EUR MED PHYS 2008;44(Suppl. 1 to No. 3) Allungamento-elasticizzazione-tonificazione dei muscoli erettori e riequilibrio delle fasce, legamenti ecc. del rachide attraverso gli esercizi effettuati in autoallungamento della colonna nel tai chi S. ORZES1, F. FESTA2, P. RANAUDO3, M.A. FUSCO4, M. AMBROSONE5 Introduzione 1U.O. Le rachialgie, per vari motivi (soprattutto sembra per la sedentarietà quasi costante della vita moderna), al giorno d’oggi sono frequentissime. Le proposte preventivo-terapeutiche sono moltissime e di vario tipo; non sempre si rivelano efficaci e solo alcune di esse hanno una validazione scientifica. Alcune cercano di lavorare sui muscoli con vari obiettivi. Tra queste, abbastanza utilizzate sono quelle che cercano di rinforzare, di tonificare i muscoli addominali e/o dorsali. Personalmente le abbiamo consigliate e prescritte in pochi casi perché teoricamente e praticamente ci convincono poco. Riguardo al rinforzo degli addominali va notato che la maggior parte degli esercizi vengono effettuati con il rachide in delordosi e quindi il nucleo polposo è situato posteriormente e preme maggiormente contro la parte posteriore dell’anello fibroso, in genere già “normalmente perché frequentissimamente”degenerato, soprattutto nei lombalgici. Vanno anche ricordati gli esperimenti di Nachemson A.L.1 che dimostrano che questi esercizi, (in genere considerati innocui perché effettuati a terra e quindi in scarico) aumentano molto la pressione all’interno del disco. Sostanzialmente il disco viene spinto posteriormente con forte pressione e sappiamo che questo può far precipitare la situazione e causare o aggravare una protrusione discale. Anche la tonificazione dei “dorsali”ci trova dubbiosi; in genere questi sono troppo corti e potenti, come sottolineano i mezieristi2-16: “non ci sono che lordosi (cervicale, lombare, incavo del ginocchio etc.) e, per l’accorciamento della catena posteriore, l’appianamento di una lordosi implica l’accentuazione di un’altra lordosi per compenso”. Se troppo potenti, tra l’altro, questi possono indurre sofferenze a vari livelli e sovraccaricare e stressare soprattutto le relativamente fragili articolazioni posteriori, già molto caricate soprattutto a livello lombare basso. In realtà, come abbiamo già detto17, questi muscoli andrebbero rinforzati soprattutto nella loro componente propriocettiva e non in accorciamento; normalmente vanno allungati, elasticizzati, resi propriocettivamente pronti a reagire stabilizzando la colonna. I tanti esercizi proposti a questo scopo non sempre ci risultano convincenti. Per questo, in questa sede, parleremo dell’assetto allenato nel tai chi e di alcuni esercizi utili a questo scopo. Abbiamo già trattato il rapporto tra l’ assetto allenato in questa disciplina e la postura18, la lombalgia e la dorsalgia bassa17, l’igiene di spalla19, la cervicalgia20, la coxartrosi21, la patologia di ginocchio22 e per una descrizione più estesa della posizione è utile riferirsi a queste pubblicazioni. Nostri insegnanti: R. Benetti, F. Rizzi, G. Sensi e F. Bellotto, D. Capretta. In questa sede descriveremo solo l’assetto della colonna che viene tenuta il allungamento, autoerezione, appianamento delle curve ecc. Vol. 44 - Suppl. 1 to No. 3 di Medicina Fisica e Riabilitazione U.L.S.S. N.2 Feltre (BL); 2Professore Ordinario di Ortognatodonzia e Gnatologia, Università degli Studi “G. D’Annunzio”, Chieti-Pescara; 3Dottore in Fisioterapia. Verbania; 4Direttrice Centro Studi e Ricerche KS Italia. Avellino; 5Istituto di Ortopedia e Traumatologia, Milano Bicocca Descrizione della posizione Bisogna ricercare una sensazione di leggerezza, una postura naturale e distesa, con la struttura scheletrica così bene allineata da rimanere in posizione senza sforzo (i muscoli restano appesi alle ossa come i vestiti all’attaccapanni). Vanno controllati il respiro (punto di unione tra conscio e inconscio) e la mente (creazione di uno stato di quiete). Bisogna sentirsi come “seduti su uno sgabello alto”. Il sacro, come una vanga che scava, porta la punta prima in basso e poi leggermente in avanti. Il contenuto addominale inferiore si espande, come un pallone, contemporaneamente in tutte le direzioni e si incastra nel bacino che si “apre” per accoglierlo. Le sacro-iliache tendono ad “aprirsi”, forzate da questa pressione interna, e le coxo-femorali tendono a fare una extrarotazione. Questo tende a ridurre la lordosi lombare e quindi la cifosi dorsale e la lordosi cervicale; il baricentro tende ad abbassarsi. Si deve avere la sensazione di un “vuoto anteriore”come ci fosse un dito che spinge le S.I.A.S. posteriormente e inferiormente, annullando ogni tensione in questa sede (le tensioni in tutto il corpo, ma soprattutto in questa sede, devono essere eliminate per non rendere inefficace il lavoro strutturale ed energetico). La respirazione è calma e tranquilla, con libero gioco dell’addome in armonia col movimento del diaframma. Questo muscolo viene stirato, sul piano orizzontale, sia in senso antero-posteriore che in quello latero-laterale. Il diaframma pelvico, analogamente a quello toraco-addominale, viene stirato. Il respiro si espande ad occupare il volume delimitato dai 2 diaframmi, dalla parete addominale (trasverso, obliqui, g. retti ecc.) e dalla regione lombare. Nella inspirazione la contrazione del diaframma avviene contemporaneamente al rilassamento dei m. addominali e di quelli che compongono il diaframma pelvico, mentre nella espirazione la contrazione dei muscoli addominali e di quelli del diaframma pelvico facilita la risalita del diaframma rilassato. Lo sterno è rilassato. Il diaframma viene stirato, dalla “tensione elastica attiva dell’addome”, tra L1 ed L3, lo sterno e le ultime coste L’addome è solido ma elastico e morbido. Il torace si svuota. EUROPA MEDICOPHYSICA 1 ORZES ALLUNGAMENTO-ELASTICIZZAZIONE-TONIFICAZIONE DEI MUSCOLI ERETTORI E RIEQUILIBRIO DELLE FASCE, LEGAMENTI ETC. DEL RACHIDE... Si ha un processo di allungamento della colonna che partendo dalle vertebre lombari prosegue spingendo fuori la D11 (D12), incassando leggermente il torace (D5-D6) e raddrizzando la regione cervicale. -La testa punta verso il cielo; le spalle e le braccia cadono rilassate. Il collo si verticalizza appianando la lordosi; si distende la nuca in modo che la testa sia in equilibrio, dritta, senza tensione, come sospesa dall’alto; il mento è leggermente rientrante; lo sguardo è diretto in avanti con le palpebre rilassate; la lingua è appoggiata sul palato dietro la fila superiore dei denti; la mascella è rilassata con le labbra atteggiate in un leggero sorriso. La libertà del collo è vitale per l’equilibrio della testa e per il funzionamento del sistema nervoso. La testa è appesa al cielo, come ci fosse un peso sulla testa che provoca una reazione di raddrizzamento del collo23, così creando un vettore di forza verso l’alto, in direzione opposta a quello del radicamento. “Testa allungata e sedere sospeso”. -Le spalle sono abbassate, rilassate, cadono liberamente come “maniche di una giacca appesa all’attaccapanni”, in posizione intermedia (prevale una lievissima anteposizione per facilitare la detensione delle sterno-claveari che connettono gli arti superiori al tronco). Le scapole vengono mantenute aderenti al torace, tendono all’adduzione e sono tirate verso il basso da “tiranti” ancorati alle ossa iliache (gran dorsale); sono il fulcro centrale, i trasmettitori mobili. D4-D5 è la regione verso la quale convergono le forze che mantengono le scapole aderenti al torace sul piano frontale. Testa, torace e bacino devono essere perfettamente allineati sul piano verticale. Come vediamo viene allenato un assetto in cui il rachide lavora in allungamento, autoerezione, appianamento delle curve etc. E’utile fare alcune osservazioni, cominciando col fare alcune considerazioni anatomo-fisio-patologiche sulle strutture coinvolte. Autoallungamento In questa disciplina gran parte dell’allenamento viene effettuato per rendere automatico l’autoallungamento. Questo, per avvenire, necessita della contrazione attiva delle fibre muscolari che lo effettuano e del rilasciamento di quelle che si oppongono ad esso. In quasi tutti gli individui le strutture che si oppongono a questo stiramento non si trovano in uno stato di elasticità, cedevolezza e lunghezza ottimale, ma sono quasi sempre accorciate, con retrazioni spesso fibrotiche già instaurate, trigger points etc. E’necessario accennare brevemente alle strutture miofasciali che ostacolano l’autoerezione e che vengono stirate, messe in tensione da questo assetto. Muscoli da rilassare ed allungare progressivamente Secondo alcune correnti di pensiero (con cui concordiamo pienamente), i muscoli non lavorano singolarmente ma sono come uniti a formare “catene”. Se un segmento di una catena è sede di retrazione, di accorciamento, tutta la catena può risentirne e la disfunzione può coinvolgere distretti molto lontani; per questo è importante allungare tutte le strutture miofasciali coinvolte mettendole globalmente in tensione. Alcuni (es. Mezieres2-7,9-16) hanno sottolineato l’importanza soprattutto della retrazione della catena posteriore che tende ad accentuare e mantenere tutte le curve del rachide e del corpo. E’impossibile un buon autoallungamento senza che questi muscoli concedano la necessaria lunghezza per farlo; quindi vanno detesi, allungati (come si fa nel Tai Chi). È utile riportare l’opinione di Cittone J.M.8 a questo riguardo. Per lui la catena posteriore, dall’alto in basso, comprende: 1) i muscoli del collo, organizzati in 4 piani: A)Piano profondo (comprende soprattutto i muscoli suboccipitali): piccolo e grande retto, piccolo e grande obliquo, trasversospinale e interspinosi. B)Piano dei complessi: piccolo e grande complesso, trasverso del 2 collo e sacrolombare. C)Piano dello splenio e dell’angolare. D)Piano superficiale: trapezio e piano superficiale dello S.C.O.M. 2) imuscoli posteriori del tronco, organizzati in 3 gruppi: A)Il gruppo posteriore: a)Piano degli spinosi: trasverso spinoso, lungo dorsale, sacrolombare e epispinoso (gli ultimi 3 si uniscono e formano la massa comune lombare). b) Piano dei piccoli dentati posteriori. c) Piano del romboide. d)Piano superficiale: trapezio e gran dorsale. B) Gruppo medio: quadrato dei lombi e intertrasversari. C) Gruppo anteriore: psoas e iliaco. Il diaframma, con le sue inserzioni posteriori, intrecciate con quelle dello psoas, fissa la lordosi (e partecipa a tutte le catene). Legamenti del rachide Anche queste strutture che limitano l’escursione passiva dei giunti, secondo la nostra opinione, non lavorano singolarmente ma prevalentemente formando delle “colonne inestensibili (unendosi in serie)” che si portano (non tutti completamente), dal coccige all’occipite. Il legamento longitudinale comune posteriore, quello longitudinale comune anteriore, i legamenti gialli, gli intertrasversari, quelli che costituiscono e rinforzano le capsule, gli interspinosi, i sovraspinosi, quelli vertebro-costali etc. non agiscono isolatamente, ma condizionandosi a vicenda, come segmenti di catene. Una asimmetria, una retrazione di alcuni, coinvolge inevitabilmente molte altre articolazioni vicine e lontane e quindi può perturbare l’assetto di tutta la colonna. Una lunghezza asimmetrica o disarmonica di questi (in genere associata a uno squilibrio, tra l’altro, dei piccoli muscoli intrinseci del rachide) condiziona l’assetto e la dinamica del disco intervertebrale e quindi la pressione che il nucleo polposo esercita sull’anello fibroso. È evidente che l’anulus col tempo tende a degenerare e ad assottigliarsi in alcune aree specifiche (probabilmente in quelle sottoposte a maggior pressione), creando zone di minore resistenza; possono verificarsi protrusioni croniche o acute. Possono verificarsi ipomotilità segmentarie con restringimenti asimmetrici anche localizzati nei forami di coniugazione; questo può perturbare la circolazione venosa, arteriosa, linfatica nel forame; può dare compressione di tutte le strutture nervose che lo attraversano con conseguenze motorie, sensitive e vegetative (es. la temibile stasi) nei distretti da esse innervati. Dati gli stretti rapporti dei gangli simpatici con la testa delle coste (sono situati davanti a queste), una disfunzione a questo livello può coinvolgere importanti funzioni vegetative in organi vitali e perturbare la loro fisiologia24-30. È “normale”, perchè frequentissimo, che le strutture miofasciali e i legamenti suddetti si accorcino in seguito a traumi, malattie di organi interni, operazioni chirurgiche, ferite, malformazioni ossee anche lievi, ma soprattutto a squilibri posturali anche minimi. Va ricordato che la struttura ossea non è fissa ma si rimodella costantemente, es. per effetto piezoelettrico. È possibile che queste asimmetrie tensionali modifichino lievemente anche la struttura ossea e questa a sua volta condizioni l’assetto delle strutture stesse e inneschi carichi squilibrati sui giunti adiacenti e lontani. Basta vedere la struttura anatomica delle vertebre scoliotiche; a questo riguardo ci si dovrebbe interrogare su molte scoliosi “idiopatiche”, anche basando molta parte della cura e della prevenzione su questi principi. Questa autoerezione va allenata (es. con il tai chi) fino a diventare automatica nelle normali attività della vita quotidiana affinché si strutturi come “igiene di vita”. In questo modo essa tende ad antagonizzare le retrazioni globali e segmentarie del tessuto fibroso, mantenendolo disteso, stirato (è dimostrato che se non allungate sistematicamente2,31-33 queste strutture tendono ad accorciarsi). Muscoli che effettuano l’autoallungamento Questo, come già detto, per effettuarsi necessita del rilasciamento delle strutture miofasciali suddette che lo limitano e che tendono, EUROPA MEDICOPHYSICA October 2008 ALLUNGAMENTO-ELASTICIZZAZIONE-TONIFICAZIONE DEI MUSCOLI ERETTORI E RIEQUILIBRIO DELLE FASCE, LEGAMENTI ETC. DEL RACHIDE... quasi fisiologicamente, alla retrazione e anche alla fibrosi. Per questo, oltre a mantenere stirati questi elementi e a favorire il loro progressivo allungamento, allena la loro decontrazione e il loro rilassamento cosciente e volontario, anche perché aiuta a percepire le aree di tensione e di sofferenza. E’indispensabile, anche se difficile, tentare di capire l’anatomo-fisiologia delle strutture che inducono attivamente l’autoallungamento. Data l’importanza dell’argomento per questo lavoro, è necessario citare le opinioni di alcuni autori, anche se queste dissentono tra loro in alcuni punti e necessitano di un approfondimento specifico nei testi originali per essere ben comprese. Bienfait M.12 divide 1) il mantenimento statico (che è una funzione tonica, involontaria che, resistendo alla gravità, controlla la chiusura delle curve ed è un ammortizzatore attivo), 2) dall’erezione che è una funzione dinamica che raddrizza queste stesse curve con un autoingrandimento; questa è un atto volontario. I muscoli elicitati in queste due funzioni sono totalmente differenti. Le correzioni statiche effettuate con tecniche tipo R.P.G. agiscono su strutture diverse da quelle usate per l’autoraddrizzamento e ritiene inefficaci gli esercizi che propongono l’autoaccrescimento nella cura delle deformazioni vertebrali. 1) Mantenimento statico. 1) C. cervicale: tutta la muscolatura del rachide cc. superiore (occipite-C1-C2) è tonica e controlla le flesso-estensioni, maggiormente le latero-flessioni e ancora di più le rotazioni. Deve garantire la buona posizione del labirinto, l’orizzontalità dello sguardo etc. e organizza ogni equilibrio del corpo con riflessi tonici discendenti; molte funzioni locomotorie automatiche (deambulazione, prensione, ventilazione) sono “lanciate” dai movimenti della testa. Il rachide cc. inferiore sopporta il peso della testa e ammortizza le variazioni della gravità. A) Il lungo del collo, anteriore, con le sue parti oblique, toniche, controlla la chiusura della lordosi cc. B) Il mantenimento dello squilibrio anteriore (cioè il combattere contro la tendenza del capo a cadere in avanti), è dovuto ai complessi [grande (che controlla soprattutto l’anteflessione) e piccolo (che controlla le lateroflessioni e le rotazioni)]; il trasversario spinoso è scarso a questo livello e funge solo da legamento attivo. 2) C. dorsale. La cifosi è controllata dai trasversali spinosi, muscoli tonici che controllano la statica. Ognuno è composto di 4 fasci che dalla trasversa della vertebra più bassa si portano: a) al bordo inferiore della lamina sovrastante; b) alla parte interna della lamina della vertebra successiva; c) alla base della spinosa della 3° v. sovrastante; d) alla cima della spinosa della 4° v. sovrastante. I primi due fasci controllano soprattutto la inclinazione mentre gli ultimi due soprattutto la rotazione. 3) C. lombare. Questa statica per lui è mantenuta dai muscoli che controllano l’anteversione del bacino: a) g.gluteo (è quasi completamente dinamico; la sua parte tonica è data dalle fibre relativamente verticali che uniscono l’aponevrosi lombare al setto intermuscolare esterno della coscia; queste due grandi formazioni aponevrotiche prolungano anche l’inserzione alta fino a D1 e quella bassa fino al ginocchio); b) piramidali; c) la parte tonica dei muscoli del perineo (trasverso profondo e superficiale, ischio-cavernosi); d) trasversi spinosi (qui sono lordosizzanti e controllano solo l’inclinazione; inoltre a questo livello non sono più distinti e costituiscono una massa muscolare omogenea che serve da punto di appoggio ai muscoli dinamici delle docce). Gli interspinosi lombari controllano gli scivolamenti supero-anteriori e gli intertrasversari fungono da legamenti attivi che limitano le latero-flessioni. Il trasverso dell’addome è l’unico muscolo che mantiene tonicamente la massa viscerale; in avanti le fibre muscolari proseguono con l’aponevrosi anteriore del trasverso, mentre indietro con l’aponevrosi posteriore del trasverso che si fissa alla sommità delle trasverse delle ultime 4 lombari. 2) L’erezione (raddrizzamento volontario) è una funzione globale nella quale il senso degli scivolamenti delle faccette articolari vertebrali si invertono a ogni curva. Er. lombare: Per lui a questo Vol. 44 - Suppl. 1 to No. 3 ORZES livello non esistono muscoli erettori; il rachide lombare dipende dai movimenti del bacino e l’estensione lombare accompagna automaticamente una retroversione pelvica e una verticalizzazione del sacro. Piret S. e Bezieres M.M.34 descrivono questa fisiologia come un arrotolamento dal basso, poiché l’avviamento del movimento si trova a livello dei muscoli del perineo. I due muscoli che costituiscono il piano profondo del perineo, l’elevatore dell’ano e l’ischio-coccigeo, sono i muscoli dinamici di questa regione. Tesi tra il pube e il coccige, sono verticalizzatori del sacro, ma soprattutto la loro tensione di contrazione, in questa funzione di erezione, dà inizio alla contrazione dei grandi glutei in dietro e a quella dei grandi retti in avanti12 fa considerazioni sui primi 3 muscoli succitati e, parlando dei grandi retti, afferma che per tirare il pube verso l’alto prendono appoggio sull’erezione dorsale e sul blocco toracico in inspirazione; afferma che è impossibile espirare ed ergersi contemporaneamente (personalmente non concordiamo con questa ultima affermazione). Er. dorsale: La curva si apre sotto l’azione dei suoi muscoli erettori: gli epispinosi. Questo muscolo va dalla sommità delle spinose di L2-L1-D12-D11 alle spinose delle prime 9 dorsali (o a quelle di D4-D5 per34), saltando a ponte D10, che è l’epicentro di questo raddrizzamento. Er. cefalica: L’apertura della lordosi cervicale è data dalla parte dinamica (mediana) del lungo del collo (le altre due parti sono statiche). L’opposizione tra i sovra-sottoioidei (anteflessori), e gli spleni (postflessori), fissa la posizione del capo (non si può parlare di una erezione vera della testa, ma di una sinergia tra antagonisti). Secondo Busquet L.8-9, il raddrizzamento lombare avviene, (dopo che il bacino è stato stabilizzato in retroversione dalle catene muscolari dell’arto inferiore, soprattutto dagli ischio-crurali e da alcuni adduttori), soprattutto ad opera del quadrato dei lombi e dei fasci lombari del lungo dorsale, che tirano indietro soprattutto L3, apice della curva lombare. Mentre le fibre ileo-costali (verticali) del quadrato dei lombi (che sono lordosizzanti) lavorano in eccentrico, le fibre oblique che uniscono l’ultima costa alle trasverse delle 5 lombari e quelle oblique che uniscono la cresta iliaca alle trasverse delle prime 4 lombari, prendendo come punto fisso rispettivamente torace e ileo, possono, tirando indietro le vertebre, diminuire la lordosi e raddrizzare la colonna lombare. Se il torace funge da punto fisso, l’epispinoso, il lungo dorsale toracico (parte lombare) (posto lateralmente al multifido, è costituito da 5 fascicoli che originano dall’estremità mediale dei processi trasversi lombari e si portano all’ileo; sopra si porta al torace dando un braccio alle trasverse e uno all’angolo posteriore delle coste) e l’ ileo-costale lombare (è il più laterale ed è costituito da 4 fascicoli che originano dalle estremità dei processi trasversi di L1-L4 e da un’area che si estende sullo strato mediano della fascia toraco-lombare e si portano all’ileo; sopra, l’ileo-costale si porta agli angoli posteriori delle ultime 6-7 coste) possono aiutare a far indietreggiare la L3 (la loro azione può invertirsi cambiando punti fissi). L’aponevrosi lombare sollecitata in senso verticale provoca la cancellazione della lordosi lombare per mezzo delle sue relazioni con le spinose. Quindi a livello lombare (e cervicale) il sistema di accrescimento (delordosizzazione), è posteriore alla colonna (per lui anche per proteggere l’aorta). La colonna lombare così eretta serve da punto fisso al trasverso dell’addome; questo, nell’allungamento, si contrae avvicinando la linea anteriore alla linea posteriore del corpo favorendo l’accrescimento. In questa situazione il diaframma (che è lordosizzante e inibisce l’allungamento poichè tira in avanti-estensione le prime 3 vertebre lombari; al contrario dell’epi-epispinoso che tira queste vertebre in dietroflessione) quadagna in lunghezza nel diametro antero-posteriore (poiché questo si riduce) e si potrà elevare nel torace. Il raddrizzamento dorsale è attuato soprattutto dall’epispinoso. Dal lavoro di questo muscolo risulta una forza di raddrizzamento EUROPA MEDICOPHYSICA 3 ORZES ALLUNGAMENTO-ELASTICIZZAZIONE-TONIFICAZIONE DEI MUSCOLI ERETTORI E RIEQUILIBRIO DELLE FASCE, LEGAMENTI ETC. DEL RACHIDE... Figura 1. che si applica in D10. Esso è coadiuvato in questo dal lungo dorsale e dall’ileo-costale che hanno azione più laterale sulla griglia costale. L’ ileo-costale, come già detto, partendo dalla massa comune e portadosi sul bordo superiore delle coste, a livello dell’angolo posteriore; agisce portando la costa in inspirazione (come una veneziana). Il lungo dorsale è posto tra i precedenti (come già accennato dà un braccio all’epispinoso inserendosi sulla trasversa e uno all’ileo-costale inserendosi sulla costa all’interno dell’angolo posteriore), coordina e armonizza il lavoro di raddrizzamento del primo e quello inspiratorio del secondo. Questi 3 muscoli influenzano soprattutto la colonna dorsale bassa. Sopra questo strato abbiamo una lamina aponevrotica molto spessa che collega il piccolo dentato postero-inferiore (da D11 a L3 si porta alle ultime 4 coste) con quello postero-superiore (da C7 a D4 alle prime 4 coste). Questa aponevrosi e i suoi due muscoli agiscono come un’unità funzionale che possiede una risultante di raddrizzamento, di decifotizzazione. Secondariamente si può ricorrere a una cintura diagonale del sistema incrociato partendo dalla linea alba con i grandi obliqui + i gran dentati + i romboidi. Se questa cintura si contrae, avvicina le linee anteriori e posteriori del corpo; questo induce diminuizione della curva dorsale e accrescimento. Questa catena obliqua applica le scapole alla griglia costale; esse agiscono come rotule d’estensione per la gabbia toracica. Questo sistema di diminuizione delle curve può funzionare solo se le strutture miofasciali conservano le loro possibilità di allungamento, altrimenti gli stessi muscoli possono provocare l’effetto inverso, cioè aumento delle curve e cedimento. Secondo lui il trasverso spinoso non ha il ruolo quantitativo che gli si è voluto attribuire; essendo troppo vicino all’articolazione non può avere un ruolo di forza; come ogni muscolo monoarticolare è il guardiano della buona relazione delle superfici articolari posteriori; in statica è il guardiano dell’equilibrio; a tratti, intermittentemente, ha una azione correttrice sulle superfici articolari. Il suo lavoro è regolato dalle informazioni propriocettive delle strutture fibrose capsulo-ligamentose sottostanti; esso è il legamento attivo e frena ogni movimento che causa dolore al sistema legamentoso; se funziona male può permettere una distrazione del sistema capsulo-legamentoso e una distorsione vertebrale anche senza sforzo. Se il siste- 4 ma capsulo-legamentoso soffre si può avere una contrattura profonda del trasverso spinoso. Tuttavia nella stazione eretta spinta può essere reclutato per un lavoro costante per assicurare la buona coattazione delle superfici articolari quando l’equilibrio è precario. L’attività massima del sistema di autoaccrescimento non può essere costante perchè troppo specializzata; il tono di base di questo sistema è l’elemento molla che permette all’uomo di reagire al peso (s. antigravitazionale). Raddrizzamento cervicale: parte dal torace (zona di semifissità); questi muscoli devono rappresentare un relais dell’epispinoso e del diaframma, muscoli chiave del raddrizzamento del tronco. Tra questi ci sono i complessi: 1) gran complesso [dalle 6 prime trasverse dorsali (fissate dall’epispinoso), dalle spinose di C7 + D1 e dalle trasverse delle ultime 4 cervicali (fissate dal trasverso del collo e dal sacro-lombare), si porta alla parte centrale della linea curva occipitale]. 2) piccolo complesso: dalle trasverse delle ultime 4 cervicali e della 1°dorsale si porta alla parte posteriore dell’apofisi mastoidea e all’inizio della linea curva occipitale. L’azione di questo muscolo completa quella del precedente e conferisce più stabilità ed efficacia laterale al raddrizzamento cervicale. Il g. complesso presenta 2 zone fibrose (a livello di C3 e C7) che indicano tensioni costanti a questo livello. C3 sembra segnalare una convergenza di forze con l’osso ioide, piattaforma della torsione. La zona a livello C7-T1 sembra essere la piattaforma del raddrizzamento cervicale; a questo livello l’azione del g. complesso è aiutata da quella del trasverso del collo e dal sacro-lombare. Il trasverso del collo è teso dalle trasverse di C3 a quelle di T5, lasciando libere quelle di C7, attorno a cui si organizza. In questo è aiutato lateralmente dal sacro-lombare cervicale (dagli angoli posteriori delle coste dalla 3° alla 6°, si porta ai tubercoli posteriori delle trasverse di C4-C6). Questi due ultimi muscoli sono laterali rispetto all’asse mediano, la loro azione specifica è valorizzata nelle lateroflessioni; la traiettoria di raddrizzamento (peso della testa) di massima efficacia è lasciata ai complessi. Questi muscoli del raddrizzamento non hanno inserzioni sulle prime vertebre cervicali; così evitano di parassitare il movimento della testa con movimenti grossolani che vengono dal basso; le EUROPA MEDICOPHYSICA October 2008 ALLUNGAMENTO-ELASTICIZZAZIONE-TONIFICAZIONE DEI MUSCOLI ERETTORI E RIEQUILIBRIO DELLE FASCE, LEGAMENTI ETC. DEL RACHIDE... influenze inferiori si fermano a C3; anche il trasversario spinoso ferma la propria azione a livello di C3 (l’azione della sommità di questo si ferma sulla spinosa di C2 e ha un’azione qualitativa e non di forza con la piramide inversa costituita dai muscoli sottooccipitali). Riassumendo, il raddrizzamento del rachide cervicale viene effettuato dal trasverso del collo e dal sacro-lombare cervicale. Se la testa è coinvolta si ha la partecipazione dei complessi. C0-C1-C2 hanno una loro autonomia con una muscolatura specifica. Se il raddrizzamento necessita di uno sforzo importante può essere reclutato il trapezio superiore (la scapola è fissata dagli altri capi dello stesso muscolo). Lo S.C.O.M. può collaborare con esso. Gli spleni (a) del collo: dalle spinose delle prime 4 dorsali alle trasverse delle prime 3 cervicali: b) del capo: dalle spinose delle ultime 6 cervicali alla parte esterna della linea curva occipitale e alla parte postero-superiore dell’apofisi mastoidea) hanno soprattutto un’azione delordosizzante, ma possono anche dare, associati agli scaleni, una iperlordosi chiusa degli spleni del collo che danno una ipercifosi dorsale alta. Anche in questo distretto la lunghezza di queste catene miotensive deve essere conservata; la capacità di allungamento quì è più importante dell’accorciamento. Le fibre muscolari del g. complesso si inseriscono sul l. cervicale posteriore; poichè la parte posteriore del muscolo è fissa, le digitazioni anteriori possono diminuire la lordosi cervicale. Questo sistema di autoerezione a livello cervicale si traduce in tensione verticale del legamento cervicale posteriore; questo credito di lunghezza nel senso verticale dà una diminuzione della sua lunghezza sagittale; questo dà delordotizzazione. Se gli spleni ottengono un punto fisso cranico e uno dorsale, la risultante della loro azione è delordosizzante; il loro intervento gela l’indipendenza della testa. Nell’accrescimento il rachide si raddrizza allungando la distanza cranio-torace; in questo modo vengono sollevate anteriormente le coste per mezzo di: 1) azione in catena di grande complesso-scaleni (2 prime coste); 2) S.C.O.M. (sterno e clavicola). Il sistema di autoaccrescimento è posto indietro rispetto alla colonna. La muscolatura anteriore (lungo del collo, piccolo retto anteriore, retto anteriore, piccolo retto laterale) è poco potente (ha più un’azione di guardiano, come il trasverso-spinoso posteriore). Per Struyf-Denys G.7 l’allungamento verso l’alto è effettuato soprattutto dalla catena Postero-Anteriore che è costituita prevalentemente (per il 90%) dai trasversari-spinosi (multifido), poi dagli intertrasversari, interspinosi, sovracostali, intercostali esterni, trasverso dell’addome, diaframma (che è parte integrante di tutte le catene perchè è un muscolo trasverso) e dai muscoli anteriori del collo (lungo del collo, grande e piccolo retto anteriore e laterali del capo). Sono muscoli di finezza, di precisione, di qualità, non di forza. I muscoli di questa catena danno estensione assiale, decompressione discale (un loro deficit può dare compressione e schiacciamento discale); hanno il compito di solidarizzare la colonna e di permettere alle vertebre di muoversi una rispetto all’altra; non hanno un ruolo di sostegno, ma hanno una funzione dinamica e devono conservare precisione, velocità di reazione e grande elasticità; la catena obbedisce ai riflessi posturali, per ristabilire l’equilibrio del corpo; presiede al controllo del centro di gravità. Se la catena tende a fissarsi, a divenire statica, tutti i ritmi del corpo vengono perturbati, anche la respirazione. I suoi muscoli non dovrebbero mai subire retrazioni e non dovrebbero diventare una struttura su cui il corpo si appoggia per cercare la sua postura (dove c’è retrazione si sviluppa rigidità, fibrosi, edema ecc.). Se le altre catene sono forti questa può venire inibita, perchè i suoi muscoli di qualità possono venire sopraffatti da quelli di quantità. Questa catena non ha continuità muscolo-aponevrotica-legamentosa. L’estensione assiale data da questa catena (che è indispensabile per vincere la forza di gravità) crea un punto fisso per l’estensione delle coste e quindi per l’espansione toracica nella inspirazione; essa è importante anche nella fonazione e nella degluVol. 44 - Suppl. 1 to No. 3 ORZES tizione. Nella rieducazione bisogna assicurarsi una buona estensione assiale per creare la base per recuperare successivamente questi deficit. Gli scaleni, per agire, hanno bisogno di un punto fisso, dato da C2, che viene dato da questa catena. Per Kapandji I.A.35 il raddrizzamento delle curve del rachide inizia a livello della pelvi, attraverso gli estensori dell’anca (prevalentemente ischio-crurali e grande gluteo), mentre il ruolo più importante nella correzione dell’iperlordosi lombare è svolto dai muscoli addominali (soprattutto dai retti). Dice che è sufficiente contrarre i grandi glutei e i retti dell’addome per ottenere un raddrizzamento della lordosi lombare. Da questo momento l’azione di estensione dei muscoli delle docce lombari può dare una trazione verso l’indietro delle prime vertebre lombari. La contrazione dei muscoli del piano dorsale fa diminuire la cifosi dorsale. Però cita studi che dimostrano che in genere la stazione eretta controllata dal semplice riflesso posturale incosciente ha bisogno solo della contrazione tonica dei muscoli del piano posteriore; es. quando si porta un peso sulla testa i muscoli addominali non prendono parte a questa statica rachidea inconscia. -Secondo Xardez et al.36 la nozione di allungamento assiale attivo o autoallungamento o erezione vertebrale è stata messa in evidenza da Perrin che ha visto che ponendo un peso sul capo si verifica un accrescimento, una verticalizzazione della colonna vertebrale contro il carico e un rilasciamento della muscolatura anteriore e posteriore superficiale. Questa erezione del rachide riduce le sue curve ed è dovuta soprattutto all’azione dei muscoli spinosi profondi (trasversario spinoso++, intertrasversari, interspinosi) e al meccanismo di solidarizzazione delle apofisi articolari. Suddivide i muscoli in: 1) muscoli corti che sono intimamente uniti intorno al rachide e raddoppiano il sistema ligamentoso (muscoli erettori di Perrin e fibre corporee antero-laterali dello psoas); questi sono i primi ad entrare in azione con brevi contrazioni; e 2) muscoli superficiali (addominali, ileo-costali, dorsali lunghi) che intervengono solo come ultima risorsa per il mantenimento dell’equilibrio. Dice che è importante anche l’azione di serraggio degli ileo-psoas. Citando gli autori seguenti dice che la retroversione del bacino è un movimento complesso che per Charriere avviene attraverso la contrazione degli addominali e dei glutei; per Balland e Grozelier per quella degli ischio-tibiali e dei lombari; per Dolto soprattutto attraverso quella dei piramidali e degli otturatori interni e secondo lui per effettuarla si fa una contrazione contemporanea degli addominali e dei glutei. Secondo la nostra opinione, come abbiamo già scritto21, anche lo psoas partecipa alla retroversione del bacino. Simon B. et al.37 dicono che esso non ha alcun attacco pelvico; la sua configurazione specifica a livello dell’eminenza ileo-pettinea, attira una retroversione del bacino quando si effettua una contrazione bilaterale a catena cinetica chiusa. Questo è permesso dalla puleggia di riflessione che fa un contro-appoggio che spinge il bacino verso dietro rullando sulle teste femorali; è curioso che questo corrisponda a una estensione dell’anca che è l’inverso della funzione flessoria dello psoas. Anche la antiversione recluta lo psoas, sia in posizione quadrupedica che seduta che in piedi. Citano studi di Revel e coll. e di Samuel e coll. che mostrano che l’antiversione recluta un tracciato elettromiografico più ricco della retroversione. Questo è importante per il nostro studio poiché riteniamo che probabilmente questa azione dello psoas sia utilizzata per mantenere questa retroversione Per Mossi E.26 i muscoli profondi della nuca e del tronco nell’ azione del mantenimento della statica posturale sfuggono al controllo della volontarietà e non è pensabile contrarre volontariamente e singolarmente un obliquo suboccipitale o un trasversario spinoso; essi partecipano a sinergie funzionali. Possono essere soggetti a contrazioni riflesse che arrestano, modificano o invertono un determinato movimento del rachide, sottoponendo quest’ultimo a ipersollecitazioni che potrebbero essere nocive, ma giudicate in quel momento la migliore soluzione funzionale in risposta al problema che si è pre- EUROPA MEDICOPHYSICA 5 ORZES ALLUNGAMENTO-ELASTICIZZAZIONE-TONIFICAZIONE DEI MUSCOLI ERETTORI E RIEQUILIBRIO DELLE FASCE, LEGAMENTI ETC. DEL RACHIDE... sentato. A livello rachideo i muscoli profondi sono generalmente monoarticolari, involontari e sono deputati al mantenimento della statica; quelli superficiali, pluriarticolari, deputati all’esecuzione della cinetica volontaria. Come vediamo, a parte Busquet, la maggior parte degli autori citati ritiene molto importante l’azione del trasversario spinoso nell’autoallungamento. Su queste affermazioni si potrebbe discutere molto; ci limitiamo a riportare le opinioni di questi autori, però segnaliamo l’opinione più documentata scientificamente, di Richardson C et al.38 che segnalano che il multifido lombare e le componenti lombari e toraciche dei muscoli estensori della colonna (ileo-costale lombare, lunghissimo del torace), presentano una alta percentuale di fibre di tipo I. La presenza di queste fibre, notevoli sia per numero che per dimensioni rispetto alle fibre di tipo II, supporta l’ipotesi di un ruolo tonico, di mantenimento, di supporto, esplicato da questi muscoli. Questi autori inoltre riferiscono che il muscolo addominale che svolge la funzione tonica è il trasverso (all’E.M.G. si osserva che questo si contrae una frazione di secondo prima che avvengano altri movimenti, es. del braccio, per dare stabilità al rachide lombare), aiutato dal diaframma e dai muscoli del pavimento pelvico. Respirazione Il tipo di respirazione è importante e diversa da quelle proposte dagli autori occidentali; abbiamo parlato di questa, delle strutture miofasciali che stira e delle sue implicazioni a livello di tutto il corpo in17,18,20. Esercizi Gli esercizi che vogliamo descrivere e che proponiamo in questa sede per tonificare-elasticizzare-allungare gli erettori del rachide, vengono eseguiti tutti mantenendo con molta attenzione questo assetto di autoallungamento e mantenendo la “linea (asse) centrale”il più possibile fissa. Sono esercizi di cui esistono diverse varianti. Questi vengono effettuati, mantenendo l’assetto suddetto, facendo rotazioni ritmiche, fisiologiche, ben coordinate col busto e le spalle. I piedi sono paralleli; la distanza tra i piedi è pari alla larghezza del bacino; le anche sono stabili e in controrotazione rispetto alla vita; bisogna prestare attenzione all’”elica” alluce-tallone che deve rimanere stabile: quindi non bisogna sollevare gli alluci, muovere le ginocchia, muovere il bacino. Anche il collo è in controrotazione rispetto al tronco che ruota, quindi rimane fermo con lo sguardo in avanti. Gli omeri sono sciolti, vengono tenuti preferibilmente a 45°rispetto al piani sagittale, frontale e orizzontale e gli avambracci, rilassati, vengono trascinati dal movimenti dell’omero (le braccia si piegano a livello del gomito cercando di non muovere l’articolazione scapolo-omerale) e battono liberamente sul tronco (o in altri esercizi sulle spalle o vanno liberamente in altre direzioni). Solo gli avambracci oscillano a dx e sn andando a colpire con il punto Hegu (I.C.4, posto nell’incavo tra indice e pollice), alternativamente la milza e il fegato anteriormente e il rene dx e sn posteriormente (da cui il nome “battere il tamburo celeste”). Esistono poi molti altri esercizi utilizzati per “rinforzare l’asse centrale”focalizzando il movimento sulle anche; poi, dal perineo, coccige etc. il movimento si propaga alla colonna verso l’alto. Non li descriviamo per limiti di spazio. In genere i muscoli non si muovono singolarmente ma attraverso “catene” che li uniscono sia attraverso intimi rapporti fibrosi, fasciali, ossei etc., sia attraverso “schemi” neurologici. Dato che in questi esercizi vengono molto allenate, è necessario accennare alle catene muscolari crociate del tronco, (la catena statica è quella su cui poggia questa struttura e le catena rette, soprattutto posteriori, sono tenute in allungamento, in tensione9-10). Pur essendo un po’ diverse a seconda dei vari autori ([34]2-7 ecc.), riportiamo succintamente l’o- 6 pinione di Busquet L.9-10, sul sistema incrociato del tronco. Partendo ad es. dall’iliaca dx, troviamo le fibre ileo-lombari della massa comune e del quadrato dei lombi dx. Queste continuano a sn con il piccolo obliquo (spinosa di L5) e il piccolo dentato postero-inferiore (D11L3), raddoppiati in avanti dalle fibre lombo-costali del quadrato dei lombi e della massa comune. Seguono gli intercostali interni sn e il grande obliquo dx, completato dietro dalle fibre ileo-lombari del quadrato dei lombi dx e sopra dagli intercostali esterni dx e dal piccolo dentato postero-superiore dx. Questo sistema si continua superiormente, verso il cingolo scapolare, con: a) triangolare dello sterno, piccolo pettorale e trapezio inferiore; b) grande obliquo, gran dentato, romboidi. Il gran pettorale continua anteriormente la catena nell’arto superiore; questa azione è fatta posteriormente dal gran dorsale e gran rotondo. Il grande gluteo completa la catena verso l’arto inferiore (ha continuità di piano e di fibre con la aponeurosi lombare, resa più intima dal quadrato dei lombi). Come già accennato, la potente muscolatura che tende a “chiudere”, ad aumentare le curve del rachide e a limitare, in serie, il loro appianamento, in questo assetto lavora in distensione, in allungamento. Le rotazioni (associate alle altre direzioni in vario modo nei vari esercizi) ritmiche, dolci, coordinate, armoniche, propriocettivamente controllate, effettuate attorno a questo autoraddrizzamento, tendono a distendere dolcemente, progressivamente e pochissimo traumaticamente queste strutture già distese. Quindi come “la goccia che scava la pietra”, questi muscoli, fasce, legamenti etc. che tanto frequentemente tendono a retrarsi, sono indotte a non perdere la loro lunghezza, anzi a guadagnare progressivamente in allungamento. Nello stesso tempo i piccoli muscoli erettori, situati profondamente, vengono allenati a mantenere questo assetto. In questo modo si rinforzano, anche rispetto ai potenti muscoli superficiali “accorciatori”. Questo allenamento tende a tonificare queste strutture profonde che lavorano in contrazione ma anche in maniera elastica e ritmica, poiché continuamente vengono distese nelle direzioni (es. rotazioni) che tendono ad allungarle e subito dopo richiamano le loro inserzioni in accorciamento per ristabilire la direzioni da loro indotte. E’una continua contrazione in accorciamento e in allungamento che tende da una parte a tonificare le strutture e dall’altra a mantenerle elastiche e allungate. Questo contrasta le retrazioni, i blocchi articolari, le fibrosi, le disfunzioni, le algie, le degenerazioni cartilaginee per iperpressioni, le stasi arteriose, venose, linfatiche etc.; anche le radici nervose tendono a “respirare”meglio e viene ostacolata la loro compressione, la loro sofferenza, la stasi dei vasi estrinseci ed intrinseci etc. Va detto anche che molti di questi esercizi stirano specificamente, dolcemente e armonicamente i vari nervi periferici (questi, in questo modo, scorrono nelle loro guaine e nei punti di potenziale stenosi e conservano così la loro fisiologia30). L’allenamento prolungato all’autoallungamento, con costante attenzione alle afferenze propriocettive e alla posizione di tutti i distretti (nel riposo, nelle normali attività della vita quotidiana, nel lavoro, nello sport e anche nello stress e nella paura della lotta), col tempo tende a diventare automatico. Il peso del corpo viene sostenuto il più possibile dai segmenti ossei, dai legamenti, dal tessuto fibroso etc. In questo modo i muscoli, soprattutto superficiali, possono rilassarsi; vengono evitate le contrazioni e le contratture inutili e dispendiose e i muscoli agonisti possono svolgere la loro azione in maniera ottimale, finissima, con la massima coordinazione, assieme a quelli sinergici e a quelli di tutta la catena (variabile nella dinamica) di cui fanno parte, con il massimo rilasciamento attivo e controllante degli antagonisti (cioè senza cocontrazioni). Va sottolineato anche che l’autoerezione del rachide tende a stirare e a mettere in tensione i legamenti e le fasce. Questo è vantaggioso anche perché in questo modo i muscoli che si inseriscono su di essi e sulle ossa così stabilizzate trovano dei fulcri stabili su cui basa- EUROPA MEDICOPHYSICA October 2008 ALLUNGAMENTO-ELASTICIZZAZIONE-TONIFICAZIONE DEI MUSCOLI ERETTORI E RIEQUILIBRIO DELLE FASCE, LEGAMENTI ETC. DEL RACHIDE... re la loro contrazione, quindi la loro azione diviene più efficace perché necessita di minori adattamenti (una inserzione mobile e instabile rende problematica l’efficacia richiesta38 e può anche creare microtraumatismi). Conclusioni Il fatto di tonificare, di rinforzare i muscoli che effettuano l’autoerezione fa sì che questi rendano più valida la “linea centrale; zhong ding per i cinesi”. Su e attorno a questa linea, così stabilizzata, si effettuano tutti i movimenti del corpo (contrazioni). Per i cinesi questa deve restare quasi fissa e non deve muoversi in nessuna direzione (né lateralmente, né in su, né in giù, né in avanti, né indietro; solo in alcuni esercizi può flettersi in allungamento come una frusta etc.). Le azioni quotidiane e il combattimento vengono allenati effettuando i movimenti con questa linea quasi fissa; i risultati tecnici sono incredibili e molti praticanti rachialgici riferiscono un beneficio nelle attività quotidiane, negli sforzi, nel sollevamento dei pesi etc. (sostanzialmente si allena una buona igiene di vita). Il Prof. Festa F., maratoneta, ci riferisce che la corsa in questa disciplina viene effettuata seguendo una linea e questa non deve assolutamente essere deviata; i movimenti del corpo si strutturano fissando questa linea (probabilmente gli occhi e il capo inducono anche una stabilità dell’asse su cui poi si organizzano i movimenti alternati del corpo). Amici atleti e maestri di sci da fondo ci hanno riferito che anche nel fondo è così (e probabilmente anche questi sport rinforzano la “linea centrale”). E’ utile riflettere su questo. Dobbiamo essere curiosi ed aperti verso tutto quello che ci può servire nel nostro lavoro, senza pregiudizi e preclusioni, soprattutto se verificato nei secoli da milioni di persone (il chi-kung, molto simile al tai-chi, viene utilizzato anche come prevenzione e cura di molte malattie). Nostro compito è quello di cercare di comprendere e di spiegare scientificamente quello che avviene, coi nostri mezzi, che questi paesi ancora non posseggono, perché le spiegazioni che ci tramandano, per quello che sappiamo, sono per noi poco comprensibili, lontane dalla nostra cultura e un po’ fantasiose. Riassunto Le rachialgie, per vari motivi, al giorno d’oggi sono frequentissime. Le proposte preventivo-terapeutiche sono moltissime e di vario tipo. Alcune cercano di lavorare sui muscoli con vari obiettivi; tra queste, le più utilizzate sono quelle che cercano di tonificare i muscoli addominali e/o dorsali. Riguardo al “rinforzo degli addominali” va notato che la maggior parte degli esercizi vengono effettuati con il rachide in delordosi e quindi il nucleo polposo preme con forte pressione (Nachemson A.L.) contro la parte posteriore dell’anello fibroso, in genere già “normalmente perché frequentissimamente”degenerato, soprattutto nei lombalgici; questo può causare o aggravare una protrusione discale. Va detto che in genere i “dorsali” sono troppo corti e potenti e possono indurre sofferenze a vari livelli e sovraccaricare soprattutto le relativamente fragili articolazioni posteriori; questi muscoli andrebbero allungati, elasticizzati, resi propriocettivamente pronti a reagire stabilizzando la colonna. Nel tai-chi viene molto allenata l’autoerezione del rachide con l’appianamento delle curve (il sacro viene verticalizzato-abbassato e il capo viene tenuto come fosse sospeso). Per essere effettuato l’autoallungamento necessita del rilasciamento delle strutture che lo limitano (e che sono quasi sempre retratte, soprattutto la catena posteriore) e dell’intervento attivo di quelle che lo effettuano (che in questo modo si rinforzano, si tonificano, diventano più sensibili propriocettivamente). Conservando questo assetto di autoerezione vengono fatti vari esercizi, in genere rotatori, dolci, ritmici, coordinati, armonici, controllati che tendono ulteriormente ad allungare, a detendere le strutture retratte e a tonificare le strutture che mantengono questo assetto di allungamento. Viene effettuata anche una mobilizzazione dolce, alternata, coordinata e fisiologica del rachide. Viene allenato un igiene di vita che può risultare utile nella prevenzione-cura delle rachialgie. Vol. 44 - Suppl. 1 to No. 3 ORZES Bibliografia 1. Nachemson AL. Disc pressure measurement. Spine. 1981;6:93. 2. Souchard PE. Ginnastica posturale e tecnica Mezieres. Roma. Marrapese. 1982. 3. 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