L’ANIMA DELL’UOMO IN SAN TOMMASO (2) La parola anima si ricollega al greco anemos (ἄ νεμος) e al latino anĭma: vento, soffio. In origine l’anima fu considerata come un principio analogo all’aria, infatti, in Omero essa riproduce la forma del corpo e se ne è separata, rimane una pura ombra. Indica convenzionalmente il principio dell’attività cosciente dell’uomo e più in generale il principio della vita di ogni vivente. Nella Filosofia greca, la distinzione tra anima e corpo si trova accennata in Anassagora, mentre la teoria dell’anima come puro spirito è interamente sviluppata da Platone che nel Fedone identifica l’essere dell’anima con l’essere dell’uomo e considera puramente accidentale l’unione dell’anima col corpo. Secondo tale teoria l’anima è affine all’idea e perciò incorporea, semplice e immortale. Per Aristotele, l’anima è la forma del corpo e sta a essa come la vista all’occhio; è vegetativa nelle piante, sensitiva/istintiva negli animali e razionale nell’essere umano. Nell'Ebraismo, l'uomo è da sempre concepito come formato da una parte materiale (il corpo) e da una parte spirituale (l'anima) che lo rende simile a Dio e diverso dagli animali. Con il termine anima in Ebraico ci si può riferire a diversi concetti. Soprattutto negli insegnamenti della Torah, è possibile trovare diverse descrizioni dell'anima dell'uomo. Nefesh significa principalmente "vita", ed è il termine utilizzato per indicare la vitalità fisica di tutte le creature (non solo dell'uomo), ciò che ci rende esseri viventi. Secondo la Bibbia, Dio disse a Noè: "Non mangerete carne con la sua vita (nefesh), cioè il suo sangue." La ruach può essere definita come lo spirito, un'energia che rende possibile la vita poiché è proprio essa ad attivare e ad alimentare continuamente il nefesh. Il termine significa letteralmente "vento" o "soffio" con riferimento a qualcosa di invisibile, e nella letteratura ebraica ha molte accezioni differenti. L'anima vera e propria è chiamata neshamah. Essa è la parte intellettiva e spirituale dell'uomo, la sede dei pensieri e della coscienza, la psiche. Secondo il Midrash e altre fonti essa ha la sua sede nel cervello, che è proprio l'organo responsabile di ogni A cura di Alfredo Nazareno d’Ecclesia attività mentale e cognitiva. Secondo l'Ebraismo, dopo la morte l'anima ritorna a Dio che la restituirà all'uomo nel giorno della Resurrezione, quando verrà formato un nuovo corpo. Nel Medioevo la scolastica, specialmente con San Tommaso, riprendendo le teorie di Aristotele, cerca di conciliare l’idea aristotelica con il dogma. L’anima è forma senza materia, intera in ogni parte del corpo, creata da Dio. Essa esercita inoltre le sue funzioni più nobili e altre mediante gli organi che si trovano nel corpo. L’anima dell’essere umano, pur avendo bisogno della cooperazione del corpo, perché dal senso comincia ogni nostra conoscenza, nelle funzioni superiori dell’intelletto e della volontà morale si dimostra capace di trascendere le cose sensibili e perciò non dipende dal corpo. Per dimostrare che l’anima umana è immateriale, ossia di natura spirituale, San Tommaso parte dalla considerazione dell’intelletto: poiché questo svolge le proprie funzioni indipendentemente dal corpo, e niente agisce per se stesso se non sussiste per se stesso, è necessario che l’anima, chiamata anche mente o intelletto, sia un essere incorporeo e sussistente. È pur vero che la conoscenza intellettiva implica un qualche legame con la realtà sensibile, ma – ribatte l’Aquinate – le operazioni dell’anima usano il corpo non come strumento, bensì come oggetto. Vi sono in essa più attività: la nutritiva (energia vitale), la sensitiva (percezione sensoriale), l’intellettiva (razionale), gerarchicamente disposte; al sommo sta quest’ultima, che nel suo grado più alto, nella sua perfezione implica e racchiude i gradi inferiori. Con la morte dell’organismo corporeo la virtù nutritiva e la sensitiva periscono, ma nell’anima rimane la virtù intellettiva, capace di rifare le rimanenti. Essa conserva la sua individualità come attitudine a informare un corpo determinato. A cura di Alfredo Nazareno d’Ecclesia Nutritiva (energia vitale) FORMA: ANIMA Sensitiva (percezione sensoriale) Intellettiva(razionale) Il nesso esistente tra Antropologia e Pedagogia è dovuto alla EFFETTO: natura spirituale del soggetto umano. In tal modo, l’essere umano si colloca al centro della creazione. Antropologia e Pedagogia cercano di definire che cosa sia l’essere umano. CAUSA: L’essere umano= Connessione Sostanziale. MATERIA: CORPO Anima e Corpo non sono separabili, ma costituiscono l’unità della sostanza umana. Nonostante l’anima continui a esistere come anima separata dopo la morte, quindi immortale. Una volta accertata la sua natura spirituale, non bisogna pensare che l’anima sia una sostanza spirituale completa in se stessa. Esistono, infatti, alcune operazioni umane (come il temere, l’adirarsi e il sentire) che non derivano né dalla sola anima né dal solo corpo, ma dall’unione di entrambi. L’anima e il corpo formano una cosa sola e non sono diversi quanto all’essere. L’intelletto attivo, che è l’entità della nostra personalità, non è uno solo, come sosteneva nel suo commento di Aristotele il filosofo arabo Averroè, ma ve ne sono tanti diversi da individuo a individuo. A cura di Alfredo Nazareno d’Ecclesia Il termine intelletto nel significato filosofico si trova per la prima volta nella scolastica medioevale che lo usava per tradurre in latino la parola greca νοῦς o νόος (noûs, "nus") che i greci contrapponevano alla diànoia, la ragione. L'intelletto, dal latino intellectus, participio passato del verbo intelligere = intus e legere, che significa “leggere dentro” può essere definito come la capacità o facoltà della nostra mente di concepire pensieri, elaborare concetti e formulare giudizi. Nella filosofia di Aristotele, in quella scolastica e anche in gran parte di quella moderna prima di Kant, questo termine designa la facoltà di ogni conoscenza metafisica, che legge dentro i fenomeni e ne coglie l’essere. Questo termine è contrapposto alla sensibilità. Per spiegare l’astrazione, Aristotele e san Tommaso ricorrono alla distinzione tra intelletto agente o attivo e intelletto passivo. Il primo è la capacità dell'intelletto di tradurre in atto, tramite le immagini sensibili, le essenze o le forme delle cose oggetto della conoscenza mentre il secondo raccoglie e conserva le nozioni elaborate. -Una differenza di estensione concettuale esiste poi tra i termini "anima" e "animo" dalla stessa origine etimologica, ma che viene usato con significati più limitati rispetto ad anima. Animo, infatti, è riferito a mente, attenzione, inclinazione, pensiero, memoria, luogo degli affetti e dei sentimenti, come origine della volontà proposito, disposizione di spirito, coraggio. A cura di Alfredo Nazareno d’Ecclesia