La rappresentazione del cosmo nel corso dei secoli

XIV Settimana della Cultura Scientifica
C.N.R. per le scuole
Palermo, 24 marzo 2004
IASF-PA
ciclo di seminari
“Vita e Morte nell’Universo”
La rappresentazione del cosmo
nel corso dei secoli
Rosolino Buccheri
La rappresentazione del cosmo
nel corso dei secoli
Il processo di evoluzione della conoscenza
¾
integrazione di credenze ed esperienza vissuta
¾
interazione società-individuo
¾
formazione di teorie condivise sull’universo
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Le osservazioni astronomiche per la
rappresentazione del cosmo
Per quanto riguarda la rappresentazione del cosmo su grande
scala, l’osservazione del cielo è sempre stato lo strumento
fondamentale.
Fin dai tempi più antichi, tutti i popoli si sono sempre chiesti
quali fossero le origini del cielo e della terra, il perché
dell'alternarsi del giorno e della notte, dei variabili aspetti della
luna, dell'alternarsi delle stagioni.
Le conoscenze astronomiche rispondevano ad esigenze pratiche e
concrete come la previsione delle stagioni, delle piene dei fiumi o
il calcolo dei giorni in cui celebrare riti religiosi.
Per misurare il tempo gli egizi inventarono strumenti molto
precisi come le clessidre e gli orologi solari o ad acqua e
formularono un calendario diviso in 12 mesi e in giorni di 24 ore.
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Origini dell’astronomia
Le origini dell’astronomia risalgono ad alcune di migliaia di anni
fa come è documentato da ritrovamenti archeologici fra cui la
grande piramide egizia e il complesso megalitico di Stonehenge,
tutti del 3000 a.C. circa.
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Zodiaco circolare egiziano (54 - 21 a.C.)
Lo zodiaco circolare del tempio della dea Hathor nella città di
Dendera, la mappa più completa di tutto il cielo antico e la più
antica e importante rappresentazione delle costellazioni dello
zodiaco.
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Timore degli dei
La grande regolarità dei moti
apparenti delle stelle, del Sole
e della Luna erano interpretati
come opera di un dio e ogni
fenomeno
inaspettato
o
inusuale come le eclissi di sole
e di luna, o l'apparizione di una
cometa, era fonte di timore che
il dio fosse adirato.
La rappresentazione del cosmo
di allora era influenzata da
queste credenze e l’astronomia
veniva usata come strumento
per interpretare i voleri degli
dei e meglio comprenderne le
volontà.
Eclisse di sole
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Cosmologie primitive
Tutti i popoli primitivi si
rappresentavano il cosmo in
modo più o meno simile.
La terra, l’ambiente dell’uomo e
degli animali, era piatta e
circolare come l'orizzonte e
poggiava su colonne (secondo i
cinesi e gli ebrei) o su elefanti
sul dorso di una tartaruga
(secondo gli indiani) ed era
circondata da un grande fiume o
da un'infinita distesa d'acqua.
Sotto la terra abitavano i defunti.
Il cielo era il luogo dove
vivevano gli dei.
da Omero
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Credenze ed esperienze
Una caratteristica peculiare di alcune cosmologie primitive era
la credenza che il sole si nascondeva sotto terra a occidente
quando scendeva la notte e riappariva poi a oriente, quando
spuntava l'alba, scambiando così la causa con l'effetto.
In altre cosmologie il sole di notte percorreva in senso inverso
il cammino percorso di giorno, ma inviando la sua luce verso il
cielo invece che sulla terra.
L’osservazione che la vita vegetale ed animale sbocciava con
più facilità quando la pioggia o le piene del Nilo bagnavano la
terra, portò gli Egizi a immaginare che il mondo fosse stato
originato dall'incontro della terra con l'acqua, incontro dovuto
comunque all’opera di un dio.
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L’astronomia in Grecia
L‘astronomia fece un improvviso e importante salto di qualità dal
IV secolo a.C. in poi per il contributo dei filosofi greci. La grande
differenza rispetto ai loro predecessori consistette nel fatto che essi
cercavano di connettere razionalmente i fenomeni celesti
conosciuti, anche utilizzando la matematica.
Parmenide (circa 520-450 a.C.), Democrito (circa 470 a.C.) e
Filolao (circa 450-400 a.C.) conoscevano i 5 pianeti principali
(Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno), si erano resi conto
che la stella della sera e la stella del mattino erano lo stesso
pianeta (Venere) e avevano capito che la terra era sferica e che le
eclissi di luna erano causate dall'interporsi della terra fra il sole e
la luna.
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Successi dell’astronomia greca
Fra i maggiori successi degli
astronomi greci:
• il rapporto fra la distanza della
luna e quella del sole
(Aristarco (III secolo a.C.);
• la misura del raggio terrestre
(Eratostene 276-194 a.C.);
• la misura della parallasse
lunare (Ipparco);
• il primo catalogo delle stelle
osservabili a occhio nudo
(Ipparco, 190-127 a.C.).
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Circolare è perfetto
Nonostante questi importanti successi sussistevano
credenze e pregiudizi.
Poiché la sfera, il cerchio e la circonferenza erano
considerate figure geometriche non perfettibili, si
ritenne che il sole, la luna e i pianeti fossero sfere
perfette che si muovevano attorno alla Terra su orbite
circolari concentriche; la più vicina alla Terra era la
luna, seguita da Mercurio, Venere, il sole, Marte,
Giove, Saturno e infine le stelle.
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Il sistema geocentrico di Eudosso di Cnido
(408-355 a.C.)
Matematico, allievo di Platone nella Accademia, concepì
un modello in cui i corpi celesti erano fissati su sfere
concentriche rispetto alla Terra, immobile al centro
dell’universo.
La sfera più esterna era quella delle stelle fisse e si
muoveva di moto circolare uniforme.
Gli altri corpi celesti erano collocati su 27 sfere con un
gruppo di sfere per ognuno dei sette corpi celesti
conosciuti (3 per il Sole, 3 per la Luna e 4 per ciascuno
dei cinque pianeti allora conosciuti).
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Il geocentrismo di Aristotele
(384-322 a. C.)
Le stelle erano dei fori luminosi posizionati sulla
superficie della sfera più esterna che si muoveva di moto
circolare giornaliero.
I diversi movimenti del Sole venivano spiegati
supponendo che la sfera su cui poggiava fosse soggetta
contemporaneamente ad una rotazione giornaliera e ad
una annuale in senso contrario con una particolare
inclinazione del suo asse.
Le rimanenti sfere celesti, ospitavano ciascuno uno dei
cinque pianeti allora conosciuti con Mercurio e Venere al
di qua e Marte, Giove e Saturno al di là della sfera solare.
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Il sistema eliocentrico di Aristarco di Samo
(310-230 a.C.)
Il sole era fermo al centro dell’Universo e la Terra e i
pianeti gli giravano intorno ruotando anche attorno a sé
stessi.
Il moto di rotazione delle stelle fisse e degli altri corpi
celesti era solo apparente e dovuto alla rotazione diurna
della Terra attorno al proprio asse.
I sistemi filosofici e religiosi dominanti, fondati sulla
separazione fra la Terra e il Cielo non potevano accettare
l’idea che la Terra non fosse immobile al centro
dell’Universo ma un pianeta vagante nello spazio,
ancorché con moto circolare.
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Il sistema tolemaico
Basandosi sulla concezione
aristotelica, Claudio Tolomeo
immaginò che il sole e i
pianeti ruotassero su orbite
circolari poggiate su sfere
(dette epicicli) il cui centro era
trascinato dal moto circolare
di altre sfere indipendenti e
concentriche alla Terra (sfere
deferenti).
Il moto complessivo di ogni
corpo celeste era dunque
prodotto dalla composizione
del moto delle due sfere.
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Orgoglio e pregiudizio
La cosmologia tolemaica non fu una semplice sistemazione
matematica di quella aristotelica: nel tentativo di giustificare per via
matematica e geometrica le anomalie celesti introdusse elementi
nuovi senza intaccare la sostanza del geocentrismo di cui Tolomeo
non dubitava.
Per sua esplicita ammissione, tuttavia, Tolomeo considerava il suo
modello solo uno strumento matematico utile alla descrizione del
mondo la cui natura vera non poteva essere conosciuta.
Tolomeo riteneva solo di aver formulato un modello matematico di
universo e considerava le combinazioni di moti circolari tramite
epicicli, eccentrici, equanti e deferenti solo un utile espediente per
prevedere le posizioni dei pianeti, senza pretendere che nei cieli le
cose andassero veramente in quel modo.
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Da Aristotele al medioevo
Per l’autorevolezza di Aristotele prima e di Tolomeo
dopo, e nonostante Aristarco di Samo, l’immagine sferica
dell’universo con la Terra immobile, imperfetta e
corruttibile circondata dal cielo perfetto e incorruttibile
(“composto di materia eterna, immutabile, unico e
completo, senza spazio, né vuoto, né tempo al di là di
esso“), si manterrà per tutto il medioevo, in accordo con il
contesto filosofico-religioso.
Tale concezione pregiudiziale fu dannosa per la crescita
del sapere occidentale che rimase ancorato per secoli alle
tesi di Aristotele non pensando mai di verificarle con
osservazioni e misure precise.
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L’universo di Dante Alighieri
Dante Alighieri riprenderà
fedelmente
nella
Divina
Commedia la concezione di
un
universo
geocentrico
tramandato dai Greci facendo
precisi
riferimenti
alle
posizioni delle stelle, del Sole,
dei pianeti e della Luna nel
corso del viaggio verso
l’oltretomba.
La
rappresentazione
del
cosmo di Dante unisce la
concezione
cosmologica
aristotelica e l’astronomia
tolemaica con le dottrine
teologiche dell’epoca.
Gli elementi del sistema tolemaico (De
sphaera mundi, G. Sacrobosco, sec. XIV)
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Nicolò Copernico (1473-1543)
Polacco, riprese l’ipotesi di Aristarco di Samo sulla
teoria eliocentrica, arricchendola di nuove misure
delle distanze dei pianeti e dei loro periodi di
rivoluzione.
Anche Copernico rimase vittima del pregiudizio che
le orbite dovevano essere circolari perché il circolo
era la figura perfetta, il che lo costrinse a complicare
notevolmente il suo sistema.
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La rivoluzione copernicana
Copernico si era reso conto che
il sistema geocentrico non
spiegava bene i moti planetari e
che il sole doveva trovarsi al
centro di quello che era allora
considerato «l'universo».
Costruì quindi una nuova
cosmologia in base alla quale il
sole è immobile al centro
dell'universo mentre la terra e i
pianeti ruotano su orbite
circolari intorno ad esso, dando
così
la
prima
scossa
(rivoluzione
copernicana)
decisiva all’imperante sistema
geocentrico tradizionale.
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I moti retrogradi apparenti
Copernico era convinto che i complicati moti retrogradi dei pianeti
vengono meglio spiegati se immaginiamo il sole fermo al centro
del sistema solare e la terra in rotazione intorno al sole e su se
stessa.
In questo modo, l’apparente moto retrogrado dei pianeti si riduce a
una conseguenza del moto relativo della terra e dei pianeti e del
fatto che i pianeti vengono osservati dalla terra in movimento.
Per esempio, il pianeta Marte, essendo più esterno, si sposta più
lentamente della terra; ne segue che la terra, raggiunta la linea di
congiunzione Sole-Marte, sorpasserà Marte che appare così
muoversi di moto retrogrado.
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Soltanto un modello, non la realtà
Nella sua opera De revolutionibus
orbium coelestium (pubblicato
solo nel 1543 prima di morire)
Copernico descrisse la teoria
eliocentrica come un semplice
modello per meglio rappresentare
e prevedere i moti dei pianeti
senza la pretesa di dire l’ultima
parola sulla realtà fisica dei cieli e
dei corpi celesti.
Lo studio di Copernico a Frauenberg
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Il primato delle Sacre Scritture
Il fine lavoro di Copernico aveva messo in luce che le
osservazioni dei pianeti erano interpretati con
maggiore semplicità dalla teoria eliocentrica.
D’altra parte, fra il 1400 e il 1500, anche a causa del
nascente protestantesimo, tutta l’Europa era scossa da
violenti dibattiti teologici e mettere in crisi il modello
geocentrico poteva significare una perdita di credito
dell’autorità delle Sacre Scritture e scuotere fin dalle
fondamenta tutto l’edificio della filosofia e della
teologia.
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Cattolici e luterani d’accordo
La terra al centro del mondo sembrava molto più coerente
con il racconto biblico della Genesi mentre il modello
eliocentrico, che trasformava la terra in un pianeta
vagante nello spazio, sembrava inconciliabile con
l’assunto filosofico-religioso della centralità dell’uomo
nell’universo.
Il timore era talmente elevato che sia la Chiesa cattolica
che quella luterana furono subito d’accordo sul bisogno di
mantenere il modello geocentrico e rifiutare quello
eliocentrico.
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Tycho Brahe (1546-1601)
ritorno al geocentrismo
Brahe fu contrario alla
teoria eliocentrica di
copernico e ritornò al
geocentrismo ma
propose una teoria
alternativa con la Terra
immobile al centro
dell’universo intorno
alla quale ruotano la
Luna, la sfera delle stelle
fisse e il Sole attorno al
quale orbitano i pianeti.
Il sistema solare secondo Tycho Brahe
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Johannes Kepler (1571-1630)
Profondamente religioso, Keplero era convinto che Dio
avesse creato l'universo secondo un preciso piano
matematico che poteva essere svelato analizzando in
modo accurato i dati osservativi di archivio e spese la
propria vita nella ricerca di esso.
Per Keplero, aderente all’eliocentrismo copernicano, il
sole è il centro e l’anima dell’universo e supera in
splendore e bellezza il resto del creato. E’ immobile ma
fonte di movimento, è l’immagine stessa di Dio mentre i
pianeti hanno un’attività di moto secondaria, dipendente
dal sole e le stelle sono in quiete.
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Il primo fisico teorico?
Keplero rappresenta il
prototipo del fisico teorico:
uno scienziato che si
preoccupa non tanto di fare
nuove misure, ma di
interpretare quelle a
disposizione. Le leggi da lui
trovate, oltre a valere per il
sistema solare, si rivelarono
valide per qualsiasi altro
sistema di masse in
rivoluzione attorno ad altre
masse, in particolare anche
per i satelliti artificiali
orbitanti attorno alla terra.
Johannes Kepler
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Le leggi di Keplero
Utilizzando i dati delle osservazioni astronomiche di Brahe, trovò
che la traiettoria descritta dalla terra non era circolare e che la
posizione del sole era spostata rispetto al centro dell’orbita. Formulò
quindi la prima legge sul moto di un pianeta intorno al Sole con cui
veniva abbandonata l'idea delle orbite circolari corrette da
complicati epicicli: i pianeti descrivono intorno al Sole orbite
ellittiche di cui il Sole occupa uno dei fuochi.
Keplero si rese conto che la velocità della terra era maggiore in
prossimità del perielio che dell’afelio e formulò la seconda legge: Le
aree descritte dal raggio vettore tracciato dal sole ai pianeti sono
proporzionali ai tempi impiegati a descriverle .
Infine, dalla misura dei periodi di rivoluzione dei vari pianeti ricavò
la terza legge: I quadrati dei tempi impiegati dai pianeti a
descrivere le proprie orbite sono proporzionali ai cubi dei semiassi
maggiori delle rispettive orbite ellittiche.
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Galileo Galilei (1564-1642)
Con l'utilizzazione sistematica del cannocchiale, Galileo aprì l'era
dell'astronomia telescopica giungendo a straordinarie scoperte che
portarono prove decisive a favore del sistema copernicano,
dimostrano l'infondatezza della cosmologia aristotelica.
Osservò la luna, gli anelli di Saturno, le fasi di Venere,
l'ammasso stellare della Via Lattea, le macchie solari e i satelliti
di Giove che dedicò al granduca Cosimo II dei Medici
chiamandoli "pianeti medicei".
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Non tutto gira attorno alla terra
La scoperta che la Luna ha un
aspetto simile alla Terra, con valli e
montagne smentiva l’ipotesi della
perfezione e immutabilità dei corpi
celesti, in forza della quale la loro
natura fisica doveva essere
completamente diversa da quella
della Terra.
La scoperta dei satelliti di Giove
costituì la prima dimostrazione
diretta che non tutto gira intorno
alla Terra, e che esistono sistemi
planetari indipendenti dalla Terra.
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La vicenda di Galileo
1611: i gesuiti del Collegio Romano confermano le sue scoperte e
Paolo V lo accoglie benevolmente a Roma
1613: prime diffidenze e sospetti da parte dell’Inquisizione, forse
fomentate dai suoi nemici
1616 il sant’Uffizio condanna la teoria copernicana e il cardinale
Roberto Bellarmino, convoca Galileo e gli impone il divieto di
esprimersi in qualunque modo sulla questione avendone promessa di
obbedienza
1618-1623: l’apparizione di tre comete provoca un intervento del
Collegio Romano contestato da Galileo (Discorso sulle comete)
1632: Compromesso con il Vaticano. Nel Dialogo dei massimi
sistemi, il sistema copernicano viene supposto come ipotesi
matematica e non verità assoluta.
Un anno dopo l’Inquisizione ordina di sospendere la vendita,
richiede a Galileo l’abiura e lo condanna al carcere. Da prigioniero
fa pubblicare il Olanda il trattato delle Nuove Scienze.
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Galileo - rigore e comprensibilità
nella comunicazione scientifica
Galileo Galilei può essere considerato come un innovatore della
comunicazione scientifica, fino ad allora limitata a ristretti circoli di
elite. Galileo era convinto che la scienza non dovesse chiudersi in
un tecnicismo indifferente alla comunicazione e intese comunicare
le sue scoperte a tutte le persone colte ed attente al progresso della
conoscenza, non solo agli accademici e agli studiosi.
Usò il volgare, abbandonando il latino filosofico-scientifico allora
ancora predominante nelle università e nella comunità scientifica
internazionale.
Nonostante ciò, la prosa di Galileo si caratterizza per la ricerca di
un'estrema precisione evitando l'indeterminatezza e descrivendo la
realtà con termini rigorosi valutando la connessione esistente tra i
nomi usati e la realtà descritta.
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Anche comunicazione di emozioni
L'impostazione dialettica della nuova scienza fonda la
veridicità delle sue affermazioni sul confronto tra ipotesi e
dati sperimentali, sul confronto e sullo scontro di ipotesi
provvisorie.
Tuttavia, Galileo si pose il problema di persuadere anche
emotivamente gli altri uomini, oltre che convincerli con la
forza del ragionamento, costringendoli progressivamente a
una presa di posizione attiva. Per conseguire il suo intento
Galileo utilizzava anche l'ironia, che crea momenti di
distacco e sospensione sbeffeggiando le false credenze e le
false teorie.
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Isaac Newton (1642-1727)
Newton nasce esattamente un anno
dopo la morte di Galileo e, come in
un'ideale staffetta, egli riprende da
Galileo il testimone della scienza
moderna.
Con Newton la rivoluzione
scientifica iniziata da Copernico e
Galilei giunge a compimento, sia
sul piano del metodo che su quello
dei contenuti pervenendo alla
rappresentazione dell’universo che
è ci oggi familiare.
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Il sistema solare e l’universo
In tutti questi secoli, tranne per poche eccezioni riscontrabili in
letteratura, per universo si intendeva il sistema solare,
geocentrico o eliocentrico che fosse e le stelle erano solo lo
scenario su cui si muovevano i pianeti.
Fra le eccezioni ricordiamo Democrito (460-390 a.C.) che
sospettava che la Via Lattea fosse un addensamento di
lontanissime stelle, Epicuro (341-270 a.C.) che credeva
all'esistenza di infiniti mondi, e così pure Lucrezio (97-55
a.C.) e Giordano Bruno (1548-1600) che scrisse: esistono
innumerevoli soli; innumerevoli terre ruotano attorno a
questi similmente a come i sette pianeti ruotano attorno al
nostro sole. Questi mondi sono abitati da esseri viventi.
Per queste sue idee eretiche Giordano Bruno fu mandato al
rogo il 17 febbraio 1600.
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Terra e cielo non più “diversi”
Gli studi di Newton sono fondamentali per la nascita dell'ottica
moderna, del calcolo infinitesimale, della cosmologia e della
meccanica che viene appunto detta "newtoniana".
Newton unificò il mondo terrestre con quello celeste; dimostrò,
infatti, che i corpi che cadono "naturalmente" sulla Terra e i moti
dei corpi celesti obbediscono ad una unica legge: la legge di
gravitazione universale: F= G M·m/ r² (dove G è la costante di
gravitazione universale) esprimente matematicamente il concetto
che due corpi si attraggono in modo direttamente proporzionale al
prodotto delle loro masse e in modo inversamente proporzionale al
quadrato della loro distanza.
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Spazio e tempo assoluti
Alla radice della prodigiosa sintesi di Newton (espressa nell’opera
fondamentale Philosophiae naturalis principia mathematica)
stavano dei presupposti di carattere filosofico, attinenti ad una
generale considerazione del tempo e dello spazio, qualificati
entrambi come "assoluti".
Il "tempo assoluto" era, secondo Newton, la "durata" indefinita
entro cui si collocava la successione relativa degli eventi, mentre
lo "spazio assoluto" costituiva, a sua volta, lo scenario dove
avvenivano tutti i fenomeni fisici dell'universo. In tal senso, lo
spazio veniva a connotarsi nei termini di un infinito contenitore
tridimensionale vuoto che accoglieva ogni cosa. Uno spazio vuoto
era, dunque, per Newton, non solo ammissibile, ma anzi
assolutamente imprescindibile ai fini della costruzione della nuova
fisica, rappresentando la "vacuità" la caratteristica saliente della
nozione stessa di spazio.
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Oltre il sistema solare
Un vero e proprio allargamento degli orizzonti dell'universo
cominciò solo nel Settecento. William Herschel (1738-1822)
cominciò l'osservazione sistematica delle stelle, della loro
distribuzione nel cielo e catalogò numerose nebulose, estendendo un
primo catalogo di oggetti non stellari compilato dal francese Charles
Messier (1730-1817).
Dai conteggi stellari, ammettendo che le stelle più deboli fossero
anche le più lontane, William Herschel si rese conto che il sistema
di stelle chiamato «Via Lattea» aveva una forma appiattita, come un
disco, e poiché il numero di stelle osservabili cresceva con la
distanza in modo uniforme in tutte le direzioni, dedusse che il sole
doveva trovarsi al centro della Via Lattea.
Alle stesse conclusioni arrivò più di un secolo dopo Jacobus
Cornelius Kapteyn (1851-1922), pur utilizzando più attendibili
metodi di stima delle distanze stellari.
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