L`economia che corre aiuta Erdoğan al voto

27 maggio 2011
L’economia che corre aiuta Erdoğan al voto
Vittorio Da Rold(*)
Il premier turco Recep Tayyip Erdoğan potrebbe vincere alla grande nel voto politico del 12 giugno
grazie soprattutto alla buona performance dell’economia. Vero è che il regista del miracolo
economico turco è stato a suo tempo Kemal Dervis, economista di fama internazionale (è stato
recentemente candidato alla poltrona di direttore del Fmi), socialdemocratico e laico, che nel 2001
mise le basi macroeconomiche per il rilancio del paese. Poi perse le elezioni, secondo il detto che
chi fa le riforme perde i consensi.
L’Akp, il partito del premier Erdoğan però seppe raccogliere l’eredità di Dervis, mantenne la politica
di rigore che permise alla Turchia nei mesi successivi di non chiedere più il tradizionale prestito al
Fondo monetario internazionale che tradizionalmente risolveva il problema del deficit delle partite
correnti.
Ora i capitali stranieri arrivano copiosi sul Bosforo attirati da un paese che oggi soffre di
surriscaldamento della sua economia che quest’anno potrebbe arrivare al 7,5% d’incremento del
Pil rispetto all’anno scorso. Un risultato sorprendente all'interno del G20. A preoccupare Ankara
sono gli impieghi delle banche turche che crescono troppo, una crescita con qualche rischio a cui
andrebbe posto un freno. Cosa che il governatore centrale, Erdem Basci, ha già provveduto a fare
alzando la quota di riserve bancarie obbligatorie rispetto agli impieghi senza però alzare i tassi
d’interesse, varando così una poco ortodossa politica monetaria.
Questo è il punto debole, ma il ministro dell’Economia, Ali Babacan, ex ministro degli Esteri, ne è
cosciente. «Ovviamente – ha spiegato il dinamico ministro – siamo contenti di vedere aumentare i
prestiti, ma vediamo anche dei benefici nel porre dei leggeri freni».
La solida struttura delle banche turche, completamente ricapitalizzate dopo la crisi del 2001, e al
tempo stesso la grande domanda, ha permesso al volume dei prestiti nel settore finanziario di
passare da 190 miliardi di euro a 246 miliardi di euro nel giro di un anno. Il governo sta cercando di
intervenire, ma deve prestare attenzione a non danneggiare gli interessi degli istituti, soprattutto
quelli che operano a livello internazionale. «Stiamo lavorando per mantenere eventuali rischi a
lungo termine sotto controllo ed evitare brutte esperienze che hanno caratterizzato altri paesi», ha
assicurato Babacan.
Il ministro dell’Economia ha anche voluto parlare della partecipazione estera negli istituti di credito,
elogiando l’interesse straniero dimostrato dai giganti della finanza globale (da ultimo la spagnola
BBVA che ha acquisito il 25% della banca turca Garanti da GE senza peraltro escludere altre
acquisizioni dopo l’aumento di capitale di 5 miliardi di euro) nei confronti delle banche della
Mezzaluna e smentendo i rumors che volevano il governo di Ankara pronto a mettere limiti alle
partecipazioni di stranieri nelle banche turche. Tutti sono i benvenuti sul Bosforo. Babacan ha
Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni dell’ISPI.
(*)Vittorio Da Rold, giornalista presso «Il Sole 24 Ore».
anche detto che la quota di investimenti stranieri presenti nelle prime 500 società del paese è del
30%, sintomo di un’apertura internazionale dell’economia del paese.
Piyake Antika, presidente della Yased ha sottolineato come negli ultimi due decenni gli stranieri
abbiano deciso sempre di più di puntare su Ankara. Gli investimenti stranieri diretti (Ide) sono
passati da 1 miliardo di dollari nel 1990 a 10 nel 2005 al picco
assoluto di 22 miliardi nel 2007 mentre le società di private equity,
secondo uno studio di Boston Consulting Group hanno messo sul La ricerca ISPI analizza le
piatto 5 miliardi di dollari negli ultimi cinque anni nel paese della dinamiche politiche,
strategiche ed
Mezzaluna.
«Fatta eccezione per alcune società – ha detto Antika –, non c’è una
sola compagnia straniera che abbia registrato perdite sui suoi
investimenti in Turchia». Soddisfatta anche Unicredit per la banca
Yapi Kredi, il suo bastione turco controllato in joint venture al 50%
con la famiglia Koc. Yapi Kredi da ultimo ha esteso il suo raggio
d'azione in Azerbaigian e ora aprirà una filiale in Iraq, mercato
promettente per il business turco.
economiche del sistema
internazionale con il
duplice obiettivo di
informare e di orientare le
scelte di policy.
I risultati della ricerca
vengono divulgati
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ed eventi, focalizzati su
tematiche di particolare
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sue relazioni
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