentino della pelle Servizio Studi e Ricerche Luglio 2008 Il polo fiorentino della pelle Indice Executive summary 3 1. Analisi strutturale 7 1.1 Collocazione ed estensione del distretto 7 1.2 La storia del sistema locale 7 1.3 Il distretto secondo i dati di Censimento e della Camera di commercio 8 1.4 I prodotti e l’organizzazione della filiera distrettuale 13 1.5 L’articolazione strategica e gli attori distrettuali 15 2. Gli scambi commerciali 29 3. Crescita e redditività secondo i bilanci aziendali 33 4. Lo scenario competitivo 37 4.1 Il nuovo contesto competitivo 37 4.2 Punti di forza e di debolezza del sistema distrettuale 39 4.3 Sfide e strategie evolutive 40 Casi aziendali Colzi srl 16 Sapaf snc 16 Gucci Group 18 Braccialini srl 20 Nannini spa 22 Salvatore Ferragamo spa 41 Pelletteria Il Ponte spa 43 Bibliografia e sitografia 47 A cura di: Cristina De Michele, Giovanni Foresti e Stefania Trenti Database management: Giovanna Bocchioli Realizzato in collaborazione con il TEDIS – Venice International University Un ringraziamento per i dati forniti da Antonella Innocenti dell’Ufficio statistica e studi della Camera di commercio di Firenze. Si ringraziano tutti i colleghi che hanno letto una versione precedente di questo lavoro e, in particolare, i colleghi che operano nel distretto, Stefano Veracini (Centro Imprese di Firenze) e Alfonso Tedesco (Centro Corporate Firenze). Studi sui distretti industriali 2 Il polo fiorentino della pelle Executive summary Il polo fiorentino della pelletteria di alta qualità, ormai considerato un vero e proprio distretto del lusso, si estende nella provincia di Firenze in un’area che va da Scandicci, Lastra a Signa e Impruneta fino, a sud, a Pontassieve e in generale alla Val di Sieve. La produzione del distretto è principalmente rappresentata da articoli di pelletteria quali borse (33%), portafogli (15,3%), cinture (2,4%) ed altri articoli in pelle (valigie, sacche da viaggio, borsoni, borse da lavoro), collocabili nella fascia prezzo/qualità alta (fino al segmento del lusso) o medio-alta. Secondo i dati di censimento Istat, nel 2001 un quarto degli addetti della pelletteria italiana trovava impiego nel polo. Nel distretto sono presenti anche imprese specializzate nel comparto calzaturiero. Il polo fiorentino si distingue per le tradizionali competenze artigianali di lavorazione, unite alla qualità dei materiali, alla cura dei dettagli, alla creatività e alla ricerca stilistica. Il sistema locale è caratterizzato da competenze tacite che consentono di realizzare un prodotto di alta qualità conosciuto in tutto il mondo. L’alta qualità del prodotto finale è garantita anche dal legame con il vicino distretto di S. Croce sull’Arno che, oltre ad offrire pelli di qualità e differenziate per tipologia e lavorazione, anticipa, con l’ausilio di team interni di tecnici e la collaborazione di stilisti e modellisti, le tendenze della moda, seguendo il cliente sin dalla fase creativa e proponendo campionari nuovi e “personalizzati” per le imprese del Polo fiorentino. Nell’ambito distrettuale coesistono sia grandi griffe (Gucci, Ferragamo, Prada, Lvmh, etc.) che agiscono come soggetti leader e global player nel Sistema moda, sia piccole e medie imprese locali dotate di un proprio marchio. Queste ultime si caratterizzano per una vocazione spiccatamente artigianale, detengono un know how indispensabile per le imprese del settore e mostrano un’elevata propensione agli investimenti e all’aggregazione in strutture consortili. Nell’area è presente inoltre un fitto reticolo di piccole imprese, collocate nelle diverse fasi produttive, che si inserisce nella rete di fornitura delle imprese finali. Accanto a queste lavorano fornitori specializzati di componenti ed accessori e rivenditori di macchinari per la pelletteria, oltre ad aziende che offrono servizi di consulenza per lo stile e l’organizzazione degli stabilimenti nei settori della pelletteria e calzaturiero. Le aziende leader sono sia di origine endogena al distretto (ad esempio Gucci, Ferragamo, The Bridge), che provenienti dall’esterno (Lvmh, Mariella Burani Fashion Group, Prada etc.). Nel primo caso le imprese emergono dalla storia del distretto come attori di spicco, andando ad occupare gradualmente il ruolo di interfaccia tra il sistema locale ed i mercati di sbocco; nel secondo caso si assiste all’entrata di imprese già di grandi dimensioni ed operanti su scala transnazionale. Le imprese leader affiancano il prodotto tradizionale di pelletteria, la borsa, a vari accessori in pelle e, in alcuni casi, estendono la propria offerta in altri comparti del Sistema moda (es. Gucci), seguendo una strategia di brand extension comune a molte grandi griffe della moda. Il polo è caratterizzato da una forte vocazione all’export rivolto prevalentemente ai paesi dell’Europa (Svizzera, Francia, Regno Unito in primis), agli Stati Uniti e al Giappone. Il nucleo delle grandi imprese che opera nel settore del lusso risulta altamente internazionalizzato, mentre le imprese prive di marchio proprio e ancora di più quelle della subfornitura dei grandi player incontrano delle difficoltà nei loro 3 Studi sui distretti industriali processi di internazionalizzazione commerciale. L’internazionalizzazione produttiva è invece contenuta, per via della qualità dei prodotti trattati che può essere messa a repentaglio spostando all’estero la produzione, ma anche per la presenza di numerose microimprese cinesi che possono assicurare un costo del lavoro relativamente contenuto per le fasi del ciclo produttivo a più basso valore aggiunto. I forti cambiamenti intervenuti nello scenario internazionale, la crescente apertura dei mercati e la concorrenza internazionale hanno messo a dura prova le imprese del polo fiorentino della pelle. L’evoluzione di esportazioni, fatturato e redditività consentono di osservare come, tuttavia, gli attori distrettuali abbiano saputo trovare rapidamente le “giuste contromisure” all’inasprimento del contesto competitivo. In questo il distretto è stato anche favorito dall’evoluzione degli stili di consumo, che ha stimolato la domanda di pelletteria in pelle di lusso, divenuta nel tempo uno strumento imprescindibile per personalizzare e “qualificare” il proprio look a costi relativamente accessibili e con acquisti anche saltuari, affiancandoli a capi di abbigliamento e/o calzature anche di qualità non elevata. Tra il 2003 e il 2007 il distretto ha, infatti, conosciuto una notevole espansione sui mercati esteri, che è stata accompagnata da un ampliamento dell’avanzo commerciale, nonostante l’aumento sostenuto delle importazioni. Anche il fatturato complessivo desumibile dai bilanci aziendali, dopo un 2002 difficile, è tornato a crescere a ritmi sostenuti. A differenza di quanto avvenuto al di fuori del distretto, l’aumento del fatturato è stato accompagnato da un rafforzamento delle condizioni reddituali, spinte verso l’alto dal miglioramento dei già elevati margini unitari (a indicazione dell’alta qualità delle produzioni realizzate nel territorio fiorentino). Le imprese dislocate nel resto d’Italia, invece, non sono riuscite ad innalzare il proprio mark-up e, conseguentemente, il Roi, mostrando un “defict reddituale” rispetto agli operatori del polo di Firenze. I dati di bilancio sono quindi indicativi dei buoni livelli di competitività raggiunti dalle imprese fiorentine, che sono riuscite a conquistare nuove quote di mercato, innalzando ulteriormente la propria (già alta) redditività industriale. La reattività delle imprese del distretto è dipesa e dipende da molti fattori, che vanno dalla ricchezza e “qualità” del tessuto produttivo, alla presenza in loco delle grandi griffe. Il tessuto produttivo locale ha consentito alle imprese più dinamiche del distretto di riorganizzarsi in strutture più snelle, a rete, mantenendo al proprio interno le fasi a maggior valore aggiunto ed affidando all’esterno, nella maggior parte dei casi sempre nel territorio fiorentino, le fasi di trasformazione del prodotto. La vitalità del polo distrettuale è stata garantita anche dal fermento di iniziative promosse da una serie di attori locali, istituzionali e privati, a sostegno del distretto (iniziative consortili di promozione dei prodotti distrettuali e di supporto all’innovazione delle imprese, certificazioni etiche e di qualità per la filiera della pelletteria, azioni di marketing territoriale, attività di formazione etc.). Anche le grandi griffe internazionali hanno contribuito a trainare l’economia locale nei periodi di crisi, favorendo la circolazione di nuove competenze produttive e il presidio delle fasi a valle di commercializzazione e distribuzione del prodotto. L’insediamento di grandi player della moda ha, tuttavia, prodotto anche alcuni effetti negativi come, ad esempio, un rapporto di forte dipendenza delle 4 Il polo fiorentino della pelle imprese più piccole terziste e una gerarchizzazione dei rapporti di fornitura, con una conseguente perdita di contatto con il mercato finale per molte imprese locali. Nella situazione attuale, le principali sfide per le aziende del lusso operanti nei mercati finali sono collegate alla capacità delle imprese, da un lato, di potenziare i rapporti con il sistema produttivo locale e, dall’altro lato, di inserirsi nelle reti globali del valore, sviluppando relazioni internazionali nelle fasi a valle e operando come player del più generale Sistema moda, grazie all’immagine acquisita e alla diversificazione dei prodotti e dei marchi in portafoglio. Le aziende del distretto di medie dimensioni con marchi propri dovranno sempre più prendere coscienza dell’importanza di migliorare le politiche di marchio e di comunicazione, al fine di trasmettere il valore aggiunto offerto e accrescere la differenziazione rispetto ai competitor internazionali. Lo stesso discorso vale per le piccole imprese che operano in un regime produttivo misto, a marchio proprio e conto terzi: anch’esse dovranno in prospettiva puntare su innovazione tecnologica, politiche di marchio e sviluppo della rete distributiva, mantenendo, in tal modo, il contatto con il mercato finale. Più complessa è la situazione per i fornitori, subfornitori e terzisti locali. Sono questi soggetti ad aver sofferto maggiormente negli ultimi anni, così come è evidente anche dal calo, a partire dal 2003, del numero di imprese individuali e società di persone attive nella pelletteria nella provincia di Firenze. Le imprese leader possono in tal senso avere un ruolo attivo, traendone vantaggio, per contribuire a sostenere e rilanciare la competitività di questi attori e, quindi, a ben vedere, del sistema distrettuale. E’ necessario che queste sappiano valorizzare le competenze “tipiche” della rete distrettuale, anche tenendo sotto controllo il fenomeno della diffusione di imprenditorialità cinese a basso costo, “irregolare” e non “integrata” nel tessuto distrettuale. La presenza di un network di fornitura in grado di garantire l’alta qualità delle lavorazioni a tutti i livelli (e certificate made in Itay) offre, infatti, vantaggi alle aziende leader in termini di credibilità ed immagine, consolidando la loro competitività. Anche il tessuto produttivo locale di piccole imprese fornitrici e terziste dovrà, però, cercare di rafforzarsi e riqualificarsi, proponendosi sempre più come “partner” strategico per il committente, approfondendo le proprie capacità progettuali e ponendosi su un piano di collaborazione con i clienti. Ciò significa saper coniugare le conoscenze tacite e il know how di alto profilo del contesto distrettuale con i nuovi saperi “assimilati” attraverso il rapporto con imprese leader. La confluenza di queste diverse competenze “distintive” e l’interazione con altri settori complementari di supporto (fornitori di macchinari, tecnologie, consulenza, ecc.) aumentano la competitività delle piccole imprese accrescendo la loro importanza e centralità per le aziende leader. A questo fine, la rete di fornitura non potrà fare a meno di innovare i processi produttivi, attraverso investimenti tecnologici ed informatici. Spazi di innovazione sono possibili sia con riferimento alla progettazione, sia alle fasi di preparazione e di taglio. Gli operatori del settore più avveduti sono consapevoli della necessità di introdurre innovazioni di processo, avanzamenti tecnologici e informatici e di dotarsi di nuovi macchinari da gestire creando forme di cooperazione orizzontale tra reti di piccole imprese (ricorrendo a formule consortili come, ad esempio, l’iniziativa del Consorzio Centopercento italiano). 5 Studi sui distretti industriali In questo contesto è necessario che la piccola imprenditoria distrettuale superi le barriere culturali e psicologiche che si frappongono all’utilizzo di strumentazioni tecnologiche più evolute e all’automazione di alcune fasi del processo produttivo, che potrebbero, invece, coesistere con fasi di lavorazione manuale ad alto valore aggiunto. L’automazione di alcune fasi non andrebbe a detrimento dell’artigianalità del prodotto e potrebbe contribuire a razionalizzare e velocizzare il processo produttivo migliorando il servizio al cliente. Il fattore competenze rappresenterà in futuro la discriminante fondamentale per l’autonomia e la solidità delle aziende. Si tratta da un lato di salvaguardare le competenze tacite proprie del distretto e, dall’altro, di promuovere l’innovazione dei tradizionali modelli imprenditoriali. La formazione e la creazione di nuove figure professionali assumono in questo un ruolo rilevante, per arricchire le imprese e far sì che queste siano in grado di affrontare le nuove sfide poste dall’attuale contesto competitivo. Chiave di volta è l’implementazione di politiche formative con una maggiore articolazione delle attività di formazione già avviate in ambito distrettuale. Riveste quindi ’importanza decisiva un’azione collettiva che veda coinvolti i protagonisti del polo produttivo (imprese, società consortili, associazioni di categoria), ma anche istituzioni e strutture universitarie locali. E’ necessaria infatti un’azione sinergica dei vari attori distrettuali, pubblici e privati, per sostenere lo sviluppo del tessuto produttivo locale attraverso interventi volti a favorire lo sviluppo di risorse “di sistema” e tesi a rafforzare alcune funzioni strategiche per le imprese (per es. formazione, servizi per l’innovazione tecnologica, organizzativa, di prodotto ecc.). Un ruolo importante per la creazione di un efficiente mercato dei servizi alle Pmi può essere svolto da enti camerali, associazioni imprenditoriali e società consortili con funzione di erogazione di servizi. 6 Il polo fiorentino della pelle 1. Analisi strutturale 1.1 Collocazione ed estensione del distretto Il polo fiorentino della pelletteria di alta qualità, ormai considerato un vero e proprio distretto del lusso, si estende nella provincia di Firenze in un’area che va da Scandicci, Lastra a Signa e Impruneta fino, a sud, a Pontassieve e in generale alla Val di Sieve (CCIAA di Firenze, 2005). Sulla base della delibera del Consiglio Regionale n. 69 del 21/02/2000, si è provveduto alla identificazione di Sistemi Produttivi Locali Manifatturieri e dei Distretti industriali per la Regione Toscana. In particolare, sulla base di tale classificazione è possibile ricondurre all’interno del Polo fiorentino della pelle i Sistemi Economici Locali che presentano una marcata specializzazione nei settori pelle, cuoio e calzature, ovvero: - il S.E.L. 9.2 Area Fiorentina – Quadrante Val di Sieve comprendete i comuni di Dicomano, Londa, Pelago, Pontassieve, Rufina e San Godenzo; - il S.E.L. 9.3 Area Fiorentina – Quadrante Centrale, comprendente i Comuni di Bagno a Ripoli, Calenzano, Campi Bisenzio, Fiesole, Firenze, Lastra a Signa, Scandicci, Sesto Fiorentino e Signa. 1.2 La storia del sistema locale La nascita delle prime imprese nel distretto è fatta risalire alla seconda metà dell’Ottocento; pioniere di questo processo è Guccio Gucci, che decide poi negli anni Venti di aprire un laboratorio specializzato nella pelletteria, articoli da viaggio e da selleria, insieme con un negozio a Firenze (Batazzi, Bortolotti, Simoni, 2005). Le lavorazioni si mantengono su scala prettamente artigianale. Si eseguono all’interno dei laboratori tutte le fasi del processo produttivo (taglio, scarnitura, montaggio e cucitura), realizzando un prodotto di qualità. L’artigiano lavora su ordinazione, progettando e realizzando prodotti “su misura”, personalizzati. Vengono acquisite importanti competenze nel trattamento di materiali particolari, come le pelli di coccodrillo e di lucertola. È il periodo tra gli anni Cinquanta e Sessanta che vede la costituzione di un vero polo della pelletteria. A partire dagli anni Cinquanta, infatti, i piccoli laboratori iniziano a mutare, passando da impresa artigianale ad industriale, allungano il canale per arrivare al cliente finale, rivolgendosi, molto spesso, non più al consumatore finale bensì ad un’altra impresa committente, con un proprio marchio, una propria catena distributiva o un negozio. L’idea di prodotto cambia passando da personalizzato a lotto, come anche il processo produttivo che diviene più articolato, introducendo la fase di progettazione e prototipizzazione del prodotto. Si passa così alla nascita di spin-off per la realizzazione di una maggiore specializzazione per fasi, alla gestione di ingenti quantitativi meno personalizzati da produrre nel minor tempo possibile e realizzando economie di scala. In questi anni iniziano, pian piano, a delinearsi le esternalizzazioni di alcune fasi del processo produttivo, in particolare per le lavorazioni a domicilio: le imprese affidano all’esterno, nella maggior parte dei casi ai familiari dell’operaio di banco, la realizzazione di alcune componenti, ad esempio le fodere, le tracolle e le maniglie. Successivamente il fenomeno dell’esternalizzazione investe anche altre fasi del processo produttivo, quali il montaggio. Il tipo di relazione tra committente e produttore è diretto, ma può prevedere ulteriori passaggi per fasi 7 Studi sui distretti industriali specifiche del ciclo. Si può verificare anche una sorta di rapporto di collaborazione per la realizzazione del design. La massima espansione del distretto si ha tra gli anni Settanta e Novanta, con una forte crescita del numero di imprese e di addetti occupati. Nel corso degli anni settanta il processo di esternalizzazione si consolida con la comparsa di nuove figure a fianco dell’azienda che commercializza il prodotto finito. Molti marchi stranieri iniziano ad interessarsi al sistema locale sviluppando reti produttive, con ricadute positive sul territorio. Da un lato i processi produttivi rimangono pressoché gli stessi, dall’altro lato si registra una crescente dinamicità delle imprese nelle fasi di ricerca, progettazione e marketing. Agli inizi degli anni novanta il distretto attraversa una fase di crisi che investe alcune realtà aziendali e viene avvertita la necessità di snellire le strutture organizzative anche per la crescente globalizzazione dei mercati. Si delineano strutture a rete che consentono di gestire meglio le diverse fasi del ciclo produttivo. Le aziende puntano al costante potenziamento del valore aggiunto dei prodotti; fattori di competitività per la pelletteria di lusso sono sempre più rappresentati dal marchio, dalla qualità e design di prodotto, dall’organizzazione interna e dallo sviluppo di reti di fornitura, logistica e controllo della rete distributiva (Batazzi, Bortolotti, Simoni, 2005). Le evoluzioni degli ultimi anni possono essere ricondotte al consolidamento di vari attori leader e alla gerarchizzazione del sistema produttivo locale (§ 1.5). Si sta delineando però una nuova fase di “controllo diretto della produzione esterna o ricorso selettivo all’esterno” da parte delle imprese leader distrettuali. Alcune di esse per far fronte alla crescente complessità del mercato iniziano a “presidiare direttamente alcune attività (prima svolte ricorrendo a licenze esterne o a rapporti di subfornitura tradizionali) attraverso l’acquisto di unità produttive esterne (per esempio l’acquisizione di calzaturifici da parte di Gucci e Prada o l’acquisizione di alcune pelletterie da parte di note griffe italiane o straniere) o impostando politiche di fornitura più selettive, nelle quali si sviluppano rapporti collaborativi e di interazione reciproca solo con alcuni fornitori. In quest’ultimo caso, il ricorso all’esterno non significa necessariamente ‘ricorso al sistema locale’, in quanto per molti servizi ritenuti critici e per particolari produzioni ci si rivolge sempre più a un’offerta nazionale o internazionale” (Irpet, 2004). 1.3 Il distretto secondo i dati di Censimento e della Camera di commercio 1.3.1 La struttura produttiva e dimensionale L’analisi delle dimensioni del polo fiorentino della pelle prende in esame i dati relativi al codice Ateco 19, preparazione e concia del cuoio, fabbricazioni di articoli da viaggio, borse, marocchineria, selleria e calzature. L’analisi considera il distretto nel suo complesso e i due sistemi produttivi locali che ne fanno parte (il S.E.L. 9.2 Area Fiorentina – Quadrante Val di Sieve e il S.E.L. 9.3 Area Fiorentina – Quadrante Centrale), specializzati nelle lavorazioni della pelle, del cuoio e nella produzione di calzature. Complessivamente (Tab. 1.1), il distretto fiorentino al 2001 comprende 2.266 unità locali, per 11.008 addetti e una dimensione media per unità locale di 4,9 addetti. Il polo fiorentino assorbe il 32% delle unità locali toscane appartenenti al settore in esame, raccogliendo il 21,5% degli addetti del settore sempre a livello regionale. Sui dati nazionali, il polo pesa per il 9,4% in termini di unità locali e per 8 Il polo fiorentino della pelle il 5,3% in termini di addetti. Analizzando i dati Istat per S.E.L., si nota come il Quadrante Centrale (area di Scandicci) costituisca l’89,4% (2.026) dell’insieme delle unità locali del distretto, raccogliendo l’83,3% (9.175) degli addetti del polo. Analizzando il peso percentuale sia in termini di unità locali sia di addetti per le due aree del polo, si evidenzia come a differenziare particolarmente i due Quadranti sia la dimensione media di impresa: il Quadrante Centrale presenta una media di 4,5 addetti per unità locale contro i 7,6 del Quadrante Val di Sieve. La dimensione media del distretto (4,9 addetti per unità locale) risulta essere in linea con la media del Quadrante Centrale, visto il peso percentuale elevato di tale S.E.L.. La dimensione media nella Regione e in Italia è più elevata e pari rispettivamente a 7,2 e 8,52 addetti per unità locale. Tab. 1.1 – POLO FIORENTINO DELLA PELLE: unità locali, addetti e dimensioni medie (a) Area 1991 Unita' Locali 1996 2001 VALORI ASSOLUTI Addetti 1991 1996 2001 Dimensioni Medie 1991 1996 2001 S.E.L. 9.2 Area Fiorentina – Quadrante Val di Sieve Dicomano Londa Pelago Pontassieve Rufina San Godenzo 18 8 66 114 54 5 22 11 58 99 57 4 19 11 51 100 53 6 102 32 313 789 300 11 192 50 292 846 370 18 192 76 251 877 420 17 5,67 4,00 4,74 6,92 5,56 2,20 8,73 4,55 5,03 8,55 6,49 4,50 10,11 6,91 4,92 8,77 7,92 2,83 Subtotale area 265 251 240 1.547 1.768 1.833 5,84 7,04 7,64 S.E.L. 9.3 Area Fiorentina – Quadrante Centrale Bagno a Ripoli Calenzano Campi Bisenzio Fiesole Firenze Lastra a Signa Scandicci Sesto Fiorentino Signa 72 39 200 14 628 141 266 67 87 77 41 115 14 636 111 284 162 76 58 38 128 9 735 106 308 574 70 654 464 553 40 2.978 893 2.153 595 505 764 275 367 51 2.792 1.010 2.879 1.132 420 641 215 329 33 2.299 800 2.964 1.670 224 9,08 11,90 2,77 2,86 4,74 6,33 8,09 8,88 5,80 9,92 6,71 3,19 3,64 4,39 9,10 10,14 6,99 5,53 11,05 5,66 2,57 3,67 3,13 7,55 9,62 2,91 3,20 1.514 1.516 2.026 8.835 9.690 9.175 5,84 6,39 4,53 Totale aree % quadrante Val di Sieve / totale aree % quadrante Centrale / totale aree % totale aree / Toscana % totale aree / Italia 1.779 14,9% 85,1% 24,7% 6,5% 1.767 14,2% 85,8% 26,0% 6,9% 2.266 10,6% 89,4% 32,0% 9,4% 10.382 14,9% 85,1% 19,8% 4,3% 11.458 15,4% 84,6% 21,0% 5,0% 11.008 16,7% 83,3% 21,5% 5,3% 5,84 6,48 4,86 Toscana % Italia 7.195 26,1% 6.798 26,7% 7.087 29,3% 52.442 21,5% 54.640 23,7% 51.318 24,9% 7,29 8,04 7,24 Italia 27.570 25.451 24.195 243.542 230.543 206.035 8,83 9,06 8,52 91/'01 VALORI % Addetti 91/'96 96/'01 91/'01 Dimensioni Medie 91/'96 96/'01 91/'01 Subtotale area Area S.E.L. 9.2 Area Fiorentina – Quadrante Val di Sieve S.E.L. 9.3 Area Fiorentina – Quadrante Centrale Unita' Locali 91/'96 96/'01 -5,3% -4,4% -9,4% 14,3% 3,7% 18,5% 20,7% 8,4% 30,8% 0,1% 33,6% 33,8% 9,7% -5,3% 3,8% 9,5% -29,1% -22,4% Totale aree -0,7% 28,2% 27,4% 10,4% -3,9% 6,0% 11,1% -25,1% -16,8% Toscana -5,5% 4,3% -1,5% 4,2% -6,1% -2,1% 10,3% -9,9% -0,7% Italia -7,7% -4,9% -12,2% -5,3% -10,6% -15,4% 2,5% -6,0% -3,6% (a) I dati fanno riferimento al codice Ateco 19. ovvero alla preparazione e concia del cuoio, fabbricazioni di articoli da viaggio, borse, marocchineria, selleria e calzature. Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati Censimenti Istat 1991, 1996 e 2001 9 Studi sui distretti industriali Relativamente all’evoluzione del distretto, il trend vissuto dal polo fiorentino presenta valori antitetici rispetto all’andamento del settore sia a livello regionale sia nazionale. Analizzando le variazioni nel decennio 1991–2001 relative alla numerosità di unità locali, il settore a livello regionale e nazionale vede un ridimensionamento rispettivamente del 1,5% e del 12,2%, mentre il polo fiorentino segna un +27,4%, concentrando tale crescita nella seconda metà del decennio esaminato. Analoghe considerazioni possono essere fatte relativamente all’andamento del numero di addetti: il distretto fiorentino presenta una variazione positiva del 6% contro un ridimensionamento del 2,1% per il settore regionale e del 15,4% nazionale. In questo caso, la crescita del numero di addetti si concentra nella prima metà del decennio, segnando un +10,4%, ridimensionato nella seconda metà da un –3,9%. Scomponendo l’analisi dei trend distrettuali nel decennio ’91 – ’01 per area locale, il Quadrante Val di Sieve segna un calo del 9,4% relativamente al numero di unità locali e al contrario un +18,5% per il numero di addetti, segno di una ristrutturazione dell’area che si è anche tradotta in una crescita delle dimensioni medie; il Quadrante Centrale vede invece un aumento sia del numero di unità locali sia degli addetti, nonostante la variazione del +33,8% per le prime sia molto superiore al +3,8% per gli addetti. Le diverse dinamiche registrate per le due aree locali portano a cambiamenti diversi nelle dimensioni medie che crescono nel Quadrante Val di Sieve e scendono nel Quadrante Centrale. Analizzando la distribuzione di unità locali e addetti per classi di addetti (Tab. 1.2) emerge come la maggioranza delle unità locali si concentri nelle classi inferiori ai 15 addetti; una quota significativa è inoltre costituita da micro-imprese, con meno di 10 addetti; tra il 1991 e il 2001 è, inoltre, possibile notare una crescita elevata del numero delle unità locali unipersonali e con solo due addetti. Nel complesso, quindi, hanno un peso elevato le imprese di piccole dimensioni (meno di 50 addetti), che nel 2001 rappresentano il 99,4% dell’intera popolazione di imprese del polo (Tab. 1.3); in esse viene occupato l’84,2% degli addetti del distretto. Esistono 11 unità locali di medie dimensioni (pari allo 0,49% del totale), dove trova impiego l’8% degli occupati del distretto. Nel tempo le unità locali di grandi dimensioni (con almeno 250 addetti) sono passate da 1 a 2, assorbendo una quota di occupati contenuta ma crescente (dal 3,5% del 1991 al 7,7% del 2001). Tab. 1.2 - POLO FIORENTINO DELLA PELLE – unità locali e addetti per dimensioni aziendali Classe Addetti 0 1 2 3--5 6--9 10--15 16--19 20--49 50--99 100--199 200--249 250--499 Unita' Locali 1991 1996 412 458 394 274 454 437 244 271 158 183 46 56 60 75 7 10 3 1 1 2 2001 837 543 396 212 163 43 59 9 2 2 VALORI ASSOLUTI Addetti 1991 1996 2001 412 458 837 788 548 1.086 1.716 1.687 1.468 1.761 1.954 1.525 1.892 2.209 1.910 796 982 738 1.697 2.123 1.708 461 657 606 500 160 278 359 680 852 Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati Censimenti Istat 1991, 1996 e 2001 10 Dimensioni Medie 1991 1996 2001 1,00 1,00 1,00 2,00 2,00 2,00 3,78 3,86 3,71 7,22 7,21 7,19 11,97 12,07 11,72 17,30 17,54 17,16 28,28 28,31 28,95 65,86 65,70 67,33 166,67 160,00 139,00 359,00 340,00 426,00 Il polo fiorentino della pelle Tab. 1.3 – POLO FIORENTINO DELLA PELLE: unità locali e addetti per classi dimensionali VALORI ASSOLUTI Classe Addetti 0-49 50-249 250 e più Unita' Locali 1991 1996 1.768 1.754 10 11 1 2 Addetti 1996 9.961 817 680 2001 9.272 884 852 Classe Addetti 0-49 50-249 250 e più Unita' Locali 1991 1996 99,38% 99,26% 0,56% 0,62% 0,06% 0,11% 1991 87,29% 9,26% 3,46% Addetti 1996 86,93% 7,13% 5,93% 2001 84,23% 8,03% 7,74% VARIAZIONI % Unita' Locali 91/'96 96/'01 91/'01 91/'96 -0,79% 28,45% 27,43% 9,92% 10,00% 0,00% 10,00% -14,98% 100,00% 0,00% 100,00% 89,42% Addetti 96/'01 -6,92% 8,20% 25,29% 91/'01 2,32% -8,01% 137,33% 2001 2.253 11 2 1991 9.062 961 359 COMPOSIZIONE % Classe Addetti 0-49 50-249 250 e più 2001 99,43% 0,49% 0,09% Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati Censimenti Istat 1991, 1996 e 2001 1.3.2 La rilevanza del Polo fiorentino della pelle Sempre i dati di Censimento consentono di capire la rilevanza assunta in ambito italiano dal Polo fiorentino della pelle nelle produzioni in cui è specializzato. A questo proposito la Tabella 1.4 mostra chiaramente come il distretto rivesta un’importanza primaria nella pelletteria (classificata con il codice Ateco 192). Tab. 1.4 – I numeri del Polo fiorentino della pelle, 2001 A. Unità locali Polo fiorentino della pelle classi di addetti 0-49 50-249 almeno 250 Provincia di Firenze Totale 0-49 50-249 almeno 250 Italia Totale 0-49 50-249 almeno 250 Totale 191 17 0 0 17 167 3 0 170 2.746 89 3 192 2.094 7 1 2.102 2.518 10 1 2.529 7.350 40 3 7.393 193 142 4 1 147 632 13 1 646 13.576 365 23 13.964 2.253 11 2 2.266 3.317 26 2 3.345 23.672 494 29 24.195 Totale 0-49 Totale 0-49 50-249 7.866 961 Totale 2.838 B. Addetti Polo fiorentino della pelle classi di addetti 0-49 50-249 almeno 250 Provincia di Firenze 50-249 almeno 250 Italia almeno 250 Totale 191 40 0 0 40 1.124 171 0 1.295 22.886 31.713 192 8.147 569 404 9.120 10.400 917 404 11.721 31.343 3.626 1.465 36.434 193 1.085 315 448 1.848 5.650 939 448 7.037 98.198 30.103 9.587 137.888 Totale 9.272 884 852 11.008 17.174 2.027 852 20.053 152.427 41.595 12.013 206.035 C. Composizione % e rilevanza del Polo fiorentino in termini di addetti Composizione % degli addetti del distretto 0-49 191 0,4% 0,0% 0,0% 0,4% 3,6% 0,0% 192 74,0% 5,2% 3,7% 82,8% 78,3% 62,1% 193 Totale 50-249 Addetti distretto in % addetti prov. di Firenze classi di addetti almeno 250 Totale 0-49 50-249 almeno 250 Addetti distretto in % addetti italiani Totale 0-49 50-249 - 3,1% 0,2% 0,0% almeno 250 0,0% Totale 0,1% 100,0% 77,8% 26,0% 15,7% 27,6% 25,0% 9,9% 2,9% 4,1% 16,8% 19,2% 33,5% 100,0% 26,3% 1,1% 1,0% 4,7% 1,3% 84,2% 8,0% 7,7% 100,0% 54,0% 43,6% 100,0% 54,9% 6,1% 2,1% 7,1% 5,3% Note: 191: concia; 192: pelletteria; 193: calzature. Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati Censimento 2001 11 Studi sui distretti industriali Questo comparto, infatti, assorbe l’83% degli occupati del Polo; solo lo 0,4% degli addetti trova impiego nella concia, mentre il 16,8% lavora nel comparto calzaturiero. L’importanza della pelletteria è confermata dal fatto che un quarto degli addetti italiani del comparto trova impiego nel Polo. Poco rilevanti, anche in ambito nazionale, sono, invece, le altre attività della filiera della pelle (concia e calzature). 1.3.3 Le imprese attive tra il 2001 e il 2007 I dati relativi all’evoluzione del numero di imprese attive nella pelletteria nella provincia di Firenze forniscono indicazioni circa la trasformazione della struttura dimensionale delle imprese del Polo fiorentino, consentendo di aggiornare, seppure parzialmente, i dati di censimento. Dalla Figura 1.1 è evidente come tra il 2002 e il 2007 si sia assistito ad un calo significativo nel numero di imprese individuali e di società di persone, che è stato accompagnato da graduale aumento nel numero di società di capitale. Si è, dunque, innalzato il ruolo delle aziende più strutturate, anche se gran parte degli attori distrettuali continua ad essere di dimensioni aziendali contenute. a Fig. 1.1 – Imprese attive nella pelletteria nella provincia di Firenze 800 2.300 Società di capitale 700 Società di persone 2.200 600 Imprese individuali (s.d.) 2.100 500 2.000 400 1.900 300 1.800 200 1.700 100 2000 a 2001 2002 2003 2004 2005 2006 1.600 2007 Ateco 19.2. Fonte: Stock View, Camera di commercio di Firenze 1.3.4 La struttura per “età” del tessuto produttivo Analizzando la struttura per età delle imprese si rileva un’età piuttosto giovane delle imprese, con una bassa percentuale di aziende sorte nel periodo anteriore agli anni ’70 (circa il 10%) e una parte consistente di aziende, sia nella pelletteria che nel calzaturiero, fondate negli anni ‘80 e ‘90 (circa il 30% per entrambi i decenni). Dopo il 1996, anno di punta nella creazione di imprese, poche imprese nascono nell’area ed è irrisoria la quota di aziende fondate nei primi anni del 2000 1. E’ probabile che l’avvio di nuove attività imprenditoriali negli anni ’80 e ’90 sia connesso alle scelte strategiche delle grandi imprese della moda localizzate sul territorio oppure insediatesi successivamente: infatti a partire dalla fine degli anni ‘80, a causa dell’inasprimento della concorrenza sui mercati internazionali 1 Batazzi, Bortolotti, Simoni (2005) su dati Irpet. 12 Il polo fiorentino della pelle comincia a delinearsi la tendenza, da parte delle imprese leader, ad esternalizzare parte o tutto il ciclo produttivo creando una rete di rapporti di fornitura e subfornitura con altre imprese specializzate in particolari fasi del processo produttivo. 1.4 I prodotti e l’organizzazione della filiera distrettuale Il prodotto del distretto è rappresentato da articoli in pelletteria quali borse (33% della produzione), portafogli (15,3%), cinture (2,4%) ed altri accessori, ma anche calzature ed altri articoli in pelle (valigie, sacche da viaggio, borsoni, borse da lavoro), collocabili nella fascia prezzo/qualità alta (fino al segmento del lusso) o medio-alta (Batazzi, Bortolotti, Simoni, 2005). La rilevanza del polo la si evince analizzando la composizione percentuale degli addetti nella pelletteria italiana: l’area distrettuale fiorentina, come si è visto, occupa il 25% degli addetti del comparto a livello nazionale (Tab. 1.4). Caratteristica fondamentale del prodotto distrettuale è la componente di artigianalità manifatturiera. Per quanto riguarda il ciclo produttivo, possono essere identificate una serie di fasi che portano alla realizzazione del prodotto finito (Tab. 1.5). La prima fase rappresenta lo sviluppo del prodotto, attraverso lo studio del design e la sua progettazione; in questa fase solo le imprese leader e una parte delle piccole imprese in conto proprio utilizzano le postazioni CAD. Il sistema CAD consente di ridurre i costi ed i tempi di progettazione. Si procede, in alcuni casi, alla realizzazione del modello in cartone, oppure si invia il modello via mail ai fustellifici, per la realizzazione delle fustelle. Successivamente si passa alla creazione dei campioni e all’apporto di eventuali modifiche e, infine, alla predisposizione della produzione: inizialmente si procede al taglio dei pellami. Tale fase, che nella maggior parte dei casi è realizzata internamente, assume una rilevanza strategica per alcune aziende del distretto; alcune si avvalgono di attrezzature tradizionali a controllo manuale, come trance a colonna (il più diffuso tra le aziende del distretto), a bandiera (generalmente per nappa o vitello), con pressa, con rotativa, con lama verticale, a ponte o manuali. Sia la trancia a ponte che quella a bandiera richiedono l’applicazione delle fustelle e l’utilizzo del macchinario per il taglio e una piastra per la pressione sulle fustelle. Altre effettuano il taglio manuale, salvo l’impiego di fustelle, soprattutto per il pellame pregiato o per la realizzazione dei campioni. Il sistema di taglio laser, invece, non è diffuso all’interno del distretto, anche se, alcune aziende lo utilizzano per le fasi iniziali di prototipizzazione e campionatura. Tale tecnologia consiste in un movimento di una sorgente laser su perimetri delineati dai sistemi CAD. Le aziende più innovative utilizzano il taglio a getto d’acqua; il tessuto viene tagliato da un getto d’acqua lanciato ad una velocità più veloce del suono. Questo meccanismo consente di velocizzare la fase e di aumentare la precisione nel taglio. Vengono preparati, nel frattempo, anche i componenti, attraverso la spaccatura, scarnitura, timbratura, pressatura, verniciatura, tingitura e molatura. Questa fase viene eseguita con l’ausilio di macchinari tradizionali, anche se vengono usate, soprattutto da parte delle aziende leader, le scarnitici elettroniche e le presse automatiche. La fase di assemblaggio e montaggio dei componenti prevede l’incollaggio attraverso il posizionamento del pellame sui vassoi, il trasporto a mano dei vassoi fino alla macchina, l’incollaggio dei pezzi e infine il trasporto di questi sul banco da lavoro per l’accoppiatura. Per la fase di incollaggio in alcune aziende viene dedicata un’isola di lavoro che utilizza la tecnologia a spruzzo, basata sul sistema di controllo numerico; ciò ha consentito l’eliminazione dei mastici a rullo e, quindi, la velocizzazione di fase. Si utilizzano, inoltre, colle ad acqua che consentono di ottenere un ottimo livello di precisione e un minore impatto ambientale. 13 Studi sui distretti industriali Si realizza poi, la pressatura, la cucitura, l’applicazione degli accessori, la rovesciatura, la tingitura del lattice e la pulitura. Le aziende che hanno parzialmente mantenuto questa fase al proprio interno hanno introdotto, accanto alle cucitrici tradizionali, le macchine da cucire a colonna, a braccio ed elettroniche che permettono di realizzare i particolari specifici del prodotto come il ricamo del logo o altri decori. Si passa poi alla fase di rifinizione del prodotto, attraverso la timbratura, molatura applicazione del lattice, ricottura della vernice e pulitura. Viene successivamente eseguito il controllo, realizzato sia internamente all’azienda che dal committente, per finire con il confezionamento e l’imballaggio del prodotto. Tab. 1.5 - Schema relativo alle fasi del ciclo produttivo della pelletteria decentrate DESIGN, Postazioni CAD presenti in: Gucci, Il Ponte, BMB, Pibra, SAPAF, Lo Sperone PROGETTAZIONE MODELLO IN CARTONE (Eventuale) Invio del modello tramite e-mail ai fustellifici, senza la necessità di realizzarlo in cartone SVILUPPO FUSTELLE CAMPIONATURA TAGLIO (manuale, con fustella, a colonna, a bandiera, con pressa, con rotativa, lama verticale, con laser……) PREPARAZIONE COMPONENTI (spaccatura, scarnitura, timbratura, pressatura, verniciatura, molatura, …..) ASSEMBLAGGIO/MONTAGGIO COMPONENTI (incollaggio, pressatura, cucitura, applicazione accessori, rovesciatura, tingitura, applicazione lattice, molatura, pulitura, …) RIFINIZIONE (timbratura, molatura, tingitura, applicazione lattice, ricottura vernice, pulitura, ….) CONTROLLO ISPEZIONE CONFEZIONAMENTO IMBALLAGGIO PRODOTTO FINITO Fonte: Batazzi, Bortolotti, Simoni (2005). 14 In prevalenza tradizionale con trance a colonna, a bandiera o a ponte. Manuale con la sola fustella: Vergnani,BMB per pellami pregiati, Arte della Pelle, Nieri Argenti, SAPAF e Stadium (solo per realizzare i campioni). Sistemi di taglio laser: BMB (solo per i campioni), Il Ponte (al fine di un controllo diretto) Impiego di macchinario sostanzialmente di livello tradizionale. Si segnala l’utilizzo di scarnitrici elettroniche e presse automatiche: BMB, Gucci, SAPAF, Arte della Pelle. Per l’operazione di cucitura, ricorso a macchine da cucire elettroniche da parte della maggior parte delle imprese escluso Stadium, Vergnani e Pibra. Per gli incollaggi impiego di un sistema di automazione a CNC da parte di SAPAF. Macchine pneumatiche per la timbratura (fornitori partner di Gucci). Forni per l’essiccazione rapida: Gucci e fornitori partner Il polo fiorentino della pelle 1.5 L’articolazione strategica e gli attori distrettuali Nel sistema locale operano imprese leader di grandi dimensioni (Gucci, Ferragamo, Prada, Fendi, etc.) presenti sui mercati finali con prodotti conosciuti in tutto il mondo, grazie alla qualità, design e attenzione ai dettagli, ed altre imprese, sempre finali, con marchi meno conosciuti e dalle dimensioni minori. È poi presente una fitta rete di piccole e medie imprese artigiane, collocate nelle diverse fasi produttive, spesso fornitrici delle imprese finali. Tab. 1.6 – Le maggiori imprese del distretto, 2006 Dipendenti Fatturato (mln €) Gruppi GUCCI LOGISTICA SPA 484 413,2 GUCCI SALVATORE FERRAGAMO ITALIA SPA 684 348,4 FERRAGAMO LUXURY GOODS ITALIA SPA 455 185,1 GUCCI GUCCIO GUCCI SPA 536 90,4 GUCCI IL PONTE PELLETTERIA SPA 46 45,1 BRACCIALINI SRL 138 40,9 CELINE PRODUCTION SRL n.d. 40,2 LVMH PIGINI SRL 112 27,7 GUCCI TIGER FLEX SRL 134 26,6 GUCCI CHRISTIAN DIOR MARIELLA BURANI MARDI SPA 61 23,1 NANNINI SPA 55 17,1 DADOROSA SRL 26 16,8 MARIELLA BURANI ZEFER SPA 10 16,6 ZEGNA e FERRAGAMO A.B. FLORENCE SRL 45 14,9 PAOLETTI SRL 54 14,4 B.M.B. SRL n.d. 14,2 WINGS SRL 89 14,0 TACCETTI SRL 62 11,0 IL BISONTE INDUSTRIALE SRL 40 9,2 GORDON SRL 34 8,8 REGAIN 1957 SRL 62 8,6 GUCCI GUCCI Nota: si veda il riquadro sul gruppo Gucci (par. 1.5.1) per la descrizione dell’attività svolta dalle diverse imprese del gruppo. Fonte: elab. Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali Accanto a queste lavorano infine fornitori specializzati di componenti ed accessori (cinghie, cerniere, etc.) e rivenditori di macchinari per la pelletteria, che offrono anche servizi di assistenza. Sono presenti anche aziende che offrono servizi di consulenza per lo stile e l’organizzazione degli stabilimenti nei settori della pelletteria e calzaturiero. 15 Studi sui distretti industriali Colzi srl: fornitura di macchinari per il settore della pelletteria e assistenza L’azienda nasce a Scandicci nel 1941 specializzandosi nella vendita ed assistenza di macchinari per la pelletteria. In particolare vengono commercializzati macchinari per la produzione di borse, cinture e piccola pelletteria. La prossimità spaziale con le aziende appartenenti al comparto della pelletteria ha permesso a Colzi di seguire le evoluzioni del settore e di adeguarsi alle esigenze produttive di queste ultime, sia in termini di crescita quantitativa, sia in termini di rinnovamento tecnologico delle macchine da taglio, cucitura e montaggio. Negli anni l’azienda è divenuta punto di riferimento per i grandi stilisti fiorentini, annoverando fra i propri clienti griffe della borsetteria e della piccola pelletteria. Attualmente l’azienda si occupa di: • Commercializzazione di macchinari, quali trance per il taglio delle pelli, macchine da cucire classiche o a colonna, per la lavorazione dei bordi e la ripiegatura, per la scartatura e la lucidatura, per il taglio e il rifilo, per la scarnitura, per l’incollaggio, presse e placcatrici, coloratrici, timbratrici, spaccatrici e forni. Accanto a questi distribuisce anche ricambi, accessori, collanti e colori. • Consulenza pre-vendita e assistenza tecnica post vendita. • Assistenza meccanica ed elettronica. Il portafoglio prodotti della Colzi comprende un’ampia gamma di marchi tra cui Atom, Bibo, Bimac, Camoga, Durkopp Adler AG, Fenice, Fortuna Spezialmaschinen GmbH, Intercom, Juki, Omac, Comelz, Sm, Galli e OverMec. La Colzi dispone al proprio interno di un’officina dove si effettuano riparazioni e che offre anche una serie di servizi quali: rettifica piani, pulizia di macchinari, revisioni generali, creazioni pezzi a misura, stecche e cerniere in genere. Nell’ambito delle imprese finali esistono sia grandi griffe che agiscono come global player nel sistema moda, che piccole e medie imprese locali con marchio conosciuto. Queste ultime si caratterizzano per una vocazione spiccatamente artigianale, detengono un know how indispensabile per le imprese del comparto, una forte propensione agli investimenti (anche per far fronte all’esigenze dei propri committenti) e all’aggregazione in strutture consortili. Operano in conto proprio, o più frequentemente, in un sistema misto a marchio proprio e conto terzi. Ad esempio la Nieri Argenti Sas di Scandicci produce borse da donna, cartelle ed articoli di piccola pelletteria a marchio proprio, così come la Pelletteria Il Ponte Spa di Scandicci che produce borse e cartelle con il marchio “The Bridge”; aziende come BMB srl di Scandicci, la Pibra Sas di Firenze e la Sapaf Snc di Scandicci producono invece sia in conto proprio che in conto terzi. Sapaf snc: produzione per conto terzi, anche con marchio proprio L’azienda nasce a Firenze nel 1954 ad opera di Silvano Calistri e della moglie Valdivia per la produzione di borse e accessori in pelle di alta qualità. Successivamente sposteranno la loro sede a Scandicci dove tuttora l’azienda ha la propria sede amministrativa e produttiva. Negli anni ’50 e ’60 la produzione inizia con la realizzazione di prodotti unici e in serie limitate, in particolare borse da sera impreziosite da ricami pregiati e decori in oro. La filosofia aziendale si basa sui criteri dell’unicità e dell’eccellenza qualitativa delle collezioni proposte che spaziano dalla pelletteria femminile, 'core business' dell'azienda, ad una selezionata linea da uomo, quali articoli da viaggio e da lavoro, comprendendo anche piccola pelletteria e accessori. Negli anni ’70 e ’80 l’azienda comincia a rivolgere l’attenzione ai mercati internazionali, in particolare Stati Uniti e Giappone, dove alcune prestigiose catene di negozi iniziano ad 16 Il polo fiorentino della pelle esporre il prodotto Sapaf (tra cui Bloomingdales a New York). A partire dagli anni ’90, per far fronte alla crisi congiunturale del settore, l’azienda decide di produrre su commissione per grandi marchi. Questa scelta strategica ha avuto in seguito ricadute positive per l’azienda in termini di rafforzamento del know how tecnico e di acquisizione di nuove competenze organizzative. Attualmente l’azienda lavora su commissione per rinomate griffe internazionali, produce piccole collezioni per Private Labels e realizza una propria linea a marchio “Sapaf 1954”. Accanto ai membri della famiglia nell’azienda opera anche un team di esperti professionisti costituito da operai specializzati, modellisti, designer e consulenti. L’azienda fin dagli inizi del 2000 ha provveduto a informatizzare il processo produttivo, avvalendosi della tecnologia CAD/CAM per il reparto modelleria e dotandosi di un centro di taglio totalmente automatizzato. Ha inaugurato di recente anche un servizio di personalizzazione del prodotto su specifiche richieste del cliente. Sapaf fin dagli esordi ha puntato sull'alta qualità dei materiali, la cura nei dettagli, i decori preziosi e soprattutto la lavorazione che è stata certificata come esclusivamente made in Italy. L’azienda, che ha ottenuto nel 2004 la certificazione di qualità ISO 9001, è stata una delle prime imprese a conseguire la certificazione per la responsabilità sociale SA 8000 (2003). Attualmente l’azienda è gestita dalla seconda e terza generazione con Andrea Calistri (entrato nell’azienda nel 1976). Proprio per iniziativa di Andrea Calistri ha preso avvio una nuova strategia commerciale che ha coinvolto una decina di aziende toscane del settore e ha condotto alla fondazione, nel 1997, del Consorzio Centopercento Italiano. Il Consorzio è nato con lo scopo di sostenere e promuovere nel mondo il prodotto interamente italiano certificandone l’origine e la qualità tramite un sigillo di garanzia olografico apposto all’interno dei manufatti. Attualmente fanno parte del Consorzio una sessantina di aziende del settore e figurano in qualità di soci sostenitori Carismi e il comune di Pontassieve. La Sapaf comunica la propria offerta partecipando alle principali manifestazioni fieristiche e ad eventi espositivi di livello internazionale organizzati dal Consorzio Centopercento Italiano (Mosca, New York, Londra) e attraverso l’esposizione presso lo showroom aziendale che ha sede a Scandicci. Lo storico marchio fiorentino valica i confini nazionali con le inaugurazioni di due showroom a Mosca e a New York previste nel corso del 2008. In Russia lo showroom Sapaf sarà situato nel centro di Mosca, a due passi dalla Piazza Rossa. Contemporaneamente, a seguito di un accordo di rappresentanza con il mercato Usa, 'Sapaf 1954' approda anche a New York dove già dai primi mesi del 2008 l’azienda sarà impegnata nel lancio della prossima collezione invernale rivolta ad un target americano mirato e selezionato. Le piccole imprese che operano esclusivamente (o prevalentemente) in conto proprio a volte hanno difficoltà nel posizionarsi sui mercati internazionali, a presidiare le fasi a valle e, di conseguenza, a reagire tempestivamente alle evoluzioni del mercato. 1.5.1 Le imprese leader Sono le grandi imprese leader del lusso a guidare i processi di sviluppo del distretto e che hanno saputo, oltre che sviluppare relazioni importanti con il contesto locale, gestire reti lunghe a livello internazionale, soprattutto per le fasi a valle della catena del valore. Attualmente le imprese con un marchio proprio presidiano le fasi più strategiche sia a monte che a valle (progettazione, comunicazione e distribuzione), delegando la produzione alle altre imprese nella 17 Studi sui distretti industriali maggior parte dei casi localizzate nel sistema locale. Queste imprese affiancano il prodotto tradizionale di pelletteria (borse) a vari accessori in pelle e, in alcuni casi, estendono la propria offerta in altri comparti del Sistema moda (es. Gucci); promuovono inoltre l’adozione di nuove tecnologie nelle fasi produttive, il sistema CAD-CAM per la realizzazione del modelli e sistemi innovativi di taglio come quello ad acqua e laser. Gucci Group: leadership internazionale nel Sistema moda La nascita dell’azienda risale al 1921 quando Guccio Gucci, dopo un’esperienza lavorativa a Londra, apre a Firenze un negozio ed un laboratorio specializzato nella produzione di borse, valigie e piccola pelletteria di lusso, di gusto prettamente britannico, affidata alla maestria degli artigiani toscani. Nel corso degli anni ’30 e ’40 il marchio inizia ad affermarsi a livello nazionale con una gamma di prodotti che comprende borse, bauli, guanti, scarpe e cinture e vengono aperte boutique nelle principali città italiane. Nel 1953 muore il fondatore e le redini dell’azienda passano ai figli Aldo, Vasco, Ugo e Rodolfo. La società comincia l’espansione internazionale inaugurando negozi prestigiosi a New York, Londra, Parigi, Palm Beach e Beverly Hills. In questo periodo Gucci diversifica ulteriormente il brand avviando la produzione di foulard, cravatte di seta e abbigliamento in pelle caratterizzata sempre da dettagli decorativi tratti dal mondo dell’equitazione e divenuti poi simboli riconosciuti di Gucci. Alla fine degli anni ’60 nasce il celebre logo della doppia “G” intrecciata che inizia a fare la sua comparsa su cinture, borse e accessori; il mocassino da uomo con il dettaglio del morsetto entra nella collezione permanente dell’Istituto del costume del Metropolitan Museum of Art di New York. Negli anni ’70 prosegue l’espansione commerciale internazionale puntando ai mercati dell’Estremo Oriente con l’apertura di nuovi punti vendita a Hong Kong e Tokyo. Nell'82 la Gucci si trasforma in società per azioni: la guida passa al figlio di Rodolfo, Maurizio, che detiene il 50% delle azioni aziendali. Nell'89 la finanziaria araba Investcorp acquista il 50% delle azioni di proprietà di Aldo e dei suoi discendenti, mentre Maurizio mantiene il restante 50% e la presidenza dell'azienda fino al 1993, anno in cui cede a Investcorp tutto il suo pacchetto azionario. La società opera una riorganizzazione della struttura manageriale e avvia una svolta radicale nel business e nel prodotto. A gestire il rilancio della griffe sono Domenico De Sole e Tom Ford. Il primo, già responsabile di Gucci America dall'84, viene nominato nel 1995 presidente e CEO del gruppo. Tom Ford, stilista di origine statunitense, nel 1994 viene nominato direttore creativo dell'intera produzione, ridisegna l'identità della griffe e, grazie a un rivoluzionario mix di tradizione e innovazione, Gucci ritrova la sua notorietà internazionale. Il brand si conferma così leader nel settore della pelletteria, puntando anche sulle collezioni di abbigliamento uomo-donna. Un passaggio decisivo è quello della quotazione nel 1995, con il collocamento dell'intero capitale azionario sulle piazze finanziarie di New York e Amsterdam (Gucci Group NV). Nel 1999 LVMH acquista il 34% delle azioni del gruppo e nel marzo dello stesso anno Gucci pone in essere un’alleanza strategica con Pinaut-Pringtemps-Redoute (PPR), azienda leader nel retail e nel mercato dei beni di lusso, per la creazione di un polo multimarca nell'industria mondiale del lusso. In questi anni Gucci, sull’onda della crescita economica internazionale e del boom del lusso, avvia una campagna acquisti di griffe rinomate, diventando un’azienda multi-brand e spaziando, quindi, dalla pelletteria all’abbigliamento, dalla gioielleria alla profumeria e ai cosmetici. Dal 2004 il Gruppo PPR assume il controllo di Gucci Group NV. De Sole e Ford lasciano la società e Robert Polet viene nominato Presidente e CEO del Gruppo. Attualmente la direzione creativa è affidata a Frida Giannini, stilista italiana che segna un nuovo percorso di sviluppo della griffe. Il Gruppo, composto da società presenti in numerosi segmenti del mercato del lusso, 18 Il polo fiorentino della pelle presenta un portafoglio prodotti molto variegato: abbigliamento, calzature, borse, cinture, foulard, cravatte, occhiali, gioielli, orologi, profumi. Al fine di ottimizzare la gestione di una realtà così complessa è stata adottata una struttura divisionale articolata in sei aree di prodotto: abbigliamento, calzature, borse e accessori, profumi, orologi, gioielli. Attualmente operano, nei diversi settori, le seguenti società acquisite a partire dal 1999: - Alexander Mc Queen: produce abbigliamento pret à porter uomo/donna, calzature, borse, occhiali da sole (prodotti e distribuiti dal Gruppo Safilo) e profumi. L’azienda possiede propri punti vendita a Milano, New York e Londra e una rete di grossisti in Europa, America e Asia. - Balenciaga: azienda fondata da Christobal Balenciaga nel 1918 in Spagna, commercializza abbigliamento pret à porter per donna e uomo, calzature, profumi e accessori. - Bottega Veneta: azienda italiana specializzata nella realizzazione di abbigliamento uomo/donna, propone anche articoli da viaggio e complementi d’arredo in pelle, accessori, gioielleria. Il brand si posiziona nel segmento del super lusso e si caratterizza per una forte strategia espansiva del retail negli ultimi anni (Giappone e paesi asiatici, Medio oriente, Stati Uniti, Europa dell’Est). - Stella Mc Cartney: società in joint venture con il Gruppo per la realizzazione di abbigliamento da donna pret à porter, calzature e accessori. Per il 2008 è previsto il lancio della prima collezione di lingerie in collaborazione con Bendon, tra i leader mondiali dell’intimo griffato. Di recente ha firmato un accordo di licenza con Luxottica per la produzione di occhiali da sole. - Yves Saint Laurent: produzione di articoli di alta moda, quali abbigliamento uomo e donna, accessori, calzature, occhiali e prodotti di bellezza. - Sergio Rossi: calzature uomo/donna e accessori in pelle. Inoltre nei settori profumeria orologeria e gioielleria: - YSL Beautè: specializzata nella realizzazione di fragranze per Yves Saint Laurent, Roger&Gallet, Oscar de la Renta, Boucheron e altri brand del gruppo. - Gucci Group Watches (Bedat & co, Boucheron, Gucci, Yves Saint Laurent). - Boucheron: marchio storico della gioielleria propone anche articoli di profumeria e orologi. Fanno parte del Gruppo le società operative per la gestione del marchio (Guccio Gucci spa), per la produzione (Gucci Logistica spa) e per il controllo della rete distributiva in Italia (Luxury Goods Italia spa). Il Gruppo controlla anche due concerie, Caravel Pelli Pregiate e Blutonic, situate nel distretto di Santa Croce sull’Arno e quattro calzaturifici dislocati nell’area fiorentina: Pigini, Tiger Flex, Paoletti e Regain 1957. Considerando il mercato di riferimento, il 42,1% del fatturato è realizzato in Europa, il 20% in America del Nord, il 17% in Asia, il 16,3% in Giappone e il restante 4,6% nel resto dei mercati di sbocco. Il modello produttivo è fortemente decentralizzato: le fasi di ideazione, design e sviluppo del prodotto vengono realizzate all’interno dell’azienda per tutti i brand del gruppo: le fasi successive del ciclo produttivo vengono in parte o del tutto esternalizzate in base ai prodotti. Per quanto riguarda la filiera della pelletteria (core business dell’azienda) la produzione è affidata in outsourcing a fornitori localizzati in Toscana nell’area fiorentina, dove si è costituita, nel tempo, una rete gerarchizzata di subfornitura a vari livelli (fornitori partners di primo livello che lavorano in esclusiva, fornitori integrati e fornitori di mercato). Indipendentemente dal tipo di fornitore il committente impone a tutti i metodi di lavoro, le specifiche dei prodotti e delle lavorazioni. Con riferimento al sistema di distribuzione, il gruppo propone i suoi prodotti attraverso un’articolata rete di punti vendita diretti (circa 450 i monomarca in tutto il mondo) ai quali si affiancano franchisee autorizzati rigidamente selezionati, department store di fascia alta, 19 Studi sui distretti industriali punti vendita multimarca, negozi duty free. I punti vendita sono situati nelle maggiori città del mondo (tra cui Londra, New York, Tokyo, Parigi, Hong Kong, Bombay, Singapore, Dubai, Seul, Taipei, Osaka, Kuwait City, Edimburgh, Istanbul, Bangkok, Atene). Nel 2006 è stato inaugurato a Tokyo un megastore di 8 piani interamente dedicato ai prodotti Gucci e recentemente il Gruppo ha aperto il primo monomarca in India a Bombay e uno dei più grandi flagship store al mondo sulla Fifth Evenue a New York. Il Gruppo ha investito molte risorse per mantenere e ampliare le posizioni di mercato razionalizzando il processo logistico: ha costituito, infatti, a partire dal 2003, un polo logistico in Svizzera, zona considerata nevralgica per la posizione geografica e quindi la vicinanza ai principali mercati di sbocco aziendali. Gucci considera il tessuto produttivo locale una risorsa strategica per il proprio modello di business “decentralizzato”: le elevate competenze artigiane sedimentate nel tempo e il vantaggio di immagine acquisito a livello internazionale sono i fattori su cui si focalizzano le strategie competitive del Gruppo. I leader sono sia di origine endogena al distretto (ad esempio Gucci, Ferragamo, The Bridge), che provenienti dall’esterno (LVMH, Mariella Burani Fashion Group, etc.). Nel primo caso le imprese emergono dalla storia del distretto come attori di spicco, andando ad occupare gradualmente il ruolo di interfaccia tra il sistema locale ed i mercati di sbocco; nel secondo caso si assiste all’entrata di imprese già di grandi dimensioni ed operanti su scala transnazionale (CCIAA di Firenze, 2005). Accanto ad alcune note griffe di origine locale si sono, infatti, successivamente insediati nell’area altri rinomati marchi della moda, sia attraverso acquisizioni di medie aziende locali (è il caso del gruppo LVMH con Pucci oppure di Mariella Burani Fashion Group con Braccialini e Dadorosa/Gherardini), che aprendo propri impianti di produzione (Tods, D&G), o ricorrendo ad accordi contrattuali con imprese locali quali fornitori principali delle loro produzioni di pelletteria (come nel caso di Burberrys o Donna Karan). Prada, altra nota griffe che opera nel settore delle calzature, degli articoli di pelletteria e dell’abbigliamento di lusso, beneficia anch’essa delle competenze artigianali presenti nell’area fiorentina e aretina, dove il gruppo ha insediato alcune unità produttive e logistiche intorno a cui gravitano importanti commesse di lavoro. Braccialini srl: il brand del “lusso accessibile” L’azienda nasce nel 1954 come laboratorio artigianale di pelletteria ad opera di Roberto e Carla Braccialini. Nel decennio successivo si impone per il suo originale stile creativo e la realizzazione delle prime borse in paglia con rifiniture in pelle e ornamenti con fiori e ricami a colori vivaci; negli anni la creatività della maison sperimenta anche altri materiali pregiati oltre alla pelle come velluto, broccato, sete etc.. Negli anni ’80 conosce una nuova fase di espansione non solo in Italia ma anche in Germania, Giappone e Stati Uniti. Dall’ottobre del 2000 la Braccialini è entrata a far parte di Mariella Burani Fashion Group, un vero e proprio polo del lusso. Braccialini è controllata direttamente dalla holding Antichi Pellettieri spa, divisione pelletteria di Mbfg. Nel corso del 2007 Braccialini ha acquisito l’azienda Dadorosa, con sede a Firenze, che detiene la licenza mondiale per la produzione e distribuzione di tutte le categorie merceologiche del famoso marchio fiorentino “Gherardini”. L’acquisizione di Dadorosa per Braccialini risponde all’obiettivo di focalizzarsi “su segmenti a più alta crescita come borse e accessori e nei mercati emergenti tra cui l’Estremo Oriente dove il marchio Gheradini è particolarmente apprezzato”. Molto ampia la gamma dell’offerta di Braccialini che comprende borse, piccola pelletteria, scarpe, accessori, cinture, bigiotteria e inoltre profumi, occhiali, ombrelli, foulard, collezioni 20 Il polo fiorentino della pelle intimo e linea mare. La produzione si articola in marchi propri (Braccialini, Tua by Braccialini e Gherardini) e in licenza (tra cui Mariella Burani, Vivienne Westwood, Looney Tunes - Warner Bros, Amazon Life). Borse e accessori vengono studiati all’interno dell’azienda da un team di designer e modellisti coordinati da Carla Braccialini e dal figlio Massimo, mentre per le produzioni su licenza la maison si avvale anche degli stilisti delle case licenzianti. L’azienda persegue una strategia di brand extension che l’ha portata negli ultimi anni a siglare una serie di accordi di licenza per diversificare il portafoglio prodotti. Tra questi figurano gli accordi stipulati con la vicentina Facco Corporation per la realizzazione della linea Braccialini Jewellery, oltre alle licenze per gli ombrelli con Aqueodesign, gli occhiali con Vecellio, i foulard, il beachwear e l’underwear con l’azienda tessile comasca Frangi e i profumi con Schiapparelli Pikenz. Inoltre, per potenziare la propria presenza anche nel settore delle calzature, Braccialini ha recentemente siglato un accordo con Andrea Pfister (anch’essa di Antichi Pellettieri) per la produzione e distribuzione di calzature a partire dalla stagione invernale 2008-2009. Il 65% della produzione è destinato all’export: Europa, Estremo e Medio Oriente sono i principali mercati di sbocco (“sui mercati esteri è da evidenziare il buon andamento soprattutto nei paesi dell’area europea in particolare Russia e paesi limitrofi”, Relazione al bilancio d’esercizio 2006). Per quanto riguarda la politica distributiva negli ultimi anni Braccialini ha potenziato, in Italia e all’estero, i canali di vendita diretta con l’apertura di negozi monomarca (sono attualmente 25 tra cui Milano, Firenze, Treviso, Riccione, Parigi, Tokyo, Shanghai, Dubai e Mosca) e implementato la rete di punti vendita in franchising. La strategia distributiva della griffe prevede l’incremento della presenza commerciale nei mercati più promettenti attraverso l’apertura di altri negozi, sia in gestione diretta che in franchising, in Grecia, Russia, Turchia, Qatar, Kuwait, Dubai. Come si è visto, oltre a Braccialini, anche un altro marchio storico della pelletteria fiorentina, Gherardini, è entrato recentemente nell’orbita di un grande player della moda (Mariella Burani Fashion Group). La Gherardini, azienda fondata nel 1885, è riuscita ad affermarsi grazie al carattere innovativo delle sue creazioni unito alla ricercatezza e alla cura dei dettagli. Fin dagli anni ’50 la griffe si caratterizza per la proposta di articoli di pelletteria (borse, valigie e portafogli) e anche di una linea di impermeabili, ombrelli, cravatte e foulard. Nel 2000 l’azienda, acquisita in precedenza da una società giapponese, torna in mani italiane con Dadorosa che rilancia il marchio e potenzia la rete commerciale. In Italia Dadorosa gestisce negozi monomarca Gherardini a Milano, Firenze e Roma e inoltre vanta anche una presenza di rilievo sul mercato giapponese con tre boutique e una quarantina di corner. Il principale mercato di sbocco della griffe è il Giappone seguito dal mercato italiano. Nel distretto è presente anche un altro importante gruppo del lusso d’oltralpe, Christian Dior che, tramite Christian Dior Italia, detiene una partecipazione del 50% nella Mardi spa, azienda di Scandicci attiva nella produzione e vendita di articoli di pelletteria. La società risulta fornitrice in esclusiva di Christian Dior Couture. Nell’ambito delle piccole e medie imprese locali compare anche la Nannini spa, nota azienda di pelletteria toscana che si caratterizza per l’adozione di strategie differenti rispetto al contesto distrettuale. Diversamente da altre aziende del polo fiorentino, la Nannini non ha mantenuto un forte radicamento con il tessuto artigiano locale allargando invece la propria rete di fornitura su scala più ampia. 21 Studi sui distretti industriali Nannini spa: una rete di fornitura extradistrettuale Fondata a Firenze da Virgilio Nannini nel 1945 e tuttora gestita dalla famiglia Nannini, l’azienda si è evoluta nel tempo diversificando la gamma dell’offerta e passando da un’originale produzione artigiana di borse a una più vasta proposta di prodotti quali accessori, calzature, sciarpe, guanti, orologi e occhiali. All’ampliamento dell’offerta si è affiancata, a partire dagli anni ’90, una strategia di internazionalizzazione commerciale oltre che un rafforzamento della presenza diretta sul mercato finale con aperture di store monomarca (tra cui Milano, Firenze, Roma, Merano, Parigi, Bruxelles, Tokyo), showroom e corner dedicati in Italia, Europa e paesi asiatici. Per quanto riguarda il processo produttivo il brand ha scelto di affidare la produzione a una rete di subfornitura, mantenendo all’interno dell’azienda solo le fasi a maggior valore aggiunto: analisi dei mercati, progettazione e prototipia, controllo qualità, gestione della rete distributiva e logistica. La produzione di articoli di pelletteria è affidata a terzisti localizzati nel napoletano, in Toscana e in Romania, mentre per la realizzazione delle calzature l’azienda si rivolge a terzisti localizzati esclusivamente nel Sud Italia. La rete di subfornitura toscana ha progressivamente perso rilevanza per l’azienda a causa dell’alto costo della manodopera e del posizionamento di mercato dell’azienda (fascia medio-alta e non di lusso). Per la fornitura di materie prime l’azienda si avvale di aziende italiane situate in prevalenza in Toscana e nel Veneto. Attualmente la Nannini, destina il 78% della produzione al mercato interno, il 17% al mercato europeo e il 5% resto al mercato extra Ue. Il core business aziendale è rappresentato dalle borse da donna e dalla piccola pelletteria seguito dalle calzature e dagli accessori. Nell’area fiorentina il comparto delle calzature è presente con poche aziende di rilievo che, nella maggior parte dei casi, fanno parte del circuito dei luxury brand. Appartiene ai gruppi Zegna e Ferragamo l’azienda Zefer di Sesto Fiorentino, la cui produzione è indirizzata alle società del Gruppo Zegna. Le aziende Pigini srl e Paoletti srl (Gruppo Gucci) operano rispettivamente in qualità di produttori di calzature femminili e maschili destinate in prevalenza ai marchi del Gruppo. 1.5.2. La rete di subfornitura locale Come si evince anche dai dati di censimento (cfr. par. 1.3) nell’area prevalgono imprese di dimensione medio-piccola, oltre ad una miriade di micro-imprese che gravitano attorno alle aziende leader e strutturate secondo un’organizzazione verticale. Il sistema locale negli ultimi anni ha acquisito una struttura piramidale, sempre più marcatamente gerarchica, con ai vertici le grandi e medie leader del distretto che si concentrano nelle fasi pre e post-manifatturiere a maggior valore aggiunto, esternalizzando invece le altre fasi del processo produttivo a piccole imprese, che costituiscono la rete di subfornitura locale. La complessità dei rapporti di fornitura locale tra imprese leader e sistemi di Pmi toscani è stata dettagliatamente analizzata in un’indagine effettuata dall’Irpet 2 che individua cinque tipologie di imprese in base alla loro posizione nella filiera 2 22 Irpet (2004). Lo studio si prefigge di indagare i mutamenti indotti dalla presenza di aziende leader di settore nel tessuto produttivo di Pmi del sistema moda in Toscana, analizzando, in particolare, i settori della pelletteria e delle calzature dell’area fiorentina, Val di Sieve e Valdarno Aretino dove sono localizzate numerose e rinomate griffe internazionali della moda. Gli esiti della localizzazione di imprese leader e global player dipendono da diversi fattori, dettagliatamente analizzati nello studio, quali le caratteristiche delle imprese leader e dei cluster di Pmi, nonché dal tipo di relazione che essi sviluppano fra loro. Il polo fiorentino della pelle produttiva (fornitore di 1° o di 2° livello a seconda che l’impresa si relazioni direttamente o indirettamente con l’azienda leader) e alla natura delle relazioni attivate con il leader (partner o non partner). La tabella 1.17 tratta dallo studio dell’Irpet esemplifica un quadro molto variegato di tipologie di Pmi locali 3. Nel primo caso le imprese eseguono semplici lavorazioni per le imprese di fase e sono in genere microimprese che si collocano nelle fasi terminali del sistema produttivo. Le imprese di fase, dirette fornitrici di imprese partner o miste, presidiano una o più fasi di lavorazione maggiormente complesse rispetto alle precedenti. Tab. 1.7 - Classificazione Teorica dei Fornitori Tipo di Attori Tipo di lavorazione/prodotto svolta/o (oggetto dello scambio) Tipologia di clienti 1. Subfornitore “semplice” - Esegue lavorazioni semplici, ovvero fa parti di un prodotto - Non fa progettazioni in quanto il committente impone loro il modello e le specifiche di lavorazione - Il committente impone i fornitori di materie prime e/o fornisce le materie prime 2. Subfornitore “di fase” - Svolge lavorazioni più complesse o addirittura fornisce un prodotto finito - Decide quali metodi di lavoro utilizzare - E’ un’impresa con maggiori capacità tecniche 3. Subfornitore “partner” - Esegue prevalentemente prodotti finiti - Svolge attività di progettazione (o meglio co-progettazione) - E’ un’impresa con più elevate capacità tecniche e gestionali - Esclusivi o “satelliti” (lavorano con un leader) - Non esclusivi (lavorano con due o più leader) 4. Subfornitore “misto” - Come subfornitori n° 2 o n° 3 - Impresa leader ( 1 o più) - Mercato finale 5. Impresa indipendente - Esegue un prodotto finito - Produce per il magazzino o make to order (non su commessa) Subfornitori “di fase” Subfornitori “partner” o “misti”. Fonte: elaborazioni da Irpet 2004 Queste due categorie sono quelle più diffuse nel sistema locale esaminato e anche quelle maggiormente soggette alle oscillazioni degli ordinativi. Esse presentano un modesto grado di autonomia e limitata propensione ad innovare, basando la loro competitività essenzialmente sulla capacità di operare rispettando le specifiche e i tempi stabiliti dal committente. Queste imprese lavorano esclusivamente, o quasi, in conto terzi e soffrono spesso di rapporti di 3 Per quanto riguarda le Pmi l’indagine condotta dall’Irpet riguarda un campione di imprese con almeno 5 addetti, tralasciando le imprese di piccolissima dimensione. 23 Studi sui distretti industriali dipendenza da uno o pochi committenti. Sono ben dimensionate ed in grado anche di gestire l’intero ciclo produttivo. Non svolgono attività di progettazione come invece accade per le imprese “partner”, direttamente collegate alle imprese leader distrettuali e che costituiscono la loro catena di fornitura diretta. La tipologia dei fornitori “misti” comprende quelli che vendono sia in subfornitura, sia direttamente sul mercato finale; gran parte di queste imprese si trova nella categoria partner. La categoria delle imprese “indipendenti” comprende tutte le imprese che non vendono per conto terzi, ma direttamente sul mercato finale (con o senza marchio proprio) e realizzano tutte le fasi del processo di produzione, dalla progettazione alla promozione/vendita. Lo studio sintetizza i progressivi mutamenti indotti dalla presenza di imprese leader nell’organizzazione della produzione del sistema locale a partire dagli anni ’80. Nel nuovo scenario competitivo, soprattutto nel settore moda di alta qualità in cui si collocano le produzioni toscane, hanno assunto sempre maggior rilevanza i contenuti immateriali connessi al prodotto (immagine del prodotto, marchio, innovazione, marketing, distribuzione, ecc.) ed è emersa quindi la difficoltà per i sistemi di piccole imprese locali di presidiare il mercato finale perché sprovvisti di strumenti competitivi adeguati. Questo ha progressivamente indotto molte piccole imprese ad abbandonare la produzione conto proprio, trovando più vantaggioso diventare contoterzisti di imprese leader presenti sul territorio e focalizzare quindi l’attività su competenze di maggior interesse per i committenti. Molte grandi firme della moda hanno potuto così attingere a un serbatoio comune di conoscenze accumulate nel tempo in grado di “rispondere efficacemente a input provenienti simultaneamente da più direzioni”. Secondo l’indagine dell’Irpet, nell’area considerata almeno il 65% delle piccole imprese di pelletteria e calzature opera direttamente o indirettamente per aziende leader. Ciononostante, nell’area distrettuale si è mantenuto un “substrato sistemico comune”, ossia un serbatoio locale di competenze tecnico-produttive costituito “da imprese indipendenti e miste (e dalle loro reti di fornitura) e da un insieme di piccole imprese degli anelli più bassi della catena di subfornitura che, pur lavorando indirettamente con leader di settore, non sono gerarchicamente controllate da questi ultimi”. Il sistema di relazioni delle imprese leader, anche se è di tipo gerarchico, “non estende (salvo eccezioni limitate) direttamente il controllo oltre il primo livello di fornitura”. Inoltre le imprese che lavorano indirettamente per le aziende leader spesso si caratterizzano per rapporti di pluricommittenza. Il rapporto con le aziende leader, se da un lato ha generato un impoverimento dal punto di vista dell’autonomia e delle capacità progettuali delle piccole imprese, d’altro canto, ha prodotto anche ricadute positive nel sistema di Pmi, come, ad esempio, un aumento dei rapporti di fornitura a monte, un arricchimento di alcune competenze produttive e una crescita per quanto attiene le dimensioni aziendali (volume d’affari, dimensione degli impianti e numero dei dipendenti). In conclusione lo studio osserva che la presenza di imprese leader “ha contribuito a far crescere le singole imprese appartenenti ai loro indotti ed ha concorso ad intensificare il reticolo di rapporti fra piccole imprese proprio laddove questi erano più densi”. 24 Il polo fiorentino della pelle 1.5.3 Ruolo dell’imprenditoria straniera nel contesto locale Da alcuni anni nell’area del polo fiorentino (e in generale nel comparto tessile e della pelletteria in Toscana e in alcune regioni del Centro-Nord) si assiste ad un fenomeno che ha raggiunto dimensioni significative e di cui occorre tener conto per un’analisi puntuale del sistema economico locale. Si tratta della progressiva espansione dell’imprenditoria extra-comunitaria, cinese in particolare, che ha assunto un ruolo sempre più rilevante nello sviluppo della micro-imprenditorialità e del sistema produttivo locale. Nel settore pelletteria sono progressivamente aumentate le micro-imprese con titolarità e manodopera di origine cinese. “Con riferimento al comparto PCC [pelle cuoio calzature] emerge con forza la concentrazione territoriale nella provincia di Firenze, in cui [nel 2005] hanno sede oltre il 62% delle ditte individuali cinesi del PCC presenti sul territorio nazionale” 4. Secondo le statistiche elaborate dalla Camera di Commercio di Firenze 5, nell’ambito della filiera della pelle (codice ateco 19) della provincia di Firenze, nel quarto trimestre del 2007 su un totale di 2.376 imprese individuali attive, 1.457 avevano un capo d’azienda di nazionalità cinese. La scelta da parte delle imprese locali (in genere contoterziste) di affidare fasi produttive a subfornitori cinesi risponde all’esigenza di contenere i costi di produzione per difendere i propri livelli di competitività. La comunità economica cinese nel corso degli anni è riuscita a inserirsi nelle reti di subfornitura locale basandosi su leve competitive quali il basso costo delle lavorazioni, la flessibilità produttiva, la velocità delle consegne. Tutto ciò è avvenuto sfruttando le risorse interne della comunità: stretta coesione, massima dedizione al lavoro, capacità organizzativa, impiego se necessario del lavoro di tutti i membri della famiglia, frequente coincidenza del luogo di lavoro con l’abitazione, ma anche ricorso a lavoro irregolare e clandestino. La subfornitura cinese si colloca prevalentemente negli ultimi anelli della catena produttiva. Nella scelta di localizzazione la comunità cinese dei comparti tessile e pelletteria tende a privilegiare i contesti in cui vi è una spiccata specializzazione produttiva, insediandosi in sistemi produttivi di tipo distrettuale (in Toscana nelle province di Firenze e Prato, in Emilia Romagna a Carpi, in Veneto nelle zone di Treviso e Verona), dove i processi produttivi sono maggiormente flessibili e le strutture risultano essere meno verticalizzate. 1.5.4 Attori istituzionali Nel corso degli anni una serie di attori istituzionali ha promosso e finanziato progetti finalizzati al mantenimento della competitività del distretto. Non mancano in questo contesto anche diverse iniziative di operatori del settore per valorizzare l’eccellenza qualitativa delle produzioni manifatturiere del polo fiorentino. Proprio per iniziativa di alcuni imprenditori della pelletteria fiorentina, è stato creato nel 1997 il Consorzio Centopercento italiano 6, con lo scopo di 4 5 6 Nella provincia di Firenze le ditte individuali cinesi si concentrano nei comuni di Sesto Fiorentino (708 unità) e di Firenze (445 unità), Spinner (2006). CCIAA di Firenze, Banca Dati Stock View, 4°trim 2007. Si veda il caso aziendale Sapaf pp.16-17. 25 Studi sui distretti industriali sostenere il marchio e la pelletteria italiana in tutto il mondo, certificando il prodotto interamente realizzato in Italia in tutte le fasi di lavorazione. Il Consorzio si prefigge il coordinamento di imprese per la tutela e la promozione dei singoli produttori di pelletteria, calzature, abbigliamento in pelle e accessoristica totalmente realizzati in Italia. Nell’ottica di promuovere il più qualificato artigianato italiano, il Consorzio ha realizzato nel 2006 I-Place, l'outlet del Made in Italy, struttura messa a disposizione delle imprese del settore come vetrina espositiva B2B e anche come punto vendita B2C nel cuore del distretto della pelletteria del lusso. Promotore di forum, workshop ed eventi espositivi, il Consorzio ha preso parte a diversi progetti in collaborazione con la Regione Toscana. Dal 2000 la Regione ha dato avvio a un programma (Fabbrica Ethica) per promuovere la cultura della responsabilità sociale delle imprese e facilitare la certificazione delle imprese toscane con lo standard etico SA 8000. Nell’ambito del progetto è stata ideata la Commissione Etica Regionale (Cer) composta dagli attori istituzionali locali (sistema camerale, associazioni imprenditoriali, università, enti locali, associazioni non profit, sindacati). Il gruppo di lavoro della Cer ha promosso in seguito il progetto “Fabbrica EthicaLaboratorio sulla filiera della pelletteria - Felafip” 7, per la cui realizzazione è stata attivata una collaborazione con il Consorzio Centopercento italiano e che vede coinvolti diversi soggetti sia pubblici che privati: circa 800 imprese di pelletteria, associazioni imprenditoriali, comuni e province, associazioni sindacali. Obiettivo principale del progetto è “la creazione e la diffusione di una cultura della responsabilità sociale e dei diritti nei territori e nelle aree produttive coinvolte dal progetto, con particolare attenzione ai sistemi di certificazione integrata della filiera pelletteria secondo gli standard SA 8000 e ISO 9001 integrata alla responsabilità ambientale”. Nell’ambito del progetto Felafip è stato messo a punto e presentato recentemente il disciplinare per la filiera della pelletteria del lusso a garanzia della qualità totale. Il documento si propone di regolamentare l’intero settore della pelletteria Made in Italy. La Regione Toscana, sempre avvalendosi della collaborazione del Consorzio Centopercento italiano, ha finanziato inoltre un progetto, Inno.Pro.Moda, che si inserisce in una strategia volta a garantire la “tracciabilità di filiera”, tramite la certificazione di tutte le fasi di lavorazione di distretto. Le Facoltà di ingegneria e architettura delle Università di Pisa e Firenze sono partner attive dell’iniziativa finanziata anche dall’Unione europea e dal Ministero dell’economia e delle finanze. Inno.pro.moda si pone come obiettivo il trasferimento tecnologico nel settore della pelletteria nel distretto di Scandicci attraverso l'utilizzo di soluzioni Ict a supporto della progettazione, del controllo della produzione e del servizio al cliente finale, ottenendo in tal modo un miglioramento dell’intera catena produttiva del valore. Tramite un dispositivo elettronico inserito all’interno degli articoli, tutti i soggetti della filiera saranno in grado di risalire, utilizzando un palmare, a chi ha prodotto e con quali modalità un determinato oggetto. Il sistema offre quindi uno strumento efficace anche per la lotta alla contraffazione. Impegnata nel trasferimento tecnologico è anche Firenze Tecnologia, azienda speciale che la CCIAA di Firenze ha costituito nel 2001 come struttura di servizio dedicata a promuovere l’innovazione tecnologica e organizzativa nelle piccole e medie imprese del sistema economico fiorentino. Nell’ottica di miglioramento dell’organizzazione produttiva e dei flussi informativi aziendali, Firenze 7 26 Il protocollo d’intesa per la nascita del progetto Felafip è stato siglato nel 2005. Il polo fiorentino della pelle Tecnologia, in collaborazione con la CCAIA di Firenze e il Consorzio Centopercento italiano, ha sviluppato una metodologia e realizzato un software per il calcolo dei tempi di produzione e della redditività degli articoli (project bag). Nel 2005 la Provincia di Firenze ha siglato un accordo con la Regione Toscana per la creazione di un “Laboratorio per l’innovazione nella moda” (progetto Stanze della Moda), iniziativa volta a promuovere il territorio fiorentino veicolando, grazie all’appeal e ai valori che esso esprime, un’efficace azione di marketing, innovazione e promozione delle imprese locali e del sistema moda nel suo complesso. Peculiarità del Laboratorio è un forte radicamento con il mondo imprenditoriale e con le agenzie tecniche e formative coinvolte nel progetto che hanno dato luogo a una partnership pubblico-privata di alto profilo (tra i principali partner figurano: strutture universitarie, enti specialistici di promozione, enti camerali, istituti formativi specialistici). Nell’ambito del progetto è prevista anche un’attività di monitoraggio economico e di proposta gestionale per le imprese fiorentine del settore moda e l’organizzazione periodica di convegni e workshop. Agli inizi del 2006 è diventata operativa la Fondazione del polo del lusso di Firenze con lo scopo di ottimizzare le risorse e far confluire all’interno di “un’unica cabina di regia” le politiche pubbliche e private di sostegno finanziario al polo fiorentino. Hanno preso parte al progetto diversi attori locali fra cui il Consorzio Centopercento italiano, Cna Firenze, Confartigianato, Assindustria Firenze, Polimoda e Gucci. Nel corso degli anni si è cercato anche di ampliare l’offerta formativa attraverso la creazione di alcuni istituti professionali realizzati anche con il supporto delle amministrazioni comunali e delle associazioni imprenditoriali locali. Uno dei primi è Polimoda, Istituto internazionale fashion design & marketing, che organizza corsi specialistici di alta qualificazione nei settori stilismo, produzione, commercializzazione e marketing, finalizzati a creare una stretta collaborazione tra mondo accademico e realtà produttiva, fornendo anche un confronto con il panorama internazionale. Sorto nel 1986 da un'iniziativa ideata e finanziata dai Comuni di Firenze e Prato e dalle associazioni imprenditoriali, in collaborazione con il Fashion Institute of Technology della State University di New York, Polimoda è membro dell'IFFTI (International Foundation of Fashion Technology Institutes) e offre corsi di formazione professionale in collaborazione con la Regione Toscana, le Province di Firenze e Prato e con i contributi dell'Unione Europea. L’attuale presidente dell’Istituto è Ferruccio Ferragamo. Nel 2006 è stata creata a Scandicci l’Alta scuola di pelletteria, un istituto professionale che mira a rispondere alle richieste di artigianalità specializzata da parte delle aziende locali. Promotori dell’iniziativa sono Assindustria, Confartigianato e Cna di Firenze; la scuola è gestita dall'Associazione San Colombano, attualmente costituita dal Consorzio Centopercento Italiano, Cna di Firenze, Comune di Pontassieve, Comune di Scandicci, Confartigianato, Confindustria, Polimoda e gruppo Gucci. I corsi sono rivolti sia alla formazione che all’aggiornamento di coloro che operano già nel settore al fine di mantenere alti i livelli qualitativi della manifattura locale. Il Comune di Pontassieve, insieme alla Provincia di Firenze e al Comune di Scandicci, ha sottoscritto recentemente un accordo per la costituzione di una succursale della scuola a Pontassieve, con l’intento di unire e sviluppare la filiera che dall’area di Scandicci arriva al Valdarno. 27 Studi sui distretti industriali In base ad un accordo stipulato tra Comune di Scandicci, Università e Provincia di Firenze è prevista l’istituzione dell’Università della moda a Scandicci che avrà come sede la prestigiosa Villa di Castelpulci attualmente in restauro. Nel frattempo, ha preso avvio il corso universitario di Progettazione della moda della Facoltà di Architettura la cui attività didattica viene svolta temporaneamente in una sede provvisoria, in attesa dei lavori di restauro della Villa. 28 Il polo fiorentino della pelle 2. Gli scambi commerciali Il polo fiorentino della pelletteria è una realtà nella quale operano grandi player della moda conosciuti in tutto il mondo. L’inserimento in tale contesto ha comportato per le aziende locali una forte vocazione all’export. Si calcola che il 90% dei ricavi del polo derivi da esportazioni. È proprio il nucleo delle grandi imprese che operano nel settore del lusso a mostrare un’elevata propensione all’export, mentre le altre imprese finali con proprio marchio e ancora di più quelle della subfornitura dei grandi player incontrano difficoltà nell’affacciarsi sui mercati esteri. L’analisi dei dati di commercio estero si concentrerà sulla pelletteria (Ateco 192), che, come si è visto, rappresenta il principale comparto di specializzazione del distretto. Per questo comparto l’andamento delle esportazioni provinciali, visto l’elevato peso degli occupati del distretto sul totale degli addetti provinciali, rappresenta una buona approssimazione dell’evoluzione delle esportazioni di pelletteria del distretto. Un discorso diverso vale, invece, per la concia e le calzature, dato il peso contenuto di queste produzioni nel distretto e sul totale provinciale. Nel caso del settore calzaturiero, ad esempio, solo una fetta delle esportazioni della provincia di Firenze è attivata dal polo, visto che solo un quarto circa degli addetti provinciali del settore trovano impiego nel distretto in esame. Parte delle esportazioni provinciali proviene, infatti, dal distretto di Santa Croce sull’Arno, che comprende, oltre ai comuni di Bientina, Castelfranco di Sotto, Montopoli Val d’Arno, San Miniato, Santa Croce sull’Arno e Santa Maria a Monte in provincia di Pisa, anche il comune di Fucecchio in provincia di Firenze 8. La Figura 2.1 evidenzia come a livello provinciale sia stata proprio la pelletteria il comparto più dinamico sui mercati esteri, soprattutto negli anni Duemila. In particolare, le vendite estere di pelletteria, dopo aver oscillato tra 400 e 600 milioni di euro nel periodo 1996-2002, hanno successivamente assunto un trend decisamente crescente, portandosi in pochi anni sopra il miliardo di euro. Fig. 2.1 – Polo fiorentino della pelle: evoluzione del commercio estero (milioni di euro correnti, salvo diversa indicazione) 1.050 900 750 Concia (191) Pelletteria (192) Calzature (193) 600 450 300 150 0 1991 1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005 2007 Nota: i dati del 2007 sono provvisori. Fonte: elab. Intesa Sanpaolo su dati Istat 8 Il 20% degli addetti calzaturieri della provincia di Firenze lavora in unità locali di Fucecchio. 29 Studi sui distretti industriali Le esportazioni di pelletteria del distretto hanno mostrato un andamento analogo alla media del Resto d’Italia (Fig. 2.2): l’incidenza delle esportazioni dell’area sul totale italiano è pertanto oscillata tra il 30,5% del 1999 e il 38% del 2004. Fig. 2.2 – Pelletteria: evoluzione del commercio estero a confronto (elaborazioni su dati a prezzi correnti) B. Importazioni (milioni di euro) A. Esportazioni (1991 = 100, salvo diversa indicazione) 500 50% 400 40% 1.400 Polo fiorentino della pelle 1.200 Resto d'Italia 1.000 300 30% 800 200 20% 600 400 10% Nota: i dati si riferiscono al codice Ateco 192 (Articoli da viaggio, borse, marocchineria e selleria). I dati del 2007 sono provvisori. Fonte: elab. Intesa Sanpaolo su dati Istat Fig. 2.3 – Polo fiorentino della pelle: evoluzione del commercio estero (milioni di euro correnti, salvo diversa indicazione) 1.050 900 750 import export 600 450 300 150 0 1991 1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005 2007 50% 1.000 saldo commerciale 800 import in % export (s.d.) 40% 600 30% 400 20% 200 10% 0% 0 1991 1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005 2007 Nota: i dati si riferiscono al codice Ateco 192. I dati del 2007 sono provvisori. Fonte: elab. Intesa Sanpaolo su dati Istat 30 2007 2005 2003 2001 1999 1997 1995 1993 0 1991 0% 200 2007 2005 2003 2001 1999 1995 1993 1991 0 1997 Resto d'Italia Polo fiorentino della pelle Polo fiorentino in % Italia (s.d.) 100 Il polo fiorentino della pelle Dai flussi di interscambio commerciale emerge come dal 2003 al 2007 l’espansione sui mercati esteri del distretto si sia tradotta in un ampliamento dell’avanzo commerciale del comparto fiorentino della pelletteria (Fig. 2.3), nonostante l’aumento sostenuto delle importazioni, la cui incidenza sulle esportazioni nel triennio 2005-’07 si è portata sopra il 20%. Gran parte dell’aumento dei flussi di import è spiegato dalla rapida crescita dei beni provenienti dalla Cina (Tab. 2.1) e sembra indicare che il distretto inizia ad essere interessato da fenomeni di internazionalizzazione produttiva (come, ad esempio, l’outsourcing della produzione o i rapporti con subfornitori cinesi). L’internazionalizzazione produttiva è tuttavia ancora minima, viste le caratteristiche qualitative dei prodotti trattati e l’esigenza di ricercare aree detentrici di abilità produttive già consolidate. Sul grado di esternalizzazione produttiva al di fuori del territorio distrettuale potrebbe aver inciso anche la presenza in loco di numerose microimprese cinesi, che, come si è visto, negli ultimi anni hanno avuto un notevole sviluppo e possono assicurare un costo del lavoro relativamente contenuto per le fasi del ciclo produttivo a più basso valore aggiunto. Tab. 2.1 - Polo fiorentino della pelle: principali mercati di approvvigionamento (dati a prezzi correnti) 1991 1995 1996 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Milioni di euro Totale, di cui: 14,0 26,0 26,1 43,2 66,6 76,7 77,2 98,6 131,4 164,5 210,8 235,9 Cina 5,8 10,7 10,6 24,2 43,8 49,5 45,9 50,0 70,7 92,4 127,6 155,8 Svizzera 0,1 0,1 0,4 0,5 0,6 1,9 2,7 22,8 34,9 44,1 51,2 44,0 Romania 0,0 0,3 0,3 1,8 4,0 7,3 8,1 6,5 4,2 2,4 2,3 7,7 Francia 0,6 0,9 1,2 3,7 3,8 2,6 4,3 5,6 4,5 5,6 6,4 7,4 Rep. di Moldova 0,0 0,2 0,2 0,1 0,1 0,1 0,0 0,3 2,0 2,9 4,1 5,4 Regno Unito 1,2 0,4 0,6 1,5 0,6 1,0 1,3 1,0 1,6 1,3 2,1 3,3 India 0,8 0,6 0,3 0,8 1,2 1,4 2,6 1,7 2,0 3,3 2,5 2,6 100,0% in % del valore totale delle importazioni di pelletteria della provincia di Firenze Totale, di cui: Cina Svizzera 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 41,5% 41,1% 40,7% 55,9% 65,8% 64,5% 59,5% 50,7% 53,8% 56,2% 60,6% 66,1% 0,7% 0,4% 1,5% 1,1% 0,9% 2,5% 3,5% 23,1% 26,6% 26,8% 24,3% 18,6% 3,3% Romania 0,0% 1,2% 1,0% 4,1% 6,1% 9,5% 10,4% 6,6% 3,2% 1,5% 1,1% Francia 4,5% 3,6% 4,5% 8,6% 5,7% 3,3% 5,6% 5,7% 3,4% 3,4% 3,1% 3,1% Rep. di Moldova 0,0% 0,8% 0,6% 0,2% 0,2% 0,1% 0,0% 0,3% 1,5% 1,7% 2,0% 2,3% Regno Unito 8,8% 1,5% 2,3% 3,4% 1,0% 1,3% 1,7% 1,0% 1,2% 0,8% 1,0% 1,4% India 5,9% 2,3% 1,1% 2,0% 1,8% 1,8% 3,3% 1,7% 1,5% 2,0% 1,2% 1,1% Nota: i dati si riferiscono al codice Ateco 192. I dati del 2007 sono provvisori. Fonte: elab. Intesa Sanpaolo su dati Istat. A partire dal 2003 sono cresciute anche le importazioni di pelletteria dalla Svizzera, dove, come si è visto, il gruppo Gucci ha costituito un polo logistico. Ciò spiega anche l’importanza della Svizzera come mercato di sbocco, che svolge una funzione di transito per la successiva redistribuzione e, a partire dal 1999, ha conosciuto un’espansione notevole, che si è ulteriormente intensificata a partire dal 2003, arrivando ad assorbire quasi il 45% delle esportazioni del distretto nel triennio 2004-’06 (Tab. 2.2). Il distretto a partire dal 2003 ha conosciuto un’espansione quasi generalizzata nei suoi principali sbocchi commerciali: dalla Francia (che con una quota del 15% è 31 Studi sui distretti industriali la seconda destinazione geografica del distretto, anche grazie alla scelta di molte case di moda francesi di produrre nel polo fiorentino) al Regno Unito, che tra il 2003 e il 2007 hanno raddoppiato le importazioni dal Polo fiorentino; dagli Stati Uniti alla Germania, dove, invece, altri distretti della moda italiana negli ultimi anni hanno incontrato notevoli difficoltà, subendo arretramenti non trascurabili. Le imprese dell’area hanno anche fatto il loro ingresso sul mercato russo, che, comunque, assorbe ancora una quota contenuta dell’export complessivo. Il Giappone è l’unico mercato in cui il distretto non è riuscito ad innalzare la propria quota di mercato. Un esame di lungo periodo delle esportazioni consente di osservare come nel tempo la composizione geografica delle esportazioni del distretto abbia subito una profonda trasformazione. Se, infatti, i primi sbocchi commerciali oggi sono nell’ordine Svizzera, seguita, a grande distanza, da Francia e Regno Unito, nella prima metà degli anni Novanta erano rappresentati da Stati Uniti e Giappone, dove, tra il 1996 e il 1999, il distretto ha subito un significativo ridimensionamento delle esportazioni. Tab. 2.2 - Polo fiorentino della pelle: principali mercati di sbocco (dati a prezzi correnti) 1991 1995 1996 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Milioni di euro Totale, di cui: 231,4 486,4 593,5 391,7 536,5 616,1 528,7 603,2 761,4 777,7 937,6 1.014,8 Svizzera 12,9 23,1 21,3 98,1 160,9 195,8 166,0 237,5 341,0 337,3 416,6 395,5 Francia 28,2 59,3 67,4 54,6 69,8 87,7 77,7 74,7 88,3 92,4 118,7 153,0 Regno Unito 14,3 28,7 35,4 25,8 33,9 44,6 43,8 46,3 52,9 55,8 63,8 102,0 Stati Uniti 62,3 127,0 143,8 70,2 92,8 97,6 70,7 73,5 88,5 76,5 82,1 91,7 Giappone 39,2 84,6 103,5 40,6 48,0 54,7 51,4 54,8 64,1 61,3 68,1 55,6 Germania 35,5 22,1 39,6 37,1 26,1 32,8 34,8 25,8 25,1 24,5 25,5 31,8 Spagna 2,7 5,2 5,7 5,8 6,5 6,7 9,2 10,4 10,7 10,1 16,1 21,2 Corea del Sud 1,3 11,5 34,1 14,6 20,8 23,1 11,1 10,7 9,1 12,7 17,7 17,4 17,3 Hong Kong 15,6 33,4 47,1 9,0 13,4 14,7 17,3 15,3 20,3 24,6 19,8 Federazione russa 0,0 0,2 0,5 0,2 0,6 0,9 1,2 1,5 2,4 3,4 5,8 11,0 Grecia 1,4 1,8 2,5 3,0 3,7 2,9 3,3 3,2 4,7 5,1 8,2 10,0 438,6% in % del valore totale delle esportazioni di pelletteria della provincia di Firenze Totale, di cui: 100,0% 210,2% 256,5% 169,3% 231,8% 266,3% 228,5% 260,7% 329,1% 336,1% 405,2% Svizzera 5,6% 4,8% 3,6% 25,0% 30,0% 31,8% 31,4% 39,4% 44,8% 43,4% 44,4% 39,0% Francia 12,2% 12,2% 11,4% 13,9% 13,0% 14,2% 14,7% 12,4% 11,6% 11,9% 12,7% 15,1% 10,1% Regno Unito 6,2% 5,9% 6,0% 6,6% 6,3% 7,2% 8,3% 7,7% 6,9% 7,2% 6,8% Stati Uniti 26,9% 26,1% 24,2% 17,9% 17,3% 15,8% 13,4% 12,2% 11,6% 9,8% 8,8% 9,0% Giappone 16,9% 17,4% 17,4% 10,4% 8,9% 8,9% 9,7% 9,1% 8,4% 7,9% 7,3% 5,5% Germania 9,5% 8,1% 6,2% 6,7% 6,1% 5,7% 4,9% 4,2% 3,2% 3,3% 3,4% 3,5% Spagna 1,1% 1,1% 1,0% 1,5% 1,2% 1,1% 1,7% 1,7% 1,4% 1,3% 1,7% 2,1% Corea del Sud 0,6% 2,4% 5,7% 3,7% 3,9% 3,8% 2,1% 1,8% 1,2% 1,6% 1,9% 1,7% Hong Kong 6,7% 6,9% 7,9% 2,3% 2,5% 2,4% 3,3% 2,5% 2,7% 3,2% 2,1% 1,7% Federazione russa 0,0% 0,0% 0,1% 0,1% 0,1% 0,2% 0,2% 0,3% 0,3% 0,4% 0,6% 1,1% Grecia 0,6% 0,4% 0,4% 0,8% 0,7% 0,5% 0,6% 0,5% 0,6% 0,7% 0,9% 1,0% Nota: i dati si riferiscono al codice Ateco 192. I dati del 2007 sono provvisori. Fonte: elab. Intesa Sanpaolo su dati Istat 32 Il polo fiorentino della pelle 3. Crescita e aziendali redditività secondo i bilanci I dati di bilancio consentono di completare lo studio delle caratteristiche strutturali e dell’evoluzione del distretto. In questo capitolo, sulla base dei bilanci aziendali, si analizzerà il Polo fiorentino della pelle, confrontandolo con le imprese italiane specializzate nella pelletteria dislocate al di fuori del distretto. L’analisi prende in esame 76 imprese del Polo 9 e 256 imprese italiane della pelletteria e consente di far ulteriore luce su alcune caratteristiche del distretto (Tab. 3.1), già richiamate in altre parti di questo rapporto. Spicca l’importanza del costo del lavoro, la cui incidenza sul fatturato è superiore a quella osservata al di fuori del distretto e può essere spiegata dall’elevata specializzazione e professionalità della forza lavoro, che realizza ancora in maniera artigianale molte fasi del processo produttivo. Anche la voce costi per servizi e godimento di beni di terzi (che include il costo per lavorazioni presso terzi) ha un’importanza maggiore nel distretto: ciò sembra riconducibile alla notevole divisione del ciclo produttivo all’interno del territorio, che dà vita a fenomeni di esternalizzazione produttiva di parte del processo produttivo ai terzisti locali e contribuisce ad innalzare il grado di rotazione del capitale investito, garantendo alle imprese del Polo una maggiore efficienza produttiva. Efficienza produttiva che, insieme ad un mark up superiore al resto d’Italia (garantito molto verosimilmente dall’alta qualità delle produzioni), spinge verso l’alto la redditività della gestione industriale (misurata dal Roi), che, in termini mediani, nel biennio 2005-’06 si è spinta oltre il 20%, un valore doppio rispetto a quanto osservato nella pelletteria al di fuori del Polo. Emergono quindi chiaramente alcune caratteristiche chiave del distretto: importanza del capitale umano, divisione del processo produttivo con i terzisti locali, qualità della produzione. Non si rilevano invece significative differenze in termini di investimenti in immobilizzazioni immateriali, la cui incidenza nel Polo è simile a quella osservata nel resto d’Italia. Ciò, oltre a dipendere dalla mancanza di corrispondenza tra gli sforzi in innovazione e branding e la posta contabile sopra citata, riflette anche il focus sull’attività produttiva di gran parte delle aziende del distretto, che poco investono in R&S formale (maggiori sono invece gli “investimenti” –in termini soprattutto di ore lavoro- volti ad ottenere innovazioni incrementali che però non vengono registrati nello stato patrimoniale, ma sono riportati direttamente nel conto economico tra le voci di costo), Ict e marketing. L’analisi dell’evoluzione di fatturato, rotazione del capitale investito e redditività consente di completare il quadro. L’andamento del fatturato non presenta significative differenze con quello osservato al di fuori del distretto e, vista anche l’elevata propensione all’export del distretto fiorentino, segue da vicino la dinamica delle esportazioni (cap. 2). Dopo un 2002 difficile, il fatturato del distretto torna a crescere a ritmi sostenuti nel periodo successivo (Figg. 3.1 e 3.2). A differenza di quanto avvenuto al di fuori del distretto, alla crescita del fatturato si accompagna un rafforzamento delle condizioni reddituali, spinte verso l’alto dal miglioramento dei margini unitari. Le imprese dislocate nel resto d’Italia, invece, non sono riuscite ad innalzare il proprio mark-up e, 9 L’analisi si concentra sulle imprese di medie e grandi dimensioni e non considera le numerose imprese di subfornitura e i terzisti, di cui non si ha la disponibilità dei bilanci aziendali. 33 Studi sui distretti industriali conseguentemente, il Roi, mostrando un “defict reddituale” rispetto agli operatori del Polo fiorentino. Tab. 3.1 – Bilanci della Pelletteria a confronto a Pelletteria del Polo fiorentino della pelle Oss. 25° perc. Mediana 75° perc. Risultati della gestione industriale (in % fatturato) - Acquisti netti 76 11,1% 35,5% 47,1% - Costi per servizi e godimento beni di terzi 76 30,7% 41,4% 54,0% 76 18,0% 25,3% 33,5% 76 9,0% 14,4% 19,2% Valore aggiunto b Costo del lavoro Margine operativo lordo (Mol) 76 6,0% 9,1% 14,6% Ammortamenti imm. materiali 76 0,6% 0,9% 1,5% Margine operativo netto (Mon) 76 4,4% 7,2% 12,5% Tasso di rotazione del capitale investito 76 1,9 2,8 4,3 Mon in % del fatturato 76 4,4% 7,2% 12,5% Roi (Mon in % Capitale investito) 76 7,2% 21,4% 47,3% Roi e componenti Immob. materiali nette in % fatturato 76 1,9% 3,4% 10,9% Immob. Immateriali in % fatturato 76 0,1% 0,6% 1,7% Leva Finanziaria c 76 0,9% 48,4% 223,7% Costo medio passività finanziarie d 60 3,9% 7,5% 11,7% Resto d'Italia Oss. 25° perc. Mediana 75° perc. 256 38,6% 47,8% 57,8% Risultati della gestione industriale (in % fatturato) - Acquisti netti - Costi per servizi e godimento beni di terzi 256 24,2% 30,3% 40,8% Valore aggiunto b 256 14,8% 20,4% 27,3% Costo del lavoro 256 8,3% 12,5% 17,8% Margine operativo lordo (Mol) 256 3,9% 6,7% 10,8% Ammortamenti imm. materiali 256 0,6% 1,0% 1,8% Margine operativo netto (Mon) 256 2,8% 5,0% 8,8% Roi e componenti Tasso di rotazione del capitale investito 256 1,4 2,0 2,7 Mon in % del fatturato 256 2,8% 5,0% 8,8% Roi (Mon in % Capitale investito) 256 4,9% 9,7% 19,4% Immob. materiali nette in % fatturato 256 2,3% 4,7% 13,0% Immob. Immateriali in % fatturato 256 0,1% 0,6% 2,5% 256 17,0% 125,0% 474,3% 222 4,5% 6,6% 9,8% Leva Finanziaria c Costo medio passività finanziarie d a b Le statistiche descrittive sono calcolate su dati medi del periodo 2005-‘06. Grado di integrazione c d verticale. Debiti finanziari in % del Patrimonio netto. Oneri finanziari in % dei debiti finanziari Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali 34 Il polo fiorentino della pelle I dati di bilancio sono indicativi dei buoni livelli di competitività raggiunti dalle imprese fiorentine, che sono riuscite a conquistare nuove quote di mercato, innalzando ulteriormente la propria (già alta) redditività industriale. Fig. 3.1 – Performance delle imprese di pelletteria a confronto A – Var. % fatturato tra il ‘01 e il ‘06 B – Grado di rotazione del capitale investito (valori mediani) (fatturato su capitale investito; valori mediani) 4 Distretto 2006 Resto d'Italia 3 2005 2 2004 1 2003 Distretto 2002 0 Resto d'Italia -10% -5% 0% 5% 10% 2002 2004 2005 2006 15% C – Mon in % del fatturato D – Roi (valori mediani) (valori mediani) 8% 24% Distretto 7% 2003 21% Distretto Resto d'Italia Resto d'Italia 18% 15% 6% 12% 5% 9% 6% 4% 3% 3% 0% 2002 2003 2004 2005 2006 2002 2003 2004 2005 2006 Nota: il campione comprende imprese specializzate in tutte e tre le specializzazioni produttive del distretto: concia, pelletteria e calzature. Fonte: elab. Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali 35 Studi sui distretti industriali Fig. 3.2 - Polo fiorentino: dispersione delle performance di crescita e redditività A – Mol in % del fatturato nel 2004 e variazione del fatturato tra il 2003 e il 2004 25% 20% Mol in % del fatturato nel 2003 15% 10% 5% 0% -70% -60% -50% -40% -30% -20% -10% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% -5% -10% -15% -20% -25% Tasso di crescita del fatturato tra il 2001 e il 2003 B – Mol in % del fatturato nel 2005 e variazione del fatturato tra il 2004 e il 2005 25% 20% Mol in % del fatturato nel 2005 15% 10% 5% 0% -70% -60% -50% -40% -30% -20% -10% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% -5% -10% -15% -20% -25% Tasso di crescita del fatturato tra il 2003 e il 2005 Nota: la dimensione del cerchio indica l’importanza dell’impresa in termini di fatturato nel 2003. C – Mol in % del fatturato nel 2006 e variazione del fatturato tra il 2005 e il 2006 25% 20% Mol in % del fatturato nel 2006 15% 10% 5% 0% -70% -60% -50% -40% -30% -20% -10% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% -5% -10% -15% -20% -25% Tasso di crescita del fatturato tra il 2005 e il 2006 Nota: la dimensione del cerchio indica l’importanza dell’impresa in termini di fatturato nel 2005. Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali 36 Il polo fiorentino della pelle 4. Lo scenario competitivo 4.1 Il nuovo contesto competitivo La pelletteria è un comparto del Sistema moda e, per tali ragioni, è sottoposto a fattori di scenario identificabili nelle forti pressioni competitive derivanti sia da paesi di recente industrializzazione per le fasce più basse di produzione, sia da competitor “più evoluti” per le fasce alte di mercato. Negli ultimi anni il settore della pelle italiano, tradizionalmente vocato all’export, è stato, infatti, sottoposto ad una forte concorrenza della Cina che ha saputo affermarsi sui mercati mondiali, concentrandosi sulle fasce più basse della produzione, realizzate soprattutto con prodotti succedanei (Fig. 4.1). Fig. 4.1 – Concorrenti sui mercati esteri: i principali esportatori mondiali A – Pelletteria in pelle 1 B – Pelletteria in succedaneo (quote di mercato in dollari correnti) (quote di mercato in dollari correnti) Singapore Thailandia 2005-2006 Olanda 2005-2006 Spagna 2002-2004 Stati Uniti 2002-2004 Regno Unito 1999-2001 Regno Unito 1999-2001 Olanda 1996-1998 Svizzera Stati Uniti Spagna Vietnam Germania Germania India 1996-1998 Belgio Cina Italia Francia Francia Italia Cina 0% 1 2 10% 20% 30% 40% 0% Codici del Sistema Armonizzato: 420211, 420221, 420231, 420291 e 420330. 2 10% 20% 30% 40% 50% 60% Codici del Sistema Armonizzato: 420212, 420219, 420222, 420229, 420232, 420239, 420292, 420299. Note: i dati sono al netto delle re-export. Fonte: Unctad La pelletteria ha conosciuto un profondo processo di internazionalizzazione che ha visto la crescente attenzione da parte delle grandi case di moda, attirate dalla possibilità di differenziare con relativa facilità la propria offerta (minori stagionalità e necessità di assortimento), in un settore complementare e vicino a quelli dell’abbigliamento e delle calzature. L’ingresso nella pelletteria delle grandi griffe del lusso ha sicuramente contribuito allo sviluppo del settore, che è stato tra i più dinamici all’interno del Sistema moda. I prodotti di pelletteria sono sempre più uno strumento imprescindibile per personalizzare e “qualificare” il proprio look”, a costi relativamente accessibili e con acquisti anche saltuari, affiancandoli a capi di abbigliamento e/o calzature anche di qualità non elevata. Nel tempo si è dunque assistito ad un’evoluzione degli stili di consumo, che ha stimolato la domanda di pelletteria di lusso, che, insieme a quella dell’occhiale (anch’esso “griffato”, “accessibile” e sempre più accessorio della moda e meno prodotto con funzione correttiva e di protezione dal sole), ha registrato uno 37 Studi sui distretti industriali sviluppo di gran lunga superiore a quello osservato in altri comparti del Sistema moda, come l’abbigliamento o le calzature. Si è, inoltre, assistito allo sviluppo di nuovi mercati di sbocco nei paesi emergenti, dove l’espansione economica ha portato alla formazione di classi di reddito con un potere d’acquisto elevato e interessate ai prodotti di qualità elevata e, nello specifico, ai beni del Sistema moda pensati e lavorati in Italia. In questo nuovo contesto competitivo i produttori italiani di pelletteria in pelle, che si concentrano nel distretto fiorentino, e quelli specializzati nella pelletteria realizzata con prodotti succedanei (con superficie esterna di materie plastiche o di materie tessili; con superficie esterna di fibra vulcanizzata o di cartone oppure ricoperte totalmente o prevalentemente di queste materie o di carta) hanno registrato andamenti divergenti. I primi hanno mostrato buoni livelli di competitività, mantenendo la loro leadership internazionale (Fig. 4.1A): la quota di mercato italiana, infatti, dopo il calo di fine anni Novanta a favore della Francia (spiegabile, almeno in parte, dai legami produttivi e/o commerciali tra le maison francesi e le imprese italiane), nel biennio 2005-’06 si è riportata vicino al 30%, distanziando i produttori francesi e, soprattutto, quelli cinesi e indiani. In particolare, la quota cinese negli ultimi quindici anni è aumentata solo lievemente, mentre quella indiana non ha mostrato variazioni significative. Le imprese italiane di pelletteria realizzata con prodotti succedanei hanno, invece, sperimentato un calo significativo della propria presenza sui mercati esteri, penalizzate dall’affermazione dei produttori dislocati in Cina, che, grazie all’indiscussa leadership conseguita in questo comparto, nel biennio 2005-’06 ha toccato una quota di mercato superiore al 50% (Fig. 4.1B). Il nuovo contesto competitivo ha avuto riflessi significativi sulla struttura produttiva della pelletteria italiana: da un lato, infatti, si è assistito alla costante crescita dei volumi importati (Fig. 4.2), concentrati nella fascia bassa con valori unitari contenuti (come, ad esempio, gli articoli da viaggio e la borsetteria non in pelle, realizzati con prodotti succedanei), che hanno messo sotto pressione i contoterzisti e i piccoli produttori italiani specializzati nelle produzioni di bassa qualità; dall’altro lato, le imprese italiane si sono ulteriormente focalizzate sulle produzioni di qualità più elevata (solo il 27% circa delle esportazioni italiane riguarda pelletteria realizzata con prodotti succedanei), così come è anche evidente dai dati di commercio estero, che evidenziano prezzi “unitari” delle esportazioni in crescita e di gran lunga più elevati rispetto a quelli delle importazioni. Fig. 4.2 – Importazioni ed esportazioni italiane di Pelletteria A – Import ed export (milioni di €) 2.500 Import Export 150.000 120.000 Export 90.000 1.000 60.000 500 30.000 0 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 1 0 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Codici di Nomenclatura combinata: 4202 e 420330. Fonte: Istat. 38 Import Import 2.000 1.500 C – Euro per chilogrammo 80 180.000 3.500 3.000 B – Import ed export (tonnellate) 1 60 Export 40 20 0 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Il polo fiorentino della pelle I forti cambiamenti intervenuti nel contesto competitivo internazionale (con l’ingresso delle griffe e di nuovi competitor) e la crescente apertura dei mercati hanno, quindi, avuto effetti diversi sul tessuto produttivo italiano. Se, infatti, in generale la pelletteria italiana in pelle ha conosciuto un aumento di fatturato, trainato dalle ottime performance conseguite sui mercati esteri dalle imprese ben posizionate qualitativamente, dotate di un marchio e di un canale distributivo efficiente, molte aziende di piccola dimensione hanno vissuto un periodo di crisi, vedendo calare l’export e l’occupazione a causa dell’aspra concorrenza sui costi. Il mutamento dello scenario internazionale ha avuto riflessi anche sulle relazioni tra imprese. Si registra, infatti, una tendenza di molte realtà italiane al decentramento e delocalizzazione del processo produttivo a livello nazionale ed internazionale, insieme a strategie di estensione del marchio e ad alleanze strategiche che portano le aziende a spingersi su settori diversi. Anche le imprese del distretto hanno sentito l’esigenza di riorganizzarsi in strutture più snelle, a rete, mantenendo al proprio interno le fasi a maggior valore aggiunto ed affidando all’esterno, nella maggior parte dei casi sempre nel territorio fiorentino, le fasi di trasformazione del prodotto. Ciò è stato possibile grazie alla scomponibilità del ciclo produttivo, favorito dalla rilevanza del lavoro manuale e artigianale. 4.2 Punti di forza e di debolezza del sistema distrettuale Il polo fiorentino della pelle è caratterizzato dalla presenza di imprese che sono state in grado di imporre la propria presenza nel contesto internazionale, grazie ad un’attenta promozione del prodotto e del marchio. Accanto a queste troviamo imprese che, nonostante le contenute dimensioni, sono riuscite ad essere presenti sul mercato con un proprio marchio (Tab. 4.1). 4.2.1 I punti di forza Tradizione e competenze artigianali di lavorazione, unite alla qualità dei materiali, alla cura dei dettagli, alla creatività e alla ricerca stilistica sono i principali punti di forza del prodotto fiorentino. Il sistema locale è caratterizzato da competenze tacite che consentono di realizzare un prodotto di alta qualità conosciuto in tutto il mondo. Molte aziende, in particolare, svolgono ancora a livello completamente artigianale molte fasi del processo produttivo, tra cui la lavorazione delle pelli, necessaria per individuare le imperfezioni del tessuto. L’alta qualità del prodotto finale è garantita anche dal legame con il vicino distretto di S. Croce sull’Arno che oltre ad offrire pelli di qualità e differenziate per tipologia (pelli bovine, ma anche pelli ovine, equine, suine, di rettili, cavallino, toro) e lavorazione (come il finto rettile ovvero pellami stampati coccodrillo, lucertola, pitone etc., ma anche finto intreccio, stampe geometriche e di varie fantasie personalizzate, pelle trasparente) anticipa, con l’ausilio di team interni di tecnici e la collaborazione di stilisti e modellisti, le tendenze della moda, seguendo il cliente sin dalla fase creativa e proponendo campionari nuovi e “personalizzati” per le imprese del Polo fiorentino. La presenza di grandi griffe internazionali ha avuto degli effetti positivi sul sistema locale: ha, infatti, trainato l’economia locale nei periodi di crisi e favorito la circolazione di nuove competenze produttive, così come ha permesso di presidiare le fasi a valle di commercializzazione e distribuzione del prodotto. 39 Studi sui distretti industriali Un ulteriore punto di forza per il sistema distrettuale è la compresenza nel territorio di attori complementari della filiera, quali i fornitori di macchine per il settore o società di consulenza, che supportano le imprese del distretto offrendo servizi e prodotti indispensabili alla competitività del sistema locale. 4.2.2 I punti di debolezza La presenza di imprese in grado di trainare l’economia locale ha determinato effetti positivi sull’indotto locale, ma ha anche prodotto una gerarchizzazione dei rapporti di fornitura, che si è tradotta in una forte dipendenza delle imprese terziste più piccole, che, oltre a sperimentare una progressiva perdita di capacità negoziale nei confronti dei committenti, hanno perso il contatto con il mercato finale. Anche l’adozione delle tecnologie sembra derivare, nella maggior parte dei casi, dalle strette relazioni che le imprese più piccole hanno con le leader; è quindi dovuta alle crescenti esigenze che le committenti hanno e dalla necessità di comunicare in maniera coerente con queste. In generale, rimane basso il livello di investimento in tecnologia e nel rinnovo di macchinari e manca nel distretto un vero processo di apprendimento tecnologico localizzato, che viene invece filtrato dalle imprese leader ai propri fornitori. Proprio per la sua eccessiva parcellizzazione, il sistema ha quindi difficoltà ad innovarsi dal punto di vista tecnologico (Firenze Tecnologia). Il forte legame tra imprese terziste e case madri non accresce le competenze strategiche delle prime a causa del rapporto di verticalizzazione in cui l’azienda leader si organizza. Molto spesso i terzisti risultano relegati al ruolo di produzione perché non hanno saputo sviluppare proprie competenze. Non è presente un rapporto di complementarietà tra le imprese leader e quelle più piccole, volto alla condivisione delle conoscenze; esiste una sorta di cooperazione verticale, mentre quella orizzontale è pressoché assente (Batazzi, Bortolotti, Simoni, 2005). Si registra, poi, una scarsa sinergia con altri settori che potrebbero fornire degli elementi nuovi per rilanciare la competitività del settore, grazie all’utilizzo di materiali nuovi o nuove metodologie produttive. Un ulteriore punto di debolezza è rappresentato dall’assenza di politiche di marchio da parte delle aziende più piccole del distretto, anche operanti sui mercati finali; molte di esse non posseggono un proprio marchio e non presidiano, di conseguenza, la distribuzione e il mercato finale. Questo porta alla difficoltà nel capire le esigenze della clientela. Il sistema locale, infine, è caratterizzato da una “imprenditorialità diffusa, ma limitata”, dove la popolazione di piccole imprese rimane ancorata alle competenze trasmesse nel contesto distrettuale, a causa del basso livello di scolarizzazione, dell’assenza di relazioni stabili con il mondo universitario e il mondo della ricerca e della scarsa diffusione delle tecnologie nel processo produttivo (Batazzi, Bortolotti, Simoni, 2005). 4.3 Sfide e strategie evolutive Il fermento di iniziative da parte degli attori locali è una testimonianza della vitalità del distretto che, nel suo complesso, ha mantenuto la propria competitività anche in periodi di difficoltà per il settore, grazie al substrato di competenze distrettuali di alto profilo che ha incentivato l’insediamento di grandi firme della moda. 40 Il polo fiorentino della pelle Nella situazione attuale le principali sfide per le aziende del lusso operanti nei mercati finali sono collegate alla capacità delle imprese, da un lato, di accrescere e sviluppare i rapporti con il sistema produttivo locale e, dall’altro lato, di adattarsi alla globalizzazione dei mercati e di inserirsi nelle reti globali del valore, sviluppando relazioni internazionali nelle fasi a valle. Importante è poi agire come player del più generale Sistema moda, sfruttando l’immagine acquisita ed i marchi-ombrello per diversificare l’offerta. Salvatore Ferragamo spa: qualità dei prodotti e controllo della distribuzione L’azienda viene fondata da Salvatore Ferragamo nel 1927, dopo aver avviato, negli Stati Uniti, nel 1923, un laboratorio per la realizzazione di calzature da donna, molto apprezzate anche dalle stelle del cinema dell’epoca. Torna in Italia per poter usufruire di manodopera artigianale specializzata in grado di soddisfare le numerose ordinazioni e sceglie di impiantare la propria attività a Firenze, simbolo nel mondo dell’eccellenza italiana, dell’arte e della creatività artigianale. I suoi prodotti sono inizialmente rivolti al mercato americano, ma dopo la crisi del ’29, inizia a spostare la sua attenzione sul mercato interno. Quando arrivano i tempi difficili Ferragamo non si scoraggia: l’autarchia lo spinge ad utilizzare materiali innovativi come il sughero, il legno, i fili metallici, la rafia, il feltro e le resine sintetiche in sostituzione del cuoio e dell’acciaio. Realizza in questo periodo alcune delle creazioni più popolari e imitate: le zeppe di sughero solide e leggere. Nel 1938 acquista il palazzo Spini Feroni, prestigioso edificio duecentesco nel centro di Firenze, ancora oggi sede dell’azienda e del Museo Salvatore Ferragamo. I successi professionali si susseguono e la creazione del sandalo invisibile con tomaia in fili di nylon gli vale nel 1947 il “Neiman Marcus Award”, l’Oscar della moda. Nel secondo dopoguerra riapre ai mercati esteri e rinnova il suo legame con il cinema. Dalla fine degli anni ‘50 prende avvio la meccanizzazione della produzione per quanto riguarda alcune fasi meno elaborate del processo produttivo che viene peraltro realizzato manualmente sotto il controllo delle maestranze artigiane. Dopo la morte del fondatore, la guida dell’azienda passa alla moglie Wanda e alla figlia Fiamma, la quale diventa responsabile della creazione, produzione e vendita delle scarpe da donna e di tutto il settore pelletteria. Sotto la direzione di Fiamma Ferragamo, l’azienda conosce un notevole ampliamento produttivo, riuscendo comunque a rimanere fedele ai principi tecnico-stilistici ereditati dal fondatore. Le sue originali creazioni (tra cui la scarpa “Vara” con il fiocco in gros grain) hanno ottenuto importanti riconoscimenti internazionali. Nel 2006 la direzione, dopo anni di gestione familiare (con Ferruccio Ferragamo), è stata affidata a Michele Norsa, attuale amministratore delegato, mentre Ferruccio Ferragamo ha assunto le funzioni di presidente del Gruppo. Nonostante il cambiamento nella gestione operativa la famiglia mantiene il controllo del gruppo. Wanda Ferragamo è infatti presidente onorario della Capogruppo Salvatore Ferragamo Italia (SFI) a sua volta controllata dalla Ferragamo Finanziaria, Holding di famiglia, di cui la signora Ferragamo resta Presidente. Il gruppo presenta un’elevata propensione all’export: nel 2006 il 92% del fatturato è stato realizzato sui mercati esteri. In testa gli Stati Uniti ed il Giappone (rispettivamente 30% e 23% circa del giro d'affari globale), seguiti da Far East (23%), Europa (21%) e America Latina (3%). Il mercato cinese sta assumendo sempre maggior importanza e rappresenta ormai il terzo mercato di sbocco per il gruppo fiorentino, che dispone di una rete di 25 punti vendita in 18 città cinesi. Calzature e pelletteria rappresentano circa il 60% del giro d'affari globale, seguiti dall’abbigliamento, dagli altri accessori e dai profumi (etichette Ferragamo e Ungaro). Negli anni più recenti le principali evoluzioni strategiche sono riconducibili a: Ampliamento della gamma produttiva ed ingresso nel più ampio Sistema moda. Il core business dell’azienda è focalizzato ancora sulla produzione di calzature per uomo e donna 41 Studi sui distretti industriali di alta qualità, ma seguendo la filosofia della brand extension comune a molte grandi griffe della moda, l’azienda propone anche borse, abbigliamento pret-à-porter uomo e donna, accessori in seta (foulards), occhiali da sole e da vista per uomo e donna e profumi. La prima linea di occhiali nasce nel 1998 grazie ad un accordo di licenza con Luxottica. Le fasi di ideazione, design, scelta dei colori e del materiale sono realizzati da Ferragamo, mentre la produzione è affidata a Luxottica. Nell’ottica di diversificazione dell’offerta si inserisce, dopo il lancio di occhiali e profumi, la linea di orologi: la Salvatore Ferragamo ha firmato nel 2007 un accordo di licenza con l’azienda americana Timex per la produzione e distribuzione di una linea di orologi di alta gamma a marchio Ferragamo. Il Gruppo Timex è rinomato per i suoi orologi innovativi e di grande precisione ma con prezzi accessibili. Creazione di un gruppo, con la capogruppo Salvatore Ferragamo Italia spa. Il Gruppo è costituito da una trentina di società partecipate/controllate che gestiscono le reti di vendita nelle varie aree di sbocco commerciale (area Europa, area America, area Oriente). Recentemente è stata acquisita una partecipazione nella ZeFer spa, società in joint venture paritetica al 50% con il Gruppo Zegna, che svolge attività di produzione di articoli di pelletteria a marchio Zegna, distribuiti dalle società del gruppo medesimo. Partnership produttive. L'intera attività produttiva è gestita in Italia direttamente dalla casa madre, capofila dell'intera filiera, attraverso partnership con aziende selezionate molte delle quali lavorano da anni in esclusiva per il Gruppo (unica eccezione gli occhiali prodotti da Luxottica). I prodotti, prima di essere commercializzati, vengono sottoposti al controllo qualità da parte della casa madre Salvatore Ferragamo Italia. “Il legame con il territorio è considerato strategico dall’azienda: il core business, costituito da scarpe borse e pelletteria viene pensato disegnato e prodotto a Firenze, all’interno del distretto toscano del lusso”. Sviluppo della rete distributiva ed internazionalizzazione commerciale. Dagli anni ’90 l’azienda ha investito sulla propria rete distributiva, sul suo sviluppo, controllo ed evoluzione, al fine di garantire un forte presidio del mercato finale ed una corretta comunicazione dell’immagine del marchio. Il retail è il canale privilegiato di Ferragamo. L’azienda possiede circa 450 punti vendita personalizzati in più di 50 paesi nel mondo di cui oltre 200 di proprietà. Le aperture del gruppo procedono a un ritmo di 15-20 negozi l’anno. Negli ultimi due anni infatti sono stati inaugurati nuovi punti vendita diretti in tutto il mondo (tra i principali: Marbella, Barcellona, Amburgo, Atlantic City, Dallas, Orlando, Buenos Aires, Bangkok) e oltre cento corner in 65 aeroporti internazionali in Italia, America, Estremo Oriente e Oceania. Vi è stata inoltre l’apertura di uno shop in shop all’interno de La Rinascente a Milano. La recente costituzione di una joint venture con DFL Group, gruppo indiano leader nel settore Real Estate, risponde all’obiettivo di sviluppare il brand anche sul mercato indiano, con la realizzazione di boutique di lusso nelle principali città. La strategia perseguita dall’azienda è quella di una continua espansione senza aggregazioni e di uno sviluppo all’estero, ma senza ricorrere a delocalizzazioni produttive. La Salvatore Ferragamo ha deciso di muoversi come gruppo indipendente invece di perseguire una politica multibrand e di focalizzarsi sulla valorizzazione del proprio marchio, mirando alla sua diffusione a livello internazionale. L’azienda è, infine, interessata a una politica di diversificazione strategica delle attività, come per esempio nel settore alberghiero e nautico, sempre rivolte a un segmento alto di clientela e coerenti con lo stile Ferragamo. Tra gli obiettivi dell’attuale AD, Michele Norsa, rientra anche la quotazione in borsa entro il prossimo anno. 42 Il polo fiorentino della pelle Le aziende del distretto di medie dimensioni che hanno in portafoglio dei marchi propri dovranno sempre più prendere coscienza dell’importanza di migliorare le politiche di marchio e di comunicazione, al fine di rendere maggiormente riconoscibile la propria offerta. Solo in questo modo sarà possibile trasmettere al consumatore il valore aggiunto offerto e accrescere la differenziazione rispetto ai competitors internazionali. Pelletteria Il Ponte spa - The Bridge: sviluppo delle politiche di marchio La Pelletteria Il Ponte nasce per iniziativa di alcuni artigiani di Scandicci che nel 1969 costituiscono una società di fatto operante come azienda contoterzista specializzata nella produzione di articoli di pelletteria. E’ una piccola realtà artigianale che nel corso degli anni si contraddistingue per l’alta qualità dei prodotti, garantita dall’esecuzione interamente artigianale delle lavorazioni e dall’utilizzo di pellame conciato al vegetale. Successivamente l’azienda decide di commercializzare direttamente il prodotto e questo conduce nel 1975 alla nascita del marchio The Bridge; un momento di svolta per l’azienda che decide di offrire prodotti dal rapporto prezzo/qualità medio alto nei quali l’alto livello della materie prime e delle lavorazioni e la qualità del servizio diventano fattori determinanti di differenziazione rispetto ai competitori. La proposta di cartelle da lavoro e borse da donna con il marchio The Bridge riscuote successo e l’azienda negli anni si trasforma in una realtà industriale che produce pelletteria di alta qualità diventando, nel 1981, una società per azioni per poi approdare nel 1999 alla costituzione del gruppo “The Bridge” (la cui proprietà e gestione è distribuita in maniera paritaria fra i quattro soci fondatori). Del gruppo fa parte “Il Ponte Finanziaria spa”, società capogruppo che assolve funzioni di gestione del marchio e dei servizi commerciali e amministrativi e l’impresa manifatturiera “Pelletteria Il Ponte spa” da essa controllata. Nel corso del 2007 è stata creata una nuova società “Il Ponte TBW” per la promozione del marchio “The Bridge Wayfarer” che caratterizza una linea di prodotti più innovativi. Oggi The Bridge è una realtà aziendale consolidata che produce una vasta gamma di articoli, suddivisi in linee diversificate per materiali e forme, dedicate al viaggio, al tempo libero e al lavoro. I suoi mercati di riferimento sono l’Italia e l’Europa. L’offerta, che si è ulteriormente ampliata negli ultimi anni, comprende cartelle e borse professionali, borse da viaggio, borse da donna, articoli di pelletteria, capi di abbigliamento e inoltre calzature e linee accessorie (quali guanti, ombrelli, foulard). Da qualche anno The Bridge non si occupa più direttamente della realizzazione delle calzature e degli accessori che vengono commercializzati su licenza dall’azienda. L’azienda propone la propria offerta in Italia e all’estero tramite una fitta rete di agenzie di rappresentanza, corner collocati nei punti vendita di primari clienti, shop in shop e showroom. Nell’ottica di razionalizzazione dell’attività distributiva l’azienda ha iniziato a rivedere la rete di vendita in Italia con la creazione di punti vendita a gestione diretta (Relazione al bilancio d’esercizio 2006). Per quanto riguarda l’organizzazione del processo produttivo l’azienda ha deciso di dotarsi di una struttura snella non producendo internamente, ma avvalendosi di una fitta rete di aziende terziste dislocate prevalentemente in Toscana nell’area fiorentina e di subfornitori situati nelle regioni del centro sud e nell’area dei paesi dell’Est europeo (ex Cecoslovacchia). L’azienda detiene anche una partecipazione (49%) nella società “Il Ponte3T” che ha sede nella repubblica Moldova (Relazione di bilancio 2006). All’interno delle diverse isole produttive (circa una settantina) viene mantenuta la tradizione della lavorazione artigianale, unitamente all’impiego di materie prime e accessori predisposti dall’azienda. L’azienda svolge al proprio interno le funzioni di progettazione (affidata all’Ufficio stile), amministrative e commerciali, oltre al coordinamento della attività logistiche. La funzione di 43 Studi sui distretti industriali ricerca e sviluppo è affidata soprattutto a consulenti esterni, ma l’innovazione qui è meno incisiva che altrove per la tipologia di prodotti che propone The Bridge, modelli classici intramontabili che non risentono della volubilità della moda. Per l’approvvigionamento del pellame l’azienda si avvale della collaborazione della conceria Il Gabbiano, localizzata nel vicino distretto di Santa Croce, che aveva sperimentato l’intero processo di trattamento della pelle completamente al vegetale nei primi anni di attività della pelletteria diventandone unico fornitore. La fattiva collaborazione, ormai trentennale, tra le due aziende ha contribuito a mantenere costante nel tempo la qualità del pellame utilizzato e ad accrescere la notorietà del marchio. Il vantaggio competitivo dell’azienda fin dalle origini è basato sulle caratteristiche del prodotto: produzione artigianale elevata e alta qualità della pelle conciata al vegetale, senza impiego di sostanze chimiche. “Nel corso della lavorazione della pelle vengono infatti utilizzati, fra gli altri prodotti, tannini vegetali, estratto di quebraco e di mimosa; tutte sostanze naturali e biodegradabili, che danno alla pelle un aspetto piacevole per la vista e per il tatto. Per la tintura inoltre si usano solo tamponi di lana passati a mano che esaltano la naturalezza del cuoio e che danno sfumature uniche rendendo ogni prodotto diverso dall’altro. La lucidatura infine segue la tradizione toscana ed è effettuata coi rulli d'ambra”. La competenza degli artigiani pellettieri e l’immagine del territorio fiorentino vengono considerati dall’azienda come leve competitive e fattori imprescindibili del successo del marchio The Bridge nel corso degli anni. Nei suoi trent’anni di attività l’azienda ha sempre investito risorse nel settore marketing e comunicazione. Recentemente The Bridge ha assunto al proprio interno “la direzione creativa delle campagne promozionali, con lo scopo di rafforzare il concetto di marchio e infondere in esso il valore, la personalità e la filosofia dell’azienda”. La strategia perseguita negli ultimi anni è stata quella di consolidare la fascia di prodotto classico intramontabile “The Bridge” e, nel contempo, diversificare la produzione con l’introduzione di prodotti più fashion, sperimentando la realizzazione di articoli in tessuto o altro materiale sempre di qualità medio-alta. A tale scopo nel 2001 è stato creato anche il brand The Bridge Wayfarer, che contraddistingue un vasto assortimento di articoli da viaggio professionali e per il tempo libero e si rivolge ad un target aperto alle innovazioni, utilizzando la chiave dei materiali tecnologici e del design. A servizio del brand, è stata creata successivamente nel 2007 la una nuova società, “Il Ponte TBW”, sempre con sede a Scandicci e showroom a Milano. “Proprio nella diversa natura del brand rispetto a The Bridge e nella necessità di farlo crescere in maniera autonoma da quest'ultimo risiedono le motivazioni della nascita di questa nuova società”. L’azienda ha effettuato anche consistenti investimenti per la realizzazione di una rete informatica e utilizza un sistema software intergrato per la gestione aziendale. Un discorso analogo vale per le piccole imprese che operano in un regime produttivo misto, a marchio proprio e conto terzi; anch’esse dovranno puntare su innovazione tecnologica, politiche di marchio e sviluppo della rete distributiva, mantenendo, in tal modo, il contatto con il mercato finale. Sul fronte distributivo, l‘implementazione di punti vendita retail può rappresentare una strategia da seguire, in una logica di migliore interpretazione delle tendenze della moda e comunicazione più diretta dell’offerta. Questa linea strategica può risultare efficace sia per consolidare la posizione su mercati maturi che per affermarsi su nuovi mercati di sbocco. Andando alle prospettive per la rete di fornitura, sembra fondamentale in futuro andare a migliorare le capacità di innovazione dei processi, attraverso investimenti tecnologici ed informatici (CCIAA di Firenze, 2005). Spazi di 44 Il polo fiorentino della pelle innovazione sono possibili sia con riferimento alla progettazione, che alle fasi di preparazione (Firenze Tecnologia). Gli operatori del settore più avveduti sono consapevoli della necessità di introdurre innovazioni di processo, avanzamenti tecnologici e informatici e di dotarsi di nuovi macchinari da gestire creando forme di cooperazione orizzontale tra reti di piccole imprese (ricorrendo a formule consortili come, ad esempio, l’iniziativa del Consorzio Centopercento italiano). Riveste però un’importanza decisiva un’azione collettiva che veda coinvolti i protagonisti del polo produttivo (imprese, società consortili, associazioni di categoria), ma anche istituzioni e strutture universitarie locali. E’ necessaria infatti un’azione sinergica dei vari attori distrettuali, pubblici e privati, per sostenere lo sviluppo del tessuto produttivo locale attraverso interventi volti a favorire lo sviluppo di risorse “di sistema” e tesi a rafforzare alcune funzioni strategiche per le imprese (per es. formazione, servizi per l’innovazione tecnologica, organizzativa, di prodotto ecc.). Un ruolo importante per la creazione di un efficiente mercato dei servizi alle Pmi può essere svolto da enti camerali, associazioni imprenditoriali e società consortili con funzione di erogazione di servizi. L’eterogeneità dei soggetti coinvolti richiede, peraltro, anche un’attività di coordinamento onde evitare dispersioni e ottimizzare le risorse. Tab. 4.1 Le strategie aziendali di alcune imprese che operano nel Polo Gucci Group Ferragamo Braccialini Pelletteria Il Ponte Nannini Sapaf Sì Sì Sì Sì No No Gruppo Ppr Famiglia Ferragamo Gruppo Mbfg 4 soci fondatori Famiglia Nannini Azienda familiare Qualità di prodotto Alta Alta Alta Alta Medio-alta Alta Differenziazione produttiva Alta Alta Alta Medio-alta Media Media Innovazione di prodotto Alta Alta Alta Media Media Alta Esternalizzazione produttiva Sì Sì Sì Sì Sì No Internazionalizzazione produttiva Sì No No Sì Sì No Alta Alta Medio-alta Medio-alta Media Bassa Punti vendita in Italia Sì Sì Sì Sì Sì No Punti vendita all’estero Sì Sì Sì Sì Sì No Strategie aziendali Gruppo Struttura proprietaria Presenza nella fase distributiva Importanza marchio Alta Alta Alta Alta Media Alta Politica multibrand Sì No Sì No No No Licenze Sì Sì Sì Sì No No Leadership Sì Sì Sì di nicchia No No In questo contesto è necessario che la piccola imprenditoria distrettuale superi le barriere culturali e psicologiche che si frappongono all’utilizzo di strumentazioni tecnologiche più evolute e all’automazione di alcune fasi del processo produttivo, che potrebbero, invece, coesistere con fasi di lavorazione manuale ad alto valore aggiunto. L’automazione di alcune fasi non andrebbe a detrimento dell’artigianalità del prodotto e potrebbe contribuire a razionalizzare e velocizzare il processo produttivo migliorando il servizio al cliente. 45 Studi sui distretti industriali Chiave di volta è l’implementazione di politiche formative con una maggiore articolazione delle attività formative già avviate in ambito distrettuale. Il fattore competenze rappresenterà in futuro la discriminante fondamentale per l’autonomia e la solidità delle aziende. Si tratta da un lato di salvaguardare le competenze tacite proprie del distretto e, dall’altro, di promuovere l’innovazione dei tradizionali modelli imprenditoriali. La formazione e la creazione di nuove figure professionali assumono in questo un ruolo rilevante, per arricchire le imprese operanti e far sì che queste siano in grado di affrontare le nuove sfide dell’attuale contesto competitivo. La complessità dei rapporti di rete in questo contesto richiede un ruolo attivo da parte delle imprese leader per sostenere la competitività del sistema distrettuale traendone vantaggio. Esse devono saper valorizzare le competenze “tipiche” della rete distrettuale, per salvaguardare quel carattere di eccellenza produttiva che ha dato prestigio e fama alle aziende del polo fiorentino contribuendo ad affermare il nostro made in Italy nel mondo. La presenza di un network di fornitura in grado di garantire l’alta qualità delle lavorazioni a tutti i livelli (e certificate made in Itay) offre, infatti, vantaggi alle aziende leader in termini di credibilità ed immagine, consolidando la loro competitività. Per evitare di disperdere questo ricco patrimonio di conoscenze è necessario che le imprese leader non perdano di vista e “controllino” il fenomeno della diffusione di imprenditorialità cinese a basso costo, ma “irregolare” e non “integrata” nel tessuto distrettuale. Anche il tessuto produttivo locale di piccole imprese fornitrici e terziste dovrà, però, cercare di rafforzarsi se non riqualificarsi, proponendosi sempre più come “aziende partner” e strategiche per il committente, approfondendo le proprie capacità progettuali e ponendosi su un piano di collaborazione con i clienti. Ciò significa saper coniugare le conoscenze tacite e il know how di alto profilo del contesto distrettuale con le nuove competenze “assimilate” attraverso il rapporto con imprese leader. La confluenza di queste diverse competenze “distintive” e l’interazione con altri settori complementari di supporto (fornitori di macchinari, tecnologie, consulenza, ecc.) aumentano la competitività delle piccole imprese accrescendo la loro importanza e centralità per le aziende leader. Tab. 4.2 - L’analisi Swot del Polo fiorentino della pelle Punti di forza - Qualità dei materiali garantita dalla vicinanza del distretto della concia di S. Croce sull’Arno - Competenze tacite distrettuali - Qualità delle lavorazioni - Creatività e ricerca stilistica - Presenza grandi griffe internazionali - Attori complementari alla filiera (fornitori di macchine e servizi) - Sostegno delle istituzioni locali Opportunità - Forte attrazione dei nuovi mercati emergenti per il made in Italy (prodotti e lifestyle) - Innovazione dei processi produttivi - Cooperazione orizzontale fra Pmi - Creazione di nuove figure professionali, con spiccata manualità, ma anche in grado di utilizzare strumentazioni informatiche - Divenire partner strategici delle griffe 46 Punti di debolezza - Gerarchizzazione dei rapporti fornitura - Eccessiva dipendenza delle imprese terziste da aziende leader - Scarsa innovazione tecnologica del sistema locale di Pmi - Basso livello di scolarizzazione nelle Pmi - Assenza di politiche di marchio delle Pmi - Difficoltà presidio mercato finale per le piccole imprese Minacce - Concorrenza delle economie emergenti (Cina in primis) - Progressiva perdita del patrimonio di competenze e mancanza di personale qualificato (cucitrici di macchina, prototipisti, modellisti, ecc.), con conseguente: • crisi di immagine e credibilità del territorio • abbandono del territorio delle griffe Il polo fiorentino della pelle Bibliografia e sitografia Batazzi M., Bortolotti F., Simoni M. G. (2005) Quale innovazione per il settore della pelle. Un’indagine sulla domanda d’innovazione nelle imprese del settore pelletteria dell’area fiorentina. Franco Angeli, Milano. CCIAA di Firenze (2005), Arti e Mercature, n.1 gennaio-giugno, Firenze Tecnologia, Stato dell’arte dell’innovazione tecnologica nel settore della pelletteria. Relazione finale. Irpet (2004), Distretti e imprese leader nel sistema moda della Toscana, a cura di L. Bacci, FrancoAngeli. Regione Toscana (2004), Ambiente e sviluppo locale. Il quadro delle pressioni ambientali nei sistemi economici locali della Toscana, in Quaderni della programmazione, n. 12. Regione Toscana (2000), I sistemi economici della Toscana. Articolazione e schede sintetiche dei profili economici e socio-culturali, in Quaderni della programmazione, n 4. Regione Toscana (2001), Il mosaico territoriale dello sviluppo socio-economico della Toscana. Schede sintetiche dei Sistemi Economici Locali della Toscana, in Quaderni della programmazione, n 7. Spinner (2006), I cinesi e gli altri. L’imprenditoria extracomunitaria in Italia. www.agr.unipi.it/economia/ www.aster.it/territorio/rapporto/firenze.htm www.colzi.com www.docup.toscana.it www.fi.camcom.it/ftp/A&Mweb/Home-0.htm www.gucci.com www.salvatoreferragamo.it www.sapaf54.it/ www.thebridge.it 47 Studi sui distretti industriali Le pubblicazioni sui Distretti del Servizio Studi e Ricerche Studi sui distretti industriali Monografie sui principali distretti industriali italiani Il distretto del mobile della Brianza, Marzo 2003 Il distretto del mobile del Livenza e Quartiere del Piave, Agosto 2003 Il distretto della calzatura sportiva di Montebelluna, Agosto 2003 Il distretto del tessile–abbigliamento di Schio-Thiene-Valdagno, Settembre 2003 Il distretto delle piastrelle di Sassuolo, Dicembre 2003 Il distretto della calzetteria di Castel Goffredo, Gennaio 2004 Il distretto dei metalli di Lumezzane, Febbraio 2004 Il distretto del tessile–abbigliamento di Prato, Marzo 2004 Il distretto del mobile di Pesaro, Giugno 2004 Il distretto dell’occhialeria di Belluno, Settembre 2004 Il distretto della concia di Arzignano, Settembre 2004 Il distretto delle calzature di Fermo, Febbraio 2005 Il distretto tessile di Biella, Marzo 2005 Il distretto della sedia di Manzano, Maggio 2005 Il distretto serico di Como, Agosto 2005 Il distretto della calzetteria di Castel Goffredo (aggiornamento), Novembre 2005 Il distretto dei prodotti in pelle e cuoio di Santa Croce sull’Arno, Dicembre 2005 Il distretto della concia di Arzignano (aggiornamento), Aprile 2006 Il distretto del mobile imbottito della Murgia, Giugno 2006 I distretti italiani del mobile, Maggio 2007 Il distretto conciario di Solofra, Giugno 2007 Il distretto dei prodotti in pelle e cuoio di S.Croce sull’Arno (aggiorn.), Settembre 2007 Il distretto della calzatura del Brenta, Ottobre 2007 Il distretto della calzatura Veronese, Dicembre 2007 Il polo fiorentino della pelle, Luglio 2008 Monitor dei distretti Trimestrale di congiuntura e previsioni sui principali distretti industriali italiani Ultimo numero: Luglio 2008 APPENDICE CERTIFICAZIONE DEGLI ANALISTI Gli analisti finanziari che hanno redatto il presente documento e il cui nome e ruolo sono riportati nella presente pubblicazione certificano che le opinioni, previsioni o stime contenute nel documento stesso sono il risultato di un autonomo e soggettivo apprezzamento dei dati, degli elementi e delle informazioni acquisite e che nessuna parte del proprio compenso è stata, è o sarà, direttamente o indirettamente, collegata alla strategia di investimento raccomandata o proposta in questo documento. IMPORTANTI COMUNICAZIONI La presente pubblicazione è stata redatta da Intesa Sanpaolo S.p.A. Le informazioni qui contenute sono state ricavate da fonti ritenute da Intesa Sanpaolo S.p.A. affidabili, ma non sono necessariamente complete, e l'accuratezza delle stesse non può essere in alcun modo garantita. La presente pubblicazione viene a Voi fornita per meri fini di informazione ed illustrazione, ed a titolo meramente indicativo, non costituendo pertanto la stessa in alcun modo una proposta di conclusione di contratto o una sollecitazione all'acquisto o alla vendita di qualsiasi strumento finanziario. Il documento può essere riprodotto in tutto o in parte solo citando il nome Intesa Sanpaolo S.p.A. La presente pubblicazione non si propone di sostituire il giudizio personale dei soggetti ai quali si rivolge. 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